Dall'Archivio Storico Comunale. REGESTO DELLE DELIBERE DEL 1508 E DEL 1516-1517

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COMUNE DI CAVA DE’ TIRRENI

Dall’Archivio Storico Comunale

REGESTO DELLE DELIBERE DEL 1508 E DEL 1516 - 1517 a cura di Rita Taglé

1997


Foto di Gaetano Guida. In copertina: la prima pagina del Registro delle Deliberazioni del 1516.


PRESENTAZIONE

Con questo volume prosegue l’opera di regestazione sistematica dei fasci di Delibere conservati nell’Archivio Storico Comunale. Al primo registro, datato 1504-1506, segue un breve ma significativo fascicolo del 1508: esso riguarda uno specifico momento della storia della città, quando le tensioni da anni esistenti contro l’Abbazia benedettina esplodono, portando all’invasione del monastero. In quest’occasione, che poteva facilmente degenerare in un episodio di violenza, i Cavesi danno un esempio di grande civiltà: non si infierisce contro i monaci (cosa che purtroppo a quell’epoca, ebbe a verificarsi in altre zone) e ci si organizza immediatamente per evitare rapine e saccheggi dell’Abbazia. Risulta interessantissimo leggere come l’Universitas civium difende e sostiene le sue ragioni: solo pochi anni dopo, nel 1513, Cava otterrà l’episcopato autonomo. A questo fascicolo abbiamo fatto seguire quello immediatamente successivo in ordine cronologico, contenente le Delibere degli anni 1516-1517. Furono, questi, anni difficili, in cui la città si trovò a doversi difendere dal fenomeno del fuoruscitismo (frequenti sono in questo periodo le impiccagioni, anche nella nostra città). Cava difende inoltre orgogliosamente le proprie franchigie, i tanti privilegi ottenuti nel passato, che avevano contribuito a renderla fiorente nei commerci.

Il Sindaco Raffaele Fiorillo

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Veduta del monastero della SS. Trinità (da D. CUCINIELLO - L. BIANCHI, Viaggio pittorico nel Regno delle Due Sicilie, Napoli, s. d.)

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PREMESSA

È attualmente in corso la regestazione sistematica dei registri delle Deliberazioni del XVI secolo custoditi nell’Archivio Storico Comunale di Cava de’ Tirreni: il più antico di essi è datato sett. 1504 - sett. 1506 ed è stato di recente pubblicato dal Comune stesso. Cucito ad esso c’è un dossier molto particolare, i cui fogli sono stati numerati in epoca posteriore, da n. 145 a 180, in unica serie con il registro precedente, pur avendo anche un formato diverso. Dal f. 180 al f. 197v. sono diligentemente annotati mandati di pagamento, ricevute delle entrate delle gabelle ed altre note contabili. In testa al f. 145 si legge « Quinternus fattus et compilatus per me notarium Franciscum de Troysio1 de civitate Cave cancellarium pro presente anno undecime indictionis civitatis preditte; in quo continentur omnia et expense sequute super expulsione abbatis et monacorum Sacri monasterii Trinitatis Cavensis. Die quinto mensis martii undecime indictionis 1508». La lettura di questo memoriale consente di approfondire un momento non secondario del lungo dissidio tra la “borghesia” cavese e l’Abbazia della SS. Trinità e fa rimpiangere che non siano pervenute anche le Deliberazioni immediatamente precedenti. Nel 1508 culminò, infatti, con l’espulsione dei benedettini, una situazione di estrema tensione, dovuta al fatto che la città di Cava mirava ormai ad ottenere il già promesso episcopato autonomo dall’Abbazia, il che si intrecciava con la difesa di una serie di diritti, immunità e privilegi. Già nel 1503 i Cavesi erano insorti ottenendo una vittoria abbastanza significativa sull’abate Giustino de Argenta; il suo successore, l’abate Michele di Tarsia, contestò la validità delle concessioni fatte all’università, considerandole estorte ai suoi predecessori. Fra i Cavesi dilagava il malcontento: «Les têtes s’échauffèrent encore à propos de futiles questions de pâturages et de foréts», afferma il Guillaume2. Tali questioni furono motivo di varie liti che videro impegnati i contendenti per anni in cause presso il Sacro Regio Consiglio con il cosiddetto “processo delle montagne”, di cui tratta diffusamente il Notargiacomo3. Anche nel primo fascio di Deliberazioni ricorre frequentemente il tema del dissidio. Nel 1508 si ripetette l’atto di violenza contro la Badia. Il primo elemento che fa discutere è la data. E ben noto che la storiografia di parte benedettina e quella, per dir così, di parte laica, di solito non vanno d’accordo. In questo caso non ci si trova d’accordo neppure sull’anno. La storiografia locale, infatti, basandosi evidentemente sulle cronache benedettine, posteriori al fatto narrato, colloca questo episodio nel 1507, tranne il Notargiacomo, che scrive nel 1831. Il Guillaume, nel 1877, annota che il Notargiacomo “pretende” che questo avvenimento accadde nel 1508. All’Abignente stesso, scrittore attento alla documentazione 1 I protocolli del notaio Francesco Troisi, datati tra il 1515 e il 1541, sono conservati presso F Archivio di Stato di Salerno. Cf. Guida storica dell’ Archivio di Stato di Salerno, a cura di L. Cassese, Salerno 1957, p. 216. Francesco Troisi fu sindaco tra il sett. 1518 e il sett. 1519 : cf. Dall'Archivio Storico Comunale. La città de la Cava e i suoi sindaci. Secc. XV-XX, a cura di R. Taglé, Cava de’ Tirreni 1996, p. 43. 2 P. Guillaume, Essai historique sur l’abbaye de Cava, Cava dei Tirreni 1877, p. 288. Su tutto l’episodio, cf. pp. 286-290. 3 P. DI NOTARGIACOMO, Memorie istoriche e politiche sulla città della Cava dal suo nascere sino alla fine del secolo XVI, Napoli 1831 ( rist. facs. Cava dei Tirreni 1981), pp. 59 ss.

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esistente e che pure conosceva bene l’Archivio Comunale (ne fanno fede i tanti documenti da lui trascritti), questo fascicolo era sfuggito. Pur citando le cronache precedenti, gli si affaccia però una perplessità: «Il 1 luglio 1507, secondo l’abate Rodulfo, fu tolto l’anatema coll’obbligo ne’ Cavesi di portare alla Badia, in ogni giorno delle Ceneri di ciascun anno, un cereo espiatorio; ma io trovo lettera di Giulio II, fatta pubblica nel 1 luglio 1508, dal Preposito di S. Maria a Mare di Maiori, Guido Bonaventura, inviato commissario apostolico, per assolvere i Cavesi colpiti dalla scomunica». E in nota si legge « Documento originale conservato dall’egregio paleografo prof. G. Senatore di Cava - Vedi doc. in appendice», ma purtroppo, forse per un errore di impaginazione, il documento non è poi riportato4. Forse a sviare l’Abignente fu anche il diploma di Ferdinando il Cattolico del 30 maggio 1507, che riconfermava alla Badia tutti i suoi diritti e che avrebbe avuto una valenza particolare se fosse stato emanato nel bel mezzo dei disordini. Ma lo stesso Ferdinando il Cattolico ebbe nei confronti di Cava una politica contraddittoria. Di certo l’unico storico locale ad aver letto, ed anche con attenzione, il documento ora in esame è il Notargiacomo, che ne ha anche trascritto alcuni brani. Scrittore da molti considerato aneddotico ed approssimativo, si dimostra in questo caso storico curioso e attento; pur dando all’episodio un rilievo, anche eccessivo, che non si riscontra nelle altre storie locali, coglie il clima di agitazione e di disagio che si era creato in quei mesi ed anche l’affanno, la cura, la preoccupazione che attanagliava coloro che reggevano la cosa pubblica5. Ancora, è da notare che secondo la storiografia benedettina il 6 marzo, giorno dell’espulsione dei monaci dall’ Abbazia, era un Mercoledì delle Ceneri, giorno di pentimento e di espiazione per i cristiani. Ciò aumenta il senso di sacrilegio che accompagna la violazione di un luogo sacro, in ogni epoca e di qualsiasi religione. Il giorno delle Ceneri nel 1508 cadde l’8 marzo (quindi in una data prossima a quella dell’invasione dell’Abbazia). Nel 1507 il giorno delle Ceneri fu il 17 febbraio6. Ma veniamo ai fatti, attenendoci alla versione del notaio Troise. Il 5 marzo 1508 una rappresentanza dell’università si reca dall’Abate per sollecitare la bolla apostolica indispensabile per avere l’episcopato e per la conferma dei capituli, liberta, ymmunita, exemptioni et usi di cui la città godeva al tempo della felice memoria de casa de Ragona; ne ottengono solo un appuntamento per il giorno seguente. Vengono incaricati dall’università per andare a tale incontro con ampia potestà di trattare sui temi suddetti sei eletti : Geronimo Casaburi, forse da identificare con l’omonimo personaggio che assieme a Francesco Casaburi nel 1487 contattava un artigiano genovese maestro nell’arte di torcere la seta per «fare drappi come si costuma a Florentia, ed in altre parti d’Italia»7; il giudice Michele d’Anna, i notai Giovan Filippo de Parisi 8 e Silvestro de Alferi9, i mastri Santillo

4 G. ABIGNANTE, Gli statuti inediti di Cava dei Tirreni, voi. I, Roma 1886, p. 139 s. 5 A. BALDI, nella sua introduzione alla ristampa sopra citata dell’opera del Notargiacomo, fa notare: «Il racconto dell’assalto alla Badia preceduto dal bando giustificatore e delle successive azioni diplomatiche messe in atto dal Parlamento cavese presso la Corte è un piccolo capolavoro che si legge con vivo gusto, come si ammira un’antica stampa o un affresco popolare», pur mettendo nel contempo in evidenza l’atteggiamento anti monastico e oltranzista dell’Autore, che «indubbiamente nuoce alla serena valutazione dei fatti». 6 A. CAPPELLI, Cronologia, cronografia e calendario perpetuo dal principio dell’era cristiana ai nostri giorni, 4. ed., Milano 1977. 7 G. FILANGIERI, Documenti per la storia le arti e le industrie delle provincia napoletane, Indice degli artefici delle arti maggiori e minori, Napoli 1891, voi. V, p. 16; A.M. ATTANASIO, La più antica delibera comunale, in Appunti per la storia di Cava, a cura di A. Leone, n. 1, Cava dei Tirreni 1983, p. 46 e p. 48. 8 II FILANGIERI, op. cit., cita atti del notaio Giov. Filippo Parise dal 1499. 9 Su Silvestro de Alferi, sindaco nel 1504, cf. Dall’Archivio Storico Comunale. La città de la Cava e i suoi sindaci.., cit., p. 40.

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della Monica10 e Francesco de Falco11. I primi quattro avranno una parte di primo piano nella gestione degli eventi successivi. Nel pomeriggio (hoge po de mangiare) si terrà università piena supra ditta referenda. Ma gli avvenimenti precipitano: rincontro non va come previsto, il monastero subisce l’invasione e l’espulsione dei monaci. Non c’è nel documento la narrazione dell’episodio, ma troviamo subito un bando emesso direttamente nel cortile antistante al monastero, con il divieto di toccare ne pigliare cosa alcuna all’interno dell’Abbazia stessa. Vi viene ribadito che quanto si è fatto non ha il fine di arrecare ingiuria o violenza ai monaci, ma quello di ottenere quanto promesso e che, inoltre, si intende fare inventario di quanto si trova all’interno12. Immediatamente riunitasi l’Università, vengono infatti incaricati dodici cittadini per redigere tale inventario. Il giorno seguente, 7 marzo, l’Università ratifica, conferma ed accetta quanto eseguito, si insiste anzi sulla responsabilità collettiva. Vengono nominati diciotto eletti per defendere, favorire et adiutore tale expulsione, mandare loro incaricati a Napoli o a Roma, spendere deli denari dela università, imporre gabelle e fare donativi. Tre eminenti cittadini13 vengono inoltre incaricati di stare nocte et di in dicto monasterio ad guardare le robbe stanno in dicto sancto loco, et che possano elegere uno homino per uno per conservatori delle robbe preditte. Ma la difesa della Badia non si limitò a questo. Il 29 marzo fu pagato Jo. Jovene ditto lo Zingaro capodeici de compagni dicissepte stettero in guardia delo sacro monasterio quando foro expulsi li monaci ducati quattordici tari tre et grana sei [...] quali compagni nce vanno da circha jorni deici. Intanto sembra che si vada delineando in città una linea di opposizione, alla quale non si dovette lasciare spazio d’azione, tacitandola e chiarendo, senza mezzi termini, che eventuali oppositori dovessero essere ammazati et scortecati corno fo scortecato Sancto Bartholomeo14 Ma l’opposizione ci fu, se in data 1 aprile troviamo la proposta di fare uno libello universaliter de iniuria contro un giovane, il garzone di Pietro Antonio de Simone, che aveva ardito parlare contro l’espulsione dei monaci (anteso have havuto audacia de dire che tutti quelli erano andati contra li monaci erano traitore) e se Cava dovette essere sorvegliata da venticinque uomini in guardia delo burgo et dela terra quando foro expulsi li monaci del sacro monasterio15. 10 FILANGIERI, cit., VI, p. 188. Fabbricatore, eseguì dei lavori per conto della Regia Corte di Napoli. 11 FILANGIERI, cit., V, p. 185. Da un documento del 1532 risulta maestro nell’arte del fabbricare . 12 Sembra contraddittorio che le stesse persone che danno un così grande esempio di civiltà possano essere entrate armate nel monastero per scacciarne l’Abate e i monaci «non senza villanie e maltrattamenti», come afferma lo stesso Notargiacomo, pur non essendo incline a simpatie per la Badia. Forse risente dell’influenza del Venieri che nelle Additiones Dictionarii, voi. II, parla di «manu armata» e presenta i monaci come «agnos mitissimos». Il comportamento dei Cavesi va sottolineato soprattutto per il diverso destino toccato in quell’epoca ad altre abbazie. Quella di Montecassino, ad esempio, nel 1521 fu saccheggiata per tre giorni ed alcuni monaci furono addirittura uccisi (cf. T. LECCISOTTI, Montecassino. La vita, l’irradiazione, 3. ed., Badia di Montecassino 1956, p. 80). 13 Si tratta di Domenico Casaburi, Floravante Troysi e Zopto Jovene, già da anni impegnati nella gestione dell’università. Figurano infatti nel primo registro di delibere. Sull’attività del mercante Fioravante Troisi cf. A. LEONE, Cava e la seta calabrese, in Profili economici della Campania aragonese, Napoli 1983, pp. 67 ss., nonché G. FILANGIERI, cit., VI, p. 70. Con altri è indicato fra i capi della rivolta nel manoscritto di S. De BLASI, Extractum ex lib. II Additionum Dictionarii Monasteri Cav. Augusti™ Venerei, f. 904. Il brano relativo all’invasione dell’Abbazia benedettina è pubblicato dal GUILLAME, cit., in appendice, a p. XCI. Su Zopto Jovene cf. FILANGIERI, cit., V, p. 22 e p. 37 (indicato come Zopilo o Zopito, commissiona opere di fabbrica, alcune nel Borgo Grande per uso di magazzini con portici). 14 7 marzo. In data 27 marzo si parla di sosuri et besbiglio dati per alcuni seguaci del sacro monasterio per ordine delo abbate. 15 Furono pagati dieci ducati (27 marzo). Anche quando la questione fu risolta, rimase una certa tensione. A titolo di curiosità, ricordiamo che S. DE BLASI, cit., accusava i Cavesi di continuare a «molestare dictum Monasterium Monachos iniuriando et praecipue Reverendum Dominum Abbatem Chrisostomum de Alexandro de Neapoli».

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I diciotto eletti, dunque, avevano ampia potestà per difendere l’operato dell’ Universitas, con l’unico divieto di fare et concludere accordio alcuno ad fare retornare et venire dicti abate et monaci [ ... ] anze che mai per nullo futuro tempo nce habiano da venire più. Fra essi figurano i già nominati Michele d’Anna e Geronimo Casaburi16, Luca Goliardo17, ben tre esponenti della famiglia Longo, rappresentata da Altobello, Diomede 18 e Silvestro, Modesto de Curtis19, giudice di Vicaria, cinque notai (oltre a Silvestro de Alferi ed a Giovan Filippo de Parisi, Vincenzo Salsano20, Andrea Casaburi e Carlo de Iuliis, che era anche luogotenente del Regio Capitaneo e autore del bando contro il saccheggio della Badia) e ancora Pierluigi Quaranta21, Leone dela Moneca22, Giovanni de Mauro23, Antonio de Lamberto, Simonetto de Vitale, Berardino de Adinulfo24, la migliore borghesia di artigiani e professionisti, che iniziano lo stesso giorno della loro investitura una frenetica attività. Tra il 5 marzo e il 5 agosto, nel corso di cinque mesi, solo su questa questione si tengono 63 sedute, di cui 11 dell’università. A partire dal 19 marzo si riuniranno quasi sempre solo gli eletti con il sindaco universale, il notaio Giuliano Pappalardo, di Cetara. A parte la riunione “straordinaria” tenutasi nel cortile antistante alla Badia per tutelare i beni del monastero dal saccheggio, tutte le altre assemblee si tengono al Borgo Scacciaventi: le prime sette, dell’università, presso l’osteria di Sciavo de Luciano, le successive quattro dell’università in S. Giacomo. Gli eletti si radunano solo una volta nell’osteria di Sciavo de Luciano, preferendo invece riunirsi nella chiesa di S. Giacomo o presso la curia di notai, come i fratelli Marco e Matteo de Troysio, o Carlo de tulio (dove si terranno le ultime riunioni) o presso il domicilio di Ferdinando Quaranta25, due volte soltanto presso la chiesa di S. Maria del Gesù26 e una, il primo luglio, in hostaria et proprie in sala magn.ci domini Viti Pisanelli. Per prima cosa, i diciotto eletti, oltre a preoccuparsi di salvaguardare l’integrità delle robbe del monastero, disposero che dieci preti andassero ad abitarvi ed a governare le cose ecclesiastiche et celebrare altri officii divini. 16 Per il peso avuto in tutta la questione, Geronimo Casaburi, secondo il De Blasi, sarebbe stato poi duramente colpito dalla giustizia divina («qui paulo post migravit a mundo»). 17 Gagliardi. Cf. il primo registro delle Deliberazioni. Sulla famiglia Gagliardi cf. R. PILONE, Notizie cavesi nei «Notamenti dei notai napoletani» (secc. XV-XVI), in Appunti per la storia di Cava, curati da A. Leone, n. 2, Cava dei Tirreni 1986, p. 52. 18 nominato dal FILANGIERI per aver fatto costruire un acquedotto per portare acqua nella sua proprietà ( V, p. 378). Sulla famiglia Longo cf. S. MILANO, Le tradizioni guerriere e religiose di Cava rievocate nella festa di Castello, Cava de’ Tirreni 1988, pp. 50-52. Diomede era fratello di Teseo, indicato dal De Blasi fra i capi della rivolta. È da notare, però, che nel memoriale Teseo è nominato solo una volta, nella deliberazione del 15 aprile, in cui intervenne eccezionalmente fra gli eletti: egli non era, infatti, uno dei diciotto eletti, come non risulta fra essi Giovan Battista Longo, pure corresponsabilizzato dal De Blasi fra i «duces et fautores sceleris». 19 A. POLVERINO, Descrizione istorica della città fedelissima della Cava, Napoli 1716 (rist. facs. Bologna 1981), parte I, p. 4. 20 Cf. Dall’Archivio Storico Comunale. La città de la Cava e i suoi sindaci... , pp. 41-42. 21 Pierluigi e Colantonio Quaranta, che l’Università manderà successivamente a chiamare, erano figli di Bernuccio Quaranta e Polita Guardata, «sorella di quel famoso letterato Masuccio»: A. G enoino, Vicende medioevali del Mezzogiorno da un discorso araldico del secolo XVI , un lavoro del 1931 ripubblicato in A. Genoino, Scritti di storia cavese, a cura di T. Avagliano, Cava dei Tirreni 1985, pp. 76-77. 22 Cf. il primo registro di Deliberazioni. 23 Può essere interessante ricordare che nel 1535, in occasione del passaggio per Cava dell’imperatore Carlo V, «prepararonsi cento letti per la Corte nobile di sua Maestà nel palaggio del magnifico Giovanni di Mauro, fatta pria communione con altre case d’intorno, situato, e posto nel fine del Borgo grande». (POLVERINO, cit., parte I, p. 18). 24 Architetto ed in tra prenditore (FILANGIERI, cit.. V, p. 4s). 25 A. GENOINO, Vicende medioevali..., cit., pp. 77-79. 26 Più nota come chiesa di S. Francesco. Sulla storia di questa chiesa, tanto radicata nel cuore della città da essere definita «la chiesa dell’università», cf. S. BUONDONNO, San Francesco al "Borgo Scacciaventi” in Cava de’ Tirreni nella storia, nell’arte, nella cultura, Cava de’ Tirreni 1993. Le due riunioni si tennero il 6 e il 26 maggio 1508 e, dai documenti finora studiati, sembrano essere le prime tenute in questa chiesa.

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Si diede anche inizio ad un interminabile viavai tra Cava e Napoli per interessare quante più persone possibile in favore della causa dei cittadini cavesi, prima fra tutti la regina Giovanna IV d’Aragona, la Triste Reyna vedova di Ferdinando II, a cui Cava era stata donata. Tra coloro che si impegnarono a favore dell’università, Paolino Jovene 27, Raymondo de Tesone28, Colantonio Quaranta, che risiedeva a Salerno e che venne invitato a Cava (se voglia dignare venire domani)29 ; egli sarà poi incaricato di andare anche a Roma per conto dell’università. Si dovette inoltre rispondere al commissario inviato dalla regina, imporre una gabella di tre grana per ciascun tomolo di grano, inviare donativi, spedire lettere e partecipare a colloqui con avvocati di Napoli. L’intenso trafficare con la capitale costò parecchio alla città, per le trasferte, chiamiamole così, di rappresentanti dell’università e di corrieri30. Altobello Longo, Perro Loisi Quaranta, Jacobo Mangrella e Vincenzo Salsano ebbero il compito di andare a Napoli a perorare la causa della città presso la regina e il duca di Ferrandina. Venne inviato a Napoli anche un sacerdote, don Luca Cafaro. Ancora in data 1 aprile l’Università è ferma nei suoi propositi: gli eletti sollecitano i sindici mandati in Napoli ad insistere presso la regina e il duca affinché lo abate et monaci del sacro monisterio nce vogliano observar tutti privilegi ymmunita liberta et exeptioni si antiqui corno novi fatti per loro et loro antipassati, et che non habiano da innovare cosa alcuna ne universale ne particulare. Si insiste sullo stesso tono il 5 aprile, volendo interessare le massime autorità alla vicenda e chiarendo che l’Università non era affatto interessata alle robbe del monastero, che no ha voluto ne vole, ma solo al rispetto dei privilegi e delle libertà e immunità già concessale in passato. Di ciò si intendeva presentare memoriale anche al Papa, con licenza della regina e del duca di Ferrandina. Sul documento, segue un’aggiunta della stessa mano, ma in carattere più piccolo: item che se mande uno homino apposta in Napoli ali eletti con lictera delle robbe ademandano li monaci. Si giunge così al 12 aprile. A partire dal 19 marzo le riunioni si erano limitate ai soli eletti, il 12 aprile è l’Università a riunirsi ad banni emissionem per burgum (ciò conferma ulteriormente la centralità per la vita amministrativa assunta dal Borgo) in quanto la regina ha imposto alla città, con lettera dell’ 11 aprile, una cauzione di 4.000 ducati a garanzia della sicurezza dei monaci31. L’Università era pertanto invitata a recarsi alla sua presenza, pena 1.000 ducati se non avesse ottemperato a quanto disposto: sarà il sindaco universale a doversi sobbarcare a questo compito, con Altobello Longo, Pirro Loise Quaranta e il notaio Giovan Filippo de Parise. C’è però una certa perplessità nel rispondere a questo nuovo problema: per il pagamento dei 4.000 ducati vengono impegnati gli introiti delle gabelle, ma c’è chi sostiene che, dal canto loro, i monaci dovevano essere obbligati al rispetto dei capitoli (non se ei possuto essere de accordio fra noi - si legge nel documento - per questo non se ha possuto concludere niente). Il 20 aprile l’Università si riunisce per discutere della scomunica trovata affissa sulla porta di alcune chiese della città (da una successiva riunione in data 25 aprile apprendiamo 27 In data 1 aprile ei stato concluso et ordinato per dicti subscripti eletti che lo sindico have pagare ad mastro Paulino Jovene carlini cinque per andare in Napoli per commandamento dela serenissima signora regina. Era un maestro muratore. Cf. FILANGIERI, cit., VI, p. 29 e Leone, Aspetti di un'economia: l’artigianato in Profili economi- ci ...» cit., p. 40. 28 POLVERINO, cit., parte II, p. 91. Raimondo Tesone, che risiedeva a Napoli, fin dall’inizio era stato coinvolto nella questione. 29 10 aprile. Riceverà 30 ducati per recarsi a Roma. 30 Fra le spese bisogna annoverare anche incidenti che nella Napoli di allora dovevano essere frequenti: ad un corriere fu infatti levata et arrobata alla retornata la berretta (26 aprile). 31 Alla lettera dà un diverso contesto l’ABIGNENTE, cit., p. 140.

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che essa era stata emanata contro 43 cittadini, mentre in data 27 giugno si parla di 42 persone). A questo punto sembra legittimo chiedersi se la scomunica non sia un seguito, una conseguenza di questo ritardo, di questo indurirsi della rappresentanza cittadina nel chiedere il rispetto di capitoli e privilegi, più che una risposta all’espulsione dei monaci, avvenuta un mese e mezzo prima. Immediatamente vengono inviati a Napoli, per consultarsi con la regina e con il duca di Ferrandina de che modo ne havimo de governare sopra al fatto dela excommunicatione, Antonio de Lamberto e Bartolo Casaburi. Inoltre i dieci preti che erano stati incaricati dall’università di sorvegliare il monastero ed officiarvi il culto ricevono dal commissario del Papa l’ordine di recarsi a Roma, entro quindici giorni. A don Luca Cafaro, che era uno dei dieci, viene affidato il compito di andare presso il commissario del Papa, a Napoli, se potesse ovviare de tale facendo. E interessante la riunione degli eletti del 22 aprile. Abbiamo visto quanto scrupolo abbiano dimostrato i responsabili della cosa pubblica per non arrecare danni al monastero, per non consentirvi azioni di saccheggio e di rapina. Qualcuno però doveva essere riuscito ad eludere i loro sforzi se gli eletti danno a cinque cittadini, di cui tre scelti fra gli eletti stessi, questo incarico: quanto più presto se porrà se fatano restituire le robbe alo abate et monaci del sacro monasterio, quale foro levate da alcuni citatini da ditto loco, in tempo dela expulsione fatta li jorni passati. Ciò in seguito ad un decreto che obbligava alla restituzione del maltolto (troviamo infatti una autorizzazione al pagamento per ottenere copia di tale decreto). Il 24 aprile, solo due giorni dopo la riunione sulle robbe asportate dall’Abbazia, gli eletti possono mandare un loro incaricato a Napoli per riportare la refurtiva ritrovata e pagare le cose ormai disperse, in base ad una lista fornita dai monaci. L’incaricato di Cava, Nicoloso de Anna32, sarà accompagnato da uno homino cola bestia per portare le sopraditte robbe in la città de Napoli al Regio Consiglio e porterà anche una lettera alla regina e al duca di Ferrandina sulla portatione de ditte robbe. Si infittisce l’andirivieni e il darsi da fare per evitare al vescovo di Bovino, di famiglia cavese, il quale aveva appoggiato l’Università, di doversi presentare a Roma secondo l’ordine del commissario del Papa. Ci si dà anche da fare per vendere al più presto la gabella del molino delle tre grana per thumulo de grano et de farina. Il 28 aprile un altro avvenimento sconvolge gli amministratori della città, tanto che gli eletti si riuniscono in gran fretta de mane33 presso la curia del notaio Matteo Troise. Il cancelliere, per la prima volta, trascura il solito formulario di introduzione e lascia il latino per l’italiano. Cosa è successo? Alla porta della chiesa di S. Giacomo, chiesa dove di solito si tenevano le assemblee, viene trovata affissa una carta, si crede una ‘finta e falsa’ scomunica ai danni di alcuni cittadini. Gli eletti, che ne hanno pigliato grandemente dispiacere e dolore, intendono sporgere querela al Regio Capitaneo, cercare e punire i responsabili; intanto il sindaco stesso, accompagnato dagli eletti in numero di tredici, va a togliere questa carta infamante dalla porta della chiesa, alla presenza di nove sacerdoti, tutti nominati nel documento, e di altri cittadini. Nell’elenco degli eletti, in quest’occasione, per la prima volta i nomi di Modesto de Curte e di Michele de Anna sono preceduti dal titolo professionale, Judice, e non dal più generico e più usato Messere. A questa riunione ne seguono altre, a stretta distanza di tempo: di queste, le prime tre si tennero eccezionalmente presso il domicilio di Ferdinando Quaranta. Oggetto delle riunioni 32 «Tavolano ed agrimensore»: FILANGIERI, cit., V, p. 23; nominato fra i grassieri nel 1504: ATTANASIO, cit., p. 46, nonché il primo Registro delle Deliberazioni. 33 Le annotazioni sull’orario delle riunioni sono rarissime ed usate solo in casi particolari.

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era ottenere l’assoluzione dalla scomunica, a prezzo di qualsiasi sacrificio, e far sì che i preti e le altre persone commandate de andare in Roma [...] non ce debiano da andare. Antonio de Lamberto e don Luca Cafaro fanno di tutto per risolvere queste spinose questioni. Vengono inviate tele in dono finanche al cameriere del duca di Ferrandina. Ma, trovandosi a dover trattare per ottenere l’assoluzione dalla scomunica per la sola espulsione dei monaci, in data 6 maggio si propone pure di fare il tentativo di ottenere l’assoluzione da ogni peccato, possendose fare, anche con l’aggiunta di 25 ducati34. Viene inoltre inviata ad Antonio de Lamberto e a don Luca Cafaro la disposizione di potersi impegnare a pagare per detta assoluzione 300 ducati e che mai se habiano da pagare alcuni denari prima che non habiano havuto dicta absolutione e portata per li lochi dove sono state queste dicte scommoneche tanto ala Cava, quanto ali altre terre, citati et lochi. Il 15 maggio si stabilisce anche di pagare sette giovani che l'altra notte avevano sorvegliato il borgo e la chiesa di S. Francesco per suspitione dela agravatione dela scomoneca35. Ci si affanna a cercare personalità laiche ed ecclesiastiche che possano intercedere in favore dell’università, si cercano disperatamente fondi, ci si procura copie di documenti che possano servire a difendere le ragioni della città. Gran parte del merito nella risoluzione della questione la ebbe il preposito di Mai ori, Guido Bonaventura. Don Luca Cafaro fu incaricato dei contatti con lui ed anche di accompagnarlo a Roma ( con ipso [ ... ] subito cavalche et vada colo nomo de Dio verso Roma). Al preposito fu anche mandata copia autenticata dell’istrumento di satisfattine delle robbe che erano state sottratte al monastero e restituite o risarcite dall’università (2 giugno). A giugno, il 5, ancora si cerca l’intercessione di personalità napoletane, a cominciare dalla regina. Si intensificano i regali: pezze di tele alla moglie del R. Capitaneo della città di Cava, contando sul suo intervento presso la regina, una tela alla moglie del segretario della regina, un bacile d’argento a don Giovanni Castriota, duca di Ferrandina36. Finalmente, il 1 luglio, viene data l’assoluzione dalla scomunica. In segno di gratitudine, 1’8 luglio si stabilisce di donare ala mogliere di messer Raymondo de Tesone uno bestito de dobretto bello et soctile delo cardo de canne sei per li affanni et laburi affrontati dal marito in beneficio dell’università. Ancora il 18 luglio si decide di acquistare della tela sottile per duc. 105 per farne dono alla regina ed acquietarla circa la pena che ella voleva infliggere alla città. Questa quantità di tela, per cui bisognò acquistare carta e spago per l’imballo, fu inviata alla regina con i 300 ducati di multa che erano stati richiesti. Saranno Raimondo de Tesone, Altobello Longo, Perro Loisi Quaranta, Giovan Battista de Monica, Jacobo Mangrella e Simonetto de Vitale ad avere l’incarico di recarsi dalla regina per mettere assetto et perpetuo silentio sulla faccenda, con le tele ed il denaro (o vero de meno o de più, secondo se trovar anno le cose disposte). 34 Siamo in quel particolare clima religioso che doveva portare pochi anni dopo alle 95 tesi di Lutero e più tardi al Concilio di Trento. 35 Nel mandato di pagamento ne risultano, però, sei: Polidoro de Adinulfo, Benedetto Casaburi, Marcho Antonio dela Monica, Angiolillo Quaranta et Zobatta Tomeo de Mauro et Nicola Cafaro dela Cava per una nocte fecero la guardia alo burgo, ne forte li monaci del sacro monasterio havesso posta la agravatione dela scomonica (f. 194v.). 36 II bacile d’argento, acquistato presso Anello argentere napolitano, fu l’ultimo e più grosso donativo da lui ricevuto dai Cavesi: già a marzo aveva ricevuto tutta quella quantità di pisci grossi se trovaranno e, in più riprese, varie pezze di tela. Il fatto che il nome del duca sia associato nel documento a quello della regina comprova l’influenza da lui esercitata su Giovanna IV, del resto ben nota, ed il ruolo di intermediario da lui svolto a favore dell’università. È difficile, invece, considerarlo, come fa il DE BLASI, proprio uno dei «duces et fautores sceleris». Questo autore, inoltre, lo chiama erroneamente Ferdinando, forse confondendolo col figlio Ferrante, ed anche per lui aggiunge la sinistra espressione «qui non multo post mortuus fuit». In effetti il duca morì forse nel 1514, all’età di 64 anni all'incirca (F. PETRUCCI, voce Castriota Giovanni, in Dizionario biografico degli Italiani, v. XXII, Roma 1979). Anche il GUILLAUME incorre nello stesso errore circa il nome di battesimo e lo descrive addirittura tra i più animosi assalitori dell’ Abbazia (cit., p. 289).

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Negli ultimi atti, del 4 e 5 agosto, vengono determinate le spese per legare lo quaterno dela expulsione deli monaci e quelle sostenute per far pernottare a Cetara il preposito di Maiori e la sua compagnia, per le barche per ricondurlo a Maiori e per del pesce pescato appositamente per lui (per fare scendere le barche ala marina et per fare peschare per ipso).

Nel procedere nella trascrizione, si è cercato di rimanere fedeli all’originale, con l’intento di trasmettere al lettore il senso pieno di una lingua in trasformazione. Si sono lasciate quindi anche quelle forme grammaticalmente scorrette, intervenendo solo, talvolta, sull’uso della punteggiatura, delle maiuscole e degli accenti, per rendere più accessibile il testo, e sulla forma grafica j, che segue la i (maij, iunij), trascritta i (maii, iunii ecc.). Le parole illeggibili o di lettura incerta sono state evidenziate facendole seguire nella trascrizione da un punto interrogativo tra parentesi quadre. Tre puntini sospensivi tra parentesi quadre indicano invece che nel trascrivere un brano sono state volutamente omesse delle parole.

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1508 Memoriale del notaio Francesco Troisi



f 145) «Quinternus fattus et compilatus per me Notarium Franciscum de Troysio de Civitatis Cavae Cancellarium pro presente anno undecime indictionis civitatis preditte, in quo continentur omnia decreta et expense sequute super expulsione abbatis et monacorum sacri monasterii santissime Trinitatis Cavensis. Die V mensis martii undecima indictione 1508» Die V mensis martii 1508, Cave «Congregata universitate ad banni emissionem per loca solita et consueta civitatis Cave in cortilio hostularie Sclavii de Luciano sitae in borgo Scazaventulorum cum licentia locumtenentis Reginalis Capitanei dicte civitatis Cave», il notaio luliano Pappalardo, sindaco universale, espose molte cose, sulle quali si decise nel modo seguente. L’abate e i monaci del sacro monastero della SS. Trinità avevano promesso di far portare le bolle apostoliche autentiche e «omni tempore valiture» ed inoltre avevano promesso «de lassarenze stare et gaudere con quelli capitoli liberta ymonita exemptioni et usi, si corno era ditta cita et gaudeva al tempo della felice memoria de casa de Ragona»; successivamente però non si erano curati di mantenere le promesse, anzi «piu ne hanno mosse quistione et litigij» «petendo la anollatione de dicti capituli» e « semper fandonce stare in devesioni et discordie et anchora rixe». Si decide pertanto «pari voto et nemine discrepante» che «tutta la università de questa cita la maiore parte o quanti se siano debiano andare ad notificare alo Rev. patre abbate et monaci in lo detto sacro monasterio che omnino debiano andare o mandare ad optenere dicta bulla apostolica de dicto episcopato et confirmationi de dicti capituli de ditta università benegnamente cussi corno benegnamente foro ricevuti et osservare tutto quello che hanno ad dicta università promiso». Ogni spesa occorrente «per defensionem delle nostre rajoni et liberta dela patria debia andare universalemente». Die VI martii 1508, Cave Congregata l’università, con licenza del luogotenente del Reginale Capitano della città, nel cortile dell’osteria di Sciavo de Luciano ed esposte molte questioni dal sindaco universale, notaio Giuliano Pappalardo, «pari voto et nemine discrepante» si decide nel modo seguente. f 146) In primo luogo «messer Hieronimo Casaburi, messere Michele de Anna, notare Jo. Philippo de Parisi, notare Silvestro de Alferi, mastro Santillo dela Monica et mastro Francisco de Falcho» vengono incaricati di recarsi dall’abate e dai monaci «secondo lo parlamento et appontamento havuti hieri» con ogni potestà per ottenere dai monaci l’osservanza dei privilegi, delle immunità, delle esenzioni e dei capitoli concessi nei tempi passati dagli abati e dai «principi de casa de Ragona»; inoltre essi dovranno insistere affinché i monaci facciano giungere «la bolla delo episcopato et dignità episcopale de ditta cita secondo in dicti capituli se contene si antiqui corno novi». Si decide inoltre che «hoge po de mangiare se habia ad fare università piena supra ditta referenda da farese ut supra et de tucti altri besogni occorrenteno sopra ditta facenda».

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Si decide di dare un ducato «ad deici iuveni et homini de dicta cita, quale hanno fatto servitio et honore de dicta università». f 146 v) «Eodem die hanno ordinato per lo Egregio notare Carlo de luglio locumtenente delo Regio Capitaneo dela cita dela Cava die VI martii 1508. Banno et commandamento da parte de lo egregio notare Carlo de luglio luogotenente del s. Capitaneo Reginale de dicta cita dela Cava, che non sia persona alcuna de qualesevoglia stato grado et condetione se sia, ardische ne presuma toccare ne pigliare cosa ne robba alcuna deli boni et robbe se trovano dentro lo monasterio dela santa Trinità dela Cava. Acteso che quello se fa in la exporsione deli monaci de ditto loco, se fa primo per stato et servitio dela Reginale Maesta, et secondario per benefitio universale de ditta cita, et non per pigliare ne maculare cosa neiuna del ditto sacro monasterio deli monaci ne fare injuria ne violenza ad loro, et che non se fa ad altro effetto et fine, excepto per le cose preditte, et per essere observato ad ditta università quello li ei stato promiso per li abbati et monaci de ditto sacro monasterio et considerato anchora se vole fare inventario de dicte robbe se trovaranno in ditto sacro monasterio, et omne uno se guarde dela malaventura. Datum in sacro monasterio Cavensi in cortilio sistente ante dictum monasterium, VI martii 1508». Eodem die in loco preditto Congregata l’Università con le solite modalità, «in primis ei stato concluso et ordinato pari voto ut supra che messer Luca Gallardo, messer Silvestro Longo, messer Lutio de Marco, notare Jo. Philippo de Parisio, notare Carlo de Iulio, notare Andrea Casaburi, Floravante Troysi, Leone dela Monica, notare Silvestro de Alferi, messer Michele de Anna et messer Johan Marino Tipaldo habiano da intrar intro lo monasterio de la sancta Trinità dela cita dela Cava et far inventario per mano de publico notare de tutte et qualesevoglia robbe se trovaranno dentro detto sacro monasterio fedelmente et legalmente, et questo a zo le cose del ditto sacro monasterio non siano lese ne dennagiate, anze quelle preservate et benguardate». Die VII mensis martii 1508, Cave L’Università, congregata con le solite modalità, approva tutto ciò che era stato fatto il giorno precedente «circha la expolsione et alienatione deli monaci». Ogni spesa o danno per tale questione «universalmente habia da andare et paterese». «Item per ditta università et homini de epsa pari voto ut supra ei stato concluso ordinato et firmato che se habiano da eleger deci dopto homini de dicta cita secondo per lo presente acto, dicta università elege ordina fa et crea li subscripti homini et novi eletti, ali quali subscripti homini et eletti detta università have data et da omnimoda potestà et autorità de posserno defendere, favorire et adiutare tale expulsione et atto fatto contro li monaci del sacro monasterio quocumque ubicumque et qualitercumque; et che possano et vogliano andare in Napoli o vero mandare et creare sindici» per difendere e mantenere l’espulsione, «et ancora de mandare ad Roma alo R.mo cardinale, spendere deli denari dela università et fare qualesevoglia altra natura de cosa per la manutentione dela causa predetta» ed infine imporre gabelle, fare donativi e pagamenti «et exequire tanto particulare quanto generale provisione, corno meglior parerà ad ditti eletti et la maiore parte de ipsi; et anchora che possano jongere et manchare ad eorum libitum voluntatis; et che si alcuni de ipsi subscripti eletti altri citatini et habitanti in epsa cita de la Cava in toto vel in parte fossero contrarii et adversarii al stato et servitio dela Reginale Maiesta et al bene commone et liberta dela patria che detti tali

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siano et debiano essere ammazati et scortecati corno fo scortecato Sancto Bartholomeo; et che detti eletti non possano ne vogliano fare et concludere accordio alcuno ad fare retornare et venire dicti abbate et monaci de ditto sacro monasterio; anze che mai per nullo futuro tempo nce habiano da venire più; et che la maiore parte de ditti subscripti eletti possano concludere ordinare et fare lo servitio et ben vivere et liberta dela patria». f 148) I nomi degli eletti sono: «messer Luca Gallardo, messer Silvestro Longo, messer Diomedes Longo, messer Altobello Longo, messere Michele de Anna, messere Modesto de Curtis, messer Hieronimo Casaburi, notare Carlo de luglio, notare Jo. Philippo de Parisi, notare Silvestro de Al feri, messer Perri Loysi Quaranta, notare Andrea Casaburi, Leone dela Moneca, Johanni de Mauro, notare Vicenczo Salsano, Simonetto de Vitali, Berardino de Adinulfo, Antonio de Lamberto». Eodem die «Congregatis supra dittis elettis intus venerabilem ecclesiam Santi Jacobi burgi Scazaventulorum coram quibus per egregium notarium Iulianum Pappalardum sindicum universalem civitatis Cave extiterunt multa proposita, super quibus fuit pari voto et nemine discrepante subscripto modo conclusum et ordinatum» . «In primis ei stato concluso et ordinato» « che andeno et vadano al sacro monasterio dela santa Trinità dela Cava Domenico Casaburi, Floravante Troysi et Zopto Iovene dela Cava quali habiano da stare nocte et di in dicto monasterio ad guardare le robbe stanno in dicto sancto loco, et che se possano elegere uno homino per uno per conservatori delle robbe preditte; et che debiano fare inventario et quatemo tanto de quello pigliaranno per loro vitto et substentamento quanto de altre introiti pervenesso in loro mano de di per di ». Dieci preti, inoltre, vengono incaricati di andare al monastero «dove habiano ad habitare stare et governare le cose ecclesiastiche» e celebrare gli offici divini. Si decide di mandare «uno homino apposta con lictere in Napoli» a messer Raymondo de Tesone dela Cava, e di dare al messo 4 carlini. f 149) Si decide di fare «littere de credencza dela expulsione fatta contra li dicti monaci ala s. Regina nostra signora, alo s. ducha dela Ferrandina, ad messer Vito Pisanello, ad messer Perri Pisanello, al messer Michele de Aflitto, in persona de messer Diomedes Longo, messer Altobello Longo, messer Raymondo de Tesone et notare Vicenczo Salsano dela Cava». Die Vili mensis martii 1508, Cave L’Università, congregata, con il sindaco, nel cortile dell’osteria di Sciavo de Luciano, con licenza del luogotenente del Capitano, decide di rispondere al commissario mandato dalla regina sull’espulsione dei monaci «che tutti homini de questa cita sono per donare et dare ad ditto S. commisso tutta quella hobedientia honore et reverentia corno meritamente spetta et pertene ad boni vaxalli et schiavi de ditta regale Maiesta et che se obedischa ad tutti soi mandati et ordinationi»; decide di mandare suoi rappresentanti dalla regina, aggiungendo che « besognando tutta questa Università andare in Napoli ad detta Reg. Maiesta ei parata andareze et stare al stato et servitio de soa Maiesta, et che ditto S. commisso volendo processare sopra de zo se deve ogni hobediencza». Die IX martii 1508, Cave Riunitisi gli eletti (Silvestro Longo, Perro Loysi Quaranta, Michele de Anna, Luca

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Gallardo, Carlo de luglio, Jo. Philippo de Parisi, Andrea Casaburi, Leone dela Monica, Johanne de Mauro, Berardino de Adinulfo, Simonetto de Vitale, Modesto de Curte, Silvestro de Alferi. Hieronimo Casaburi, Antonio de Lamberto) «intus domicilium Sciavi de Luciano sito in burgo Scazaventulorum», con il sindaco universale not. Giuliano Pappalardo, decidono di imporre una gabella «de tre grana per ciaschuno thomolo de grani et victoagli ale moline dela cita dela Cava» « et che ditta gabella se recoglia per Fabritio dela Corte o per altro da fin che se vende». Die XV martii 1508, Cave L’Università, riunitasi, con il sindaco, «in cortilio domicilii Sciavi de Luciano», sentita la proposta fatta da Diomedes Longo, Notar Silvestro de Alferi, mastro Santillo dela Monica e mastro Bernardo Jenoese sindici «venuti dala cita de Napoli per ordinationi dela Reginale Maiesta nostra et ill.mo ducha dela Ferrandina», ribadisce la volontà di obbedire ai voleri della regina. Die XIX mensis martii 1508, Cave f 150 v) L’Università, riunitasi, con il sindaco, «in cortilio domicilii Sciavi de Luciano», decide che «tutti quelli eletti novi foro creati circha lo governo dela causa fra la ditta Università et li monaci del sacro monasterio de ditta cita, ciò ej Messer Luca Gallardo, Messer Silvestro Longo, Messer Diomedes Longo, Messer Altobello Longo, Messer Michele de Anna, Messer Modesto de Curte, Messer Hieronimo Casaburi, notare Carlo de luglio, notare Jo. Philippo de Parisi, notare Silvestro de Alferi, Messer Perro Loysi Quaranta, notare Andrea Casaburi, Leone dela Monica, Iohanne de Mauro, notare Vicenczo Salsano, Simonetto de Vitale, Berardino de Adinulfo et Antonio de Lamberto o la maiore parte de ipsi siano confirmati» «et che possano sopra ciò fare ordinare imponere gabelle et spendere secondo megliore ad loro parerà et piacerà cussi corno fosse tutta la università». Decide inoltre di riscuotere la gabella «noviter imposta alle moline» «da quello dì fo promulgata». Gli eletti «ut supra ordinati et confirmati» possono imporre pagamenti, spendere e donare «per lo besogno preditto corno megliore ad loro et ala maiore parte de ipsi parerà et piacera»; l’Università ratifica ed accetta fin d’ora il loro operato. Altobello Longo, Pirro Loysi Quaranta, Jacobo Mangrella e il notaio Vicenczo Salsano vengono incaricati di andare dalla regina e dal duca di Ferrandina per trattare un accordo, tramite l’intervento della regina e del duca, con l’abate e i monaci. Essi non potranno però concludere l’accordo senza prima consultarsi con gli eletti «ut supra ordinati». Quanto «al fatto deli pagamenti fischali se deveno ala Reginale Corte, quali manchano alo terzo de Natale proximo passato dicta università lo remette ali eletti ordinari». L’Università rimette agli eletti ordinari anche il pagamento di quattro eminenti cittadini, «quali sono stati ordinati che habiano da andare coli regii commissarii per loro ordinationi ala prenotatione deli fochi, quali voleno essere pagati deli loro affanni». Eodem die Gli eletti (in numero di 15), riunitisi, con il sindaco universale, nella chiesa di S. Giacomo, hanno stabilito quanto segue. f 151 v) Il sindaco deve donare ducati 15 «de oro in oro» ad Antonino Vitaya «auditore et

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commesso dela regale Maestà nostra Signora sopra ala expulsione fatta per ditta università, contra deli monaci del sacro monasterio dela Santa Trinità dela cita preditta». Si delibera il pagamento di grana 12 per tre ferri della mula del «prefato signor commesso». Si deve bandire e vendere la nuova gabella di tre grana per ciascun tomolo di grano e farina; il compratore dovrà pagare la rata che gli toccherà del prezzo della gabella mese per mese; fino a che non sarà venduta, la gabella sarà esatta da «Frabitio dela Corte». Vengono incaricati di eseguire tali disposizioni Michele de Anna, il notaio Silvestro de Alferi e Simonetto de Vitale. Si devono pagare «tutte bestie et cavalchature tanto quelle che hanno portato li eletti et commandati inla cita de Napoli, tanto quelle so state locate et condutte in la cita dela Cava, per altri besogni occorsi in dicta cita, ciò ej quelle bestie sono state allogate et non quello sono state imprestate et havuti da loro». Tutte le spese fatte e da farsi per via dell’espulsione dei monaci dovranno essere viste da Hieronimo Casaburi, Leone dela Monica, Notare Iohan Philippo de Parisi e Berardino de Adinulfo; il sindaco dovrà provvedere al pagamento «di tutta quella quantità de denari che per loro serra ordinato commisso et significato». Gli eletti della città «commandati» in Napoli avevano provveduto a donare al commissario della regina Antonino Vitaya delle tele, prese da Galione de Amiano; il sindaco deve provvedere al pagamento. Die XXIV mensis martii 1508, Cave Riunitisi gli eletti e il sindaco nella chiesa di S. Giacomo, gli eletti stabiliscono che dopno Luca Cafaro di Cava debba andare a Napoli «et essere coli magnifici» Altobello Longo, Perro Loysi Quaranta, Jacobo Mangrella e not. Vicenczo Salsano; le scritture in favore dell’università non dovranno essere mostrate per il momento, ma dovrà «declarare le cose sape in favore de questa università». Die XXV martii 1508, Cave Gli eletti, riunitisi, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo, decidono quanto segue. Il sindaco «habia ad pigliare tutta quella quantità de pisci grossi se trovaranno, et quilli mandare ad donare da parte de questa università alo ill.mo signor ducha dela Ferrandina». Gli incaricati della città che sono a Napoli, Altobello Longo, Pirro Loysi Quaranta e il not. Vincenzo Salsano, devono fare «qualche demostratione» ad Antonino Phiodo, segretario della regina. A tale scopo, devono comprare una tela «inla dohana de Napoli» del valore di circa dieci ducati, a spese dell’università. Die XXVII martii 1508, Cave «Ei stato concluso et ordinato per li subscripti eletti che se habia ad mandare uno homino apposta in Napoli et fare resposta per littere ali sindici cioè messer Altobello Longo, messer Pirro Loysi Quaranta et notare Viceczo Salsano dele littere per lor mandate et far loro intendere li sosuri et besbiglio dati per alcuni seguaci del sacro monisterio per ordine delo abbate de ditto monisterio aczo se habia da provedere per lo ill.mo signor ducha dela Ferrandina sopradecto».

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Die XXVII martii 1508, Cave Gli eletti, riunitisi con il sindaco nella chiesa di S. Giacomo, decidono in primo luogo «che se habiano da dare ad quelli vinticinque homini dela cita dela Cava secondo la lista quali stettero in guardia delo burgo et dela terra quando foro expulsi li monaci del sacro monisterio ducati deici correnti computate le spese loro foro fatte per li tabemari de questa cita et quelli denari hanno causa et cunto per le mani de mastro Francesco de Falco et Johanne dela Monica dela Cava». Dispongono inoltre che il sindaco debba mandare ad Altobello Longo, Perro Loysi Quaranta, Jacobo Mangrella e Vincenzo Salsano «sindici mandati in la cita de Napoli ala signora Regina et ill.mo signor ducha dela Ferrandina» ducati sei correnti. Die penultimo martii 1508, Cave Gli eletti, riunitisi con il sindaco nella curia del notaio Matteo Troisi al borgo Scacciaventi, decidono in primo luogo che il sindaco debba dare ai «vintecinque compagni et capi [...] quali sono stati ad guardare lo burgo per non nce essere stato officiale per evitare li scandali havesso possuto anhaschare» 22 ducati e due tarì, «computati tari vinti sette haveno havuti li ditti compagni da piu hostolani de ditta cita». Avendone già avuta una parte i loro capi, essi dovranno avere la somma residua, che ammonta a 17 ducati, «quali mostrano di haver spisi per ditti compagni vinte cinque per loro vitto». Decidono inoltre che si scriva una lettera alla regina «in commendatione deli preiti stettero in lo sacro monisterio in guardia de quello, volendonola». Gli eletti «novamente ordinati» avevano preso delle tele in Napoli per un valore di 42 ducati, 3 tari e 9 grana e mezzo da Berardo Errico, ed altre due pezze di tela da Francesco di Giffoni per il prezzo di 17 ducati e 2 tari, «quale foro tutte tele soptile et costaro tutte ducati sexanta et grana nove et mezo»; queste tele erano tutte da donare «per benefitio universale» (quattro di esse erano per il duca di Ferrandina). Alcuni cittadini si erano impegnati a proprio nome per il pagamento entro il giorno 11 di aprile: gli eletti dispongono quindi che il sindaco provveda al pagamento entro tale termine. f 155) Ad istanza «deli novi eletti», decidono di fare «littere de credenza» « in persona de notare Vicenzo Salsano, ad messer Altobello Longo, messer Pirro Loysi Quaranta et messer Jacobo Mangrella, sindici mandati in Napoli». Decidono infine di dare a dopno Luca Cafaro, che deve andare a Napoli «per benefitio universale», 6 tari. Die primo aprilis 1508, Cave Gli eletti, riunitisi, con il sindaco, nella chiesa di S, Giacomo, decidono di scrivere ai «sindici de questa cita mandati in Napoli» di insistere e supplicare la regina e il duca di Ferrandina affinché «vogliano operare che lo abbate et monaci del sacro monisterio nce vogliano observar tutti privilegii ymmonita liberta et exeptioni si antiqui corno novi fatti per loro et loro antipassati, et che non habiano da innovare cosa alcuna ne universale ne particulare et che ogni sententia rescripto bolla et qualesevoglia innovatione havessero fatta et obtenuta per lo tempo passato sia nulla inecta cassa et cancellata». Il sindaco deve pagare carlini 5 a mastro Paulino Jovene «per andare in Napoli per commandamento dela serenissima signora Regina».

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Il sindaco deve anche dare 4 ducati «de carlini de argento» al Capitaneo della città, per via dei 25 «juveni portaro le arme per la guardia delo burgo et dela terra, in tempo dela expulsione deli monaci del sacro monisterio». «Item ej stato concluso et ordinato per ditti subscripti eletti che se habia da fare uno libello universaliter de iniuria contra lo garzone de Petri Antonio de Simone anteso have havuto audacia de dire che tutti quelli erano andati contra li monaci erano traitore». Die V aprilis 1508 Gli eletti, riunitisi con il sindaco nella chiesa di S. Giacomo, decidono in primo luogo di mandare Simonetto de Vitale a Napoli da Altobello Longo, Peno Loysi Quaranta e Jacobo Mangrella, per portare «lictere o memoriale» alla regina e al duca di Ferrandina e, con licenza della regina, al Sacro Regio Consiglio, alla Regia Camera della Sommaria, alla Gran Corte della Vicaria, agli eletti della città di Napoli «et ad tutti altri segij de ditta Cita», che l’Università di Cava nei confronti del sacro monastero della SS. Trinità vuole soltanto mantenere le sue immunità e i suoi privilegi e vuole che sia fatta venire la «bolla autentica» del Papa. Le lettere si devono fare «hoge» «per mezanita» di Michele de Anna, Modesto de Curte e notar Vicenzo Salsano; si dovranno poi mostrare a Napoli agli avvocati dell’università; si dovranno inoltre far fare «instrumenti et atti publici ad futuram rei memoriam, dela presentatione de ditti memoriali». Oltre a ciò, i sindici dovranno «ademandare licentia» alla regina e al duca di fare simile memoriale anche per il Papa e per il cardinale, ai quali la regina dovrebbe scrivere «lictere de favore» per l’Università di Cava. [Aggiunto in carattere più piccolo dalla stessa mano:] «Item che se mande uno homino apposta in Napoli ali eletti con lictere delle robbe ademandano li monaci, videlicet messer Altobello Longo, Perri Loysi Quaranta et compagni». Die X aprilis 1508, Cave Gli eletti, riunitisi con il sindaco nella chiesa di S. Giacomo, decidono di scrivere una lettera da parte dell’università a «messer Colantonio Quaranta dela Cava, quale insta nella Cita de Salerno, che se voglia dignare venire domani che serranno li XI del presente at qua in lo burgo de li Scazaventi per certe cose concernenteno lo benefitio de questa università et honore de Soa Maesta»; la lettera sarà mandata per «uno homino apposta subito», al quale si dovranno pagare 10 grana. Die XII mensis aprilis 1508, Cave L’ Università, congregata nella chiesa di S. Giacomo, riguardo ad una cauzione da dare ai monaci, secondo le lettere della regina, «have eletti et deputati lo nobile notare Iuliano Pappalardo sindico universale de dicta cita, messer Altobello Longo, messer Pirro Loysi Quaranta et notare Johan Philippo de Parisi de ditta cita, ali quali per ditta università se da potestà se habiano ad conferire ala presencia de soa Maesta et obligarno li boni de dicta università ala pena de quattromilia ducati correnti de non offendere ne fare offendere ali monaci del sacro monasterio dela santa Trinità dela Cava». f 157 v) «E cussi ej stato concluso et ordinato per dicta università pari voto ut supra, quarum licterarum tenor talis est videlicet Regina Sicilie etc. Magnifici viri fideles nostri dilettissimi per pretenderese per li monaci dela Trinità de questa nostra cita cautione dela università et ipsa cita, de no essere da qua innanti offesi et possere serenamente stare in lo loro monasterio, ve ordinamo et commandamo che subito

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debeate congregare la università, dando potestà et libera facultate al sindico et eletti, che possano obligare tutte le robbe de ditta università fino ala summa de quattromilia ducati ad effetto dela cautione supradicta, li quali se debiano presentare qua in nostra corte per tutto iovedi proximo futuro, et non manche per quanto havera nostra gratia cara et pena de mille ducati desiderate evitare. Datum in Castello Capuano Neapoli, 11 aprilis 1508. La Trista Reyna» [omissis]. f 158) Eodem die Gli eletti, riunitisi, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo, decidono «che siano dati et consignati per lo sindico preditto ad messer Colantonio Quaranta dela Cava ducati trenta correnti per andare ad Roma sopra al fatto delle defferentie deli monaci del sacro monasterio». Il sindaco deve dare a Pirro Pisanello due ducati d’oro «per la advocatione che presta ad ditta cita». Il sindaco deve inoltre rimborsare ad Altobello Longo due tari e mezzo da lui pagati a Napoli a coloro che ferrarono il cavallo, quando vi andò con Pirro Loysi Quaranta, Jacobo Mangrella e il not. Vicenzo Salsano. Deve essere «fatto bono» al sindaco un ducato corrente dato da Altobello Longo «et compagni» a Pirro Pisanello «pigliato per ipsi da Angelo de Mauro de la Cava et imprestato». f 158 v) Per essere stati a Napoli a parlare con la regina «circha lo accordio coli monaci», Altobello Longo e Pirro Loyisi Quaranta devono avere 20 ducati e il notaio Vincenzo Salsano 15 ducati. «Item ej stato concluso che se facze lictere responsiva et de credenza ala serenissima signora Regina nostra signora, alo ill.mo signor ducha dela Ferrandina et messer Pirro Pisanello». Die XV aprilis 1508 in Civitate Cave L’Università, riunitasi, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo, decide che «domani» «se habia ad fare università piena sopra al fatto dela resposta fatta per dopno Luca Cafaro et li sindici da Napoli con dire che li monaci del sacro monasterio dela sancta Trinità dela cita dela Cava non solamente voleno la piegiaria universale, ma particulare de ditta cita». Die XVI aprilis 1508, Cave L’Università si riunisce, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo: « in primis ditti subscripti citatini dicono et ej la volunta loro che se facza secondo vole et commanda la Maesta dela signora Regina» circa la «obligatione» da dare ai monaci sulle gabelle della città, con il consiglio dell’avvocato Petro Pisanello, fino alla somma di quattromila ducati correnti. Si deve nel contempo supplicare la regina affinché faccia osservare dai monaci «tutto quello nce hanno promiso». Sottoscrivono tale delibera: Theseo Longo, Luca Gallardo, Diomedes Longo, Modesto de Curte, Hieronimo Casaburi, Michele de Anna, Antonio de Lamberto, Leonardo de Curte, Bartholo Casaburi, not. Carlo de luglio, not. Andrea Casaburi, Simonetto de Vitale, Berardino de Adinulfo, Andrea Troysi, Guadagnulo Casaburi, Colella Barone, Marco Antonio dela Monica, Galveno Gallardo, mastro Paulino Jovene.

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Eodem die Riunitisi gli eletti [in numero di otto] nella chiesa di S. Giacomo, stabiliscono che si debba scrivere ali sindici ad Napoli che nella riunione dell’università non si era giunti ad un accordo perché alcuni affermavano che si dovesse dare ai monaci la pregiarla richiesta ed obbligare le gabelle fino al raggiungimento della somma di quattromila ducati, altri, pur volendo dare la pregiarla et cautione, volevano che i monaci fossero obbligati ad osservare i privilegi e i capitoli promessi. Si deve mandare «uno homino apposta in Napoli, et allogarse una bestia per lo sindico quale ej in Napoli» e far sapere quanto sopra alla regina e al duca. Die XX aprilis 1508 in Civitate Cave L’Università, riunitasi nella chiesa di S. Giacomo per discutere sulla scomunica fatta affiggere sulla porta di alcune chiese della città dal commissario del Papa, decide che Antonio de Lamberto e Bartholo Casaburi debbano andare subito a Napoli «et fare intendere ala Maesta dela s. Regina et alo ill.mo ducha de che modo ne havimo da governare sopra al fatto dela excommunicatione imposta ad alcune porte dele ecclesie de questa cita per lo Rev.do s. commissario et che ali preditti se faze lictere de credenza». Eodem die Gli eletti, riunitisi nella curia del notaio Matteo Troisi al borgo Scacciaventi, considerato che i dieci preti che «stettere al sacro monasterio dela sancta Trinità dela Cava sopra al governo delle robbe et celebrare li officii divini sono stati chiamati dal commissario del santissimo nostro Papa che se debiano presentare in Roma fra termine de 15 dì», ordinano che don Luca Cafaro vada subito a Napoli a parlare «per se et li compagni» con il commissario per cercare «se se possesse ovviare de tale facenda». Die XXII aprilis 1508, Cave Gli eletti, riunitisi nella chiesa di S. Giacomo, danno incarico ad alcuni eminenti cittadini (Geronimo Casaburi, Leone della Monica, Simonetto de Vitale, Fioravante Troisi e ... Casaburi) di fare in modo che «quanto più presto se porrà se fazano restituire le robbe alo abate et monaci del sacro monasterio quale foro levati da alcuni citatini da ditto loco in tempo dela expulsione fatta li jorni passati». Decidono inoltre che siano pagati un tari e grana dieci per la copia del decreto della «restitutione delle robbe foro levate dal sacro monasterio». Die XXIV aprilis 1508 in civitate Cave Riunitisi gli eletti, con il sindaco, nella curia del notaio Matteo Troisi e del fratello, sita al borgo Scacciaventi, decidono che «quanto piu presto se porrà» si debba vendere la gabella del mulino «delle tre grana per ciaschuno thumulo de grano et de farina» «ad denari contanti senza qualesevoglia natura de incanto». Vengono incaricati della vendita il notaio Jo. Philippo de Parise e Nicoloso de Anna. Si deve anche pagare l’incaricato andato a Napoli a portare ali sindici una procura e una lettera. Die XXV mensis aprilis, 1508 Gli eletti, riunitisi, con il sindaco, nella curia del notaio Matteo Troisi e del fratello, sita al borgo Scacciaventi, in primo luogo decidono che Nicoloso de Anna debba andare a Napoli a portare cento [?] ducati correnti dell’università e «le robbe sono retrovate quale

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erano perdute per lo monasterio dela Santa Trinità dela Cava»; inoltre, «con ordine» dell’avvocato Pisanello, egli, insieme ad Antonio de Lamberto, dovrà incontrarsi con il duca dela Ferrandina e con 1’ «auditore del Reginale Consiglio et pagare le robbe manchano et quelle se perderò in ditto monasterio»; si dovrà documentare la consegna e il pagamento, «fatto che haveranno iuramento li monaci de ditto sacro monasterio tuctis scripturis che le robbe contente in la lista data per ipsi et lo decreto sopra ciò dato per lo ditto Reginale Consiglio che siano perdute et che siano de tanto prezo quanto hanno dato, et restituire ditte robbe». Nicoloso de Anna dovrà essere pagato per i giorni che starà in Napoli «secondo haveno havuto li altri sindici». Si deve inoltre pagare «uno homino cola bestia per portare le sopraditte robbe in la cita de Napoli al Reginale Consiglio». Si devono scrivere lettere «in persona de ditto Nicoloso» alla regina e al duca oxtensum dela portatione de ditte robbe».

«per

Il sindaco «habia da pagare notare Thomase dela Monica per la procura fatta per ipsum auctoritate apostolica de quelli 43 citatini sono stati vocati ala scomonecha dela appellatone et revocatone». Die XXVI aprilis 1508, Cave Riunitisi gli eletti, con il sindaco, nella curia sopra detta, decidono che si faccia una lettera de favore alla regina e al duca «in persona de monsegnore de Bovino sopra al fatto delo monasterio», per via dell’azione intrapresa contro di lui dal commissario del Papa, secondo cui questi si deve presentare entro il termine di quindici giorni a Roma. Si deve anche scrivere un’altra lettera a messer Vito Pisanello «in persona de ditto episcopo», dichiarando che questa Università prende posizione a favore di detto vescovo. Si dispone il pagamento di grana 10 a Tomas de Ravelli per aver portato a Luca Goliardo 29 carlini, da far avere a Napoli ad Antonio de Lamberto e a don Luca Cafaro. Il sindaco deve anche pagare tari uno e grana dieci ad un messo che aveva portato una lettera a Napoli ad Antonio de Lamberto e a don Luca Cafaro; inoltre gli si devono anche due tari «per una berretta li fo levata et arrobata in Napoli». I 29 carlini mandati dal sindaco ad Antonio de Lamberto e a don Luca Cafaro tramite Luca Goliardo devono essere «facti boni ali soi cunti». Die XXVII aprilis 1508, Cave Gli eletti, congregatisi nella curia del notaio Matteo Troisi, decidono di mandare con urgenza un messo a Napoli a portare una lettera ad Antonio de Lamberto e a don Luca Cafaro sull’ appellatione da farsi subito contro la scomunica. Die XXVIII aprilis 1508 in civitate Cave de mane Gli eletti («messer Diomedes Longo messer Altobello Longo, messer Pirro Loysi Quaranta, messer Hieronimo Casaburi, iudice Michele de Anna, iudice Modesto de Curte, Berardino de Adinulfo, notare Carlo de luglio, notare Jo. Philippo de Parise, notare Silvestro de Alferi, notare Andrea Casaburi, Leone dela Monecha, Simonetto de Vitale»), riunitisi

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nella curia del notaio Matteo Troisi al borgo degli Scacciaventi «per causa de una carta se trova posta ala porta de Sancto Jacobo de lo burgo», su cui «erano annotati certi particulari homini de ditta cita una ficta et falsa excommunicatione secondo se crede», decidono «che se habia statini da levar» detta scomunica dalla porta; dichiarano inoltre che intendono avanzare querela, affinché si faccia «diligente inquisitione contra quelle persone che havesso posta tale scomonecha et quelli trovati» fossero puniti secondo giustizia, «ordinandono dicti eletti alo egregio notare Iuliano Pappalardo, sindico universale de ditta cita che statini havesse andato ad levarende dicta carta dalo loco preditto; et sopra de ciò farende fare testimonianza; et sic eodem instante ditto sindico una coli subscripti eletti andaro al ditto loco, et dalla levaro ditta carta per le mani de ditto sindico, cola pretestatione sopraditta, et che ditto atto non se faceva per fare iniuria ad persona nesciuna, ma per ditta carta vederse et demostrare non essere vera», alla presenza di una decina di preti e di altri cittadini. Die ultimo mensis aprilis, 1508 Gli eletti, con il sindaco, si riuniscono «intus domicilium» di Ferdinando Quaranta «situm in burgo Scazaventulorum», alla presenza del Reginale Capitaneo della città, Giovanni Antonio Piscicelli di Napoli. Decidono in primo luogo che Antonio de Lamberto e don Luca Cafaro, che si trovano a Napoli, debbano ottenere, tramite la regina e il commisso del Papa, Vito Pisanello, l’assoluzione dalla scomunica fatta contro la città e pagare almeno in parte la somma richiesta, per quanto si potrà; l’assoluzione dovrà essere «omni tempore valitura»; la somma di denaro dovrà essere sborsata dall’università; bisognerà anche ottenere che «tutti li preiti et altre persone sono commandati per lo detto commissario de andare in Roma non nce debiano da andare» e tutto ciò si dovrà fare con il consiglio di Pirro Pisanello ed altri avvocati; inoltre «omne despesa ademandano li monaci del sacro monasterio non sende faza altro excepto quello vole la iustitia». f 164 v) Gli eletti si riuniscono, con il sindaco, «intus domicilium Magn.ci domini Ferdinandi Quaranta situm in burgo Scazaventulorum» e decidono «che se faza una lictera» alla regina ed al duca dela Ferrandina «in persona de Antonio de Lamberto et dopno Luca Cafaro». Antonio de Lamberto deve portare la carta con la scomunica «questa notte posta alo burgo deli Scazaventi». Viene deciso un donativo per il cameriere del duca dela Ferrandina in tele per un valore di venti carlini. Si decide inoltre «che sia data la copia delo decreto ad dopno Luca Cafaro et dopno Natalello Casaburi dela protestatone per loro et altri preiti fatta quando foro ordinati per dicta università circha lo governo delo sacro monasterio per la loro expulsione». Si deve anche dare la copia «delo protesto» contro la scomunica «fittitia posta li altro di in la Cava». Si devono dare tre carlini ad un messo, «nomine Petri de Olibano», per avere portato da Napoli una lettera di don Luca Cafaro e della regina. Diomede Longo viene incaricato di andare dal Principe di Salerno «con lictere de credenza sopra alo fatto delle scommoneche».

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Die II maii 1508, Cave Riunitisi gli eletti, con il sindaco, «intus domicilium» di Ferdinando Quaranta al borgo, alla presenza del Capitaneo, decidono «che subito se trove uno homino» da mandare a Napoli con una lettera per Antonio de Lamberto e don Luca Cafaro, per disporre un loro incontro con Perro Pisanello e Jacobo Mangrella, «et che nullo patto consentano ne intervengano ad dare la pregiaria particulare». «Item che al prefato messer Jacobo se habia ad fare lictere che sopra de ciò se voglia dignare intervenirse». f 165 v) Die IV maii 1508, Cave Gli eletti, riunitisi, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo, letta la lettera mandata da Antonio de Lamberto e don Luca Cafaro «con dire che li monaci del sacro monasterio pretendono tenere la pregiaria da particulari homini de questa cita et havemo pagate le spese», decidono che essi non devono assolutamente consentire a ciò e non devono far nulla senza il consiglio dell’avvocato Pisanello, «et che al presente non habiano da attendere ad altro excepto ala absolutione dela scomoneca, del che se habia ad fare lictere ad dicti sindici». Tramite lo stesso messo, si devono mandare ai «sindici in Napoli» la sopraddetta lettera, la bolla dei capitoli dell’episcopato e «lictere et scripture in numero de vinti quattro», le quali «foro consignate in Napoli per dicto dopno Luca ad Pirro Loysi Quaranta, secondo più fiate iei stato scripto per dicto dopno Luca dela trasmissione de dicte lictere et scripture». f 166) Die VI maii 1508, Cave «Congregatis infrascriptis elettis intus venerabilem ecclesiam Sancte Marie de Ihesu ordinis Sancti Francisci in presentia magnifici viri domini Jo. Antonii Pisciceli de Neapoli Reginalis Capitanei civitatis Cave, coram quibus per nobilem notarium Iulianum Pappalardum sindicum universalem civitatis Cave fuerunt multa proposita super quibus extitit pari voto ... subscripto modo conclusum et ordinatum videlicet: Inprimis ej stato concluso ordinato et decretato che se mandano ducati cinquanta sette et mezo correnti per notare Silvestro de Alferi dela Cava in Napoli ad Antonio de Lamberto et dopno Luca Cafaro in conto dela absolutione se ha da fare et optinere dal Rev.do commissario del Sant.mo nostro Papa universalmente de omne peccato possendose fare et adiungano per vinti cinque ducati, et quando non se obtenga solum dela expulsione fatta deli monaci del sacro monastero. Item iei stato concluso et decretato che se faza lictere ad Antonio de Lamberto et dopno Luca Cafaro che se pozano obligare nomine universitatis pagare per la absolutione alo complemento de trecento ducati de oro de camera ad carlini undici et mezo per ducato, et pigliarelle in Napoli, et che mai se habiano da pagare alcuni denari prima che non habiano havuto dicta absolutione et portata per li lochi dove sono state queste dicte scommoneche tanto ala Cava, quanto ali altre terre citati et lochi». Gli eletti decidono inoltre «che se habia da dare la lista delle robbe per resto de quelle foro levate dal sacro monasterio» al Capitaneo e farle restituire all’università, ribadendo che «per dicta università sono stati pagati ali monaci de ditto sacro monasterio». f 166 v) Si deve fare una lettera de credenza, in persona di Antonio de Lamberto e don Luca Cafaro, indirizzata al cardinale Borges, supplicandolo di voler perseverare nell’aiutare l’Università di Cava.

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Una lettera simile si deve mandare anche al magn.co messer Vito Pisanello. Il Capitaneo della città potrà tenere corte «in lo burgo deli Scazaventi la matina non prejudicando in modo alcuno ali privilegii de ditta università». Die VII maii 1508, Cave Gli eletti, riunitisi «intus domicilium» di Ferdinando Quaranta al borgo Scacciaventi, alla presenza del Capitaneo, con il sindaco, decidono «che se habia da firmare secondo per lo presente atto se firma» la gabella del mulino per un anno cominciando dal primo settembre prossimo «ad raione de grana tre per ciaschuno thumulo de victuagli», con gli stessi capitoli e patti con cui per l’anno corrente tale gabella era stata venduta per sei mesi a Belloforte Cimino di Cava. La gabella si dovrà vendere «ad denari contanti» e dovrà essere bandita come di solito per sei giorni, cominciando da domani. Bisogna scrivere ad Antonio de Lamberto a Napoli «che se sforza trovare in Napoli ducati cento et deici incircha» per il commissario del Papa. Il prestito dovrà essere restituito con i denari della sopraddetta gabella del mulino. Die Vili maii 1508, Cave Allo stesso scopo, gli eletti decidono di mandare «subito» una lettera anche a Luca Gallardo a Napoli, affinché cerchi di procurare in prestito per l’Università centoquattro ducati. Die X maii 1508, Cave Gli eletti, riuniti nella curia del notaio Carlo de Iuliis al borgo Scacciaventi, decidono di mandare «subito uno homo apposta in Napoli» a Luca Gallardo e ad Antonio de Lamberto, scrivendo loro di non pagare «li denari per le spese del commissario del Papa», se «non hanno havuto in potere loro la absolutione». Il sindaco deve rimborsare undici tari a Simonetto de Vitale: tale somma era stata consegnata «per Cristofaro suo figlio ad Antonio de Lamberto in Napoli in tante tele donate per detto messer Antonio ad messer Hieronimo camareri delo ill.mo s. ducha dela Ferrandina per parte deli eletti nostre universitatis». Die XV maii 1508 Gli eletti, riunitisi, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo, decidono, dal momento che Luca Gallardo e Antonio de Lamberto hanno scritto da Napoli che «lo consiglio regio et reginale voleno discutere et declarare si la scomoneca fatta per lo commissario del sant.mo Papa sii valida si o no nce habiano ad intervenire una insiemi con messer Perri Pisanello et co uno altro advocato quale parerà ad ditto messer Perri et ad ipsi sindici, et che se dica ad ditto messer Perri si li pare havere una insiemi con ipso messer Marco de Aflitto, bene», in caso contrario, «quello pare ad ipso, et declarato che serra subito nde donano aviso per homino apposta». Si devono mandare ad Antonio de Lamberto e Luca Gallardo tre ducati correnti, di cui dovranno dare dieci tari a messer Perri Pisanello e cinque tari ad altro avvocato da assumersi dal Pisanello e dai sindici predicti «supra la discussione de ditta scomoneca». Gli eletti dispongono che «se habia ad supplicare lo s. ducha dela Ferrandina che questa cita sta senza iustitia civile che iei multo interesse deli citatini». Anche il fatto di tener corte era stato motivo di contrasto con i monaci.

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«Item iei stato decretato che se pageno quelli septe iuveni che laltra nocte guardaro alo burgo deli Scazaventi et ad San Francesco per suspictione dela agravatione dela scomoneca» sette carlini. Die XVI maii 1508, Cave Gli eletti, riuniti «intus domicilium» di Ferdinando Quaranta al borgo Scacciaventi, con il sindaco, ordinano che «dopno Luca Cafaro habia da andare alo preposto de Maiori in Mayuri, et pregarlo da parte de questa università se voglia dignare andare in Roma, da parte de questa università, ad exequire certe cose necessarie de ditta università, alo quale se habia ad fare lictere de credencza». Die XVII maii 1508 Riunitisi gli eletti «intus domicilium» di Ferdinando Quaranta al borgo Scacciaventi, con il sindaco, ordinano che «dopno Luca Cafaro dela cita dela Cava habia domani da andare in Napoli per intendere le cose de questa università coli monaci». Dovendo inoltre andare dalla regina e dal duca e «mandarese sopra de ciò in Roma per obtinere la absolutione et altri besogni», sembra opportuno cercare di ottenere una lettera della regina in favore della città; su ciò bisogna fare «lictere de credenza» in persona di don Luca Cafaro e di Antonio de Lamberto «quale al presente ej in Napoli», indirizzate alla regina, al duca di Ferrandina e ad altre personalità. Die XX maii 1508, Cave Gli eletti decidono che si debbano dare due tari a chi deve andare a Napoli e «conducere li cinquanta septe ducati et mezo, quali sono in potere de Antonio de Lamberto et dopno Luca Cafaro portati in Napoli per donarnose» al commisso del Papa. Die XXIII maii 1508, Cave Gli eletti, riunitisi nella chiesa di S. Giacomo, decretano che «messer Pirro Loysi Quaranta et dopno Luca Cafaro hoge habiano da andare in Maiuri ad messer Guido preposto et concludere con ipso che habia da andare in Roma da parte de questa università sopra al fatto dela absolutione et altre cose necessarie de ditta università, ali quali siano dati carlini deici». f 170 v) Die XXVI maii 1508, Cave «Congregatis infrascriptis elettis intus venerabilem ecclesiam Sancte Marie de Ihesu ordinis Sancti Francisci», con il sindaco, si decide che «messer Guido preposto de Maiuri habia da andare ad Roma da parte de questa università per obtenere la absolutione dela scommoneca fatta per lo commissario del Papa, et che ditto preposto habia da exequire tutto quello che serra dato in memoriale per li eletti novi sopra ciò ordinati, tutto con volunta dela Maesta dela s. Regina». Si devono consegnare a messer Guido, o farglieli avere a Roma per lettere di cambio, 250 ducati «de oro de camera ad carlini undici et mezo per ciaschuno ducato», per l’assoluzione «et altre cose abesognasse in benefitio de ditta università»; a messer Guido, «per le despese soe et altre cose occorresso ad ipso», si dovranno dare ducati 50 correnti. Le scritture ed «instruttioni have da portare ditto preposto se habiano da fare per messer Pirro Loysi Quaranta, messer Michele de Anna, notare Jo. Philippo de Parisi et dopno Luca Cafaro».

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Don Luca Cafaro ed un altro cavese devono portare i sopraddetti denari a Maiori al preposto e farsene fare «cautela de recepto et pregiarle sufficienti»; ciascuno dei due dovrà avere tre carlini. f 171) Antonio de Lamberto deve andare a Napoli e «pigliare le lictere che fo expedite et facte dela s. Regina, et farende fare et obtenere altre abesognando». Ad Antonio de Lamberto devono essere dati sei ducati correnti «et pagare la expeditione delle sopra ditte lictere». Infine, «se faza lictere de credenza» al segretario della regina «in persona de ditto Antonio de Lamberto». Die XXVII maii 1508, Cave Gli eletti, riuniti, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo, decidono che si paghino due carlini «ad uno homo apposta have mandato lo magnifico messer Vito Pisanello per portare una certa lictere soa et de messer Jacobo Mangrella da Napoli». Antonio de Lamberto e Giovanni Cantaglia [?] devono andare a Napoli e «dalla portare lictere dal vicario generale delo gibileo». Die penultimo maii 1508, Cave Gli eletti, riuniti, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo, decidono che si debbano copiare tutte le scritture e i capitoli in favore dell’università «per li abbati et monaci del sacro monasterio concessi dal tempo che venero dicti monaci in ditto sacro monasterio in qua». Le copie dovranno essere mandate «per dopno Luca Cafaro in Maiuri», a messer Guido, preposto di Maiori, con lettere della regina al Papa ed ai cardinali. Hieronimo Casaburi e Jacobo Mangrella devono andare a Napoli «per ordine de una lictere, quale have mandata el magn.co messer Antonio Vitaya al sindico et electi de dicta cita per intendere alcune cose che da parte dela Maesta dela s. Regina se hanno da dire; quali eletti habiano da intendere la relatione et referirno ali eletti, et besognando portare la lictere da ditto messer Antonio la porteno». Per costoro si dovrà fare lettera «de credenza» al vescovo De Muro [?] «quale iei in Napoli, et fareli intendere le cose passate et occorse fra la università et li monaci del sacro monasterio dela Cava». Giovanni Cantaglia deve andare con Geronimo Casaburi a Napoli e deve essere pagato dall’università. Die ultimo maii 1508, Cave Gli eletti a voce uno ad uno hanno ordinato che si debbano dare a don Luca Cafaro tari due e mezzo «per dui di have da vacare colo rev.do messer Guido preposto de Maiuri per portare le scripture et denari ad ditto preposto per lo camino haverra da fare da parte de questa università verso Roma». Die II iunii 1508, Cave Gli eletti, riunitisi, con il sindaco, nella curia del notaio Carlo de Iuliis al borgo Scacciaventi, dispongono che «domani bene per tempo» don Luca Cafaro debba andare a Maiori, consegnare a messer Guido tutte le scritture, i memoriali e le instruttioni ed ordinare

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«che subito cavalche et vada colo nomo de Dio verso Roma, et exequischa quanto nelo ditto memoriale et instruttioni se contene». Il sindaco deve dare a don Luca Cafaro venti carlini «per li viagi et camini et anchora affanni facti in Maiuri et che retomato serra debia fare cunto et pagarese de quello iustamente li tocca et specta», inclusi i cinque carlini che ebbe l’ultimo giorno di maggio. Devono essere fatti boni al sindaco dieci grana da lui pagati ad «uno homino apposta mandato in Maiuri al ditto preposto per portare la copia autenticata delo instrumento dela satisfatione delle robbe foro levate dal sacro monasterio et per la università pagate ali monaci de ditto monasterio». Die III iunii 1508 Gli eletti, riuniti, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo, dispongono che il sindaco debba mandare subito «uno homino apposta con lictere al preposto de Maiuri et ad dopno Luca Cafaro che subito habia da cavalchar et andare in Roma et exequire quello li ej stato ordinato per instruttioni et memoriale ad ipso mandato et questo ad bono effetto per haveremo havuto relatione da Napoli per Hieronimo Casaburi». Die V mensis iunii 1508, Cave Gli eletti, riuniti, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo, decidono che Diomedes Longo e Ramundo de Tesone, «quale iei in Napoli», debbano incontrarsi con la regina e con il duca di Ferrandina «Jo. Castrioto» e con altre personalità «secondo ad loro meglio parerà, et secondo per memoriale loro serra fatto et ordinato» e se ad essi sembrerà opportuno offrire dei doni «ad alcuna persona per servitio universale sia ad loro arbitrio et volunta de posserno permettere et donare et dare». Per i due incaricati dell’università si dovranno fare lettere «de credenza» indirizzate alla regina, al duca e a varie personalità laiche ed ecclesiastiche. Il memoriale deve essere fatto «quisto presente di» da Hieronimo Casaburi, Silvestro Longo e Perri Loysi Quaranta. Devono essere fatti boni al sindaco 12 carlini per «quattro jornate vacao in Napoli Hieronimo Casaburi mandato sopra al fatto dela lictere mandata per messer Antonino Vitaya, quale lictere se conteneva che la Maesta dela s. Regina vole la pena delo fatto dela expulsione deli monaci», e due tari pagati dal sindaco a Giovanni Cantaglia per essere stato a Napoli tre giorni con Geronimo Casaburi. f 174) Perri Loysi Quaranta e Simonetto de Vitale devono venderei?] parte della gabella del mulino («deli tre mesi estati»), quella «dele tre grana per thumulo de victuagli », venduta a Belloforte Cimino. Die X iunii 1508 Gli eletti, riuniti, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo, decidono di donare «ala mogliere de messer Jo. Antonio Piscicello Reginale Capitaneo de questa cita una peza de tela» del valore di ducati otto e tari uno e mezzo; Geronimo Casaburi e Leone della Monica dovranno comprare questa tela da Galione de Amiano, «et questo per ditto s. Capitaneo intervenga bene appresso la Maesta dela s. Regina per questa università».

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f 174 v) DieXII iunii 1508 Gli eletti, riuniti, con il sindaco, nella chiesa di S. Giacomo, decretano che Altobello Longo debba recarsi a Napoli «et essere una insiemi con messer Raimundo de Tesone colo ill.mo s. don Jo. Castrioto, et recomandarli questa università, alo quale li habiano da donare da parte deli eletti et de questa università uno bacile de argento che sia de prezo de ducati trenta sei in circha». Altobello Longo e Raimondo de Tesone dovranno donare alla moglie del segretario della regina, Antonio Phiodo, una tela del valore di dieci ducati, «quale tela iei al presente in Napoli in potere de madama Ramundina Gallarda; et questo per intervenire bene alle occorrencie de questa università». «Item che se faza una lictere in persona deli dicti messer Altobello et messer Ramundo de credenza ala Maesta dela s. Regina, ill.mo s. ducha dela Ferrandina, etc.». «Item che se faza lictere al ditto messer Ramundo da parte dela università rengratiando Soa Signoria de tante opere et affanni pigliati per ipso verso questa università, et che voglia perseverare da meglio in meglio». I notai Carlo de Iuliis e Giovan Filippo Parisi devono valutare l’onorario di coloro che hanno copiato le scritture e i privilegi mandati al preposto di Maiori; il notaio Parisi e Perri Loysi Quaranta devono invece «vedere» le spese fatte da Antonio de Lamberto e don Luca Cafaro «et lo devere». Die XXI iunii 1508 Gli eletti, riunitisi con il sindaco, «intus curiam notari Caroli de luglio sita in burgo Scazaventulorum», danno incarico a Perri Loysi Quaranta e Simonetto de Vitale di vendere [?] la restante parte della gabella del mulino, venduta a Belloforte Cimino, di due mesi e diciotto giorni di giugno, luglio e agosto. Si devono pagare sei carlini ad un notaio «adiutante de camera» della regina «per certe lictere» ed altre cose «facte et expedite in favore dela università». «Item iei stato concluso ordinato et decretato per li subscripti eletti pari voto ut supra che se pageno universalemente alo signor Tiberio Carazolo ducati trentasei correnti improntati per ipso quali foro pagati et donati alo Rev.do messer Baldaxarro commissario del sant.mo Papa per mezo de messer Vito Pisanello per liberare li preti de non andarno in Roma quando stettero in guardia del sacro monasterio dela cita dela Cava per mandato de ditto commissario, per evitare le mayore spese possessero accadere ad ditta università». Die XXVI iunii 1508, Cave Gli eletti, riunitisi con il sindaco, «intus curiam notari Caroli de Iulio sitam in burgo Scazaventulorum», decidono «che se habiano da donare universalmente alo ill.mo s. ducha dela Ferrandina uno bacile de argento de trenta sei ducati in circha et questo per havere recommandata questa università sopra al fatto dela pena pretende detto ducha ill.mo per ordine dela Maesta dela s. Regina sopra al fatto dela expulsione deli monaci. Item che se habia similiter ad donare universalmente ala ill.ma signora dochessa consorte del prefato ill.mo signor ducha doye pecze de tela de prezo de ducati vinti in circha. Item che ala donatione preditta da farese in Napoli nce habia da andare messer

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Diomedes Longo et messer Raymondo de Tesone con lictere de credenza in persona loro diretta ali procoratori et ancho alo ill.mo signor Don Johan Castrioto». Die XXVII iunii 1508, Cave Gli eletti, riunitisi, con il sindaco, «intus curiam prefati notarii Caroli sitam in ditto burgo», decidono che si debbano pagare a Michele de Anna le copie di certe scritture riguardanti i rapporti tra l’Università e l’Abbazia della Ss.ma Trinità «mandate per lo preposto de Maiuri in Roma et certe altre bulle tari uno et grana quindici». Devono essere pagati tari uno e grana cinque al notaio Andrea Casaburi «per certe altre copie per ipsum copiate ciò iei li capituli de Abbate Iustino, la copia delo instrumento dela dignità episcopale et deli capitoli de abbate Arsenio; semelmente mandate per ditto preposto in Roma». Devono essere pagati tari uno e grana dieci al notaio Vicenzo Salsano «per la confezione delo instrumento dela procura mandato in Roma de quelli quaranta dui erano notati ala scomonicatione fatta dela expulsione deli monaci». Die primo mensis iulii 1508, Cave «Congregatis infrascriptis elettis in hostaria et proprie in sala magn.ci viri domini Viti Pisanelli, coram quibus per sindicum fuerunt multa proposita», si decide che «messer Silvestro Longo, messer Pirro Loysi Quaranta, notare Carlo de luglio et notare Jo. Philippo de Parisi dela cita dela Cava habiano da intervenire da hoge innanti circha lo negotio raionato alo Rev.do messer Guido da Bonaventura preposto de Maiuri». Ad essi si dà ampia potestà «circha lo preditto, quali debiano loro suli trattare manigiare et governare colo ditto messer Guido detto negotio raionato, et le cose occorreranno circha lo preditto resta in loro arbitrio se voleno riferire ali altri eletti et li subscripti, et questo se iei concluso et ordinato per maiore expediente et minore fastidio deli altri». Si devono dare a Mansueto de Vita di Benevento ducati sei correnti «per lo salario et fatiche soie corno ad consoltore del sopraditto messer Guido preposto circha al fatto dela absolutione venuta da Roma [...] et altri affanni circha el preditto fatto». Si devono anche pagare tari quindici al notaio Cinnamo di Maiori per l’opera prestata come mastro d’atti circa l’assoluzione; egli dovrà dare tutte le scritture dell’università e l’istrumento «scripto in carta pergamena dela promulgatione de detta absolutione et omne altra cosa sopra lo fatto circha la absolutione predicta per li dicti quindici tari». f 177 v) Die Vili iulii Cave Gli eletti, riuniti, con il sindaco, nella curia del notaio Carlo de Iuliis al borgo Scacciaventi, decidono che, quanto alle «spese ademanda Diomedes de Cerchella hostolano, facte ad messer Guido preposto de Maiuri da parte dela università», Perro Loysi Quaranta «habia ad vedere et determenarle». Decidono inoltre «che se habia ad donare da parte dela università ad la mogliere de messer Raymondo de Tesone uno bestito de dobretto bello et soctile delo cardo de canne sei, et questo per li affanni et laburi ha pigliato dicto messer Raymundo in benefitio de questa università». Die X iulii 1508, Cave Gli eletti, riuniti, con il sindaco, nella curia del notaio Carlo de Iuliis al borgo

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Scacciaventi, decidono che «messer Pirro Loysi Quaranta habia da vedere et determenare certe altre spese facte per lo sindico alo preposto de Mayuri ciò iei tra pesce misse [?] scripture et altre cose». Devono essere «facti boni» al sindaco ducati 42 tari 3 e grana 8 per un bacile d’argento donato a nome dell’università da Diomedes Longo e Raymondo de Tesone al duca dela Ferrandina. Diomedes Longo deve essere pagato per cinque giornate in cui è stato a Napoli per donare il detto bacile al duca e per eseguire altri incarichi da parte dell’università. Die XVIII mensis iulii 1508, Cave Gli eletti, riuniti, con il sindaco, nella curia del notaio Carlo de Iuliis al borgo Scacciaventi, decidono che «per acquietare la Maesta dela s. Regina per la pena vole da questa università per la expulsione deli monaci del sacro monasterio» si prendano da Simonetto de Vitale canne 262 e palmi 4 di tela sottile, del valore di ducati 105 «de carlini», che dovranno essergli pagati entro l’anno, « et che nce oblige tutte gabelle future del ditto anno dela ditta università», con tutte le garanzie per il pagamento di tale debito. «Item iei stato concluso decretato et ordinato che le sopraditte tele una con trecento altri ducati correnti, quali se pigliano dali gabelloti videlicet da Masullo de Paimeri, Jo. Cafaro et Cesaro di Rosa se habiano da mandare in Napoli et donarenose da parte dela università ala serenissima signora Regina». Il sindaco deve «fare polisa ad Cesaro de Rosa de cento cinquanta ducati vel circha, quale iei debeta ala università, et che le consegne ad Simonetto de Vitale». Saranno rimborsati su ordine della regina e del tesoriere [?] «con polisa de ditto Simonetto». Il sindaco deve «girare et dare pro pagaturi al ditto Simonetto, Masullo de Paimeri et Jo. Cafaro per fi al complemento de ducati cento et dui tari et grana secondo se contene in ditto ordine dela Maesta dela signora Regina et Thesoriero [?] , ultra deli ducati cento cinquanta predicti ». Altobello Longo, Pirro Loysi Quaranta, Raymundo de Tesone, Jo. Baptista dela Monica, Jacobo Mangrella e Simonetto de Vitale devono andare a Napoli dalla regina , «ali quali loro se da omnimoda et plenaria potestà de possere sopra dicta facenda mettere assetto et perpetuo silentio cola ditta quantità de tele et de denari o vero de meno o de più secondo se trovaranno le cose disposte», ottenendone «cautele perpetuo valiture». Per i sopraddetti inviati, si deve fare una lettera «de credenza» alla regina, al duca di Ferrandina don Giovanni Castriota, al segretario Antonino Phiodo ed al commissario generale del Papa fra Francesco de Zena, confessore della regina. Devono essere rimborsati al sindaco carlini sette «per lo manchamento che se iei fatto ad vinti otto ducati, quali ha dati Jo. Cafaro per le mani de Jo. delo Fumo». Die XXV iulii 1508, Cave Gli eletti, riuniti, con il sindaco, nella curia del notaio Carlo de Iuliis al borgo Scacciaventi, decidono che Nicoloso de Anna debba andare a Napoli a parlare con fra Francesco de Zena, affinché questi «se degnasse» intercedere presso la regina a favore dell’università e convincerla a «non volere pena alcuna sopra al fatto dela expulsione fatta ali monaci del sacro monasterio».

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Die IV augusti 1508, Cave «Item iei stato concluso et ordinato per li subscripti eletti che lo sindico habia ad comparare una carta de coiro, et fare legare lo quaterno dela expulsione deli monaci del sacro monastero dela santa Trinità dela Cava, et che sia pagato quello legara ditto quaterno, et che li sia fatto bono al ditto sindico lo prezo de dicta carta et legatura». f 180) A dì V augusti 1508, Cave Gli eletti ordinano che sia rimborsato al sindaco un ducato corrente pagato a Diomedes de Cechella per «le spese stallagio et altre cose date al preposto de Maiuri et soa compagnia per questa nocte sono stati ala hostaria de ditto Diomedes; et anchora li siano facti boni le barche per condurle ad Maiuri certo pesce che ei stato pigliato ad instantia soa, et per lo misso mandato la sera innanti in Cetara, per fare scendere le barche ala marina, et per fare peschare per ipso». Die XII augusti 1508, Cave Gli eletti stabiliscono che siano rimborsati al sindaco un tari e grana quindici da lui pagati «ad lo russo», per portare certe lettere a Napoli a Raimondo de Tesone, lettere che successivamente dovevano essere inoltrate a Roma, e ciò per ordine di «messer Silvestro, messer Perri Loysi, notare Carlo et notare Jo. Philippo». [...] I ff. 180v., 181r. e v., 182r. sono bianchi. Il f.. 182v. contiene ricevute di pagamento del sindaco a Belloforte Cimino. Il f.. 183r. è bianco. In testa al f. 183v. è scritto: «Venditio gabelle noviter imposte per elettos civitatis Cave novos per anno proximo venturo duodecime indictionis». Trascriviamo integralmente i primi paragrafi di questa parte, che continua fino al f. 185r. Johanne Cafaro, Johanne de Mauro et Masullo de Palmeri dela cita dela Cava deveno dare a di 20 maij undecime indictionis 1508 per la gabella dela farina de grana tre per thumulo et victoagli noviter imposta per li eletti de ditta cita per tutto lo integro anno proximo venturo duodecime indictionis ducati ottocento cinquanta de carlini de argento inclusi ducati vinti sette et mezo per li incanti. d. 850 - 0 - 0 (f. 184) A di 20 maij 1508 have ricevuto dicto sindico dali sopraditti Johanne Cafaro, Johanne de Mauro et Masullo de Paimeri ducati trecento cinquanta dui correnti, modo videlicet de ciaschuno de ipsi la rata che tocca d. 352 - 0 - 0 A di 26 eiusdem have ricevuto ditto sindico dal contrascripto Jo. de Mauro ducati dicidopto correnti d. 18-0-0 A di penultimo maij have ricevuto ditto sindico dal ditto Johanne de Mauro ducati altri dicidopto correnti d. 18-0-0 A di ditto have ricevuto ditto sindico dal ditto Johanne Cafaro ducati undici et grana deici correnti computati ducati sei tari uno et grana deici correnti pagati da soa parte ad Angelo de Adinulfo d. 11 -0 - 10

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I ff. 185v. e 186r. sono bianchi. Ai ff 186v. e 187r. troviamo la nota dei «Denari imprestati dal notare Iuliano Pappalardo sindico dali infrascripti». Si tratta di soli cinque paragrafi, di cui trascriviamo qui solo il terzo e l’ultimo, riguardanti una somma di denaro trovata nel monastero e presa in custodia dall'Università, successivamente restituita. Lo sacro monasterio dela cita dela Cava deve havere ducati quattro de oro in oro trovati in ditto monasterio in tempo foro expulsi li monaci ricevuti per ditto sindico per le mani di mastro Francesco de Falcho d. 4-4-0 A di 13 aprilis have liberato ditto sindico ad don Stefano priore del sacro monasterio ducati quattro et tari quattro secondo appare per poliza d. 4-4-0 Il f. 187v. è bianco. I ff. 188r.-197v. contengono la nota dei «Denari pagati et liberati per notare Juliano Pappalardo sindico universale sopra olfatto dela expulsione deli monaci del sacro monasterio dela Trinità dela Cava». Trascriviamo qui di seguito solo alcuni brani, a titolo esemplificativo. A di 6 martii undecime indictionis 1508 have liberato ditto sindico ad deici iuveni et homini de questa cita, quali hanno fatto servitio ad questa università ducati uno corrente secondo appare per decreto d. 1 - 0-0

A di 21 eiusdem have liberato ditto sindico ad Sciavo de Luciano per certe robbe da mangiare decte ali eletti novamente ordinati per stareno di continuo ali Scazaventi per la expulsione deli monaci et altre robbe dette ditto Sciavo al sopraditto messer Antonio Vitaya tra vino e pesce quando stava allogiato ala hostaria de Diomedes de Cerchella et altre spese secondo appare per la sopraditta declaratoria ducati quattro et tari uno computati tari quattro et grana undici per certe robbe dede da mangiare et strame ad vinticinque compagni stancarono de notte et de di ala guardia delle robbe delo burgo deli Scazaventi in tempo che foro expulsi li monaci secondo appare per dicta declaratoria ducati quattro et tari uno correnti d. 4 - 1 - 0 A di 29 eiusdem have liberato ditto sindico ad do. Luca Cafaro per quattro di vacao in Napoli per sollecitare messer Altobello Longo, notare Vicenzo Salsano et altri eletti ducati uno et tari uno correnti secondo appare per polisa d. 1 - 1 - 0 A di ditto have liberato ditto sindico ad Jo. Jovene ditto lo Zingaro capodeici de compagni dicissepte stettero in guardia del sacro monasterio quando foro expulsi li monaci ducati quattordici tari tre et grana sei secondo appare per la ditta declaratoria, quali compagni nce vanno da circha jorni deici d. 14-3-6

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A di penultimo martii 1508 have liberato ditto sindico ad dopno Luca Cafaro per nove jomi vacao in Napoli ad sollicitare dicto messer Altobello et compagni per la defensione dela expulsione de dicti monaci ducato uno et tari uno d. 1 - 1 - 0 A di ditto have liberato ditto sindico ad mastro Paulino Jovene per andare in Napoli per commanto dela Reginale Maesta tari dui et grana deici d. 0-2- 10 [...] A di 10 aprilis have liberato ditto sindico ad Jo. Paulo Tayano per portare una lictere ad messer Colantoni Quaranta in Salerno grana deici d. 0-0 - 10 [...] A di ditto [12 apr.) have liberato ditto sindico per comprare una carta de coiro per fare lo instrumento dela procura dela obligatione da darese per questa università de non offendere li monaci grana cinque d. 0 - 0 - 5 [...] A di 16 aprilis have liberato ditto sindico ad Matheo garzone de Francesco de Davit per le mani de notare Francesco Troysi per portare una lictere in Napoli ad Altobello Longo, Pirro Loysi Quaranta, notare Jo. Philippo de Parisi et alo sindico et portare la mula de ditto sindico tari uno et grana deici ciò ej in Napoli d. 0 - 1 - 10 [...] A di 24 aprilis have liberato ditto sindico ad Sabastiano Infante per andare ad Cetara et chiamare Belloforte Cimino per ordinatione deli eletti per pagare li denari dela gabella nova dela farina et per pagare le robbe ali monaci grana quattro d. 0 - 0 - 4 [...] A di 25 eiusdem have liberato ditto sindico ad don Benedetto notaro delo sacro monasterio in Napoli per le mani de Nicoloso de Anna ducati novantanove per prezo delle robbe furo levate dal sacro monasterio quando furo expulsi li monaci secondo appare per polisa et questo fatto per mano de notare Paschale mastro de atti dela Reginale Corte d. 99 - 0 - 0 A di ditto have liberato ditto sindico ad ditto Nicoloso per tre di vacao in Napoli per portare li ditti denari et altre robbe trovate quale foro levate da ditto monasterio et per una bestia porto dicte robbe ducato uno tari uno et grana deici d. 1 - 1 - 10 A di 26 eiusdem have liberato ditto sindico ad Thomeo de Ravelli per portare una doppia

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de oro ad Scafati ad messer Luca Gallardo per portarela ad dopno Luca Cafaro et Antonio de Lamberto grana deici d. 0 - 0- 10 A di ditto have liberato ditto sindico ad Jo. Cantaglia per portare lictere in Napoli ad Antonio et do. Luca predicò tari uno et grana deici d. 0 - 1 - 10 A di ditto have liberato ditto sindico ad ditto Jo. tari duj prezo de una berretta li fo levata in Napoli per portare dicte lictere ciò ej inla tornata d. 0 - 2 - 0 A di 27 eiusdem have liberato ditto sindico ad Jo. Cantaglia per portare lictere in Napoli ad dicti sindici et la procura de posserno reclamare et opponere dela scomoneca d. 0 - 1 - 10 [...] A di ultimo aprilis have liberato ditto sindico ali monaci del sacro monasterio per le mani de do. Luca Cafaro in Napoli ducati trenta tre et tari tre portati per lo figlio de Simonello Casaburi alo complemento de ducati cento trentaduj et tari tre per lo prezo delle robbe foro levate dal ditto monasterio secondo lo decreto sopra ciò fatto ala Reginale Corte secondo appare per poli sa d. 33 - 3 - 0 A di ditto have liberato ditto sindico alo sopraditto Simonello per portare ditti denari in Napoli tari uno d. 0 - 1 - 0 Et più have liberato ditto sindico ad notare Paschale reginale mastro de atti per certi protesti fatti et altri affanni per le mani delo sopraditto dopno Luca ducato uno corrente d. 1 - 0 - 0 A di primo maii have liberato ditto sindico ad Petri delo Olevano per una lictere porto dela Reginale Maesta et una altra de do. Luca Cafaro in Napoli tari uno et grana deici d. 0 - 1 - 10 [...] A di XX eiusdem have liberato ditto sindico ad Simonetto de Vitale per canne cinque de tela soctile pigliate da Cristofaro suo figlio in Napoli et pigliate per Antonio de Lamberto et do. Luca Cafaro et per ipsi donate pro parte universitatis ad messer Hieronimo camareri dela s. Regina ducati duj correnti et tari uno d. 2 - 1 - 0 [...] A di 26 maii 1508 have liberato ditto sindico ad dopno Luca Cafaro ducati trecentotrentasette tari duj et grana deici correnti portati per ditto dopno Luca alo preposto de Maiuri per far venire la absolutione d. 337-2 - 10

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A di 27 eiusdem have liberato ditto sindico ad Perri Mangrella per una lictere porto da Napoli dalo magnifico messer Vito Pisanello tari uno d. 0 - 1 - 0 A di ditto have liberato ditto sindico ad Jo. Cantaglia per andare in Napoli con Antonio de Lamberto, et dalla portare lictere dal vicario generale del gibileo d. 0 - 1 - 10 A di penultimo maii have liberato ditto sindico ad Jo. Cafaro per li incanti dela nova gabella dela farina imposta per li eletti anni venturi XII indictionis ducati dicissette tari duj et grana deici correnti d. 17-2 - 10 A di primo iunii have liberato ditto sindico ad Sabastiano Infante grana doe per andare ad Dopino et chiamare dopno Luca Cafaro d. 0 - 0 - 2 A di secondo iunii have liberato ditto sindico ad dopno Luca Cafaro per certe jornate have vacato in Maiuri colo preposto de Maiuri et altri affanni ducati duj correnti computati tari duj et grana deici havuti a di ultimo maii d. 2-0-0 A di ditto have liberato ditto sindico ad Benedetto de Crissenzo per portare la copia delo instrumento dele robbe pagate alo sacro monasterio grana deici d. 0-0 - 10 A di III iunii have liberato ditto sindico ad Hieronimo Casaburi per quattro jorni vaco in Napoli con Jo. Cantaglia per una lictere mando messer Antonio Vitaya reginale auditore ducati uno et tari tre d. 1 - 3 - 0 [...] A di ditto have liberato ditto sindico per una carta de coiro data ad notare Vicenzo Salsano ad Berardino de Adinulfo per la procura mandata per lo preposto in Roma deli scommonicati grana 6 d. 0 - 0 - 6 A di ditto have liberato ditto sindico alo figlio de notare Carlo de luglio per andare ad Priato et chiamare notare Vicenzo Salsano grano uno d. 0-0- 1 [...] A di XII have liberato ditto sindico ad Galione de Amiano ducati otto, tari uno et grana deici per una tela fo donata ala mogliere delo s. Capitaneo da parte dela università et pigliata da ipso Galione d. 8 - 1 - 10

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A di XVII eiusdem have liberato ditto sindico ad messer Altobello Longo ducati trenta otto tari uno et grana dicinnove correnti per lo prezo de uno bacile de argento comparato da Anello argentere neapolitano et quello nomine universitatis donato alo ill.mo s. Jo. Castrioto d. 38 - 1 - 19 A di ditto have liberato ditto sindico al ditto messer Altobello per andare in Napoli per la causa preditta per tre jornate tari quattro et grana deici d. 0-4 - 10 [...] A di ditto [2 iulii] have liberato ditto sindico ad messer Diomedes Longo per uno bacile de argento per ipso donato nomine universitatis alo ill.mo ducha dela Ferrandina, et anchora per messer Raymundo de Tesone [... ] ducati quarantaduj tari tre et grana otto correnti d. 42 - 3 - 8 A di ditto have liberato ditto sindico ad Simonetto de Ve tali per tante tele donate nomine universitatis alla ill.ma s. duchessa dela Ferrandina ducati dicinnove correnti azo habia da intervenire alo ill.mo s. ducha dela Ferrandina bone alle cose de questa università d. 19-0-0 A di ditto have liberato ditto sindico ad messer Diomedes Longo per cinque jornate vaco in Napoli per la causa preditta ducato uno tari duj et grana deici d. 1 - 2- 10 A di ditto [ 18 iulii] have liberato ditto sindico ad dopno Natalello Casaburi per fare levare la scommonecha dali segij de Salerno et ponerense lo editto dela absolutione grana septe et mezo d. 0 - 0 - 7 ./. [...].

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Indice dei Nomi Abignente G., 5, 6, 9 Adinulfo (de) Angelo, 34 Adinulfo (de) Berardino, 8, 17-19, 22, 24, 38 Adinulfo (de) Polidoro, 11 Afflitto (de) Marco, 27 Afflitto (de) Michele, 17 Alferi (de) Silvestro, 6, 8, 15-19, 24, 26 Amiano (de) vedi Damiano Anello, Argentiere, 11, 39 Anna (de) Michele, 6, 8, 10, 15-19, 21, 22, 24, 28, 32 Anna (de) Nicoloso, 10, 23, 24, 33, 36 Argenta (de) Giustino, 5, 32 Attanasio A.M., 6, 10 Avagliano T., 8 Baldaxarro, commissario del Papa, 31 Baldi A., 6 Barone Colella, 22 Bonaventura Guido, 6, 11, 28-30, 32 Borges, cardinale, 26 Buondonno S., 8 Cafaro Giovanni, 33, 34, 38 Cafaro Luca, 9-11, 19, 20, 22-26, 28-31, 35-38 Cafaro Nicola, 11 Cantaglia Giovanni, 29, 30, 37, 38 Cappelli A., 6 Caracciolo Tiberio, 31 Carlo V, 8 Casaburi Andrea, 16-18, 22, 24, 32 Casaburi Bartolo, 10, 22, 23 Casaburi Benedetto, 11 Casaburi Domenico, 7, 17 Casaburi Francesco, 6 Casaburi Geronimo, 6, 8, 15, 17-19, 22-24, 29, 30, 38 Casaburi Guadagnulo, 22 Casaburi Natalello, 25, 39 Casaburi Simonello, 37 Cassese L., 5 Castriota Ferrante, 11 Castriota Giovanni, 9-11, 17-25, 27, 28, 30-33, 39 Cerchella (de) Diomede, 32, 34, 35 Cimino Belloforte, 27, 31, 34, 36 Cinnamo, notaio di Maiori, 32 Corte (dela) Fabrizio, 18, 19 Corte (dela) Modesto vedi Curtis (de) Crissenzo (de) Benedetto, 38 Curte (de) Leonardo, 22 Curtis (de) Modesto, 8, 10, 17, 18, 21, 22, 24 D’Alessandro Crisostomo, 7 Damiano Galione, 19, 30, 38 Davit (de) Francesco, 36 De Blasi S., 7, 8, 11 Di Notargiacomo P., 5, 6, 7 Errico Berardo, 20 Falco (de) Francesco, 7, 75, 20 Ferdinando II d’ Aragona, 9

Ferdinando il Cattolico, 6 Filangieri G., 6-10 Francesco di Giffoni, 20 Furno (delo) Giovanni, 33 Gagliardi Galveno, 22 Gagliardi Luca, 8, 16-18, 22, 24, 27, 37 Gallarda Ramundina, 31 Gallardo vedi Gagliardi Genoino A., 8 Genovese Bernardo, 18 Giovanna IV d’Aragona, 9-11, 17, 18, 20-25, 28-31, 33 Giulio II, Papa, 6 Guardata Polita, 8 Guardati Masuccio, 8 Guillaume P. ,5, 7,11 Infante Sebastiano, 36, 38 Iuliis (de) Carlo, 8, 16-18, 22, 24, 27, 29, 31-34, 38 Jovene Giovanni, detto lo Zingaro, 7, 35 Jovene Paolino, 9, 20, 22, 36 Jovene Zopto, 7, 17 Lamberto (de) Antonio, 8, 10, 11, 17, 18, 22-29, 31, 37, 38 Leccisotti T., 7 Leone A., 6-9 Longo Altobello, 8, 9, 11, 17-22, 24, 31, 33, 35, 36, 39 Longo Diomede, 8, 17, 18, 22, 24, 25, 30, 32, 33, 39 Longo Giovan Battista, 8 Longo Silvestro, 8, 16-18, 30, 32, 34 Longo Teseo, 8, 22 Luciano (de) Sclavo, 8, 15, 17, 18, 35 Mangrella Jacobo, 9, 11, 18-22, 26, 29, 33 Mangrella Pietro, 38 Marco (de) Lucio, 16 Matteo, garzone, 36 Mauro (de) Angelo, 22 Mauro (de) Giovanni, 8, 17, 18, 34 Mauro (de) Zobatta Tomeo, 11 Milano S., 8 Monica (della) Giovan Battista, 77, 20, 33 Monica (della) Leone, 8, 16-19, 23, 24, 30 Monica (della) Marco Antonio, 22, 77 Monica (della) Santillo, 7, 18, 75 Monica (della) Tommaso, 24 Palmeri (de) Masullo, 33, 34 Pappalardo Giuliano, 8, 15, 17, 18, 21, 25, 26, 35 Parisi (de) Giovan Filippo, 6, 8, 9, 15-19, 21, 23, 24, 28, 31, 32, 34, 36 Petri delo Olevano, 25, 37 Petrucci F, 77 Phiodo Antonio, 19, 31, 33 Pilone R., 8 Pisanello Perro, 17, 22, 24-27 Pisanello Vito, 8, 17, 24, 25, 27, 29, 31, 32, 38 Piscicelli Giovanni Antonio, 25, 26, 30

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Polverino A., 8, 9 Quaranta Angiolillo, 11 Quaranta Bernuccio, 8 Quaranta Colantonio, 8, 9, 21, 22 Quaranta Ferdinando, 8, 10, 25-28 Quaranta Pierluigi (Perro Loysi), 8, 9, 11, 17-22, 24, 26, 28, 30, 31-34, 36

Terracina (de) Arsenio, 32 Tesone (de) Raimondo, 9, 11, 17, 30-34, 39 Tipaldo Giovan Marino, 16 Tomas de Ravelli, 24, 36 Troisi Andrea, 22 Troisi Fioravante, 7, 16, 17, 23 Troisi Francesco, 5, 6, 15, 36 Troisi Marco, 8, 23 Troisi Matteo, 8, 10, 20, 23, 24, 29

Rosa (di) Cesare, 33 Salsano Vincenzo, 8, 9, 17-22, 32, 35, 38 Senatore G., 6 Simone (de) Pietro Antonio, 7, 21 Taglé R., 5 Tarsia (de) Michele, 5 Tayano Giovan Paolo, 36

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Venieri A., 7 Vita (de) Mansueto, 32 Vitale (de) Cristoforo, 27, 37 Vitale (de) Simonetto, 8, 11, 17-19, 21-24, 27, 30, 31, 33, 37,39 Vitaya Antonino, 18, 19, 29, 35, 38 Zena (de) Francesco, 33


Delibere dal 1516 al 1517


17 febbraio 1517: elemosina offerta a Giovanni Di Napoli, cittadino di Trebisacce, il quale andava questuando per riscattare i suoi figli, catturati dai Turchi.

11 maggio 1517: «... per lo comenzare del episcopato...».


PREMESSA

Il terzo Registro delle Deliberazioni Comunali di Cava de’ Tirreni conservato nell’Archivio Storico cittadino comprende i verbali delle riunioni tenutesi tra il 7 settembre 1516 e il 2 settembre 1517. È di formato cm. 21 x cm. 29 ed è costituito da 96 fogli. I fogli da 97 a 128 contengono annotazioni di pagamento (gli esiti); seguono 14 fogli bianchi, poi T «Exito deli denari so andati ala despesa delle bulle in Roma», in due fogli, altri due fogli bianchi, seguiti da due contenenti le «Partite dubie date ad notar Jo. Thomasi Gallardo olim sindico da verificamose per ipso» ed altri due fogli bianchi. Il f. 1 è bianco: su di esso sono state scritte a matita, poco più di venti anni fa, delle annotazioni archivistiche1; il f. 2 contiene invece un’annotazione coeva alle Delibere, molto interessante per quel che riguarda il numero dei fuochi: « Jesus. La cita dela Cava ej fochi milljquatrocentotrentacinco, paga per terzo ducati sectecento et decessecte, tarj duj et grana deici: duc. 717 2 10 e paga per lo grano dela mesuratura zoè per thomola de sale ducati quatro, tarj tre et grana dicidocto et mezo: duc. 4 3 18 Dali tre terze che fa ducati duomiliacentocinquantaduj, tarj dui et grana deici de fochi et sali si defalchano ducati dugento per la grazia facta per la felice memoria del Signor Re Federico, cossi restano per ordenario ducati millinovecentocinquantaduj, tarj dui et grana deici: duc. 1952 2 10»2. Il f. 3 porta la scritta «Liber Cancellane et annotationum dicte»; i fogli da 4 a 17 sono bianchi. Il Registro comincia in pratica dal f. 18, in testa al quale figura la scritta «Ihesus». Il f. 18 porta l’intestazione: Decreta et ordinationes universitatis civitatis Cave [...]; nell’intestazione stessa, oltre all’anno di riferimento, è indicato il nome del sindaco e degli eletti. Sono quasi tutti personaggi già incontrati nel primo Registro di Delibere o nel Memoriale del 1508: alcuni di essi ricoprirono, anche più volte, la carica di sindaco e di cancelliere e provenivano da famiglie tradizionalmente impegnate nell’amministrazione cittadina. Cancelliere è il notaio Giovan Marco Jovene3, sostituito da Geronimo Jovene4 dal 10 marzo 1517; ritornerà al suo posto il 20 giugno, dopo aver svolto una delicata missione a Roma. Sindaco è Giovan Tommaso Gagliardi, notaio appartenente ad una delle famiglie cavesi più illustri5. 1 Apposte nel corso di un riordinamento operato dalla Soprintendenza Archivistica per la Campania: «Delibere 7 settembre 1516-2 settembre 1517 ff. 18-96 (+ 50 bis). Notamenti di spese ff. 97-128». 2 Cf. R. TAGLÉ, I fuochi nel 1516, in Appunti per la storia di Cava, curati da A. Leone, n. 1, Cava dei Tirreni 1983, pp. 51-53. 3 Alcuni suoi atti, datati 1505-1528, sono custoditi presso l'Abbazia benedettina della SS. Trinità (M. VILLANI, 1 protocolli notarili conservati nell’Archivio della SS. Trinità, in Appunti per la storia di Cava, curati da A. Leone, n. 2, Cava dei Tirreni 1986, p. 38). 4 Fu sindaco nel 1533-34. Cf. Dall'Archivio Storico Comunale. La città de la Cava e i suoi sindaci. Secc. XVXX, a cura di R. Taglé, Cava de' Tirreni 1996, p. 45. 5 Ivi, p. 42.

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Sono eletti6 per il distretto di S. Adiutore7 «dominus Michael de Anna8, nobilis Antonius de Lamberto, Joannes Antonius de Falco9 et nobilis Raymundus de Monica», per quello di Passiano il nobile Petro Jacobo Capova10 e ben tre notai, Giovan Filippo de Parisio11, Tommaso de Curti12 e Geronimo Jovene; sono eletti dalla provincia di Metelliano «magnificus dominus Raymundus de Tisono13, dominus Joannes Antonius Longus, Andreas de Troysio et Vinciguerra de Mauro»; «mag.cus Andreas Longus 14, nobilis Carolus Punzius, Loysius de Crescencio et egregius Honofrius Salsanus electi pro parte provincie Corporis Cave». Sono nominati grassieri Francesco Troisi15 per Metelliano, Stefano Cafaro16 per S. Adiutore, Carolo Capova17 per Passiano e Andrea Longo per il Corpo di Cava. La questione principale dibattuta in queste pagine è quella dell’episcopato, che la città aveva ottenuto nel 1513: «La Diocesi vescovile di Cava fu eretta il 22 marzo 1513 da Papa Leone X. Con la bolla Ex debito pastoralis il Papa avocava a sé la lite tra il Monastero della Santissima Trinità e la Città di Cava, imponendo ad entrambi perpetuum silentium, annullava la antica Diocesi Cavense eretta da Bonifacio IX, e faceva tornare il Monastero alla condizione giuridica precedente al 1394. Con la bolla Sincerae devotionis della stessa data - 22 marzo 1513 - il Papa erigeva la nuova Diocesi mettendola alla dipendenza immediata della Santa Sede [ ... ], stabiliva la Cattedrale in Santa Maria della Terra»18. Questa chiesa è al Corpo di Cava, nei pressi dell’Abbazia. I Cavesi si attivarono subito per ottenere il permesso di costruire una nuova Cattedrale al Borgo19, «sita intus moenia civitatis Cave ad quella si ha da fare in capite burgi» (23 feb. 1517). Il successivo 4 marzo il sindaco riceve l’incarico di ottenere dal vescovo licenza per cominciare a costruire la Cattedrale «in lo terreno delo episcopato». L’ 11 maggio viene posta la prima pietra: «Item che se fazano boni al dicto sindico carlini cinquo quali have pagati ad Pascale de Santa Lucia in parte de certe prete et calce have portate dicto Pascale in capo lo burgo per Ilo comenzare delo episcopato»20.

6 Alle riunioni degli eletti erano ammesse deleghe. Un esempio per tutti: il 22 marzo 1517 Simonetto Vitale partecipa «per parte di» Giovanni Antonio de Falco e Carlo Capova «per parte» del notaio Giov. Filippo de Parisi. 7 Per la divisione nei quattro quartieri, detti anche distretti o province, si rimanda al Regesto delle Delibere 1504-1506. 8 Eminente giurista, eletto anche nel 1504. 9 Aveva una bottega al Borgo. In un difficile momento economico, sovvenzionò la città. 10 Sindaco nel 1526-’27 e nel 1530-’31, nel 1537-’38 e ancora nel 1549-50. 11 Cf. Guida storica dell’Archivio di Stato di Salerno, a cura di L. Cassese, Salerno 1957, p. 216 e A. M. Attanasio, La più antica delibera comunale, in Appunti..., n. 1, cit., p. 46 e 49. 12 o Della Corte. Cf. Guida storica .... cit. p. 216. Fu sindaco tra il 1498-1500 (S. MILANO, 1 sindaci del XV secolo, in Dall'Archivio Storico Comunale ..., cit., p. 29. 13 Tesone. Personaggio di spicco nel memoriale del 1508, al quale si rimanda. 14 Per notizie su questo illustre ed attivissimo personaggio si rimanda al Regesto delle Delibere 1504-1506. 15 Cancelliere nel 1508, sindaco nel 1518-19. 16 Forse quello stesso, colpevole di aver rubato una donna ad uno Spagnolo, in favore del quale interviene l’Università, nel 1506. 17 Sindaco nel 1497-98 e nel 1502. 18 A. DELLA PORTA, Cava sacra. Profilo storico della Diocesi, Cava dei Tirreni 1965, p. 49. 19 Cf. Delibera del 20 feb. 1517. 20 Sulla Cattedrale, la sua costruzione e le sue vicende si veda, oltre al già citato Cava sacra, alle pp. 173186 (sull’inizio dei lavori pp. 176-177), P. PERDUTO, Nascita di un mestiere. Lapicidi, ingegneri, architetti di Cava dei Tirreni (secc. XI-XVI), Cava dei Tirreni 1983, pp. 80-88 e l’agile volumetto di V. ANNARUMMA, B. SPARANO, L'antico borgo e i suoi palazzi, Cava de’ Tirreni 1996, pp. 74-75.

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Per dirimere le varie questioni concernenti l’episcopato, cioè la spedizione delle bolle, il vitalizio da versare al Cardinale Luigi d’Aragona21, gli usi civici delle montagne e, in certo qual modo, la codificazione dei rapporti tra la città e il vescovo22, la città è in continuo contatto con Antonio Sanfelice, procuratore del cardinale Luigi d’Aragona e fratello del vescovo in carica, Pietro23. Erano stati scelti dei cittadini per occuparsi espressamente di tale questione e sovente si riunivano solo questi, chiamati «eletti dell’episcopato». La questione era davvero intricata: fin dai primi fogli apprendiamo che la città stava cercando di far sospendere un “interdetto” (ne aveva avuto un altro nel 1508), comminatole perché non aveva spedito a tempo debito il denaro pattuito per ottenere la bolla apostolica24. Per cercare un aiuto nella soluzione di questo problema si pensò anche di ricorrere alla regina Giovanna IV d’Aragona (31 ott. 1516). Successivamente (15 die.), si cercò di far venire a Cava, almeno per le feste di Natale, il vescovo, con il quale i rapporti dovevano essere piuttosto tesi: nel verbale del 3 gennaio 1517 leggiamo che l’Università sta «non poco umbrosa» nei suoi confronti, perché Antonio Sanfelice aveva fatto nominare un prete non gradito ai cittadini nella chiesa di S. Maria della Terra. A prendere una posizione decisa in opposizione alla scelta del vescovo è Andrea Longo25. Nel novembre 1516 una rappresentanza della città aveva ricevuto l’incarico di recarsi a Roma. Il 30 dicembre l’Università decide di mandare a Roma, a contrattare con il Cardinale, Annibale Troisi26 e per questo compito viene deliberato il pagamento di duc. 30. Il 4 marzo 1517 due “eletti dell’episcopato”, Raimondo Tesone e Raimondo de Monica, poiché devono trattenersi a Napoli per parlare con la regina, vengono sostituiti da Silvestro Longo e Silvestro de Alferi27. I sei “eletti dell’episcopato” o la loro maggioranza devono designare due persone da mandare a Roma: la scelta cade sui notai Vincenzo Salsano28 e Giovan Marco Jovene. Si cerca intanto il danaro necessario da mandare a Roma: il sindaco e Giovanni Antonio de Falco devono portare a Napoli al Banco dei Billi duc. 550. Il cambio però non è favorevole e si opta per il Banco di Franco Ramundo Conzulo de Catalani (16 mar.). Geronimo 21 « ... fu progettata tra l’abate D. Cristoforo D’Alessandro e il Card. Lodovico d’Aragona la detta creazione [di una nuova Diocesi Vescovile con Cattedrale propria], con convenzione del 15 marzo 1513, designando come Cattedrale la Chiesa di S. Maria della Terra al Corpo». Successivamente, il cardinale d’Aragona concesse che si potesse costruire una nuova Cattedrale al Borgo, a spese dei Cavesi: DELLA PORTA, Cava sacra, cit. pp. 176-177. Sul cardinale d’Aragona, ivi, p. 50. 22 Sull’intera vicenda cf. anche G. Abignente, Gli statuti inediti di Cava dei Tirreni, Roma-TorinoFirenze 1886, v. I, pp. 143-145 e P. GUILLAUME, Essai historique sur l’Abbaye de Cava d’après des documents inédits, Cava dei Tirreni 1877, pp. 285-300. 23 Pietro Sanfelice fu vescovo di Cava tra il 1515 e il 1519. Gli successe un figlio di Antonio, il celebre Gian Tommaso, che fu figura di spicco, e molto discussa, nel Concilio di Trento (subì anche il carcere in seguito ad un’accusa di eresia). Cf. DELLA PORTA, Cava sacra, cit. pp. 51-55. 24 A. DELLA PORTA, Cava sacra, cit., p. 177. 25 La città interveniva con sue proposte nelle nomine ecclesiastiche. Il 14 feb. 1517 viene proposto al vescovo di conferire il diaconato di S. Maria della Terra a d. Giusto de Rosis. 26 Illustre giurista. Cf. S. MILANO, Le tradizioni guerriere e religiose di Cava rievocate nella festa di Castello, Cava de’ Tirreni 1988, p. 70. 27 Cf. Dall’Archivio Storico Comunale. La città de la Cava e i suoi sindaci, cit. p. 40. 28 Sindaco uscente {Dall’ Archivio Storico Comunale. La città de la Cava e i suoi sindaci..., pp. 41-42). Già sindaco nel 1503, fu molto attivo nella gestione della cosa pubblica, come si evince dai precedenti registri di Delibere. «Vincenzo fu familiare della Reina Giovanna IV d’Aragona moglie del Re Ferrante II, dalla quale in remunerazione de’ suoi servigii ebbe in dono alcuni feudi nella Terra della Tripalda detti Le Coste nel 1502»: O. BELTRANO, Breve descrittione del Regno di Napoli diviso in dodeci provincie, Napoli 1640, p. 186.

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Jovene deve copiare le istruzioni da portare a Roma e, dal momento che queste devono «andare innante lo S. Cardinale, ei besogno farelle de bona lectera». Già in data 28 marzo il sindaco legge agli “eletti dell’episcopato” una lettera spedita da Roma dai notai Vincenzo Salsano e Giovan Marco Jovene e viene deciso il tenore della risposta. Intanto la tensione con il vescovo cresce: il 29 marzo l’Università protesta con lui per «certi sinodali» «quali non so ne foro may soliti» e lo invita a venire a Cava a stabilirsi nella sua sede. Il 4 aprile 1517 gli “eletti dell’episcopato” rispondono a delle lettere giunte da Roma, inviate dai rappresentanti dell’università, su diverse questioni. Il 14 aprile l’Università, riunitasi nella chiesa di S. Francesco, dà agli “eletti dell’episcopato” ampia potestà per procurarsi duc. 450 da dare al cardinale, altrimenti «non se spera haverenose le bulle» (i duc. 450 servono per raggiungere la somma di mille ducati, necessaria per la spedizione delle bolle). Il giorno dopo, a riunirsi sono gli “eletti dell’episcopato”: per procurarsi il denaro, decidono di imporre tre tornesi sulla gabella ordinaria della farina. Decidono inoltre di rimborsare al sindaco tutte le spese fatte per inviare lettere a Roma o per i corrieri giunti da Roma; ancora, viene designato Annibale Troisi per andare a Roma a parlare con Antonio Sanfelice su sollecitazione del Sanfelice stesso e dei sindici mandati a Roma. Il 19 aprile il sindaco e Giovanni Antonio de Falco ricevono disposizioni per recarsi a Napoli a depositare il denaro, ma i sindici in Roma dovranno pagare solo dopo aver avuto le bolle. Il 4 maggio gli “eletti dell’episcopato” continuano la questione con il cardinale in quanto il denaro pattuito è stato mandato e si darà al più presto ordine di depositare nella banca indicata da Antonio Sanfelice i duc. 200 da versare annualmente, quindi le bolle vanno spedite senza indugio. Il 1 giugno gli eletti decidono che per il giorno seguente si faccia università sulle proposte avanzate da Antonio Sanfelice, giunto in città. Il 2, l’Università rimette agli eletti ordinari le varie questioni, affinché le studino anche con altri cittadini e ne riferiscano poi all’università. Inoltre il sindaco deve consegnare ai preti duc. 10 offerti dagli “eletti dell’episcopato”, oltre ai 40 già pattuiti. Antonio Sanfelice sarà ospite della città per tutta la durata della sua permanenza. Il 7 giugno Jacobo Mangrella e Giovanni Gagliardi29 sono incaricati di consultarsi con la regina e con esperti per modificare alcune clausole delle bolle ottenute dai notai Vincenzo Salsano e Giovan Marco Jovene. Tutte le spese saranno a carico dell’università. I due notai, Salsano e Jovene, saranno pagati solo dopo che l’Università avrà valutato il loro operato. Il 17 giugno il giudice Giovanni Gagliardi riferisce su quanto eseguito. L’Università decide di scrivere, servendosi della sua consulenza, tre lettere, la prima ad Antonio Sanfelice, che ha promesso di far modificare le bolle, assicurandogli la gratitudine della città, la seconda all’uditore per raccomandargli l’Università, la terza a Jacobo Mangrella «che stea sollicito ad tale causa appresso li signuri che la università non li sara ingrata». Ad Antonio Sanfelice bisognerà precisare che, finché non saranno «reconziate» le bolle, dovrà soprassedere a concedere le varie dignità ecclesiastiche. Si delibera il pagamento dei notai Antonino Gagliardi30, Tommaso della Corte e Francesco Troisi per aver copiato una serie di documenti. Il notaio Hieronymo Jovene deve rendere il quaterno dela cancellarla al not. Giovan Marco Jovene e dovrà essere pagato «di quello tempo have servuto». L’Università decide anche un donativo di dieci ducati in tele per l’uditore, confidando nel suo aiuto per 29 II primo notaio, il secondo giudice, figure di primo piano nella vita pubblica cavese già nel 1504-1506. 30 Cancelliere nel 1504-1506.

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la modifica delle bolle. In data 20 giugno toma a scrivere il not. Giovan Marco Jovene. In questa data si tiene una riunione molto importante a cui partecipano gli eletti ordinari, quelli dell’episcopato ed altri ragguardevoli cittadini, per leggere la lettera scritta da Giovanni Gagliardi ad Antonio Sanfelice sulla riforma delle bolle. In particolare si insiste sui termini «vaxallis et vaxallatico iure», considerati gravemente lesivi degli interessi della città. Lo stesso Gagliardi con Jacobo Mangrella aveva riferito alla regina che tali parole sarebbero state abolite. Si supplica quindi il Sanfelice di venire incontro ai desideri e alle varie richieste della città, «quanto citius, tanto melius», rassicurandolo sui sentimenti di gratitudine nutriti nei suoi riguardi. Il 25 giugno Jacobo Mangrella riferisce sul suo operato a Napoli a proposito di queste questioni e, letta anche una lettera pervenuta dal Sanfelice, si decide di far riunire l’Università: il 30 giugno l’Università dà incarico a lui ed a Solimanno de Curri31 di supplicare la regina per la riforma delle bolle e la cancellazione dei termini sopraddetti. Inoltre Giovanni de Mauro32, Simonetto Vitale, Carlo Capova, Giovanni Gagliardi, Nicolò Quaranta e il not. Tommaso della Corte33 vengono incaricati di vedere il conto del prestito che, a Roma, i rappresentanti dell’università avevano contratto con Loysi Gebrilione; a quest’ultimo si deve scrivere di avere pazienza «che tucta via questa università actende ad fare lo recapido»; il 4 luglio gli eletti dispongono che gli si scriva di pazientare per quindici giorni. Inoltre l’Università, dovendo venire a Cava l’uditore, autorizza gli eletti ordinari a sostenere tutte le spese necessarie per fargli «demostratione» «honesta et conveniente». Il 6 luglio Solimanno de Curri, tornato da Napoli, riferisce agli eletti e ad altri cittadini riunitisi dal sindaco che la regina e i suoi ministri concordano sul fatto che le bolle vadano modificate; «cossi ancora ei de bona volunta» Antonio Sanfelice. A tal proposito, Jacobo Mangrella, che è rimasto a Napoli, dovrebbe far mandare a chiamare il Sanfelice per invitarlo a scrivere «in bona forma» a Roma per la riforma delle bolle e, se possibile, per fargli promettere alla regina il suo impegno in tale causa. L’11 luglio si decide che i preti e i canonici potranno prendere possesso delle loro ‘dignità’ solo dopo la riforma delle bolle, altrimenti il sindaco dovrà far ricorso al Capitano. Se dovesse mancare l’appoggio del Capitano, il sindaco dovrà opporre resistenza e, con venti uomini, impedire ai preti di prendere possesso delle loro cariche. Il 13 luglio si toma a parlare della necessità di pagare al più presto i duc. 200 di debito con Loysi Gebrilione, in quanto era arrivato un monitorio da Roma contro i notai Vincenzo Salsano e Giovan Marco Jovene, che avevano contratto il prestito. Il sindaco, Carlo Capova e Cesaro de Rosa34 devono trovare il denaro al minor interesse possibile. Inoltre, per superare i gravi problemi in cui in quel periodo si trovava la città, Andrea Longo propone di giungere ad un accordo con i Padri benedettini dell’ Abbazia della SS. Trinità, secondo cui Cava avrebbe avuto un vescovo benedettino e la chiesa cattedrale «in capo alo burgo deli Scazaventi». L’Università è d’accordo e dà incarico di parlarne con l’uditore e la regina ad alcuni cittadini scelti tra i più influenti: Andrea Longo, Silvestro Longo, Ferrante Quaranta35, Giovanni Gagliardi, Carlo Capova, Annibale Troisi, Leonardo Longo, Giovanni

31 Dall’Archivio Storico Comunale. La città de la Cava e i suoi sindaci..., p. 22 e p. 40. 32 MILANO, Le tradizioni guerriere..., p. 66. 33 II 4 luglio questi stessi cittadini ricevono l’incarico di trovare i responsabili de «lo errore» delle parole «cum vaxallis et vaxallatico iure». 34 Sulla famiglia De Rosa cf. BELTRANO, cit., p. 188. 35 A. GENOINO, Vicende medioevali del Mezzogiorno da un discorso araldico del secolo XVII, un lavoro del 1931 ripubblicato in A. Genoino, Scritti di storia cave se, a cura di T. Avagliano, Cava dei Tirreni 1985, pp. 5881, e segnatamente pp. 78-79.

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Antonio de Falco ed il Capitano, che giurano sui Vangeli che agiranno in merito a tale questione «senza ranchore, odio et passione». Il 17 luglio succede un fatto nuovo: gli eletti “dell’episcopato” e quelli ordinari si riuniscono «per lo facto delle scommoneche so state poste questa matina et altre cose». Per far levare le scomuniche, il sindaco deve pagare ad Antonio Sanfelice la somma promessa, prendendola dai soldi dell’università. Deve anche pagare il debito di duc. 217 a Luigi Gebrilione. Il giorno successivo si dovrà riunire l’Università per discutere solo sul problema delle scomuniche e sul versamento dei duc. 200 dovuti al Sanfelice, il quale deve essere pregato di pazientare ancora otto giorni. Intanto il Capitano deve costringere al pagamento dei censi tutti coloro che sono tenuti a farlo, già condannati alla sua corte. Si devono anche fare i conteggi delle somme riscosse, per vedere quanto manca al raggiungimento della cifra necessaria per soddisfare i debiti, e si devono vendere i pegni dei debitori. Verrà stabilito anche l’aumento di un tornese sulla gabella della farina per pagare il denaro promesso al clero della città. Il sindaco, il 22 luglio, può riferire all’università che è giunta una lettera di Antonio Sanfelice sulla rimozione delle scomuniche e sulla questione della giurisdizione. Nella disputa era intervenuto il segretario del cardinale Antonio Seripando, riprovando che l’Università non avesse ratificato gli accordi stipulati a Roma dai notai Salsano e Jovene. Il sindaco e Giovanni Antonio de Falco vengono incaricati di portare ad Antonio Sanfelice, a Napoli, duc. 140 mancanti al saldo del pagamento dei censi. Con loro andrà anche Annibale Troisi. I tre inviati dovranno cercare di ottenere dall’uditore di rimettere a Cava, al Capitano, la causa di Hectorro Quaranta, richiamando al rispetto dei privilegi della città. Inoltre essi dovranno mettersi d’accordo col Sanfelice sulle modalità di versamento dei duc. 200 dovuti al cardinale. Al Sanfelice verranno consegnati entro quindici giorni trenta ducati per i servigi da lui resi all’università. Viene data ad Annibale Troisi una procura per ratificare i patti concordati a Roma. Si continua a discutere, inoltre, sulla necessità di riscuotere i censi non ancora pagati e di vendere i pegni36. Dal verbale del 29 luglio apprendiamo che l’uditore è giunto a Cava per la questione della conservazione dei privilegi. L’Università pagherà l’ospitalità a lui e al suo seguito e gli donerà un bacile d’argento del valore di duc. 50. Con l’uditore si dovrà anche parlare del manigio per affidare l’episcopato alla Congregazione di Monte Cassino. Il 2 agosto l’Università approva tutte le spese sostenute dal sindaco per risolvere le questioni dei debiti vari, per far levare l’interdetto e per far ratificare gli accordi presi a Roma. Decide anche di scrivere al Sanfelice per chiedergli di far obbligare i preti che hanno ricevuto dignità e canonicati a versare la metà delle loro prebende al cardinale, in pratica un contributo forzoso al raggiungimento della somma dei duc. 200 dovuti dall’università ogni anno al cardinale. Gli eletti inoltre dovranno fare lo bilanzo della somma mancante per i pagamenti fiscali e per quanto dovuto al cardinale, quindi trovare il danaro per soddisfare i debiti, vendendo le gabelle o «come meglio loro parerà», dando ad essi ampia facoltà in merito37. Il sindaco dovrà andare a Napoli da Antonio Sanfelice per ricordargli le sue promesse circa la riforma delle bolle. Nel verbale del 21 agosto leggiamo che l’Università è stata citata dal cardinale per l’uso delle montagne. Il 24 viene nominato il procuratore dell’università e si decide di esaminare 36 Annibale Troisi riferisce in data 28 luglio su quanto operato a Napoli. 37 Il 12 agosto gli eletti ed altri cittadini decidono che si vendano 5 tornesi sulla gabella della farina. Michele d'Anna, Tommaso de Curii, Carlo Capova, Filippo Costa e il sindaco vengono incaricati di vendere le gabelle della carne, del pesce e del vino.

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il processo, per studiare se è il caso di fare la causa o di accordarsi. Il Sanfelice, con una sua lettera, pone inoltre altri problemi per quel che riguarda gli accordi presi e le garanzie sui pagamenti. In particolare, il cardinale Seripando non è d’accordo su come è stata stipulata la ratifica degli accordi. Gli eletti, riunitisi con altri cittadini, propongono che sia lo stesso cardinale a far fare la minuta, assumendosi la responsabilità che «la università la ratificara subito». Ai garanti per il vitalizio dei duc. 200, Raimondo Tesone, Giovanni Antonio de Falco e Silvestro Longo, l’Università offre «sufficiente securita», mentre Antonio de Lamberto e Filippo Costa, sostituito da Solimanno de Curti, vengono incaricati dall’università di invitare il vescovo, «che venga ad staresi colo suo grege». Se i rapporti con il vescovo non erano facili, non lo erano neppure quelli con i religiosi della città. Esisteva un rischio continuo di essere scomunicati, anche, ad esempio, per il lavoro dei campi compiuto di domenica (1 ott. 1516). Il 4 maggio 1517 si accenna ad una questione con il P. Guardiano di S. Francesco, che aveva scomunicato il vicario38. Abbiamo già accennato ad un’altra questione che impegna gli amministratori della città: la difesa dei privilegi. I vantaggi nella vita economica come nell’amministrazione della giustizia erano notevoli, e, per non perderli, continuamente bisognava ricorrere alla regina affinché le prerogative ottenute nel passato dai Cavesi fossero rispettate. In quest’ottica va vista anche la decisione di transuntare la «la lictera dela charta biancha» (24 sett.). I privilegi andavano difesi anche contro eventuali abusi del Capitano (20 ott. ‘16). Il 1 nov., per varie questioni (le tensioni con il vescovo, per non pagare Ferrante Pandone) e soprattutto per la difesa dei privilegi, vengono inviati dalla regina Andrea Longo, Raimondo Tesone, Raimondo de Monica e Nicolò Quaranta, con ampia potestà anche di affrontare delle spese a carico della città. Quando il Capitano emette un bando contro gli usurai, si teme che possa pregiudicare i privilegi della città e si decide di ricorrere alla regina perché il Capitano «non si po piamare altro che Capitano et non Commissario» e per chiedere «che Sua Maesta se degne allevarenze de tale gravamento et questo per conservatione deli nostri privilegii» (27 nov. ‘16). Il 12 dicembre il Capitano avanza la richiesta, rigettata dagli eletti, di essere esentato dalle gabelle. Egli inoltre, (30 die.) fa venire la farina da fuori, eludendo le gabelle e arrecando “danno” ai cittadini (e uno reagisce dandogli un pugno). Ancora il 17 marzo al Capitano, che vorrebbe essere ritenuto esente da gabelle, l’Università fa presente che questo non era mai stato fatto e che bisognava rispettare la consuetudine. Il 26 gennaio 1517 Andrea Longo e Petro Jacobo Capova devono andare dalla regina per la difesa dei privilegi e perché il Capitano osservi i propri limiti di potere. Per seguire tale questione, agli eletti ordinari vengono aggiunti Domenico Longo, Cola de Armenando, Giovanni Gagliardi, Aniballo Troisi, Cesare della Corte, Tommaso della Corte, Silvestro de Alferi, Filippo Costa, Giovanni de Mauro, Vincenzo Salsano e Simonetto Vitale. Il 10 marzo, sentita la risposta della regina, si decide che, nei casi di omicidio, il Capitano dovrà procedere dietro querela; nel caso non fosse avanzata alcuna querela, «Sua Maesta proveda de justitia contra dicti delinquenti de altra persona non comectendo dicti casi al Capitano». 38 La cosa sorprende, perché i rapporti con i PP. Francescani appaiono sempre buoni, anzi il 30 dic. 1516 si parla di lavori alla chiesa di S. Francesco e il 24 ag. si delibera il pagamento, come elemosina, di tredici barili di vino per un valore di duc. 4, che il P. Guardiano di S. Francesco aveva già ritirato.

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La regina vuol procedere di ufficio in ogni caso. A questo punto gli eletti propongono che si facciano querele per un anno. Il 20 marzo Andrea Longo e Tommaso della Corte vengono incaricati di parlarle per ottenere ciò. Non riescono nell’intento e il 28 marzo ricevono disposizioni di insistere, facendosi assistere da «lo meglio advocato che se po», anche per una questione relativa al pagamento di un commissario incaricato di controllare le scritture della città, questione di cui parleremo più avanti. Il 29 marzo si decide di tenere università piena sulla questione dei privilegi nella prossima Pasqua, prevedendo un maggiore afflusso di gente. Il 14 aprile ad Andrea Longo e Tommaso della Corte si affiancano Solimanno della Corte, Giovanni Antonio de Falco, Antonio de Lamberto e Giovan Filippo de Parisi, con il compito di fare il possibile per la difesa dei privilegi. Nel luglio 1517 l’uditore giunge a Cava per esaminare la questione dei privilegi. La città lo ospita e gli dona il bacile d’argento di cui già si è parlato. Egli manifesta la volontà di tornare a Cava il mese successivo e gli eletti decidono di avanzare supplica alla regina per farlo venire in città «per acconzare certe cose» (19 ag.). Alla questione dei privilegi si lega la concessione di nuove cittadinanze, che permettevano non poche esenzioni da diritti doganali ed altri vantaggi. In cambio, i nuovi cittadini erano tenuti a dare alla città congrui contributi economici. Per non aver mantenuto le loro promesse, in data 1 novembre 1516 i nuovi cittadini furono privati della cittadinanza ottenuta ed anche delle franchigie, immunità e di tutti i privilegi connessi. In data 27 novembre furono però sollecitati a mantenere le loro promesse ad a prestare realiter all’università duc. 500. Il 30 dicembre fu concessa la cittadinanza a Cola e Marco de Fusco del Vallo di Novi. Un nuovo cittadino, Berardino Greco (20 die. 1516), offrì alla città un prestito di duc. 100 e cuoio per un valore di 500 o 600 ducati. Ad un altro nuovo cittadino, Marco Staibano di Maiori, si mandò a chiedere un prestito di un massimo di 100 ducati (e intanto l’Università prendeva in prestito anche duc. 200 da Nicolò e Giovan Francesco Strozzi). Il 14 gennaio 1517 Francesco Fioccano fa presente che non gli era pervenuta l’intimazione di prestare danaro all’università e che, anzi, era sempre stato disposto a sovvenzionare la città nei suoi bisogni. Viene quindi revocato il decreto di privazione della cittadinanza contro di lui ed altri «che non so stati intimati». Il giorno dopo gli eletti decidono di intervenire in suo favore presso il Capitano che gli aveva sequestrato delle mercanzie. Per fargli restituire le merci, deliberano di scrivere al Governatore di Salerno (Andrea Troisi dissente e si dissocia) ed a varie altre autorità. Il 4 maggio il Fioccano chiede di non essere più cittadino cavese. Da quanto sopra detto si evince con chiarezza che, malgrado i tanti privilegi, di tanto in tanto anche i mercanti cavesi avevano seri problemi con le dogane. Un carico d’olio di Diomede Longo fu fermato alla Dogana di Terra d’Otranto, contro i privilegi della città. E da notare però che erano Cavesi gli arrendatori di questa Dogana: essi erano i figli di Leone della Monica39. L’Università decide di far parlare con Leone il sindaco e, se questi non riuscisse nel suo intento, proseguire contro i della Monica rivolgendosi ad autorità napoletane (25 feb. 1517). Nel verbale del 2 settembre leggiamo che l’arrendatore della dogana di Vietri «delo Principe» aveva emesso dei bandi contrari ai privilegi della città. Il vicesindaco, il cancelliere ed altri illustri cittadini devono quindi recarsi col Capitano alla Marina e levare 39

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Si rimanda al Regesto delle Delibere 1504-1506.


i bandi, qualora questi fossero stati affissi. Il Capitano inoltre dovrà sollecitare un commissario che è alla dogana di Vietri a presentarsi a lui per spiegare la sua presenza40. Una grave piaga sociale nell’epoca di cui trattiamo fu il fenomeno del fuoruscitismo. La guerra contro Luigi XII41, la morte, nel 1516, di Ferdinando il Cattolico e la successione di Carlo, il decreto di restituzione dei beni confiscati ai baroni filofrancesi da parte dei baroni che avevano invece appoggiato gli Aragonesi avevano generato nel Regno forti conflitti. Nel 1516 bande di fuorusciti imperversarono in alcune zone del Regno, fra cui proprio il Salernitano. La repressione di tale movimento comportò, nell'estate del 1516, l’alloggiamento di soldati spagnoli a Cava, con gravi danni per la città. Già nel settembre 1516 si pone il problema dei fanti pagati dalla città. Il 30 dicembre si decide di donare dieci canne di «tela bona» ad un cortigiano della regina, per l’intercessione presso il Viceré per far «dislogiare» gli Spagnoli. Successivamente si parla di varie ruberie operate dagli Spagnoli. Ad evitare il ripetersi di una situazione incresciosa per tutti i cittadini, l’Università cerca di tenere fuori dal suo territorio ogni elemento di rischio. Il 1 ottobre 1516 per scacciare i fuorusciti dal Corpo di Cava42 vengono mandati quanti più uomini possibile, guidati da Stefano Cafaro e Raimondo de Girardo. Il 30 ottobre furono allertati i capodieci a tener pronti uomini armati da mettere a disposizione del Capitano se fossero arrivati a Cava dei fuorusciti. Il 28 gennaio 1517 fu fatta quietanza agli eredi del notaio Basilio Pisapia 43 di quanto dovevano avere dall’università. Essi avevano anticipato danaro per non far venire fuorusciti in città, il che avrebbe comportato l’arrivo di soldati spagnoli e conseguenti danni. Il 29 marzo la città riceve disposizioni dalla regina di fornire al Capitano trenta persone bene armate. Il 14 aprile 1517, riguardo a questi trenta uomini, il sindaco riferisce che circa44 venticinque uomini erano andati col Capitano «ad pigliare Casolla quale steva prisone» alla corte del Principe di Salerno ed erano stati pagati grana 15 ciascuno. Il giorno seguente il Capitano era andato a Pisciotta, a prelevare Salvatore de Angrisano ed altri fuorusciti, portando con sé trentatré uomini e due mulattieri, cioè persone in più rispetto alle trenta previste. L’Università determina di farsi comunque carico delle spese. Il Capitano inoltre aveva dovuto scortare da Campagna a Cava l’Angrisano, con dodici uomini e con il capitano Porres, che aveva richiesto un numero di uomini maggiore: erano andati circa 40 II 22 marzo il sindaco aveva ricevuto incarico di intervenire contro il doganiere di Vietri, che aveva preteso da un cittadino di Scala il pagamento per delle mole da mulino, che invece erano franche. 41 II Papa Giulio II e Ferdinando il Cattolico avevano stipulato un’alleanza contro la Francia (ott. 1511). Ricordiamo che a capo dell’esercito della Lega ci fu il Viceré Raimondo di Cardona, che fece ritorno a Napoli nel nov. 1515. (Raimondo di Cardona era stato nominato Viceré nel 1509, morì nel 1522). Ricordiamo ancora che nell’aprile del 1517 fu inviato a Napoli Charles Ledere, commissario generale per una « inchiesta conoscitiva sulle entrate effettive del paese, ed insieme un’ispezione ed una missione riordinatrice con oggetto l’apparato fiscale ed amministrativo dello stato». I risultati dell’indagine rappresentarono una «implacabile denunzia ed accusa dei metodi che regolavano la vita del paese»; la responsabilità di tale stato di cose ricadeva su «ogni ceto», ma soprattutto «sul baronaggio, ed ogni ramo dell’amministrazione finanziaria come giudiziaria, in un contesto caratterizzato dalla persistenza di piaghe sociali come il pauperismo, il fuoruscitismo e il banditismo e dal prosperare di una burocrazia inefficiente e malversatrice a tutti i livelli». Il Ledere nel corso di due anni visitò quasi tutto il regno, ma la sua azione suscitò malcontento tra i patrizi, che ottennero prima una sua parziale destituzione dall’incarico, a favore di Giovan Battista Spinelli, e nel 1522 la sua completa destituzione: (G. D’AGOSTINO, Il governo spagnolo nell'Italia meridionale (Napoli dal 1503 al 1580), in Storia di Napoli, Napoli 1976, v. III, p. 37. 42 Villaggio fortificato nei pressi dell’Abbazia benedettina, filofrancese. 43 Era stato sindaco nel 1495-96 (MILANO, 1 sindaci..., p. 27). 44 Sono frequenti i casi di approssimazione.

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ventisei uomini, pagati grana 15 al giorno. Intanto giungono in città le disposizioni del Capitano per l’impiccagione di Salvatore de Angrisano. Il capitano Porres verrà a Cava e ci rimarrà un paio di giorni con i suoi prigionieri: bisogna disporre per le spese «tanto ad ipso corno alle genti soe et ali cavalli» e per i fanti che dovranno custodire i prigionieri. Gli eletti determinano per il Capitano della città un compenso di duc. 40 per aver condotto a Cava dei fuorusciti ed anche per altri motivi. Il 4 maggio si delinea un nuovo motivo di tensione con il Capitano, che, contro le sue stesse promesse, aveva preso provvedimenti contro molti cittadini che avevano parlato con i forestieri e dato loro da mangiare. Le operazioni di repressione nel 1516 erano state condotte da Ferrante Pandone 45, il quale chiedeva ora le sue «mesate». L’Università rifiuta però di pagare. La questione si trascina e viene sottoposta addirittura alla regina. Sappiamo anche che per questa storia il sindaco «stecte in Napoli retenuto». Dal verbale del 17 maggio 1517 apprendiamo che l’uditore aveva ordinato alla città di effettuare il pagamento. Per evitare ciò e richiamandosi ai suoi privilegi, l’Università decide di mandare dei rappresentanti dalla regina. Gli eletti ordinari lo stesso giorno designano per questa missione il sindaco, Silvestro Longo, Altobello Longo e Simonetto Vitale. A Napoli, essi dovranno chiamare Galieno de Anna, Angelo e Vincenzo de Mauro, mastro Nicola Galisi e mastro Santillo de Monica e quanti altri «ad loro meglio parerà» e tutti insieme dovranno recarsi dalla regina. Il 25 maggio 1517 gli eletti deliberano un donativo all’uditore in salumi, cacio e pollastri per un valore di 30 carlini, dono che dovrà essere portato dal sindaco stesso a nome dell’università. Il sindaco, ritornato, riferisce agli eletti (30 mag.) che è intenzione dell’uditore «fare conservatorio» dei privilegi della città e chiede per questo un memoriale. Il sindaco dovrà poi tornare a Napoli «per la expeditione de dicto conservatorio». Sempre in data 17 maggio leggiamo che il Capitano avrebbe avuto bisogno di trenta fanti per scortare dei prigionieri da Campagna a Napoli, ma che aveva scritto al capitano Porres chiedendogli «Ile volesse mandare con li caballi soj che la università non le seria ingrata». Se il capitano Porres avesse accettato, l’Università avrebbe dovuto offrirgli un dono. Il 7 giugno il Capitano della città, Giovan Battista Villani, fa presente che per sorvegliare i prigionieri di «Casa Costula» aveva tenuto in casa sua quindici uomini la notte e al mattino per scortarli a Napoli aveva preso sei uomini e una bestia, che stettero fuori due giorni. L’Università delibera di pagare due carlini al giorno a quelli che andarono a Napoli e un carlino al giorno a quelli che stettero la notte di guardia, più tari due e grana dieci per la bestia. La regina inoltre volle dell’erba per i cavalli che teneva a Nocera, erba raccolta nella terra della erede di Cesare Casaburi. Nicoloso de Anna venne incaricato di valutare la quantità d’erba requisita ed eventuali danni a quella rimasta, affinché il sindaco potesse subito pagare la erede di messer Cesaro. Il 17 giugno si delibera il pagamento per l’ospitalità del capitano Porres e dei suoi uomini (duc. dieci e mezzo, più l’erba per i cavalli). Il 13 luglio, per pagare i fanti con cui il Capitano era andato a rilevare dei prigionieri, si dice che si dovrebbero usare i beni dei «malifacturi»; in mancanza di tali beni, si dovranno vedere ed osservare le lettere della regina

45 R. COLAPIETRA, I Sanseverino di Salerno. Mito e realtà del barone ribelle, Salerno 1985, p. 121.

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in proposito. Il 19 luglio gli eletti ed «homini» della città dispongono che si scriva una lettera di raccomandazione alla regina per Matteo d’Agostino e Sebastiano Polverino, incarcerati con l’accusa di omicidio, supplicandola «de non farelle morire» perché hanno il peso di «secte sore»46. Particolare, nel contesto geografico e socioeconomico del territorio dell’antica Università cavese, è la posizione del casale di Cetara e le vicende storiche che conseguentemente lo vedono protagonista. Il 1 novembre 1516 viene rigettata l’istanza dei cittadini di Cetara, che avrebbero voluto avere un proprio sindaco «oviro procuratore de dicto casale». Ma il problema più assillante per i Cetaresi era il continuo pericolo di incursioni dei pirati. Il 22 luglio 1517 si ha notizia che erano state avvistate fuste di Mori lungo la costa di Policastro. I Cetaresi non disponevano di bombarde, per cui l’Università delibera di prestar loro quattro pezzi di artiglieria, da consegnare ad un uomo del casale provvisto di uno speciale mandato. Il sindaco deve provvedere a prestare due pezzi di artiglieria che si trovavano alla Marina di Vietri e a farsi restituire altri pezzi, prestati a Vinciguerra Vitale e compagni. Gli uomini di Cetara e Vietri, inoltre, dovranno disporre le guardie. Un altro episodio che ci rimanda alla violenza della pirateria in quel particolare periodo storico è costituito dall’elemosina di cinque carlini offerta a «Joanne de Neapoli citatino de Tribisaczi quale anda petendo per redimere certi soi figlioli captivi in potere de Turchi» (17 feb. 1517). Dal «libro degli esiti» (f. 111) si apprende che anche la moglie, oltre ai figli, era stata rapita: «erano stati pigliati da turchi per recactarelle». Tornando alle vicende del casale di Cetara, il 2 agosto 1517 l’Università decreta il rimborso delle spese sostenute dagli uomini di Cetara e Vietri per i preparativi di una visita che l’uditore si era proposto di fare «ala aqua delo fico» ed a Cetara. La città si dimostra attenta e sollecita nella riparazione delle strade di collegamento con Vietri. Nel verbale del 12 dicembre 1516 leggiamo che Vinciguerra de Mauro riceveva l’incarico di far riparare una via sotto gli Scazaventi. Successivamente ( il 26 gennaio 1517) Giovanni de Mauro deve far coniare la via da Castagneto a Vietri (questa spesa va a gravare sul gabelloto della farina) e viene stimato l’interesse dovuto ad Andrea Troise per un prestito da lui fatto all’università per poter riparare le strade da Castagneto alla Molina. La città è chiamata anche a contribuire alla riparazione del ponte di Eboli, con una tassazione di grana quattro e mezzo per fuoco (4 mag.). L’11 luglio si dà incarico a Jacobo Mangrella di chiedere all’uditore se «vole che si pagano» tali danari. Il 17 luglio si legge che il commissario di Salerno aveva requisito dei muli per il pagamento di detto ponte: si chiede al segretario se è volontà della regina che l’Università paghi o no questo contributo. La città dovrà pagare quindici ducati (22 lug.). Li verserà il Capitano al Commissario, facendosi restituire il mulo sequestrato. Come già in passato, una spesa notevole era costituita dai donativi. Il 28 ottobre 1516 si ha notizia di un dono di colombi alla regina. Il 6 die. viene deliberato 46 Furono però impiccati. Una scala da usare per una impiccagione costava grana 15.

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un donativo di copeiti47 ad Antonio Sanfelice. Il 30 dicembre si decide di offrire un omaggio a varie autorità. Un episodio che sarebbe piaciuto al Manzoni è quello accaduto nel gennaio 1517. La città aveva stabilito di donare (3 gen.), tramite il sindaco e Antonio de Lamberto, 15 capponi alla «regina grande» e altrettanti alla «regina giovane», più due marzapani «de copeta fina per ciascuna de libre deici lo uno» e, inoltre, altri capponi ed altri pezzi di copeta da distribuire fra varie autorità. Ma il 9 gennaio la «Regina grande» muore. La missione del sindaco e di Antonio de Lamberto cambia tono. Ad essi si aggiungono Andrea Longo, Nicolò Quaranta e Tommaso de Curtis (14 gen.) per andare a porgere le condoglianze della città a Giovanna IV48.1 capponi ebbero salva la vita per un altro po’ di tempo: affidati alle cure di Petropolleri a Napoli, furono portati in dono nella triste occasione di tale incontro. Il 19 agosto si danno disposizioni ad Alessandro de Adenulfo, che sarà pagato tre carlini, di portare alla regina quattro marzapani di manna, fatti giungere a Cava dal Percettore di Calabria. Nelle delibere troviamo ancora la testimonianza di altri doni, più o meno rilevanti, come i sei ducati per il duca di Montoro, tele e generi alimentari per vari funzionari, fino al bacile del valore di duc. 50 per l’uditore. Il 3 marzo 1517 si discute sul fatto che era giunto in città un commissario con l’incarico di controllare i conti dei sindaci degli ultimi dieci anni. L’Università gli deve un ducato al giorno, vitto e alloggio, ma avanza le sue proteste a Giovanna IV e chiede al commissario (4 marzo) di attendere la risposta della regina. In data 17 marzo gli eletti deliberano di consegnargli tutte le scritture dei sindaci, ma rifiutano di pagare il ducato al giorno, offrendogliene sei in totale. Ancora il 22 marzo però i conti non erano stati consegnati e l’uditore, con una sua lettera, lo imponeva, insieme al pagamento del commissario. Gli eletti dispongono allora che il sindaco si presenti al Capitano per chiarire che la regina stessa aveva imposto la consegna dei conti, ma non il pagamento suddetto, al quale gli eletti intendono provvedere solo dopo aver ricevuto disposizioni scritte dalla regina. Questa però scrive direttamente al Capitano, autorizzandolo a costringere il sindaco al pagamento (29 marzo). All’Università non rimane che piegarsi al volere della sovrana, pur continuando a sostenere di aver ricevuto precedenti disposizioni proprio da lei, di tenore diverso. L’uditore inoltre, per via di una risposta scritta dal sindaco e da alcuni eletti, aveva loro ingiunto di presentarsi a lui. Gli eletti deliberano che il sindaco debba andare, per porgere le scuse a nome loro e dell’università tutta e per ottenere una lettera diretta al Capitano, dal momento che il pagamento intanto era stato eseguito. L’esasperazione della città doveva essere grande, se il sindaco doveva pregare che «Sua Signoria se voglia degnare lassarenge stare et de non ge volere vedere più». Da un verbale in data 4 maggio apprendiamo però che il commissario, mancando alcuni conti, aveva chiesto ai suoi superiori se potesse andar via ed era in attesa di una risposta. Intorno a questi filoni, che rappresentano in certo qual modo l’asse portante della vita amministrativa della città, si sviluppano vari altri temi e si affrontano una molteplicità di problemi.

47 Copèta: dolce fatto di mandorle e pistacchi, o noci e miele cotto. 48 Per essi vengono prese a nolo cinque '"gramaglie”.

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In grande considerazione era tenuta la conservazione dell’archivio: i cittadini che avessero esercitato l’ufficio di cancelliere furono invitati a restituire al sindaco i quinterni di cancelleria e tutte le scritture pubbliche rimaste in loro possesso. Il Capitano avrebbe dovuto prendere misure di carattere penale contro chi non avesse ottemperato a tale obbligo. Il sindaco avrebbe dovuto prendere la chiave della cassa dell’archivio e ogni “provincia” poi avrebbe avuto una chiave, affidata alla sua custodia (26 sett. 1516). Abbiamo visto come i tempi fossero piuttosto violenti. Si è parlato di fuoruscitismo, di omicidi, di usura, di tensioni sociali, tanto che un cittadino cavese arriva a dare un pugno al Capitano, che, da parte sua, cerca dei vantaggi per la sua posizione, chiedendo di essere franco da gabelle e cercando di eluderle. Non sempre i rapporti con il Capitano, però, sono tesi. Lo vediamo talvolta unirsi agli inviati della città presso le massime autorità dello Stato. Un segno di favore verso la città sembra da parte sua il voler togliere la pena a coloro che a Carnevalo avevano giocato ad cetrangole (4 marzo 1517: il sindaco in quella stessa giornata avrebbe dovuto recarsi dalla regina, quindi riceve l’incarico di ritirare prima una copia del mandato dal Capitano e «de po ande»). A fine agosto (il 24), il Capitano dovrebbe deporre l’incarico. Sarà il nuovo Capitano a «sindicarelo»49. Il 28 gli eletti decidono di chiedergli di restare fino all’arrivo del nuovo Capitano, per ragioni di pubblica sicurezza «actento in questa cita nze so alcune inimicitie». Egli, invece, intende andar via: viene subito mandato un messo dall’uditore, affinché questi scriva al Capitano di rimanere. Ai primi di settembre si sollecita l’arrivo del nuovo Capitano, mentre si insiste ancora col Villani per farlo trattenere a Cava. Un altro fenomeno che costituisce un chiaro segno del malessere sociale è dato dal fatto che «multi electi ordinarii non voleno intervenire ali bisogni che accadeno ala università». Il sindaco «habia da requedere li dicti electi et fare loro intendere che vogliano venire quando so chiamati per dicto sindico», altrimenti gli assenti saranno sostituiti da uomini scelti dagli eletti presenti. Ancora qualche curiosità: dal verbale del 28 aprile 1517 apprendiamo che la sera precedente una processione venuta da Napoli aveva alloggiato presso la chiesa di S. Giacomo50 ed erano stati offerti ai pellegrini pane, vino e formaggio per una spesa di tre tari. Nel mese di giugno (il 17) Antonio de Lamberto e Nicoloso de Anna furono incaricati di andare a Castagneto a controllare un fabbricato di Solimanno de Sio e suo padre. Nel caso che il fabbricato avesse occupato il suolo pubblico, avevano la facoltà di farlo «riterare in de reto». Il 2 settembre 1517 la città deve intervenire presso la Camera della Sommaria che intendeva comminare una pena a Baldassarro Gagliardi e suo figlio Juliano. In linea di massima, la vita amministrativa cavese appare viva e intensa, ma già ben diversa da come appare nei Registri di poco più di dieci anni prima. Nel 1504-1506 la città ha ancora la forza di trattare con i potenti, nel 1516-1517 non contratta con la regina, la

49 Nel verbale del 24 agosto leggiamo anche che alcuni cittadini erano, nei giorni precedenti, «intervenuti ad certe cose inlicite» a Nocera. 50 «Evvi unito ad essa chiesa un ospizio di case con cortile, pozzo, e stanze al di sotto; quali stanno all’uso d’ospedale de poveri pellegrini»; A. POLVERINO, Descrizione isterica della città fedelissima della Cava, p. I, Napoli 1716, p. 198.

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supplica. L’Università è impegnata a difendersi: difende i suoi cittadini, difende i suoi privilegi e con essi i suoi traffici commerciali, si affanna a procurarsi danaro, ricorrendo ai prestiti e alle gabelle, per evitare di incorrere nelle temibili ire delle autorità ecclesiastiche. Sul linguaggio usato nelle Delibere si rimanda al cenno fatto nella premessa al primo Registro. E da notare, però, che in questo registro non troviamo già quasi più la forma gl per gli. La forma verbale hanno è sempre senza h; è frequente la forma piamati per chiamati; l’accento non è ancora usato. Lo stesso notaio, inoltre, a distanza di poche righe, scrive il suo nome una volta con l’h (Marcho), una volta senza: questa ed altre varianti sono state riportate, per dare al lettore il senso della lingua in trasformazione. Per quel che riguarda le espressioni latine, è opportuno ribadire che queste, nella trascrizione, sono state riportate così come si trovano nel documento, ad esempio con il dittongo ae trasformato in e e con un uso delle concordanze e delle declinazioni ormai ben lontano dal latino classico.

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Delibere 1516-1517



f 1) Annotazioni di epoca recente: «Delibere 7 settembre 1516 - 2 settembre 1517 ff. 18-96 (+ 50 bis). Notamenti di spese 1516-17 ff. 97 - 128». f 2) Annotazione sul numero dei fuochi, che risultano essere 1435. f 3) «Liber Cancellariae et annotationum dictae». ff 4-17) bianchi. f 18) « Decreta et ordinationes universitatis civitatis Cave ...» per l’anno 1516. Sindaco il not. «Joannes Thomas Gallardus», eletti «dominus Michael de Anna, nobilis Antonius de Lamberto, Joannes Antonius de Falco et nobilis Raymundus de Monica pro parte provincie S. Adiutoris»; «egr. not. Joannes Philippus de Parisio, egr, not. Thomas de Curti, nobilis Petrus Jacobus Capova et egr. not. Geronimus Juvenis» per la provincia di Passiano; «magnificus dominus Raymundus de Tisono, dominus Joannes Antonius Longus, Andreas de Troysio et Vinciguerra de Mauro» per la provincia di Mitiliano; «magnificus Andreas Longus, nobilis Carolus Punzius, Loysius de Crescencio et egregius Honofrius Salsanus electi pro parte provincie Corporis Cave».

7 settembre 1516 Si tiene una riunione nella venerabile chiesa di S. Maria del Gesù dell’ordine dei Mendicanti. Si procede alle nomine nelle cariche del sindaco, degli eletti, del cancelliere (Vincenzo Salsano), dei grassieri (not. Francesco de Troisi per Mitigliano, Stefano Cafaro per S. Adiutore, Carolo Capova per Passiano e Andrea Longo per il Corpo di Cava). f 18 v) Vengono nominati i revisori dei conti del sindaco dell’anno passato, not. Vincenzo Salsano. Si decide di dare duc. 30 in elemosina alla chiesa di S. Maria del Gesù. Si decide di saldare i conti con hostulari e altri particolari. Michele de Anna e Annibale Troisi devono impegnarsi a che non si pregiudichino i privilegi della città. Si proibisce ad alcuni cittadini di accedere alle cariche pubbliche e di usufruire dei privilegi della città. Il clero della città viene reso franco da tutte le gabelle.

8 settembre Ci si riunisce nella chiesa di S. Giacomo. Si decide di scrivere una lettera ad Antonio Sanfelice per la sospensione dell’interdetto e circa un pagamento di duc. 600. Si decide di scrivere a Solimanno de Curti, affinché parli di questa e di altre cose, come gli è stato ordinato.

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f 19) 9 settembre Si riuniscono gli eletti nella chiesa di S. Giacomo. Gli eletti deliberano che i gabelloti del vino debbano vendere «alla ragione» di tari sei per botte, come a loro è stata venduta la gabella. Il commissario che rivede i censi dell’episcopato vuol essere pagato mezzo ducato al giorno per le sue fatiche dai debitori e protesta che la commissione si farà pagare da quelli che sono renitenti. Si decide di rispondere che né il sindaco né l’Università intendono dar niente e che il commissario non deve «pigliare» niente dai debitori, eccetto da quelli che sono renitenti, mentre quelli «che pagano volenteri» non devono essere molestati. Si delibera di far chiamare Ludovico de Modena «et che si li debia vendere et liberare la portulania con idonea pregiaria». f 19 v) Si delibera di scrivere una lettera alla regina per far «levare» il commissario dei censi dell’episcopato e di fare una lettera credenziale a Nicola de Galisi, che dovrà far conoscere le estorsioni del detto commissario ai danni dei debitori dei censi. Si decide di dare come salario a Cesare de Curti, che per nove giorni ha «vacato» per esigere da parte dell’università «lo comercio et la portulania», tari due e mezzo.

11 settembre Riunitisi gli eletti, stabiliscono che il sindaco paghi la paglia che hanno avuto gli Spagnoli alloggiati in città ed anche il fabbisogno «da mo avanti». Il sindaco deve costringere tutti i gabelloti e gli altri debitori dell’università a saldare i loro debiti, per poter a sua volta l’Università pagare al commissario della regina le somme dovute; se non ci si riuscisse, il sindaco deve farsi prestare il denaro dai «gabelloti novi». Si decide di andare dal Capitaneo e pregarlo di prendere informazioni sulle «robe» che furono sottratte a quattro cittadini dagli Spagnoli «domenica ad sera», quando andarono a prendere dei forestieri alla Marina di Vietri. Presa l’informazione, dovrà essere trasmessa alla regina. f 20) Si decide di parlare al commissario dei censi, affinché per la fiera di Salerno voglia riscuotere il dovuto, costringendo al pagamento. Raggiunta la somma spettategli, il commissario dovrà levare la pena a chi non vorrà pagare, passata la fiera di Salerno: gli si dia ancora mezzo ducato per la sospensione.

12 settembre «In ven. ecclesia S. Jacobi burgi Scazaventulorum» si riuniscono gli eletti. Gli eletti decidono che si paghi un uomo e lo si mandi a Napoli dalla regina per replicare ad una sua lettera giunta nella mattinata circa una provisione richiesta da Ferrante Pandone che i Cavesi non intendono, «per nullo pacto», pagare. L’incaricato di Cava dovrà anche «liberare» i duc. 600 depositati nel «Banco deli Billi» in Napoli per il cardinale, per la spedizione delle bolle dell’episcopato. Carlo Capova e Jo. Antonio de Falco vengono incaricati di «vedere et moderare» le richieste degli hostulani per quello che hanno dato agli Spagnoli alloggiati nelle osterie. Il sindaco dovrà poi pagare gli osti, «che non si habiano da lamentare», secondo le dichiarazioni dei due revisori.

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Si decide che il sindaco ogni settimana, il martedì e il giovedì, debba riunire tutti gli eletti che potrà, per provvedere a deliberare nel modo migliore su ciò che accade. f 20 v) Si decide di mandare messer Antonio de Lamberto dalla regina per esporle «tucto lo bisognio1» dell’università; dovrà occuparsi della «liberazione» dei 600 ducati «per via de bancho» al cardinale e ancora «che si faza una polisa» a lui e a messer Salvatore Billo affinché a nome della Università quest’ultimo possa far fare lettera di cambio ai banchi in Roma.

13 settembre Gli eletti, uno per uno, devono esprimersi a che il sindaco, not. Giovan Tommaso Gagliardi, porti il denaro al percettore della regina, dal momento che è stato promesso al R. Commissario di mandarlo. Tutti approvano [« si haveno contentati»].

15 settembre «In ven. ecclesia S. Jacobi» si riuniscono gli eletti. «Actiso si voleno deslogiare li fanti spagnoli dalo burgo deli Scazaventi» e poiché questi chiedono cavalcature, si delibera che il sindaco li provveda di cavalcature, pagandole grana 15 per uno. Si delibera di inviare tre cittadini dal R. Capitano per farlo desistere dal processo su quanto fu detto nella prima riunione di questo mese. Si decreta che sia pagato «lo nobile Solimanno de Curti» per le giornate che è stato a Napoli presso la regina per «dislogiare» i fanti e altre cose; gli vengono date istruzioni «per levare lo interdicto».

16 settembre «In ven. ecclesia S. Jacobi burgi Scazaventulorum» si riuniscono gli eletti. Essi decretano che si «commanderà da parte delo s. Capitanio» di procurare quanti più muli ed altre bestie è possibile, pagandoli gr. 15 l’uno al giorno e questo per la partenza dei soldati spagnoli «colle loro arme et robbe», prevista per l’indomani. Deliberano di mandare messer Raimondo de Tesone o un altro da parte dell’università a parlare con i fuorusciti. La regina aveva ordinato al Capitaneo che l’Università provvedesse ad allontanarli dalla città [«che li forausciti siano fugati da questa cita»]. Bisognerà pertanto far loro «intendere che sinde andeno de fore de questi tenimenti» e che « non accosteno per niente» alla città, altrimenti « la università si corno loro e stata propitia così adesso li sera unita iusta in loro contrario»; ciò per obbedire alla regina e per preservare la città ed i suoi cittadini sia dai fuorusciti e dai loro compagni sia dall’indignazione della regina. Andandosene i fuorusciti, inoltre, la città non dovrà patire alcun danno, così come è stato per alloggiare gli Spagnoli. Si dovrà quindi intercedere presso la regina e i suoi ministri, quando i loro animi si saranno calmati.

18 settembre «In ven. ecclesia S. Jacobi burgi Scazaventulorum» si riuniscono gli eletti. 1 sic.

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Gli eletti deliberano di rispondere al Capitaneo circa il fatto dei dieci fanti che l’Università chiede per difendersi dai fuorusciti, che tali fanti saranno pagati solo per un mese o solo a causa dei fuorusciti, senza pregiudicare i privilegi della città, fintanto che gli stessi fuorusciti non saranno ad una giornata di lontananza dalla città. Si decide di bonificare al sindaco tari 11 e gr. 10 pagati a messer Antonio Sanfelice per mano del not. Jo. Philippo de Parisi per la sospensione dell’interdetto e il relativo decreto; l’interdetto era stato « fulminato» contro l’Università dal cardinale, per non avergli l’Università «liberato» i 600 ducati per la spedizione delle bolle dell’erezione dell’episcopato. Si decide di riscuotere dai gabelloti e dai debitori dell’università tutto il dovuto, affinché l’Università possa pagare a sua volta i suoi debiti. Si decide di non pagare a Ferrante Pandone le due «mesate» da lui pretese, perché più volte ai sindici mandati dalla regina e dai suoi ministri è stato risposto che essi non vogliono che il Pandone sia pagato. Inoltre, la città aveva sostenuto l’onere di far alloggiare i soldati spagnoli. Sull’argomento si decide di scrivere una lettera «per extenso» alla regina. Si delibera di far sapere ai fuorusciti che «per nullo modo et pacto» devono ritornare «ali tenimenti de questa cita», dal momento che la città ha patito molti danni, per aver dovuto, a causa loro, far alloggiare gli Spagnoli. Pertanto, se i fuorusciti tornassero, l’Università, come una volta ha interceduto presso la regina per un accordo, così si troverà compatta contro di loro. Si conferma pertanto quanto deliberato su questo argomento; inoltre si delibera di «far intendere» ai fuorusciti di andare a stare ad una giornata di lontananza dalla città. Saranno mandati a parlare con i fuorusciti il magnifico messer Andrea Longo e messer Antonio de Lamberto, i quali saranno pagati per le giornate che impiegheranno in questo compito. Saranno loro pagate le cavalcature. Si decide che il sindaco vada a parlare a donno Cosimo Cafaro, il quale ha avuto ordine da messer Antonio Sanfelice di «bandire Ile montagne». Il sindaco dovrà invitare a soprassedere circa questo bando, per aspettare il ritorno di messer Antonio Sanfelice da Sant’Arsenio [«sancto Arseri»] e spiegargli la giurisdizione e l’uso che ha l’Università sulle dette montagne. Si decide di pagare Solimanno de Curti e Antonio de Lamberto per le giornate in cui sono stati impegnati a Napoli presso la regina a causa del disbrigo di «facende» dell’università, ‘a ragione’ di tari uno e grana 10 al giorno, revocando ogni altro decreto che apparisse contrario.

19 settembre Congregatisi gli eletti [in numero di sei: Raimondo Tisone, Antonio de Lamberto, not. Jo. Philippo de Parisi, Michele de Anna, not. Thomas de Curti e not. Hieronymo Jovene] con i cittadini Aniballo Troysi, Jo. Baptista Davit, not. Tholomeo Davit, Carolo Capova e Solimanno de Curti, si ordina che venga mandato un uomo dalla regina per farle presente che durante la notte il Capitaneo aveva « pigliato» il figlio di messer Cesaro Casaburi perché si dice che lo avesse trovato armato. Se pure fosse stato armato, lo sarebbe stato «per causa dela suspicione che teneano», in quanto un loro fratello era stato ammazzato dai loro nemici. Decidono di far querela contro il Capitanio per tale atto alla regina e di far lettera ‘di credenza’ al loro inviato. Si decide di mandare Raymundo Tesone, Aniballo Troysi, Michele de Anna, Antonio de

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Lamberto e il not. Jo. Philippo de Parisi dal Capitaneo per sapere per quale ragione ha arrestato il figlio di messer Cesaro e se ha fatto qualche atto e poi riferire agli eletti, affinché si possa provvedere in merito con la regina.

20 settembre Si riuniscono gli eletti nella chiesa di S. Giacomo. Gli eletti decidono che per nessuna ragione [«nullo pacto»] si paghi Ferrante Pandone. Si decide di fare lettere «di favore» per «madama Galiecta», vedova di Cesare Casaburi, alla regina e ad altre personalità e di darle per le spese carlini 30, in quanto dovrà esporre cose concernenti l’Università [« lo servitio universale»], circa l’osservanza dei privilegi. Bisogna poi decidere se devono essere pagati coloro che avevano ospitato i soldati spagnoli, per i letti e per le altre cose perdute. Su queste cose relazioneranno alla regina messer Aniballo Troisi e messer Antonio de Lamberto. [Seguono i nomi di nove eletti. Poi, per sbaglio, inizia il verbale della seduta del 25; ci sono quattro righe cancellate, a cui segue la notizia «Cassa», perché «questa partita» è passata «ad la dicta jornata a di 25». f 23 v) 24 settembre Nella chiesa di S. Giacomo si riunisce l’Università, con licenza del magnifico Capitaneo Jo. Baptista Villani di Napoli e con l’intervento dello stesso. Si decide di non pagare Ferrante Pandone e di supplicare la regina di fare all’università grazia di non pagare il salario di due mesate da questi richiesto o di affidare questa « causa de iustitia» a persona non sospetta all’università. Circa i letti dati agli Spagnoli, gli stessi eletti incaricati dell’alloggiamento devono ora vedere tutto quello che si è perduto «corno so lenzole matarazi coltri et altre cose» con i letti e quanto altro hanno «patuto» coloro che hanno improntato i letti. Secondo le loro dichiarazioni, il sindaco risarcirà i danni e le spese avute per il tempo che gli Spagnoli tennero detti letti. Si ordina di rimborsare al sindaco le spese sostenute per le bestie e le cavalcature «che nde portaro li Spagnoli da questa cita», sulla base di una lista che deve essere controllata dagli eletti. Si ordina al sindaco di pagare 20 carlini a Thomeo de Mauro per quello che diede agli Spagnoli la prima volta che venne in città Ferrante Pandone. Il sindaco dovrà prendere una lettera che tiene il Capitaneo sulla ... e farla conoscere agli eletti perché si possa fare «provisione e resposta». f 24) L’Università rimette agli eletti «da vedere si de iustitia ei tenuta la dicta università», circa i danni patiti da alcuni cittadini di Vietri e Dragonea e da Nicola de Donato «quando foro arrobati dali Spagnoli o vero quando nge foro li Spagnoli in questa cita». Si ordina al sindaco di cercare il giudice e assessore del Capitario, il quale «per tutco ogie» deve dare idonea e sufficiente «pregiarla», altrimenti il sindaco provvederà ad una sua opportuna custodia. Il sindaco dovrà fare a Benedetto Gallardo di Cava, che sta a Napoli, una procura per comperare tutto il sale che si potrà. Avendo l’Università ordinato al sindaco di pagare 4 carlini per ciascuna giornata

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trascorsa a Napoli a Solimanno de Curti e Antonio de Lamberto, quando andarono dalla regina, si dà disposizione che d’ora in poi si paghino carlini tre a giornata per chi andrà a Napoli «per facto universale». L’Università conferma e accetta tutto ciò che si è speso per far sospendere l’interdetto a messer Antonio Sanfelice e i trenta carlini dati a Galiecta Capova perché era stata fatta una violenza al figlio e per la difesa dei privilegi della città. L’Università conferma tutti i decreti riguardanti i fuorusciti fatti dagli eletti con licenza del Capitaneo, cioè che i fuorusciti devono stare lontani dai tenimenti della città, e circa il fatto dei fanti. f 24 v) L’Università ordina al sindaco di far transuntare « la lictere de la charta biancha» da un forestiero. Il sindaco deve pagare tre carlini a Colamarino iurato, somma che doveva avere dal sindaco precedente. Si rimette agli eletti la decisione circa la richiesta dei gabelloti del vino di ridurre la gabella del vino di sei tari per botte a «terzaria».

25 settembre Riuniti gli eletti, con Vinciguerra de Mauro, decidono di mandare dalla regina Antonio de Lamberto e Cesaro de Curti per le cose decise «heri» dall’università. Gli eletti deliberano che il sindaco faccia una lettera «di favore» a Vinciguerra de Mauro per una questione avvenuta alla fiera di Salerno [ ?].

26 settembre Si riuniscono gli eletti nella chiesa di S. Giacomo. Gli eletti [in numero di 11] deliberano che il sindaco, rivolgendosi anche alla Corte del Capitaneo per misure di carattere penale, faccia sì che i cittadini che hanno esercitato l’ufficio di cancelliere e tengono quinterni di cancelleria, lettere della regina o del cardinale dirette all’università, scritture di qualsiasi specie dell’università e privilegi debbano restituirli al sindaco per riporli in archivio. Il sindaco prenderà tutte le chiavi della cassa dell’archivio e ne darà una per provincia da custodire. Si ordina al sindaco di vendere la gabella del vino a terzaria come si fece lo scorso anno, «ma che si intenda che nde voleno dare li gabelloti de dicta gabella ala dicta università vendendosi ad terzaria et che si venda con pregiaria idonea et sufficiente». La gabella sarà venduta dal sindaco, da Michele de Anna, not. Thomasi de Curti, Solimanno de Curte e Carolo Capova. Il sindaco deve pagare la copia del bando fatto ieri dalla Corte del Capitano su istanza del R. Fisco. Il sindaco deve costringere i revisori dei conti dei sindaci precedenti ad ultimare il lavoro nel più breve tempo possibile, affinché si possa vedere quello che l’Università deve avere e da chi. Si bonifichino ai preti della città per settimana rotola tre di carne e per ciascun prete per anno trenta rotoli di carne bovina da salare e thomena otto di grano: questo per esonerare l’Università e i cittadini. Gli eletti andranno dal Capitaneo per dire che l’Università «si contenta» di dare i fanti

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solo per il mese per cui sono stati offerti e che, passato detto tempo, non intende darli più a sue spese. Nello stesso istante, gli eletti Andrea Longo, Andrea Troysi, not. Jeronimo, Jovene, not. Jo Philippo de Parisi, il sindaco e il not. Jo. Marco Iuvene si recano dal Capitano a fargli la suddetta inbasciata, facendogli intendere che per i fanti l’Università non vuol dare più di duc. 25, e che non vuole i fanti per più di un mese, appunto per non dover pagare di più. Il Capitaneo risponde che voleva duc. 30 e non era del parere di consentire ad alcuna delle cose «proposte mo avanti de ipso». Andrea Longo, Andrea Troysi, Vinciguerra de Mauro, il not. Jo Philippo de Parisi, Raymondo de Monica, il not. Jeronimo Juvene e Loisi de Crescenzo ordinano al sindaco di non pagare al Capitaneo altro che duc. 25 per i dieci fanti per il mese che devono finire.

27 settembre «Oblatio facta per magnificum dom. de Sancto Felice». Antonio Sanfelice di Napoli, fratello del vescovo di Cava e procuratore generale del cardinale d’Aragona, ha offerto alla città di dare da ora per tutto aprile «procuratorio ... cum promissione de rato» circa le bolle della erezione, traslazione e costruzione dei capitoli con la dotazione di duc. 400 d’oro per anno. Egli è giunto ad un accordo con Silvestro Longo, Raymondo Tisone, Leone de Monica e Jo. Antonio de Falco circa i 1900 ducati dovuti: saranno consegnati subito i 400 duc. d’oro con «poliza» che per la soluzione dei 1900 ducati si possano esigere, dando al cardinale durante la sua vita duc. 200 d’oro all’anno. Gli eletti dispongono che il sindaco faccia una protesta presso il Capitaneo affinché tenga in prigione un suo famiglio che aveva arrestato un cittadino cavese.

28 settembre «In ven. ecclesia Sancti Jacobi burgi Scazaventulorum», «bannita per loca solita et consueta per Nicolaum Marinum de Bello iuratum», si riunisce l’Università, con licenza del Capitaneo. L’Università ordina che si paghino i 10 fanti al Capitaneo a duc. tre per ciascuno, per un mese e non di più. Circa la gabella del vino a terzaria si ritrovano da vendere once 41 di vino. Si vendano a quelli che l’hanno già, senza alcun defalco; la terzaria decorrerà dal 1 settembre. Si dispone dove vendere il vino. Se saranno bandite « le montagnie2» secondo il patto del vescovo e del suo procuratore, non si replicherà. Si faccia intendere al vicario che vuol scomunicare coloro che hanno «vendignato» di domenica, di desistere, in virtù di privilegi della città secondo cui nessun cittadino può essere così scomunicato. La città prenderà a sue spese le difese di cittadini che dovessero subire vessazioni dal vicario. Il sindaco riceve disposizione di pagare a Cola de Arminando i duc. 60 all’incirca e comunque quanto questi deve avere dall’Università.

2 Sic.

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Si decide di nominare un procuratore dell’università, con l’incarico di andare a Napoli presso messer Antonio de Santo Felici, procuratore del cardinale d’Aragona, per provvedere circa i 400 duc. d’oro di capitale e per proporgli questo: se l’Università pagasse al cardinale altri 400 duc. d’oro oltre i ducati 600 in conto dei 1900, si potrebbero avere le bolle per le prossime feste di Natale. Nel caso di un impegno sicuro a far pervenire le bolle per le feste di Natale, l’Università pagherà i 400 ducati. Si deve chiedere al Sanfelice di scrivere al cardinale in proposito e in caso di risposta affermativa del cardinale, l’Università gli darà i 400 ducati, una volta entrata in possesso delle bolle. Per questo affare viene nominato procuratore e sindico Nicolo Quaranta; i contatti intercorsi tra l’Università e il cardinale e i documenti relativi vengono conservati in copia dal not. Vincenzo Salsano; i duc. 400 d’oro dovranno servire per la dote dell’episcopato. [Con accuratezza sono descritti i compiti di questo «sindico e procuratore»]. Si ordina al sindaco universale della città di provvedere ai mandati di pagamento necessari per portare avanti i suddetti affari. f 27) Si decide di donare al Padre Guardiano di S. Francesco duc. 25 a titolo di elemosina. Si rimette agli eletti una ricompensa per le fatiche fatte e da farsi da parte di Philippo Costa sia come revisore dei conti sia per altre «fatiche».

f 27 v) 29 settembre Si scriva ad Antonio de Lamberto e Cesaro de Curti, sindici mandati a Napoli da parte della città, perché l’uditore aveva ingiuriato e minacciato la città nella persona di Antonio de Lamberto. Se ci fossero stati dei testimoni forestieri «quando dicto auditore dige ad ipso Antonio quelle parole» e volessero presentarsi, si proceda per vie legali contro l’uditore. Il sindaco e gli eletti devono far intendere al Capitaneo che non deve fare iniuria per virtù dei privilegi della città ai cittadini che «andano per la via loro in camino per andereno in Napoli et de fore»; pertanto essi richiamano con fermezza all’osservanza dei privilegi, «li quali intendimo siano observati». Si decide di andare dal vicario per ottenere licenza dai preti di poter raccogliere uva, olive ed altri frutti anche di domenica. I sindaci dovranno avanzare istanza a Sua Maesta «che vengano ad stare ad giudicato» messer Jo. Thomaso Bosco e messer Antonio Corriale; si faccia la solita lettera ai sindici. Sul fatto di Ferrante Pandone l’Università è del parere di non pagargli il suo salario, appellandosi alla giustizia di S. Maesta. Alla venuta dei sindici da Napoli si deve riunire l’Università e protestare con il Capitaneo per l’osservanza dei privilegi. Si ordina di esigere quanto dovuto da Liberato ...

f 28) 1 ottobre Si riuniscono gli eletti nella chiesa di S. Giacomo. Il Capitaneo ha emesso un mandato affinché gli eletti ed altri lo seguano per scacciare i fuorusciti che sono nel tenimento del Corpo di Cava. Gli eletti rispondono che nella stessa mattina manderanno quante più persone «nzende ponno mandare» e che devono andare Stefano Cafaro e Raymundo de Girardo con quanti più uomini possibile. In più gli eletti ordinano al sindaco di pagare al maestro di scuola Loysi de Amalfi quanto

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gli tocca a complemento dei 30 carlini che gli furono «liberati» al tempo del not. Vincenzo Salsano3. Lo stesso giorno si riuniscono gli eletti dell’episcopato e sul fatto del pagamento. L’assemblea decide di mandare uno degli eletti, messer Nicolo Quaranta, a Napoli per concludere la questione del capitolo cattedrale con messer Antonio de Sancto Felici. Il Quaranta deve offrire al Sanfelice di pagare quanto occorre per la spedizione delle bolle, per averle per le feste di Natale o anche prima, «intendendosi che si sconti ala paga de Pascha» che l’Università deve al cardinale in conto di 2.500 ducati. Qualora la questione non fosse conclusa, messer Antonio dovrebbe condiscendere a dare le bolle «da mo», altrimenti bisogna far ricorso alla regina; inoltre, se le bolle non saranno state spedite, l’Università non sarà tenuta ad emettere la prima paga. Si ordina al sindaco di dare a Cola de Arminando 30 carlini per l’interesse di 59 ducati che egli ha pagato « ali pagamenti fischali», «da a qua et per tucte le feste di Natale»; sia i 30 carlini che i ducati 59, o «quelli si siano», devono essere ‘girati’ sulla gabella della farina, « alo terzo de Natale». Riguardo a Daniele Papa, creditore dell’università per duc. 150, il sindaco gli paghi l’interesse alla stessa ‘ragione’ che paga a Cola de Armenando, per le stesse feste di Natale. Il sindaco deve infine pagare l’incanto della gabella del sale guadagnato da Epifanio de Vitali e poi «si faza bono allo gabelloto dello sale de questo anno», nonostante che detto incanto lo debba avere il Vitale anno per anno.

4 ottobre Oltre agli eletti partecipano come «particulari citatini» messer Aniballo Troysi e messer Nicolo Quaranta. f 29) Essi ordinano al sindaco di far registrare al mastro d’atti del Capitaneo le lettere portate da Antonio de Lamberto e Cesaro de Curti; questi dovranno avere un carlino per una lettera ottenuta dall’uditore per il Capitaneo su una questione riguardante i figlioli di messer Cesaro; dovranno inoltre essere pagati per le giornate che sono stati in Napoli per conto dell’università dalla regina. Vengono eletti «ad iudicatum» messer Sebastiano Curzone di Angri, «vicario passato in questa cita», messer Michele de Anna, messer Antonio de Lamberto e il not. Thomasi de Curti, affinché «provedano so vole lo ordine dela rajone». L’Università deve fare la procura a Benedicto Gallardo sullo «sfrajo dello sale»; di quello che si recupererà, una terza parte andrà al Gagliardi. Il sindaco deve dire al vicario di non fare mandato ai preti e agli uomini della città, se non per un augustale e non più, tanto sulle cose in spiritualibus quanto in temporalibus «et che non debia levare per quale si voglia pena [...] più de uno tari», nel rispetto dei privilegi della città. Nicolo Quaranta viene incaricato di recarsi da messer Antonio Sanfelice, per concludere la questione dei duc. 400 di capitale.

3 Questo brano è pubblicato integralmente in S. MILANO, Provvedimenti riguardanti la pubblica istruzione a Cava nel sec. XVI, in «Rassegna Storica Salernitana», N.S. n. 9 (giugno 1988), pp. 240-241.

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f 29 v) 6 ottobre Gli eletti ordinano al sindaco di far cassare [ ?] dal mastro d’atti le lettere fatte registrare «sabato passato» ad istanza dell’università e di pagare al detto mastro d’atti per la registrazione grana 10. Il sindaco deve riscuotere quanto dovuto all’università, per poter pagare la «reginale corte». Il sindaco deve convincere il Capitaneo a non procedere contro uno che gli aveva dato un pugno e contro altri, detenuti perché un ragazzo era stato colpito alla testa da una pietra lanciata con la fionda, a meno che non ne sia stata fatta querela. Il sindaco deve pagare carlini 12 ai notai Giov. Marco Jovene e Vincenzo Salsano, che si erano occupati della convenzione da stipulare tra Nicolo Quaranta e Antonio Sanfelice, della questione dello sfrayo del sale e per le memorie fatte dal not. Salsano. Infine il sindaco faccia « bannire la Università», con licenza del Capitaneo, nei luoghi soliti. f 30) 10 ottobre Si riuniscono gli eletti ordinari e gli eletti dell’episcopato not. Vincenzo Salsano e messer Nicolo Quaranta. Il sindaco deve pagare per conto dell’università a Pietro Antonio de Costanzo di Napoli duc. 20 che gli toccano come terza paga per l’interesse dei duc. 600 prestati all’università per soddisfare il cardinale d’Aragona circa la questione delle bolle, dal momento che è passato il termine della prima paga. Il sindaco deve anche provvedere al pagamento dell’oste che aveva ospitato la «settimana passata» il Di Costanzo [«tucto quello che dede de magnare et bebere et de altre cose»]. Devono essere rimborsate grana 16 al sindaco per varie spese fatte per l’Università, circa vari documenti (tra cui un bando contro chi aiutasse in qualsiasi modo i «fori iudicati et foreusciti»). Il sindaco deve convocare per «lunidi matino» tutti gli eletti dell’episcopato «per farese parlamento delle cose de dicto episcopato». Si devono trovare e mostrare a Nicolo Quaranta i capitoli fatti dall’episcopato all’università. Le «consegnatiuni» dei pagamenti fiscali da parte della Reginale Corte devono andare «in potere» del sindaco, altrimenti il sindaco non dovrà procedere al pagamento. f 30 v) 13 ottobre Si riuniscono gli eletti dell’episcopato [«per negocio episcopatus»] e gli eletti ordinari. Si decide che Michele de Anna, Nicolo Quaranta, Raymundo de Tisone, Aniballo Troysi, not. Jo. Philippo de Parisi e not. Thomasi de Curti debbano vedere il memoriale e le scritture del capitolo ed episcopato della città; tutto quanto sarà deciso dagli eletti su detto «negocio» dovrà essere eseguito dal sindaco. Michele de Anna e i suoi compagni saranno pagati per le loro fatiche. Lo stesso giorno gli eletti ordinari, interrogati uno per uno se sono d’accordo a che il sindaco porti del denaro (il supplemento «dela terza de augusto passato») al Reginale Percettore, rispondono affermativamente, «actiso sinde e obligato in mano del nobile Jo. Berardino Gallardo de Cava, reginale commissario sopra dezo».

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14 ottobre f 31) Gli eletti ordinano una riforma dei capitoli. Tutti i capitoli e privilegi concessi all’università e al clero dal cardinale d’Aragona, commendatario dell’episcopato, devono essere transuntati. Si ordina a messer Nicolo e ai suoi compagni di contrattare con messer Antonio, affinché voglia «pigliare lo assumpto» di portare le bolle spedite da Roma, sulle quali bolle ci sia il consenso del vescovo sulla «dismembrazione» della mensa capitolare, cioè dei duc. 400 d’oro e di tutte le cose concesse dal cardinale agli uomini e al clero; ancora di portare le bolle con la conferma di tutti i privilegi, capitoli, grazie e immunità concessi all’università e al clero dal cardinale e dallo stesso messer Antonio come procuratore del vescovo. L’Università promette al detto messer Antonio di donargli in cambio per le feste di Natale un bacile d’argento del valore di duc. 30 di oro. Messer Nicolo deve inoltre contrattare con messer Antonio per i 400 o 500 duc. per la spedizione delle bolle. L’Università propone di depositarli in un banco a Napoli, che li girerà a Roma in cambio delle bolle; lo stesso banco provvederà a far avere le bolle all’università. Messer Nicolo può contrattare anche altre modalità «de havere o vero Ile bulle o li denari».

16 ottobre Gli eletti ordinano che, se fosse possibile ottenere la conferma dei privilegi concessi dal cardinale e dal vescovo, sia «una medesima bulla colle altre incorporata». Se ciò non sarà possibile, messer Antonio deve ottenere una bolla da portare e spedire: quello che pagherà per la spedizione «che li sia facto bono per la dicta università de suo». Qualora messer Antonio non voglia che il denaro per la spedizione delle bolle sia inviato per via dei banchi, l’Università si contenta di avere le bolle per via del banco o la restituzione del danaro; per contrattare su ciò deve ritornare messer Nicolo Quaranta e con lui Raymondo Tisone. f 31 v) 20 ottobre Si riunisce l’Università nella chiesa di S. Giacomo al Borgo Scacciaventi. I cittadini «noviter facti» non hanno osservato quanto avevano promesso all’università. L’Università dà quindi agli eletti il potere di «cassare da citatini», privandoli di tutti i privilegi di cui godono. Devono essere pagati, tramite le tasse, i dottori, i notai e quanti altri hanno lavorato a vedere i capitoli e le scritture tra l’episcopato e l’Università. Si dispone inoltre di pagare chi ha «facto Ile istructiuni» che Nicolo Quaranta ha portato a Napoli per concludere con messer Antonio Sanfelice la questione dei duc. 400. Si dispone di pagare gli affittatori delo Comercio, secondo quanto fu stabilito dal not. Silvestro e compagno, quando fu fatto il bando che nessuno comprasse grano eccetto alla Marina, cioè quando ci fu la penuria «quisto inverno passato». Si dispone che il sindaco vada a Napoli con Nicolo Quaranta per discutere sulla questione di Ferrante Pandone, per presentare un memoriale alla regina e replicare che l’Università non intende pagare le sue mesate, sia perché più volte la regina e i ministri hanno dichiarato

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«che non voleno che si page» e ancor di più perché Cava aveva alloggiato i soldati spagnoli, subendo molti danni. Si deve quindi chiedere alla regina di «ponere in iustitia» sia il pagamento a Ferrante Pandone sia la difesa dei privilegi della città; per queste cose i due inviati potranno prendere un avvocato. f 32) L’Università rimette agli eletti quanto chiedono i preti della città, cioè che spetterebbe loro in danaro il corrispettivo di una quantità già stabilita dall’università di carne sia fresca che salata, e carne da salare all’anno, e carne fresca giornalmente secondo quanto stabilito settimanalmente per tutto il presente anno. Agli eletti tocca quindi di dar loro in danaro quanto spetta. Gli eletti devono inoltre far sì che il vicario del vescovo osservi i privilegi della città e che non faccia torto a don Paulo de Curti disattendendo all’osservanza dei privilegi, altrimenti si dovrà ricorrere alla giustizia; non avendo giustizia, gli eletti vogliano raccomanda- re al vicario il detto don Paolo da parte dell’università. In caso di omicidio o furto, da ora in avanti, l’Università rimette il problema agli eletti, sia per applicare la giustizia, sia per non pregiudicare i privilegi della città. Il giovedì successivo gli eletti dovranno riunirsi «de po mangiare si loro pare» per studiare come fare se dovessero accadere i suddetti crimini, senza pregiudicare i privilegi. Il sindaco e gli eletti dovranno fare quanto in loro potere affinché il Capitaneo e il vicario con le loro corti osservino i privilegi della città. L’Università rimette agli eletti il pagamento di quelli che hanno lavorato per l’Università stessa e di quelli che nei giorni passati andarono per ordine degli eletti «appresso» al Capitaneo al Corpo della Cava armati, dal momento che era stato richiesto al sindaco e agli eletti di fornire aiuto contro i fuorusciti. f 32 v) Il sindaco ordinerà ai capodieci di disporre nei casali gli uomini armati necessari per andare ad espellere, in aiuto e su richiesta del Capitaneo e della sua corte, i fuorusciti, nel caso questi venissero nella città di Cava. Si dà incarico al sindaco di far aggiustare [«conzare»] a spese dell’università le vie pubbliche da Scacciaventi fino a Vietri. I lavori saranno pagati con la gabella del ‘molino’. Si dà «carrico» a Giovanni di Mauro per fare le spese necessarie per le strade da Castagneto a Molina. Il sindaco con Nicolo Quaranta deve presentare istanza contro due ex Capitanei della città ed altri ufficiali.

23 ottobre Nella chiesa di S. Giacomo al Borgo Scacciaventi si riuniscono gli eletti. Gli eletti ordinano che l’Università debba pagare ai preti della città quanto loro tocca per carne fresca per settimana, per carne da salare e per il pesce «in loco dela loro liberta delle gabelle dela carne et delo pesce», in totale duc. 30 a tutto il clero; i preti devono comprare la carne per loro uso in città; i contravventori non riceveranno la loro rata. Per quelli che ammazzano porci, si dovrà scontare la somma di tari uno per porco alla rata dei 30 duc. di loro spettanza. A coloro che sono stati cittadini di Cava e non hanno osservato le promesse fatte, deve essere scritta una lettera per invitarli a presentarsi in città nel termine di giorni dieci ed osservare tutto quanto promesso; in caso contrario l’Università notificherà a «dohane et piaze et altri lochi necessarii» che essi non godono più delle franchigie e dei privilegi della città. Si ribadisce che essi sono tenuti a contribuire ai bisogni della città.

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Messer Michele e Aniballo Troysi devono occuparsi della questione di don Paolo de Curti: se cioè questi ha veramente pronunciato le parole che si dice abbia pronunciato su messer Antonio Sanfelice e se il vicario ha potuto condannarlo ad una pena eccessiva, non rispettando i privilegi. Ad essi viene affidato il compito di valutare la questione e, se è il caso, far osservare i privilegi. Il sindaco deve difendere i privilegi della città, riconosciuti da due regine, contro presunti abusi da parte del Capitaneo nell’applicazione delle pene. In questo compito sarà affiancato da Michele de Anna e Anibalo de Troysio. f 33 v) Si preghi il P. Guardiano di S. Maria del Gesù di eseguire quanto fu ordinato per elemosina dall’università. Si paghino carlini 12 a Philippo Costa per aver visto i conti di Antonio de Mauro circa il grano venduto alla Marina, di cui si fecero significatorie per duc. 70, e di Fabrizio de Monica «credenzeri» sopra detto grano e per due bilanci sui conti di not. Vincenzo Salsano. Il sindaco paghi a messer Michele, messer Aniballo, not. Jo. Philippo, not. Thomaso, messer Nicolo Quaranta e messer Raymondo de Tesone, per aver visto le scritture e i capitoli del cardinale e altre cose, carlini 18 per uno. Si paghino carlini 9 al not. Jo. Marco per due procure [sempre legate alla questione con il cardinale]. Si faccia osservare dal mastro d’atti del Capitaneo il pagamento di quanto gli tocca circa varie cose «secondo si contene alo privilegio de Re Carlo franzese». «Item aveno decretato che lo sindico page tucta quella spesa haveno voluta ogie de magnare ala hostaria de Cola delo Fumo actiso per Ile sopradicte cose dela università tucto ogie sono stati dentro Sancto Jacobo».

f 34) 24 ottobre Si riuniscono gli eletti [«messer Michele de Anna, messer Raymondo de Tesone, messer Raymondo de Monica, messer Antonio de Lamberto, Vinciguerra de Mauro, notare Vincenzo Salsano, notare Jeronimo Jovene, Andrea Troysi, messer Nicolo Quaranta, messer Petro Jacopo Capova, notare Thomasi de Curti, notar Silvestro de Alferi et notar Jo. Philippo de Parisio»]. Gli eletti ordinano che si designi un uomo per andare a Roma con messer Antonio Sanfelice a far spedire le bolle dell’episcopato con i duc. 400 d’oro per anno. Ordinano che tutti gli eletti si riuniscano lunedì mattina per «provedere» sul fatto dell’episcopato. Deve essere pagato un uomo che Nicolo Quaranta aveva portato con sé a Napoli. Il sindaco deve pagare 3 carlini a messer Nicolo, come rimborso per averli egli dati a Hieronimo Catone in Napoli per portare a Cava le minute della convenzione dei capitoli, che doveva fare col Sanfelice. Bisogna inoltre pagare Joanne de Marino, che aveva portato a messer Nicolo in Napoli una lettera da parte degli eletti, «per doe jornate nze have posto in andare et tornare», tari 1 e grana 10. Raimondo de Tesone e Nicolo Quaranta devono andare a Napoli per preparare con Antonio Sanfelice le minute che si dovranno portare a Roma per la spedizione delle bolle; devono essere pagati «delle loro jornate nce vacaranno».

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f 34 v) 25 ottobre Il vice sindaco notar Vincenzo Salsano ha preso duc. 6 di carlini dal gabellato della carne, messer Leonardo Longo, per soddisfare alcuni debiti dell’università. Per il medesimo motivo, lo stesso giorno ha preso da Panante4 de Rosa, gabelloto della gabella del sale, duc. 2, tari 1 e grana 7 di carlini. Lo stesso giorno fa « esito» dei suddetti denari in questo modo: a messer Antonio, per aver completato la revisione dei conti del detto not. Vincenzo e per dover andare [« per la andata ha da fare»] dal P. Guardiano, tari 5 ( d. l). A messer Michele de Anna per «la visura» delle scritture del capitolo dell’episcopato e dei capitoli del cardinale, per le sue fatiche, tari 1 e grana 10. A notar Thomasi de Curte per aver completato la revisione dei conti del not. Vincenzo, per scritture da lui fatte circa il capitolo dell’episcopato ed altre sue fatiche, tari 4. A messer Aniballo Troysi per aver completato la revisione dei conti del not. Vincenzo e «la consulta» delle scritture del capitolo dell’episcopato, tari 5. Ha pagato inoltre allo scrivente, not. Jo. Marco Jovene, tari 4 e grana 10 per due procure fatte a Nicolo Quaranta circa il fatto dell’episcopato e per spese di carta da lui sostenute. f 35) A Giovanni De Marino, messo, per portare una lettera a Nicolo Quaranta a Napoli, tari 1 e grana 10. A Filippo Costa per la revisione dei conti di Fabrizio de Monica e Antonio de Mauro circa la misurazione di certi grani e per la revisione dei bilanci dei conti del not. Vincenzo, che fu fatta a metà esercizio del suo sindacato, e per altre sue fatiche, tari 6. A Nicolo Quaranta, che è stato in Napoli sette giorni l’ultima volta per la questione del capitolo dell’episcopato, per aver consultato varie scritture e per l’andata che deve fare ancora in Napoli, duc. 2, tari 1 e grana 10.

28 ottobre Si raduna l’Università nella chiesa di S. Giacomo su licenza di Giovanni Battista Villani di Napoli, Capitaneo. [Una nota a margine coeva fa notare che «questo decreto deve seguire appresso allo retroscritto» e che per errore «questo di» «ei stato scripto» qua]. Ordina che si faccia una querela generale dei crimini per i quali è prevista la pena di morte, non arrecando pregiudizio ai privilegi della città. Sono incaricati di vedere se si può fare «de iustitia» messer Michele de Anna, messer Lucio de Curti, messer Aniballo Troysi e messer Jacobo Mangrella; potranno prendere le loro decisioni se tre di loro saranno d’accordo e saranno pagati per il loro lavoro, come saranno pagati eventuali esperti che dovessero essere interpellati per consulto dei detti cittadini. «Si proveda per tucti li jochi di palumbi de questa cita»: il sindaco deve fare in modo di comprare duecento paia di colombi o anche più per farne dono alla regina da parte dell’università; se si potranno avere i colombi saranno comprati anche gli «sportuni»5.

4 Lettura incerta. 5 P. Di NOTARGIACOMO, Memorie isteriche e politiche sulla città della Cava dal suo nascere sino alla

fine del secolo XVI, Cava dei Tirreni 1981 (rist. dell’ed. Napoli 1831), p. 74.

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f 35 v) 27 ottobre Si riuniscono gli eletti. Si decreta che il sindaco, chiamato a Napoli dall’uditore per pagare Ferrante Pandone, vada nella capitale, «et Ila trove» Nicolo Quaranta e not. Vincenzo Salsano; essi, con quanti altri cittadini cavesi potranno trovare, si recheranno della regina per chiederle che il caso sia affidato alla giustizia, in quanto «la università non delibera pagarelle si non e de iustitia».

31 ottobre Si riuniscono gli eletti ‘del fatto dell’episcopato’. Dal momento che Antonio Sanfelice nega di voler convincere il fratello, vescovo di Cava, alla «capitulatione delo dicto episcopato et ala dismembratione deli ducati 400 de oro per lo capitolo», si deve ricorrere alla regina: messer Antonio, come procuratore del cardinale, non osserva ciò che l’Università ha contrattato tramite la regina stessa. f 36) Dalla regina andranno il sindaco, che si trova già a Napoli, e i messeri Andrea Longo, Raimondo Tesone, Raimondo de Monica e Nicolo Quaranta, che dovranno esporre questa questione e gli altri bisogni dell’università, secondo istruzioni che saranno loro date dai messeri Nicolo, Michele e Aniballo. Gli eletti ordinano che «si habia da fare università per crai po de magnare che sera lo primo de novembre et che si faza bannire per lo sindico».

1 novembre L’Università si riunisce nella chiesa di S. Giacomo, su licenza del R. Capitaneo. Gli eletti e molti altri cittadini all’unanimità hanno ordinato di mandare qualcuno dalla regina per chiederle di far osservare quanto tramite lei era stato promesso alla città dal cardinale, di far osservare i privilegi della città e di non far pagare quello che chiede Ferrante Pandone per le sue «mesate». Dovranno andare dalla regina Andrea Longo, Raimondo Tesone, Raimondo de Monica e Nicolo Quaranta. f 36 v) Essi riceveranno istruzioni ed ordini dall’università, ampia potestà di spendere quanto necessario per la conservazione dei privilegi ed anche per consulti in merito a ciò. L’Università dà inoltre disposizione che sia loro assegnato «uno famiglio», pagato dall’università, «per la loro comodità». L’Università revoca e annulla tutti i decreti fatti da essa stessa e dagli eletti circa la querela che si intendeva fare contro il Capitaneo per gli omicidi e furti per i quali era da imporre la pena di morte. Il sindaco ha fatto presente che i cittadini di Cetara avrebbero voluto «fare uno sindaco oviro procuratore dello dicto casale». L’istanza viene rigettata [«che non vogliano innovare cosa alcuna ni fare ni sindico ni procuratore»]6. Vengono nominati gli incaricati a «sindacare» il Capitaneo passato e il suo assessore.

6 Cf. anche O. CASABURI, Raccolta di notizie storico-topografiche sull'antica, e distrutta città di Marcina cominciando da tempi incerti, sino al secolo XVII, e sull’origine delle due città di Vietri e Cava, Napoli 1829, p. 88.

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f 37) Lo stesso giorno Si riuniscono gli eletti, e fra essi Annibale Troisi per nome e parte di Andrea Troisi, nella chiesa di S. Giacomo. Avendone avuto la potestà dall’università, gli eletti tolgono la cittadinanza ai «citatini noviter facti» [seguono i nomi] che non hanno osservato le promesse fatte all’università e dimostrano di non volerle osservare, privandoli di tutti i privilegi, franchigie e immunità di cui godevano come cittadini di Cava, a partire dal giorno in cui furono «agregati per citatini». Ciò vale presso tutte le dogane e sulle loro «robbe et merchantie», come se non fossero mai stati «admissi per citatini», tanto più che non abitano a Cava e non vi hanno nemmeno comprato beni stabili, come promesso, e non hanno osservato nessun’altra promessa. f 37 v) 12 novembre Si riuniscono gli eletti ed altri cittadini. Sentito quanto riferito dal sindaco, ritornato da Napoli, deliberano di far riunire gli eletti dell’episcopato per il venerdì seguente per ordinare ciò che si dovrà fare a Roma circa la questione dell’episcopato. Decretano che il sindaco paghi 4 carlini per la cavalcatura che ha portato messer Andrea Longo a Napoli. Alexandro de Adinulfo, che è stato come famiglio «coli dicti sindici» in Napoli per quattro giornate, deve essere pagato grana 15 al giorno. Il sindaco riceve l’incarico di recarsi con due eletti dal vicario, «che nze voglia observare li privilegi ».

13 novembre L’Università si raduna alla presenza del mag. Antonio Follerio, giudice e luogotenente del Capitaneo. f 38) Fra le varie proposte del sindaco, c’è quella del viaggio a Roma per la spedizione delle bolle dell’episcopato e per tutte le questioni connesse. Per trovare i denari per tutte le spese occorrenti vengono confermati coloro che erano stati eletti «circa lo governo delle cose de lo dicto episcopato», aggiungendone altri due in luogo degli assenti. Vengono incaricati di fare quanto loro sembrerà più opportuno «circa lo governo delle cose de lo dicto episcopato» e circa i 400 ducati, Raimondo de Tesone, Annibale Troisi, Jo. Antonio de Falco, Michele de Anna, già prima eletti, e, inoltre, Raimondo de Monica e Giov. Filippo de Parisi. f 38 v) Antonio de Lamberto e Cesaro della Corte vengonno eletti per occuparsi della provisione da fare alle moline. Si rimette agli eletti ordinari, ovvero a 4 di loro, di far pagare coloro che lo richiedono per aver servito l’Università, così per il mulo di mastro Baldassarro, per quello che chiede il not. Vincenzo Salsano per essere andato a Napoli dal percettore dei pagamenti fiscali, per il pagamento della terza di Pasqua già passata. Devono cioè essere pagati Annibale Troisi,

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Michele de Anna, Jo. Berardino Gallardo «corno ad commissario reginale» e il not. Jo. Marco per varie scritture, come la procura « deli sali», la copia delle bolle dell’erezione dell’episcopato ed altre.

23 novembre Gli eletti hanno ordinato che si faccia un’altra lettera all’università, al sindaco e agli eletti dell’università, ringraziando della «fida» e sollecitandoli ad intervenire a pagare interessi e danni ad Onofrio de Angrisano, al quale gente di un’altra famiglia [il nome è illeggibile] ha ammazzato gli «jenchi», dal momento che lo stesso Onofrio sta per risarcire il danno fatto dai suoi «jenchi». Anche il Capitaneo viene invitato a scrivere una lettera. Hanno ordinato che si doni un’armellina7 per uno agli uomini che andarono al Corpo dela Cava con il Capitaneo contro i fuorusciti. Il sindaco deve fare una lista di un uomo per casale per fare i capodieci: gli eletti nomineranno i capodieci scegliendoli dalla lista. f 39) Hanno ordinato al sindaco che Annibale Troisi e Michele de Anna vedano « de iustitia» se si deve pagare o meno il mulo a Baldaxarro Tagliaferro. Il sindaco dovrà pagare Annibale Troisi, «per quelle scripture de protesto», e Michele de Anna, «per causa et consulto de dicto protesto» ed altri suoi impegni a favore dell’università, fra cui un suo atto contro il Capitaneo e la sua corte per avere le copie di certi decreti sulla querela generale. Al primo andranno tari 2 e mezzo, al de Anna tari 4. Il sindaco dovrà altresì pagare al not. Jo. Marco Jovene tari 2 per una procura a Benedetto Gallardo sulla «recuperatione deli sfraj deli sali» e per la copia di una minuta mandata da Antonio Sanfelice per Nicolo Quaranta all’università circa l’erezione dell’episcopato. Vengono rimessi a messer Antonio i 5 carlini che ebbe nei giorni scorsi dal not. Vincenzo Salsano vicesindaco, per aver dovuto svolgere un certo servizio; in caso di bisogno, faccia quello per cui gli furono dati. f 39 v) Si rimette ad Annibale Troisi tutto quanto si vorrà aggiungere ai decreti contro i nuovi cittadini «privati di citatinagio». Messer Annibale e messer Michele devono concludere la protesta contro il Capitaneo per la difesa dei privilegi. Il sindaco deve pagare a messer Jo. Bernardino Gallardo, esattore dei pagamenti fiscali della R. Corte, tari due per essersi trattenuto a Cava alcuni giorni, «quando lo sindico stecte in Napoli retenuto per la exactione deli denari di Ferrante Pandone»8. Il sindaco deve pagare a messer Lucio e a messer Jacobo Mangrella tari 1 e grana 10 ciascuno per le loro fatiche, in quanto furono incaricati di vedere con messer Annibale e messer Michele se si poteva fare querela generale contro i malfattori senza pregiudicare i privilegi della città.

27 novembre Si riuniscono gli eletti «in ven. ecclesia Burgi». f 40) Il sindaco dovrà far avvisare i cittadini «noviter facti», uno per uno, invitandoli a 7 Moneta del valore di cinque carlini. 8 Segue un’aggiunta: «videlicet quelli che dede la prima volta».

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mantenere le loro promesse «et venire ad communichare in alcuni besogni che incombeno ala università»: per «levare» le bolle della erezione dell’episcopato, dote del capitolo e translazione, nel termine di 8 giorni devono realiter prestare all’università duc. 500. Il Capitaneo ha emesso un bando contro gli usurai. Gli eletti temono che la sua azione possa pregiudicare i privilegi della città. Si deve fare lettera di ‘commendazione’ a Fabritio de Avallone, Angelo Fasano, Jacobo Nicola Fasano e compagni per la molestia loro arrecata dal Capitaneo. Il sindaco deve far sapere a Filippo e Pietro Giovanni Costa «che vogliano far intendere ciò». Se il Capitaneo volesse proseguire la sua azione contro gli usurai, il sindaco dovrà riunire l’Università e ricorrere alla regina, perché il Capitaneo «non si po piamare altro che Capitanio et non Commissario» e per chiedere «che Sua Maesta se degne allevarenze de tale gravamento et questo per conservatione deli nostri privilegii». f 40 v) 29 novembre Si riuniscono gli eletti nella chiesa di S. Giacomo. Dal momento che il sindaco ha consegnato ‘oggi’ la lista dei capodieci secondo le disposizioni ricevute dagli stessi eletti, lista che è stata presentata «per quella vedere si sta bene et si ei facta bona electione», gli eletti ordinano al sindaco di differire la consegna della lista al Capitaneo almeno finché non si riunirà l’Università. Ad essa toccherà disporre se il sindaco dovrà consegnare o meno la lista. Il sindaco deve riscuotere quanto deve avere l’Università dal gabelloto Liberato e da tutti gli altri debitori, soprassedendo per alcuni giorni solo per quanto deve avere da Jo. Loysi Pisapia e i suoi compagni, «per alcuni respecti».

6 dicembre9 Gli eletti dell’episcopato si riuniscono nella chiesa di S. Giacomo. Ordinano che il sindaco debba recuperare tutte le procure in persona di messer Nicolo Quaranta sul fatto dell’episcopato e sulla dote del capitolo. f 41) Ordinano di bonificare al sindaco tutto quanto spenderà per far preparare una certa quantità «de copeiti» da Sansone de Landò, per regalarli ad Antonio Sanfelice.

12 dicembre Gli eletti ordinano che «si faza bono» al sindaco quanto ha speso per mandare certi salami al signor marchese[?] e tutte le spese fatte presso Cola delo Fumo che diede loro da «magni are10». La città deve difendersi contro mastro Silvestro de Julio accusato di «danno clandestino» contro l’Università, sostenendo tutte le spese necessarie. Avvocati in questa causa saranno messer Jo. Goliardo e messer Nicolo Quaranta, procuratore not. Thomasi de Curte; essi per questo riceveranno un salario.

9 In un mandato di pagamento del 1 dicembre (f. 104 v.), si legge: «pagato ad Cola delo Fumo tari uno et grana quindici per certe robbe dede da magnare ali electi quando dicto sindico fo detenuto in Napoli». 10 Sic.

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Il sindaco deve dare a not. Vincenzo Salsano carlini 14, per i viaggi che ha fatto in Napoli, per la polizza della terza di Natale passato fatta fare dal percettore e costata 2 tari e mezzo; dei 14 carlini, 9 sono come compenso per tre giornate trascorse a Napoli. L’Università deve scrivere all’uditore, chiedendo di rimandare a Cava l’ex assessore della città, Ferrante Scarpato, visto che l’uditore ha scritto al Capitaneo di mandare « Ile robbe» di messer Ferrante. f 41 v) Il Capitaneo ha chiesto di essere «franco de gabelle»: il sindaco deve rispondere che l’Università «non intende aprire questa porta ali officiali de fareli franchi de gabelle actiso non so stati mai franchi li altri officiali». Il sindaco deve far osservare dai gabelloti della carne i capitoli della gabella della carne. Il sindaco deve al not. Jo. Marco Jovene cancelliere, «per la copia have facto delo executorio dela paga delle Camerelle» tari 1 e grana 10. Bisogna inoltre recarsi alle Camerelle e pretendere dal «piazaro» il rispetto dell’«exequtorio», altrimenti i cittadini non passeranno più per quel sito con le loro robe ed egli non potrà più riscuotere da essi. Il sindaco deve dare un ducato a Vinciguerra de Mauro per far aggiustare una via sotto gli Scazaventi. Il sindaco deve far transuntare tutti i capitoli fatti dal cardinale e dal vescovo, affidando il lavoro al cancelliere Jo. Marco Jovene e pagandogli quello «che nze mereta per Ile soe fatiche».

f 42) 15 dicembre Si riuniscono dal sindaco gli eletti ordinari. Gli eletti «haveno ordenato» che il sindaco con il not. Thomasi de Curti e con il cancelliere vadano dai gabelloti delle gabella della carne a chiedere il rispetto dei capitoli, sia per la vendita della carne sia per «Ile interame et assonza» e «non debiano vendere li mussi de porzi ni Ile osse si levano dalle presocte» se non secondo i capitoli. Una simile richiesta deve essere fatta ai «bozeri» di S. Adiutore, incaricandone Jacobo de Monica. Hanno inoltre disposto che si scriva una lettera al vescovo sollecitandolo a venire a Cava per le feste di Natale, per amministrare i Sacramenti e per gli « altri officii accadeno ad questa università». Si deve mandare ad Antonio Sanfelice Jo. Antonio de Falco con lettera «de credenza», in quanto il beneficio di S. Maria della Terra è vacante per la morte del primicerio: «che voglia provedere de persona idonea et dabene». Il sindaco e messer Michele de Anna devono andare dal P. Guardiano per il fatto dei preti di S. Arcangelo e pregarlo di desistere da quanto ha fatto. Il sindaco deve dare tari 2 al not. Jo. Marco Jovene per la «transomptione» dei capitoli del cardinale e del vescovo « in charta de bambace». Lo stesso giorno si riuniscono gli eletti dell’episcopato. f 42 v) Si risponda a messer Nicolo Fiorentino e a messer Aniballo che l’Università non può prendere in altro modo a prestito duc. 200, se non con l’impegno di restituirli per la metà del prossimo settembre. Si dispone che Jo. Antonio de Falco vada in Napoli a cercare di trovare quanti più denari possibile «con mancho interesse poy» per la spedizione delle bolle.

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20 dicembre Si riuniscono gli eletti dell’episcopato per decidere sull’opportunità di mandare qualcuno a Roma e trovare il denaro per le bolle e per ascoltare quanto ha da riferire Jo. Antonio de Falco, mandato a Napoli « per facende de dicto episcopato». Jo. Antonio de Falco ha riferito di aver parlato con Berardino Greco, «noviter facto» cittadino di questa città, per avere in prestito da lui duc. 100. Il Greco ha accettato e inoltre offre alla città tanto «coyro de levante» fino ad un valore di duc. 500 o 600. Per questo Jo. Antonio deve recarsi a Sanseverino e in altri luoghi, dove gli sembrerà più opportuno, per vedere se si potesse far partire detto cuoio e avere il denaro al minor interesse possibile per l’Università; a Jo. Antonio de Falco viene data «ampia potestà accossi corno fossero tucti li electi predicti»; il sindaco deve pagargli le giornate in cui è stato a Napoli e le giornate in cui d’ora in avanti sarà fuori città. ’Domani’ domenica dopo pranzo gli eletti suddetti dovranno trovarsi tutti insieme agli Scacciaventi per decidere chi deve andare a Roma e per il prestito da Bernardino Greco. 22 dicembre Gli eletti dispongono che il sindaco mandi ad un altro cittadino «noviter facto», Marcho Staivano, a Maiori, una persona, che dovrà essere pagata per la sua «andata», a chiedergli in prestito un massimo di ducati 100 per la spedizione delle bolle. f 43 v) 24 dicembre Si riuniscono gli eletti dell’episcopato «per lo ordene de pigliare li denari per la expeditione delle bulle per Roma». Deliberano che il sindaco prenda in prestito duc. 100 da Berardino Greco, rilasciandogli la dovuta «cautela»; il sindaco potrà servirsi di tutte le gabelle come indennizzo. Il sindaco deve fare la «cautela» ad altri due creditori dell’università (messer Nicolo e Jo. Francesco Istrozo) per duc. 200, obbligando per il pagamento tutte le gabelle che vorrà. Per l’anno prossimo si voglia bandire un grano solo sulla gabella del molino. Il sindaco deve far «bannire» l’Università per lunedì prossimo. Per venerdì deve inoltre far riunire messer Aniballo, messer Nicolo e messer Michele de Anna per far preparare le istruzioni sul fatto dell’episcopato per colui che dovrà andare a Roma. f 44) 26 dicembre Si riuniscono gli eletti dell’episcopato per discutere sul denaro da procurarsi per la spedizione delle bolle e per altre cose concernenti l’episcopato. Dispongono che il sindaco prenda duc. 200 da Nicolo e Jo. Francesco Strozzi e duc. 100 da Berardino Greco, facendo le debite «cautele» ed obbligando tutte le gabelle e i beni dell’università. Si danno disposizioni per il bando del grano della gabella della farina. Ordinano che si risponda ad una lettera di Antonio Sanfelice, dicendo che l’Università è pronta a mandare un messo a Roma; circa una prossima venuta del vescovo, si garantisce che sarà accolto con buona grazia di tutta l’Università.

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f 44 v) 30 dicembre Si riuniscono gli eletti dell’episcopato [sempre sul problema del viaggio da fare a Roma]. Dispongono che il sindaco o il not. Vincenzo Salsano portino ad Antonio Sanfelice le minute delle procure dell’accordo e convenzione da farsi tra l’Università e il cardinale d’Aragona. In caso di discordia, si invochi da parte dell’università la regina. Dispongono che il sindaco voglia ottenere una lettera ‘di favore’ dalla regina, diretta al cardinale in Roma per colui che dovrà andare a Roma per concludere « lo negocio» dell’episcopato. Il cancelliere e messer Annibale Troisi devono preparare le istruzioni per chi dei due, il sindaco o il not. Salsano, dovrà andare a Napoli; devono essere pagati sia i primi due che la persona che andrà a Napoli, a spese dell’università. f 45) 31 dicembre Si riunisce l’Università nella chiesa di S. Giacomo, con licenza del R. Capitaneo Jo. Battista Villani di Napoli, a seguito di bando, per discutere su varie faccende dell’Università stessa e principalmente sul fatto di dover andare a Roma dal cardinale per la spedizione delle bolle. Viene designato per andare a Roma messer Aniballo Troysi, per contrattare con il cardinale in base a precise istruzioni dell’università, dalle quali non potrà in nessun caso trasgredire. Per questo compito l’Università gli paga duc. 30. Eventuali consulti a Roma o a Napoli saranno a carico dell’università. L’estate scorsa un cortigiano della regina aveva interceduto presso il Viceré per far «dislogiare» gli Spagnoli: gli si donino dieci canne di tela bona per mezzo di Solimanno de Curti. Vengono incaricati tre cittadini di valutare i danni apportati dall’alloggiamento degli Spagnoli, per poterli risarcire a spese dell’università. f 45 v) Si rimette agli eletti ordinari il problema della farina che si dice «che fa venire lo S. Capitaneo da fore», defraudando il gabelloto della farina: ci si chiede se l’Università a sue spese debba risarcire o meno il gabelloto. L’Università notifica e conferma quanto fatto dagli eletti ordinari e dagli eletti circa le questioni dell’episcopato. Viene rimesso agli eletti quanto proposto dal Capitaneo « delo facto deli jurati». Viene rimesso agli eletti ordinari di far eseguire dei lavori alla chiesa di S. Francesco, su richiesta del P. Guardiano. Bisogna dare a Cola de Arminando di Cava quanto deve avere, secondo la polizza, che ha mostrato all’università, rilasciata dalla R. Corte e dal suo percettore. Viene concessa la cittadinanza a Cola e Marco de Fusco «delo Vallo delo Novi»: essi dovranno abitare a Cava e «che siano tenuti ad onera et honores corno ad tucti li altri citatini de questa cita». Gli eletti dovranno determinare i pagamenti per tutti coloro che hanno «fatigato» per l’alloggiamento degli Spagnoli, per quelli che hanno ripartito le tasse per risarcire i danni sofferti dai cittadini, per la richiesta di Bartolomeo de Sparano, a cui gli Spagnoli hanno rubato un cavallo, e per quella di Andrea Troisi circa certe pietre prese per costruire un muro e l’acqua nei suoi beni presa da coloro che costruivano una via.

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f 46) L’Università rimette agli eletti dell’episcopato il compenso per coloro che hanno preparato le istruzioni e per chi ha fatto le procure e le minute per colui che andrà a Roma a trattare con il cardinale. I sei deputati detti dell’episcopato devono trovare con il sindaco i «pregii» dei duc. 200 da mandare al cardinale. Detti «pregii» potranno essere fatti «cauti» da qualsiasi gabella vorranno o «cautela». Se il cardinale «vole» un banco tenuto da triennio a triennio, l’Università e il sindaco dovranno trovare al più presto un banco, a Napoli o a Roma. II sindaco deve comprare dei doni [«uno presento»] che gli eletti dovranno distribuire ai ‘superiori’; l’ammontare della spesa viene rimesso agli eletti ordinari. Il sindaco e messer Antonio de Lamberto devono vedere se i gabelloti della carne osservano i capitoli della gabella relativa e se i capitoli sono osservati anche da chi macella, in ogni parte della città. Se scopriranno che non vengono osservati i capitoli, potranno come pena vendere la gabella. L’Università rimette agli eletti ordinari di fare debita provisione su quanto ha proposto messer Andrea Longo sul fatto di S. Maria della Terra. Devono essere rimborsate al sindaco tutte le spese fatte per ordine degli eletti. f 47) 3 gennaio 1517 Si riuniscono gli eletti. Ordinano che, quanto ai doni11 da fare ai superiori, vadano il sindaco e messer Antonio de Lamberto ad offrire alla regina «grande» quindici capponi ed altrettanti alla regina «giovane», oltre a «dui marzapani de copeta fina per ciascuna de libre deici lo uno»12. Si dovranno donare ancora otto capponi al signor marchese, otto al segretario, otto all’uditore e otto alla signora donna Giovanna e un marzapane di copeta per ciascuno di libbre dieci. Gli eletti dispongono che tutti i capponi si dovranno comprare a Napoli. Dispongono che si scriva a monsignore «che la università sta non poco unbrosa13» per avere suo fratello messer Antonio posto nella chiesa di S. Maria della Terra un prete contro la volontà dei «figliani»; in particolare Andrea Longo ha fatto sapere che questo prete «non ei idoneo ni sofficiente» e non è «agrato ali figliani gentilomini et homini da bene». Il sindaco deve provvedere al pagamento delle spese per «li interessi fecero li Spagnoli» ai tavernari e alle altre persone. 10 gennaio Riunitisi gli eletti, intesa la relazione fatta dal sindaco e da messer Antonio, mandati dall’università a portare doni alle regine e ad alcuni gentiluomini, si dispone di rimborsare

11 Per i doni si vedano i mandati di pagamento (ff. 106-107), fra cui il seguente: «Et perche io predicto sindico deputato et dicto messer Antonio vacammo sei jorni ad fare dicto presento in Napoli colle bestie da allogeri actento la Signora Regina vechia stecte male et de po morse et non senze possette havere audiencia per dicti sei jorni tari dicidocto ad tucti dui». Al f. 108 risulta che per questo lutto il presento non fu fatto. I capponi furono affidati ad un ‘polliere’, rimborsandogli le spese, e furono poi portati a corte quando i rappresentanti della città andarono a porgere le loro condoglianze. Per aver tenuto 46 capponi per dieci o dodici giorni, «Petro polleri» ebbe 5 carlini. 12 DI NOTARGIACOMO, cit., p. 74. 13 Sic.

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il sindaco di quanto ha speso per comprare capponi, copete e altre cose, come è contenuto nelle partite che seguono. [Segue quindi l’elenco dettagliato delle spese per l’acquisto dei doni, per il loro recapito, per le «cajole» e il mangiare per i capponi, ecc]. 14 gennaio Si riuniscono gli eletti. Ordinano che vadano a condolersi della morte della regina «grande»14, presso la regina Giovanna «nostra segnora», Andrea Longo, Nicolo Quaranta, il sindaco, il not. Thomasi de Curti e Antonio de Lamberto. Le porteranno anche un donativo. Ad essi deve essere dato «uno famiglio» pagato dall’università e deve essere data una cavalcatura a messer Andrea; a tutti loro saranno pagate le giornate impiegate, tutto a spese della città. Tramite il sindaco «si allogheno Ile gramaglie» per i sopraddetti e per altri due o tre che potranno raggiungerli a Napoli per andare a condolersi con la regina, a spese dell’università. Essi dovranno anche andare dall’uditore per chiedergli di far tornare a Cava messer Jacobo ...., assessore nei tempi passati, «ad stare ad sindicato». f 48) Avendo il sindaco relazionato sul fatto che i nuovi cittadini non si erano presentati né avevano osservato le loro promesse e l’Università aveva rimesso la questione agli eletti, che li avevano privati della cittadinanza, messer Francesco Flochano aveva fatto notare di essersi presentato e di esser sempre stato disposto a sostenere l’Università nei suoi bisogni. Gli eletti, informati di questo e del fatto che non gli era stato «intimato» di sovvenire l’Università, cosa confermata dal sindaco stesso, tenuto conto che non era volontà dell’università privare della cittadinanza coloro che non erano stati «intimati», ma quelli che « non voleano comparere», dichiarano il decreto di privazione della cittadinanza nullo nei confronti di Francesco Flochano e di tutti gli altri «che non so stati intimati et aveno comparso et compareno ali besogni dela dicta università». Il sindaco deve presentare questo decreto al Capitaneo o al suo luogotenente, per fargli restituire «Ile robbe impedite» e affinché il detto Francesco possa godere di tutti i privilegi. f 48 v) Quanto al fatto di Onofrio de Angrisano per gli «jenchi» che gli furono ammazzati «ala montagna da quelli de casa de ... », detto Onofrio cerchi di avere giustizia «dove li si era consultato»; se non la otterrà, l’Università gli farà una lettera ‘di favore’ e lo aiuterà. 15 gennaio Si riuniscono gli eletti, per la difesa dei privilegi, per la difesa dei cittadini e soprattutto per il sequestro di «robbe» da parte del doganiere del principe ai danni di messer Francesco Flochano. Gli eletti ratificano e accettano il decreto di revoca di quello di privazione della cittadinanza. Decidono di andare tutti insieme con lo scrivente, Jo. Marco Jovene vicesindaco, a parlare con l’assessore del Capitaneo, per far restituire al Flochano le robe sequestrategli, con «pregiarle», per chiarire se questi è tenuto a pagare il diritto della dogana del principe, «per essere citatino nostro», e se è «de justitia de pagare che page», «et non volendollo fare che 14 DI NOTARGIACOMO, cit., p. 75

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li si faza uno protesto che li dicti electi andaranno co alcuni citatini de questa cita ad aperire o scassare lo magazeno dove stanno Ile robbe sequestrate». f 49) Decidono inoltre che il vicesindaco con altri eletti e altri cittadini vadano alla Marina per far ‘liberare’ le merci sequestrate; non potendole avere, con la corte del Capitaneo o con il suo assessore, essi potranno far «scassare magazeni» e «far pigliare dicte robbe». Ciò per far rispettare la volontà della regina e i privilegi della città «et non per fare injuria ni violentia alcuna ad persona nulla». Il sindaco dovrà poi pagare tutti «delle loro fatiche». 20 gennaio Si riuniscono gli eletti nella chiesa di S. Giacomo. Hanno ordinato di rimborsare al sindaco tutte le spese fatte a Napoli, cioè il nolo di cinque gramaglie, le spese per «quillo portao dicte gramaglie donde Ile allogaro dove stavano allogiati li sindici et de po ad tornarelle ad quello Ile allogao grana quattro», «per portare li capuni in corte pigliati da quillo posserlle tenere», per Gregorio Fiorillo, portato come garzone a Napoli per 5 giorni, per la «bestia» che portò Andrea Longo. Hanno ordinato di scrivere una lettera ‘di favore’ all’uditore per Johannocto Troysi, Berardo de Landò e altri, che sono stati «piamati» alla Reginale Audienza su istanza di Costantino Mirabile «de feria Salerni». Tutti gli eletti presenti, tranne Andrea Troysi che dissente e si dissocia, vogliono far scrivere una lettera, da parte del sindaco, degli eletti e dell’università, al governatore di Salerno per far restituire delle robbe di Francesco Flochano sequestrate dal doganiere di Vietri. Un’altra lettera deve essere scritta a messer Antonio de Diano, ‘fattore’ del principe di Salerno, per far restituire le merci sequestrate a messer Francesco e «che nze maravigliamo corno li di passati avea ordenato de mandare o venire in la Marina de Veteri » «da Salerno per portare certe robbe de dicto messer Francesco nostro citatino in Salerno per causa de dicta dohana». f 50) Un’altra lettera ancora va fatta a messer Nicolo Biliocta, arrendatore della suddetta dogana, per far restituire le robe sequestrate a messer Francesco, «actiso stanno altre robbe qua in potere delo S. Capitaneo si de rasone deve pagare la dohana predicta lo dicto messer Francesco». Tutti gli eletti, eccetto Andrea Troyse, hanno confermato quanto fatto dagli altri eletti per far restituire a messer Francesco le robe trattenute alla dogana da Augustino Cantarello; hanno approvato l’operato del sindaco e di coloro che erano andati con lui, i quali devono essere ripagati delle loro fatiche, dal momento che «quello ei facto e stato facto per mantenere la università et soi citatini in possexione deli privilegii et franchitie tene». 26 gennaio Si raduna l’Università nella chiesa di S. Giacomo al Borgo Scacciaventi, con licenza del R. Capitaneo. Si ordina che il sindaco paghi a Joanne de Mauro duc. 9 e tari ...15 per far «conzare» a 15 Manca nel testo.

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nome dell’università «la via da Castagnito ad Veteri», e che questa spesa gravi sul gabellato della farina. Il sindaco deve inoltre pagare ai «preiti e clero dela Cava» quanto sarà deciso dagli eletti ordinari o dalla maggior parte di loro in conto di quello che devono avere «per quello pagano alle gabelle». f 50 v) L’Università da potestà agli eletti di imporre tasse per questo. L’Università dà incarico agli eletti, o alla maggior parte di essi, di «pigliare omme expediente» per la conservazione dei privilegi, facendo ogni spesa necessaria, anche se bisognasse ricorrere alla regina. L’Università conferma il decreto fatto dagli eletti circa la revoca del decreto di privazione della cittadinanza per i «citatini noviter facti»; annulla pertanto il decreto fatto il primo novembre, in quanto gli eletti avevano privato della cittadinanza i nuovi cittadini senza prima avvisarli e prendere informazioni, come invece era stato proposto dal sindaco. Si decide di scrivere al vescovo, affinché voglia conferire i benefici che restassero vacanti nella città e amministrare le cose dall’episcopato, «per che non delibera questa università fare administrare da altro Ile cose delo episcopato che da Sua Signoria Rev.da». L’Università bonifica al sindaco le spese sostenute per riparare la strada da Castagneto a Vietri, su polizza di Giovanni de Mauro, e tutte le spese fatte e da farsi per ordine degli eletti e ‘massimamente’ per evitare inconvenienti che sarebbero certo sopravvenuti se le spese non fossero state fatte. Il sindaco deve fare quietanza agli eletti, come loro ordineranno, per le spese da essi fatte fare «per lo herede de notare Basilio Pisapia in beneficio dela università». f. sciolto 50 bis) L’Università decreta «che da mo fa bona» al sindaco tutta la spesa fatta per la difesa dalla querela di mastro Silvestro de Julio per il «danno clandestino delle vite ad ipso tagliate», sia per gli atti della corte che per gli avvocati e il procuratore. Il sindaco deve pagare «Ile bestie» servite a lui stesso e a coloro che erano andati con lui a Napoli a condolersi per la morte della regina e ad offrire un dono «et questo sulo si pageno». D’ora in avanti «non si pagheno dicte bestie» a chi andrà fuori, eccetto che per tre carlini al giorno. Si facciano lettere ‘di favore’ «ad Antonio nostro citatino» presso «de quale si voglia persona per la conservatione deli nostri privilegii». L’Università rimette agli eletti ordinarli o alla maggior parte di essi la facoltà di determinare le spese16 del sindaco nei giorni passati e di stabilire quanto dare a coloro «che andaro ala Marina» a far dissequestrare le «robbe» di messer Francesco Flochano; questi andarono a loro spese ed impiegarono un giorno intero. Gli eletti o la maggior parte di essi devono fare «omne debita provisione» circa il fatto eseguito dai doganieri di Salerno contro Francesco Flochano, affrontando tutte le spese necessarie. L’Università ordina al sindaco di pagare una o due porte dei magazzeni di Jo. Berardino Costa alla Marina di Vietri, rotte dalla corte stessa per il dissequestro delle merci di Francesco Flochano. f 50 bis v) 28 gennaio Si riuniscono gli eletti [«messer Andrea Longo per se et Vinciguerra de Mauro alo quale ha donato la sua voce, messer Raymondo de Tisone, messer Raymondo de Monecha, notare 16 Lettura incerta.

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Thomasi de Curti, messer Petro Jacopo Capova, notare Jo. Philippo de Parisi, Joanne Antonio de Falco, Andrea Troysi, messer Antonio de Lamberto»]. Hanno ordinato che il sindaco debba «pigliare consiglio» se il Capitano «deve essere francho dela farina che si fa venire mannata da fore dala gabella de dicta farina». In caso positivo, «Ilo abia da fare bono questa università alo gabelloto de dicta farina». Hanno ordinato al sindaco che a nome dell’università faccia quietanza a Stephano Pisapia e agli «altri figlioli et heredi» del not. Basile Pisapia «tanto de tucto quello ei stato significato debitore not. Jo. Loysi loro fratello ala università per la administratione delo tempo delo suo sindicato lo anno proximo passato, per significatoria de Philippo Costa et messer Aniballo Troysi et compagni electi sindicaturi de ipso» (duc. 11 e tari 9) e di ogni altra cosa fossero «tenuti» alla Università, «actiso Ile aveno pagati in beneficio» dell’università stessa, soprattutto nel non far venire fuorusciti nella città. La presenza di fuorusciti in città avrebbe causato l’arrivo di «fanti ad pedi et ad cavallo», che avrebbero apportato danno, «corno ja nze donaro li Spagnoli questa estate passata». Tanto più che gli eredi del not. Pisapia hanno speso duc. 16 di carlini, il sindaco deve dare quietanza anche per «pregi delo sindicato» del not. Jo. Loysi17. Le somme «significate» a Stephano e Jo. Loysi «Ile remecteno et relassano ali dicti heredi tanto quello quanto omne altra cosa fossero tenuti ala dicta università». Il sindaco deve pagare tutta la spesa necessaria per rifare la porta che fu fatta rompere dalla corte al magazzino di Jo. Berardino Costa, e deve pagare un tari per ciascuno a coloro che andarono alla Marina per far restituire le merci sequestrate. f 51) [Si ritorna al 26 gennaio; in testa al f.: «Die eodem Januarij», scritta coeva ma aggiunta successivamente alla registrazione della delibera]. Il sindaco deve versare ai preti, in cambio delle gabelle che essi pagano mentre dovrebbero essere franchi, duc. 40 di carlini. Andrea Troisi ha prestato ad interesse alla città sui suoi beni, per poter aggiustare le strade da Castagneto alla Molina. Sia l’Università che il Troisi dovranno nominare un loro esperto «ad extimare et vedere dicto interesse» e il sindaco dovrà pagare da parte dell’università ad Andrea Troisi quanto stabilito dai due esperti. Il sindaco deve andare a Napoli a portare le polizze al percettore e farsene fare «cautela»; deve essere rimborsato per le giornate impiegate18. Il sindaco deve dare duc. 4 a messer Carlo Capova, a Joanne Antonio de Falco e agli altri che «aveno laborato circa Ilo tassare deli interessi fecero li Spagnoli» quando alloggiarono in città l’estate passata. Poiché Carlo Capova e Antonio de Falco avevano lavorato molto più dei loro compagni, il sindaco deve distribuire la somma dandone a loro la maggior parte. Il sindaco deve vedere il decreto dello scorso anno, con cui si promettevano duc. 50 «alla donna Joanna per la elimosina delo hospedale» ed offrire un ducato, come acconto, dal momento che il procuratore di detta donna Joanna, «Vallentino de Apreis», ha sollecitato con una lettera il pagamento di questo ducato. Messer Andra Longo e messer Petro Jacobo [Capova] devono andare dalla regina per ottenere la conferma dei privilegi, in particolare limitando i poteri del Capitaneo, in quanto 17 II notaio Giovan Luigi de Pisapia era stato sindaco nel 1515: cf. Dall'Archivio Storico Comunale. La città de la Cava e i suoi sindaci, cit., p. 41 18 Con inchiostro più scuro, come in testa al foglio, è aggiunta una nota in merito al fatto che il sindaco era stato chiamato dal percettore per dar conto di quello che aveva pagato e «che intenda si besogna dare lo homagio».

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questi dovrebbe poter procedere contro i crimini «non corno ad commissario ma sulo corno ad Capitaneo». Devono inoltre parlare con il segretario, avendo ricevuto lettere con l’invito a mandare «lo homagio» a Sua Maesta. L’Università aveva già presentato un donativo a tempo debito e non crede di doverne un altro; ma, besognando, si faccia come piace alla regina. Il sindaco deve provvedere i due delegati di cavalcature e di garzone e rimborsare le giornate impiegate. f 51 v) 11 febbraio Gli eletti hanno ricevuto una lettera dai due «sindici mandati in Napoli per obtenere Reterà revocatola dela lictera tene lo S. Capitaneo de procedere ex officio et corno ad commissario», nella quale dicono di non aver ottenuto la revoca perché hanno contro il marchese e l’uditore. Ordinano pertanto che il sindaco mandi un uomo da messer Andrea e Petro Jacobo, «ad quelli fare intendere abiano da insistere per la dicta lictere revocatoria» e convincere la regina e i suoi ministri dell’opportunità di ciò. La lettera potrà essere mandata a Cava tramite lo stesso messo, il quale dovrà essere pagato tari uno e grana 10. 14 febbraio Si riuniscono gli eletti. Ordinano al sindaco di far «bandire» l’Università per l’ultimo giorno di carnevale, per beneficio della città e servizio della regina. f 52) Il sindaco deve pagare a Perri Antonio de Costanzo di Napoli la terza che gli tocca sui denari prestati all’università. Un carico d’olio di Diomede Longo, cittadino cavese, era stato fermato alla dogana di Terra d’Otranto per i pagamenti dei diritti doganali. A difesa delle franchigie di cui, in virtù dei privilegi, godevano i cittadini cavesi in tutte le dogane regie, quelli che andranno a Napoli a colloquio con la regina dovranno chiedere una pena per i doganieri nella Camera della Sommaria. Si delibera «che si faza bono» a messer Andrea ed a messer Petro Jacobo Capova, «sindici electi li di passati appresso la Maesta dela S. Regina, per la expeditione et scriptura de uno memoriale delle cose aveano da proponere appresso la Maesta dela S. Regina, grana deici». Si deve inoltre scrivere una lettera al vescovo, affinché voglia conferire il diaconato di S. Maria della Terra a d. Justo de Rosis e in favore dei cappellani di detta chiesa, i quali hanno una bolla per eleggere il diacono e sono soddisfatti di d. Giusto, avendolo eletto. 17 febbraio Si radunano gli eletti. «Haveno concluso et ordenato che lo sindico done per elemosina ad Joanne de Neapoli citatino de Tribisaczi quale anda petendo per redimere certi soi figlioli captivi in potere de Turchi carlini cinco, quali da mo fanno boni alo dicto sindico ali soi cunti»19.

19 Dal libro degli esiti, f. Ili, si apprende che anche la moglie, oltre ai figli «erano stati pigliati da turchi per recactarelle».

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Si paghino duc. 6 ai quattro che ‘tassarono’ i danni fatti dagli Spagnoli nel luglio ed agosto passati, «actiso che non si contentano deli duc. quattro loro so stati tassati». Si faccia una lettera ad Hectorro Piscitello [?] in ‘favore’ di Ludovico de Modena e Petro Francese che hanno venduto tre «ienchi» a cittadini di Cava e il doganiere della dogana della Rocca, Cesaro de Consa, ha preteso una somma di denaro, in pregiudizio dei privilegi della città. Si chiede pertanto di far restituire la somma suddetta a Ludovico e Petro. Il sindaco dovrà andare a Salerno, per parlare con il ‘fattore’ del principe di Salerno e con l’arrendatore della dogana del principe in Vietri e convincerli a restituire le «robe» sequestrate a Francesco Flochano, altrimenti l’Università avrebbe fatto ricorso alla giustizia. Si dispone di scrivere una lettera all’uditore in favore di Fioravante di Cetara, il quale «ei stato commandato che ande avanti de dicto auditore» per una querela fatta contro di lui al tempo di messer Jeronimo Carazolo, una volta Capitaneo della città. Si dispone di scrivere, sempre in meritò alla vicenda di Francesco Flochano, diverse altre lettere ‘di favore’, indirizzate all’assessore Antonio Follieri, all’uditore e alla contessa di Capaccio, balia e tutrice del principe di Salerno, la quale sta ‘molestando’ l’assessore. 20 febbraio Gli eletti dell’episcopato «aveno concluso» che il sindaco invii un messo ad Antonio Sanfelice, «che voglia mandare» le copie delle procure in suo possesso, per poterle «ponere in ordene si ha da fare per Roma», per ottenere dal cardinale la spedizione delle bolle del capitolo e dell’episcopato. Ancora, si vuole incominciare a «fabricare» dove «si vole fare lo episcopato»: «ad tale si dica» che è iniziata la costruzione della chiesa. 23 febbraio Si riuniscono gli eletti dell’episcopato. Decidono che si scriva una lettera ad Antonio Sanfelice. Dovendo andare a Roma per la spedizione della [bolla della] traslazione della chiesa cattedrale «sita intus moenia civitatis Cave ad quella si ha da fare in capite burgi», e tenendo presente che nella bolla va specificato che la chiesa è iniziata, bisogna pertanto cominciare la costruzione nel detto luogo20. Il Sanfelice voglia far dare licenza dal vescovo suo fratello per porre la prima pietra della chiesa. f 53 v) 25 febbraio Si riunisce l’Università nella chiesa di S. Giacomo. Dal momento che è arrivata una lettera dalla regina circa l’esazione dei censi che si ha da fare ad istanza dal Cardinale, secondo cui coloro che sono tenuti a pagare detti censi devono convenire davanti al Capitaneo, si ribadisce che i censi devono essere riscossi dall’esattore della corte civile in osservanza dei privilegi della città e «che non si voglia nullo pacto permictere si habiano da convenire in la dicta corte delo Capitaneo li debituri». Si ordina pertanto di far osservare i privilegi, non obbedendo alle disposizioni e mandando dei ‘deputati’ a Napoli a parlare con la regina.

20 Si noti la contraddizione.

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Il sindaco dovrà prendere tutti i provvedimenti necessari per la difesa dei privilegi e si dovranno mandare dei cittadini dalla regina, «che non voglia rompere» i privilegi. Il sindaco deve parlare con Leone dela Monica circa il fatto che i suoi figli, arrendatori della dogana di Terra d’Otranto, non hanno fatto passare un carico d’olio di Diomede Longo, pretendendo i diritti di dogana. «Actiso noi simo franchi in tucte dohane regie», voglia far desistere i suoi figli; nel caso non volessero, gli stessi ‘deputati’ che andranno a Napoli per far osservare i privilegi procureranno di far comminare una pena ai detti Leone e figli. f 54) I ‘deputati’ che andranno dalla regina dovranno chiederle di provvedere con un decreto affinché nessun cittadino o abitante di Cava eserciti l’ufficio di doganiere nella dogana di Vietri, eccetto che quella dell’episcopato. Quei cittadini che hanno esercitato o esercitano detta carica hanno procurato alla città liti, spese e continue estorsioni. Devono inoltre chiederle di confermare il decreto secondo cui nessun cittadino o abitante della città possa osare di non tener conto dei privilegi della città. L’Università rimette agli eletti o alla maggioranza di essi il da farsi circa la «represaglia facta delle robbe» di Francesco Flochano, cittadino cavese, eseguita dall’arrendatore della dogana di Vietri del principe di Salerno. Se mastro Silvestro de Julio intendesse desistere dalla causa contro l’Università, questa è disposta a rimettergli le spese occorse nella causa, alle quali è stato condannato; se egli non volesse desistere, il sindaco dovrà fare in modo di far trasferire la causa da Napoli a Cava. Michele de Anna, Aniballo Troysi e Nicolo Quaranta devono informarsi presso le città vicine per decidere come deve comportarsi l’Università riguardo ad una questione con i preti e i frati di S. Maria del Gesù. f 54 v) Andrea Longo, Raymondo de Monica, Raymondo Tesone e Petro Jacobo Capova devono andare con il sindaco a Napoli dalla regina per discutere delle cose predette e devono essere rimborsati per le giornate passate fuori, per le cavalcature e per un garzone che andrà con loro. Colui che andrà a Roma per la spedizione delle bolle, prima di partire dovrà dare sufficiente «pregiarla». Il Capitaneo ha venduto la «baractaria»[?], il che è uno scandalo. Coloro che devono andare a Napoli dalla regina dovranno chiederle di impedire per capitoli questo fatto. Gli stessi dovranno portare al duca di Montoro un dono del valore di duc. 6, da comprare a Napoli. Messer Antonio de Lamberto viene nominato giudice annuale alla Corte del S. Capitaneo. Il notaio Vincenzo Salsano deve avere nove carlini come salario per essere stato tre giorni a Napoli al fine di ottenere una lettera sui censi, che avrebbe consentito ai debitori di convenire davanti al vicario e non alla corte del Capitaneo. f 55) 3 marzo Si riuniscono gli eletti. Stabiliscono che coloro che andranno dalla regina dovranno chiederle di esentare l’Università dall’«indebita oppressione» di un commissario attivato «ogie» in città per vedere i conti dei sindaci passati da 10 anni in qua e al quale l’Università deve un ducato al giorno, vitto e alloggio.

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4 marzo Si riunisce l’Università su licenza del Reginale Capitaneo Jo. Battista Villani di Napoli. L’Università rimette agli eletti ordinari, o alla maggior parte di essi, o «ad quelli si ritrovano a qua in questa università questa matina a qua», quanto si deve al commissario venuto per controllare i conti dei sindaci degli ultimi dieci anni. f 55 v) Rimette agli stessi eletti l’elemosina per il predicatore della Chiesa di S. Maria del Gesù per la Quaresima. Rimette alla maggior parte dei sei eletti «dell’episcopato» la «andata che si havera da fare per Roma» per la spedizione delle bolle e dei capitoli dell’episcopato e la scelta di una persona che garantisca di portare le bolle «expedite» secondo le istruzioni che gli verrebbero date, o di portare indietro il denaro. Due dei sei eletti dell’episcopato, Raymondo de Tysone e Raymondo de Monica, vengono sostituiti perché «allo presente» sono a Napoli per parlare con la regina. Al loro posto vengono eletti messer Silvestro Longo e not. Silvestro de Alferi, i quali con gli altri quattro eletti o con la maggior parte di loro dovranno nominare una o due persone, «quali habiano da andare in Roma». Lo stesso giorno, gli eletti «ali quali la università have remisso in loro potere Ile cose sopradicte» [Antonio Lamberto, not. Jo Philippo de Parisi, not. Thomasi de Curti, Andrea Troysi, Michele de Anna, Vinciguerra de Mauro, Jo. Antonio de Falco], hanno ordinato che il sindaco, ‘questa mattina’, vada dal commissario venuto a vedere i conti dei sindaci passati, per chiedergli, dal momento che nella stessa mattinata l’Università aveva mandato a Napoli «li sindici» per parlare con la regina «sopra de tale commissione», che «habia paciencia mentre che vene la resposta dala Maesta Sua». Hanno ordinato che il sindaco dia per elemosina al predicatore della chiesa di S. Maria del Gesù, che aveva predicato durante la Quaresima nello stesso luogo, ducati 6. f 56) Gli eletti dell’episcopato si riuniscono nel giorno predetto [Silvestro Longo, not. Silvestro de Alfero, not. Jo. Philippo de Parisi, Michele de Anna e Joanne Antonio de Falco]. Stabiliscono che devono andare a Roma il not. Vincenzo Salsano e il not. Jo Marco Jovene, i quali riceveranno come salario duc. 40 al mese «per tucti dui», e dovranno dare “pregiaria” o di portare le bolle spedite secondo le istruzioni o di riportare indietro il denaro. Il sindaco «fazasi dare la licentia dalo Rev.do vicario de monsegnore de questa cita de possere fare principiare ad fabricare in lo terreno delo episcopato dove si havera da fare la ecclesia cathedrale». Il sindaco deve dare a coloro che hanno fatto le istruzioni per la spedizione delle bolle tari 8, così ripartiti: a messer Nicolo tari due e mezzo, a messer Aniballo Troysi altri 2 tari e mezzo, a Michele de Anna tari uno e grana 10 e a not. Thomasi de Curti tari 1 e grana 10. Il sindaco deve pagare al not. Jo. Marco Jovene, per due minute delle procure fatte per coloro che vanno a Roma, tari 2. Il Capitaneo questa mattina ha fatto un mandato al sindaco, Jo. Thomasi Gallardo; il Capitaneo intende infatti «levare la pena ad quelli che aveno jochato ad Carnelevano ad cetrangola». Il sindaco deve ripresentarsi entro ‘oggi’ dalla regina a Napoli. Vada quindi prima dal Capitaneo: «si vole che ande et che pigle la copia de dicto mandato et de po ande». f 56 v) 7 marzo Gli eletti e «homini dela cita dela Cava ademandati uno per uno» su quanto debba dare

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il sindaco al commissario venuto a vedere i conti dei sindaci da dieci anni in qua, sono del parere di «improntare» 20 carlini. 9 marzo Si riuniscono gli eletti dell’episcopato [in numero di 5]. Avendo «inteso la electione facta per lo andare per Roma», proposta dal sindaco, e rimanendo fermi nella scelta fatta «li di passati» da loro stessi, gli eletti hanno ordinato al sindaco che «faza bannire la università per crai matino». Hanno anche disposto che il sindaco durante «l’università» voglia proporre di fare le procure solo a coloro che sono stati scelti dai deputati dell’università. Hanno ordinato al sindaco «che si fazano cauti tucti quelli pregiaranno per nome dela università li ducati ducento alo S. Cardinale sopra uno grano dela gabella dela farina». f 57) Poiché coloro che hanno fatto le istruzioni sulla questione dell’episcopato «et altre dependentie» «non si contentano de carlini sedici loro tassaro lo altro di», ordinano al sindaco di aggiungere altri tre tari, cioè «ad messer Aniballo et messer Nicolo» 7 carlini per uno, a messer Michele e al not. Thomasi carlini 4 per uno. «Eodem die retornati da Napoli messer Raymondo Tisone messer Raymondo de Monecha, sindici mandati in Napoli per la dicta università et coadunati con lo sindaco li subscripti [omissis]». Hanno ordinato al sindaco di dare al predicatore di S. Maria del Gesù per elemosina duc. 3. f 57 v) [bianco, tranne per una breve annotazione di due righe in testa alla pagina]. f 58) 10 marzo [Cambia mano] Si riunisce l’Università «ad banni emissionem per loca solita et consueta», con licenza del R. Capitaneo Jo. Battista Villani di Napoli. Il sindaco not. Giov. Tommaso Gagliardi espone molte cose. L’Università, riguardo alla risposta da dare ai «sindici quali so in Napoli appresso la Maesta dela signora Regina per la conservatone deli nostri privilegii», la rimette agli eletti ordinari, nominando altri cittadini perché si aggiungano a loro per «vedere et descutere quale ey la migliore via et modo se have da tenere appresso la Maesta dela signora Regina per la conservatone de nostri privilegii et quello bene descusso et nominato quello per loro se concluderà sopra ad ciò avisar dicti sindici per lecter[a] o per homo ad posta». «Li homini electi per la università ultra li electi hordinarii so quisti, videlicti: messer Dominico Longo, Cola de Armenando, messer Joanne Gallardo, messer Aniballo Troysi, Cesaro dela Corte, not. Thomasi dela Corte, not. Silvestro de Alferi, Philippo Costa, messer Joanne de Mauro, not. Vicenzo Salsano, Simonecto de Vitale». f 58 v) Il not. Joanmarcho Jovene, cancelliere dell’università, è stato incaricato di andare a Roma, con il not. Vincenzo Salsano, per recarsi dal cardinale d’Aragona per questioni dell’episcopato. L’Università «se contenta che in loco suo», fino al suo ritorno, eserciti l’ufficio di cancelliere il not. Hieronymo Jovene. I sei deputati incaricati di nominare coloro che dovranno andare a Roma dal Papa e dal cardinale D’Aragona dichiarano, «in presentia de questa università», di aver scelto, come persone dotte ed «experte in talibus», i not. Vincenzo Salsano e Joanmarcho Jovene.

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L’Università conferma tale scelta. Essi dovranno dare sufficiente «pregiarla» di provvedere alla questione delle bolle o riportare indietro il denaro; dovranno inoltre partire prima possibile. Alla presenza dei due incaricati, Silvestro Longo e Ramundo Tisone offrono «pregi et securta». Si ordina al sindaco di «fare cauto» Joanne Antonio de Falcho, che presta all’università duc. 100 di carlini «per nomo et parte de messer Berardino ... novo citatino». «Eodem die et in eodem loco» «Congregatis infrascriptis electis et non electis in eodem loco», dal sindaco «fuit expositum negocium seu factum privilegiorum nostrorum» e il mancato rispetto dei privilegi stessi da parte dell’abate del monastero della SS. Trinità. Quanto al privilegio della città di non poter procedere «ex officio nisi ad querelam», i sindici mandati a Napoli dalla regina hanno fatto sapere che «non ey per observarengilo», affinché «non se habeano tanti omicidii quanti so stati facti et sequuti, et che questa ey la ultima volunta de Sua Maesta». Avendo sentito questo, gli eletti hanno ordinato a messer Antonio de Lamberto di andare a Napoli «ad trovare» messer Andrea Longo e messer Jacobo Capova, sindaci mandati a Napoli dall’università «sopra tale negocio et altre facende de epsa università». Tutti e tre insieme dovranno recarsi dalla regina per ottenere la conferma «de tucti privilegii immunitate et franchitie che tene et have dicta università». Inoltre, da oggi in poi, per gli omicidi «che accascaranno» e di cui si farà querela al Capitano, questi dovrà procedere «ad querelam»; nel caso non ne fosse fatta querela, «Sua Maesta proveda di justitia contra dicti delinquenti de altra persona non comectendo dicti casi al Capitano; et ita est». A messer Antonio, che «anda in Napoli per la causa supradicta», deve essere dato «Ilo solito et cavalcatura ad spesa dela terra». f 60) 11 marzo Si riuniscono gli eletti nella curia del not. Joanne Philippo de Parisio. Hanno ordinato che, circa il denaro da mandare a Roma e da porre «alo bancho deli Billes» a Napoli, vadano a portarli a Napoli in detto banco il sindaco e Joan. Antonio de Falcho, ai quali vanno pagate, come agli altri, «Ile jornate loro et cavalchature». Si paghino tari 6 di carlini al not. Jo. Philippo de Parisi per aver scritto quattro istrumenti «in forma probante ad quilli che so andati in Roma». Il sindaco deve dare ducati 15 di carlini per uno al not. Vincenzo Salsano e al not. Joanmarcho Jovene, «quali andano in Roma per lo negocio del episcopato». 12 marzo Vengono «congregati» gli eletti dell’episcopato [Michele de Anna, Ramundo Tisone, Joan. Antonio de Falcho, Vinciguerra de Mauro, Andreas Troysius, Carolo Punczo, not. Joan Philippo de Parisio]21 nella curia del not. Joan. Philippo de Parisi. f 60 v) Per la potestà avuta dall’università, dovendosi portare al «bancho deli Billi» a Napoli 550 ducati «ad cambio de quelli habia da fare dare in Roma», vengono eletti a portare 21 Nel documento, il notaio ha usato le desinenze in us. Qualcuno le ha corrette sovrapponendo la o.

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detti denari in banca Joan. Antonio de Falcho e not. Joan. Thomasi Gagliardo, sindaco universale di detta città: «che quelli habiano ad portare dicti denari ad risico dela università» e riporli in banca. Si dà loro potestà di accordarsi col banco «delo cambio delo meglio modo che porranno»; quello che prometteranno di pagare al banco per il cambio, o che pagheranno «al presente», sarà loro rimborsato dall’università. Per le giornate che «vacaranno per la causa predicta» saranno pagati tari 2 al giorno per ciascuno. «Quelli che andano in Roma» devono portare gli originali dei capitoli e le istruzioni. Le copie devono restare all’università. Quattro dei sei eletti, «messer Ramundo, messer Michele, not. Joan. Philippo et Joanni Antoni de Falcho», danno ulteriori disposizioni circa le istruzioni. Hieronymo Jovene deve copiare le istruzioni che «portano quelli vanno in Roma» e, «quelle poste in bello», deve essere pagato grana 15. Dal momento che tali istruzioni devono «andare innante lo S. Cardinale, ei besogno farelle de bona lectera». 14 marzo Si riuniscono gli eletti nella chiesa di S. Giacomo. Sentita la relazione di Andrea Longo e Petro Jacobo Capova sul loro operato con la regina circa le questioni a loro affidate dall’università, uno degli eletti, il not. Silvestro de Alferi, si complimenta con loro. Gli eletti decidono di mandare subito un corriere a Napoli da Antonio de Lamberto con una lettera dell’università ed altre due, ‘di credenza’, per lui, per Janni Antoni de Falcho e per il sindaco, «quali so in Napoli», indirizzate Luna al duca «de Monte Alto» e l’altra all’«auditore». Costoro infatti devono far fare «lo conservatorio» dei privilegi. f 61 v) 16 marzo Si riuniscono gli eletti dell’episcopato nella bottega di Janni Antoni de Falcho, sita al Borgo degli Scacciaventi, chiamati dal sindaco della città. Janni Antoni de Falcho e il sindaco furono mandati a Napoli a portare i 550 ducati al banco dei Billi, con potestà di eseguire «quello che ad loro meglio havesse paruto» circa il cambio: ma, poiché il banco voleva «tirar multo la corda de dicto cambio et recambio» e voleva «quello che non era el dovere», essi hanno cercato fra gli altri banchieri di Napoli «se trovavano meglio». Trovarono il banco di «Franci Ramundo Conzulo de Catalani», che offriva il cambio più vantaggioso, e posero lì il denaro, ritirando le ‘cautele’. Sentita la loro relazione, gli eletti notificano, omologano e accettano il loro operato «et voleno che tale decreto facto se habia ad referire ala università». f 62) 17 marzo Si riuniscono eletti e non eletti della città nella chiesa di S. Giacomo. Il sindaco espone molte cose sulle quali si delibera nel mondo seguente. Il commissario mandato dalla regina a controllare i conti dei sindaci degli ultimi dieci anni si è trattenuto in città circa 17 giorni. L’Università tuttavia non è tenuta a pagargli cosa alcuna. Il sindaco, in qualità però di notaio e non come sindaco, gli aveva prestato 17 tari. Decidono di aggiungere a questi 17 altri 13 tari, fino alla somma di ducati 6, non come pagamento ma «graciose». Tali duc. 6 devono essere «facti boni» al sindaco.

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Al commissario si dovranno consegnare tutte le scritture dei sindaci da dieci anni in qua possedute dall’università. Per la loro consegna il sindaco dovrà ricevere una «polesa». Devono essere dati tari 13 ad Andrea Longo e Petro Jacobo Capova, come rimborso, avendoli essi spesi per due lettere ottenute dalla regina, una diretta al vicario e l’altra al Capitanio, «per certe gracie ge fa Sua Maesta secondo in dicte lectere se conteneno». Si scriva a messer Antonio de Lamberto che l’Università «non se contenta» di eseguire «ne fare secondo la lectera nei have scripto et la Maesta de la S. Regina et li soy ministri li anno referito ma che cercha licentia et sende venga et de questo subito sende avisa lo dicto messer Antonio». 20 marzo Congregati gli eletti ordinari nella chiesa di S. Giacomo, il sindaco espone molte cose sulle quali si decide nel mondo seguente. Nei giorni passati l’Università ha mandato più ‘sindaci’ a Napoli dalla regina per la conservazione dei privilegi. Ad essi è stato riferito che «Sua Maesta quanto alo facto deli homecidii vole fare procedere omnino ex officio». Hanno deciso che, per non derogare ai privilegi, «la università se contenta de fare querela sopra dicti omecidii che accascarano da mo innanti», solo per quest’anno. f 63) La regina «ge habea da fare conservatorio de tucti li nostri privilegii». Per affrontare la questione, vengono eletti Andrea Longo e il not. Thomasi dela Corte, con il compito di andare dalla regina ed offrirle di fare «dicta querela» per un anno. Se ella non volesse accettare, tale causa va rimessa «de justitia» e quindi i due inviati «habeano da pigliar bono consiglio et domandare per petitione la conservatione de nostri privilegii». Come salario, i due inviati riceveranno tari 2 al giorno per ciascuno. Poiché l’Università è stata chiamata, ad istanza di Silvestro Julio, all’udienza della regina «sopra la querela del damno clandestino», è stato ordinato al sindaco «che nge facza omne provisione necessaria». I due inviati a Napoli «habeano da ademandare tucto quello che per lo sindico loro sera dato inscriptis». Il sindaco dovrà «pigliare consiglio da messere Joanni Gagliardo advocato che ey in dicta causa» e seguire il suo consiglio. Nei giorni passati il sindaco e Joanni Antoni de Falcho erano andati a Napoli a depositare duc. 550 per la spedizione delle bolle. Il sindaco, per via «de uno ducato che ge hebe falso», perse tari 9 e grana 5. f 63 v) Hanno deciso che gli siano «facti boni alo conto suo actento questo ey stata la verità secondo have referito Joanni Antoni de Falcho». Ai due inviati a Napoli vanno fatte lettere ‘di credenza’ indirizzate alla regina, al duca di Montalto e ad altri funzionari. 22 marzo Si riuniscono gli eletti ordinari nella chiesa di S. Giacomo. Nei giorni passati erano stati eletti Andrea Longo e Thomasi dela Corte per andare dalla regina e ottenere la conservazione dei privilegi, secondo le istruzioni date loro. f 64) Questa elezione viene confermata. È «novamente» giunta una lettera dell’uditore diretta al Capitano o al suo luogotenente, per costringere il sindaco e gli eletti a pagare il salario al commissario per il controllo dei conti dei sindaci, e a consegnare « li libri deli sindici passati da dieci anni in qua»: questo è

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l’ordine di Sua Maesta. Gli eletti hanno ordinato che il sindaco vada dal Capitano o dal suo luogotenente per rispondere che hanno ricevuto una lettera della regina, con la disposizione non di pagare il commissario, ma di dargli i conti. L’ordine dell’uditore è di tenore diverso. Gli eletti vogliono una lettera della regina. Saranno invece consegnati tutti i conti «che se trovaranno». Il doganiere di Vietri ha «levati certi denari ad uno de Scala de certe mole de molino», che sono invece franche e non dovrebbero essere pagate in questa città. Il sindaco deve recarsi dal doganiere e far restituire «quello che have havuto». A messer Andrea e messer Thomasi, «quali andano in Napoli», si diano tari due per ciascuno, per ciascun giorno in cui staranno fuori, «et che loro sia pagato lo garzone che portano per loro servicio». f 64 v) «Li electi so questi»: Andrea Longo per parte di Vinciguerra de Mauro, Ramundo dela Moneca, Simonecto Vitale per parte di Janni Antoni de Falcho, Petro Jacobo Capova, Carolo Capova per parte del not. Jo. Philippo de Parisi, not. Thomasi dela Corte. 28 marzo Si riuniscono gli eletti dell’episcopato [in numero di 5], nella curia del notaio Silvestro de Alferi. Il sindaco universale, not. Jo. Thomasi Gagliardo, legge loro una lettera mandata dai not. Vincenzo Salsano e Joanmarcho Jovene da Roma. «Intesa et bene discussa» la lettera, gli eletti hanno deciso che bisogna rispondere nel modo seguente: «quanto al facto dela capitulacione, che se dea expediente secondo lo ordene et instructiune hanno havuti». Quanto a quello che dice «messer Antonio», di non voler dare assenso ai capitoli fatti da monsignore ai preti della città, hanno deciso di scrivere a detto messer Antonio, esortandolo a fare la «expeditione dela bolla» con i capitoli riguardanti il clero, «non resguardando la ingratitudine» del clero stesso. L’Università intende rimettere i dieci ducati d’oro che «so in differencia colo dicto clero»; delle dignità «sopra Ile quatro deli sopranomerari», su cui ci sono dubbi, se si possono ottenere dalla sede apostolica «con compositione de docati cinquanta de oro de camara a basio», si ottenga; se la sede apostolica richiedesse invece una «maiore compositione», cercheranno di ottenerle per capitoli dal cardinale e dal vescovo. Hanno deciso ancora di fare intendere al cardinale che «la università tucta via da expediente satisfare al supplemento dela paga de Pasca; Sua Signoria ge faza gracia expedirege con cilirita». Intanto il sindaco deve far bandire l’Università per via della paga di Pasqua che bisogna pagare «et delli denari dello incenso [?] secondo scriveno dicti sindici»; ancora, «se faza resposta ala lectera de messer Jo. Martino ringraciando Sua Signoria de quello che ge scrive, et che ge havimo dato expediente»; si scriva ai «sindici» a Roma di tali decisioni. Appena pronte le lettere, il sindaco «Ile manda per homo ad posta in Napoli, et quelle dea alo cavallaro che vade in Roma, et quello che pagara dicto sindico ad dicto correri la università gello fara bono». Deve essere bonificato al sindaco anche un tari che ha pagato a chi portò le lettere da Roma a Napoli e a chi le portò da Napoli «ala Cava». f 65 v) « Eodem die» Vengono congregati gli eletti nella curia del not. Joan. Philippo de Parisi. Letta una lettera mandata da Napoli da Andrea Longo e dal not. Thomasi dela Corte, gli eletti decidono di rispondere che sono rimasti «non poco admirati non haverene exequito

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quanto per le instructiune» fu loro ordinato circa il pagamento del commissario, e. ancora, li pregano di «offerire» di fare querela per gli omicidi soltanto per un anno. Se non si consentirà a tale richiesta, devono avere «lo meglio advocato che se po» ed insistere per l’osservanza dei privilegi, ricorrendo al Consiglio. Appena scritta questa lettera, il sindaco dovrà provvedere a mandarla a Napoli ai suddetti «sindici». f 66) 29 marzo Si riunisce l’Università nella chiesa di S. Giacomo, con licenza del magn. d. Antonii Follerii, giudice della città. Il sindaco espone molte cose, sulle quali si decide nel modo seguente. I «sindici» mandati a Napoli per la questione dell’osservanza dei privilegi e del pagamento al commissario «che ey venuto ad vedere li cunti deli sindici» hanno riferito che la regina e i suoi ministri vogliono che omninamente si paghi il commissario « tanto per quello che ge ey stato quanto per quello che ge stara». Su ciò la regina ha scritto una lettera al Capitano, per costringere il sindaco al pagamento, «et per che ey cossi la volunta de Sua Maesta et soy ministri, et non possendomo contradire ad quello», l’Università ha determinato di pagare il commissario, specificando che questo pagamento si fa perché così vuole la regina, ma va contro i privilegi della città. f 66 v) Il vescovo ha mandato ai preti della città «certi sinodali», «quali non so ne foro may soliti». Gli si scriva una lettera, invitandolo a moderare le sue pretese e a «fare secondo ey el dovere et solito farese», di modo che un cittadino possa comportarsi da buon cristiano, e ancora invitandolo a venire a «stare et commorare alo suo episcopato, secondo vole el devere et la iustitia et pace». La lettera va spedita immediatamente, «actiso la celerità del facto». Quanto alla questione dell’osservanza dei privilegi, la rimettono ad una «università piena», da tenersi nella prossima Pasqua, per l’arrivo in città di molta gente. I giorni passati Joannantoni de Falcho e not. Joanthomasi Gagliardo depositarono duc. 550 «circa» al banco di Francesco Ramundo Conzulo de Catalani, ma al cambio e ricambio si trovò minor peso, e un ducato sicuramente falso, per cui «ge perdio et scapetao tari nove et grana decy», secondo come ha riferito più volte Joannantoni. Siccome non era giusto che il not. Joanthomasi perdesse del suo, gli eletti avevano decretato che la somma da lui rimessa gli fosse rimborsata dall’università: tale decreto viene notificato, accettato e omologato. II Capitaneo ha presentato una lettera della regina con la richiesta che «la università le voglia dare trenta persune bene armate». L’Università si impegna a «fare boni» al sindaco tutti i denari che spenderà per tale causa e «se habiano da pagare li homini che trova». f 67 v) 31 marzo Si riuniscono gli eletti. Nei giorni scorsi gli eletti «fecero uno decreto con una certa resposta» ad una lettera dell’uditore sul pagamento al commissario venuto «ad vedere li cunti deli sindici passati» da dieci anni in qua. Poiché l’Università ha una lettera della regina secondo cui il commissario non deve essere pagato dalla città ed ha mandato Andrea Longo e not. Thomasi dela Corte a consultare la regina in merito alla sua volontà su questo pagamento e poiché l’uditore invece vuole che si effettui il pagamento, gli eletti, «intesa la voluntate de Sua Maesta che non

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obstante la lectera ge havea facta voleva che omninamente se havesse pagato dicto commissario», come hanno riferito Andrea Longo e Thomasi dela Corte, hanno deciso che il sindaco debba pagare il commissario. Nonostante ciò, il Capitano ha emesso un mandato contro «certi deli electi» e contro il sindaco, «quali se trovaro ad fare una resposta ala lectera mandata per el S. auditore», imponendo che, sotto la pena di duc. 1000, «se debeano conferire in Napoli». Hanno pertanto deciso che il sindaco debba andare a Napoli, «comparere avante dicto S. auditore», scusare l’Università e gli eletti e ottenere una lettera diretta al Capitano, dal momento che il pagamento è stato eseguito, e ancora «che Sua Signoria se voglia degnare lassarenge stare et de non ge volere vedere più». Il sindaco dovrà essere pagato per le giornate spese per questa causa, come gli altri «sindici» mandati a Napoli dalla regina. 4 aprile Si riuniscono gli eletti dell’episcopato, Ramundo Tisone, Ramundo dela Moneca, Michele de Anna, Janni Antonio de Falcho, Aniballo Troysi e not. Jo. Philippo de Parisi, nella curia di quest’ultimo, alla presenza del cancelliere not. Hieronymo Jovene. Lette certe lettere inviate dai «sindici so in Roma per la expedicione delle bulle delo episcopato», si decide di rispondere loro sulle varie questioni, come la «motatione delle prebende», la «compositione deli sopranomerarii et expectanti», sulla portolania, sulla conservazione dei capitoli e sulla «quarta canonica». Il supplemento di duc. 1000 sarà versato «in bancho» nella prima settimana di Pasqua. Si risponde ancora sulla questione di «pregiarle» richieste e viene ribadita la volontà che «i sindici» in Roma si attengano alle istruzioni ricevute. La lettera contenente tali precisazioni va mandata subito a Napoli, da dove dovrà proseguire per Roma. Provvede il cancelliere, per l’assenza del sindaco, che si trova a Napoli, a spedire la lettera a mezzo di un corriere, al quale promette un salario di un tari e grana 10. 14 aprile «Congregata universitate intus venerabilem ecclesiam Santi Francisci burgi Scazaventulorum», con licenza del Capitano Giovan Battista Villani, il sindaco espone molte questioni su cui si decide nel modo seguente. I «sindici» mandati a Roma hanno scritto che il cardinale richiede il complemento della paga di Pasqua, cioè duc. 450, altrimenti «non se spera haverenose Ile bulle». L’Università dà omnimoda potestà ai sei eletti dell’episcopato, o alla maggior parte di loro, di trovare questi ducati, o vendendo una gabella o in altro modo. Fin d’ora ratifica, omologa e accetta ciò che faranno e ciò che per ordine loro farà il sindaco. «Lo altro di» era pervenuta una lettera della regina, con la richiesta di dare trenta fanti al Capitano per servizio della regina. Fu dato ordine al sindaco di trovare e pagare questi uomini. Il sindaco ha riferito «che uno di andaro con dicto S. Capitano circa vinti cinquo persuni ad pigliare Casolla quale steva prisone» alla corte del principe di Salerno, per condurlo a Cava. Questi uomini furono pagati grana 15 ciascuno. II giorno seguente il Capitano andò a Pisciotta22, per condurre di là a Cava Salvatore de Angrisano ed altri fuorusciti. Portò con sé 33 persone e due mulattieri, che «vacaro» con lui 22 Dal mandato di pagamento del 28 marzo (f. 115 v), apprendiamo che, quando il Capitano andò a Salerno a prendere Casolla, «quale era prisone Ila», per portarlo a Cava, andarono con lui venti uomini, fra cui il sindaco. Il 31 marzo il Capitano volle andare a prendere i fuorusciti a Pisciotta. Sia in questo caso che nel precedente sono elencati i nomi degli uomini che Io accompagnarono.

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chi quattro giorni, chi due, chi tre, «secondo in lo libro del sindico se contene». Furono pagati ciascuno tari uno al giorno. Il Capitano aveva portato tre persone «superchie» e due mulattieri. Stettero con lui due giorni i mulattieri e tre o quattro giorni gli altri. L’Università non sarebbe tenuta a pagare più di trenta persone, ma, per non far ricadere l’onere sul Capitano, si carica delle spese per un tari al giorno. I mulattieri però saranno pagati «secondo sera determinato» dal cancelliere e dal sindaco. «De po, essendo lo sig. Capitano ad Campagna con dicti presuni et con dudici persuni dela Terra quali tenne con ipso», credette di poter tornare a Cava con il Capitano Porres, dovendo scortare l’Angrisano [«per compagnia de dicto prisone»] «et non volendoge venire dicto capitano Porres per non venire con tanta poca gente», mandò a chiamare altra gente ed andarono circa 26 persone, come è scritto nel libro del sindaco. Il Capitano determinò che questi uomini dovessero essere pagati 15 grana al giorno per ciascuno. Il sindaco ha effettuato il pagamento che l’Università ratifica, omologa, accetta e «da mo» lo bonifica al sindaco. Poiché era arrivata una lettera della regina «che se devesse mandare subito al Capitano Ila dove si trovava con certi prisuni», il sindaco mandò subito un uomo e lo pagò 3 carlini «per duy di ge vacao». Era stata mandata dal Capitano una lettera diretta al sindaco, che «devesse fare ponere Ile furchi per impicare Salvatore23; donde havuta dicta lectera per la magiore parte deli electi fo concluso che se pigliassero dicti furche et traverso, quali foro pigliati da Cola Gagliardo» e pagati tari 1 e grana 15. Il sindaco ha riferito di aver fatto molte spese per ordine degli eletti o di parte di essi; «per questo tucto quello che per tale ordene dicto sindico have spiso da mo la università gelle face boni et quelle ratifica et accepta». Il Capitano ha riferito che «domani» giungerà a Cava, dove rimarrà due giorni circa, il Capitano Porres «con certi prisuni di Casa Costula». L’Università ordina al sindaco che «loro habia da fare Ile spese tanto ad ipso conio alle genti soe et ali cavalli». Tutte le spese «da mo la dicta università gelle face boni alti cunti soy». f 70 v) Il sindaco deve provvedere a dare al Capitano i fanti richiesti «per custodia deli prisuni» venuti col Capitano Porres e deve provvedere anche al loro pagamento, «secondo dicto Capitano hordenera». Il Capitano chiede una remunerazione per le sue «fatiche» nel condurre a Cava il «dicto Salvatore» e per i giorni impegnati [«ge have vacati multi jorni»]. L’Università rimette agli eletti la potestà di stabilire tale remunerazione. Nei giorni passati l’Università aveva mandato dalla regina Andrea Longo e il not. Thomasi dela Corte per la conservazione dei privilegi, ma essi non avevano potuto «obtenere cosa alcuna». L’Università rimette a sei eletti la potestà di «pigliare modo et ordene che li dicti privilegii omnino ge siano observati», facendo per questo tutte le spese necessarie, e quanto sarà speso dal sindaco «la università da mo Ilo ratifica et accepta». Gli eletti incaricati «sopra de ciò» sono: Andrea Longo, Solimanno dela Corte, Joanni Antonio de Falcho, Antonio de Lamberto, not. Jo. Philippo de Parisi, not. Thomasi dela Corte. 23 Salvatore de Angrisano fu impiccato presso la chiesa di S. Sebastiano. Il sindaco provvide a far rimuovere il cadavere, perché «non era cosa conveniente stareno Ile furche avante la ecclesia» e pagò un carlino a chi provvide all’impiccagione. Alcuni prigionieri di Casa Costula furono invece impiccati «in capo la Cupa del povero»: il sindaco dichiara di aver pagato un carlino ai famigli del Capitano «per non me impazare ad trovare chi Ile volesse impecare» (f. 120).

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Nel riparare le vie della Molina «fo data certa acqua sopra Ile robbe de Andrea Troysi», con molto danno. Si decide di donargli venti carlini , «ita che may dela habia da levare», ma anzi debba promettere che l’acqua «sempre habia da andar da Ila». Hanno ordinato di dare al not. Jo. Marcho Jovene cinque ducati «ad complemento de una mesata», per essere stato a Roma per la spedizione delle bolle. Il sindaco fa presente che «multi electi ordinarii non voleno intervenire ali bisogni che accadeno ala università». Si decide che il sindaco «habia da requedere li dicti electi et fare loro intendere che vogliano venire quando so chiamati per dicto sindico». Quelli che non interverranno saranno sostituiti da altrettanti «homini in excambio deli electi che non senge trovaranno», scelti dagli eletti presenti, «et quelli pigliati tucto quello che per loro sera facto la dicta università Ilo ratifica et accepta». Poiché l’università ha dato potestà al sindaco e al cancelliere not. Hieronimo Jovene di decidere per il pagamento dei due mulattieri che andarono con il Capitano per quattro giorni, essi stabiliscono che vengano pagati, per detti quattro giorni, 10 carlini. «Eodem die» Congregati gli eletti ai quali l’Università ha dato potestà di determinare quanto «dare et donare» al Capitano per le spese e fatiche sostenute nel condurre a Cava dei fuorusciti, si decide di dargli, per questa ed altre cause, ducati quaranta. f 72) 15 aprile Si riuniscono gli eletti dell’episcopato nella chiesa di S. Giacomo. Si devono ancora pagare al cardinale i duc. 450 a complemento dei 1000 ducati per la spedizione delle bolle. Gli eletti hanno ordinato che si vendano tre tornesi della gabella straordinaria della farina per l’anno a venire e danno potestà al sindaco e a Janni Antoni de Falcho di «far bannire dicta gabella coli capituli soliti» e venderla a chi offre di più. Hanno ordinato che «se fazano boni» al sindaco 2 carlini pagati ad un messo, latore di lettere portate da messer «Antonio Santo Felice», «che vene a Roma», dirette all’università, e, ancora, hanno ordinato che si «fazano boni» al sindaco tutti i denari spesi per mandare lettere a Roma «ali sindici nostri et allo recipere delle lictere che li dicti sindici mandano ala università». f 72 v) Nelle lettere inviate da Antonio «Santo Felice» e dai sindaci da Roma è scritto che l’Università deve mandare subito «uno homo» a parlare col Sanfelice, «per intendere alcune cose spectanteno alo episcopato», ciò che è stato fatto e ciò che si deve ancora fare. Si decide che vada a Roma Aniballo Troysi e che sia pagato due tari al giorno; dovrà portare con sé un garzone, che sarà pagato dal sindaco secondo il solito. 19 aprile Si riuniscono gli eletti dell’episcopato. Dovendo completare per le feste di Pasqua il pagamento dei 1000 ducati per ottenere la spedizione delle bolle e poiché mancano ancora duc. 450, ordinano al sindaco e a Janni Antoni de Falcho di andare a Napoli per riporli «in bancho». in modo che i ‘sindaci’ a Roma possano avere i 1000 ducati che l’Università è tenuta a pagare. Il sindaco e il de Falco dovranno quindi riporre questa somma, con ordine di consegnarla ai ‘sindaci’ a Roma per pagare le bolle. Il denaro sarà portato a Napoli al «bancho» «ad risico dela università» .

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Il sindaco e Janni Antoni de Falcho dovranno incontrarsi con messer Antonio Sanfelice e discutere «che modo meglio ge seria de dare lo bancho deli 200 docati de camera che se deveno alo ill.mo S. Cardinale sua vita durante deli 400 docati de camera se demembrano dalo episcopato et dannose al capitulo, con quello meglio modo et mancho interesso se pote dela università». Si ordina al sindaco «che scriva ali dicti nostri sindici in Roma che li dinari Ile habiano da pagare havute Ile bulle», secondo le istruzioni. Il sindaco e Janni Antoni de Falcho per questo loro viaggio a Napoli dovranno avere due tari al giorno, «actiso non anno24 cavalcatura ni garzone». f 73 v) 28 aprile Si riuniscono gli eletti ordinari nella curia del not. Jo. Philippo de Parisi. Il sindaco espone molte cose, sulle quali si delibera come segue. «In primis25 anno concluso che actiso lo sindico heri sera despese carlini sey ad una processione venne da Napoli con una cona, et andavano verso Salerno, et allogiaro la sera ad Santo Jacobo ali quali spese per pane vino et caso dicti tari tre, el che chiaramente ge costa anno concluso che se fazano boni al dicto sindico ali cunti soy». Quando Ferrante Pandone fu a Cava «coli Spagnoli hebero delle robbe de Diomedes de Cechella», per tari 9 e grana 16, fu ordinato al sindaco Vincenzo Salsano di pagare questa somma. Ora, «perche dicto sindico non gelle pagao», hanno ordinato al sindaco «presente» di provvedere al pagamento. Bisogna riscuotere i censi «con omne sollecitudine» per poter pagare il cardinale e poiché «ey venuta una procura in persona del sindico et de certi altri » da Antonio Sanfelice, si dà potestà al sindaco e ad un altro cittadino di riscuotere i censi «con omne sollecitudine et corno meglio loro parerà», con potestà di poter nominare uno o due o più incaricati; avranno la solita provisione, ma, se per negligenza non provvederanno a quanto detto, «che siano tenuti ali interessi della università». 4 maggio Congregati gli eletti ordinari nella chiesa di S. Giacomo, «per el egregio homo not. Joanthomasi Gagliardo sindico universale de dicta cita» furono esposte molte cose, sulle quali «fo determinato et concluso in questo modo videlicet». Il Regio Commissario messer Francesco Marchese ha mandato una «commissione» per cui l’Università deve pagare 4 grana e mezzo per fuoco per riparare il ponte di Eboli. Si decide di scrivere una lettera al «S. auditore», per sapere come comportarsi [«quello havimo da sequire»]. f 74 v) Devono essere «facti boni» al sindaco tari 1 e grana 10, pagati al commissario venuto a vedere i conti dei sindaci passati come sua « provisione», poiché si era trattenuto a Cava alcuni giorni in attesa di sapere dai suoi superiori se poteva andar via, pur mancando «dui cunti de sindici». 24 Questa voce verbale è usata generalmente senza h. 25 Cf. MILANO, Provvedimenti riguardanti la pubblica istruzione..., cit., p. 235, n. 4, con trascrizione del relativo mandato di pagamento al f. 119 v. dello stesso registro. I pellegrini, nel loro viaggio verso Salerno, si sarebbero fermati nelle chiese cavesi di S. Nicola e S. Maria della Terra [de finibus Terrae ].

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Viene accettata la richiesta di Francisco Flochano, che «non vole essere piu citatino dela Cava et pregaronge lo volessemo cassare da citatino». Devono essere «facti boni» al sindaco tari 3 e grana 10 pagati al guardiano di S. Francesco «per causa che quando dicto guardiano excomunicao lo vicario, ge fece dicte spese»: per fare in modo che il vicario fosse assolto, gli eletti, a nome dell’università, ordinarono al sindaco di pagare questi 7 carlini. Il Capitano aveva preso provvedimenti contro molti cittadini che avevano parlato e dato da mangiare ai forestieri, «contra lo tenore de quello che ipso S. Capitano have promiso ali electi». Si decide di scrivere al Capitano «che voglia observare» le sue promesse; non volendole egli osservare, si riunisca l’Università e le si faccia intendere «tucto quello ey stato tractato» tra il Capitano e gli eletti e poi si esegua quanto ordinerà l’Università. «Eodem die» Si riuniscono gli eletti dell’episcopato. Lette le lettere mandate dai «sindici» da Roma, hanno ordinato di scrivere loro che l’Università era tenuta a pagare al cardinale ducati 1.000 «de moneta del reame ad decy carlini per docato» e che tale somma gli era stata mandata per Pasqua, perciò essi devono provvedere ora alla spedizione delle bolle. Spediscano anche la bolla con la conferma delle immunità «ad credito corno meglio porranno che nui da qua provedimo al besogno deli denari». Quanto al fatto dei duecento ducati che si devono pagare annualmente, si scriva che c’era stato un incontro con Antonio Sanfelice e che subito si sarebbe dato ordine di versare la somma «al bancho» indicato dal Sanfelice, secondo gli accordi presi. Riguardo a ciò, il Sanfelice ha scritto una lettera a messer Antonio Seripando, procuratore del cardinale a Roma, «che per questo resta ad expedirenose dicte bulle». «Actendano» pertanto alla spedizione, «che ad tucto se provede et ey proviso». Hanno ordinato che «se fazano boni» al sindaco duc. 9 e tari 1 da lui pagati «al bancho in Napoli per lo cambio deli mille docati fo mandati in Roma» per la spedizione delle bolle. 11 maggio Si riuniscono gli eletti nella chiesa di S. Giacomo. Hanno ordinato di pagare a Joanni Antoni de Falcho tre giornate perché, quando venne «lo altro di» il commissario per i pagamenti fiscali, egli si impegnò a portargli, «proprio nomine», 200 ducati: «cossi ge andao et portolle» e rimase fuori tre giorni. Quando i «sindici» andarono a Roma, il sindaco pagò per mano di Antonio de Lamberto 5 carlini, per ottenere una lettera ‘di favore’ della regina diretta al cardinale. Hanno ordinato che gli si «fazano boni» detti 5 carlini. «Item che se fazano boni al dicto sindico carlini cinquo quali have pagati ad Pascale de Santa Lucia in parte de certe prete et calce have portate dicto Pascale in capo lo burgo per Ilo comenzare del episcopato, et che li si fazano boni tucto quello che per tale causa spenderà»26. Hanno ordinato al sindaco che per il prossimo 13 del mese faccia ‘fare’ la Università «per multe cause importante». Poiché era stata data potestà al sindaco e ad un altro cittadino27 di riscuotere i censi, gli eletti hanno ordinato loro di costringere i censuarii alla corte del vicario «realemente et personaliter corno ponno, pigliando pigni, et corno meglio ponno fare senza perdere tempo». 26 Da un mandato del 20 maggio (f. 121 v.) si apprende che furono pagati a «mastro Lonardo frabicatore et ad Thomasi Farchone carlini dui quali frabicaro et fecero lo principio del episcopato». 27 II nome è di lettura incerta.

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17 maggio Viene congregata l’Università nella chiesa di S. Giacomo «et ipsa bannita per loca solita et consueta», con licenza del R. Capitano Jo. Baptista Villani. f 76 v) Quanto alla conservazione dei privilegi, il Capitano ha fatto sapere per lettera che «li soperiuri non delliberano fare conservatorio»; in più è giunta una lettera dell’uditore secondo cui bisogna pagare a Ferrante Pandone la sua «provisione» di duc. 19, «del che tanto havimo litigato». Si decide, tanto per «lo conservatorio» dei privilegi quanto per non pagare Ferrante Pandone, di inviare incaricati dalla regina per supplicarla in merito. Si rimette agli eletti ordinari presenti alla riunione dell’università la scelta delle persone da mandare dalla regina. Il Capitano vorrebbe trenta fanti per condurre i prigionieri da Campagna a Napoli, ma dice «che Sua S. have scripto al S. Capitano Porres Ile volesse mandare con li cavalli soy che la università non le seria ingrata». Se dovessero venire «de tale sorte», l’Università rimette agli eletti «quello voleno donare» al Capitano Porres. In caso contrario, si esegua ciò che comanda la regina, secondo quanto «ge have facto intendere» in un’altra lettera sopra di ciò. f 77) L’‘altro giorno’ venne ad alloggiare alla SS. Trinità messer Inroghes [?], mentre «Ile gente soe» alloggiarono al borgo, con patente della regina «de possere alloggiare franco». Il sindaco pertanto pagò a Diomedes de Cerchella carlini 5, che «da mo epsa università gelle face boni». Il sindaco dovrà pagare le persone scelte dagli eletti ordinari per andare a Napoli e «tucta quella despesa che sopra de zo occorrerà», compreso, se si rendesse necessario, un avvocato e un procuratore. L’Università «da mo gelle face bono» tutto quello che spenderà ed ordina a lui e a messer Michele de Anna di fare le istruzioni di ciò che si dovrà eseguire a Napoli. «Eodem die et in eodem loco». Vengono scelti dagli eletti ordinari per andare a Napoli Silvestro Longo, Altobello Longo, Simonecto Vitale ed il sindaco «et che siano pagati». Quando essi saranno a Napoli, «in compagnia loro habiano da chiamare» Galieno de Anna, Angelo de Mauro, Vicenzo de Mauro, mastro Nicola de Galisi, mastro Santillo de Moneca ed altri «che ad loro meglio parerà». Tutti insieme dovranno andare dalla regina «ad supplicare tucto quello che dicta università have ordinato». 25 maggio Si riuniscono gli eletti ordinari «intro la venerabile ecclesia de Santo Jacobo delo burgo deli Scazaventi». Si decide di fare «uno presento» all’uditore, di salumi, cacio e pollastri per un valore di 30 carlini. Dovrà andare il sindaco ad offrirgli il dono da parte dell’università e sarà pagato per le giornate che impiegherà, come sono stati pagati gli altri eletti «che ge so andati». Alcuni cittadini «so renetenti ad pagare Ilo incenso», arrecando un danno all’università. Viene dato al sindaco il potere di farli «costringere» alla corte del vicario o del Capitano, come gli sembrerà meglio. 30 maggio Si riuniscono gli eletti nella chiesa di S. Giacomo.

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Il sindaco riferisce che, essendo andato a Napoli per ordine degli eletti «ad fare lo presento» all’uditore, il 25 «del presente mese hanno havuto parlamento colo S. auditore del facto del conservatorio deli nostri privilegii». L’uditore «fe intendere» al sindaco di fare un memoriale, essendo sua intenzione «passarelo et fare conservatorio» dei privilegi. Avendo il sindaco eseguito quanto gli era stato ordinato, gli fu risposto di tornare dopo le feste di Pasqua e «ala tornata» subito sarebbe stato fatto «expedire» tutto il contenuto del memoriale. Si decide che il sindaco, dopo le feste, ritorni a Napoli, promettendo di rimborsargli tutte le spese che sosterrà «per la expeditione de dicto conservatorio». Sarà inoltre pagato come gli altri sindaci mandati a Napoli dall’università, cioè 3 carlini al giorno. «Heri» 29 maggio fu necessario mandare una lettera al sindaco che era a Napoli, «per che importava». Fu subito mandato dal cancelliere, per ordine degli eletti, un messo, ma questi lungo la strada incontrò «lo sindico che sende veneva». Per questa giornata «che ge vacao» gli eletti hanno deciso il pagamento di grana 15. f 79) 1 giugno «Congregati li subscripti electi et homini dela cita dela Cava» nella chiesa di S. Giacomo [«nomina ipsorum sunt: Ramundo de Tesono, Ramundo dela Moneca, Nicolo Quaranta, Jacobo Mangrella, not. Jo. Philippo de Parise, Antonio de Lamberto, Jo. Baptista dela Moneca, Petro Jacobo Capova, Simonecto de Vitale, Berardino de Adenulfo, Andrea Troise, not. Thomasi dela Corte, Janni Antoni de Falco, Angelo de Vitale»], essendo venuto in città messer Antonio de Santo Felice ed avendo proposto alcune cose circa varie dignità, circa il fatto delle montagne e sulla portolania, viene deciso, trattandosi di cose importanti, che «per craj che seranno li duj de lo mese predicto» si faccia la Università e si bandisca per i luoghi soliti. 2 giugno Si riunisce l’Università nella chiesa di S. Giacomo «ad banni emissionem more solito de licentia domini Antonii Follerii iudicis et assessoris». Il sindaco fa presente che messer Antonio de Santo Felice è a Cava e fa intendere «Ilo dare dele dignità delo capitolo essere stata contesa alo Rev.do Episcopo de dicta cita», il quale non vuole dare «Ile degnita» senza il parere e l’intervento della città «et ancora lo facto delle montagne et la portolania». L’Università rimette tali cose agli eletti ordinari insieme ad altri cittadini, i quali dovranno discuterle e riferire all’università «tucto quello che ad loro parerà fare dele cose predicte». Il sindaco deve consegnare ai preti della città ducati dieci, che furono loro offerti dai sei eletti dell’episcopato per «lo accordo se havia da fare» tra loro e il vescovo «delo caritativo subsidio, ultra li quaranta delo accordo». «Eodem die» «Li subscripti electi et homini de dicta cita» hanno ordinato al sindaco che, siccome Antonio Sanfelice è a Cava, in beneficio della città disponga che «dopno Cosimo» faccia tutte le spese «ad dicto messer Antonio» per tutti i giorni che starà a Cava. Il sindaco rimborserà la somma spesa secondo la lista che d. Cosimo dovrà mostrare. f 80) «Nomina ipsorum sunt: jodice Michele de Anna, Ramundo de Tisone, Angelo de Vitale, Cesaro dela Corte, Jo. Antonio de Falco, not. Jo. Philippo de Parise, Solimanno de Curte, Andrea Troise, Raimundo dela Moneca, Nicolo Quaranta, Antonio de Lamberto, Jo. Baptista dela Moneca».

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7 giugno Si riunisce l’Università nella chiesa di S. Giacomo, «bannita per loca solita et consueta», con licenza del R. Capitano Jo. Baptista Villani. Vengono riferite molte cose anche dal Capitano e dai notai Vincenzo Salsano e Giovanmarco Jovene sul loro operato a Roma circa la questione dell’episcopato. Il Capitano fa presente che, per sorvegliare «li prisuni de Casa Costula» portati dal Capitano Porres, in casa sua tenne quindici uomini durante la notte. Al mattino, per portare i prigionieri a Napoli, secondo l’ordine della regina, prese sei uomini e una bestia che stettero fuori due giorni. L’Università ordina al sindaco di pagare due carlini al giorno a quelli che andarono a Napoli ed un carlino per ciascuno a coloro che stettero la notte; per la bestia deve pagare tari due e grana dieci. f 80 v) L’Università ratifica e accetta il decreto fatto «l’altro dì» secondo cui il sindaco avrebbe dovuto pagare tutte le spese di vitto per messer Antonio Santo Felice per tutta la durata della sua permanenza a Cava; di queste spese, inoltre, avrebbe dovuto tener conto di Cosimo. La regina ha voluto dall’università erba per i cavalli che tiene a Nocera. Il suo mastro di stalla ha mietuto una certa quantità di erba dalla terra della erede di Cesaro Casaburi. Si decide pertanto che il sindaco debba pagare questa quantità di erba e che si debba vedere se quella rimasta ha subito danni. Viene eletto Nicoloso de Anna, «che habia ad andare ad vedere che quantità de herba ey quella che se have pigliata dicto mastro de stalla» e che danno è stato apportato a quella rimasta per riferirne al sindaco, il quale subito dovrà pagare la erede di messer Cesaro. Jacobo Mangrella e Joanni Gagliardo devono «consultare», per riformare alcune clausole e parole ritenute pregiudizievoli all’onore dell’università, contenute nelle bolle ottenute dai not. Vincenzo Salsano e Joanmarcho Jovene. Su ciò dovranno consultare anche la regina, poiché «in dicte bulle ge so alcune parole preiudiciale al honor et stato de Sua Maesta», e dovranno fare tutto «con celerità et resolutione» e riferirne all’università perché possa «provedere al besogno». f 81) Essi saranno pagati tari 2 e grana 10 al giorno. Il sindaco dovrà pagare tutto quello che spenderanno per la «consulta» e per ogni altra cosa su questa questione. Inoltre, «se fazano lictere de credenza ad quelli voranno loro medesimo». I notai Vincenzo Salsano e Joanmarcho Jovene non saranno pagati fintanto che non sarà «legitimamente descusso per la università si anno facto bene ad quello anno havuto da sequire, o vero si in quello anno commisso defecto circa la expeditione de dicte bulle». 17 giugno Si riunisce l’Università «seu subscripti» uomini della città nella chiesa di S. Giacomo, «et ipsa bannita per burgum Scazaventuli», con licenza di Antonio Follerio, giudice e assessore della città. Il giudice Giovanni Gagliardi riferisce sul suo operato a Napoli con la regina sulla questione delle bolle dell’episcopato ed espone molte cose da eseguirsi affinché la questione vada a buon fine. f 81 v) Bisogna scrivere tre lettere, una all’uditore, una ad Antonio Sanfelice ed una a Jacobo Mangrella. Poiché Antonio Sanfelice aveva promesso di fare modificare le bolle, gli si scriva che «non li saremo ingrati» se le farà modificare; in caso contrario, «pigliaremo

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quello meglio expediente che porimo». All’uditore «se scriva in bona forma recomandandoli questa università in tale causa». A Jacobo Mangrella si scriva «che stea sollicito ad tale causa appresso li signuri che la università non li sara ingrata». Per tali lettere si dovrà consultare Giovanni Gagliardo su «corno anno da essere» e questi dovrà essere pagato «dela sua faticha». Nella lettera a messer Antonio «se contenga che da fin che non seranno reconziate Ile bulle sua S. voglia supersetere Ilo conferire delle dignitate». Joanmarcho de Rocho ha scritto di aver avuto «lo arciaconato» [?] della Università: gli si scriva che l’Università ha piacere che lo abbia lui [ «have da piacere che più toste lo habia ipso de altro»]. L’Università ordina al sindaco di pagare a Joanni Gagliardo e a Jacobo Mangrella, «ultra Ile jornate loro», un ducato dato a Coluzo Coppula per un consulto su come si potessero «acconziare» le bolle. Il sindaco deve pagare i notai Antonino Gagliardo, Thomasi dela Corte e Francesco Troysi per aver copiato bolle, istruzioni, memoriali e molte altre scritture a Cava e a Napoli. Deve pagare anche il consulto per le lettere. Il pagamento sarà determinato da Joanni Gagliardo e Solimanno dela Corte. «Item che not. Hieronymo Jovene habia da rendere lo quatemo dela cancellarla ad not. Jo. Marcho Jovene, et che sia pagato de quello tempo have servuto». f 82) Il sindaco deve pagare a Cola del Fumo ducati dieci e mezzo per aver ospitato il Capitano Porres e la sua gente e aver dato loro da mangiare e bere. Il sindaco deve pagare a dopno Andrea Damiano tredici ‘passi’ d’erba da lui forniti per i cavalli del Capitano Porres. Si doni all’uditore una tela del valore di 10 ducati e lo si supplichi che voglia «agiutare de justitia et pigliare la advocatione dela università» «in questo facto de reconziare Ile bulle». Antonio de Lamberto e Nicoloso de Anna devono andare a vedere un muro fabbricato a Castagneto da Solimanno de Sio e suo padre. Se il muro ha occupato suolo pubblico, «da mo loro se dona omne potestate» di farlo «riterare in dereto et non li fareno pigliare dello publico». [Seguono i nomi di «quilli foro ala università», in numero di 40 , «et multi altri»]. f 82 v) 20 giugno28 «Congregati li subscripti electi tanto ordinarij corno delo episcopato intro la venerabile ecclesia de Santo Jacobo», «una coli subscripti citatini videlicet messer Michele de Anna, Joannes Antonius de Falco, notarius Jo. Philippus de Parisio, dominus Raymundus de Tisono, dominus Anibai de Troysio, honorabilis Carolus Capova, notarius Antoninus Gallardo, dominus Silvester Longus, nobilis Antonius de Lamberto, Vinciguerra de Mauro, notarius Thomas de Curti, nobilis Petrus Jacobus Capova, Andreas de Troysio electi», viene letta la lettera «composta et ordinata» da Joanne Gagliardo, da inviare ad Antonio Sanfelice «sopra Ilo reformare delle bulle delo episcopato et signanter sopra de quelle parole con vaxallis et vaxallitio iure». [Viene riportato integralmente il testo della lettera, in cui si fa presente che i termini vaxallis et vaxallitio iure apportano danno all’autorità della regina. L’Università non avrebbe 28 Ritorna a scrivere il notaio Joanmarcho Jovene. Raramente i nomi degli eletti sono annotati con tanta cura.

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mai voluto tali parole nelle bolle. Jacobo Mangrella e Joanne Gallardo, inviati a «dare notitia» di ciò alla regina e ai suoi ministri, avevano riferito che tali parole sarebbero state abolite. Si supplica pertanto il Sanfelice di curare, «quanto citius tanto melius», che vengano riformate le bolle dell’erezione e della traslazione dell’episcopato e quella della conferma dei capitoli, privilegi, grazie e immunità. L’Università «noli sera ingrata», anzi «V.S. stea certissima» della gratitudine della città «tanto dello passato corno dello advenire», «et che quello fosse honesto et justo actiso tante spese che dicta università ha facte per la dicta causa corno V. S. sape questa università faria per pagarello». Lo supplicano ancora di soprassedere alla distribuzione di dignità e canonicati «per quieto de questa cita, quale multo sta admirata si altremente si facesse per Ile promesse de V.S.». L’Università sollecita una dignità per «lo figliolo de messer Cesaro delo quale tante fiate siti stato pregato de donarelle una dignità el che fando inde fariti singulare piacere ad questa università. Et più facimo intendere ad V. S. corno li electi haveno decretato si pagheno li dinari ad messer Loysi pigliati in credito per li sindici nostri in Roma. Resta supplicare V.S. si degne del tucto po havuto lo aviso da Roma de quello scrivereno, V.S. farelo intendere ad questa università». «Cave 20 Junij 1517, alo piacere de V.S. lo sindico et electi dela cita dela Cava». Gli eletti e gli altri cittadini ordinano che la lettera venga mandata al Sanfelice dal sindaco, tramite un uomo «ad posta», che sarà pagato per il suo lavoro. Gli eletti e gli altri hanno ordinato che si paghino tutti i denari che i notai Vincenzo Salsano e Joanmarco Jovene, mandati a Roma per la spedizione delle bolle, presero in prestito da messer Loysi Gibrilione. Hanno infine ordinato che si paghino 6 ducati di carlini a Jo. Antonio de Falco e tari 1 e grana 5. 25 giugno Si riuniscono gli eletti ad altri cittadini «per intendere la resposta et referenda» di Jacobo Mangrella «de quello ha facto in Napoli per lo reformare delle bulli dela erectione e dela translatione delo episcopato». Sentita la relazione di Jacobo Mangrella e consegnata al cancelliere una lettera di Antonio Sanfelice, ne viene data lettura agli eletti e ai cittadini riuniti. Questi ordinano al sindaco di far bandire l’Università per il prossimo sabato mattina. f 84) 30 giugno Si riunisce l’Università «in loco solito et consueto», nella chiesa di S. Giacomo, con licenza del Capitano, «ad banni emissionem». «Intesa» la lettera sulla riforma delle bolle, in cui è scritto che l’Università dovrebbe scegliere un uomo «per vedere la opera si havera da fare» da parte di Antonio Sanfelice nello scrivere a Roma per la riforma delle bolle stesse col favore della regina, l’Università ordina che Jacobo Mangrella e Solimanno de Curti vadano dalla regina a supplicarla che col suo favore «si habiano da reformare Ile bulli» e rimuovere le parole «cum vaxallis et vaxallico jure». Dopo aver parlato con la regina, «dicto Solimanno sende venga da Napoli». A messer Jacobo si scriva una lettera «per extensum la quale la habia da fare una conlle instructiuni messer Aniballo Troysi». Alla regina che scrive di volere una «dignità» per un suo cappellano, messer Jacobo e messer Solimanno rispondano come sarà loro ordinato nelle istruzioni.

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L’Università elegge Joanne de Mauro, Simonecto Vitale, Carolo Capova, Joanne Gallardo, Nicolo Quaranta e not. Thomasi de Curti per vedere il conto dei denari che, a nome dell’università, i «sindici» da essa mandati per la spedizione delle bolle presero in prestito, a Roma, da Loysi Gebrilione. Visto tale conto, entro il giovedì successivo, 2 luglio, essi dovranno relazionarne all’università. Le stesse persone dovranno vedere «lo errore» delle parole «cun vaxallis et vaxallatico iure» e cercarne i responsabili. Si scriva a messer Loysi Gebrilione, che aveva prestato una somma di denaro per la spedizione delle bolle, pregandolo di avere pazienza, «che tucta via questa università actende ad fare lo recapido». Venendo l’uditore a Cava, «da mo» l’Università autorizza gli eletti ordinari a sostenere tutte le spese necessarie per fargli «demostratione» «honesta et conveniente». [La metà inferiore del f. 84 v. è bianca, così pure la metà superiore del f. 85 r., come se il cancelliere avesse voluto lasciare lo spazio per trascrivere un verbale]. f 85) 4 luglio Gli eletti e altri cittadini hanno ordinato che si scriva a Loysi Gebrilione a Roma di avere pazienza per quindici giorni, «secondo la università ordenao die ultimo de juni». La lettera fu subito mandata a Roma per mezzo di Gregorio de Adenulfo, che ebbe grana 2529. f 85 v) 6 luglio Si riuniscono gli eletti ed altri cittadini dal sindaco per ascoltare «la referenda» di Solimanno de Curti tornato da Napoli. Solimanno de Curti informa che la regina e i suoi ministri sono tutti d’accordo sul fatto che le bolle vanno modificate, «et cossi ancora ei de bona volunta» Antonio Sanfelice. Si decide di scrivere a Jacobo Mangrella a Napoli di far in modo che sia mandato «ad piamare» Antonio Sanfelice perché a sua volta scriva a Roma «in bona forma» per la riforma delle bolle et «che Ilo promecta si ei possebele ala Maesta Sua de farenze omne opera per farelle reformare». Ordinano al sindaco di mandare un ducato a Jacobo Mangrella, il quale «ha vacato et vaca in Napoli sopra de actendere allo fare che la Maesta dela S. Regina et messer Antonio predicto habiano da scrivere in Roma per Ilo reformare de dicte bulli; quale docato sia in parte delle sue fatiche». Il sindaco deve pagare messer Solimanno per le giornate che è stato a Napoli. «Die 7 julij la dicta lectere decretata ei stata mandata alo dicto messer Jacobo per me cancellerj per Siciliano delo Fumo». f 86) 11 luglio Si riuniscono gli eletti ed altri cittadini dal sindaco nella chiesa di S. Giacomo. Ordinano al sindaco di far bandire l’Università per «lunidi matino che serano li 13 del presente». Si scriva a Jacobo Mangrella «che sia colo auditore dela Maesta dela S. Regina et intenda

29 Dal relativo mandato di pagamento (f. 124) risulta che ebbe 3 carlini.

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si vole che si pagano» le grana 4 e mezzo da parte dell’università «per Ilo conzare delo ponte de Ebuli». Il sindaco deve parlare con i canonici e gli altri preti e dire loro che «nullo pacto» possono prendere possesso dei canonicati e delle «dignità» a loro date, se prima non vengono riformate le bolle dell’episcopato, «per che questa e la volunta dela università». Se i canonici e i preti non volessero soprassedere nel prendere possesso delle loro cariche, il sindaco dovrà ricorrere al Capitano. Se questi non volesse dare aiuto, il sindaco dovrà opporre resistenza a nome dell’università e potrà condurre venti uomini per impedire ai preti di prende- re possesso delle loro cariche. 13 luglio «Ad banni emissionem per loca solita et consueta», si riunisce l’Università nella chiesa di S. Giacomo, con licenza del R. Capitano, L’Università ordina al sindaco che si paghino i 200 ducati presi in prestito dal not. Vincenzo Salsano e dal not. Jo. Marco Jovene da messer Loysi Gebrilione, poiché «ei venuto lo monitorio da Roma contra deli dicti sindici». Il sindaco deve provvedere al pagamento al più presto e deve cercare di trovare il denaro, con Carlo Capova e Cesaro de Rosa, al minor interesse possibile. Il sindaco e i due incaricati hanno ogni potestà per prendere denaro ad interesse o vendere una gabella o «corno ad loro meglio parerà». Il sindaco deve pagare a Solimanno de Curti 5 carlini per la cavalcatura, per quando andò a Napoli a parlare alla regina con Jacobo Mangrella «per Ilo reconzare delle bulli». Il sindaco deve pagare a mastro Nicola de Donato 30 carlini «per lo arrobo li fo facto al tempo che al presente fa lo anno che foro li Spagnoli alo burgo deli Scazaventi in dela sua apotea». Il sindaco ha esposto la pretesa del Capitano di essere considerato esente dalle gabelle. L’Università ribadisce che «per nullo pacto» gli ufficiali «siano franchi de gabelle», poiché questo non era mai stato «solito et consueto», e che bisogna osservare la consuetudine. Quanto al pagamento dei fanti con cui il Capitano era andato a prendere «certi delinquenti, che si pagheno deli boni deli mali facturi». Se non ci fossero tali beni, si vedano le lettere della regina sopra di ciò, tenute dal Capitano e, «quelle viste et intese», l’Università farà «quello ei tenuta de fare de justitia». Andrea Longo ha ‘proposto’ all’Università che, per evitare le tante spese e inconvenienti circa il fatto dell’episcopato, si era intrapreso [«per essere aczinnato uno bono accordio»] un accordo tra i padri della SS. Trinità e l’Università, per avere un vescovo dell’ordine di S. Benedetto e la chiesa «in capo alo burgo deli Scazaventi con grande honore et utile de questa università». L’Università è del parere di «abrazare» questo partito, con l’assenso della regina e del vescovo attuale. Bisogna pertanto andare dall’uditore e dalla regina e, avuto il loro parere, riferirne all’università. Vengono incaricati di ciò Andrea Longo, Silvestro Longo, Ferrante Quaranta, Joanne Gallardo, Carlo Capova, Aniballo Troysi, Lonardo Longo, Joanne Antonio de Falco ed il Capitano, i quali hanno giurato sui Vangeli di voler trattare questa faccenda «senza ranchore, odio et passione», ma per l’onore di Dio e, «appresso», della regina e «de po per lo benificio honore et utilità de questa cita». « A di 17 julij V indictione 1517 «Congregati li infrascripti electi delo episcopato et ordenarii dela cita dela Cava per lo

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egregio not. Jo. Thomasi. Gallardo sindico universale dela cita dela Cava per lo facto delle scommoneche so state poste questa matina et altre cose. Messer Silvestro Longo, messer Raymondo Tisone, Jo. Antonio de Falco, not. Thomas de Curti, Loysi de Crescenzo, Carlo Capova, dominus Anibai Troysius, dominus Michel de Anna, messer Raymondo de Monica, not. Jo. Philippo de Parisi, messer Philippo Costa, messer Cesaro de Curti, Berardino de Adenulfo, messer Berardo de Lamberto» hanno ordinato che il sindaco paghi «tucto quello besognia alo supplemento deli ducati ducento si deveno per li censi» ad Antonio Sanfelice, procuratore del cardinale, «per fare levare Ile scommoneche». Quello che manca, il sindaco deve prenderlo dal denaro dell’università. Il sindaco deve anche pagare i 217 ducati dovuti a Loysi ‘Gebrellione’ di Roma, ducati presi in prestito da Vincenzo Salsano e Jo. Marco Jovene per la spedizione delle bolle. Il sindaco deve fare bandire l’Università «per domani matino che ei sabato». Il sindaco non dovrà proporre alcun altro argomento, eccetto il fatto delle scomuniche per il versamento dei 200 duc. di censi dovuti ad Antonio Sanfelice. Il sindaco deve far «astrengere dalo S. Capitano tutti coloro che erano stati condannati «ala corte de dicto Capitanio per lo facto deli censi», per riscuotere le somme con ogni diligenza e «debita provisione». f 87 v) Si scriva ad Antonio Sanfelice, pregandolo di soprassedere ancora otto giorni «alo facto delle excommoniche ha facte venire» per i 200 ducati dei censi. Il sindaco dovrà mandargli «uno homo ad posta», pagandolo, e quest’uomo dovrà portare anche un’altra lettera da parte dell’università al segretario «sopra lo facto deli muli so stati pigliati» dal regio commissario a Salerno, per il pagamento da lui preteso come contribuzione «allo fare delo ponte de Ebulj», chiedendo se è volontà della regina che l’Università cavese paghi o no questo contributo. «Eodem istante fo mandato colle dicte lictere Dominico Pecoraro de Cava alo quale fo dato tarj uno et grana 10». Hanno ordinato che il not. Thomas i de Curti debba vedere «quelli denari aveno rescossi» d. Cosimo Cafaro e not. Jeronimo Jovene «per tucto ogie», in modo che si possa sapere quanto manca alla somma da mandare ad Antonio Sanfelice sui censi. D. Cosimo deve portare tutti i pegni di coloro che erano «tenuti» a pagare i censi e farli «bannire et vendere per la satisfactione de quello sono tenuti de pagare». Il sindaco deve pagare ad Aniballo Troysi tari 1 e grana 10 per le istruzioni fatte «lo altro dj», quando Solimanno de Curti andò da Jacobo Mangrella per parlare alla regina sul far riformare le bolle dalla sedia apostolica. 18 luglio Si riunisce l’Università «ad banni emissionem per loca solita et consueta», con licenza del R. Capitano. f 88) L’Università ha ordinato al sindaco di pagare dai denari delle gabelle «tucta quella summa besognia per li ducati ducento che deve havere deli censi messer Antonio Santo Felice de Neapoli procuratore del Cardinale per removere Ile scommoneche». Devono essere venduti i pegni dei debitori sia per soddisfare la somma dovuta per i censi, sia per il danno che «ha patuto et paté la dicta università per causa loro che non aveno satisfacto et per questo so venute dicte scommoniche». Ha ordinato al sindaco di andare con Jo. Antonio de Falco «ad ponere in bancho» i duc. 217 dovuti a Loysi ‘Gibrilione’, pagando il cambio nel modo migliore possibile.

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Il sindaco deve comprare o far comprare libbre 7 di filo bianco e farlo mandare a messer Loysi con il denaro, scrivendogli per ringraziarlo del piacere fatto all’università «offerendozi ad quillo ad omne suo comodo». Il sindaco deve pagare a Berardo Surrentino il danno per le giornate in cui il suo mulo è stato tenuto «prisone» a Salerno dal regio commissario per il pagamento che «tocha ad questa cita del conzare delo ponte de Ebulj». Il sindaco deve pagare al not. Thomasi de Curti tari 1 e grana 10 per aver visto i conti «deli denari exacti deli censi» riscossi da d. Cosimo Cafaro e dal not. Jeronimo Jovene. f 88 v) Il Capitano fa presente che nei giorni scorsi aveva accompagnato dei prigionieri con «certi fanti» presi in virtù di una lettera della regina. Rimette il salario dei fanti in potere di Carlo Capova e del not. Thomasi de Curti [«de accordarelle non preiudicando alle immunità et privilegii de questa università actiso nde ei tenuta questa università»]. Il sindaco, Carolo Capova e Solimanno de Curti, deputati a vendere un tornese della gabella ordinaria della farina, ricevono l’incarico di vendere un altro tornese di questa gabella, per raggiungere la somma dovuta per i censi al cardinale. Da questa entrata il sindaco deve pagare il denaro promesso dall’università al clero della città.

19 luglio Si riuniscono gli eletti e «homini de questa cita». Hanno ordinato che si scriva una lettera di raccomandazione alla regina da parte di Marco de Augustino, parente di Matheo de Augustino, carcerato nella Corte del Capitano con Sebastiano Polverino a causa della morte di Vinciguerra. Nella lettera si dovrà chiedere alla regina «de non farelle morire», perché hanno il peso di «secte sore»30. f 89) «Eodem die» Carlo Capova e il not. Thomasi de Curti, eletti dall’università a tassare il salario «de quelli andaro colo S. Capitano ad pigliare Matheo de Augustino et Sebastiano Polverino» a Monfalcone, hanno ordinato che il sindaco paghi ducati 4 e mezzo di carlini, cioè tre carlini per ciascuno dei quindici uomini, che furono impegnati per due giorni. 22 luglio L’Università, bandita da Cola Marino de Bello, pubblico giurato, si riunisce, con licenza del Capitano. Il sindaco ha riferito che è giunta una lettera da Antonio Santo Felice sulla rimozione delle scomuniche e sul fatto dello «jurisdicto». Secondo la lettera, il segretario del cardinale, Antonio Seripando, riprova che l’Università non abbia ratificato i patti e le promesse fatte dai not. Vincenzo Salsano e Jo. Marco Jovene a Roma. Inoltre sono apparse «certe fuste de mori per la costa de Policastro» e poiché «li homini delo casale de Cetara non haveno bombarde», l’Università ha ordinato che il sindaco debba prestar loro quattro pezzi di artiglieria; deve prestarli ad un uomo di Cetara che abbia uno speciale mandato per prenderli in consegna a nome degli uomini del casale, col patto che li debba restituire al sindaco 30 Matteo d’ Agostino fu poi impiccato, come si dice nel mandato per il pagamento (grana 15) di una scala data da Cola Gallardo «quando se impechao Matheo de Augustino» (f. 126).

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o all’università ad ogni richiesta dell’università, «et che li homini delo casale de Cetara et quelli de lo Casale de Veteri fazano Ile guardie more solito». In conto dei quattro pezzi di artiglieria il sindaco deve prestare due pezzi «che so ala Marina de Veteri quali so dela dicta università, et actiso che li tempi passati la dicta università improntao la artigliaria dela dicta università ad Vinciguerra Vitali et compagni che lo sindico voglia costringere con omne diligentia li principali et li loro pregii et recepere dicte artigliane et sopra de zo la dicta università da et concede omnimoda potestà et faculta alo dicto sindico». f 89 v) Mancano duc. 140 al pagamento dei censi. L’Università ha ordinato che il sindaco e Joanne Antonio de Falco vadano a Napoli a portare questa somma ad Antonio Sanfelice «et che si fazano fare polisa de recepto per cautela dela università». Il sindaco, messer Aniballo Troyse e Joanne Antonio de Falco, che andranno a Napoli, dovranno supplicare l’uditore che voglia rimettere a Cava, alla corte del Capitano, la causa di Hectoro Quaranta, e questo per la conservazione dei privilegi della città, secondo cui le prime cause sono di competenza del giudice di Cava. Inoltre «vogliano supplicare et parlare ala Maesta dela S. Regina del facto de d. Raymondo Barrile facto citatino per lectere de Sua Maesta». Il sindaco deve pagare a Domenico Pecoraro, messo inviato a Napoli questa settimana con due lettere, una per Antonio Sanfelice sul «soprasedere delle scommoniche» ed una per l’uditore sul pagamento del ponte di Eboli, e che era rimasto a Napoli tre giorni per la risposta, tre carlini per le tre giornate, oltre agli altri che aveva avuto. L’Università ha ordinato che per «Ilo fare» del ponte di Eboli il sindaco paghi 15 ducati al Capitano, il quale dovrà depositarli nelle mani del Commissario esattore «deli denari dello fare de dicto ponte». Il Capitano deve farsi restituire il mulo di Berardo Surrentino, tenuto dal Commissario. Messer Aniballo Troysi deve andare a Napoli con il sindaco e con Jo. Antonio de Falco per contrattare con Antonio de Santo Felice sulle modalità di versamento dei 200 ducati che si devono al cardinale sua vita durante. Gli viene data la procura per ratificare i patti fatti da Vincenzo Salsano e Giovan Marco Jovene a Roma. Le istruzioni saranno fatte da Jacobo Mangrella o da Michele de Anna o da Nicolo Quaranta. f 90) D. Cosimo, il sindaco e il not. Jeronimo Jovene devono dare la lista «dele dependencie et deli residui deli censi de questo presente anno» a Cesaro dela Corte, il quale dovrà esigere tali residui «senza respecto alcuno et exceptione de persona» e «da mo» l’Università stabilisce «per sua mercede lo salario solito». Egli deve provvedere alla vendita dei pegni e pagare «lo interesso de ciascuno che nze deve dare», «interesso» causato all’università da coloro che non avevano pagato il censo che erano invece tenuti a versare. Messer Aniballo, il sindaco e Jo. Antonio devono promettere al Sanfelice che i 30 ducati che «li so stati decretati» dall’università gli saranno consegnati entro 15 giorni, «exorthandolo che si voglia portare bene inlle cose de questa università et maxime inllo reformare delle bulli et dello trovare lo bancho che si habia da contentare» messer Antonio Seripando. L’Università ordina «da mo» al sindaco di pagare messer Antonio Sanfelice. Messer Aniballo e messer Jo. Antonio saranno pagati 5 carlini al giorno, il sindaco tari 1 e mezzo. Il sindaco deve dare a Bernardo Surrentino tari 10 «per deici jorni ei stato lo suo mulo retenuto in Salerno» dal commissario per causa «dello contribuire delo pagamento alo ponte de Ebuli». Il sindaco deve pagare a Nicolo Quaranta, Jo. Gal lardo e al not. Thomasi de Curti fino

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alla somma di 10 carlini per uno, incluso quello che hanno avuto a causa di una querela fatta da Silvestro de Julio contro l’Università, per un «damno clandestino»31. f 90 v) [ Non c’è alcuna specifica annotazione, ma questa pagina sembra scritta da Geronimo Jovene e non da Giov. Marco Jovene ] 28 luglio Si riuniscono gli eletti nella «apotecha» di Janni Antoni de Falcho. Annibale Troisi riferisce quanto eseguito a Napoli e, «quale referenda intesa», decidono nel modo seguente. Siano «facti boni» al sindaco i danari da lui spesi a Napoli, cioè duc. sei e mezzo per l’interesse dei censi, altri duc. 6 per il cambio per mandare i duc. 217 a « Loysi Cemberlione», duc. 5 e tari 2 pagati per levare l’interdetto dell’università, tari 2 e grana 6 per la ratifica delle promesse fatte dai sindaci in Roma. Sia rimborsata al sindaco la spesa di grana 15 per la scala presa per impiccare il figlio di... [Veroci?] Il sindaco deve pagare ad Annibale Troisi tari due e grana 6, spesi dal Troisi per far autenticare certe scritture alla Vicaria. f 91) 29 luglio Si riuniscono gli eletti [in numero di 20]. Il sindaco relaziona sul fatto che è venuto in città l’uditore per la conservazione dei privilegi, causa che ha comportato molte spese, per cui «si voglia supplicare [Sua Signoria] che nze faza lo conservatorio». Gli eletti, fatta all’uditore la «recommandazione» dei privilegi e delle immunità della città, danno ordine a Silvestro Longo e al sindaco di offrirgli duc. 50, «che sende faza uno bacile da parte dela università». Tutte le spese fatte e da farsi per l’uditore e la sua gente saranno «facte bone» al sindaco. «Eodem die congregati li infrascripti deputati per la università sopra lo acordo deli monachi cola università sopra Ilo fare delo episcopato delo ordene dela congregatione de Monte Cassino» (Andrea e Silvestro Longo, Annibale Troisi, Giovanni Gallardo, Ferrante Quaranta, Leonardo Longo, Carlo Capova, Giov. Antonio de Falco) hanno deciso di parlare «oge» coll’uditore «sopra de tale manigio». f 91 v) 2 agosto Si riunisce l’Università, «ad banni emissionem per loca solita et consueta», con licenza del R. Capitano. Ha ordinato che «si fazano boni» al sindaco duc. 6 pagati di cambio per mandare i duc. 217 a messer Loysi Gibrilione a Roma. Ugualmente ordina per i duc. 6 e mezzo che il sindaco pagò al banco dei Billi per l’interesse dei censi «che promessero li sindici in Roma» al cardinale e a messer Antonio Sanfelice. 31 Per le viti che gli erano state tagliate v. anche un mandato di pagamento del 27 die. (f. 106 v.).

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Per i censi l’Università fu interdetta e per levare l’interdetto il sindaco pagò duc. 5 e tari 2 ad Antonio Sanfelice e al Commissario «delo iubileo» in Napoli per la «absolutione». Per la ratificazione e l’istrumento della ratificazione delle promesse fatte dai «sindici» in Roma al segretario del cardinale il sindaco pagò tari 2 e grana 6 al notaio che fece la detta ratificazione. Anche questa somma «la università Ile fa boni ali soi cunti». f 92) Ugualmente «siano facte bone» al sindaco tutte le spese sostenute «per Ilo magnare have facto aqua ala Cava lo S. auditore con altre persuni». Vengono eletti «ad vedere dicte spese» Carlo Capova e Jo. Antonio de Falco «et tucto quello che li dicti Carlo et Jo. Antonio declararanno da mo la dicta università Ile fa bone alo dicto sindico ali soi cunti». «Si voglia scrivere» ad Antonio Sanfelice di voler far «obligare» tutti i preti che hanno avuto dignità e canonicati a pagare la metà delle loro prebende al cardinale, «alo tempo ei obligata la università de pagare ad Sua Rev.ma ducati ducento per anno sua vita durante». Il sindaco deve pagare al not. Jo Philippo de Parisi per la procura che fece ad Aniballo Troysi «de ratificare quello fecero li sindici in Roma colo S. Cardinale et suo Secretano tari dui et mezo». Viene data ogni facoltà agli eletti o alla maggior parte di loro «de fareno cauti li pregii» a coloro che «aveno pregiato li ducati ducento per anno alo S. Cardinale o vero alo bancho che aveva da dare la dicta università sopra de uno grano ala gabella dela farina ordinaria confirmando omne altro contracto et cautela facti sopra de zo». Il sindaco «faza et done Ile spese» a d. Cosimo Cafaro, che dovrà andare a Napoli «per allistare li cunti deli censi» con Antonio Sanfelice, pagandogli inoltre un tari al giorno per la cavalcatura. Poiché «li gabelloti deli sali diceno per non havereno havuti li sali ali termini ad ipsi promissi havereno patuti multi interessi», gli eletti o la maggior parte di loro deve valutare il danno da essi subito a causa dell’università ed il sindaco «Ilo voglia fare bono ali dicti gabelloti si iustamente loro si deve havuto sopra de zo consilio». «Item che li electi fazano lo bilanzo de quello mancha ali pagamenti fischali et de quello se deve alo S. Cardinale». Gli eletti, o la maggior parte di loro, fatto detto bilancio con Christofaro de Vitale e Philippo Costa, ne riferiranno all’università. Per trovare il denaro per i pagamenti, l’Università dà loro «omne faculta» di vendere gabelle «o corno meglio loro parerà» «et visto haveranno dicto bilanzo sulo li dicti Christofaro et Philippo che vogliano referire non ala università ma ala maiore parte de dicti electi» e che «li dicti electi habiano potestà da exequire tucto Ilo predicto». Carlo Capova e Jo. Antonio de Falco devono vedere «quello haveno justamente despiso» gli uomini di Cetara e Vietri per i preparativi per una visita che l’uditore aveva proposto di fare «ala aqua delo fico et a Cetara». Il sindaco dovrà rimborsare dette spese «per ordene dela declaratoria de dicti Carlo et Jo. Antonio»32. L’Università ha ordinato «che si faza la liberatoria ad messer Jacobo de Gaieta actiso lo S. auditore nde ha pregato questa università et che la commecte ad messer Jacobo Mangrella ed a messer Michele de Anna de quello ha administrato de iustitia excepto de quello fosse tenuto de impronto o deposito o de debiti»33. Si faccia un memoriale al sindaco, il quale dovrà andare a Napoli per la riforma delle bolle, affinché mandi a chiamare Antonio Sanfelice e gli imponga di mantenere le sue

32 Questo paragrafo è messo in evidenza dal disegno, sul margine sinistro, di una mano col dito puntato verso queste righe e la scritta «de Cetara - de Veteri». 33 A margine: «olim assexore de questa cita».

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promesse circa le modifiche alle bolle stesse, «actiso Ile degnetate et canonicati si inpetrano34 per via de Roma». f 93) Dal momento che l’Università aveva eletto sei persone per vedere i conti dei sindaci mandati a Roma per la spedizione delle bolle, «tre de ipsi possano et vogliano vedere dicto cunto et quello visto referire ala università». Il sindaco dovrà andare a Napoli «ad pagare li denari et colo memoriale circa Ile reformatiuni delle bulli». Jacobo Mangrella e il cancelliere devono preparare il memoriale e le istruzioni. Saranno pagati 2 tari e mezzo, il sindaco sarà pagato «delle soe jornate ad carlini tre lo jorno». 12 agosto Riunitisi gli eletti con altre persone, «per intendere la referenda have da fare Philippo Costa de Cava quale ave visto lo bilanzo deli cunti delo sindico», hanno deciso che si vendano 5 tornesi sulla gabella «dela farina delo molino» e che si bandiscano le gabelle della carne, del pesce, del vino per il prossimo anno, incaricando della vendita Michele de Anna, Thomasi de Curti, Carlo Capova, Philippo Costa ed il sindaco. 21 agosto Si riuniscono gli eletti ed altri uomini della città. f 93 v) Il cancelliere ha riferito che l’Università è stata citata ad istanza del cardinale sul fatto delle montagne ed inoltre che è giunta una lettera da Antonio Sanfelice sui «pregii» «si voleno dare alo bancho si vole dare pregio alo ili. mo S. Cardinale» e che si provveda alla ratificazione delle scritture fatte a Roma, in quanto la ratifica fatta a Napoli per procura dell’università «noia vole cossi», ma vuole che si faccia a Cava con un istrumento del tenore dei capitoli stipulati a Roma tra gli incaricati della città e il cardinale, ed ancora altre cose. Per la prossima domenica, 23 del presente mese, si dovrà far bandire l’Università, anche perché molte altre cose furono proposte dal Capitano. Si scriva a messer Antonio che «allo fare de dicta università si elegeranno quelli voleno pregiare appresso lo bancho vole intrare pregio» al cardinale per i 200 ducati. Messer Antonio Sanfelice viene invitato a scrivere ad Antonio Seripando per far stilare a Roma la minuta «dela sorte vole dela ratificatione», «che la università la ratificara subito», pagando ad Antonio Seripando tutto quanto spenderà per far fare la minuta e la copia a Roma «come vole dicta ratificatione». Il sindaco provvede al rimborso di un carlino al cancelliere, il quale lo aveva pagato al portiere che aveva citato l’Università da parte del cardinale sul fatto delle montagne, per la copia della citazione. Il cancelliere dichiara di aver avuto il rimborso. Hanno ordinato di mandare in giornata un uomo a Napoli a portare la suddetta lettera ed il sindaco dovrà dargli «per sua mercede» tari 1 e grana 10. Nello stesso istante fu mandato Domenico Pecoraro al quale furono dati tre carlini «perche cossi aveno ordenato dicti electi». 19 agosto35 Si riuniscono gli eletti. Hanno ordinato di mandare un uomo «ad posta» con una lettera per la regina, per

34 Sic, con la n. 35 Questo verbale è riportato dopo quello del 21 agosto.

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supplicarla di mandare a Cava l’uditore per alcuni giorni, «per acconzare certe cose» dell’università, avendo l’uditore fatto sapere la sua intenzione di venire, e «che nze ande Jo. Antonio de Falco quale sia satisfacto delle soe jornate». «Item actento che so venuti quatro marzapani de manna dalo preceptore de Calabria quali andano ala Maesta dela S. Regina si ordina alo sindico che nzelle manda per uno misso ad posta et sic eodem istante nze fo mandato Alexandro de Adenulfo alo quali foro pagati tre carlini». 24 agosto Viene congregata l’Università nella chiesa di S. Giacomo, «ad banni emissionem», con licenza del R. Capitano J. Baptista Villani. L’Università, «quanto alo facto deli pregi delo bancho» dei duc. 200 che si devono annualmente al cardinale, e poiché già una volta era stata data «securita» a Raimondo Tesone, Silvestro Longo e Jo. Antonio de Falco «corno ad quelli voleno ad andare ad pregiare alo dicto bancho» che non sarebbe stata ‘abbassatala «securita», ha ordinato «che loro si done sufficiente securita et che andeno ad pregiare secondo aveno promisso et che andeno ad despesa dela università». Il sindaco deve nominare procuratore dell’università il not. Paschale Deviicys per rispondere nella R. udienza al mandato fatto dal Cardinale d’Aragona; il sindaco deve anche pagare chi farà la procura e mandare al notaio carlini 5. Questo pagamento viene effettuato subito, «per mano de me cancellieri», «et questo per defensione delle montagne de questa cita». Devono inoltre essere eletti due uomini per andare a vedere il «processo de dicte montagne», fatto tra il monastero e l’Università «da dui doctori in Napoli»; «si havimo rajone de defensare», si faccia la causa, altrimenti si dovrà consultare l’Università «si si vole accordare» «et che siano pagati dicti doctori et che porteno lo processo et che page per la dicta procura grana quindici». f 94 v) «Item quanto alo facto delo S. Capitanio et suo sindicato», l’Università ha ordinato che il Capitano deponga il suo ufficio «et venga lo Capitanio novo ad sindicarelo alo tempo debito». Ha ordinato «che si fazano» i 900 duc. dovuti al cardinale, si portino a Napoli e si abbia «consulta» con la regina e l’uditore su come si devono pagare senza pregiudizio delle bolle «che si haveno da reformare». L’Università ha rimesso in potere degli eletti presenti o futuri, o alla maggior parte di loro, «lo interesse de Vinciguerra de Romano» «delo terreno che fo locato per Cesaro de Curti nomine universitatis cola portulania, quale terreno sta dereto la hostaria de Capo lo Burgo». Detti eletti valuteranno se Vinciguerra deve avere o meno un rimborso. Circa «quelli citatini se diceno esserno intervenuti ad certe cose inlicite li di passati in Nocera», l’Università ordina di adoperarsi per avere «la remessione delle parti». L’Università stessa dovrà intercedere con la regina per «accordarelle», a loro spese. L’Università ha ordinato di mandare Antonio Lamberto e Philippo Costa «ad monsegnore». Poiché Philippo Costa non può andare, viene sostituito da Solimanno de Curti. Loro compito è invitare il vescovo «che venga ad staresi colo suo grege et ministrareli li soi debiti sacramenti». Ai due inviati saranno pagate le cavalcature. Entro il mese i deputati alla vendita delle gabelle dovranno bandirle; potranno vendere la gabella della carne o del mulino a denaro contante o come a loro sembrerà meglio, entro il mese. Ancora, l’Università ha ordinato che il sindaco paghi 13 barili di vino per elemosina ai

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frati di S. Francesco, barili che il P. Guardiano aveva comprato da diversi mesi e non aveva ancora pagato. Egli stesso aveva dichiarato che il loro prezzo era di duc. 4 : il sindaco deve versare questa somma. f 95) 28 agosto Si riuniscono gli eletti. «Haveno ordenato alo sindico che faza intendere alo S. Capitanio che non debia partire da fi che non sera venuto lo officiale novo che actento in questa cita nze so alcune inimicitie per evitare alcuno scandalo po accadere per la sua absencia». Per questo, si deve mandare subito un uomo «ad posta» dall’uditore, poiché il Capitano intende andar via e lasciare la città «sprovista de officiale». L’uditore voglia provvedere e scrivere al Capitano che non parta fino all’arrivo del nuovo ufficiale «et che voglia stare ad sindicato». Il messo dovrà essere ricompensato con 1 tari e grana 10. «Item che si faza università bannita per domani». 2 settembre Si riuniscono gli eletti. Hanno ordinato «che andeno colo S. Capitano ala Marina» Jacobo Mangrella, Antonio de Lamberto, not. Jo. Marco «corno ad vice sindaco et cancelleri», not. Thomasi de Curti, Andrea Troysi e Solimanno de Curti. Erano stati emanati dei bandi dell’arrendatore «dela dohana de Veteri delo Principe»: se essi avessero trovato affissi questi bandi, avrebbero dovuto levarli e «fare intendere ad quillo che ile ave facti emanare che sende ande con Dio che de zo intendimo consultare la Maesta dela S. regina et che quelli chenze andeno che la università da mo piglia sopra de se ad defenderelle de quello nze potesse accadere», dal momento che questo si fa per la difesa dei privilegi e che tutti «li sopra dicti siano pagati per Ile loro fatiche tanto per questa fiata quanto per altre fiate besognara de andarenze». Si scriva una lettera alla Camera dela Sommaria per Baldassarro Gallardo e suo figlio Juliano, per via di una pena che la Camera della Sommaria vuol loro infliggere. Il sindaco dovrà prestare loro il transunto di un atto. f 95 v) Bisogna esigere dai «gabelloti vechi» tanti denari «che abasteno» tanto per il ‘complemento’ del salario dovuto ad Antonio de Lamberto e Solimanno de Curti, per essere andati dal vescovo nei giorni passati, quanto per il salario spettante a coloro che sono stati incaricati di andare a Vietri. [Da questo punto sembrerebbe la grafia del not. Jeronimo] [Senza alcuna data, sono indicati i nomi di quattordici persone, eletti ed uomini della città] Gli eletti ed uomini della città hanno ordinato che, con licenza del Capitano o del suo luogotenente, si bandisca l’Università «per domenica proxima da venire per fare li novi officiali et altre cose occorse ala università». Si scriva una lettera all’uditore, affinché voglia sollecitare che venga a Cava un nuovo Capitano. Si paghino carlini 3 ad Alexandro de Adenulfo, messo mandato a Napoli a portare questa lettera «et che habia ad tornare resposta». Si paghi a Solimanno dela Corte e Antonio de Lamberto il resto di quello che devono avere per le sei giornate impiegate per essere andati dal vescovo.

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f 96) Messer Raymondo e not. Thomasi dela Corte devono recarsi dal Capitano per chiedergli di avere pazienza e non partire dalla città, perché «domeneca se farra università per la nova creatione deli officiali et sindico; che allora se provederra ala domanda fa de partirese», ma nel frattempo non cessi di esercitare il suo ufficio fino all’arrivo del nuovo Capitano; così si dovrà fare anche con il vicario. Si solleciti il Capitano a convocare alla sua presenza il commissario «che ej ad Veteri ala dohana» «adczo se possa intendere Ilo essere suo Ila», per non far pregiudizio ai privilegi.

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INDICE DEI NOMI

Abignente G., 47 Adenulfo (de) Alessandro, 56, 76, 115, 116 Adenulfo (de) Berardino, 103, 109 Adenulfo (de) Gregorio, 107 Adinulfo vedi Adenulfo Alfero (de) Silvestro, 47, 51, 71, 73, 90, 91, 93 Alfieri vedi Alfero (de) Angrisano (de) Onofrio, 77,83 Angrisano (de) Salvatore, 53, 54, 97, 98 Anna (de) Galieno, 54, 102 Anna (de) Michele, 46, 50, 61, 64, 66, 69, 70, 73-77, 79, 80, 89-93, 97,102,103,105, 109, 111, 113, 114 Anna (de) Nicoloso, 54, 57, 104, 105 Annarumma V, 46 Apreis (de) Valentino, 86 Armenante vedi Arminando Arminando (de) Cola, 51, 67, 69, 81, 91 Attanasio A. M., 46 Augusti no (de) Marco, 110 Augustino (de) Matteo, 55, 110 Avagliano T., 49 Avallone (de) Fabrizio, 78 Barrile Raimondo, 111 Bello (de) Nicola Marino, 66, 67, 110 Beltrano O., 47, 49 Biliocta Nicolò, 84 Billì, 47, 62, 92, 93,112 Billo Salvatore, 63 Bonifacio ix, papa, 46 Bosco Giovan Tommaso, 68 Cafaro Cosimo, 64, 103, 109-111, 113 Cafaro Stefano, 46, 53, 61, 68 Cantarella Agostino, 84 Capova Carlo, 46, 49, 50, 61, 62, 64, 66, 86, 95, 105, 107-110, 112-114 Capova Petro Jacobo, 46, 51, 61, 73, 86, 87, 89, 92-95, 103, 105 Caracciolo Geronimo, 88 Cardona Isabella, contessa di Capaccio, 88 Cardona Raimondo, Viceré, 53 Carlo Vili, 73 Casaburi Cesare, 54, 64, 65, 69, 104, 106 Casaburi Galiecta, 65, 66 Casaburi O., 75 Casolla, 53, 97 Cassese L., 46 Catone Geronimo, 73 Cecchella Diomede, 100, 102 Colapietra R., 54 Consa (de) Cesare, 88 Conzulo Franco Ramundo, 47, 93, 96 Coppola Coluzo, 105 Correale Antonio, 68

Corte (dela) vedi Curti (de) Costa Filippo, 50, 51, 68, 73, 74, 78, 86, 91, 109, 113, 115 Costa Giovan Berardino, 85, 86 Costa Pietro Giovanni, 78 Costanzo (de) Pietro Antonio, 70, 87 Curti (de) Cesare, 51, 62, 66, 68, 69, 76, 91, 103, 109, 111, 115 Curti (de) Lucio, 74, 77 Curti (de) Paolo, 72, 73 Curti (de) Solimanno, 49, 51, 52, 61-64, 66, 81, 98, 103, 105-110, 115, 116 Curti (de) Thomasi, 46, 48-52, 56, 61, 64, 66, 69, 70, 73, 74, 78, 79, 83, 86, 90, 91, 94, 98, 103, 105, 107, 109, 110, 111, 114, 116, 117 Curzone Sebastiano, 69 D’Agostino G. , 53 D’Alessandro Cristoforo, 47 Damiano Andrea, 105 David vedi Davit Davit Giovanni Battista, 64 Davit Tolomeo, 64 De Crescenzo Luigi, 46, 61, 67, 109 De Donato Nicola, 65, 108 Della Porta A., 46, 47 De Rosa Cesare, 49,108 De Rosa Panante, 74 De Rosis Giusto, 47, 87 De Sio Solimanno, 56, 105 Deviicjs Paschale, 115 Diano (de) Antonio, 84 Di Mauro Angelo, 54, 102 Di Mauro Antonio, 73, 74 Di Mauro Giovanni, 49, 51, 84, 85, 91, 107 Di Mauro Thomeo, 65 Di Mauro Vincenzo, 54, 102 Di Mauro Vinciguerra, 46, 55, 61, 66, 67, 73, 79, 85, 90, 92, 95, 105 Di Napoli Giovanni, 55, 87 Di Notargiacomo R, 74, 82, 83 Duca di Montalto, 93, 94 Duca di Montoro, 56 Falco (de) Giovanni Antonio, 46-52, 61, 62, 67, 76, 79, 80, 86, 90, 92-101, 103, 105, 106, 108, 109, 111-113, 115 Fasano Angelo, 78 Fasano Jacobo Nicola, 78 Federico d’Aragona, Re di Napoli, 45 Ferdinando il Cattolico, 53 Federico II d’Aragona, Re di Napoli, 47 Fioravante, di Cetara, 88 Fiorillo Gregorio, 84

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Floccano Francesco, 52, 83-85, 88, 89, 101 Florentino Nicolò, 79 Follerio Antonio, 76, 88, 96, 104 Francese Pietro, 88 Furno (delo) Cola, 75, 78, 105 Furno (delo) Siciliano, 107 Fusco (de) Cola, 52, 81 Fusco (de) Marco, 52, 81 Gagliardi Antonino, 48, 105 Gagliardi Baldassarre, 57, 116 Gagliardi Benedetto, 65, 69, 77 Gagliardi Cola, 98, 110 Gagliardi Giovanni, 48, 49, 51, 78, 91, 94, 104-108, 111, 112 Gagliardi Giovan Berardino, 70, 77 Gagliardi Giovan Tommaso, 45 ss. Gagliardi Giuliano, 57, 116 Gaieta (de) Jacobo, 113 Galisi (de) Nicola, 54, 62, 102 Gallardo vedi Gagliardi Gebrilione Luigi, di Roma, 49, 50, 106-108, 112 Giovanna, donna, 82, 86 Genoino A., 49 Giovanna III d’Aragona, regina di Napoli, 56, 82, 83 Giovanna IV d’Aragona, regina di Napoli, 47 ss. Girardo (de) Raimondo, 53, 68 Giulio II, Papa, 55 Greco Berardino, 52, 80 Guillaume R, 47 Inroghes, 102 Istrozo vedi Strozzi Iulio (de) Silvestro, 78, 85, 89, 94,112 Jovene Geronimo, 45-48, 61, 64, 67, 73, 91, 93, 97, 99, 105, 110-112, 116 Jovene Giovan Marco, 45, 47-50, 67, 70, 73, 74, 77, 79, 81, 83, 90-92, 95, 99, 104-106, 108-112, 116 Lamberto (de) Antonio, 46, 51, 52, 56, 57, 61, 63-66, 68, 69, 73, 74, 76, 77, 82, 83, 85, 86, 89, 90, 92, 93, 94, 98,101,103,105, 115, 116 Lamberto (de) Berardo, 109 Landò (de) Berardo, 84 Landò (de) Sansone, 78 Leclerc Charles, 55 Leone x, papa, 46 Leone A., 45 Liberato ..., gabelliere, 68, 78 Longo Altobello, 54, 102 Longo Andrea, 46, 47, 49, 51, 52, 56, 61, 64, 67, 75, 76, 82-87, 89, 92-98, 108, 112 Longo Diomede, 52, 87, 89 Longo Domenico, 51, 91 Longo Giovanni Antonio, 46, 61 Longo Leonardo, 49, 74, 108, 112

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Longo Silvestro, 47, 49, 51, 54, 67, 90, 92, 102, 105, 108, 109, 112, 115 Luigi XII, re di Francia, 55 Luigi d’Aragona, cardinale, 47, 67, 70, 71, 81, 91, 93, 95, 99, 100, 101, 111-115 Luigi (Loysi) de Amalfi, 68 Mangrella Jacobo, 48, 49, 55, 74, 77, 103-109, 111, 113, 114, 116 Marchese Francesco, 100 Marino (de) Giovanni, 75, 74 Mauro (de) vedi Di Mauro Mirabile Costantino, 84 Milano S., 46, 47, 49, 53, 69, 100 Modena (da) Ludovico, 62, 88 Monica (de) Fabrizio, 75, 74 Monica (de) Giovan Battista, 103 Monica (de) Jacobo, 79 Monica (de) Leone, 52, 67, 89 Monica (de) Raimondo, 46, 47, 51, 61, 67, 73, 75, 76, 85, 89-91, 95, 97, 103, 109 Monica (de) Santillo, 54, 102 Pandone Ferrante, 51, 54, 62, 64, 65, 68, 71, 72, 75, 77, 100, 102 Papa Daniele, 69 Parisi (de) Giovan Filippo, 46, 52, 61, 64, 65, 67, 70, 73, 76, 86, 90, 92, 93, 95, 97, 98, 100, 103, 105,109, 113 Pascale, di Santa Lucia, 46, 101 Pecoraro Domenico, 109, 111, 114 Peduto R, 46 Pisapia Basilio, 55, 85, 86 Pisapia Giovan Luigi, 78, 86 Pisapia Stefano, 86 Piscicelli Ettore, 88 Polverino A., 57 Polverino Sebastiano, 55, 110 Porres, Capitano, 55, 54, 98, 102, 104, 105 Punzi Carlo, 46, 61, 92 Quaranta Ettore, 50, 111 Quaranta Ferrante, 49, 108, 112 Quaranta Nicolò, 49, 51, 56, 68-75, 77, 78, 80, 83, 89-91, 103, 107, 111 Rocco (de) Giovan Marco, 105 Romano (de) Vinciguerra, 115 Salsano Onofrio, 46, 61 Salsano Vincenzo, 47-51, 61, 68-70, 73-77, 79, 81, 89-92, 95,100, 104, 106, 108-111 Sanfelice Antonio, 47-51, 56, 61, 64, 66-71, 73, 75, 77-82, 88, 95, 99-101, 103-107, 109-114 Sanfelice Pietro, 47 Scarpato Ferrante, 79 Seripando Antonio, 50,51,101,110,114 Sorrentino Berardo, 110, 111 Sparano (de) Bartolomeo, 81 Sparano B., 46 Spinelli Giovan Battista, 55 Staivano Marco, 52,80


Strozzi Giovan Francesco, 52, 80 Strozzi Nicolò, 52, 80

Troisi Francesco, 46, 48, 61, 105 Troisi Joannocto, 84

Taglé R., 45 Tagliaferro Baldassarre, 76, 77 Tesone (de) Raimondo, 46, 47, 51, 61, 63, 64, 67, 70, 73, 75, 76, 85, 89-93, 97, 99, 103,105,109, 115, 117 Troisi Andrea, 46, 48, 52, 55, 61, 67, 73, 76, 81, 84, 86, 92, 103, 105, 116 Troisi Annibale, 47, 49-51, 61, 64, 65, 69, 70, 73-77, 79-81, 86, 89-91, 97, 99, 105, 108, 109, 111-113

Villani Giovan Battista, 54 ss. Villani M., 45 Vitale (de) Angelo, 103 Vitale (de) Cristoforo, 113 Vitale (de) Epifanio, 69 Vitale (de) Simonetto, 46, 49, 51, 54, 91, 95, 102, 103, 107 Vitale (de) Vinciguerra, 55, 111

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INDICE DEGLI ARGOMENTI Alloggiamento militari spagnoli, 62, 63, 65, 81 Archivio, 66 Assenteismo degli eletti, 99 Banditi e fuorusciti, 63, 64, 66-68, 70, 72, 77, 86, 96-99, 101, 102, 104, 105, 108, 110 Cetara, 75, 113 Chiesa Cattedrale, 88, 90, 101 Chiesa di S. Francesco, 81, 89,101 Chiesa di S. Maria della Terra, 79, 82, 87 Corrieri e loro pagamento, 73, 74, 93, 95, 96, 99, 103, 107, 109, 111, 114, 116 Danni apportati dagli Spagnoli, 62, 64, 65, 81, 82, 85, 88,108 Danni arrecati a privati, 81, 85, 99, 115 Danni arrecati da privati all’università, 78, 94 Debiti e crediti dell’università, 61-64, 69, 70, 74, 76, 78-81, 86, 87, 92, 98, 101, 109, 113 Difesa armata, 72, 77, 78, 110 Disordini sociali, 64, 69, 70, 72, 74, 77, 83, 115 Dogane, 85, 86, 88, 89, 116, 117 Donativi, 74, 78, 81-84, 87, 89, 95, 99, 102, 105, 107, 110, 111, 115 Elemosine, 61, 68, 73, 85, 87, 90, 91, 115 Elezioni e nomine a varie cariche pubbliche, 61, 69, 89, 116 Episcopato, 62, 69, 70, 73-76, 78-82, 85, 88, 90, 91, 93, 95, 96, 99, 103, 104, 110, 113 - accordo con i Padri Benedettini, 108 - bolle, 64, 67, 69-71, 73, 76, 78, 79, 90, 94, 97, 99, 100, 104-108, 112-114 - capitoli e privilegi in discussione, 67, 71, 75, 95, 96, 114 - censi, 62, 88, 100, 109, 110, 111, 113 - interdetto, 61, 63, 64, 66-68, 109-111, 113 - pagamenti vari, 61-63, 71, 73, 74, 82, 90-94, 96, 97, 99-101, 105-109, 111-115 - usi civici delle montagne, 64, 67, 103, 114 Esenzione fiscale dei preti, 66, 72, 85, 103 Esenzione fiscale richiesta dal Capitano, 79, 81, 86, 108 Forche per le impiccagioni, 98, 112 Franchigie e privilegi, 68, 72, 73, 83-85, 87-89, 91-94, 96, 98, 102, 103, 112 Fuorusciti vedi Banditi e fuorusciti

Gabelle, 69, 70, 79-81, 86, 99, 101, 113-116 - Gabella della carne, 74, 79, 82 - Gabella della farina, 80, 110 - Gabella del vino, 62, 66, 67 Giochi dei colombi, 74 Giochi di Carnevale, 90 Grano, 71, 74 Incaricati dell’università a Napoli e loro pagamento, 62-66, 69, 73-76, 79-81, 83, 87, 89, 92-95, 99, 100, 102, 107, 108, 111, 113, 114, 116 Incaricati dell’università a Roma e loro pagamento, 73, 76, 80, 81, 89-93, 99 Lettere di "commendatione” e di "favore”, 65, 66, 78, 81, 84, 85, 88, 101, 110 Nuovi cittadini, 71, 72, 76-78, 80, 81, 83, 84, 86, 88, 89, 101, 111 Ospitalità a funzionari pubblici, 70, 73, 100, 102, 105, 113 Ospitalità ad Antonio Sanfelice, 103, 104 Occupazione di suolo pubblico, 105 Pagamento di documenti o di copie di documenti, 66, 79, 82, 92, 94, 105, 109, 112 Pagamento di Ferrante Pandone, 62, 64, 65, 68, 71, 75, 77, 102 Passo delle Camerelle, 79 Pellegrini provenienti da Napoli, 100 Pergamena bianca, 66 Pirateria, 87, 110, 111 Ponte di Eboli, 100, 107, 110, 111 Portolania, 62,103 Prestiti contratti dall’università, 79, 80 Rapporti con il R. Capitano, 63-65, 67, 68, 72, 73, 75, 77, 78, 85-87, 89, 115-117 Rapporti con l’Uditore, 68, 83, 88, 94, 105, 111, 112, 115 Rapporti con il Vicario del Vescovo, 67, 69, 72,73 Revisione dei conti di ex amministratori, 66, 68, 73, 74, 89, 90, 91, 93-96, 100 Sale, 65, 67, 69, 70, 74, 77,113 Scuola pubblica, 68 Solleciti al Vescovo affinché si rechi a Cava, 79, 80, 96, 115 Strade, 72, 79, 84, 86, 99 Usurai, 78

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