Bauman Zygmunt - Le sfide dell'etica

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Come sostiene Paul Ricoeur, l'esperienza del peccato (dell'aver commesso peccato) pub apparire soltanto con l'awento della legge finita, sempre in urto con l'esigenza morale sempre infinita: "la legge è un 'pedagogo' che aiuta il penitente a scoprire che è un peccatore" (Philosophie de la volonté, vol. 2, Finitude et culpubilité Aubier Montaigne, Paris 1960, p. 62; trad. it. di M. Girardet Sbaffi, Finitudiné e colpa, il Mulino, Bologna 1970). (2) - A Shestov Anthalogy, a cura di B. Martin, Ohio University Press, Athens 1970, pp. 313, 311. (3) - A. Heller, A Philosophy of History in Fragments, Blackwell, Oxford 1993, p. 85. (4) - In Modernity and the Holocaust (Polity Press, Cambridge 1989, pp. 187, 189 trad. it. di M. Baldini, Modernità e Olocausto, il Mulino, Bologna, 1992, p. 255j ho cercato di dare un senso alla sorprendente, assurda separazione, presente nella coscienza della maggior parte dei tedeschi, tra le immagini dell"'ebreo come tale" - l'ebreo come categoria, universalmente condannato o trattato con fredda indifferenza - e il prossimo ebraico, l'ebreo della porta accanto, la cui immagine si ostinava a rimanere immune dallo stereotipo categoriale. Alla fine concludevo che "il contesto della prossimità e della responsabilità, all'interno del quale si formano le immagini personali, circonda queste ultime di una spessa protezione morale, praticamente impenetrabile da parte di argomentazioni 'meramente astratte'. Per quanto persuasivo e insidioso possa essere lo stereotipo intellettuale, il suo ambito di applicazione finisce bruscamente dove comincia la sfera del rapporto personale. L"altro' come categoria astratta semplicemente non comunica con l"altro' che conosciamo". (5) - R.-R Droit, intervista a Emmanuel Lévinas, in "Le Monde", 2 giugno 1992. (6) - Tutte le citazioni che seguono sono tratte da The Sociology of Georg Simmel, a cura di K.H. Wolff, Free Press, Glencoe 1950, pp. 145-153; trad. it. dal tedesco di G. Giordano, in G. Simmel, Sociologia, Edizioni di Comunità Milano 1989, pp. 89-96 (ed. orig., Soziologie. Untersuchungen uber die Formen der Vergesellschaitung, Duncker & Humblot, Berlin 1908) (7) - K.E. Logstrup, The Ethical Demand, cit., pp. 8-9, A Shestov Anthology, cit., p. 70. (8) - Citato da J. Blustein, Care and Contract: TaLing the Personal Point of View, Oxford University Press, Oxford 1991, p. 218. (9) - V.W. Turner, The Ritual Process: Structure and Anti-structure, Routledge, London 1969, pp. 96, 170; trad. it. Ilprocesso rituale. Struttura e antistruttura, Morcelliana, Brescia 1972. E vero, verso la fine del suo studio Turner considera - senza elaborarla - la possibilità di una "doppia coscienza" che perseguita ogni società espressa nei riferimenti impliciti a "due modelli sociali contrastanti". "Nel processo della vita sociale, il comportamento conforme a un modello tende ad allontanarsi dal comportamento conforme all'altro modello. L'ultimo desideratum, tuttavia, è agire nei termini dei valori comunitari anche mentre si svolgono ruoli strutturali" (ed. orig. p. 177). Comunque, in tutta la sua analisi Turner considera le due condizioni come due "stati" separati, analiticamente autosufficienti, dell'ordinamento sociale, o come due modelli teorici ugualmente separati. (10) - G. Sorel, Réflections sur la violence, Marcel Rivière éditeur, Paris 1923, p. 191; trad. it. di A. Sarno, Considerazioni sulla violenza, Laterza, Bari 1970, pp. 258-259. (11) - S. Cohen, Visions of Social Control: Crime, Punishment and Classification, Polity Press, Cambridge 1985 pp. 191-192.


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