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INTRECCI DI SALA
from Weekly Enjoy #001
by BFCMedia
Oggi partiamo con le nostre interviste da Marta Cotarella, nata e cresciuta nel mondo del vino, si divide oggi tra l’area amministrativa e di pianificazione dell’azienda di Famiglia Cotarella e aula, avendo creato con le altre sue sorelle Dominga e Enrica il loro nuovo progetto Intrecci, l’Accademia di Alta formazione di Sala, nel 2017, con lo scopo di creare “professionisti e manager di altissimo livello nel mercato del lavoro e della ristorazione”.
Si parla da tempo di emergenza di sala, del fatto che le nuove generazioni non siano così appassionate del lavoro di sala, che lo chef è la star e la figura centrale a cui tutti ambiscono, mentre invece un fulcro importante della fortuna di un ristorante è anche e soprattutto il grande lavoro di accoglienza che si opera nella sala del ristorante, dove nasce e finisce l’esperienza principale. Abbiamo deciso di creare questa rubrica non per parlare dei soliti argomenti ma per chiedere agli uomini e attori principali di questo straordinario mestiere il loro punto di vista, la loro visione e soprattutto gli aneddoti e le curiosità che stimolano e ravvivano questo mondo.
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Oggi partiamo con le nostre interviste da Marta Cotarella, nata e cresciuta nel mondo del vino, si divide oggi tra l’area amministrativa e di pianificazione dell’azienda di Famiglia Cotarella e aula, avendo creato con le altre sue sorelle Dominga e Enrica il loro nuovo progetto Intrecci, l’Accademia di Alta formazione di Sala, nel 2017, con lo scopo di creare “professionisti e manager di altissimo livello nel mercato del lavoro e della ristorazione”.
Marta, per una seconda generazione di produttori di vino, perché nasce l’esigenza di creare una scuola di accoglienza?
Il confronto continuo, l’ascolto dei nostri clienti e dei tanti operatori con cui interagiamo ci ha dato una consapevolezza: che devono innanzitutto essere gli operatori di questo mondo a trovare la forza e il senso del riscatto. E nel 2017 abbiamo sentito fortissima la spinta di impegnarci nella formazione. E’ nata Intrecci, una Accademia di Sala e di Ospitalità. Un’esperienza incredibile. Che ci insegna ogni giorno quanto si può e si deve fare per ridare ai mestieri che ruotano intorno all’enogastronomia il valore che meritano.
Il tuo bilancio della scuola di questi 6 anni, con in mezzo immaginiamo una pandemia e mille difficoltà, qual è?
Intrecci per noi è stata un osservatorio privilegiato, che mi spinge a dire una cosa forte: il nostro sistema Italia sconta un ritardo gravissimo e imperdonabile. Noi siamo subissati di richieste che non riusciamo ad esaudire. Un mismatch fra domanda e offerta di lavoro che potrà tornare ad essere fisiologico solo se aiuteremo le scuole, le famiglie e i ragazzi a riscoprire il fascino e il valore di queste professioni. Adesso ti chiediamo un ricordo … il ricordo di un grande uomo o una grande donna di sala che ti ha impressionato, nel tuo lungo girovagare per ristoranti, e perché ti ha impressionato Un grande uomo o una grande donna? Farei torto a tantissime splendide persone. Fino ad alcuni anni fa un ristorante veniva associato solo allo chef. E soprattutto loro, gli chef, sanno quanto devono della loro fama e del loro successo alle persone fantastiche che sono in sala, capaci di risolvere, intuire, anticipare, accogliere.
La domanda più curiosa, pertinente e intrigante che ti ha fatto un tuo allievo?
Le domande più importanti sono quelle più difficili. Una nostra allieva, in una delle edizioni svolte durante il Covid, un giorno ci ha detto: voi ci insegnate quanto è importante l’accoglienza: ma come si fa ad essere tolleranti e gentili con chi è intollerante e scortese?
TERRITORI D’ITALIA GROSSETO di Matteo Calzaretta
Un panorama culinario che sa farsi apprezzare anche fuori regione, dai formaggi ai salumi, ma anche ottimi vini e sfiziosi primi piatti. Conoscete la cosiddetta “acquacotta”? È il piatto tipico del buttero, il nome incuriosisce ma non è altro che una zuppa a base di acqua, appunto, con pane raffermo e i cosiddetti “pesciolini”: cipolle e sedano tagliati a filetti. A questi ingredienti base si aggiungono altre verdure di stagione e l’uovo, chiamato “uovo sperso”.
Ampio spazio nel menù lo occupano gli antipasti, che si rifanno alla tradizione contadina, oltre ai tanti latticini più o meno stagionati e ai salumi di selvaggina; a molti palati è nuova la bottarga di Orbetello (Argentario): nient’altro che uova essiccate di pesce, nello specifico cefalo, usata per guarnire invitanti piatti di pasta o consumata da sola con olio, limone e pepe. Nominando i primi, protagoniste ancora una volta sono le uova nella pasta dei tipici tortelli maremmani, un ripieno a base di ricotta fresca di pecora e spinaci; la tradizione contadina impone un condimento a base di ragù molto saporito, di lepre o di cinghiale. Selvaggina che ritorna anche nelle pappardelle e nei tanti secondi a base di cacciagione, una delle specialità più apprezzate della Provincia.
A cavallo tra i Butteri maremmani, la provincia di Grosseto rilancia al galoppo piatti e vini della tradizione, vero punto d’incontro tra mare e monti. Una terra ricca, tanto dal punto di vista naturalistico quanto enogastronomico, tutta la cucina tipica della Maremma toscana può infatti riassumersi in tre termini: abbondanza, semplicità e passione.
Una terra senza tempo, che affonda le sue radici in un passato pregno di storia, ed è proprio in questo ampio territorio, ancora selvaggio e sconosciuto ai più, che si produce vino fin dall’antichità. Di casa gli etruschi, dai quali ci giungono molti reperti che conservano le peculiarità enologiche delle uve, come tesoro da custodire.

La provincia di Grosseto è senza dubbio sinonimo di selvaggina, che preferisce un vino passionale, rosso e corposo come il Morellino di Scansano che, con il Sangiovese, da secoli accompagna primi e secondi piatti della tradizione. La pesca lagunare prosegue tutto l’anno tra i lembi di terra che fungono da ponte tra Argentario e Ansedonia; l’anguilla è di casa nelle acque della laguna di Orbetello, tanto che ad oggi rappresenta uno dei piatti principali nel menù della tradizione. Due le ricette che la vedono protagonista: anguilla dorata e sfumata, la prima ripassata nell’uovo, poi nel pan grattato ed infine fritta, mentre quella sfumata è preparata con una marinatura a base di peperoni che conferiscono un particolare colore e sapore alla pietanza. Ad accompagnare il pesce un vino leggero e secco come l’Ansonica Costa dell’Argentario DOC dal profumo leggermente fruttato ed il sapore asciutto ma morbido.
Per concludere un perfetto menù in stile maremmano non può mancare un dolce: i Topi di Castell’Azzara con un nome particolare che di certo non passa inosservato, tanto quanto la loro ricetta. Forma di mezzaluna e morbido croccante all’interno, vanno a ruba in tutte le occasioni, la loro storia si lega a quella di un’omonima compagnia teatrale locale che offriva questi dolciumi alla fine di ogni spettacolo.
