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L’inflazione fa male a tutti

OPINION

Così ci perdono tutti

L’impennata dell’inflazione penalizza i consumi e i risparmi degli italiani Ci sono benefici per i conti dello stato, ma solo nel breve periodo

DI MARCELLO GUALTIERI

L’inflazione continua a erodere il valore della liquidità degli italiani giacente sui conti correnti. Ma qual è l’impatto sulla principale grandezza economica della nostra economia, ovverosia il debito pubblico? Si sostiene comunemente che l’inflazione giova al debitore poiché riduce il valore reale del debito. Questo è certamente vero nel caso in cui il debito sia, per così dire “statico” e contratto a un tasso di interesse fisso. Il debito pubblico italiano è invece tutt’altro che statico e per valutare l’impatto dell’inflazione occorre pertanto fare dei ragionamenti più approfonditi.

Lo studio

L’Osservatorio Conti Pubblici dell’Università Cattolica ha recentemente pubblicato uno studio intitolato “L’impatto dell’inflazione sui conti pubblici: lo Stato ci guadagna (per ora)”. Vediamo perché. In primo luogo, il 10,9% del debito pubblico italiano (vale a dire circa 300 miliardi) è indicizzato all’inflazione e pertanto non vi è alcun effetto reale. Sulla rimanente parte, l’Osservatorio calcola un beneficio iniziale pari a 35 miliardi. Tutto bene, dunque? Decisamente no perché il problema si pone relativamente al rinnovo dei titoli in scadenza, che in media ammontano a circa 380 miliardi annui, per i prossimi 7 anni. Le nuove emissioni incorporeranno quindi le aspettative inflazionistiche degli investitori e pertanto sarà necessario emettere titoli di debito a tassi di interesse più alti, che eroderanno progressivamente il vantaggio iniziale. Inoltre, nell’ipotesi in cui l’inflazione si protragga nel tempo, si arriverà a una inversione per cui il maggior costo del debito sarà superiore alla riduzione del valore reale.

Il ruolo della Bce

Alle aspettative inflazionistiche degli investitori occorrerà poi anche ovviamente sommare l’aumento dei tassi di interesse decisi dalla Bce, la cui durata e intensità al momento non può essere quantificata. A ciò si aggiunga l’effetto sui valori dei titoli in circolazione, che ovviamente subiranno una riduzione, con conseguente riduzione dell’attivo di imprese e famiglie e istituzioni finanziarie. Queste due componenti avranno a loro volta un impatto negativo sulla dinamica del rapporto debito-Pil. Esaminato da ogni punto di vista non vi è veramente alcun motivo per poter essere minimamente ottimisti sull’impatto dell’inflazione sui i nostri conti pubblici.

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