Semana de las Letras 2011 Roma

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camera da letto e controllo che le russate e le forbici per potare sono ancora lì, decido di andarmene senza salutare, se dico ciao alla gatta è perché è sulla porta, altrimenti neanche quello. In centro mi ritrovo in un imbottigliamento tremendo, però ci sono già dentro fino al collo quando ricordo che il lunedì, non so perché, questa città è tutta sottosopra, così accendo una Ducados e mi infiammo ancora di più, fino ad arrivare in quartiere. Dopo aver posteggiato come meglio ho potuto, sono così stanco che me ne vado nella mia stanza della pensione senza ricordarmi che devo telefonare a Celso. Già in piena siesta, nella cabina tutta circondata dal sole, faccio il numero dell’officina un po’ prima di cominciare a sudare. Si può verificare: la prima cosa che esce dai buchetti quando si fa quel numero è la voce stupida della segretaria: “Electricidad Atlántico, pronto”, io le dico che mi passi il capo; “chi lo desidera?”, comincio a sciogliermi con i quarantacinque gradi, così grido che sono io, cazzo, non mi ha riconosciuto? Allora esce la voce di Celso, che non è che

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