SALIRE 45 settembre 2023

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Settembre 2023 Club Alpino Italiano Regione Lombardia Nuova grafica ● 150˚ di due grandi Sezioni ● 101˚ Congresso nazionale del CAI ● Cooperativa montagna e servizi ● Il CAI e l’ambiente ● La parità di genere nel CAI

Periodico del Club Alpino Italiano

Regione Lombardia

Settembre 2023

Anno n 9 n 45

Editore

Club Alpino Italiano

Regione Lombardia (CAI Lombardia)

Sede legale sede Sezione CAI di Milano via Duccio di Boninsegna 21-23

Sede operativa e luogo di pubblicazione

24125 Bergamo via Pizzo della Presolana 15

Fax 035 4175480 segretario@cailombardia.org

Direttore Responsabile

Adriano Nosari

Direttore Editoriale

Emilio Aldeghi

Comitato di Redazione

Renato Aggio, Angelo Brambillasca, Danilo Donadoni

Luca Frezzini, Mina Maffi, Patrizia De Peron, Paola Tamaroglio, Paolo Villa

Segretario di Redazione

Angelo Brambillasca

Correzione testi

Patrizia De Peron, Paolo Villa

Ricerca e ottimizzazione immagini

Danilo Donadoni

Impaginazione

Paola Tamaroglio, Renato Aggio

Collaborazione grafica

Lorenzo Boero, Alice Guarnieri

Gestione archivio informatico

Carlo Cetti

Rapporti con CDC, CC

Paolo Villa

Rapporti con Conferenze di Sezioni, Sezioni, Presidenti Regionali, OTTO e CNSAS lombardo

Renato Aggio

Referente CDR

Valentino Poli

Rapporti con articolisti continuativi

Mina Maffi

Garante della Privacy

Emilio Aldeghi

Hanno collaborato

Gege Agazzi, Fabio Maria Agostinis, Sara Alpago, Antonio Barberini, Angelo, Brambillasca, Giovanni Caso, Andrea Cataldo, Matteo Cattaneo, Fabiola FiorucciLorella Franceschini, Luca Frezzini, Emanuela Gherardi, Don Andrea Gilardi, Riccardo Marchini - OTTO AG, Roberto Monguzzi, Adriano Nosari, Dario Nisoli, Mariangela RivaTAM Lombardia, Giuseppina Savastano, Giuseppe ValtortaOTTO ROA Lombardia, Paolo Villa, i partecipanti al Camp CAI giovani

Direzione e redazione

24125 Bergamo via Pizzo della Presolana 15

Fax 035 4175480 salire.cailombardia@gmail.com cai.it/gruppo_regionale/gr-lombardia/ Tecnica di diffusione PERIODICO TELEMATICO ON LINE

Periodico gratuito per i soci CAI Lombardia Articoli, fotografie e disegni vengono restituiti solo se richiesti al momento della consegna.

La redazione si riserva di pubblicare gli articoli pervenuti, nei tempi e con le modalità che riterrà opportune. La pubblicazione degli articoli implica l'accettazione da parte dell'autore di eventuali tagli e modifiche dei testi.

Pronto per la pubblicazione: 27 settembre 2023

Iscritto al Tribunale di Bergamo al N. 2/15 Reg. Stampa in data 24 febbraio 2015

Foto di copertina: Orizzonti lontani - Ph M. Tintori, foto archivio CAI Bergamo

Gli autori sono riportati all’interno della rivista.

La Redazione ringrazia gli autori per la gentile concessione delle loro immagini.

Nuova grafica, facilità di lettura

Adriano Nosari

Note sulla tavola rotonda del 17 maggio

Luca Frezzini

Sintesi degli interventi

Redazione SALIRE

I 150 anni del CAI Bergamo

Dario Nisoli

CAI Milano, Il valore di 150 anni di storia

Roberto Monguzzi

La Scuola di Escursionismo

“Azimut” - CAI Seregno in visita all’Osservatorio “O. Vittori” e CAMM del Monte Cimone

Andrea Cataldo

Antonio Stoppani

Giuseppina Savastano e Antonio

Barberini Intervista al presidente della sezione di Monza

Angelo Brambillasca

101˚ Congresso nazionale del CAI

Matteo Cattaneo

Congresso nazionale del CAI, una tradizione che continua

Paolo Villa

Cooperativa montagna e servizi, intervista al suo presidente Paolo

Grilli

Luca Frezzini

Camp CAI giovani Lombardia: confronto per un CAI Giovane a cura dei partecipanti al Camp

Le bandiere: il tricolore e il vessillo del Club Alpino Italiano

Giuseppe Valtorta - OTTO ROA

Lombardia Norme fiscali- attività commerciali e non, prima parte

Lo scadenzario settembre 2023marzo 2024

Trekking extra europei: come prepararsi

Dottore mio figlio soffre di asma: posso portarlo in montagna?

Giovanni Caso e Fabio Maria Agostinis

Il CAI e l’ambiente

Mariangela Riva - OTTO TAM Lombardia

Mini trekking AG

Riccardo Marchini e Sara Alpago

L’Assemblea dei delegati, è ancora l’organo sovrano?

Luca Frezzini

La parità di genere nel CAI Fabiola Fiorucci

ferita ancora aperta 7 9 11 14 16 18 21 25 29 31 33 36 39 42 46 51 58 63 65 69 72 77
Una

Ogni socio CAI pu. proporre i suoi contributi al nostro periodico. Il materiale va spedito a questo indirizzo:

Gli articoli dovranno essere coerenti con la linea editoriale di “Salire”. Il periodico ha l'ambizione di essere uno strumento di crescita delle sezioni e dei soci che in esse operano con incarichi di vario livello. Vogliamo diffondere e far condividere idee nuove, essere un punto di riferimento e di approfondimento per il dibattito interno al nostro sodalizio. Pertanto gli articoli dovranno presentare un interesse generale e rappresentare un'occasione di diffusione di buone prassi, di approfondimento, riflessione, proposte e anche di voce critica. Un articolo che descriva un'iniziativa dovressere proposto in forma tale da rappresentare un potenziale arricchimento per tutti: le descrizioni di attività dovranno porre in rilievo le finalità, il metodo, l'organizzazione del lavoro e i risultati raggiunti, in modo da costituire uno spunto e un esempio positivo per tutte le sezioni. Gli annunci di iniziative sezionali e di coordinamenti di sezioni non potranno essere pubblicati perchè la periodicità trimestrale non consente l'adeguata tempestività. Si ricorda che gli annunci e le locandine potranno invece essere inviati al seguente indirizzo mail:

per essere inserite in tempo reale sulla pagina Facebook del CAI Lombardia e nelle news

La lunghezza degli articoli, salvo esigenze particolari, dovrà essere contenuta in una cartella da redigere possibilmente con corpo 12, per un totale di 4.000 / 4.500 caratteri.

A ciascun autore, nel limite del possibile, è richiesto di allegare all'articolo almeno due o tre fotografie illustrative, in alta definizione, con una breve didascalia e l'obbligatoria indicazione dell'autore della foto. Si ricorda che per le fotografie in cui compaiono persone facilmente riconoscibili (al di fuori dei casi in cui l’uso dell’immagine è consentito nell’ambito delle iniziative istituzionali del CAI) è da acquisire il consenso della persona ritratta.

Il titolo e il sommario sono normalmente a cura della redazione. La redazione si riserva la facoltà di operare tagli e correzioni concordandole con l'autore del testo.

Il periodico Salire è sfogliabile on line o scaricabile in formato PDF collegandosi al sito del CAI Lombardia

Ai soci CAI che non hanno rifiutato il loro consenso all'informativa viene inviata una comunicazione mail che annuncia l'avvenuta pubblicazione e indica il link cui collegarsi per la lettura o lo scarico del periodico Ricordiamo infine che per eventuali mancate ricezioni o richieste di variazione dell'indirizzo mail ci si deve rivolgere alla sezione di appartenenza, che è l'unica abilitata agli interventi sulla piattaforma di tesseramento del CAI. I soci che hanno aperto il “profilo on line” sulla piattaforma potranno procedere personalmente e direttamente al controllo degli indirizzi e alla loro eventuale variazione. “Salire” non viene stampato per l'invio postale, ma le sezioni sono invitate a stamparne comunque una copia da tenere in sede a disposizione dei soci.

Resta sempre valido l’invito che rivolgiamo ai soci CAI a collaborare alla redazione del Periodico secondo la ben nota linea editoriale “di servizio” che trovate illustrata nella pagina precedente. I soci potranno contribuire inviandoci articoli saltuari o continuativi, o con lettere alla redazione.

Saranno gradite anche proposte di miglioramento sia per i contenuti che per la linea grafica. Inoltre, la porta della redazione di Salire resta aperta a chi volesse partecipare stabilmente al lavoro redazionale nelle sue varie forme: discussione per l’impostazione del numero, redazione degli articoli, reperimento delle fotografie, correzione delle bozze, impaginazione finale.

Le riunioni di redazione si svolgono in parte in presenza e in parte da remoto. Ogni proposta di collaborazione va inviata alla nostra mail:

di Adriano Nosari

Cari consoci, con questo numero noterete che abbiamo cambiato notevolmente la grafica di SALIRE “Guardiamo in alto per costruire il futuro”. La redazione del periodico è il frutto di incontri, riflessioni, esigenze e suggerimenti che devono arrivare anche dai soci; sin dal primo numero abbiamo spesso apportato variazioni per poter rendere sempre più leggibile e accattivante il periodico.

Ora, pur cercando di mantenere una veste anche stampabile, soprattutto per le Sezioni, abbiamo cercato di adeguarci alle esigenze di più facile lettura dai supporti informatici, tra i quali il sempre più diffuso telefono cellulare (smartphone).

Ringraziamo perciò Alice Guarnieri e Lorenzo Boero, del C.A.I. SEM di Milano che, entrando pienamente nello “spirito” volontaristico di SALIRE, si sono proposti con entusiasmo a studiare ed attuare, sia la grafica, per renderla più accattivante e intellegibile, sia la possibilità di accesso con un clic ai vari articoli e collegamenti.

Ringraziamo altresì Renato, onnipresente supporto del sistema informatico, per il lavoro silenzioso ed instancabile.

Tra le facilitazioni, come detto, cliccando nell’indice/sommario si può immediatamente leggere l’articolo, ritornare o andare direttamente nel sito CAI Lombardia o scrivere a SALIRE.

Leggerete le “istruzioni per l’uso”, al riguardo. Buona lettura a tutti.

Invito ai soci:

VorreirammentarecheSALIRE,acadenza trimestrale,aiutaariflettereescriverepercreare culturatraSezionietuttiisociedinparticolare quelliimpegnatiavariotitoloedinvitiamoad utilizzarloperamplificareivostripensieriinun verodibattitocontinuativotraPresidenti,Sezioni, Soci,Scuole,Istruttori,Commissioni,Gruppiper farcircolareideeecritichecostruttive

Facendo seguito ad una proposta di Paolo Cavallanti, della sezione di Codogno, la Redazione di Salire ha promosso una tavola rotonda riguardo al tema dell’alpinismo nel CAI, ovvero se nel CAI si pratica ancora alpinismo oppure no.

Diversi relatori si sono susseguiti al tavolo, offrendo spunti di riflessione, idee e punti di vista che senz’altro dovranno essere sviluppati nel tempo, se non altro per orientare le scelte e gli indirizzi della densa attività operativa di cui si fanno carico le sezioni del CAI, attraverso le loro scuole o attraverso i programmi delle attività siano esse promozionali e culturali o “di campo”.

Hanno partecipato rappresentanti del CDC e del CC, presidenti di sezione, istruttori e professionisti della montagna, giornalisti, semplici soci che praticano l’alpinismo.

L’attuale attività alpinistica ci mostra due parti: un alpinismo d’élite, degli exploit, riservato a poche persone, siano esse donne che uomini, dotate di particolari ed eccezionali doti naturali, nonché supportate da sponsor, sempre alla ricerca del superamento del limite e alla ricerca del primato; se vogliamo usare una metafora, è la punta di un iceberg ben pubblicizzata nei confronti dell’opinione pubblica e pertanto ben conosciuta; c’è però la parte sommersa, molto vasta e ben rappresentata, dove invece si sviluppa il senso del limite e della consapevolezza, dove maturano i processi formativi e di apprendimento, che è molto ricca e verso la quale si dovrebbe sviluppare maggiore interesse e attenzione.

Cosa muove una persona a praticare l’alpinismo? Affrontare volontariamente e

liberamente l’esposizione al rischio e accettare una sfida con un ambiente potenzialmente pericoloso; questa sfida porta ad un grande sensazione di felicità; cercare di annientare il rischio, in nome della sicurezza, significa ridurre a mera pratica sportiva o mero divertimento l’alpinismo; l’alpinismo non inizia dove crescono le difficoltà, ma dove si inizia il confronto tra una ambiente rischioso e la nostra capacità di saperlo affrontare.

Proprio per questo l’alpinismo è espressione individuale e nella propria individualità bisogna sapere crescere, senza il ricorso a coloro che si reputano essere più esperti; perché diversamente non si va in montagna, ma si viene accompagnati in montagna.

All’interno del CAI andrebbe recuperato il senso culturale della frequentazione della montagna e il CAI deve diventare luogo di confronto e di crescita.

Il CAI deve promuovere la formazione per andare in montagna, ma non si deve avere la pretesa che l’associazione si faccia carico di portare tutti indistintamente in montagna e secondo logiche di mercato: mi domandi un servizio e io ti offro un servizio cercando di essere concorrenziale rispetto ad altre realtà.

Non è una novità che il CAI non riesce a soddisfare la continua domanda di frequentazione dei corsi, che tuttavia al giorno d’oggi è sempre più di tipo “mordi e fuggi”, alla pari di tante altre attività sportive o ricreative, soprattutto nel mondo giovanile; la sfida forse è cercare una diversificazione continua e al passo con i tempi delle attività svolte all’interno delle sezioni; non è

facile considerando che tutti gli operatori agiscono come volontari e che l’assunzione di responsabilità diventa sempre di più un compito assai gravoso.

A livello di sede centrale diverse iniziative sono state avviate, sia di tipo conoscitivo, sia di promozione di progetti volti a favorire la pratica alpinistica, la crescita del mondo giovanile e il ricambio generazionale degli istruttori.

Di certo non è un tema che si esaurisce nell’ambito di una tavola rotonda, ma richiede approfondimenti, confronti, nuove idee nell’ambito delle sezioni, compresa quella dell’accademico, e delle scuole di alpinismo.

Tavola rotonda presso il Palamonti - Ph R. Aggio

di Redazione SALIRE

LauraColombo(VPG)

C’è vivo interesse del CAI verso l’alpinismo, lo dimostra anche il progetto Eagle Team.

Far crescere i giovani anche per il ricambio generazionale degli istruttori.

FrancoCapitanio

Le risposte al questionario somministrato alle sezioni indicano che il 66% dichiarano di svolgere attività alpinistica (70 sezioni in Lombardia su 180 che hanno risposto). Di esse, il 12% utilizza guide alpine, il 35% titolati ed esperti sezionali, il resto soltanto soci esperti sezionali.

Le sezioni che dichiarano di non fare attività alpinistica dicono di non farla perché non hanno richiesta (59%), le restanti perché non hanno titolati disponibili o perché non vogliono assumersi responsabilità.

Uno dei motivi che hanno concorso a una minore diffusione dell’attività alpinistica nelle sezioni è legato alla non completa attuazione dell’atto di indirizzo del 2018 sull’alpinismo giovanile: non è stata sviluppata la parte che avrebbe richiesto un rapporto più diretto con le scuole di alpinismo. In questi ultimi mesi sono iniziati incontri tra la commissione nazionale scuole e l’OTC alpinismo giovanile per recuperare un rapporto più diretto che vada a vantaggio dell’attività alpinistica dei ragazzi.

Un forte problema è dato dal fatto che al termine dei corsi una gran parte degli allievi non rimane a fare attività all’interno del CAI, segno che il CAI non è in grado di trasmettere il senso di appartenenza agli allievi che addestra.

È da migliorare il rapporto tra scuole e sezioni, nonché la capacità di rispondere alla forte domanda di corsi. AndreaCarminati

In un precedente questionario le sezioni dichiaravano di non fare attività perché non avevano titolati o perché non volevano assumersi responsabilità. Apparentemente le sezioni di montagna ricevono più domanda di alpinismo rispetto a quelle di pianura, che appaiono più dedite all’escursionismo.

L’alpinismo attira un pubblico più giovane.

Migliorare il rapporto scuole sezioni: la collaborazione non è assente, ma, nonostante ciò, le due realtà non interagiscono al meglio; va migliorato o instaurato dal nuovo un interscambio di partecipazione ai relativi consigli direttivi.

AlessandroMutti

È compito delle scuole fare crescere anche gli istruttori oltre che gli allievi, perché hanno un compito gravoso: supportare le gite sezionali, gestire le responsabilità. Gli istruttori sono consapevoli delle responsabilità ma temono di essere giudicati in modo improprio, in base a interpretazioni errate del loro comportamento. Inoltre, non accettano che gli allievi si deresponsabilizzino completamente rifiutandosi di assumere la loro (minore) parte di responsabilità. Una parte di allievi appare improvvisata.

Il tempo per la formazione degli allievi è lungo e serve il concorso degli istruttori anziani.

La qualità dei corsi è legata anche alla preparazione degli istruttori (che sono tutti volontari).

MicheleComi

Bisogna prendere coscienza della “nuova geografia del disgelo”, cioè delle implicazioni del cambiamento climatico sulla pratica alpinistica.

L’attività alpinistica ci offre due parti, come un iceberg: quella emersa è costituita dalla pratica, quella sommersa è quella dove si sviluppa il senso del limite, la consapevolezza. È più facile seguire la parte emersa, che ha maggior richiamo; ma è da seguire con

vera attenzione quella sommersa, che è più ricca perché in essa maturano i processi formativi e di apprendimento.

AntonellaOssola

Porta l’esperienza della sezione di Varese in cui sono stati costituiti gruppi paralleli ai consigli direttivi della sezione e della scuola, con la partecipazione di alcuni consiglieri e dei vari gestori delle attività. Essi hanno il compito di trattare in modo informale tutto ciò che attiene allo svolgimento delle attività.

Il risultato sperimentato è che le scuole sono brave a trasferire competenze tecniche, meno brave a trasmettere emozioni.

La frequentazione dei giovani è comunque “mordi e fuggi” per natura.

Che la domanda di corsi sia superiore all’offerta non è una novità ma una costante già ampiamente sperimentata nel tempo.

Per attirare i giovani serve una diversificazione delle attività sezionali, che rappresenta una risorsa: se garantiamo una pluralità di possibili esperienze avremo maggiore capacità di trattenere i giovani nel CAI.

SerafinoRipamonti

Cosa si prova nel fare alpinismo? Felicità.

Essa deriva dall’accettazione della sfida con un ambiente potenzialmente pericoloso. L’esposizione volontaria al rischio è la componente essenziale dell’alpinismo: dove c’è sicurezza non c’è alpinismo.

La pratica e la cultura del rischio è una risorsa da portare in dono a tutta la comunità. Se il CAI vuole continuare a fare alpinismo deve riconoscere questa cultura del rischio.

Va superato il concetto secondo cui l’alpinismo inizia dove aumentano le difficoltà. Escursionismo e alpinismo hanno lo stesso ambiente di sfondo ed entrambe possono implicare di amare il confronto con l’ambiente di rischio.

Il futuro dell’alpinismo è in questo riconoscimento: l’evoluzione non è necessariamente verso il più difficile.

Conclude con la citazione di Bernard Amy da “Il più grande arrampicatore del mondo”.

Valotiecompagno

Intervento a distanza perso per cattiva qualità dell’audio.

LucaFrezzini

L’alpinismo è una espressione individuale; bisogna crescere nella propria individualità, altrimenti si resta uno che viene portato in montagna da chi è più esperto.

Attualmente il CAI non è più indispensabile per fare alpinismo: si può trovare tutto il necessario anche al di fuori.

Ma è necessario invece recuperare la funzione di trasmissione della cultura, essere un luogo in cui ci si possa confrontare e crescere.

MarcoDeMichelis

Da ex allievo apprezza la creazione del gruppo da parte degli istruttori sezionali, che dà la possibilità di un affiatamento che prosegue anche dopo la scuola. La sua esperienza lo porta a concludere che nel CAI si faccia ancora alpinismo

Matteo-sezionediCodogno

I cambiamenti climatici aumentano le difficoltà della pratica alpinistica. Tutti i contesti sono definiti nel bene e nel male dalle relative persone.

Prima di organizzare escursioni e ascensioni il CAI dovrebbe insegnare ad andare in montagna. Si “fa alpinismo” se le persone lo interpretano nel modo corretto, cioè si accostano alla montagna accettando la quota di rischio che ciò comporta.

Non può esserci la pretesa che il CAI porti tutti in montagna; il CAI deve accompagnare le persone che hanno capito e condividono le implicazioni culturali su cui si fonda l’alpinismo.

Alcuniconcettiemersinellafasedidomande/ risposte:

La stampa sociale del CAI non ha coltivato l’alpinismo e il CAI non ha coltivato l’arrampicata sportiva (Matteo Bertolotti).

L’esperienza del CAI con i giovani non ha portato risultati. Vanno costruiti nuovi percorsi verso l’arrampicata sportiva e va fatta crescere la cultura dell’alpinismo (Pietro Gavazzi del CAI di Nembro).

Recuperare la storia dell’alpinismo, anche attraverso la letteratura.

Inserire i titolati nei consigli direttivi.

Recuperare il concetto di autoresponsabilità di chi partecipa alle escursioni sociali

Antonio Stoppani

La Sezione di Bergamo del CAI nacque il 14 aprile 1873, dieci anni dopo che a Torino venne costituito il Club Alpino Italiano. Quella di Bergamo fu la seconda sezione lombarda e la dodicesima presente in Italia. Nel trentennio seguente alla fondazione alcuni Soci eressero i primi tre rifugi, principalmente allo scopo di fornire un punto d’appoggio in quota nei luoghi più attrattivi per l’alpinismo e quindi per agevolare le salite alle principali vette bergamasche verso le quali iniziavano le prime ascese.

Ora, dopo 150, la Sezione è composta, oltre che dalla Sede di Bergamo, da 18 sottosezioni che negli anni passati si sono formate ed affermate sul territorio provinciale. Esse garantiscono a tutti gli interessati di trovare un riferimento CAI nel proprio paese o in uno vicino a casa, oltre a favorire la cura del territorio, la gestione dei sentieri e l’organizzazione delle attività in modo sempre più diffuso e uniforme su tutta la provincia.

Sezione e Sottosezioni stanno mantenendo a favore di tutti i frequentatori della bergamasca circa 2400 km di rete sentieristica, 11 rifugi ed un bivacco, oltre ad alcuni sentieri attrezzati e vie ferrate. Allo scopo di favorire la sicurezza in ambiente montano e aiutare chi inizia ad approcciarsi a qualsiasi titolo a questo ambiente, invece, le undici Scuole offrono ogni anno oltre 30 corsi per le diverse discipline praticate nel CAI, formando così circa 600 persone. Al contempo, le svariate commissioni e gruppi si occupano continuativamente di proporre a soci e non soci ogni tipo di uscita, momento culturale, approfondimento tecnico, accompagnamento di studenti, accompagnamento di persone con difficoltà motorie oltre che di gestione della

biblioteca della montagna del Palamonti.

Tutto questo è sempre stato fatto tanto per i soci quanto per i non soci, basti pensare come accennato sopra alla manutenzione dei sentieri e

dei rifugi, che qualunque appassionato della montagna frequenta, oltre che alla collaborazione con le Scuole e con le Cooperative Sociali presenti sul territorio ed alle tante altre attività aperte a tutti.

Quest’anno, per il proprio importante anniversario, la Sezione ha deciso di fare qualcosa in più verso la popolazione a partire da

un concerto svolto a febbraio al Teatro Sociale in Città Alta, dove chiunque poteva partecipare per ascoltare i canti alpini dalle voci dei coristi della SAT, tra i più importanti cori alpini a livello mondiale. Da inizio anno sono proposte serate dedicate al mondo dell’alpinismo, prevalentemente bergamasco, ed alla sua storia. A favore invece del turismo lento, che da alcuni anni sta aumentando con la frequentazione sempre più numerosa dei cosiddetti “cammini” in Italia ed all’estero, è stato invece realizzato ed inaugurato il Sentiero dei Laghi che, con un abile intreccio di sentieri già esistenti, unisce il lago di Lecco a quello di Garda, toccando il lago d’Iseo e quello d’Idro. Quest’ultimo progetto è stato pensato anche per una particolare coincidenza: l’anno 2023 oltre che essere anno di festeggiamenti per la nostra Sezione è anche l’anno in cui Bergamo e Brescia, insieme, sono Capitale Italiana della Cultura. Le indicazioni di questo sentiero si possono trovare sul rinnovato sito del CAI di Bergamo, insieme alla cartografia completa della provincia ed a tutte le tracce dei sentieri CAI. Sempre in merito alla cartografia, la Sezione si è impegnata a realizzare le nuove carte topografiche ad uso escursionistico (scala 1:25000 con tutti i sentieri numerati CAI) e sono già disponibili le prime 4 zone, che includono tra l’altro il Sentiero delle Orobie Orientali e Occidentali, oltre che la nuova Via Decia, un altro cammino appena nato che vi porta alla scoperta delle bellezze della Val di Scalve. Sempre nel corso del 2023, insieme all’Associazione Disabili Bergamaschi, sono stati pubblicati due volumi dal titolo “Insieme sui sentieri ognuno con il proprio passo” che contiene 82 percorsi in provincia di Bergamo appositamente classificati e descritti per la frequentazione da parte di persone con esigenze speciali.

Tornando alla città, è stato realizzato un

progetto insieme ad Accademia Carrara che ha permesso di portare le Orobie Bergamasche nelle sale dell’Accademia, da giugno a settembre, sia in forma pittorica (opere realizzate tra il 1800 ed il 1900) sia in quella fotografica (scatti che il fotografo e alpinista giapponese Naoki Ishikawa ha realizzato tra la fine del 2022 ed i primi mesi del 2023).

Per poter ancor di più far conoscere ed apprezzare le Orobie Bergamasche, la Sezione di Bergamo si era proposta per ospitare la 24^ Settimana Nazionale dell’Escursionismo, e così è stato dal 23 giugno al 2 luglio quando oltre 1500

persone hanno frequentato le montagne

bergamasche partecipando ad alcune tra le circa 50 uscite organizzate.

Quanto sopra sono sicuramente le iniziative più visibili al pubblico, ma tanto altro è stato fatto e stiamo continuando a fare, per soci e non soci, a favore della sostenibilità ambientale e sociale dei nostri territori e di chi li abita.

Escursione in Val Vertova - foto da CAI Bergamo

Il 16 novembre 1873 un piccolo gruppo di scienziati naturalisti e di pioneristici amanti della montagna, riunitosi all’interno del Politecnico di Milano, diede il via alla storia della nostra sezione a Milano. Lungo questo secolo e mezzo il CAI Milano ha vissuto e accompagnato tutte le vicende del nostro paese. Non c’è episodio triste o importante della storia italiana o milanese in cui in qualche modo il CAI Milano non abbia partecipato, contribuito o solo subito l’effetto degli eventi. Dalla triste realtà delle guerre, della dittatura, alle grandi conquiste alpinistiche degli anni 50, al boom economico fino alle vicende più recenti della pandemia mondiale.

Legami con la storia che ancora vincolano il CAI Milano indissolubilmente alle vicende sociali e storiche della propria città. Era difficile festeggiare in modo adeguato la nostra realtà speciale. Crediamo di esserci riusciti, e ancora molti eventi mancano all’appello, cercando di coniugare ogni nostro evento, ogni nostro appuntamento, alle diverse vicende storiche della sezione.

Ogni compleanno va festeggiato con il giusto mix di orgoglio, celebrazione e progettualità, per tale motivo crediamo che i nostri soci e tutti i milanesi, attraverso il nostro

programma di eventi, si siano resi conto di far parte di una appassionata e vissuta fetta di storia italiana, sempre coniugata con un grande amore per la montagna. Valori come la solidarietà, l’amicizia, il rispetto per la natura uniti a grande arricchimento personale, sono i contributi che il CAI Milano è da sempre pronto a condividere con tutti. Oggi il CAI Milano ha più di 6500 soci e 250 fra Istruttori e accompagnatori, tutti volontari ma con l’antica ma sempre attuale grande passione che lega il CAI alle montagne e alle vette alte.

Ed è questa passione ad essere l’unico carburanterigorosamente verdeche utilizziamo per continuare ad accompagnare in montagna i milanesi e che alimenta l’impegno nelle nostre quattro scuole (Scuola di Alta Montagna “A. Parravicini”, Scuola Scialpinismo “M. Righini”, Scuola escursionismo “P. Bianchi” e Scuola Sci escursionismo “C. Zanchi”) nei corsi di alpinismo, scialpinismo, escursionismo, sci di fondo escursionismo. Sono inoltre quindici i gruppi e commissioni del CAI Milano che alimentano e condividono questa passione, che promuovono la cultura e la formazione sui temi della montagna,

CAI MI, sentiero urbano - foto da CAI Milano

organizzando escursioni e attività in sicurezza.

E sono 15 anche i rifugi alpini gestiti dal CAI Milano (qui la lista completa) tra Lombardia, Val d’Aosta, Trentino-Alto Adige, in cui ogni visitatore può contare sull’accoglienza, l’ospitalità e i consigli di chi la montagna la vive e la conosce a fondo. I rifugi sono il nostro vero presidio di sicurezza in quota e sono il modello che offriamo a tutti per tutelare chi vuole frequentare la montagna.

I nostri rifugi sono diventati, o lo diverranno a breve, un esempio di avanguardia nella sostenibilità delle nostre strutture alpine, per cui si è investito e si investirà nella dotazione di autonomia energetica (solare, idroelettrica), di smaltimento dei reflui e di approvvigionamento autonomo idrico. È il contributo che vogliamo dare per il futuro ricordando il nostro anniversario. Per valorizzare ulteriormente i nostri Rifugi, la sezione di Milano lancerà quest’anno un premio a punti per tutti i soci che dimostreranno di averli visitati nel corso della stagione.

Nel nostro 2023, nel nostro 150º di vita, non abbiamo tuttavia solo organizzato gite, escursioni e attività in quota. Sono oltre 15 le iniziative pensate dal CAI Milano per celebrare il suo secolo e mezzo di vita, una per commissione o gruppo o scuola, alcune ancora in corso o da svolgere, in attesa della festa finale prevista per il 18 novembre in cui verranno premiati i soci più fedeli e gli allievi che si sono contraddistinti nell’attività alpinistica ed escursionistica della sezione. Il programma 150° (ecco il link ) spazierà tra Milano, dove il CAI ha inaugurato nel 2021 un

sentiero urbano nel cuore di Milano (101 “Milano in Cima”), alle montagne a noi più care, in un susseguirsi di citazioni e ricordi di imprese e persone che hanno fatto grande la nostra sezione. Con attività concrete, come la sistemazione del sentiero attrezzato sulla traversata alta delle Grigne, e che si estenderà, nell’intento della sezione, anche alla sistemazione della “Direttissima” in Grignetta, realizzata dal CAI Milano nel 1923 (100 anni di vita), e che collega due nostri rifugi importanti come il Rosalba e il Porta. Oppure alla manutenzione dello spigolo Parravicini in Val Masino o il controllo della salute degli escursionisti in salita al Rifugio Gianetti. Fino a spingersi al Campo Base del K2 in Pakistan, dove, giusto a fine del passato agosto, una appassionata piccola spedizione di escursionisti esperti e istruttori della sezione ha portato il proprio gagliardetto fino al campo base, luogo da dove partì nel 1954 la spedizione italiana di Ardito Desio, che pure aderì al CAI Milano, e a cui partecipò un importante membro della nostra sezione, Pino Gallotti.

Molti eventi, piccoli e grandi segnali di vitalità e storia della nostra sezione. Perché da quando esiste il CAI Milano, il mondo è cambiato varie volte, ma chi come noi compie 150 anni, ormai non invecchia più, ha solo un grande futuro innanzi a sé. Come ci ricorda sempre l’antico motto del CAI Milano, che mai come oggi ci sembra giusto riportare come saluto.

Excelsior!

Campo base K 2 - foto da CAI Milano

Andrea Cataldo

AE Scuola di Escursionismo

“Azimut” - CAI Seregno

PhD Ricercatore STIIMA-CNR

Nel contesto dell’ultima edizione del corso di Escursionismo Avanzato condotto dalla Scuola di Escursionismo “Azimut” della sezione di Seregno, è venuto il desiderio di approfondire le conoscenze sugli studi del clima e dell’atmosfera. Valorizzando i contatti con l’Istituto STIIMA-CNR del Consiglio Nazionale delle Ricerche, è venuta l’idea di chiedere ai ricercatori dell’Istituto ISACCNR (Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima) di poter svolgere una visita guidata approfondita dell’Osservatorio Climatico “Ottavio Vittori” e delle attività scientifiche che in esso vengono condotte.

Mercoledì 19 luglio 2023 lo staff di ricercatori CNR ci ha condotto al comando dell’Aeronautica Militare di Sestola (MO) per ricevere i pass di accesso al tunnel nella roccia del Monte Cimone. Da lì, passando da 20 a 4°C nello spazio di un attraversamento di una porta, con un carrello funicolare si giunge direttamente in vetta a Monte Cimone, in seno all’Osservatorio “Ottavio Vittori”. L’Osservatorio fu messo a punto ed allestito dal CNR nell’ex-Rifugio CAI “Gino Romualdi” che l’Aeronautica Militare fece proprio nel dopoguerra e che ospita da decenni il CNR e le sue attività di ricerca scientifica.

L’Osservatorio Climatico “Ottavio Vittori” rappresenta l’unica stazione montana per studi atmosferici e climatici a Sud della pianura padana. Grazie all’orizzonte completamente libero, alla

sua quota ed alla distanza da importanti fonti di inquinamento, Monte Cimone rappresenta una piattaforma strategica per lo studio della variabilità della composizione dell’atmosfera nell’Europa Meridionale e nella regione del Mediterraneo. Unitamente alla Stazione AM, esso è accreditato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) - GlobalAtmosphereWatch(GAW) (un programma nato negli anni ’60 del secolo scorso per la sorveglianza dell’atmosfera terrestre), tra le 31 Stazioni Globali (di cui 9 in alta quota) del programma GAW-OMM, unica presente sul territorio Italiano e nel Bacino del Mediterraneo. Infatti, sono solo 31 le stazioni al mondo che hanno il riconoscimento “globale” (e non regionale come le altre centinaia) da parte di OMM/GAW grazie alla molteplicità e diversificazione delle misure svolte, alla qualità dei dati prodotti ed alla corretta struttura organizzativa, che garantisce nel tempo la massima accuratezza e continuità delle osservazioni sul campo.

Presso l’Osservatorio Vittori, le attività di ricerca iniziano nel 1991 e dal 1996 si svolgono in modo continuativo (365 giorni all’anno, 24 ore su 24) misure inerenti i composti clima-alteranti ed inquinanti (gas ed aerosol), la radiazione solare ed i parametri meteorologici.

Le attività osservative sono riferite ai programmi di misura quali ossidi di azoto, monossido di carbonio, protossido di azoto, anidride solforosa,

gas alogenati, esafluoruro di zolfo, ozono e biossido di azoto colonnari (DOAS), distribuzione dimensionale aerosol, coefficiente di scattering dell’aerosol, concentrazione del numero di particelle, black carbon, chimica degli aerosol, parametri meteorologici, radiazione solare, fotometria solare. Tra le misure all’Osservatorio spiccano quelle di metano (CH4), ozono (O3), gas alogenati e black carbon considerati ShortLived ClimateForcerc/Pollutants(Composti climalteranti/inquinanti a vita breve), oltre a quelle di Anidride

Carbonica (CO2), considerato Long

LivedClimate

Forcer (Composto climalterante a vita lunga). La loro misura in siti background come Monte Cimone è di estrema importanza, così come fondamentale risulta

promuovere la riduzione di questi composti in atmosfera per la salvaguardia del Pianeta, come ricordano incessantemente l’OMM e l’IPCC (IntergovernmentalPanelonClimateChange).

Le attività di ricerca svolte all’Osservatorio contribuiscono a meglio definire i cambiamenti della composizione dell’atmosfera, studiando i processi che influenzano il clima e la qualità dell’aria e permettendo di valutare l’influenza che processi legati alle attività antropiche e naturali possono avere. Data l’elevata qualità delle osservazioni prodotte, le misure condotte sono anche utilizzate per tarare sensori da satellite o verificare simulazioni di modelli atmosferici.

L’Osservatorio è stato ed è parte di numerosi progetti e programmi di ricerca per lo studio dell’atmosfera, dei cambiamenti climatici e della qualità dell’aria. Tra essi ricordiamo le Infrastrutture Europee di Ricerca ICOS (Integrated Carbon Observation System) e ACTRIS (Aerosol,

Clouds and Trace Gases). Terminata la visita con i Ricercatori ISAC-CNR, personale dell’Aeronautica Militare ci ha accolto nel Centro Aeronautica Militare di Montagna (CAMM), spiegandoci la missione di tale Stazione e presentando la strumentazione utilizzata per le misure meteorologiche e climatiche. Il Centro opera dal 1937 nei settori delle telecomunicazioni, della meteorologia e delle misure ambientali in virtù della sua ideale posizione per la misura di fondo della concentrazione in atmosfera dei cosiddetti gas ad effetto serra, CO2 e CH4. La misura della concentrazione di CO2 presso il CAMM risale al 1979 e costituisce la serie storica con campionamento continuo più lunga in Europa sopra i 2000 m di quota, e la seconda al mondo dopo quella di Mauna Loa negli Stati Uniti d’America. Dal febbraio 2015 il CAMM ha avviato anche le misure della concentrazione di CH4, altro importante gas atmosferico ad effetto serra. Presso la Zona Logistica a Sestola, dal 1975, sono misurati anche il contenuto colonnare di ozono e la radiazione ultravioletta. Il CAMM è inoltre Centro di Riferimento dell’OMM per la misurazione della precipitazione solida. Siamo poi scesi dal Monte Cimone a piedi percorrendo il Sentiero dell’Atmosfera (www.sentieroatmosfera.it), un itinerario didatticoambientale promosso nel 2004 dal CNR. Esso percorre le pendici nord-ovest del Monte Cimone ed introduce ai “segreti” dell’atmosfera e del clima che cambia, grazie ai 14 punti informativi disseminati lungo il sentiero. Ci siamo quindi diretti al rifugio Esperia gestito dai CAI Modena, nel quale ci ha accolto Giovanni Margheritini del CSC del CAI e con il quale, insieme ai colleghi

Il Centro Aeronautica Militare di Montagna sul Monte Cimone - Ph Azimut

CNR, abbiamo condiviso alcune delle attività che vengono svolte nel contesto del progetto CAICNR “Rifugi Sentinella”. L’approfondimento sulla sinergia tra queste due Enti ci ha permesso di comprendere meglio le enormi competenze presenti all’interno del CNR e del CAI. Questo è vero sia in termini di risorse umane e di conoscenza scientifica sugli elementi naturali che riguardano la montagna, nonché nell’ampio panorama di possibili sviluppi e collaborazioni che possono essere attuati per poter contribuire alla ricerca scientifica sul clima (e in particolare sulla meteorologia in montagna, aspetto fondante della nostra Scuola Azimut) e per incrementare la cultura, la conoscenza e quindi la conservazione e la valorizzazione dell’ambiente montano del nostro paese, a noi escursionisti CAI tanto caro.

Il Centro CAMM - Centro Aeronautica Militare di Montagna sul Monte Cimone - Ph Azimut Il gruppo in vetta al Monte Cimone - Ph Azimut

di Giuseppina Savastano

Sez. Milano

e Antonio Barberini

Sez. Verbania

Un paio di mesi fa, ammiravamo le guglie e i possenti torrioni della Grigna Meridionale dopo la salita al rifugio Rosalba dalla Direttissima, quando un folto gruppo di adulti e minori ci chiede di fare qualche foto, raggruppati davanti alla roccia sovrastata dal magnifico busto di Antonio Porta.

“Sapete chi è scolpito in quel busto?” Sguardi imbarazzati. “Si tratta dell'abate Antonio Stoppani, nato a Lecco nel 1824, geologo, scopritor...” “noi siamo bresciani, abbiamo fatto una levataccia per salire qua e ...”

Un ragazzo mi guarda dispiaciuto “a scuola abbiamo studiato la geologia e ...”. “Su andiamo ragazzi, si fa tardi” intima un adulto. Papà, zio, amico?

L'adolescente mi passa accanto e sussurra: “hanno sempre fretta ma io volevo sapere qualcosa di questo Stoppani”.

Nella discesa per il sentiero delle Foppe, li rivedo, le bambine sedute sul prato con le guance accaldate. Provo grande ammirazione per questi escursionisti bresciani che hanno portato i loro figli e nipoti a scoprire un ambiente maestoso e impressionante fra i pendii erbosi e i pinnacoli della Grignetta.

Il pensiero va a Stoppani, primo e acclamato presidente del CAI di Milano, alla Capanna che porta il suo nome, costruita nel 1895, tappa intermedia per salire al Resegone - rasa al suolo nel 1943 e poi ricostruita – in quel periodo.

Ma chi era veramente Antonio Stoppani? Me lo chiede mio pronipote Lorenzo, un adolescente curioso. Come si diventa curiosi? Si chiedeva in modo canzonatorio il professore Giuseppe Libertade Nangeroni. La risposta si troverebbe in un suo breve scritto del 1951 rivolto ai giovani

“Come si diventa curiosi” (dalla rivista “Le montagne divertenti”, n.63, 2022): “Metodo infallibile per diventare … curiosi: rimanere così come si è; e cioè seguire l'inclinazione, naturalissima in tutti noi e in voi giovani, specialmente, di chiederci il perché di ogni cosa, d'ogni fatto che natura offre ai nostri sensi e al nostro intelletto”. Nangeroni, come Quintino Sella e Antonio Stoppani, hanno applicato l'approccio della pratica scientifica a quella alpinistica perché studiare l'ambiente montano vuol dire essere attrezzati alla salita e ad affrontare i rischi.

Dalle memorie del nipote dell'abate Stoppani Angelo Maria Cornelio (“Vita di Antonio Stoppani”, Torino, 1898), a pagina 130 si legge: “Io ebbi la fortuna di accompagnarlo sovente in lunghe gite pedestri, che, in sua compagnia, mi sembravano sempre brevissime. Ricordo specialmente una escursione da Lecco a Maggio (Valsassina) per ascendere al Colmine di San Pietro e discendere poi nella Val Taleggio... il buon zio Togn... che approfittasse di quelle gite... per raccogliere tante osservazioni scientifiche, per imprimersi nel cuore e nella mente tutte quelle meraviglie, che più tardi descriveva in pagine così smaglianti e nel tempo stesso così scrupolosamente esatte in ogni particolare”.

Quante volte, nella solitudine della mia stanza sento il richiamo dei miei monti, al San Martino, alle Grigne, al mio Resegone, e parmi di esser portato a volo su quelle cime! È un richiamo febbrile, una fantasia crudele, un fremito, una sensazione nervosa, indefinita...” scriveva Stoppani nelle sue memorie.

“L'alpinismo ha una missione civilizzatrice…” scrive e il pensiero corre al suo pamphlet Il Bel

Paese che avrà una grande diffusione. Le scuole di Lecco adottano il testo per educare i giovanetti a conoscere il loro territorio, i monti e soprattutto prendersi cura di tutto ciò che li circonda. Nella prima edizione del libro ci sono alcune incisioni: ghiacciaio a Chamonix, cascata del Toce, la buca del Corno, trasporto di monoliti a Carrara, il Vesuvio con eruzione del 1822 e il cratere dell'Etna.

Più tardi anche Nangeroni si cimenta nel divulgare la conoscenza scientifica del territorio montano e, insieme al professore Valerio Giacomini, scrive il testo “Ambiente fisico e paesaggio vegetale della provincia di Sondrio” (1960) distribuito in tutte le scuole medie ed elementari della provincia, su iniziativa della Fondazione Pro Valtellina e del suo presidente Plinio Corti.

Biografia di Antonio Stoppani in sintesi: nasce a Lecco nel 1824 in una famiglia numerosa, resa agiata dai commerci del padre, produttore di candele e cioccolato.

I genitori hanno a cura l'educazione scolastica dei figli. Il giovanetto Antonio è destinato agli studi in seminario e a soli undici anni entra al Seminario arcivescovile di Milano, poi Seveso, Monza e di nuovo Milano. Studi di grammatica, retorica, filosofia e teologia.

Stoppani sarà influenzato dal suo professore Alessandro Pestalozza e da Antonio Rosmini sul nascente patriottismo per liberare Milano dagli austriaci ma anche per combattere i soprusi contro le condizioni nella miseria imperante. Preti e seminaristi prendono parte alle barricate delle

Cinque giornate di Milano.

Si recherà ad assistere i feriti delle battaglie di Santa Lucia e di Custoza.

Ma non tutto il clero milanese è ostile all'Impero austriaco: verso la fine del 1853 con decreto arcivescovile sarà espulso dal seminario per aver

partecipato alle rivolte del 1848.

Stoppani è instancabile; in questa metà dell'Ottocento i suoi interessi per la geologia sono numerosi. Un ambito solo apparentemente poco conosciuto riscuote in altri paesi molto interesse. In Inghilterra Peter Duncan è il primo a scoprire le orme fossili sul grès rosso in Scozia nella prima metà del secolo XIX seguito da continue scoperte di geologi e paleontologi in oltre 60 siti sparsi fra il nuovo e il vecchio continente. La rivoluzione industriale in Inghilterra ha messo in moto ricerche in vari settori. La paleontologia è associata alla scoperta dei minerali nascosti nelle stratificazioni risalenti, per quanto concerne A. Stoppani, al triassico medio (240 milioni di anni fa). L'anello geo-paleontologico di Besano offre un interessante percorso delle vene metallifere che hanno reso l'attività di estrazione remunerativa

fino agli anni 70.

Nel 1855 fu tra i soci fondatori a Milano della Società geologica. Un anno dopo incontra il geologo Franz Ritter incaricato dall'Impero austriaco di preparare una carta geologica della Lombardia. In questi anni i contatti con i vari geologi del territorio sono frequenti e ricchi di iniziative per la raccolta di documentazioni e reperti per pubblicazioni periodiche sulla geopaleontologia lombarda. La raccolta dei fascicoli, scritti in collaborazione con Emilio Cornalia e Giuseppe Meneghini, sarà stampata in quattro volumi.

Studi più avanzati da circa trent'anni confutano questi studi di stratigrafia sui rilievi dei Corni di Canzo e del Cornizzolo.

Nel 1861 è professore di geologia alla Regia Università di Pavia; riordino delle collezioni paleontologiche del Museo civico di storia naturale di Milano. Quindici anni dopo, a Firenze, all'Accademia dei Lincei, presenti il re Umberto I e la regina Margherita, informa sul regresso dei ghiacciai del Belvedere, dell'Adamello nel 1820 e nel 1878 mostrando dei disegni e delle immagini.

Il 10 febbraio del 1887, Stoppani terrà una conferenza a Milano per spiegare a un pubblico di ex detenuti e poveri l'origine delle scoperte fatte analizzando residui organici in scisti e multistrati su rocce di granito che aiuterebbero a capire la storia della terra nelle ere geologiche più recenti.

Antonio Stoppani e l'alpinismo

Mario Cermenati, allievo e poi amico di Stoppani, scriverà il libro “L'alpinismo in Antonio Stoppani” dopo aver partecipato alle principali gite alpinistiche guidate dall'abate geologo, il quale aveva seguito lo sviluppo del Club alpino piemontese fino alla formazione della succursale lombarda a Sondrio. Agile, con scarponi rudimentali, abiti poco adatti al cammino, preso dal fascino di raggiungere le cime, misurare le distanze e conquistare l'ignoto. Camminate lunghe e faticose che i più giovani amavano. Il 10 aprile 1874, Giorgio Baseggio, Emilio Bignami e Luigi Gabba inaugurano la sezione del CAI di

Milano. Stoppani sarà eletto presidente con 24 voti su 26 votanti. A giugno, al Pizzo Tornello (m. 2670), nella Val di Scalve si svolge la gita inaugurale della durata di cinque giorni guidata dallo Stoppani. Nello stesso anno l'abate partecipa al Congresso alpinistico di Torino. Quintino Sella lo invita a raccontare la salita al Pizzo Tornello. L'anno successivo la gita si svolge al Pizzo dei Tre Signori, quaranta soci guidati dallo Stoppani. Un grande successo e un incremento di nuovi soci (da 70 a 225).

Lorenzo viene da me. Cerca un vecchio casco da scherma lasciato da un mio parente. La cantina è un luogo incantato per i bambini. Disordine e roba da buttare.

“Se te lo porti via mi fai un favore” Lorenzo fa scherma con ottimi risultati. “A cosa ti serve questo casco?” “Serve a uno dei miei istruttori, non so, sarà contento. Ma poi sto Stoppani cosa si era messo in testa... l'alpinismo ha una missione civilizzatrice...? La scherma che missione ha?”

“Dillo tu che fai scherma”. “No, ma lo sai che la mia prof di Lettere dice che sottraggo troppo tempo allo studio, specie ora che siamo agli sgoccioli”. “Dille che il tuo sport ha una missione civilizzatrice”.

Con il passare degli anni, Antonio Stoppani fa viaggi importanti all'estero, sia per le sue ricerche sia per le consulenze che darà in campo mineralogico per l'estrazione di minerali e materiali da costruzione.

Nel 1874 Stoppani si unisce a una carovana per un pellegrinaggio in Terra Santa.

Due scritti “Asteroidi” e “Da Milano a Damasco” sono la testimonianza dei luoghi visitati e l'infortunio del cavallo, una gamba spezzata e un ritorno forzato a Milano.

Muore il 1° gennaio 1891. Tra i suoi nipoti il pittore Giovanni Todeschini e la pedagogista Maria Montessori.

di Angelo Brambillasca sez. di Vimercate

Nel nostro girovagare tra le sezioni lombarde alla scoperta di realtà che possono interessare altre sezioni, facciamo una chiacchierata con Mario Cossa presidente della sezione di Monza, che tra qualche mese celebrerà il 125° anniversario di fondazione.

Ci incontriamo nella nuova sede denominata “quota 162” di via Rosmini recentemente inaugurata.

La storia della sezione di Monza inizia nell’aprile del 1899 quando un gruppo di settantacinque appassionati della montagna decisero di fondare una sezione CAI in questa città. Il verbale della prima assemblea registra la presenza di cento trentun soci.

Da allora molta acqua è passato sotto i ponti del canale Villoresi che scorre accanto alla nuova sede.

AscoltiamoquantoMariociraccontadella storiadellasuasezione.

Il prossimo anno raggiungeremo il traguardo dei 125 anni. La nostra, pur essendo una sezione “cittadina” di pianura situata ad una quarantina di chilometri dalle prime montagne, ha sempre avuto un posto di rilievo nella storia dell’alpinismo lombardo e non solo.

Nella nostra città, oltre alla sezione CAI con le sue sottosezioni, sono una decina le associazioni presenti che hanno come riferimento la montagna, lo sci, l’escursionismo.

Tra queste associazioni spicca la “Pell e Oss” o più precisamente “U.O.E.I.PelleOss"

Va precisato però che la Pell e Oss è un’associazione indipendente rispetto al CAI, anche se gli aderenti alla "Pell e oss" son quasi tutti soci CAI, sia di Monza che di altre sezioni, e molti di loro anche Accademici del CAAI. Spesso le due strade si sono incrociate, ma non c’è un legame di dipendenza ufficiale come lo è per i Ragni e la sezione di Lecco.

Sicuramente nel periodo a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso la sezione ha vissuto il suo momento più importante con varie spedizioni sulle cime andine.

Quantisonoisocidellatuasezione?Com’èla tendenzadelleadesioninegliultimianni?

Dopo un lungo periodo di lenta ma inesorabile decrescita, negli ultimi anni la tendenza è in crescita. Quest’anno arriveremo tranquillamente a superare il numero di 900 soci, tornando ai livelli di una decina di anni fa.

Ovviamente includiamo in questo conteggio anche i soci aderenti alle nostre tre sottosezioni:

Bellusco, ad una quindicina di km da Monza, e le due sottosezioni cittadine: SanFruttuosoe SocietàAlpinistiMonzesi(quella che organizza la celebre corsa notturna a squadre "Monza Resegone").

Qualisonoleattivitàpiùimportantiche svolgete?

Negli ultimi anni ci siamo concentrati sulle attività formative, di prevenzione ed educazione

per cercare di insegnare ad affrontare la montagna con maggior sicurezza e consapevolezza.

Ven'èqualcunaperlaqualelatuasezioneva particolarmentefieraepotrebbeesseredi stimoloadaltre?Comeaveteimpostato questa/eattività?Qualirisultatiavete conseguito?

Sicuramente la Scuola di Alpinismo e Scialpinismo “F. Berti”, quest’anno al suo 64° anno di attività, è uno dei nostri motivi di orgoglio. Propone ogni anno diversi corsi di alpinismo, arrampicata su roccia, scialpinismo. Sono tutti appuntamenti importanti e molto attesi: ogni anno, infatti, le richieste di partecipazione sono sempre molte più dei posti a disposizione. Per questo motivo una delle attività principali della Scuola è proprio quella del continuo aggiornamento tecnico del corpo istruttori, oltre alla formazione di nuovi aspiranti istruttori, per poter garantire ai partecipanti dei corsi livelli formativi di qualità costantemente in crescita.

Da una dozzina d’anni, inoltre la nostra sezione organizza un corso di escursionismo gestito al livello intersezionale.

Recentementeaveteristrutturatoilrifugio MariaedAlbertoaiBrenteieacquistatoa Monzaun’areaconannessol’edificioche ospitalanuovasede.Sulterrenoavete intenzionedicostruireunapalestra d’arrampicataall’aperto.Statequindi sostenendounimportantesforzoeconomico. Comeivostrisociedingeneralelacittàdi Monzahannocontribuitoallarealizzazionedi questeopere?LaprovinciadiTrentovihadato unamano?

In questi ultimi anni si sono sovrapposti impegni importanti: la ristrutturazione del rifugio Maria e Alberto ai Brentei e l’acquisto della nuova sede sociale. Da tempo infatti cercavamo una soluzione per il problema sede, il fatto è che, mentre lavoravamo per il Brentei si è presentata anche l’occasione per l’acquisto della sede; qualche problema si è quindi creato, però

abbiamo anche trovato le soluzioni più adatte. Sicuramente di grande importanza la ristrutturazione del rifugio Maria e Alberto ai Brentei: euro più euro meno parliamo di un progetto da due milioni e mezzo. Abbiamo quindi dovuto partire da lontano e prima ancora di pensare al progetto ci siamo impegnati a sanare debiti pregressi e a stabilizzare il bilancio sezionale. E per far questo, con l’approvazione dell’assemblea dei soci, abbiamo ceduto il diritto di superficie di due dei nostri rifugi. Così facendo siamo riusciti a metter da parte i soldi per iniziare i lavori al Brentei. Nel frattempo, abbiamo richiesto di poter accedere ai contributi della Provincia autonoma di Trento che ha approvato la spesa contribuendo con l’80% (a fondo perduto) della cifra prevista, poi al CAI che ha contribuito a sua volta. Un aiuto importante ci è venuto anche dalla Cassa Rurale Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella che ci ha prima concesso una linea di credito e quindi un mutuo decennale di 600.000 € che ripagheremo con gli introiti dell’affitto annuale del Brentei. Intanto, con quei pochi soldi rimasti in cassa abbiamo acquistato l’area di Via Rosmini a Monza. Abbiamo quindi cercato di sfruttare tutti i bonus possibili e il tanto lavoro dei nostri soci volontari, per poter ristrutturare l’immobile esistente e trasferire qui al più presto la nostra sede sociale. Il progetto “quota 162” prevede anche la costruzione di una palestra per l’arrampicata sportiva, ma per quella dovremo trovare finanziatori che possano supportarci. Quindi per adesso ci accontentiamo di quanto fatto. I nostri soci hanno avuto fiducia nel direttivo che ha proposto all’assemblea, in più occasioni, questi progetti. E questa fiducia ci ha spronati a fare, ma ci ha anche caricati di grandi responsabilità per portare a termine questi progetti senza portare la sezione ad avere insormontabili problemi finanziari. Ci crediamo e ce la faremo, quello che vogliamo fare è importante: dare nuova vita alla sezione con spazi dedicati soprattutto ai giovani. In paesi più piccoli l’amministrazione cittadina spesso contribuisce concretamente a questo genere di progetti. Ma in una città come

Monza, dove si possono trovare più di duecento associazioni sportive, il contributo della municipalità si può concretizzare solo cercando di dare il massimo supporto a livello di iter procedurale.

IlCAIMonzahaaltririfugiebivacchi. Consiglierestiattualmenteadaltresezioni d’impegnarsiinquesteopereimportantissime peravvicinareeconsentirelafrequentazione dellenostremontagne?

Quello dei rifugi è un argomento molto complesso che non si può risolvere in poche parole: per mantenere quelli esistenti spesso le sezioni sono costrette a compiere vere e proprie acrobazie tra iter procedurali e problemi economici. E, sempre per una sezione CAI, costruirne di nuovi penso che al giorno d’oggi sia improponibile. La funzione originale dei rifugi è molto cambiata nel tempo e questo genera problemi sia alle sezioni proprietarie che agli alpinisti ed escursionisti che li frequentano. Bisognerebbe affrontare questo problema a livello di CAI, non a livello sezionale, scrollandoci di dosso modi di essere e di pensare ormai obsoleti, ma cercando di capire quale sarà il ruolo dei rifugi e le future esigenze di chi sale le montagne e fruisce dell’ospitalità dei rifugi stessi.

Monzaèunacittàdilunghissimatradizione storicasortanell’altapianuralombardasulle rivedelLambroaibordidellecolline moreniche.Comeèpercepitoneltessuto cittadinoilCAI,conlesuetipicheattività culturaliesportivelegateallamontagna?Avete collaborazioniinattoconlealtreassociazioni cittadine?

Monza ha un grande e profondo legame con le montagne: lo dimostra il fatto che il CAI sia qui presente dal 1899. C’è un grande rispetto per la nostra sezione che in questi 125 anni ha saputo interpretare al meglio cambiamenti e situazioni, ma da sempre le collaborazioni con altre associazioni – sportive, culturali, di montagna –sono per noi la normalità: portano sempre nuovi

stimoli creando diverse situazioni e modi di pensare rispetto ai nostri standard.

Versolaconservazionedell’ambientein generaleemontanoinparticolarecomevi statemuovendo?

Non abbiamo programmi specifici ma la sensibilità per questo argomento è sempre prioritaria nelle nostre attività: che sia la ristrutturazione di un rifugio o della sede sociale, un corso di alpinismo, scialpinismo o un intervento a spot nelle scuole l’argomento è sempre prioritario.

Parlaciunpo'deiprogettifuturiodicome vorrestifosselatuasezioneedilCAIin generale.

Progetti per il futuro? Riuscire a completare “quota 162”! Sarà una sfida importante su cui dovremo concentrare tutti i nostri sforzi. Non per vana gloria, ma per creare e lasciare alle future generazioni una vera e propria casa della montagna dove tutti gli appassionati si trovino finalmente a casa loro.

Si conclude qui l’incontro con Mario Cossa che, come in una panoramica scattata da una cima, ci ha mostrato l’immagine di una Sezione viva che con coraggio ha salito e raggiunto vari traguardi, ma là, all’orizzonte, altre vette attendono d’essere raggiunte.

Camp CAI Giovani - trekking in Val Adamè - Ph Giulia Comi

di Matteo Cattaneo sez. di Bovisio Masciago e coordinatore del tavolo 3 del Congresso

L’indizione del 101˚ Congresso del Club alpino italiano intitolato “La montagna nell’era del cambiamento climatico” riguarda tutti. Infatti, il cambiamento climatico in atto ci impone di ripensare i nostri comportamenti abitudini e investimenti legati alla Montagna.

Il 25 e 26 novembre come soci saremo chiamati a discutere e interrogarci sul futuro della Montagna e lo faremo a Roma, centro politico e amministrativo del nostro paese.

I lavori congressuali sono partiti diversi mesi fa con la costituzione di tre Tavoli di lavoro a cui hanno partecipato i presidenti dei Gruppi Regionali, i responsabili delle Strutture Operative e Organi Tecnici Centrali, i consiglieri centrali e alcuni membri del gruppo Giovani CAI.

I Tavoli di lavoro possono contare su un Comitato Tecnico Scientifico Congressuale formato da professori universitari ed esperti, che hanno un ruolo consultivo e di validazione scientifica di quanto prodotto dai Tavoli stessi.

Dopo una prima fase di “idee nel cesto” e sotto lo stimolo di alcuni documenti prodotti dal comitato tecnico scientifico congressuale, i Tavoli di lavoro hanno prodotto cinque pubblicazioni con delle domande per spronare la partecipazione dei soci. Tali testi e domande sono reperibili sul sito del congresso (congresso.cai.it).

La partecipazione al congresso, oltre alla

presenza a Roma, prevede l’interazione tramite il blog congressuale (congresso.cai.it/blog) dove tutti i soci possono scrivere un loro pensiero e commentare quanto già scritto da altri soci.

Il Tavolo 1 - Il CAI per il Capitale Naturale si occupa della sostenibilità ambientale, trattando della restaurazione degli ecosistemi, del ciclo dell’acqua, della vegetazione e della partecipazione dei cittadini ai processi scientifici.

Il Tavolo 2 - Il CAI, la frequentazione responsabile della montagna e i nuovi comportamenti consapevoli racconta della sostenibilità sociale, legata ai comportamenti virtuosi dei soci del sodalizio.

Il Tavolo 3 - Il CAI per lo sviluppo della montagna: Economia e politiche Territoriali verte sulla sostenibilità economica e vuole parlare alla politica centrale e della montagna per nuovi investimenti resilienti nel tempo.

Tutti e tre i Tavoli di lavoro concorrono al miglioramento delle condizioni ambientali, sociali ed economiche dei Territori di montagna e pertanto devono essere letti in sinergia. La sostenibilità ambientale non è nulla se non è presente anche l’aspetto economico e sociale.

Propongo tre domande, ritrovabili sul blog

congressuale, come semplice spunto alla riflessione.

Le attività economiche in montagna (turismo, forestazione, agricoltura, pastorizia, …) possono contribuire a migliorare l’equilibrio del territorio montano e a ripristinare gli ecosistemi? (Post 5Tavolo 1)

La e-bike necessita di energia. I rifugi alpini dovrebbero essere attrezzati per la ricarica? (Post 2 - Tavolo 2)

La montagna ha interessi contrapposti alla città? (Post 5 - Tavolo 3)

PARTECIPAREÈUNIMPEGNOSOCIALE

AfinenovembreèstatoconvocatoaRomail101°CongressodelCAI,alqualeè dedicatounarticolospecificosuquestoSalire.Nellanotachesegueproponiamo inveceunrichiamoditipogeneralesull’importanteappuntamentoassociativo.

“IlCongressonazionaledeisocideveessere dedicatoaldibattitoditemidiattualitàattinentialle finalitàistituzionali.Vienepropostodalpresidente generaleeapprovatodalComitatocentraledi indirizzoecontrollo”(art. 24 del regolamento generale del CAI).

Il Congresso ha tre caratteristiche: la convocazione è una prerogativa del presidente generale, a cui spetta la responsabilità di valutare quando è il momento di chiamare tutti i soci a riflettere collettivamente su un certo argomento. Il Congresso è l’unico momento democratico di confronto aperto a tutti i soci, senza restrizioni: non serve essere delegati sezionali, non serve essere invitati. Ogni socio può partecipare e dire la sua nei tempi e nei modi previsti dall’organizzazione.

Le conclusioni congressuali impegnano il sodalizio nel breve e medio termine e ne orientano i comportamenti.

Il libro edito dal CAI nel 2021 “Quintino Sella, lo statista con gli scarponi”, a cura di Pietro Crivellaro, ricorda come i congressi del CAI furono convocati fin dai primi anni dopo la fondazione del sodalizio, nel 1863. I temi scelti avevano prevalente carattere scientifico e ciò era in linea

con gli scopi dell’alpinismo dei primordi, molto legato alla conoscenza scientifica della montagna. I confronti erano organizzati a cura di una sezione a turno e vedevano riuniti diverse decine di soci per ascoltare e discutere le relazioni proposte da altri soci, generalmente studiosi o esperti di fama. Sarebbe istruttivo fare una ricerca storica sui 100 congressi finora tenuti dal CAI. In mancanza di ciò, un paio di segnalazioni del professor Alessandro Pastore – presidente del Centro Operativo Editoriale del CAI – ci restituiscono almeno due esempi significativi.

Il VI Congresso fu organizzato nel 1873 dalla sezione Valtellinese e si svolse tra Sondrio e Bormio. Una sessione dei lavori era dedicata al tema allora molto sentito del rimboschimento delle montagne, che si riteneva dovesse essere uno degli scopri principali del CAI. A tal punto che l’anno successivo Quintino Sella si impegnò direttamente per far approvare una specifica norma di legge. Ma il VI Congresso fu caratterizzato anche da salite collettive in montagna (Corno Stella e Pizzo Tresero) e da sontuosi banchetti con abbondanti libagioni. Il congresso del 1873 dimostra come l’azione del CAI all’epoca fosse ispirata a linee guida in cui politica, spirito di patria e di governo si fondevano con l’amore per la montagna e i saperi scientifici

di molti dei soci.

In un altro congresso, tenutosi il 20 settembre 1920 a Roma nella sala degli Orazi e Curiazi abbiamo invece la rappresentazione di come il CAI del tempo – fortunatamente oggi non accade più – non temesse di assecondare esplicitamente posizioni politiche. Il presidente generale, nel cinquantenario della presa di Porta Pia, auspicava che il CAI proseguisse nello slancio patriottico della Grande Guerra da poco terminata, risolvendo i problemi politici ancora aperti, che venivano puntigliosamente elencati.

Oggi invece il CAI indice il 101° Congresso sul tema fondamentale dei cambiamenti climatici e chiede ai soci di riflettere sulle conseguenze che essi hanno sui nostri comportamenti. Ma non entra volutamente nel confronto politico, auspicando invece che la politica nel suo complesso prenda definitivamente atto di ciò che è necessario fare subito per non compromettere ulteriormente gli ecosistemi montani e consentire la vita e il lavoro in montagna in condizioni di sostenibilità.

Le modalità organizzative dei lavori congressuali si sono mantenute nel tempo; individuato il tema, si costituiscono tavoli di approfondimento dedicati a sotto argomenti nei quali si raccolgono i contributi di idee che liberamente pervengono da parte degli associati. Si procede poi all’ordinamento e alla selezione del materiale fino alla redazione delle cosiddette tesi congressuali, cioè i testi che vengono presentati

nei due giorni conclusivi del congresso per essere valutati, e quindi potenzialmente arricchiti o modificati dagli interventi in diretta dei soci.

L’epoca dei mezzi di comunicazione sociali in cui viviamo può far apparire anacronistico questo modo di preparazione del Congresso. Siamo abituati a interventi e risposte immediate; pochi hanno la pazienza di impegnarsi nella lettura e analisi di un testo che superi le poche righe. Tutto ciò contrasta con l’impostazione classica di un congresso, che richiede al contrario un tempo di analisi e di riflessione, nonché la capacità di esporre una propria idea argomentata (giusta o meno che sia).

L’organizzazione del 101° Congresso ha tenuto conto dei tempi che cambiano e ha affidato la comunicazione a un gruppo di soci Juniores; è stato predisposto un sito dedicato sul quale vengono lanciate a scadenze ravvicinate brevi domande specifiche che richiedono ai soci risposte tendenzialmente brevi e circoscritte (si veda l’articolo a firma Matteo Cattaneo che compare su questo stesso numero di SALIRE).

L’esperienza di questo congresso – che segue il precedente sul Volontariato svoltosi a Firenze nel 2015 – ci dirà se il metodo di consultazione dei soci sia efficace.

Ma se è corretto adeguare ai tempi le modalità organizzative, quel che non sembra discutibile è la necessità storica che periodicamente la base associativa sia chiamata a esprimersi sui temi che contraddistinguono il CAI, impegnando di conseguenza gli organi dirigenti.

Sez. di Milano

SottolapresidenzadiVincenzoTorti,perfare fronteallecontinuerichiestedigruppiregionalio sezionidibeneficiarediservizidapartedellasede centrale,venneavviatoilprogettoperla costituzionedellaCooperativaMontagnaServizi, societàindipendentedaunpuntodivistagiuridico dallastrutturadelCAI.

LaCooperativa,comerecitapoil’art.3delsuo statuto,dovevaavereloscopodifornireaisoci (dellacooperativa),maancheaterzi,benio serviziperilmigliorconseguimentodegliscopi statutaridelCAIedituttelesuearticolazioni territorialiefunzionali.

Alprogettoaderironoinizialmentesettegruppi regionalichesottoscrisserol’attocostitutivoin data18maggio2021.Adoggiigruppiregionalie provincialiaderentisono16.

Inizialmentenonaderìilgrupporegionale lombardo:l’assemblearegionaledeidelegati organizzatainvideoconferenzadallasezionedi Cassanod’Addail2maggio2021espresselasua contrarietà,manifestandouncertoscetticismo sullaeffettivanecessitàefunzionalitàdiuna cooperativadiservizi.

Ciònonostante,laCooperativahainiziatola suaattivitàeforseoggi,quelleperplessità,si possonodiresuperate.

LaredazionediSalireproponeaisuoilettorie aidelegatilombardiquestaintervistaalpresidente pro-temporedellaCooperativaPaoloGrilli,alfine difarconoscereemegliocomprenderegliscopi, lastrutturaelepotenzialitàealfinediagevolare,

sedelcaso,l’espressionediunvotoconsapevole, qualoral’adesionedelgrupporegionalelombardo fosseripropostaall’ordinedelgiorno dell’assemblea.

L’INTERVISTAAPAOLOGRILLI

1)Puoispiegarcigliscopielefunzionidella CooperativaMontagnaServizi?

Montagna Servizi nasce per dare risposta alle esigenze di servizi del CAI Centrale e delle realtà territoriali del CAI (GR e sezioni). Lo fa con uno strumento societario cooperativo no profit, di cui possono essere soci i Gruppi Regionali e/o Provinciali e le sezioni nazionali. Si tratta quindi di una società non di diretta emanazione della sede centrale ma delle articolazioni territoriali del CAI. Lo statuto prevede che “la produzione e fornitura di beni e servizi dovrà … essere informata alle previsioni dell’art. 1 dello Statuto e all’art. 1 del Regolamento Generale del CAI”

2)Comeèstrutturataecomeesercitalesue funzionilaCooperativa?

I soci sono i Gruppi Regionali che ad oggi hanno aderito in 16. Il consiglio di amministrazione di tre membri è nominato dai soci e il suo presidente è indicato dal Presidente Generale del CAI e dal Comitato Centrale. Anche il collegio sindacale è nominato dai soci e uno dei membri indicato dal CC del CAI.

3)Comesiconcilial’attivitàdellaCooperativacon ivalorifondantidelCAI,ovverodellagratuità dellecarichesociali?

Così come i dipendenti della Sede Centrale i dipendenti e collaboratori di Montagna Servizi non sono né volontari né eletti (anche se al momento tutti soci CAI). Operano professionalmente solo in supporto alle attività di volontariato e sono normalmente retribuiti per la loro attività lavorativa. Assicurano, quando necessario od utile, competenze e continuità di servizio a supporto dei soci CAI e delle organizzazioni centrali e territoriali. Ad oggi solo il Consiglio di Amministrazione, costituito da me dal consigliere centrale Eugenio Zamperone e dal past president CAI Umberto Martini, non percepisce compensi.

4)Siprevedeperil futurodiacquisireuna figuradirigenziale?I lavoratoricheoperano ocheopereranno nellaCooperativa risultanodipendentio concontratto autonomo?

Si, una delle necessarie evoluzioni legate alla crescita di Montagna Servizi sarà l’inserimento di una figura dirigenziale. Le attività vengono svolte da dipendenti, ad oggi 2, e da collaboratori professionali, ad oggi 5. La natura del rapporto rispecchia sia le funzioni da svolgere e la loro durata sia le disponibilità degli stessi collaboratori.

5)AdoggiquantiGRhannoaderitoesecondo qualimodalità?

Come ho detto ad oggi ai 12 Gruppi Regionali fondatori si sono aggiunti altri quattro gruppi che sono diventati soci successivamente; quindi, in tutto 16 soci che spero potranno a breve crescere ancora. Ogni gruppo regionale ha aderito sottoscrivendo una o due quote del capitale sociale del valore ognuna di € 250.

Nell’assemblea di Montagna Servizi i GR esprimono ognuno un numero di voti da 1 a 5 a seconda del numero dei soci CAI rappresentato da ogni gruppo regionale. Sono invece 20 i gruppi regionali, quindi anche non soci, che insieme alle loro sezioni hanno usufruito dei nostri servizi.

6)Qualiserviziavete fornitoasezioni,GR. Organitecniciesede centrale?

Abbiamo iniziato nel marzo 2022 fornendo alle sezioni servizi di consulenza relativi all’accesso al terzo settore e ai conseguenti adempimenti. Abbiamo assistito nel 2022 oltre 100 sezioni e circa altrettante nei primi sei mesi del 2023. Abbiamo così acquisito un patrimonio di competenze specifiche che non esiterei a definire unico, che ci ha consentito di facilitare la vita delle sezioni e risolvere tutte le criticità emerse soprattutto con i registri del RUNTS territoriali. In questo ambito abbiamo svolto anche un'attività informativa:

con 4 partecipati webinar nel 2022 e già 2 nel 2023 (il prossimo ci sarà a luglio con focus sull’utilità del bilancio sociale);

con la partecipazione a numerosi convegni a

“Acqua sul fuoco” - Ph G. Gervasoni - foto archivio CAI Bergamo

livello regionale e nazionale e alle assemblee generali del CAI.

Questa attività è stata resa possibile anche dalla continua collaborazione e raccordo con la commissione affari istituzionali del CC e grazie ai documenti elaborati dal gruppo di lavoro Terzo Settore del CAI. Nel 2023 l’attività di consulenza prosegue sulla base di apposite convenzioni con i Gruppi regionali, convenzioni che hanno esteso la consulenza anche ad altre problematiche di tipo amministrativo, contabile e fiscale a cui le sezioni si trovano a dover far fronte.

Sempre nel corso del 2022 abbiamo iniziato a gestire, per conto del CAI Centrale, le spedizioni e a gestire parzialmente il magazzino, attività che tuttora prosegue.

Dal febbraio di quest’anno, sempre su incarico del CAI Centrale, svolgiamo un impegnativo servizio di segreteria ed assistenza per 17 organi tecnici del CAI Centrale.

Abbiamo poi svolto servizi a richiesta per alcuni gruppi regionali in particolare nella gestione e rendicontazione di progetti finanziati con fondi pubblici (regionali o europei), e per alcune sezioni su problematiche amministrative specifiche.

7)Conqualimodalità,conqualicostieconquali tempistichevengonoerogatiservizi?

I servizi alle sezioni possono essere richiesti inviando una e-mail a info@montagnaservizi.com . Le richieste vengono prese in carico e per le questioni più immediate vengono fornite risposte scritte; per quelle più complesse in genere si fissa un incontro da remoto con gli esperti delle singole problematiche. In genere un incontro è già risolutivo ma comunque continuiamo a seguire la sezione fino a soluzione della problematica. I tempi di risposta sono generalmente contenuti in pochi giorni e comunque nella settimana. Questo tipo di servizio è completamente gratuito per le sezioni. Montagna Servizi riceve un compenso nell’ambito delle convenzioni con i gruppi regionali che, a loro volta, hanno a disposizione appositi fondi resi disponibili dal CAI Centrale.

8)ConvieneadunasezioneoaunGRavvalersi deiservizidellaCooperativa?

Se devo giudicare dai ringraziamenti dagli attestati di stima che riceviamo direi di sì! Comunque, la maggior parte dei servizi che forniamo alle sezioni possono essere forniti a pagamento anche da altri professionisti o anche gratuitamente da soci competenti. La differenza per noi sta sia nella gratuità delle prestazioni sia, soprattutto, nella competenza dei nostri operatori consolidata e cresciuta proprio trattando le problematiche specifiche di tante sezioni CAI.

9)QualipotenzialitàpuòaverelaCooperativa?

A giudicare dalle più disparate richieste che ci giungono, direi che le potenzialità sono tante e la necessità di servizi qualificati, resi da un soggetto senza scopo di lucro, sono veramente enormi sia per la molteplicità delle attività del CAI sia per la dimensione della nostra associazione. Il nostro obiettivo, realistico, era di duplicare ogni anno il volume delle nostre attività, per il 2023 abbiamo già abbondantemente superato questo obiettivo ma credo si possa ambire anche ad una crescita più rapida se sapremo consolidare, man mano, quando si va costruendo in termini di organizzazione e struttura.

10)Qualicriticitàedifficoltàoperativesisono evidenziateinquestiprimiannidiattivitàe comeprevedeteporvirimedio?

Le principali criticità sono ovviamente quelle di ogni start up: individuazione degli operatori giusti e con le giuste competenze, scarsità di mezzi finanziari per gli investimenti, diffidenza degli stakeholder, organizzazione efficiente dei servizi e soprattutto di quelli mai forniti prima. Porvi rimedio è la sfida che ci vede impegnati ogni giorno che però potrà aver successo solo con la condivisione degli obiettivi e la collaborazione della maggior parte del variegato mondo del CAI. Per questo vi ringrazio ancora dell'opportunità che mi avete concesso di fornire alcune informazioni su Montagna Servizi attraverso la vostra rivista.

Un cordialissimo saluto a tutti i vostri lettori.

a cura dei partecipanti al Camp

Il 23 - 25 giugno presso la Casa del Parco Adamello nella splendida cornice della val Saviore (BS) si è tenuto il primo Camp CAI giovani Lombardia. Sulla scia dei Camp Giovani nazionali Apuane e Corvara, l’invito rivolto a tutti i giovani soci tra i 18 e i 40 anni, è stato accolto da una

il CAI, Assorifugi e i rifugisti stessi potrebbero incentivare una frequentazione responsabile della montagna e delle sue strutture di accoglienza e bivacco.

Sabatodue escursioni in ambiente: yoga e bagno al fiume in val Salarno, o escursione in val

ventina di soci e responsabili di gruppi juniores lombardi.

Il programma denso di appuntamenti è stato un connubio tra momenti di riflessione e confronto con escursioni in ambiente e conoscenza del territorio.

Venerdìsera un confronto con i rifugisti della zona ha messo in luce il cambiamento dei frequentatori della montagna e le difficoltà nel gestire questi turisti. Ci siamo interrogati su come

Adamè alla volta del rifugio Città di Lissone facendo l’occhiolino al bivacco Ceco Baroni.

La condivisione di esperienze in ambiente vale più di mille riunioni su qualsiasi tema.

Sabato sera un focus con Rosita Lupi sul bando regionale juniores e sulla creazione e gestione dei gruppi juniores.

Domenicarapido scambio relativamente al 101° congresso del Club alpino italiano del 2526 novembre e visita alla casa degli Amici della

Momento di confronto mattutino - Ph T. Invernizzi

Natura per conoscere altre realtà oltre al CAI che svolgono un importante ruolo di sentinelle dell’ambiente.

Il weekend è terminato con un ottimo pranzo presso un agriturismo locale.

Si è molto discusso su come una sezione possa incentivare la presenza di un gruppo di giovani. Sicuramente i bandi regionali juniores, per come attualmente sono pensati, sono un importante catalizzatore per la creazione di nuovi gruppi juniores e un’ottima forma di finanziamento di progetti per quelli esistenti.

Questa forma di incentivo, vanto lombardo, dovrebbe essere importata anche dagli altri gruppi regionali.

Tuttavia, per partecipare al bando è opportuno aver costituito un gruppo con un regolamento e delibera del consiglio direttivo.

Questo non è sempre facile soprattutto nelle sezioni con un grosso numero di soci dove non è possibile conoscere di persona il presidente e il consiglio direttivo.

Prima di chiedere la produzione di carte burocratiche, è opportuno che i direttivi investano nella formazione di un gruppo solido di giovani che frequenti la montagna e che si assumano la responsabilità delle loro uscite in ambiente.

Il tema ambientale ha toccato molti sul vivo, in particolare dopo l’incontro con Italo Bigioli, responsabile dell’associazione Amici della natura di Saviore.

La casa degli Amici della natura rappresenta un valido esempio di investimento sulla montagna. Questa struttura in autogestione attrae diverse famiglie che decidono di passare le loro vacanze in montagna e che alimentano l’economia locale.

Alcune battaglie ambientali di Italo come l’evitare l’asfaltatura di alcune strade forestali e andare oltre il minimo deflusso vitale di acqua negli impianti idroelettrici, si sono rivelate, negli anni, strategiche per l’economia del territorio e rendo val Salarno e Adamè uniche.

Questi temi si legano fortemente con il 101° congresso del Club alpino italiano - “La montagna

nell’era del cambiamento climatico”.

Il principale merito di questo Camp Giovani CAI Lombardia è quello di aver messo in contatto realtà regionali diverse sia per morfologia del territorio sia per numero di soci. Si auspica che questo sia il primo di una lunga serie di Camp.

Un ringraziamento per l’organizzazione a Veronica Vismara (sez. Milano), Andrea Branchi (referente regionale lombardo gruppo Giovani) e Matteo Dozio (sez. Bovisio Masciago).

Un sentito ringraziamento al GR Lombardia che ha incentivato e finanziato l’evento

Yoga in Val Salarno - Ph T. Invernizzi

di Giuseppe Valtorta

OTTO ROA Lombardia e sez. di Lissone

La Commissione OTTO ROA Lombardia, fin dall’inizio della scorsa primavera, ha discusso sull’opportunità di fornire a ogni nostro rifugio CAI due simboli importanti: da una parte il vessillo nazionale tricolore, dall’altra di dotare i pennoni dei nostri rifugi di un secondo simbolo, una bandiera delle stesse dimensioni che rappresenti il Club Alpino Italiano.

Si è discusso per i colori dell’altro vessillo, con un grande simbolo del CAI delle medesime misure del tricolore. Si è scelto di evidenziare, utilizzando al meglio il nostro simbolo al centro, in colore blu, la dizione CLUB

ALPINO ITALIANO sullo scudo blu con stella bianca. Non solo, si è riproposto il simbolo dell’aquila con piccozza, corda e cannocchiale.

Questo ricordo dello stemma serve anche a celebrare i 160 anni del nostro sodalizio, fondato nel 1863. Nell’assemblea nazionale di Biella il CAI ha riaffermato la passione per la montagna con tre semplici parole: VIVILA, CONOSCILA, RISPETTALA

Parole che nel prossimo futuro saranno al

centro del congresso nazionale Cai che si terrà a Roma a il 25 e 26 novembre, dove si discuterà di come collegare questi pensieri al periodo che stiamo vivendo e soprattutto alle questioni ambientali temi cari a tutti noi.

Inoltre, come commissione volevamo dare risalto ai nostri rifugi sparsi in Lombardia e ricordare agli escursionisti di quanto sia importante questo patrimonio che dev’essere protetto a qualsiasi livello in quanto fonte di storia e accoglienza

È veramente un bel vedere che richiama a noi

Le bandiere sventolano al Rifugio Lissone

tutti alpinisti un momento di saluto alle bandiere, da sempre simbolo, che consentiranno una profonda riflessione a tutti coloro che vedranno sui pennoni, presenti all’esterno dei rifugi; le bandiere che richiamano attenzione, ma anche felicità, aperte al vento della brezza montana, facilmente individuabili da quanti camminano nei pressi siano essi escursionisti o arrampicatori.

Vedere queste bandiere volteggiare insieme sarà un piacere, un vessillo della nostra Patria che comunque tutti riconoscono e salutano passandovi vicino: già in questo periodo le bandiere sono presenti presso una cinquantina di

rifugi e bivacchi lombardi.

Questo segnale dà corso al nostro animo a una riflessione per la bellezza del nostro paese e fa maturare nell’alpinista il dovere di rendere “ricca” la propria mente e assaporare la gioia osservando il garrire delle bandiere gonfiate dal vento.

Un grazie a tutte le Sezioni che hanno accettato le bandiere, stampate con i colori specifici su un tessuto resistente al vento e alle intemperie.

Arrivare al rifugio e fermarsi per una foto con le bandiere è sicuramente un ricordo per chi ha raggiunto la meta.

Bandiere al vento - Rifugio Citta di Busto, Val Formazza

Premessa

In questo articolo riprendo l’argomento trattato nel n. 32 di Salire del mese di settembre 2021 in cui è stata analizzata con alcuni esempi la natura “non commerciale” o “commerciale” di un ETS.

Cercherò di riprendere alcuni concetti, ampliarli e di apportare le modifiche di questi ultimi tempi.

Si parla ormai da diverso tempo di ETS e tutti abbiamo chiaro che un ETS può svolgere le attività previste dall’art. 5 del D.lgs.117/2017 in modalità commerciale o non commerciale.

Articolo 79 CTS (codice del terzo settore)

L’art. 79 si colloca al Titolo X del CTS intitolato “Regime fiscale degli enti del terzo settore” e al primo comma disciplina il regime fiscale di un ETS, ovvero per gli Enti del terzo settore occorre fare riferimento agli articoli da 79 ad 86 ed al Tuir (testo unico delle imposte sui redditi) per le norme compatibili con esso.

Al secondo comma dell’art. 79 troviamo i primi due criteri per la definizione dell’attività svolta da un ETS, che recita “Le attività di interesse generale di cui all’art. 5… si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi”.

Il primo criterio mi sembra facile, se l’attività di un ETS è svolta a titolo gratuito; quindi, ai partecipanti non si chiede nulla, si dice che l’attività è svolta gratuitamente e pertanto si tratta di attività svolta con modalità non commerciale

Nella seconda parte del comma 2 art.79, vi è però un altro criterio, ovvero le attività svolte con

corrispettivi non eccedenti i costi effettivi sono considerate attività svolte con modalità non commerciale, ma qui occorre definire meglio alcuni concetti.

Cosa si intende per corrispettivo?

Il corrispettivo è il prezzo pagato per ottenere in cambio un bene od un servizio; quindi, l’ETS offre un bene od un servizio ad un associato oppure ad un terzo a titolo oneroso.

Offrire un bene od un servizio in cambio di un prezzo, significa di per sé svolgere un’attività commerciale, ma per gli ETS, “se i corrispettivi non superano i costi effettivi si dice che l’attività è svolta con modalità non commerciale”.

Facciamo attenzione però ad una cosa importante, il criterio ha a che fare con la natura dell’ETS, cioè con la sua qualifica di Ente non commerciale, non stiamo ancora parlando di regimi fiscali. E perché è importante definire la natura non commerciale di un ETS?

Essa è importante perché solo se l’ETS mantiene la qualifica di non commerciale può accedere a tutta una serie di benefici ed agevolazioni che diversamente non avrebbe.

Quali sono queste agevolazioni?

Alcuni esempi di agevolazione sono:

• l’esenzione dall’imposta di bollo

• la detrazione fiscale delle liberalità per tutti i soggetti terzi che sostengono l’ETS

• l’applicazione in misura fissa delle imposte di registro, ipotecaria e catastale

L’elenco non è esaustivo, ma queste mi sembrano le più indicate per una Sezione Cai.

Chiuso questo inciso sul perché è importante essere ETS non commerciale, proseguiamo sul secondo criterio per la parte relativa ai costi effettivi.

Cosa sono i costi effettivi?

I costi effettivi sono dati dalla somma dei costi diretti, cioè quelli strettamente afferenti la singola attività svolta, e dei costi indiretti, ovvero i costi più generali dell’ETS, comuni a più attività svolte comprendendo anche i costi finanziari (es. interessi passivi su c/c bancari) e gli oneri tributari (es. le imposte pagate dall’ETS a vario titolo).

Come già evidenziato nel n. 32 di Salire citato prima, questa verifica dei costi effettivi va fatta su ogni singola attività, dove i costi diretti solitamente sono più facilmente individuabili (es. il costo del pullman per l’organizzazione della scuola sci), mentre sono un po’ più complicati da individuare i costi indiretti o costi comuni dell’ ETS (come ad esempio i costi dell’affitto della palestra in cui si allenano sia gli iscritti alla scuola sci, sia gli iscritti al corso di roccia) oppure tutti i costi relativi a riscaldamento, spese telefoniche, spese di segreteria ecc., che sono comuni a molteplici attività della Sezione Cai e che verranno computati in modo definitivo solo in fase di bilancio consuntivo.

Quindi una volta definiti i due valori “corrispettivi” e “costi effettivi” per singola attività svolta, l’ETS potrà stabilire se ha rispettato la modalità “non commerciale”.

Tuttavia, per definire la non commercialità dell’ETS occorre rispettare anche un altro parametro, previsto dal comma 2-bis dell’art. 79, ovvero le attività al comma 2 dell’art. 79 si considerano non commerciali qualora i ricavi non superano di oltre il 6% (prima era 5%) i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre 3 periodi (prima era 2 periodi) consecutivi.

Quindi l’ETS può trovarsi nella condizione di superare per 2 anni consecutivi questo 6%, ma se il terzo anno lo rispetta non perde la qualifica di ente non commerciale.

Una considerazione molto importante riguardo ai costi effettivi è che tra questi possono essere computati anche i costi figurativi ovvero i costi relativi al personale volontario dell’ETS che risulta regolarmente iscritto nel “libro dei volontari attivinon occasionali” di cui esistono vari modelli anche on line (si veda un esempio allegato a questo articolo), che possono essere quindi valorizzati come componente diretta od indiretta dei costi effettivi per le attività dell’ETS.

La compilazione di questo registro, oltre ad assolvere l’obbligo previsto dal CTS ai fini dell’assicurazione dei volontari che prestano attività in modo costante presso la propria Sezione, fornisce anche la possibilità di estrapolare le “ore di lavoro volontario” e quindi di determinare il loro valore “importo”, nonché la loro utilità perché rappresenta l’ossatura su cui si regge l’organizzazione della Sezione stessa.

La definizione di questo “valore” può sembrare difficile, ma con l’aiuto di un consulente del lavoro è possibile definire un “costo orario” per addetto e poi attribuirlo alle ore di lavoro volontario che sono state spese nelle attività dell’ETS. Si riveda a tale proposito quanto già scritto a pag. 22 del n. 32 di Salire.

Attività considerate “non commerciali”, come individuarle?

Dal comma 4 e ss. art. 79, prosegue l’elenco delle attività che sono comunque considerate non commerciali, e vengono precisate le caratteristiche delle attività considerate comunque commerciali, con uno schema che segue cerco di sintetizzare il contenuto.

Art.79 CTS- schema riepilogo attività svolte

attività svolte con modalità non commerciale attività svolte con modalità commerciale tutte le attività dell’articolo 5 - CTS - che rispettano i criteri ai commi 2-3 dell’art.79

tutte le attività dell’art. 5 - CTS- svolte con modalità commerciali - quindi non rispettando i co. 2 e 3 dell’art. 79

le attività dell’art.6 - CTS - (purché inferiori all’entrate delle attività dell’art.5)

le attività dell’art. 6 - CTS svolte con modalità commerciali e quindi rilevanti nel novero delle attività dell’ETS

sono sempre considerate non commerciali sono sempre considerate commerciali

co. 4 - le attività di raccolta pubblica - beni di modico valore e servizi durante celebrazioni eventi e simili

co. 4 - i contributi da parte delle amministrazioni pubbliche

co. 5 - le sponsorizzazioni, anche se superano le entrate delle attività non commerciali

co. 5 bis - le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative

co. 6 - Si considera non commerciale l’attività svolta dalle associazioni del Terzo settore nei confronti dei propri associati e dei, familiari conviventi degli stessi in conformità alle finalità istituzionali dell'ente

In questo articolo ho voluto soffermarmi sull’art. 79 del CTS per approfondire con maggior dettaglio la distinzione tra attività commerciali ed attività non commerciali, sui criteri e le modalità oggettive per individuarle, nonché con l’esame testuale dell’art. 79, allegato al presente articolo.

Nel prossimo numero di Salire proseguirò con l’esame degli articoli del titolo X per affrontare la parte prettamente fiscale, per gli schemi di esempio dei calcoli che sopra ho citato invito a rileggere il n. 32 di Salire alle pagg. 21-24.

Una considerazione sul Bilancio Sociale

E arrivo al termine della mia esposizione con un breve cenno al Bilancio Sociale

Premesso che il Bilancio sociale a norma del

co. 6 - le entrate delle attività svolte nei confronti dei propri associati e familiari conviventi, verso pagamento di corrispettivi specifici compresi quote contributive maggiorate per le diverse prestazioni a cui danno diritto.

CTS è obbligatorio solo da quegli ETS che hanno entrate, finanziamenti e ricavi superiori a € 1.000.000,00, voglio portare ugualmente l’attenzione su questo documento.

Il Bilancio Sociale è a mio avviso un documento che definirei il “vero Bilancio” di un ETS e a prescindere dall’obbligo previsto dal CTS (codice del Terzo Settore) non è vietato redigerlo anche per enti di modeste dimensioni.

Il Bilancio Sociale è l’espressione più completa della vita associativa di un ente non profit, è un mezzo di comunicazione ed è un modo per far conoscere la qualità delle proprie attività.

Per la redazione del Bilancio Sociale, consiglio di leggere le linee guida (qui allegate) e adattarle alle proprie esigenze.

La redazione del Bilancio sociale prevede l’inserimento dei dati anagrafici dell’associazione,

nome e codice fiscale, la sede dell’associazione, la tipologia di appartenenza, l’iscrizione al Runts e la relativa sezione dello stesso, si comincia con un breve introduzione storica dell’ente e si forniscono i dati salienti relativamente alle attività statutarie.

Poi si può proseguire con una relazione del Presidente dell’associazione che illustra brevemente le attività svolte dalla stessa, gli obiettivi a breve e lungo termine.

Si tratta poi la parte illustrativa delle varie attività svolte nell’anno interessato con i numeri degli associati, i numeri dei partecipanti alle varie manifestazioni, corsi ed eventi.

A questo punto si possono illustrare i dati anche numerici delle varie attività svolte e mettere in risalto soprattutto la partecipazione dei propri associati, i nuovi associati ed eventuali aderenti o simpatizzanti. È possibile anche inserire schemi grafici, foto di gruppi di soci e foto di momenti di condivisione importanti.

Infine, si può introdurre la vita della propria associazione, riportando l’attività dei consiglieri, le riunioni svolte, il numero dei volontari attivi nell’associazione, le “ore di lavoro volontario prestato”, i momenti conviviali e di collaborazione con altre realtà associative del proprio territorio o progetti condivisi con altre realtà come ad esempio le collaborazioni delle Sezioni Cai con il Comune, la Provincia, le attività di divulgazione presso le scuole o presso altre associazioni rivolte ai giovani come i gruppi Scout etc.

Si può concludere la stesura del Bilancio Sociale con il proprio bilancio d’esercizio od il rendiconto gestionale e magari accennare anche gli obiettivi di crescita e di miglioramento.

Il primo anno sarà un po' laborioso, ma una volta costruita l’ossatura del Bilancio Sociale negli anni a venire basterà aggiornare i dati ed il gioco è fatto.

Io ritengo che tutte le associazioni che riescono a redigere un buon Bilancio Sociale da mettere poi a conoscenza dei soci della Sezione e sul sito proprio o della propria rete come ad esempio il CAI Centrale, potrebbero attirare l’attenzione di molti e potrebbe diventare uno strumento virtuoso per il miglioramento della vita della propria associazione e magari un ampliamento della base sociale.

Da ultimo vi segnalo che è allo studio della Cooperativa Montagna Servizi un modello di Bilancio Sociale fruibile e snello per le Sezioni Cai di medie e piccole dimensioni che non hanno obblighi verso il Runts. Buon lavoro a tutti.

Link: Art. 79 - Titolo X - REGIME FISCALE DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE

https://docs.google.com/document/d/1SNCYQ8KMHIL7S3uqkZADe56HAbklLXn/edit?

usp=drive_link&ouid=118151272148317141456&r tpof=true&sd=true

Zygaena transalpina su fiore di armeria alpina - Ph L. Schirone

16 settembre 2023

Versamento delle ritenute alla fonte

Entro oggi i sostituti d’imposta devono provvedere al versamento delle ritenute alla fonte effettuate nel mese precedente: - sui redditi di lavoro dipendente unitamente al versamento delle addizionali all'Irpef; - sui redditi di lavoro assimilati al lavoro dipendente; - sui redditi di lavoro autonomo; - sulle provvigioni.

Versamenti Iva mensili

Scade oggi il termine di versamento dell'Iva a debito eventualmente dovuta per il mese di agosto

30 settembre 2023

Comunicazione dati liquidazione periodiche iva Li.Pe

Comunicazione della liquidazione IVA secondo trimestre 2023 - per i mesi apr - mag - giu 2023. Sono esonerate tutte le organizzazioni che non hanno l’obbligo di redigere e presentare la dichiarazione IVA perché in regime di esenzione IVA.

16 ottobre 2023

Versamento delle ritenute alla fonte

Entro oggi i sostituti d’imposta devono provvedere al versamento delle ritenute alla fonte effettuate nel mese precedente: - sui redditi di lavoro dipendente unitamente al versamento delle addizionali all'Irpef; - sui redditi di lavoro assimilati al lavoro dipendente; - sui redditi di lavoro autonomo; - sulle provvigioni.

Versamenti Iva mensili

Scade oggi il termine di versamento dell'Iva a debito eventualmente dovuta per il mese di settembre 2023.

31 ottobre 2023

Presentazione telematica del Modello 770/2023

Le Associazioni, che hanno erogato compensi ed effettuato ritenute nell'arco dell’anno 2022, entro questo termine del 31/10 devono presentare il Modello 770/2023.

16 novembre 2023

Versamento delle ritenute alla fonte

Entro oggi i sostituti d’imposta devono provvedere al versamento delle ritenute alla fonte effettuate nel mese precedente: - sui redditi di lavoro dipendente unitamente al versamento delle addizionali all'Irpef; - sui redditi di lavoro assimilati al lavoro dipendente; - sui redditi di lavoro autonomo; - sulle provvigioni.

Versamenti Iva mensili

Scade oggi il termine di versamento dell'Iva a debito eventualmente dovuta per il mese di ottobre 2023.

30 novembre 2023

Presentazione telematica di tutte le Dichiarazioni Redditi e Irap anno 2022

Le Associazioni, che hanno svolto anche parzialmente attività di tipo commerciale o che hanno erogato compensi ed effettuato ritenute nell'arco dell’anno 2022, entro questo termine del 30/11 devono presentare il Modello Redditi ENC – 2023; il Modello IRAP 2023.

16 dicembre 2023

Versamento delle ritenute alla fonte

Entro oggi i sostituti d’imposta devono provvedere al versamento delle ritenute alla fonte effettuate nel mese precedente: - sui redditi di lavoro dipendente unitamente al versamento delle addizionali all'Irpef; - sui redditi di lavoro assimilati al lavoro dipendente; - sui redditi di lavoro autonomo; - sulle provvigioni.

Versamenti Iva mensili

Scade oggi il termine di versamento dell'Iva a debito eventualmente dovuta per il mese di novembre 2023.

27 dicembre 2023

Versamento acconto IVA 2023

Entro oggi va effettuato il versamento dell’acconto Iva per l’anno 2023 sulla base dell’importo liquidato per il 4 trim 2022, od il mese di dicembre 2022 per tutti i contribuenti mensili. I codici da utilizzare sono 6035 per i contribuenti trimestrali e 6013 per i contribuenti mensili.

31 dicembre 2023

Termine presentazione modello EAS Associazione neocostituite in ravvedimento

Il Modello EAS va presentato entro 60 giorni dalla data di costituzione dell'Associazione; per chi non l'avesse presentato, è possibile inviarlo entro il 31 dicembre dell'anno della costituzione dell'Associazione, pagando una sanzione di € 258,00 da versare entro la stessa data. È da precisare che il modello EAS non sarà più richiesto agli enti che risulteranno regolarmente iscritti al Runts.

16 gennaio 2024

Versamento delle ritenute alla fonte

Entro oggi i sostituti d’imposta devono provvedere al versamento delle ritenute alla fonte effettuate nel mese precedente: - sui redditi di lavoro dipendente unitamente al versamento delle addizionali all'Irpef; - sui redditi di lavoro assimilati al lavoro dipendente; - sui redditi di lavoro autonomo; - sulle provvigioni.

Versamenti Iva mensili

Scade oggi il termine di versamento dell'Iva a debito eventualmente dovuta per il mese di dicembre 2023.

29 febbraio 2024

Comunicazione periodiche liquidazioni Iva

Scade oggi il termine per la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche Iva relative al quarto trimestre solare del 2023 da effettuare utilizzando il modello "Comunicazione liquidazioni periodiche Iva".

18 marzo 2024 (il 16/3 -sabato)

Trasmissione delle Certificazioni Uniche e consegna al percipiente

Tutte le Certificazioni Uniche relative ai redditi di lavoro dipendente, ai redditi di lavoro autonomo e ai redditi diversi, dall’anno 2022, devono essere trasmesse all’Agenzia delle Entrate entro il 16 marzo, esclusivamente per via telematica, direttamente o tramite un intermediario abilitato e lo stesso termine vale per la consegna ai percipienti.

La Certificazione Unica deve essere rilasciata ai lavoratori dipendenti e assimilati (al posto del CUD), ai lavoratori autonomi e ai percipienti di redditi diversi (sportivi dilettanti e collaboratori amministrativi non professionisti delle ASD).

18 marzo 2024 (il 16/3 - sabato)

Trasmissione delle Certificazioni Uniche e consegna al percipiente

Tutte le Certificazioni Uniche relative ai redditi di lavoro dipendente, ai redditi di lavoro autonomo e ai redditi diversi, dall’anno 2022, devono essere trasmesse all’Agenzia delle Entrate entro il 16 marzo, esclusivamente per via telematica, direttamente o tramite un intermediario abilitato e lo stesso termine vale per la consegna ai percipienti.

La Certificazione Unica deve essere rilasciata ai lavoratori dipendenti e assimilati (al posto del CUD), ai lavoratori autonomi e ai percipienti di redditi diversi (sportivi dilettanti e collaboratori amministrativi non professionisti delle ASD).

Versamento delle ritenute alla fonte

Entro oggi i sostituti d’imposta devono provvedere al versamento delle ritenute alla fonte effettuate nel mese precedente: - sui redditi di lavoro dipendente unitamente al versamento delle addizionali all'Irpef; - sui redditi di lavoro assimilati al lavoro dipendente; - sui redditi di lavoro autonomo; - sulle provvigioni.

Versamenti Iva mensili

Scade oggi il termine di versamento dell'Iva a debito eventualmente dovuta per il mese di febbraio 2024.

01 aprile 2024 (il 31/3 - domenica)

Eventuale comunicazione variazioni modello EAS

Comunicazione della variazione dei dati rilevanti ai fini fiscali precedentemente inviati attraverso il modello EAS. Le "Istruzioni per la compilazione" disponibili sul sito dell'Agenzia delle Entrate specificano che gli enti sono esonerati dall'invio di un nuovo modello quando le variazioni interessano i seguenti punti: · 20) proventi ricevuti per attività di sponsorizzazione e pubblicità; · 21) costi per i messaggi pubblicitari per la diffusione dei propri beni / servizi; · 23) ammontare, pari alla media degli ultimi 3 esercizi, delle entrate dell’ente; · 24) numero di associati dell’ente nell’ultimo esercizio chiuso; · 30) erogazioni liberali ricevute; · 31) contributi pubblici ricevuti; · 33) numero e giorni delle manifestazioni per la raccolta pubblica di fondi effettuate.

Lo scadenzario verrà aggiornato nei prossimi numeri della rivista, verificate sempre gli adempimenti della vostra Sezione Cai con l’aiuto di un professionista, poiché ogni associazione ha una sua specifica configurazione fiscale e giuridica.

Cosasidevefareperuntrekkinginuna regioneextra-europeadelladuratadipiùgiorni?

Si tratta di un’esperienza appagante, densa di emozioni, ma che va affrontata con estrema prudenza, badando a salute e sicurezza in particolare. A seguire, le “istruzioni per l’uso”.

Prima di partire è importante documentarsi circa la destinazione, cercando di procurarsi tutte le informazioni necessarie. Ciò potrà aiutare a capire il tipo di ambiente e alcuni aspetti sanitari.

Di fondamentale importanza sono la preparazione fisica e un certo spirito di adattamento.

La preparazione fisica deve iniziare almeno tre mesi prima della partenza.

Ciascun individuo dovrà prendere in considerazione età, stato di salute, livello di performancefisica, precedenti esperienze in alta quota o in regioni disagiate.

Prima della partenza

Consultare un ambulatorio di medicina dei viaggi

Uno screening pre-partecipazione sarebbe quanto mai utile con una valutazione del rischio cardiovascolare, respiratorio, muscoloosteoarticolare, neurologico ed endocrinometabolico

Tale screening dovrebbe comprendere: visita medica con raccolta della storia clinica, alcuni esami ematochimici (gruppo sanguigno, emocromo, azotemia, glicemia, ves, funzionalità epatica, assetto lipidico, elettroliti, creatininemia, sideremia ed esame urina), elettrocardiogramma

da sforzo e a riposo ed eventuale test da sforzo massimale, spirometria, visita odontoiatrica e visita ORL.

Ogni malattia cronica preesistente deve trovarsi in una situazione di stabilità

Assicurarsi di avere al seguito i farmaci necessari per tutta la durata del trekking

In caso di dubbi è opportuno sentire il parere del proprio medico di famiglia o di uno specialista Verificare l’equipaggiamento necessario

Prevedere un adeguato programma di allenamento ed essere consapevoli della propria forma fisica (non essere in sovrappeso)

Se non è si è mai stati in alta quota programmare almeno un pernottamento oltre i 3000 metri (valido test di preparazione)

Dormire più notti a quote intorno a 3000 metri nel mese antecedente il trekking in alta quota costituisce un buon allenamento preventivo

Doveri dei partecipanti

Si deve fornire al medico che accompagna il trekking (se presente) una dettagliata storia clinica personale e familiare con eventuale documentazione clinico-strumentale di pregresse patologie ed eventuali pregresse malattie d’alta quota

Conoscere le condizioni sanitarie e ospedaliere del luogo del trekking

Dotarsi di un kit personale di farmaci attualmente usati a livello del mare e altri farmaci consigliati dal medico

Stipulare un contratto assicurativo per copertura di eventuali spese di evacuazione,

di Giancelso Agazzi sez. di Bergamo

viaggio di ritorno e assistenza sanitaria

Informare immediatamente il medico, se presente, in caso di comparsa di qualsiasi sintomo nel corso del trekking

Le Vaccinazioni

Le patologie di un viaggiatore sono prevenibili dalle nostre vaccinazioni di routine. Esistono tre vantaggi: proteggere il viaggiatore; i locali (turismo sostenibile); le zone malattie freeda patologie di importazione.

Almeno un mese prima della partenza si deve consultare il Servizio di Igiene Pubblica, Ambulatorio di Medicina dei Viaggi, della propria Azienda Sanitaria per verificare il proprio stato vaccinale (calendario vaccinale) per potersi sottoporre a eventuali vaccinazioni e/o richiami in tempo utile ai fini della produzione di anticorpi.

Per un trekking in montagna si raccomandano le seguenti vaccinazioni:

Antipneumo e antiinfluenzale (sopra i 50 anni e per le persone a rischio)

Antidifto-tetano-pertosse-polio (richiamo ogni 10 anni)

Antimeningite quadrivalente, A, C, W, Y, Antimorbillo-parotite-rosolia-varicella

Anti HPV (tutti gli adolescenti e gli adulti a rischio)

Antirabbica (da valutare)

Anti-encefalite giapponese (in alcuni paesi del Sud Est Asiatico. La malattia è endemica in Nepal)

Anti-encefalite da zecche (TBE)

Anti-febbre gialla (se richiesta dal Paese o, eventualmente, da valutare)

Antitifica, anticolerica (da valutare in base al tipo di viaggio)

Anti-Dengue

Questo elenco vale a titolo di informazione generale. Per avere indicazioni precise sulle vaccinazioni da effettuare in vista della partenza rivolgersi alla propria Azienda Sanitaria.

Durante il trekking

Al di sopra dei 2500-3000 metri, se l’itinerario

lo consente, non è consigliato pernottare oltre i 300-500 metri più in alto della notte precedente, e ogni tre giorni di salita sarebbe buona norma fermarsi una notte in più alla stessa altezza.

Nel caso qualcuno non stesse bene si deve pensare a come scendere o tornare indietro

Non assumere sonniferi e limitare gli alcolici

Portare al seguito un saturimetro e un sacco iperbarico.

Il viaggio in alta quota

In altitudine occorre essere più responsabili, nel rispetto di sé stessi, delle popolazioni del luogo e dell’ambiente in cui ci si trova. Per esempio, riguardo ai portatori, occorre prendersi cura della loro salute e sicurezza. Potrebbero soffrire di mal di montagna. Vanno controllati i loro indumenti e calzature, quello che mangiano e bevono e quanto trasportano.

La quantità di ossigeno si riduce di un terzo a 3200 metri, della metà a 5500 metri e di due terzi a 8848 metri (Everest). Per ipossia si intende la diminuzione delle molecole di ossigeno disponibili nell’aria.

Più si sale e più si va piano. A 4000 metri si raddoppiano i tempi di percorrenza.

La VO2max diminuisce progressivamente in alta quota.

L’attività sportiva in altitudine può presentare un certo grado di rischio per la salute. Il rischio può essere intrinseco, per le caratteristiche dei luoghi in cui ci si trova e, quindi, legato alle patologie d’altitudine, a quelle causate dal freddo e ai traumi, ma anche estrinseco a causa dell’isolamento e le ovvie limitazioni diagnostiche e terapeutiche.

I principali fattori di rischio per una forma severa di AMS (male acuto di montagna) riguardano le persone con:

Pregressa malattia d’alta quota

Emicrania ricorrente

Buon allenamento in endurance

Indifferenza nei confronti della necessità di

salire gradualmente

Un test all’ipossia con una cattiva risposta ventilatoria e una forte desaturazione in corso di esercizio fisico

Meno di 46 anni e/o obese (indice di massa corporea > 35)

Le reazioni del fisico all’altitudine e alla conseguente diminuzione dell’ossigeno:

Aumento della frequenza e della profondità del respiro

Aumento della frequenza cardiaca e del flusso ematico

Un individuo su due viene colpito dall’AMS di tipo benigno (acclimatazione incompleta.)

La facilità con cui ci si adatta all’alta quota varia in da individuo a individuo. Alcune persone riescono ad acclimatarsi in modo rapido e possono salire rapidamente, mentre altre non stanno bene neppure in caso di lenta ascensione.

Una corretta idratazione facilita l’acclimatazione in alta quota. Bere abbondantemente e controllare il colore delle urine (se troppo scure indicano uno stato di disidratazione).

Diminuzione della prestazione massimale

Dopo 1-3 settimane, aumento dei globuli rossi e della capacità di trasporto dell’ossigeno

IN PIU’

Ci si deve acclimatare, adattandosi ai nuovi ritmi.

Raccomandazioni per il male acuto di montagna (AMS):

Non salire ulteriormente

La perdita di quota (anche solo 500 metri) può migliorare i sintomi

Riposare

Mantenere una buona idratazione (>3 litri al

“Insieme sempre più in alto” - Ph O. Pennati - foto archivio CAI Bergamo

giorno)

Evitare gli sforzi

Ripararsi dal freddo

Dormire con il tronco leggermente sollevato

Assunzione di acido acetil salicilico o paracetamolo, o ibuprofene ed eventualmente antinausea-vomito

Se dopo 6-12 ore i sintomi non si attenuano si può assumere acetazolamide. Si può assumere, dietro indicazione, l’acetazolamide.

Questo principio attivo serve anche per la profilassi dell’AMS. È un modesto diuretico, inibitore dell’anidrasi carbonica, che fa aumentare la ventilazione polmonare, stimolando la respirazione, e che riduce di circa la metà il rischio di sviluppare una manifestazione di AMS severo. Va assunto quando le regole di acclimatazione non possono essere facilmente rispettate e nei soggetti con pregressi episodi di AMS.

Le malattie dovute all’alta quota

Male Acuto di Montagna (AMS) (mal di testa, nausea, mancanza di appetito, edemi periferici, labbra cianotiche, alterato stato mentale, incapacità di camminare in linea retta, insonnia): compare se i meccanismi di adattamento non funzionano in modo adeguato, provocato da una scarsa tolleranza alla carenza di ossigeno (ipossia). Si verifica di solito dopo alcune ore di permanenza in alta quota (6-18 ore). È dovuto al mancato adattamento all’ipossia ipobarica. Capita al 25% di quanti salgono ad alta quota troppo in fretta. Si tratta del disturbo più comune e benigno tra le patologie correlate all’esposizione all’ipossia ipobarica.

Edema Cerebrale d’Alta Quota (HACE), causato da un accumulo di liquido nell’encefalo. Si manifesta con mal di testa, vomito, difficoltà a camminare, torpore fino al coma.

Edema Polmonare d’Alta Quota (HAPE), dovuto al passaggio di liquido negli alveoli polmonari che causa insufficienza respiratoria. Si manifesta con aumento della frequenza cardiaca, tosse, grave prostrazione. Può essere confuso con altre alterazioni dell’apparato respiratorio.

Le scorie prodotte dall’uomo

I rifiuti umani e i residui dei pasti rappresentano un problema, che si potrebbe parzialmente risolvere portandoli via, insieme alle batterie scariche, nel corso del trekking. L’accumulo dei rifiuti, oltre a costituire un grave disagio di tipo estetico e ambientale, si pone anche come un grave fattore di rischio per la salute a causa della possibile trasmissione di malattie.

Le norme igieniche di base

Quando si viaggia in luoghi a scarso livello igienico, la possibilità di subire un contagio per via oro-fecale aumenta. Una delle malattie più comuni è la “diarrea del viaggiatore” dovuta a Escherichia Coli o a Rotavirus. Altre malattie infettive possono essere trasmesse da Salmonelle, Shigelle, Vibrione del Colera, protozoi (Giardia, Ameba) e virus dell’epatite A.

Le urine possono essere rilasciate liberamente, purché sempre a valle del sentiero o lontano dai punti di approvvigionamento idrico.

Per le feci: sempre a valle del sentiero e lontano da sorgenti o acque superficiali. È raccomandato scavare fosse profonde per le latrine. I liquami richiedono, infatti, molto tempo per biodegradarsi. Scavare con una zappetta (1015 cm. nella ghiaia, 15-20 cm. nella terra o sabbia). Se il terreno è roccioso si deve coprire tutto con sassi. Se c’è neve o ghiaccio, scavare almeno 20-25 cm. e ricoprire.

Usare solo carta igienica o materiale organico naturale (foglie o muschio).

Stessi sistemi possono essere utilizzati per eliminare i rifiuti biodegradabili. Se non c’è vegetazione, carta e legno possono essere bruciati sul posto, mentre è raccomandabile portare a valle in appositi contenitori materie plastiche, metalli e altri rifiuti non biodegradabili, avendo cura di depositarli dove vengano raccolti e smaltiti in modo adeguato.

Alimentazione

Deve tenere conto del dispendio energetico,

dell’intensità e della durata dell’esercizio fisico e del freddo.

La marcia in montagna prevede un consumo energetico medio di 350 chilocalorie/ora. Il dispendio energetico di una giornata in montagna per una escursione di otto ore in un ambiente temperato è di circa 4400 chilocalorie/ora. Il freddo determina un dispendio energetico supplementare di circa 100 chilocalorie/ora.

Ci si deve alimentare in modo regolare. L’alimentazione deve essere gradevole per il palato e facile da preparare.

La corretta suddivisione dei nutrienti dovrà rispettare le seguenti percentuali: 55-65% carboidrati, 20-30% grassi e 10-15% proteine.

Nel corso di trekking di lunga durata si possono assumere integratori contenenti vitamine del gruppo B, vitamina C e vitamina E.

L’acqua

Rifornire la borraccia con almeno due litri di acqua sicuramente potabile (potabilizzazione UV, clorazione) o bere bevande imbottigliate, chiuse ermeticamente

Non consumare ghiaccio

Si può utilizzare acqua non di bottiglia dopo bollitura prolungata (se a bassa quota)

La disinfezione più semplice e sicura è l’utilizzo di prodotti disinfettanti per alimenti (per esempio amuchina)

Per maggiore tranquillità si possono associare metodo fisico e metodo chimico

In altitudine si verificano importanti modificazioni del metabolismo dell’acqua e del sale: la diuresi aumenta e il volume plasmatico diminuisce

Sarebbe consigliabile incaricare un componente del gruppo che vigili su acqua e cibi vari.

Le dieci regole d’oro per la scelta di cibi e bevande sicuri

Bere acqua purificata o, se imbottigliata, addizionata di anidride carbonica

Mangiare cibi ben cotti e serviti molto caldi,

ovvero appena preparati

Mangiare frutta dalla buccia spessa, sbucciandola da sé ed evitando le macedonie già pronte

Evitare di mangiare insalate di verdura crude, specie se a base di vegetali in foglia

Non utilizzare mai ghiaccio, nemmeno nelle bevande alcoliche

Consumare latte e latticini solo se si è sicuri che siano stati pastorizzati

Evitare i molluschi e il pesce crudo o poco cotto anche se conditi con limone, lime o aceto

Evitare il cibo venduto lungo le strade

Disinfettare, prima di bere, l’esterno delle lattine poste a refrigerare nel ghiaccio o nell’acqua

Utilizzare acqua purificata anche per lavare i denti

(da A. Rossanese et al., Giornale Italiano di Medicina Tropicale, 2005; 10:9)

Prevenzione

È consigliato indossare, nelle zone a rischio, abiti lunghi (calzoni, camicia) per prevenire le malattie trasmesse da vettori (zanzare, zecche, pappataci)

Usare repellenti nelle parti scoperte del corpo e, di notte, dormire sotto una zanzariera e utilizzare diffusori di insetticida

Portare con sé l’apposita pinzetta per estrarre eventuali zecche

Le sanguisughe vanno staccate dopo averle schiacciate o soffocate nel sale o nella cenere

Prima di partire informarsi presso il Servizio di Igiene Pubblica di zona o sui siti Internet dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) circa il rischio di contrarre la malaria nella zona visitata

Praticare la profilassi antimalarica, nelle zone a rischio, con i farmaci appropriati che variano di regione in regione e di anno in anno.

Lista farmaci per trekking

Ogni componente del trekking dovrebbe avere come propria dotazione:

Farmaci usati in terapia cronica

Paracetamolo (500 mg) 10 compresse

Butilscopolamina (10 mg) 5 confetti

Antitosse (1 flacone)

Decongestionante nasale (1)

Tavolette di antisettico del cavo orale

Loperamide (2 mg) 20 capsule

Metoclopramide (10 mg) 5 compresse

Omeprazolo 10 compresse

Idrossido di alluminio e magnesio 20 compresse

Collirio astringente e disinfettante (1 flacone)

Stick schermo totale per labbra

Disinfettante (salviettine)

Crema solare (indice > 20)

Garze sterili, 2 bende alte 5 cm, cerotti medicati, strisce adesive steristrip, cerotto, forbicine, 1 pinzetta, un paio di guanti, un laccio emostatico

Doppia pelle (Compeed) per il trattamento delle vesciche.

Bibliografia:

“ABCmédicalpouralpinistes,randonneursetautres aventuriers”,A.G.Brunello,M.Walliser,U.Hefti,2011, ÉditionsduCAS

“Vademecum,lapreparazionedeltrekking”,primaedizione, maggio2004,ImanualidelCAI

“MedicinaeMontagna”,CommissioneCentraleMedica,I manualidelCAI,2009

“Pertitguidemedicalpourlevoyage,EmmanuelCauchy, 2015,ÉditionsGlenat

“Santé&Altitude”,7èmeÉdition,ARPE

“Lascopertadell’altaquota”,RobertoMantovani,Alpine Studio,Lecco,2014

“MédecinedeMontagne”,JeanPaulRichalet,JeanPierre Herry,5èmeÉdition,Elsevier,2017

“Cascata nel fiordo” - Ph C. Bassoli - foto archivio CAI Bergamo

A cura di F.M. Agostinis* e di G. Caso**, specialisti in Pediatria - Commissione Medica del CAI di Bergamo - Gruppo di Studio Pediatria di Montagna della Società Italiana di Pediatria

Questa è la domanda che frequentemente in prossimità delle vacanze estive o in occasione della decisione di trascorrere una settimana bianca in montagna la maggior parte dei pediatri si sono sentiti porre da genitori preoccupati per la salute dei figli affetti da asma.

In Italia, come nei paesi occidentali, un bambino su dieci è affetto da asma bronchiale, che è la più comune tra le malattie croniche respiratorie dell’infanzia ed una delle più rilevanti cause di assenze da scuola, ricorso a visite mediche, ai servizi di emergenza e ospedalizzazioni.

L’asma è una malattia complessa che si manifesta con un insieme di sintomi (respiro sibilante, mancanza di respiro, senso di oppressione toracica, tosse) che possono variare nel tempo come intensità e frequenza; è caratterizzata da una limitazione del flusso espiratorio che può cambiare nel tempo (l’aria resta intrappolata nei polmoni e, per il restringimento delle vie respiratorie, ne esce con difficoltà producendo un sibilo spesso percepibile a orecchio) e da una infiammazione cronica delle vie aeree che può col tempo inspessire la mucosa e causare una aumentata produzione di muco.

Esistono differenti tipi di asma con differenti caratteristiche e che richiedono differenti approcci terapeutici.

In età prescolare il respiro sibilante (detto anche wheezing) è il sintomo più frequente

(colpisce un bambino su 3 nei primi 3 anni di vita); esistono 2 principali quadri clinici di wheezing: il wheezing episodico (più frequente) spesso associato ad un’infezione virale, in cui il respiro sibilante scompare tra un episodio e l’altro, e il wheezing multi trigger (scatenato da più fattori tra cui il fumo passivo, l’inquinamento atmosferico, le infezioni, gli allergeni respiratori), in cui i sintomi possono persistere anche tra una riacutizzazione e l’altra.

Tipico dell’età scolare è invece l’asma allergico, che colpisce spesso bambini con una storia familiare o personale di malattia allergica, come ad esempio dermatite atopica, rinite allergica, allergia alimentare.

Questi pazienti hanno un’infiammazione delle vie aeree che risponde bene alla terapia con cortisonici per via inalatoria. Più rare e impegnative sono le forme di asma gravi e difficili da trattare e rappresentano il 2% di tutte le forme di asma.

Numerosi fattori possono scatenare attacchi asmatici: l’esercizio fisico, l’esposizione ad allergeni (acari della polvere, pollini, muffe, derivati epidermici di animali domestici), inquinanti outdoor e indoor, cambiamenti climatici (ad es. i temporali), infezioni virali, stress, esposizione a fumo di tabacco. Le riacutizzazioni possono verificarsi anche in corso di terapia. È importante anzi che l’asma venga ben controllata dalla

G. Caso F. M. Agostinis

terapia, in modo da rendere il paziente meno sensibile ai vari agenti scatenanti.

Per una diagnosi corretta, oltre ad una dettagliata raccolta della storia clinica, una accurata visita e l’esecuzione eventuale dei test allergici, è bene effettuare una spirometria; capita frequentemente infatti che l’asma non venga diagnosticata, o viceversa che venga fatta erroneamente diagnosi di asma. La spirometria è il test che permette di valutare la capacità

La terapia, durante l’attacco d’asma, si basa sulla somministrazione di broncodilatatori per via aerosolica, per spray tramite distanziatori o in polvere tramite erogatori.

Frequentemente, sulla base dei sintomi riportati dai pazienti o dai loro genitori (affanno respiratorio spontaneo o provocato dallo sforzo fisico e, nei bambini soprattutto, dalle risate e dalle emozioni, o durante il sonno con risvegli causati da mancanza di fiato) si rende necessaria

polmonare totale e l’eventuale riduzione dei flussi espiratori: si esegue facendo soffiare forte e a lungo in un boccaglio. La manovra è tutto sommata semplice e può essere eseguita in bambini dai 5 anni in su e in qualche caso anche a 4 anni. Sempre utile eseguire anche un test di broncodilatazione che permette di valutare l'eventuale miglioramento della spirometria dopo aver somministrato un farmaco broncodilatatore.

Se il miglioramento risulta significativo vuol dire che l’asma in quel paziente non è completamente controllato e si rende necessaria una terapia preventiva antinfiammatoria

una terapia preventiva con farmaci antinfiammatori: i cortisonici (i più efficaci), anch’essi per via inalatoria, e gli antileucotrienici per bocca (indicati in particolari gruppi di pazienti, meno efficaci dei cortisonici e gravati talvolta da effetti collaterali)

Fondamentale per il controllo dell’asma è evitare o ridurre l’esposizione ai fattori scatenanti.

In caso di sensibilizzazione agli acari un’efficace profilassi ambientale, utilizzando aspirapolveri con filtri HEPA, rivestendo i

materassi e i cuscini con fodere adeguate anti acaro e lavando i peluche e la biancheria da letto in acqua calda (60° C) ogni settimana, è già un ottimo punto di partenza.

Se il bambino si è sensibilizzato ad animali (cani e gatti), questi vanno per lo meno tenuti fuori dalla camera da letto, mentre il loro allontanamento deve essere valutato caso per caso e discusso con l’allergologo.

Per l’allergia ai pollini, nella stagione critica, meglio tenere chiuse le finestre della camera da letto del bambino ed eseguire il ricambio dell’aria per brevi periodi e preferibilmente nelle ore serali. Se la concentrazione dei pollini fosse particolarmente elevata è consigliabile dopo una giornata passata all’aperto cambiarsi i vestiti quando si rientra in casa, fare la doccia e lavarsi i capelli.

La presenza di muffa all’interno dell’abitazione va tenuta sotto controllo, mantenendo i bagni e le cucine puliti e ben ventilati e rimuovendo la muffa con una soluzione di candeggina

Vanno inoltre evitate le sostanze irritanti come gli odori forti (evitare deodoranti per ambienti, profumo, acqua di colonia, spray per ambienti o spray per capelli), l'esposizione al fumo di sigaretta e le passeggiate nelle zone ad alto tasso di inquinamento soprattutto quello veicolare

Asma e attività fisica: l’attività fisica è un efficace strumento di prevenzione di molte malattie.

D’altra parte, nel soggetto asmatico praticare sport può scatenare i sintomi dell’asma. Come suggerito dalle linee guida italiane per la diagnosi e il trattamento dell’asma, uno degli obiettivi della terapia antiasmatica è di consentire a tutti gli asmatici di tollerare l’attività fisica anche intensa, tanto che l’asma di per sé non rappresenta una controindicazione alla maggior parte degli sport.

È possibile, infatti, impostare una strategia terapeutica adeguata che permetta al soggetto asmatico di praticare sport anche a livello agonistico.

Durante l’attività fisica svolta in montagna è

comunque sempre prudente portare con sé nello zainetto un farmaco broncodilatatore da utilizzare prontamente in caso di affanno e, qualora lo sforzo fisico rappresenti per il bambino un fattore scatenante la difficoltà respiratoria, è consigliabile somministrargli il broncodilatatore prima che cominci lo sforzo stesso.

È bene comunque sottolineare che il soggiorno in montagna, grazie alle proprietà dell'altitudine e alla minore presenza di fattori di rischio ambientali, può rappresentare un’ottima opportunità, complementare alla terapia seguita dal bambino. A quote moderate, la riduzione della pressione barometrica, della pressione dell'ossigeno e della densità dell'aria, la temperatura e l'umidità relativamente basse e l'aumento della radiazione UV provocano nel nostro organismo benefiche reazioni di adattamento sia fisiologiche che immunologiche. Nel clima alpino vi sono meno aeroallergeni come gli acari della polvere domestica, il polline, le muffe ed è minore l’inquinamento atmosferico dovuto al traffico. Questi fattori combinati sembrano avere l'effetto di controllare le risposte infiammatorie nocive e di ridurre lo stress neuroimmunitario in pazienti con diversi tipi di asma. Studi condotti su pazienti affetti che hanno soggiornato per qualche settimana in ambienti alpini tra i 1200 e i 2500 metri hanno evidenziato un miglior controllo dei sintomi dell'asma con una migliorata qualità della vita, una riduzione delle esacerbazioni (con minore ricorso a farmaci broncodilatatori da usare al bisogno) e dei ricoveri, un minore ricorso ai cortisonici orali, un miglioramento della funzionalità polmonare, una diminuzione dell'iperreattività delle vie aeree e un miglioramento della tolleranza all'esercizio fisico. È interessante notare che i benefici perdurano anche nei mesi successivi al soggiorno

Pertanto, per l’osservazione della rapida diminuzione dell'infiammazione e per gli effetti immunomodulatori, il soggiorno in montagna può essere considerato un valido trattamento complementare naturale, e, poiché secondo gli

studi il controllo dei sintomi asmatici era superiore rispetto al soggiorno marino la montagna può essere considerata il luogo ideale per le vacanze per un bambino affetto da asma.

* Specialista in Allergologia e Immunologia Clinica

** Direttore scientifico di www.amicopediatra.it

Per saperne di più:

Trattamento climatico alpino per l'asma grave e incontrollata: un documento di posizione EAACI febbraio 2022 https://www.aaaai.org/Conditions-Treatments/Allergies/MoldAllergy

Luks AM, Hackett PH. Medical Conditions and High-Altitude

Travel. N Engl J Med. 2022 Jan 27;386(4):364-373 www.amicopediatra.it

Key Messages o da ricordare:

L’asma bronchiale è la più comune tra le malattie croniche respiratorie dell’infanzia

1. Interessa circa il 10% della popolazione pediatrica

2. È caratterizzata da un insieme di sintomi (respiro sibilante, mancanza di respiro, senso di oppressione toracica, tosse)

3. Numerosi fattori possono scatenare attacchi asmatici

4. La terapia si basa sull’utilizzo di farmaci broncodilatatori e antinfiammatori

5. L’asma quando ben controllata non rappresenta una controindicazione a svolgere attività sportiva soprattutto in montagna

Per le caratteristiche fisiche dell'altitudine e per il ridotto impatto dei fattori di rischio ambientali. Il soggiorno in montagna può rappresentare un’ottima opportunità complementare alla terapia antiasmatica

Durante l’Assemblea Nazionale dei Delegati di maggio 2022 a Bormio è stato distribuito a tutti i presenti un libretto dal titolo “Il CAI e l’ambiente” che raccoglie i documenti di posizionamento in materia ambientale i quali, con l’approvazione da parte del Comitato Centrale di Indirizzo e Controllo, rappresentano la posizione ufficiale del CAI sulle questioni trattate.

Nell’introduzione a cura di Raffaele Marini, Presidente della Commissione Centrale Tutela Ambiente Montano, si auspica che questi documenti vengano utilizzati proficuamente nei vari corsi di formazione per Titolati e che diventino validi strumenti che permettano alle Sezioni di assumere posizioni chiare sulle varie problematiche ambientali che affliggono le nostre montagne e conseguentemente la nostra stessa vita.

Che fine hanno fatto questi libretti? Sono stati letti o almeno sfogliati o sono finiti direttamente in qualche angolo delle biblioteche sezionali? Mi piace ricordare il “tracciamento” di uno di essi che, finito nelle mani di un Vicepresidente di Sezione, si è poi ritrovato nelle mani di un giovane che sta frequentando il corso per diventare un Operatore Regionale di Tutela Ambientale. In questo caso una buona destinazione finale.

La CRTAM Lombardia ha fatto proprio l’auspicio del Presidente della CCTAM che i documenti vengano utilizzati e ha programmato due giornate di aggiornamento, ad essi dedicati, per i propri titolati.

La prima, che si è tenuta il 27 maggio al Palamonti, si è focalizzata sul documento: “Cambiamenti climatici, neve, industria dello sci. Analisi del contesto,

prospettive e proposte”. Gli operatori presenti hanno potuto confrontarsi in un dibattito che ha visto la partecipazione di Federico Nogara, già Project Office presso la Commissione Europea sui temi della protezione della natura e della ricerca scientifica e Luca Rota, scrittore, blogger, studioso dei paesaggi montani e attivo nei dibattiti in corso a livello mediatico sul futuro delle aree montane.

È stato stilato un resoconto della giornata a cura

dell’operatore Enrico Pelucchi di cui riporto alcuni passaggi che possono essere spunto di riflessione alla vigilia del Congresso Nazionale dedicato alla montagna nell’era del cambiamento climatico.

• La crisi climatica sta provocando una accentuata evoluzione del contesto montano (riferimento alla fusione dei ghiacciai). Nonostante ciò, e l’evidente modello “maturo” di economia dello sci, si evidenzia

Incontro d’aggiornamento presso il Palamonti - Ph CRLTAM

una difficoltà ad accettare i cambiamenti in atto e a individuare delle alternative, prova ne sia che la tendenza è a modificare i comprensori sciistici innalzando gli impianti e favorendo i collegamenti intervallivi.

• Utile un’analisi dettagliata del fenomeno in atto con una definizione del ruolo del CAI nell’impostare un’attività sul territorio (controllo, monitoraggio, partecipazione decisionale…)

• Le difficoltà e la crisi economica dello sci si possono ripercuotere e generare problemi alle popolazioni che vivono in particolare di turismo invernale.

• Il sistema sociale, professionale ed economico montano si basa in buona parte sul turismo invernale legato allo sci. Per modificarne la struttura e dare opportunità per il futuro è necessario individuare e proporre alternative efficaci.

• Vengono evidenziate le tendenze debitorie di talune stazioni sciistiche e risarcitorie da parte degli enti pubblici, con politiche privatistiche sull’uso dell’acqua.

• Le problematiche ambientali dell’industria dello sci nell’era del cambiamento climatico: strisce di neve, pur di mantenere aperti gli impianti, innevamento artificiale, con relativo rumore da funzionamento, cantieri di lavoro per realizzazione dei bacini, consumo energetico, compattamento della neve con effetti negativi sul suolo, frammentazione dei territori, illuminazione delle piste, cavi, sbancamenti, battipista, erosione del suolo, seconde case… Si pone il problema di come difendersi e con quali strumenti. Nell’immediato con il monitoraggio del territorio, l’elaborazione di documenti, prese di posizione, ricorsi; nel lungo termine, diffusione dei documenti di posizionamento del CAI, inserimento nell’iter legislativo, richiesta di applicazione di VAS, VIA, VINCA.

• È importante intervenire sul piano educativo e culturale, elaborando e diffondendo competenze nonché proponendo alternative ai turisti. In relazione ai progetti di sviluppo, con notevole rischio ambientale, delle stazioni sciistiche, viene presentato il piano Gasser che prevede un collegamento a fune da Livigno a Santa Caterina Valfurva.

• Il nuovo turismo deve essere ecosostenibile e responsabile, con l’introduzione del concetto nella frequentazione montana, di “afflusso massimo vitale”. Esiste una “capacità di carico” turistica

connessa col numero massimo di persone presenti a cui fanno riferimento degli indicatori limite di natura fisica (area territoriale), infrastrutturale (caratteristiche urbanistiche…), qualitativa (peculiarità culturali, tutela del paesaggio…).

• Cosa potrebbe fare la politica locale per contrastare l’overtourism? Per esempio, avviare processi educativi e culturali; promuovere la conoscenza e consapevolezza degli impatti turistici sul territorio; coinvolgere la popolazione nei processi decisionali.

• Allo scopo di sviluppare un turismo sostenibile e responsabile è necessario elaborare una cultura del turismo che sappia correlare, in comportamenti coerenti: sensibilità ambientale, rispetto dell’ambiente, conoscenza e rispetto della cultura, consapevolezza del bene prezioso rappresentato dal paesaggio naturale.

Se andiamo a leggere il contenuto dei vari progetti di rilancio turistico delle nostre montagne sembra proprio che la cultura del turismo sostenibile e responsabile debba ancora fare molta fatica a concretizzarsi in idee che tengano conto della fragilità dell’ambiente montano e della sua biodiversità sempre più in pericolo.

Il prossimo aggiornamento, previsto nel mese di ottobre, sarà dedicato al documento che indica la posizione del CAI in merito al sistema delle Aree Protette. Il CAI si è impegnato a promuovere la diffusione e la conoscenza all’interno del proprio corpo sociale dell’importanza dei Parchi e delle aree tutelate come elemento di formazione e di arricchimento culturale. Le Sezioni si stanno muovendo in questa direzione?

Per finire, ecco l’elenco completo dei documenti di posizionamento del CAI in materia ambientale:

• Cambiamenti climatici, neve, industria dello sci analisi del contesto, prospettive e proposte;

• Biodiversità, servizi ecosistemici, aree protette, economia montana;

• Il Cai, i boschi e le foreste;

• Transizione ecologica, energie rinnovabili, eolico. Quadro sintetico d’insieme di considerazioni prospettiche;

• Il Club Alpino Italiano e il sistema delle aree protette;

• Frequentazione responsabile dell’ambiente montano innevato. Posizione espressa dal convegno di Trento del 2 ottobre 2021.

di Riccardo Marchini, CRLAG - sez. di Morbegno e di Sara Alpago - sez. di Dongo

Mini trekking. Chiamato così unicamente perché articolato in soli tre giorni, non certo perché di livello qualitativamente inferiore. In continuità con la scelta effettuata lo scorso anno in val Grande, sulla sponda occidentale del lago Maggiore, la proposta per questa estate 2023 è caduta su una località interessante dal punto di vista ambientale, storico e sociale, ma assolutamente al di fuori delle rotte più battute: la val Saiento, nelle Alpi Retiche sud-occidentali, in alta Valtellina.

Brevemente la cronaca. Nei giorni 14,15 e 16 luglio, 10 ragazzi di età compresa fra i 14 e i 18 anni, accompagnati da 4 titolati AG, sono partiti da Prà Baruzzo, alpeggio a 1380 m s.l.m. a monte di Baruffini raggiungibile in auto da Tirano, e con una traversata alla base meridionale del monte Masuccio hanno raggiunto il rifugio Schiazzera (2080 m s.l.m.), in val Saiento. I partecipanti avrebbero dovuto essere di più, ma alcune defezioni dell’ultima ora hanno ridotto la composizione del gruppo.

Fissato in questa struttura il campo base, il giorno seguente i ragazzi, dopo aver raggiunto il lago grande di Schiazzera (2396 m s.l.m.), si sono inerpicati fin sulla cima orientale di Schiazzera (2800 m s.l.m.) seguendo il sentiero realizzato dai giovani di Tirano in ricordo di padre Daniele Badiali, missionario dell’Operazione Mato Grosso, assassinato in Perù nel 1997. Ritornati sui propri passi, degradando sul fianco della lunga dorsale erbosa che chiude a est la vallata, sono scesi al Monte Croce (2280 m s.l.m.) per godere della splendida vista sul fondovalle valtellinese da Mazzo a Sondalo e da qui al sottostante rifugio.

Domenica Il ritorno alle auto è avvenuto salendo di nuovo al lago di Schiazzera per raggiungere, dopo aver affrontato una ripida serie di tornanti, il passo del Portone (2633 m s.l.m.) che immette nella Valle di Poschiavo, in territorio svizzero. Con l’aiuto di una corda fissa opportunamente stesa dagli accompagnatori, i ragazzi hanno potuto calarsi lungo il

primo tratto dell’impervio versante elvetico e, dopo una lunga discesa, sono rientrati in Italia in prossimità di Prà Campo (1760 m s.l.m.), sede di un’altra casermetta della Finanza, da dove per una comoda strada sono ritornati al punto di partenza.

Le attività che, come quella dei trekking, coinvolgono i giovani per più giorni con pernottamento in rifugio sono, a nostro parere, da incrementare e da valorizzare, perché costituiscono lo strumento più idoneo alla realizzazione del nostro Progetto Educativo che alla voce Gruppo, recita testualmente: “… per mezzo delle dinamiche che si sviluppano al suo interno, [il Gruppo] offre al Giovane la possibilità di fare esperienze relazionali e di crescita”. Oltre al semplice camminare in ambienti gratificanti, lo stare insieme, il condividere spazi e momenti in cui confrontarsi e superare la propria individualità costituisce sicuramente l’occasione per “costruire relazioni umane autentiche”. Inoltre, la convivenza prolungata fra i ragazzi e gli Accompagnatori consente a questi ultimi di coinvolgere i giovani in attività varie, che vanno dal semplice gioco a lezioni più tecniche come la cartografia, l’orientamento, le pratiche del procedere in sicurezza su terreni difficili e le osservazioni naturalistiche.

Bello e confortevole il rifugio Schiazzera. Ex caserma della Guardia di Finanza, venne ristrutturato dal comune di Vervio (So) nel 1997 e affidato alla gestione dei volontari dell’OMG (la già citata Operazione Mato Grosso).

Vale la pena di dedicare qualche riga a questo movimento, perché è molto vicino al mondo della montagna e ai giovani in particolare.

L’OMG nacque nel 1967 per iniziativa di due sacerdoti, don Luigi Melesi e padre Ugo De Censi, salesiano valtellinese, che diventerà negli anni seguenti guida e anima dell’organizzazione fino alla sua morte, avvenuta nel 2018 a Lima.

Il progetto iniziale, consistente in una spedizione

giovanile in Brasile, piacque e si allargò arrivando ben presto a fondare un’ottantina di comunità distribuite in Brasile, Ecuador, Bolivia e, soprattutto, in Perù (ben 40). L’OMG, sostenuta economicamente con i proventi dei campi di lavoro giovanili in Italia (raccolta di carta e rottami, prestazione d’opera in lavori agricoli e di costruzioni, pulizia di sentieri, gestione di rifugi), interviene a sostegno delle popolazioni dei disagiati villaggi andini. Grazie alla caparbietà di padre Ugo sono state avviate in quelle terre oltre oceano molte attività di carattere umanitario e sociale (infermerie, ospedali, asili nido, scuole di intaglio legno, falegnameria, arte e decorazione).

Da iscritti al CAI e fruitori dell’ambiente alpino, non possiamo che apprezzare e sottolineare l’intuizione che la montagna potesse essere intesa come un possibile sbocco lavorativo per molti giovani campesinos. Per dare impulso all’attività alpinistica

numerosi giovani che sono diventati prima guide d’alta montagna riconosciute dallo stato peruano, poi - chi ha voluto proseguire - guide internazionali inserite nell’UIAGM. Per favorire il turismo in questi imponenti e bellissimi gruppi montuosi negli ultimi decenni sono stati costruiti anche alcuni rifugi, quattro per l’esattezza, tutti al di sopra dei 4000 metri, realizzati interamente dai giovani dei villaggi fianco a fianco con altri giovani che, provenendo dall’Italia e non solo, cercavano, con la voglia di dare una mano, un’occasione di crescita personale, rispondendo all’invito “Salire in alto per aiutare chi sta in basso”.

Si diceva che il rifugio Schiazzera era una caserma della Guardia di Finanza per il controllo della frontiera. Sì, perché tutto questo territorio, in virtù di un confine che, distaccandosi dalla linea naturale delle creste montuose, taglia la valle di Poschiavo, giuridicamente territorio svizzero, ma geograficamente bacino

nelle Ande è nata così l’agenzia Guide don Bosco 6000, con base nel Centro di Andinismo di Marcarà, intitolato a Renato Casarotto, dove si sono formati

idrografico italiano, per oltre due secoli è stato, più che altrove, interessato dal fenomeno del contrabbando, coinvolgendo la quasi totalità degli abitanti di interi

Il gruppo raccolto davanti al rifugio Schiazzera - Ph CRLAG

paesi. Ciò ha costituito l’occasione per una chiacchierata serale sull’argomento, anche perché i sentieri percorsi durante il trekking erano proprio le piste utilizzate per il traffico illegale di merci fra Svizzera e Italia.

La lettura delle interviste ad alcuni giovani protagonisti di questa epopea (ci si riferisce agli anni ’50 / ’70 del secolo scorso), ora terminata ed ormai entrata nei miti della storia locale, ha dato lo spunto per cercare di sciogliere il dilemma fra legalità e pratiche illecite, fra rispetto eticamente indiscutibile delle regole e la loro elusione, intesa come necessità indotta da una economia di montagna estremamente povera, resa ancora più drammatica da una guerra da poco terminata. Il problema, affrontato nelle sue varie sfaccettature, è stato lasciato volutamente aperto come stimolo di riflessione per un confronto con il presente.

Ed ecco il contributo di Sara Alpago del CAI Dongo, partecipante al trekking.

“Un amico e la sua presenza.

Cosa c’è di più bello che condividere con lui la montagna?

E per Te, o Montagna, cosa c’è di più bello che condividerti con un amico?”

Questa è una frase che mi ha particolarmente toccato ed è stata scritta da Davide Chiesa nel suo libro “I Portali del Cielo”.

La citazione parla della bellezza di condividere esperienze con gli amici ed è proprio questo che fa la montagna: unisce le persone, crea nuovi gruppi e ti permette di fare nuove amicizie.

Questa è la cosa più bella che mi è capitata durante la mia prima esperienza con il Mini Trekking Regionale del CAI: in quei tre giorni trascorsi tra le montagne, in Valle Saiento, ho avuto modo di conoscere nuove persone simpatiche, divertenti e gentili, anche se all’inizio con un po’ di timidezza.

Con loro la stanchezza, durante le scampagnate, non si faceva sentire perché quando la fatica affiorava c’era sempre qualcuno con la battuta pronta, e tra una chiacchierata e una risata, si andava avanti con il sorriso stampato in faccia.

Le nostre mete sono state il Rifugio Schiazzera, Cima Schiazzera e infine il Passo del Portone, al confine con la Svizzera.

Quest’ultima gita mi è piaciuta particolarmente, non solo per i paesaggi suggestivi che si ammiravano dalla cresta ventilata, ma anche perché mi ha fatto riflettere

sulla vita dei contrabbandieri.

Da quel passo, infatti, i contrabbandieri compivano il loro viaggio verso la Svizzera nella speranza di guadagnare i soldi per vivere, così come ci hanno raccontato la sera prima di partire Mauro e Riccardo, due signori, e anche accompagnatori, che sono venuti apposta per parlarci di questo.

So bene che il contrabbando non è una buona cosa buona, ma la guerra ha lasciato lunghi strascichi

“Ninna nanna, dorma fiöö

El tò pà el g'ha un sàcch in spala

E'l rampèga in sö la nòcc...

Prega la loena de mea fàll ciapà

Prega la stèla de vardà in duvè che'l va Prega el sentée de purtàmel a ca'…”

Questa canzone di Van De Sfros mi è tornata in mente mentre salivamo il ripido pendio per raggiungere il passo e non ho potuto fare a meno di pensare alla fatica che dovevano sopportare, caricandosi in spalla i loro zaini e alla paura che dovevano provare.

Ovviamente non posso non menzionare i miei accompagnatori, Andrea, Lorenzo, Simone e Sandro, che sono stati davvero molto gentili, disponibili, pronti ad aiutarti se avevi bisogno di aiuto e si sono fidati di noi ragazzi. Ci hanno anche insegnato tante cose nuove, come alcune curiosità sulla montagna, ci hanno spiegato come orientarci con la cartina e tanto altro.

I loro insegnamenti li custodirò nel mio bagaglio delle esperienze che mi torneranno utili per altre splendide avventure in montagna.

Spero davvero ti poter rifare questa esperienza anche l’anno prossimo, perché mi è piaciuto proprio tanto.

Alla prossima avventura.

L’Assemblea dei delegati è l’organo sovrano del Club Alpino Italiano: almeno così recita l’art. 12 dello statuto e all’assemblea dei delegati spetta anche il compito di assolvere la funzione di approvare programmi di indirizzo dell’associazione; in una sorta di democrazia parlamentare ai delegati spetterebbe il compito sia di approvare atti di indirizzo predisposti dagli organi esecutivi, sia redigere e approvare atti di iniziativa propria; già in un precedente articolo apparso su questo periodico si era sottolineato questo particolare aspetto e di come sarebbe necessaria una profonda riforma statutaria a garanzia della sovranità dell’assemblea.

Nella personale esperienza di delegato o di componente del Comitato Centrale ho potuto verificare come molto spesso atti di indirizzo che impegnavano Comitato Direttivo e Comitato Centrale, per quanto di competenza, ad elaborare una proposta di modifica dell’assetto della associazione, sono rimasti lettera morta, e dopo qualche modesto tentativo di avviare un progetto di riforma sono caduti nel dimenticatoio delle proposte.

Possiamo anche evidenziare che l’attuazione, da parte degli organi preposti, di atti di indirizzo approvati dall’assemblea, ha stravolto la natura della originaria proposta, senza che nessuno, per quieto vivere, abbia obiettato alcunché.

Per valorizzare un poco il ruolo dei delegati, a partire dal 2019 sotto la presidenza Torti, complice la concomitanza delle Elezioni Europee, si modificarono le modalità di svolgimento dei lavori assembleari; la giornata intera di sabato

dedicata ai momenti istituzionali, alla relazione morale del presidente generale, alla consegna delle onorificenze, ecc., la mattina della domenica dedicata ai delegati che avevano l’occasione e l’opportunità per intervenire su svariati temi, lanciare proposte, invitare ad un confronto, esprimere criticità o critiche rispetto all’operato degli organi di vertici; avevano la possibilità di essere ascoltati e di ricevere risposte; non era molto, ma era qualcosa e come dice un detto popolare “piuttosto che niente è meglio piuttosto..”.

Un punto fondamentale dell’assemblea dei delegati era ed è la presentazione del bilancio d’esercizio, sia sotto l’aspetto dei numeri dell’attività economica dell’Ente, sia sotto l’aspetto della azione politica svolta dal Comitato Direttivo e Comitato Centrale; sempre sotto la presidenza Torti l’ordine del giorno, riuniva in sequenza, la relazione morale, la presentazione del bilancio d’esercizio, la relazione del Collegio dei Revisori, la relazione del Comitato Centrale, dando modo ai delegati di avere una visione di insieme sull’attività svolta con ordine e logica; se vogliamo un’ulteriore piccola forma di rispetto del ruolo del delegato.

Per l’assemblea di Biella si è mantenuto lo schema avviato a Milano, ma con un ordine del giorno che ha sollevato allo scrivente qualche perplessità.

Per la mattina del sabato l’ordine del giorno prevedeva l’inizio dei lavori assembleari, dopo i rituali punti di prassi e cortesia, con la presentazione del bilancio d’esercizio, a cui

seguiva la presentazione del 101° Congresso del CAI, la presentazione dei candidati alla vicepresidenza generale, le comunicazioni in merito alle modifiche del regolamento generale, la relazione sull’attività del comitato centrale e l’approvazione delle modifiche del regolamento dell’assemblea; a mio modesto parere, nessun filo logico collegava fra loro i vari punti.

in questo caso non ho riscontrato alcuna logica nella sequenza dei punti

L’ordine del giorno della domenica prevedeva la relazione della commissione permanente politiche sociali - uguaglianza di genere; a seguire la presentazione del bilancio sociale, una novità (positiva), la relazione generale annuale del presidente generale e “dulcis in fundo” la parola ai

Il pomeriggio del sabato veniva dedicato alle onorificenze e alle premiazioni; questi punti sono stati intercalati dalla presentazione di progetti avviati su iniziativa del Comitato Direttivo; tutte tematiche molto interessanti e in alcuni casi di grande spessore, ma che rappresentavano una semplice informativa o forma di comunicazione e sui quali i delegati avevano ben poche possibilità di interagire o di farsi promotori di proposte alternative, quanto meno per evitare di creare situazioni paradossali o di netta contrapposizione con l’azione politica del Comitato Direttivo; anche

delegati; in conclusione i soliti punti rituali (quote associative, sede della prossima assemblea, esito delle votazioni); anche in questo caso risulta evidente la illogicità di separare la relazione annuale e il bilancio sociale dal bilancio d’esercizio, che pur sotto diverse sfaccettature, rappresentano nel loro insieme il corpo dell’attività svolta dal sodalizio; poco tempo ai delegati per i loro interventi, quasi a significare un certa poca utilità delle loro indicazioni.

Lo svolgimento dell’assemblea ha poi evidenziato, sempre a mio modo di vedere, altre

Intorno ai Boschi del Giovetto - Dosso, Val di Scalve - Ph A. Schirone

criticità; i saluti degli ospiti, causa legittimi impedimenti personali, sono stati distribuiti nel corso della mattinata del sabato, interrompendo spesso la sequenza dei punti all’ordine del giorno e creando ulteriori elementi di distrazione; il bilancio d’esercizio si è ridotto ad un arido elenco di cifre, mancando il supporto di un’analisi politica delle azioni svolte; ai candidati alla vicepresidenza generale è stato lasciato un tempo minimo di cinque minuti per la presentazione, con il risultato che ad un candidato è stata tolta la parola e un altro ha dovuto chiudere in fretta e furia il suo intervento; se è vero che i delegati bene o male hanno già deciso a chi assegnare il voto, tuttavia non sembra opportuno né rispettoso ridurre in tempi stretti gli interventi di presentazione, perché da questi a volte, indipendentemente poi dall’esito delle votazioni, si colgono spunti molto interessanti e significativi sulla scelta di candidarsi, sui programmi che si intendono perseguire, e sulle visioni che si hanno dell’associazione; spunti sui quali riflettere e che meritano approfondimenti; il risultato poi di questa contrazione di tempi è stato di avere al termine della mattinata molto tempo a disposizione e per riempirlo si sono anticipati alcuni punti previsti al pomeriggio o nella giornata della domenica, creando poi disorientamento ai delegati che per vari motivi avessero deciso di non partecipare al sabato mattina.

È stato fatto un passo indietro rispetto agli anni precedenti? Non lo, di certo non è stato fatto alcun passo in avanti rispetto alla valorizzazione del ruolo di delegati.

Se realmente si vuole dare concretezza alla norma che indica nella assemblea dei delegati l’organo sovrano forse qualche modifica statutaria va studiata, elaborata e proposta, diversamente il ruolo del delegato sarà sempre più svilito e per certi versi reso inutile; ma non è di questo che un’associazione, che si basa su principi di democrazia attiva e partecipativa, ha bisogno.

Nel 2015 i Governi dei paesi membri dell’ONU hanno sottoscritto “L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile”: si tratta di un programma di azione per le persone, per il pianeta e per la prosperità che prevede il raggiungimento di 17 obiettivi, fra i quali quello della parità di genere: “Obiettivo5: Raggiungerel’uguaglianzadigenereed emanciparetutteledonneeleragazze.Laparità digenerenonèsoloundirittoumano fondamentale,malacondizionenecessariaper unmondoprospero,sostenibileeinpace. Garantirealledonneealleragazzeparitàdi accessoall’istruzione,allecuremediche,aun lavorodignitoso,cosìcomelarappresentanzanei processidecisionali,politiciedeconomici, promuoveràeconomiesostenibili,dicuipotranno beneficiarelesocietàel’umanitàintera.”

Il Club Alpino Italiano, come entità che persegue finalità pubbliche in applicazione delle leggi 26 gennaio 1963, n. 91 e 24 dicembre 1985, n. 776, non intende sottrarsi dal partecipare attivamente alla vita sociale della nazione italiana e ai processi di sviluppo che stanno coinvolgendo in questo periodo storico l’umanità tutta.

La pandemia ha rivoluzionato le nostre vite, come persone e come cittadini europei. Le risorse economiche messe a disposizione dell’Unione Europea in particolare “ilPianoNazionaledi RipresaeResilienza(PNRR),avaleresul

dispositivoNextGenerationEU,rappresenta l’occasioneperrealizzarenonsolounapiena transizioneecologicaedigitale,maancheper recuperareiritardichepenalizzanostoricamente ilnostroPaese.Peressereefficace,strutturalee inlineacongliobiettividelpilastroeuropeodei dirittisociali,laripresadell’Italiadevepromuovere lepariopportunitàconparticolareattenzioneal mondodellavoro.Lamobilitazionedelleenergie femminili,cosìcomedimostratodanumerosistudi internazionali,èfondamentaleperlaripresa economicadelPaesee,perquestomotivo, occorreinterveniresullemolteplicidimensioni delladiscriminazioneversoledonnealfinedi liberarnetuttoilpotenzialeinespresso.”

In questo contesto il CAI ha costituito la “Commissione permanente per le politiche sociali e per la parità di genere” con Delibera n.1 del 26 gennaio 2023 a firma del presidente Antonio Montani, perché anche il CAI crede che la disparità di genere rappresenti un ostacolo allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica ed alla lotta contro la povertà a partire dai contesti propri dell’ambiente montano e dei suoi frequentatori, nel rispetto dei propri valori statutari nonché delle posizioni e impegni espressi nel Nuovo Bidecalogo, approvato dall’Assemblea dei delegati del 25-26 maggio 2013.

Può sembrare scontato, ma prima di tutto è

di coordinatrice della Commissione Politiche sociali e parità di genere del CAI

opportuno riflettere sul significato di genere. Uomini o donne, maschi o femmine…il sesso è "il complesso dei caratteri anatomici, morfologici, fisiologici (e negli organismi umani anche psicologici) che determinano e distinguono tra gli individui di una stessa specie, animale o vegetale, i maschi dalle femmine e viceversa” (Treccani).

Il genere, invece, è un costrutto sociale, un’invenzione delle società umane, in cui sono le diverse culture a definire quali caratteristiche o le possibilità di azione siano femminili e quali invece maschili.

Fin dagli albori dell’alpinismo di fine Ottocento, le donne si sono cimentate nelle discipline alpinistiche; tuttavia, nei confronti dello sport al femminile la cultura di allora, maschilista e conservatrice nonché ben supportata dalla medicina e dalla Chiesa, paventavano pericoli o rischi sia alla fertilità sia della moralità delle donne; la donna che si avvicinava alla dimensione sportiva, dunque, era vista con sospetto.

A quasi 160 anni dalla prima ascensione femminile al Monviso da parte di Alessandra Boarelli, sono molte le donne che, con il loro esempio, hanno spronato altre donne ad intraprendere le discipline dell’alpinismo, portando poi nella vita di tutti i giorni la testimonianza di una esistenza possibile libera ed emancipata.

Nel 2023, in Italia e nel mondo, è anacronistico sostenere che vi siano discipline o compiti di esclusiva competenza prettamente maschile o femminile; tuttavia, asserire che vi sia completa parità e libertà di azione è ancora prematuro.

Negli ambiti professionali c’è sicuramente ancora strada da fare se ancora oggi Anna Torretta, alpinista, scrittrice e Guida Alpina

afferma: «Perfareunesempiosu300guide alpineinVald’Aosta,solo6sonodonne.Suscala nazionalesonocirca17su1200.Persvolgere questaprofessionevengonorichiestiglistessi requisiti,siafisicicheattitudinali,equestopuò essereunadiscriminanteescoraggiaremolte ragazze,chepoisulcampodimostranolestesse capacitàdegliuomini».

E nell’ambito del CAI, quale associazione di persone a prescindere dalle finalità specifiche del Sodalizio, ci sono situazioni nelle quali non vi è parità di accesso alla formazione o di rappresentatività tra i soci? Ossia anche nel CAI esiste un “problema di genere”?

Dal 2010 ad oggi la percentuale delle donne iscritte al CAI è passata dal 32% al 38%. A fronte di una percentuale media del 38% di socie, soltanto il 19% del totale ricopre il ruolo di presidente di sezione. Se guardiamo la distribuzione territoriale e prendiamo come esempio la Lombardia possiamo osservare che la percentuale delle socie CAI è in linea con la media nazionale (37%) mentre quella della presidenza femminile è nettamente sotto la media nazionale (14%).

La situazione non migliora di certo sul fronte dei titolati e qualificati dove, dai dati in possesso della Commissione, possiamo affermare che la presenza femminile si riduce drasticamente con la

specializzazione dei ruoli.

Infatti, non è migliore la situazione nel Corpo Nazionale del Soccorso Alpino o, peggio ancora, nel Club Alpino Accademico, dove la percentuale di presenza femminile è veramente minima.

Se ne deduce che anche il CAI non è immune alle problematiche di genere. Questo però non significa necessariamente dover affermare che il CAI è un’associazione maschilista, più realisticamente possiamo considerare il fatto che il CAI è lo specchio della nostra società, permeata di comportamenti consolidati su una cultura di genere che è sempre più messa in discussione dalle giovani generazioni.

Quali azioni il CAI può intraprendere per diminuire il cosiddetto “gender gap”?

Il primo passo è stato costituire la Commissione politiche sociali e parità di genere, una commissione rappresentativa del territorio, per il momento composta di donne di tutte le fasce di età, provenienti da diversi contesti professionali e rappresentative di quasi tutte le specializzazioni o discipline presenti nel CAI. Al momento si tratta di una commissione composta da sole donne perché, allo stato attuale, sono le donne ad aver vissuto in prima persona le problematiche di discriminazione e possono contribuire con una maggiore esperienza sul tema.

La Commissione, pertanto, in applicazione della normativa nazionale ed europea, ha il compito di valutare la situazione interna del Club Alpino Italiano al fine di elaborare e proporre agli organi dirigenti ogni intervento e azione politica e/o regolamentare volti ad assicurare una reale parità di genere tra tutti i soci del CAI, anche tramite o d’intesa con il CDC.

La delibera n.1 del 26 gennaio 2023, riassume quelli che sono gli obiettivi ed i compiti della

Commissione; essa ha lo scopo di conoscere, monitorare e valutare la situazione interna al CAI e di proporre agli organi dirigenti le necessarie azioni politiche e regolamentari volte a perseguire l’Obiettivo 5; a tal fine la commissione svolge, a titolo esemplificativo e non esaustivo, le seguenti attività:

1. ricerca, analisi e monitoraggio della situazione dei soci CAI operanti in condizioni soggettive o oggettive di disparità nell’ambito del sodalizio;

2. elaborazione di proposte al CDC di codici di comportamento e linee guida, previsti o meno dalla normativa vigente, diretti a specificare regole di condotta conformi al principio di parità e ad individuare manifestazioni di discriminazione anche indirette;

3. elaborazione di proposte e richiesta di inserimento nell’attività didattico-formativa di moduli atti a diffondere e valorizzare le differenze di genere ed il diritto antidiscriminatorio;

4. elaborazione di proposte atte a creare e favorire effettive condizioni di pari opportunità per tutti i soci, anche nell’accesso e crescita dell’attività istituzionale e formativo/didattica;

5. individuazione di forme di sostegno e/o iniziative volte a promuovere la crescita e la partecipazione, all’interno del sodalizio, di soci operanti in condizioni oggettive o soggettive di disparità e la loro rappresentanza negli organi istituzionali e associativi;

6. attività di promozione e diffusione di iniziative, eventi e confronti fra i soci CAI sull’argomento delle pari opportunità;

Le componenti della Commissione del CAI sono operative da poco tempo ma hanno già mosso i primi passi prendendo spunto dagli esempi virtuosi di cui siamo venute a conoscenza.

Partendo dalle nostre esperienze vogliamo individuare degli strumenti efficaci da proporre alle sezioni per attrarre in maniera costruttiva la componente femminile nei ruoli dirigenziali e tecnici del sodalizio: possono essere dei suggerimenti di modifica statutaria o regolamentare (già ci siamo espresse in merito

alla modifica del regolamento generale OTCO che è in atto nel CAI) o piuttosto delle iniziative da portare avanti in tutte le sezioni CAI. Non siamo un gruppo autoreferenziale, quindi attendiamo da tutti coloro che vorranno contribuire di ricevere degli spunti o piuttosto condividere comportamenti, iniziative virtuose in materia di inclusione e parità di genere che piuttosto che restare sconosciuti nel territorio potranno essere certamente portati a conoscenza di tutti il Sodalizio. Stessa cosa per i comportamenti e le iniziative poco virtuose, che andranno stigmatizzate e per quanto possibile rimosse. Questa è la nostra mail politichesociali@cai.it alla quale i soci potranno inviare proposte, richieste, segnalazioni utili al nostro lavoro.”

Monumento alla memoria - Ph Mauro Bertolini - foto archivio CAI Bergamo

Andiamo a far due passi per la Val di Scalve?”

“Ma sì, perché no, non ci sono mai stato...”

In effetti la sorpresa di questa bella valle piena di verdi pascoli, tra la Valtellina e la Val Camonica, gradevole alla vista della vicina Presolana, è superata solo da un monumento che sovrasta muto, ma ha una storia da raccontare. Si tratta della diga del Gleno, un’imponente costruzione realizzata negli anni successivi alla Prima guerra mondiale, all’ombra del monte Gleno, sopra i paesi di Bueggio e Dezzo di Colere. Doveva essere un inno alla ripresa del lavoro, dell’economia,

dell’ingegneria italiana, un segno chiaramente alternativo alla morte e alla distruzione degli anni precedenti. Lunga 260 metri e alta 52, conteneva una quantità di 6 milioni di metri cubi, un numero titanico per alimentare le vicine

diga Gleno in costruzione anno 1921 circa

centrali idroelettriche. La costruzione terminò esattamente cento anni fa, nel 1923. Ed esattamente cento anni fa, il 1° dicembre 1923, crollò, riversando una massa d’acqua enorme, uccidendo centinaia di persone e distruggendo i paesi sottostanti. Oggi rimane lì, con i suoi archi multipli, avveniristici per l’epoca, simile ad una dentiera senza gli incisivi: un monumento ad un dolore e una sconfitta.

Nel paese di Vilminore trovi infatti un piccolo museo che racconta la tragedia, i sentimenti, le famiglie spezzate, gli avvertimenti non ascoltati, i numeri del disastro. Li raddolciscono un po’ i disegni dei bambini, a cui viene consegnato il tremendo dovere della memoria. Questa è la pagina del dolore di una valle. La causa principale fu un cambio di progetto in corso d’opera non autorizzato, e l’uso di materiali scadenti, e chissà cos’altro. Poi c'è la sconfitta: la fatica ad ammettere l’errore, la ricerca di scuse, il rimpallo di responsabilità, i processi lunghi, le colpe commutate in assoluzioni, il bisogno di passare oltre. La solita storia, che si ripeterà finché uno non sta lì a guardarla e a fissarsela nella mente come una lezione da imparare.

Perché davanti a quella diga sdentata uno può battere il petto, pronunciare il mea culpa, ma soprattutto meditare sulle proprie sconfitte: la cima non raggiunta, l’incarico compiuto con superficialità, le disattenzioni, i ritardi, l’egoismo personale, e chi più ne ha più ne metta. Quello delle sconfitte personali è un curriculum di cui normalmente non si vuole parlare, forse perché non ci piace o, meglio, perché ci pare inutile. Eppure, farebbe bene farne tesoro, specialmente per chi affronta la montagna con una certa leggerezza, e in generale per chi affronta la vita in modo poco serio. Così quel monumento è rimasto lì, a sovrastare un paesaggio mozzafiato, a perenne memoria di un errore drammatico. Infine, vedo passare un giovanotto, che la guarda, scatta una foto, e se ne va buttando a terra una bottiglia di plastica e mi viene da confrontarlo con il primo forellino che si è aperto nella diga. All’apparenza di poco conto, ma è segno di qualcosa di marcio.

Club Alpino Italiano Regione Lombardia

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