Da Sant’Antonio a Majo:Carnevale, Quaresima e Pasqua a Chieti

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DA SANT’ANTONIO A MAJO: CARNEVALE, QUARESIMA E PASQUA A CHIETI. -16 gennaio-primo maggioProf. Francesco Stoppa, CATA-UdA Premessa. La seconda metà dell’inverno nel mondo tradizionale è legato alla necessità di propiziare il ritorno della bella stagione e dei raccolti. Nel loro assieme è il periodo più ricco di tradizioni e feste del mondo contadino. Questa fase è altamente generale e simbolica, di natura metafisica e germinativa, quindi dopo questo periodo si entra in un tempo di propiziazione e richiesta di protezione più concreta e meteorologica che corrisponde alle grandi feste di maggio e giugno. Il ciclo calendariale tradizionale, infatti, inizia a Carnevale e tale fase propiziatoria si prolunga fino alla fine della Quaresima. Pasqua e la festa del Majo invece sono riti di ringraziamento di tipo, La descrizione dello svolgimento esatto di tali feste non è necessaria perché esse sono state oggetto di studi e di precise ricostruzioni filologiche e di rivitalizzazione grazie alla collaborazione di varie associazioni Teatine con il CATA ed è quindi possibile già assistere al loro svolgimento senza alcun altro bisogno organizzativo o finanziario. Diverso è innestare un progetto turistico-culturale in esse dato che la natura di tali celebrazioni è genuinamente popolare e tale deve rimanere. Tuttavia la conoscenza degli aspetti salienti può orientare gli operatori culturali in modo che non commettano forzature o tentino di disarmonizzare quest’assieme incuneandoci iniziative forzose. Tuttavie è possibile operare su binari paralleli avvantaggiandosi della presenza sul territorio di tali manifestazioni ed affiancarle con quelle opportune del progetto Il Gusto della Quaresima. Ciò rende accettabile una forma di divulgazione che parallelamente allo svolgimento tradizionale ne divulghi i contenuti valorizandoli anche a fini turistico-culturali. L’intero periodo di omogeneità e sviluppo dei vari aspetti tradizionali, che godono tutti di diversa e ricca ritualità e di fasi gastronomiche, musicali, coreutiche, copre il periodo tra il 6 gennaio e il primo maggio. Le foto si riferiscono alle feste in zona Chieti.

Il periodo può essere suddiviso in tre in base alle ritualità e ai cibi rituali. Sant’Antonio- Carnevale-IV di Quaresima (sega la Vecchia) – purificazione, fertilizzazione, maiale; V di Quaresima-Settimana Santa: penitenza, propiziazione, cibo di magro, Pasqua-Pasquetta-Il Majo: pronostico, ringraziamento, uova, fiadone, quajjata


L’interpretazione degli attributi simbolici legati a queste feste è complessa: 1-Il fuoco materiale e il fuoco virtuale (propiziazione, attributo solstiziale, purificazione, penitenza, fecondazione); elemento taumaturgico riguardo a mali “brucianti” (legame virtuale col fuoco solstiziale). 2-Le forme coniche chiuse: cappelli e corna (maschili, legame terra-cielo, fisico-metafisico, vegetale); le forme coniche aperte: le campane (femminili: utero, fecondazione animale); fanno riscontro ai falò di forma conica (favugni) o cilidrica (farchie) e ai simboli fallici (palo intrecciato, esorcismo, pronostico). 3-semidivinità: ciucə e pulgənella (forze primigienie incontrollate maschili, animali e vegetali, esorcismo, magia dei numeri pari); Arcangelo e Sant’Antonio (riequilibrio, sincretismo paganocristiano); gli eremiti (rafforzativo, duplicazione, magia del numero dispari); Re Carnevale e Majo, (incarnazioni del ciclo naturale, ristabilimento del ciclo naturale). 4- Il cibo collettivo (patto tribale), il Maiale e il Patronato sugli animali (tabù tribale, controllo animale, sacrificio propiziatorio), cibi propiziatori con elementi sferici (cicerchiata e legumi); proprietà meteorologiche (propiziazione). Carnevale Canrnuvalə Il carnevale è una festa rituale di transizione, trasformazione, rovesciamento delle parti, sacrificio e purificazione. Era legata a riti grandemente diffusi nell’antichità. Il carnevale abruzzese è una festa di grande complessità, di grande valore

storico,

un’eredità

ingiustamente sminuita a favore di

modelli

carnevaleschi

consumistici, estranei e privi di contenuto.

La

spettacolarità coinvolgimento

e

sua

elevata

capacità risiede

di

nella

presenza di numerose figure semi divine animali e vegetali legate alla natura primordiale e alla propiziazione della fecondità e del raccolto. Il suo legame con la Quaresima e la necessaria preparazione ed espiazione prima della Pasqua e della rinascita della Natura (festa del Majo) è legata alla dispersione della cenere del corpo stesso del carnevale. Si tratta di una festa che coniuga i riti solstiziali, che alludono al desiderio del ritorno della luce solare a quelli di propiziazione 2


relativi alla fine dell’anno vecchio e all’inizio del nuovo. Il simbolismo è ancestrale e molto complesso e si basa sul rapporto sincretico fisico-metafisico, ordine-disordine, bene-male. Il suo contenuto simbolico, pagano, è certamente non inferiore ai grandi riti della cristianità come la Pasqua e il Natale. Forse per questo il carnevale è stato soffocato ed avversato dalla Chiesa e poi svuotato di significati e reso commerciale dal consumismo che ne ha definitivamente calpestato i significati profondi. Questo tipo di festa (in Abruzzo Sant’Antonio, Carnevale e il Majo), richiede adesione a modelli culturali che sono ormai tanto distanti dal nostro sentire da suscitare in molti individui un sentimento di vergogna e di ricusazione. Ora questa "vergogna" impedisce l'espressione culturale popolare e spezza la perpetuazione della cerimonia. Tuttavia molti aspetti non sono più proponibili nella nostra società ma invece quelli recuperabili devono essere considerati con grande attenzione. Carnevale inizia dopo Sant'Antonio Abate nella cui festa abruzzese si ritrovano elementi magico propiziatori con una spiccata caratterizzazione animale che è meno evidente nel carnevale abruzzese ma conservata in quella degli altri carnevali tradizionali europei. Non si può capire il Carnevale se non si capisce il Sant’Antonio. In Abruzzo l’importanza del Sant'Antuonə ha fatto si che la componete animale e quella vegetale si siano separate ripartendosi tra le due feste che sono sostanzialmente i due estremi di una stessa festa. Ciò conferisce ulteriore specificità, ricchezza e diversificazione alla tradizione abruzzese. L’attività

del

Sant’Antonio

tradizionale è svolta da Cumbagnie che si riuniscono ogni anno per l’occasione

e

sono

composte:

Sant'Antonio, 2 "romiti", 4 diavoli (due rossi e due neri, uno vestito da "donzella", più piccoli diavoletti), l'Arcangelo. E presente in genere un suonatore di Du bbottə e qualche percussionista. Nelle forme semplici sono gli stessi personaggi a cantare, in altre esiste un coro.Le versioni lunghe spesso corrispondono al racconto agiografico detto della "bbon cristiana" che narra della vita del Santo a partire dalla gravidanza della madre e del patto di questa col diavolo. Purtroppo l'ausilio di scenografie, microfoni, luci spoglia molto l'atmosfera sacro/pagana del rito. Interessantemente per un fenomeno di convergenza e diluizione la sacra

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rappresentazione ha assimilato alcune forme paradossali e comiche che invece erano un tempo legate alla festa sorella del carnevale. Il Carnevale tradizionale è ben attestato storicamente in tutta la provincia e anche a Chieti stessa in cui assumeva forme organizzative importanti. Personaggi della carnevale tradizionale sono Carnevale (in carne e ossa e in cartapesta), la Vedova, Personaggi femminili vari tutti interpretati da maschi, il dottore, il notaio, i carabinieri, lo speziale, i pulcinelle abruzzesi bianchi e quelli colorati

(come si fa l'abito, vedere dopo). Tra tutte le figure quella ancestrale con natura semidivina e carattere di rinnovamento vegetale sono il pulcinella caratterizzati dall'enorme copricapo conico fiorito ed ornato da zagarelle (nastri).

Dei tre giovedĂŹ: degli amici, dei parenti e grasso, solo l'ultimo sopravvive appieno. I balli proliferavano a suon di saltarella, prendevano anche il nome di trescune come l'omonima danza. Naturalmente de Carnevale ogne burle vale. La versione del carnevale praticata in Abruzzo consiste di riti molto antichi, quali la mascherata dei mesi e il palo intrecciato, messinscene di carattere medievale come la carnevalata, Il processo, il 4


funerale e il rogo di Carnevale, cortei rumorosi (significato apotropaico). Inoltre balli e canti come le arie di carnevale, la scura maje e la quadriglia figurata di piazza e ovviamente la saltarella. Attestate sono le moresche nel basso chietino (Tollo, Vasto) Il Carnevale incarna satiricamente personaggi politici e storici più o meno precisi, con sfumature che vanno da una certa bonaria negatività, alla rappresentazione della smodata avidità ma anche, più pesantemente, la prepotenza, il potere corrotto e conserva tracce, sotto la natura umana smodata, di una matrice animalesca, selvaggia, propiziatoria.

Interessante curiosità nelle tasche del fantoccio che rappresenta Re Carnevale vengono cuciti bigliettini contenenti auspici e desideri da realizzare nel corso dell’anno. Il rogo del fantoccio di Carnevale conclude un ciclo naturale e ne inaugura un altro, a preparazione della primavera fertilizzandolo positivamente con le proprie ceneri Molto interessante è la parodia del lamento funebre abruzzese condotto dalla vedova di carnevale. Naturalmente la struttura melodica differisce enormemente dalle monodie funebri abruzzesi ed assume una struttura corale che dal drammatico passa allo sdolcinato con fortissima valenza di canto mimico. Il canto originale raccolto dall’arciprete Mascetta di Colledimacine alla fine del 5


1700 e ritrascritto da Finamore nel 1905 nella parlata di Gessopalena, è sopravvissuto a Scanno e interpretato da Giuseppillo fino agli anni sessanta. Non a caso veniva cantato da una voce maschile perché solo i maschi potevano partecipare alla rappresentazione del processo a Re Carnevale. La tonalità di Do minore del canto Scura maie si caratterizza per la presenza della quinta diminuita Si-Fa che genera una scala pentacordale. Il canto in tempo 6/8 inizia in anacrusi e si sviluppa per dieci battute secondo lo schema di 4 + 4+ 2. La melodia procede sempre per gradi congiunti tranne all’inizio della terza battuta dove troviamo l’intervallo di terza minore Re-Fa. La conclusione del brano è preparata tramite l’intervallo di seconda minore Do-Reb (fine battuta otto inizio battuta nove), con cromatismo reb do si alla battuta nove. Sempre interessanti sono le arie di carnevale e i canti della sciunnavella (dell’altalena) che veniva appesa alla porta di casa ed era appaggaggio dei fanciulli e delle donne. A carnevale si mangia! De carnevale, s'a da fa' nove mùcceche (Chieti) e dopo aver mangiato si mangia ancora pe’attacca lu stomeche. Il cibo collettivo veniva preparato in un unico recipiente da cui tutti si servono ed ha la funzione di stimolare e rinforzare lo spirito di gruppo tramite la condivisione di un piatto rituale. Il piatti forti sono Li gravijuole, le maccarune a la chetarre e carne (del ragu servita come secondo), frittata rognosa (uova con salsiccia), polenta rognosa (con li sfricele) o la salsiccia di fegato. Dolci: cicerchiata, maccarunə docə, salati.

Ricetta Lu porche a ciffe ciaffe:12 persone, 3 kg ritagli di maiale misti: pancetta fresca con la cotenna, ventresca, spuntature, guanciale, 12 spicchi di aglio vestito, 4 rametti di rosmarino, 2

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peperoni rossi secchi (bastardune), 2 lazzaretti, 2 bicchieri di vino bianco, Sale, 4 cucchiai di passata di pomodoro, 250 gr olio di oliva. Per la Chiesa la Quaresima è caratterizzata dall'invito insistente alla conversione a Dio. Ciò avviene attraverso il digiuno anche se limitato al mercoledì delle ceneri e al venerdì santo, esprime la partecipazione del corpo al cammino della conversione e propizia l'astensione dal peccato. È un cammino di preparazione a celebrare la Pasqua che è il culmine delle festività cristiane. Nel mondo tradizionale l’attaccamento alla Pasqua e più tiepido e la Quaresima rappresenta solo un periodo di interregno, di sospensione anche dal lavoro del campi, tra i riti propiziatori di capodanno (Sant’Antonio e Carnevale) e quelli di ringraziamento del Majo. Quindi il Carnevale si riaffaccia puntualmente nelle sette settimane di Quaresima. Ciò non significa che mancando un aspetto penitenziale non manchino delle limitazioni imposte anche dalla poca produttività agricola del periodo ma più che altro dalla propria esigenza di un periodo di riposo. Durante il periodo Quaresimale solitamente intorno alla metà, in alcune località della provincia di Chieti si festeggiava un'antica tradizione di origine pagana altrove definita Sega la vecchia (A mmèzza Quaresimə, se tajje ‘mmezze la vècchiə). Questa vecchia è una pupa di pane o biscotto la quale ha sette piedi o sette piume, le quali vengono spiccate una per una nelle sette domeniche di Quaresima. Spesso reca una rocca per filare o un canestro in testa pieno di pesci. Questi pesci che nel mondo tradizionale erano marinate scapece, o sarde salate e baccala o stocco consumati con cime di rapa, e pizza di randinje, bastardoni fritti etc. Erano una valida alternativa alla costosa carne, specie quella di bue, perché costavano poco e quindi si faceva di necessità virtù. Attraverso il fuso della “vecchie” che fila la lana della nostra esistenza, aderiamo al concetto che non c’è vita senza morte, e non c’è morte senza rinascita. Infatti, la vecchie corrisponde alle parche della mitologia. La vecchia poteva anche essere un fantoccio simile alla moderna immagine della Befana, che corrisponde a un maschio vestito da vecchia dei riti carnevaleschi. A volte il fantoccio era ripieno di dolciumi e frutta secca. Tale vecchia si mette in un luogo della casa ben visibile (camino, architrave) o anche fuori appesa a un filo. Durante la Quaresima si effettua frequentemente la sciuscélle, cioè una scampagnata con una colazione di magro composta da pizza di randinie e broccoli di rapa (pizze e foije) e altri piatti di magro. La sciuscèlle aveva carattere sociale o corporativistico (operai, artigiani, commercianti) ma era anche una buona 7


occasione d’incontro per i giovani. Un po’ in tutto l’Abruzzo ma specialmente nel Chietino, si organizzavano convivi campestri diurni o casalinghi serali, in cui si rompeva la pignata. Intrattenimento molto divertente prevedeva di pilotare il gioco facendo rompere la pignatta con la cenere o la segatura a qualche goffo malcapitato o qualche giovane bullo, mentre la pignatta con i dolciumi o i confetti era riservata a una bella ragazza da marito. Naturalmente i dolciumi erano divisi tra tutti i presenti. La Pasqua è una festa fondamentale della religione tradizionale, che la contorna di rituali propiziatori per il raccolto. In questo periodo, infatti, cade l’equinozio di primavera, che il calendario contadino saluta come il passaggio-chiave della rinascita della natura, rappresentata da Cristo Risorto. Dunque, le celebrazioni popolari della Pasqua sono il risultato di una millenaria sovrapposizione della liturgia cattolica sul ciclo annuale agro-pastorale, che in questo modo ha potuto conservare le sue usanze stagionali, elevandosi però in termini spirituali ed esistenziali. Che molte di queste feste siano sopravvissute agli imperativi economico-industriali della cultura postmoderna si deve al fatto che le persone, nonostante oggi la loro vita sia molto diversa rispetto al passato, continuano ad avere bisogno di vivere momenti di festa, in cui sia possibile toccare l’eccezionalità mitica del Sacro. La Tradizione abruzzese dei Castelli

I castelli rappresentano per lo più cavalli per i maschi e pupe per le femmine. Qualche volta rappresentano anche pecore. Sono fatti di pasta con uova, mandorle, zucchero e hanno, i cavalli a un lato e le pupe alla pancia, delle uova tenute in un incavo da cordelline della stessa pasta. In alcuni luoghi si mettono tante uova quanti sono i figli della famiglia. Cioè se si regala ai primogenito di 4 figli 8


il cavallo avra 4 uova, se al secondogeniti tre e cosi via. Si mangiano per lo più il lunedì di Pasqua. Se i Castelli sono a forma di cuore vengono regalati dalla sposa allo sposo o sono per la famiglia. Il primo maggio, fin dall’antichità, è stato un giorno riservato ai riti

di

propiziazione

della maturazione dei frutti della terra, ed agli auspici

di

un

abbondante raccolto. Nel

Chetino

consumano

si le

Lessagne: piatto rituale composto da 9 grani e legumi, 9 erbaggi e 9 spezie

con

funzione

propiziatoria. Inoltre si pianta il Majo (portando in processione ed al fine bruciano la sua effigie) e si balla il palo di Maggio. Nel mondo la Festa del Lavoro affonda le sue radici nelle battaglie intraprese dal movimento operaio, negli Stati Uniti d'America. Il primo maggio del 1886, infatti, la "Federation Trade and Labor Unions" per sancire contrattualmente l'orario lavorativo di otto ore. In Europa la prima celebrazione della Festa del Lavoro si ebbe nel 1890. Eseguito a Carnevale ma anche il 1° maggio è il canto dei mesi (mascherata dei mesi). Dodici personaggi in maschera che rappresentano i 12 mesi sfilano e intrecciano danze mimiche esibendo attributi tipici a corteggio del 13mo personaggio che incarnava l'anno. L'anno ora clemente, ora austero, ora generoso, ora avaro rappresenta il Tempo che governa e muore e il ciclo stagionale. Questo canto si svolge in semicerchio (postura interpersonale) con al centro una 9


tredicesima figura che rappresenta l’anno. Chiaro quindi il nesso con il significato di fine/inizio anno del carnevale e poi della decretata entrata della buona stagione a Maggio. Dicembre porta un bambino in fasce, ottobre, una bigoncia d'uva, Giugno un manoppole di spighe, Luglio: una cesta di frutta, etc. l'alto copricapo del Majo allude

alla

natura

semidivina

personaggio

fautore

della

del

rinascita

proimaverile, si identifica con il verde Giorgio dei paesi dell'Est, condivide alcune caratteristiche con i pulcinella e con l'angelo presenti nel carnevale e nel Sant'Antonio rispettivamente Nella canto e nella musica tradizionale la postura non solo deriva dalla situazione in cui viene eseguita (corteo, questua ecc) ma anche per esigenze di emissione vocale a distanza, all'aperto ecc. I 12 mesi descrivono e vantano le proprie caratteristiche mentre l’anno li ammonisce sulla loro caducità ricordandogli che devono lasciar posto uno all’altro senza tregua. Il Canto dei mesi ha un ritmo vivace in tempo di 6/8 ed è nella tonalità di Do maggiore con la melodia che si estende nell’arco di una settima maggiore Do-Si Anche questo canto inizia in anacrusi e si sviluppa per venti battute di cui le ultime quattro strumentali. La strofa, non sempre regolare, subisce una dilatazione

alla

quinta

ripetizione

(Ecchëte maggë vestitë da sposë) con replica delle battute quattro-otto. La presenza armonica di tonica-dominante rende possibile, l’accompagnamento del canto con zampogna e ciaramella.

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