Weekly Enjoy #001

Page 1

IL SETTIMANALE DE LE GUIDE DE L’ESPRESSO

Ogni fine settimana, al vostro indirizzo di posta elettronica, vi verrà recapitato il Weekly Enjoy, un magazine con notizie, servizi, approfondimenti e consigli più interessanti della settimana. Chi ha fame di notizie enogastronomiche può mettersi a tavola. Il servizio è gratuito

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
Pubblicazione settimanale gratuita 26 Giugno 2023

VIP: VERY IMPORTANT POSTO

VERSO MILANO

IL RISTORANTE VERSO DEI FRATELLI CAPITANEO A MILANO

Siamo in pieno centro di Milano, in Piazza Duomo, e l’ingresso è situato a fianco dell’accesso a galleria vittorio emanuele. Qui due giovani e promettenti fratelli, Remo e Mario Capitaneo, dopo trascorsi in cucine illustri hanno aperto da pochi mesi il loro ristorante. Hanno tanta voglia di raccontare, in chiave moderna e contemporanea, la loro terra, la Puglia, contaminata dall’esperienza metropolitana e con la loro tecnica in cucina di alto livello. L’avanguardia per loro è mixare nel piatto prodotti pugliesi a ingredienti che arrivano da tutto il mondo, con una buona dose di personalità. Il risultato? Ravioli di spugnole, anguilla affumicata e ristretto di pollo agrumato o Animella di cuore di vitello, ricci di mare, bernese al caffè, puntarelle, sedano rapa al carbone sono un nitido esempio di ciò che potrete trovare sedendovi a questa incredibile tavola. Cucina e sala sono nello stesso ambiente: non è il tavolo dello chef a essere in cucina, ma la cucina a essere in sala, con tre lunghi chef’s table affacciati sui fornelli, oltre a tavoli per 10 posti e una saletta. Servizio di sala inappuntabile, veloce, giovane, dinamico e preciso. Carta dei vini interessante, con selezioni non scontate, seppur prezzate a costi non popolari. Competitivo, anche per il luogo in cui è ubicato, il menù degustazione offerto, a un prezzo veramente interessante.

VIP: VERY IMPORTANT PIATTO

PLIN A LA ROYALE

MAGORABIN

TORINO

CHEF: MARCELLO TRENTINI

Si, difficile prenderne uno tra Chicken

Rossini o Pasta & Cipolle, ma questi plin hanno un significato ancora più profondo, perché i plin li fan tutti, quindi è ancora più difficile far la differenza, perché i termini di raffronto sono moltissimi. Difficile far meglio, fondendo qualche francesismo con accenti sabaudi. Concentrazione massima di sapori nel ripieno, finissima pasta che li circonda (Marcello è un maestro sul tema fin dagli inizi), e raffinato condimento che incide il giusto, senza cadere nella cremosa banalità. Royale, veramente Royale. Il faut, a Torino.

BUONE NOTIZIE SU CIBO E VINO

Questo Weekly Enjoy è un piccolo ma importante regalo che L’Espresso ha deciso di fare ai lettori de Le Guide. E’ il quarto anello di una catena informativa su cibo e vino di qualità che riserva tante novità. La grande famiglia de Le Guide de L’Espresso è stata concepita in forma multimediale. Si comincia come vuole la tradizione con la carta: oltre 600 pagine con I mille vini d’Italia, (altrettante in ottobre per i 1000 ristoranti). Si potrà acquistare la Guida cartacea per consultarla e collezionarla. Ma si potrà anche scaricare gratuitamente la app Guide L’Espresso (vini, ristoranti, cioccolato) che avrà gli stessi contenuti delle Guide cartacee ma costantemente aggiornati. Inoltre c’è il sito guideespresso.it, alimentato quotidianamente con notizie, servizi rubriche, video, podcast su prodotti, aziende, personaggi, novità. Per accedere alla app e al sito sarà sufficiente iscriversi gratuitamente. Chi lo farà avrà un vantaggio in più, il Weekly Enjoy, il primo settimanale digitale nella storia delle Guide de L’Espresso. Ogni fine settimana al vostro indirizzo di posta elettronica verrà recapitato Weekly Enjoy con le notizie, i servizi e i consigli più interessanti della settimana. Potrà essere consultato sul vostro device oppure stampato. Chi ha fame di notizie enogastronomiche può mettersi a tavola. Il servizio è compreso.

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
di Alberto Cauzzi di Roberto Mostini Alessandro Mauro Rossi Alessandro Mauro Rossi Direttore de Le Guide de L’Espresso
MAGORABIN Corso S. Maurizio 61/B 10121 Torino Tel: +39 392 2896148
MENU DEGUSTAZIONE
NOME DELLO CHEF : Remo e Mario Capitaneo
: 130 euro, alla carta sui 150 euro.
RISTORANTE VERSO Piazza Duomo 21 Milano (MI) ristoranteverso.com

CIOCCOLANDIA

La “scoperta” della cioccolata avvenne nel 1519 ad opera del conquistatore spagnolo Fernando Cortez. In Italia quella straordinaria preparazione a base di cacao ebbe diffusione all’inizio del ‘600: a Firenze, grazie al mercante e scrittore Francesco Carletti e a Torino, per i legami dei Savoia con la Spagna. In Francia si iniziò a preparare la cioccolata dopo il matrimonio nel 1615 tra la principessa Anna d’Austria, figlia di Filippo III di Spagna, e Luigi XIII. Ad inizio ‘800, venne inventata a Torino la pasta gianduia mediante l’aggiunta della pasta di nocciole al cioccolato. Nel 1849 fu inventata la tavoletta, mentre nel 1875 fu inventato il cioccolato al latte in forma solida. In Svizzera, intorno al 1930, la Nestlé realizza le prime tavolette di cioccolato bianco. Si giunge infine al 2017, per avere la creazione del cioccolato “ruby”. Una trattazione a sé merita la storia del cioccolato di Modica, la popolare città siciliana, dove il cioccolato si produce ancora oggi secondo l’antica ricetta spagnola.

DIAMO I NUMERI

ITALIA

L’Italia è il più grande consumatore pro-capite con circa 23 chili annui pro-capite contro i 17 kg della Tunisia, seconda in questa speciale classifica. Seguono Venezuela (15 kg), Grecia (12,2 kg), Perù (9,9 kg)

PERSONAGGI

IN CUCINA CON RUBEN BONDÌ

Ruben Bondì, romano di nascita, fin da piccolo è stato attratto dal mondo dei fornelli, tanto da presentarsi allo chef che lavorava sotto casa con la richiesta strana: di imparare i trucchi del mestiere. Le prime vere esperienze lavorative sono arrivate prima con uno stage al ristorante romano due stelle Michelin Il Pagliaccio, poi a Londra, nell’hotel a cinque stelle The Ned. Dopo aver collaborato con aziende quali Fondazione Barilla, Pomì, Weber, Philadelphia, Panasonic, Salmone Mowi e Kasanova si è dedicato alle cene private. “I clienti mi contattano, decidiamo un menù e poi vado a casa loro per cucinare.” dice Ruben che continua “Mi piace stare a stretto contatto con i clienti, poter entrare un po’ nella loro intimità. Dopo aver cucinato mi piace spiegare cosa troveranno nel piatto, chiacchierare e raccontare di me. Questo mi permette di stare a contatto con le persone. È un’esperienza molto diversa dal lavoro tradizionale nei ristoranti, dove stai solamente in cucina”. Sui social media Ruben trascorre quindi tantissimo tempo. “È vero che ci lavoro, ma ho capito di essere stato un po’ risucchiato dal vortice dei social. Solitamente passo dalle sette alle nove ore al giorno al telefono”, confessa. Oggi il suo seguito comprende 1 milione di follower su Instagram e quasi due milioni su TikTok ma lui non è ancora contento “Non penso però di avercela fatta, non sono mai contento di me”.

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
ALLA SCOPERTA DEL CIOCCO LATO

LE BUONE COSE… di ANDREA GRIGNAFFINI

L’esprerto svela tutti i segreti per preparare e gustare al meglio gli ingradienti della settimana.

DOLCE & AMARO

FIORI DI ZUCCA

Sono vegetali tipici della stagione primaverile e sono le inflorescenze presenti alle estremità delle zucchine.

CUCURBITA PEPO

LochefLinoScarallo, patrondellostellato

Ristorante Palazzo

PetrucciaNapoli,li declinainsalsaper condire i corallini di Gragnano.

Il tocco untuoso del fritto. Quanto il fritto rende buono e gustoso quasi tutto, una frittura mal eseguita rovina terribilmente la pietanza. Quindi attenti all’esecuzione (temperature e relativi grassi di cottura in primis) tendendo però in considerazione una cosa: che un filo dico un filo di untuosità restituisce al fritto la sua origine.

Il fritto ammassato.

La caratteristica principale di qualsiasi frittura è la croccantezza. E per ottenerla è necessario operare al meglio durante la fase della cottura ma non dimentichiamo che una cattiva presentazione distrugge il lavoro svolto in precedenza. Attenti quindi alle condense in caso di fritti ammassati in contenitori ristretti.

Leggeri e colorati, ottimi da gustare durante la bella stagione, tra i fiori commestibili dell’orto nessuno è più goloso dei fiori di zucca e zucchina. Spesso sovrapposti, sono però due prodotti diversi. Quello che proviene dalla zucca, è di solito il fiore maschile; dai petali tondeggianti giallo pallido, è di dimensioni più piccole e ha un profumo più deciso rispetto al fiore di zucchina, che invece è più grande e con i petali appuntiti di color giallo acceso che vira all’arancione. Si troverà attaccato all’estremità della zucchina se il fiore è femminile, ad un peduncolo se maschile. La varietà di genere a livello di sapore non si avverte, i fiori sono tutti edibili e buoni, rileva solo se li si coglie direttamente dalla pianta. In tal caso, una raccolta oculata si premurerà di lasciarne intatto almeno uno maschile affinché la produzione di fiori e frutti del vegetale non si arresti. Poco importa che ora dell’acquisto o della raccolta i fiori siano aperti o chiusi, la forma non ne altera il gusto, semmai li predispone ad alcune ricette rispetto ad altre. Fondamentale invece che i fiori vantino un colore brillante in tutte le loro sfumature e una consistenza alquanto soda; la fugace durata rende poi necessario cucinarli il giorno stesso o al massimo quello successivo se conservati in frigo; essenziale evitare di lavarli sotto l’acqua, basterà frizionarli delicatamente con un panno umido. All’interno si trova il pistillo dal tono lievemente amarognolo per cui una scuola di pensiero preferisce eliminarlo mentre un’altra invece lo lascia, è la parte più saporita del fiore. Chi opta per rimuoverlo farà molta attenzione a non danneggiare la corolla, specialmente se vorrà cucinare i fiori come tradizione romanesca insegna, farciti di provatura (o mozzarella fiordilatte) e alici, avvolti in pastella e fritti, classicamente ghiottissimi. Al Nord, non manca chi li impana con uovo e pangrattato, rendendoli fragranti e sfiziosi. Si usano anche per preparare frittate, oppure uniti a pasta e risotti. Ai contorni o alle zucchine stesse vanno aggiunti solo a fine cottura, o non rimarrà molto da addentare! Lo chef Lino Scarallo, patron dello stellato Ristorante Palazzo Petrucci a Napoli, li declina in salsa per condire i corallini di Gragnano. I fiori di zucca vengono velocemente appassiti in padella con olio evo e aglio e poi frullati insieme alla ricotta fino ad ottenere una crema che andrà ad unirsi alla pasta scolata al dente. Il piatto si completa con una spuma di provola, briciole di acciuga essiccata per la sapidità, gocce di pomodoro per la spinta acida e fiori di zucca cristallizzati, il tocco croccante; un pizzico di polvere di basilico, infine, dona freschezza.

TENUTA PICCINI

Loc. Piazzole 53011

Castellina in Chianti (SI) + 0577 54011

info@tenutepiccini.it

PICCINI 1882

Conosciuto anche come The Wine Killer, grazie al successo del suo sito, redatto interamente in lingua inglese e dedicato alle sue degustazioni di vini da tutto il mondo, GardiniNotes. com, Luca Gardini è oggi uno stimato wine-critic a livello internazionale.

Chianti DOCG Orange 2022

PUNTEGGIO 90+/100

prezzo € 7,50

Un affidabile Chianti Classico da una bella selezione aziendale, da Sangiovese con Canaiolo e Ciliegiolo, un prodotto di grande freschezza e ottima bevibilità, offerto ad un rapporto qualità/prezzo decisamente vantaggioso. Ciliegia rossa al naso, con tocchi di rosa canina e pepe bianco, alla beva succoso-iodato, con ritorno fruttato-floreale e bella persistenza gustativa. Un vino da rischiare, senza timore, anche con una pizza gourmet, ad esempio bianca con mortadella, pinoli e pesto.

L’azienda centrale di una vicenda vitivinicola solida, che inizia per l’appunto nel 1882, partendo dai primi, eroici, 7 ettari, animata dalla grande passione e dall’inesauribile energia del capostipite Angiolino. Ma nella generazione pionieristica di famiglia sono poggiate le fondamenta di una vicenda sostanziosa, la fondazione della prima azienda a Poggibonsi, ad esempio, che Angiolino crea insieme alla moglie Maria Teresa, dedicandosi poi a produrre e commercializzare il Chianti negli storici, inimitabili fiaschi di paglia, che lanciano una ‘moda’, non soltanto estetica, che sopravvive tuttora. Successivamente, grazie ai figli Mario e Arturo, l’azienda si espande, lanciandosi verso la storia moderna - ovverosia la quarta generazione - quindi Mario, con le sorelle Martina ed Elisa, che significa diverse realtà agricole (Fattoria di Valiano, Tenuta Moraia, Villa al Cortile e Geografico in Toscana, cui si uniscono Torre Mora in Sicilia e Regio Cantina in Basilicata) collocate in tre differenti Regioni, e la quinta generazione di famiglia (Ginevra, Benedetta e Michelangelo) già coinvolta in prima persona nelle attività, nella creazione di espressioni vinicole nitide, peculiari, godibili, proposte inoltre, fatto non secondario, ad un prezzo alla portata di tutti. Una storia lunga e fatta di successi, insomma, quella di Piccini, con tanto ancora da regalare, anche in termini di fare vino come atto di responsabilità, come ricordato anche dal claim aziendale, ossia che “tutto ciò che facciamo nel presente è sia per il passato, sia per il futuro”.

Tra le tante etichette, il Toscana IGT Sasso Al Poggio è un esempio cristallino di quello che si cerca di fare nella ‘tenuta madre’, un bell’assemblaggio con il Sangiovese sugli scudi, accompagnato da Cabernet Sauvignon e Merlot, lavorati con accuratezza in cantina. Freschezza fin dal naso, note di melagrana, poi rosmarino, con tocchi di sottobosco e cannella. Al gusto sapido-salmastro, con ritorno fruttato.

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
IL BUON VINO… di LUCA GARDINI Mario Piccini, il presidente della cantina Piccini 1882.

CRAZY PIZZA: UNA

FETTA D’ITALIA

Crazy Pizza è stata lanciata nel 2021 sulla splendida terrazza del leggendario Billionaire di Porto Cervo in Costa Smeralda. Oggi, dopo solo due anni, oltre a Porto Cervo ha sedi a Knightsbridge, Monte Carlo, Milano, Riyadh, Roma e Doha.

Il concept di Flavio Briatore ha di fatto cambiato l’idea di pizzeria trasformandola in un’esperienza dove si incontrano design, spettacolo, gusto e qualità delle materie prime ma anche del servizio.

Nei suoi locali nulla è lasciato al caso, a iniziare dalla scelta delle località in cui aprire i nuovi ristoranti, frutto di mesi di ricerca e studio, e dal design che richiama un locale in stile londinese, con divanetti a parete e sedie in pelle, caratterizzati da tavoli in legno pre creare un’atmosfera calda e avvolgente che tipica dei pub anni ’80 di Londra. Una pizzeria dove la “portata principale” non è la pizza, peraltro di ottimo livello, ma la Food Experience che il commensale vive durante la serata: L’atmosfera, il curato servizio e l’intrattenimento sono il cuore di Crazy Pizza.

Un intrattenimento che inizia con un personale decisamente coinvolgente e un dj alle

prese con le hit del pop italiano. Poco dopo le 22 il volume si alza e i commensali si ritrovano in clima una festa con l’attesissimo arrivo del pizzaiolo in sala, che diventa il pro tagonista assoluto di uno show che lo vede giocoliere con la pasta della pizza accompagnato dallo sventolare dei tovaglioli dei camerieri e dalle grida compiaciute dei clienti in sala. Uno spettacolo che piace e fa notizia: uno di que sti Spinning Show, catturato in maniera spontanea da una cliente in un video, ha generato 60 milioni di visualizzazio ni su TikTok. L’ormai famosissimo Spinning Pizza Show, lo scenografico spettacolo realizzato dai pizzaioli acrobatici del marchio, ha “costretto” la catena ad un restyling del logo: la tradizionale corona è stata sostituita dal profilo del maestro pizzaiolo al quale è stato aggiunto il claim “Home of the Spinning Pizza”.

In tutto questo la pizza, fatta con una base speciale senza lievito per renderla leggerissima e più digeribile, sottilissima e croccante, farcita con materie prime di primissima qualità selezionate con cura, dalla mozzarella fresca di giornata ai pomodorini ciliegino siciliani, dal basilico fresco alle scaglie di grana stagionato 24 mesi. Il menù, oltre alle pizze classiche, include una selezione di “Crazy Pizza” fuori dal comune: la Pata Negra, la Crazy Pizza Focaccia e la Tartufo, con mozzarella, tartufo nero e tartufo bianco. Il tutto accompagnato da una carta dei vini e dei cocktails di primissimo livello.

Un nuovo concetto di luxury dining che sta riscuotendo un grosso successo anche grazie alla presenza dei numerosissimi VIP che frequentano i locali Crazy Pizza.

QUAL È IL PIATTO PIÙ BUONO DEL MONDO?

Secondo una classifica dei 50 migliori piatti al mondo stilata dalla CNN, il cibo più buono al mondo sarebbe il Massaman curry, un piatto tipico della Thailandia a base di carne, latte di cocco, spezie e arachidi. La pizza napoletana, invece, si classifica al secondo posto, seguita dal cioccolato messicano al terzo.

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
CURIOSITÀ ARTIFICIALI Abbiamo chiesto all’AI...

PERSONAGGI

TONY SASA: Il vino come missione

Antonio ‘Tony’ Sasa produce Brunello di Montalcino e possiede l’Enoteca Pontevecchio di Firenze. Da anni si occupa degli aspetti commerciali della tenuta toscana di Sting ed è consulente per aziende di Asia, America ed Europa. Il suo sogno è trovare il suono capace di evocare territori e cantine.

Nato da una famiglia di agricoltori, Antonio ‘Tony’ Sasa ha sviluppato sin da giovanissimo una passione per il mondo della cucina, sempre con lo sguardo rivolto ai prodotti e agli ingredienti offerti dalla natura. A 23 anni ha iniziato un percorso di studio enogastronomico e alberghiero che lo ha portato prima a Genova e poi negli Stati Uniti, per acquisire maggiore conoscenza di un settore in costante evoluzione. Rientrato in Italia, a Firenze, ha dato il via a un rilancio personale e operativo. Dal 2002 incarna la figura del wine negociant in cerca di piccole e medie realtà produttive, spesso dal grande potenziale. Da 20 anni collabora con il giornalista Daniel Thomases, degustatore di fama mondiale (già curatore della Guida Veronelli e di Wine Advocate), con il quale testa dai tremila ai quattromila vini all’anno, di diverse denominazioni e comprensori. Partendo da una cinquantina di realtà nazionali, in breve ha ampliato la sua attività di consulenza a

numerose aziende in Canada, Stati Uniti, Asia ed Europa. Oggi continua l’attività di vendita, promozione e sviluppo marketing del made in Italy in tutto il mondo. È inoltre produttore del Brunello di Montalcino Martina, è proprietario, assieme alla moglie Laura Rissone, della centralissima Enoteca Pontevecchio a Firenze e da anni si dedica commercialmente alla tenuta Il Palagio di Trudie Styler e Sting, in collaborazione con l’amico Riccardo Cotarella, docente di viticoltura ed enologia all’Università degli Studi della Tuscia, accademico aggregato dei Gergofili e presidente di Assoenologi. Più di recente Sasa ha creato una modalità comunicativa innovativa definibile come the sound of wine: la musica, tramite le bacchette del percussionista Trilok Gurtu (già collaboratore di artisti del calibro di Carlos Santana e John McLaughlin), evoca grandi vini, territori, cantine e il ritmo si accorda e si fonde con i tannini del vino, con i suoi colori e i profumi, nonché con il suono prodotto dal legno della botte in cui si affina.

Sasa, un amore per l’enogastronomia e per il vino di qualità che parte da lontano. Quali sono stati i primi passi nel I primi passi sono legati all’approfondimento del territorio vitivinicolo italiano, alle tecniche di produzione e alla comunicazione. La ristorazione negli anni ’90 era diversa, il mondo del vino negli anni 2000 era in velocissima espansione e c’era margine per costruire con la creatività. Numero di bottiglie vendute o fatturato?

Non sono i milioni di bottiglie che escono dalla cantina che contano, ma il valore di questo bene che bisogna saper comunicare al meglio. L’utile sta nel valore della bottiglia e non nei prezzi bassi o scontati per svuotare le cantine. Per valorizzare il made in Italy c’è una sola via: la qualità. Poi arriva la Toscana, suo quartier generale. Cos’è per lei questa terra?

Per me la Toscana è una terra d’amore e un giardino vitivinicolo e gastronomico. Firenze è una città che mi ha adottato e ne vado fiero. Anche altre regioni, comunque, non hanno niente da invidiare alla Toscana, perché a livello culturale l’Italia è unica nel mondo. Veniamo ai trend vitivinicoli nel mondo. L’Italia al primo posto? Della grande sfida con i francesi cosa può dirci?

Penso che non dovremmo seguire i trend, ma presentare la nostra ricetta e abbinarla alla mentalità di ogni paese. L’Italia ha raggiunto tutti gli obiettivi. È già al primo posto perché ha una varietà di vitigni autoctoni che nessun altro paese può vantare. A livello qualitativo il made in Italy è in costante crescita.

Quali sono i mercati in via d’espansione e quindi adatti a investire sul vino italiano?

L’Asia è il continente dove bisogna investire nell’educazione e promozione. Mi piacciono molto la Corea del Sud e il Vietnam. Gli Stati Uniti sono il mercato di riferimento, molto competitivo e difficile, dove bisogna essere sempre presenti. In Canada il mercato ha una grande forza di acquisto.

L’Europa invece è una bella minestra, dove, in uno spazio piccolo, possono cambiare abitudini, gusti, preferenze e spesa media per la bottiglia di vino.

Si può diventare ricchi con il mercato del vino? E se sì, come?

Si sta parlando di agricoltura, che dipende dalla natura e da tanti altri aspetti. Sicuramente questa attività può diventare redditizia, alcuni produttori sono stati molto bravi. La vera ricchezza però sta nell’eredità che si lascia ai propri figli per proseguire il percorso.

I suoi prodotti hanno vinto diversi premi anche a livello internazionale. Il segreto del successo per un buon vino?

Il segreto sta nella vigna, da lì parte tutto. Poi però bisogna saper comunicare questa vigna, questo territorio e il contenuto della bottiglia.

Cos’è per lei l’ambizione? È necessaria per il lavoro che fa?

L’ambizione è fondamentale: è un misto di passione, dedizione e amore. Il mondo del vino è affascinante perché è senza confini. Stiamo parlando di una cultura millenaria, questa evoluzione è affascinante.

Sogni nel cassetto? Dove vuole arrivare e qual è la meta finale?

Il mio sogno nel cassetto è trovare la nota giusta per arrivare a creare il suono del vino. Il progetto che stiamo portando avanti con Gurtu diventerà una comunicazione unica. Stiamo lavorando sul suono dell’ambiente, il suono della botte e dell’acciaio, dove parte la fermentazione.

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
di Giulia Piscina

PERCHÉ SI CHIAMA COCKTAIL?

Stati Uniti, Messico, Francia: alle origini del termine principe della miscelazione.

La prima definizione scritta del termine cocktail appare nel 1806, in un trafiletto del Balance and Columbian Repository, giornalino federatista di Hudson, nello stato di New York: “una bevanda rinvigorente composta di qualsiasi distillato, zucchero, acqua e bitter”. Le righe furono pubblicate in risposta al quesito di un lettore, che chiedeva lumi su cosa volesse dire la parola cocktail letta in precedenza: il vocabolo era infatti già largamente in uso, e aveva fatto la sua prima comparsa in stampa nel 1798, sulle pagine del Morning Post and Gazeteer di Londra. Ma da dove deriva il termine cocktail?

Certezze non ce ne sono. I riferimenti principali riconducono alla coda di un gallo (cock’s tail), le cui piume colorate parrebbero essere state usate agli albori dell’ospitalità per guarnire i bicchieri delle osterie: la vivacità cromatica dei primi cocktail (di certo non tecnicamente perfetti all’epoca) potrebbe essere un ulteriore paragone con il piumaggio del gallo. Per questo motivo, tra l’altro, il re del pollaio è considerato uno dei simboli della miscelazione, e non è raro vederne spille o rappresentazioni in bar e locali (o tatuaggi dei bartender).

I francesi, maestri nel rivendicare la paternità delle cose, specialmente quelle non loro, guardano invece al farmacista Peychaud, stabilitosi a New Orleans e padre dell’omonimo bitter (essenziale nel Sazerac) come genitore del vocabolo, che deriverebbe dalla tazza in cui il dottore versò del brandy per una prima idea di mixology (coquetier o coquetelle). Dall’altra parte del mondo, in Messico, si arriva a raccontare di Coqtel, dalla straripante bellezza, figlia di un sovrano azteco che tramite lei servì una bevanda miscelata a un conquistador, in segno di pace. Che si tratti di un termine africano che indica lo scorpione (kaketal), oppure dell’abitudine centroamericana di mescolare i liquori con la coda del gallo, appunto: storia e storie che si miscelano, è il caso di dire, in una parola oggi (per fortuna) dal valore universale.

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
COCKTAILS & DREAMS
Il Martini, il cocktail per eccellenza. di Carlo Carnevale

GUERIDON E DINTORNI

INTRECCI DI SALA

Oggi partiamo con le nostre interviste da Marta Cotarella, nata e cresciuta nel mondo del vino, si divide oggi tra l’area amministrativa e di pianificazione dell’azienda di Famiglia Cotarella e aula, avendo creato con le altre sue sorelle Dominga e Enrica il loro nuovo progetto Intrecci, l’Accademia di Alta formazione di Sala, nel 2017, con lo scopo di creare “professionisti e manager di altissimo livello nel mercato del lavoro e della ristorazione”.

Si parla da tempo di emergenza di sala, del fatto che le nuove generazioni non siano così appassionate del lavoro di sala, che lo chef è la star e la figura centrale a cui tutti ambiscono, mentre invece un fulcro importante della fortuna di un ristorante è anche e soprattutto il grande lavoro di accoglienza che si opera nella sala del ristorante, dove nasce e finisce l’esperienza principale. Abbiamo deciso di creare questa rubrica non per parlare dei soliti argomenti ma per chiedere agli uomini e attori principali di questo straordinario mestiere il loro punto di vista, la loro visione e soprattutto gli aneddoti e le curiosità che stimolano e ravvivano questo mondo.

Oggi partiamo con le nostre interviste da Marta Cotarella, nata e cresciuta nel mondo del vino, si divide oggi tra l’area amministrativa e di pianificazione dell’azienda di Famiglia Cotarella e aula, avendo creato con le altre sue sorelle Dominga e Enrica il loro nuovo progetto Intrecci, l’Accademia di Alta formazione di Sala, nel 2017, con lo scopo di creare “professionisti e manager di altissimo livello nel mercato del lavoro e della ristorazione”.

Marta, per una seconda generazione di produttori di vino, perché nasce l’esigenza di creare una scuola di accoglienza?

Il confronto continuo, l’ascolto dei nostri clienti e dei tanti operatori con cui interagiamo ci ha dato una consapevolezza: che devono innanzitutto essere gli operatori di questo mondo a trovare la forza e il senso del riscatto. E nel 2017 abbiamo sentito fortissima la spinta di impegnarci nella formazione. E’ nata Intrecci, una Accademia di Sala e di Ospitalità. Un’esperienza incredibile. Che ci insegna ogni giorno quanto si può e si deve fare per ridare ai mestieri che ruotano intorno all’enogastronomia il valore che meritano.

Il tuo bilancio della scuola di questi 6 anni, con in mezzo immaginiamo una pandemia e mille difficoltà, qual è?

Intrecci per noi è stata un osservatorio privilegiato, che mi spinge a dire una cosa forte: il nostro sistema Italia sconta un ritardo gravissimo e imperdonabile. Noi siamo subissati di richieste che non riusciamo ad esaudire. Un mismatch fra domanda e offerta di lavoro che potrà

tornare ad essere fisiologico solo se aiuteremo le scuole, le famiglie e i ragazzi a riscoprire il fascino e il valore di queste professioni. Adesso ti chiediamo un ricordo … il ricordo di un grande uomo o una grande donna di sala che ti ha impressionato, nel tuo lungo girovagare per ristoranti, e perché ti ha impressionato Un grande uomo o una grande donna? Farei torto a tantissime splendide persone. Fino ad alcuni anni fa un ristorante veniva associato solo allo chef. E soprattutto loro, gli chef, sanno quanto devono della loro fama e del loro successo alle persone fantastiche che sono in sala, capaci di risolvere, intuire, anticipare, accogliere.

La domanda più curiosa, pertinente e intrigante che ti ha fatto un tuo allievo?

Le domande più importanti sono quelle più difficili. Una nostra allieva, in una delle edizioni svolte durante il Covid, un giorno ci ha detto: voi ci insegnate quanto è importante l’accoglienza: ma come si fa ad essere tolleranti e gentili con chi è intollerante e scortese?

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
di Alberto Cauzzi

TERRITORI D’ITALIA GROSSETO di Matteo Calzaretta

Un panorama culinario che sa farsi apprezzare anche fuori regione, dai formaggi ai salumi, ma anche ottimi vini e sfiziosi primi piatti. Conoscete la cosiddetta “acquacotta”? È il piatto tipico del buttero, il nome incuriosisce ma non è altro che una zuppa a base di acqua, appunto, con pane raffermo e i cosiddetti “pesciolini”: cipolle e sedano tagliati a filetti. A questi ingredienti base si aggiungono altre verdure di stagione e l’uovo, chiamato “uovo sperso”.

Ampio spazio nel menù lo occupano gli antipasti, che si rifanno alla tradizione contadina, oltre ai tanti latticini più o meno stagionati e ai salumi di selvaggina; a molti palati è nuova la bottarga di Orbetello (Argentario): nient’altro che uova essiccate di pesce, nello specifico cefalo, usata per guarnire invitanti piatti di pasta o consumata da sola con olio, limone e pepe. Nominando i primi, protagoniste ancora una volta sono le uova nella pasta dei tipici tortelli maremmani, un ripieno a base di ricotta fresca di pecora e spinaci; la tradizione contadina impone un condimento a base di ragù molto saporito, di lepre o di cinghiale. Selvaggina che ritorna anche nelle pappardelle e nei tanti secondi a base di cacciagione, una delle specialità più apprezzate della Provincia.

A cavallo tra i Butteri maremmani, la provincia di Grosseto rilancia al galoppo piatti e vini della tradizione, vero punto d’incontro tra mare e monti. Una terra ricca, tanto dal punto di vista naturalistico quanto enogastronomico, tutta la cucina tipica della Maremma toscana può infatti riassumersi in tre termini: abbondanza, semplicità e passione.

Una terra senza tempo, che affonda le sue radici in un passato pregno di storia, ed è proprio in questo ampio territorio, ancora selvaggio e sconosciuto ai più, che si produce vino fin dall’antichità. Di casa gli etruschi, dai quali ci giungono molti reperti che conservano le peculiarità enologiche delle uve, come tesoro da custodire.

La provincia di Grosseto è senza dubbio sinonimo di selvaggina, che preferisce un vino passionale, rosso e corposo come il Morellino di Scansano che, con il Sangiovese, da secoli accompagna primi e secondi piatti della tradizione. La pesca lagunare prosegue tutto l’anno tra i lembi di terra che fungono da ponte tra Argentario e Ansedonia; l’anguilla è di casa nelle acque della laguna di Orbetello, tanto che ad oggi rappresenta uno dei piatti principali nel menù della tradizione. Due le ricette che la vedono protagonista: anguilla dorata e sfumata, la prima ripassata nell’uovo, poi nel pan grattato ed infine fritta, mentre quella sfumata è preparata con una marinatura a base di peperoni che conferiscono un particolare colore e sapore alla pietanza. Ad accompagnare il pesce un vino leggero e secco come l’Ansonica Costa dell’Argentario DOC dal profumo leggermente fruttato ed il sapore asciutto ma morbido.

Per concludere un perfetto menù in stile maremmano non può mancare un dolce: i Topi di Castell’Azzara con un nome particolare che di certo non passa inosservato, tanto quanto la loro ricetta. Forma di mezzaluna e morbido croccante all’interno, vanno a ruba in tutte le occasioni, la loro storia si lega a quella di un’omonima compagnia teatrale locale che offriva questi dolciumi alla fine di ogni spettacolo.

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
Due vini del territorio consigliati da Luca Gardini Castello di Montepò Toscana IGT Rosato Jet 2022 Fattoria Le Pupille Morellino di Scansano DOCG 2022

Non chiamatelo spaghetto

Ora che finalmente gli spaghetti - ambasciatori di nobiltà della pasta lunga - hanno trovato campo anche nella cucina di ricerca, per valore non chiamatelo “spaghetto”. Al singolare, ci fa venire in mente gli affollati locali sul mare degli anni settanta, dove affascinanti camerieri con le camicie aperte sul petto evoluivano modulando con voce tenorile Lo spaghetto ai frutti bosco per chi è, e sorridevano alle signore e strizzavano l’occhio ai signori. Spaghetti, pochi o tanti, è plurale e pluralistico e li amiamo così. Ecco cinque interpretazioni memorabili.

Spaghetti agli anemoni

Marianna Vitale

Sud Ristorante Quarto (NA)

Aglio olio peperoncino

Fernando Tommaso Forino

Osteria Arborina

La Morra (CN)

Spaghetti caprino rosa e betulla

Alessandro Gilmozzi

El Molin cavalese (TN)

Linguine alle vongole veraci, consommè di prosciutto di Parma e lievito di birra in scaglie

Nicola Annunziata

I Portici

Bologna (BO)

Spaghetti con pesto di gamberi rossi, whisky torbato, rucola e lime, Giuseppe Mancino

Il PIccolo Principe Viareggio (LU)

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
IL MONDO IN UN PIATTO di Stefano Cafarri

Feed ‘n’ Food

In pochi anni è diventato uno dei volti più simpatici e virali del mondo del food. Toscano, Daniele Rossi è riuscito a combinare la modernità mantenendo ben salde le tradizioni e le origini. Il suo marchio di fabbrica? Sguardo di sfida alla telecamera a ogni assaggio.

FOLLOWER: 214.448

Dietro “Aperitivi Urbani” si nasconde Valeria Carbone, che si occupa di locali, food and beverage, lifestyle ed eventi a Milano. Di fresca pubblicazione anche un libro, all’interno del quale vengono analizzati 16 quartieri e 150 locali tra consigli, curiositа e indirizzi per vivere al meglio la città meneghina.

FOLLOWER: 40.100

Può un classe ’96 conquistare i social a colpi di cucina vegana?la risposta è si e Andrea Capodanno, basandosi su ricette veg semplici, veloci, sane e appetitose, ha conquistato la comunità di TikTok a colpi di sorrisi, ironia e ricette a basso contenuto calorico!

FOLLOWER: 448.600

Cucina Botanica è la creatura partorita dalla mente di Carlotta Perego. Non solo gustose ricette a base vegetale ma spiegazioni chiare e precise sul mondo della sana alimentazione. Una divulgatrice digitale perfetta.

ISCRITTI: 539.000

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO

Dal 2 luglio in edicola!

I 1000 VINI D’ITALIA

Scopri la nuova Guida de L’Espresso: il nuovo sistema di comunicare la qualità italiana

La scheda completa di mille vini con storia, foto della cantina, della bottiglia e la valutazione fatta da Luca Gardini, il miglior palato del mondo. Etichette di eccellenza e abbinamenti consigliati ti aiuteranno a scegliere il vino perfetto per te.

In edicola e nelle migliori librerie.

Acquista subito la guida e scarica

l'app per avere tutto il mondo del vino a portata di mano!

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
guideespresso.it

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.
Weekly Enjoy #001 by BFCMedia - Issuu