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La parola
from L'Espresso 44
by BFCMedia
interesse nazionale
Non c’è espressione in apparenza più ovvia. Nessuno potrebbe mai dire di non volere l’interesse nazionale in ogni ambito. Niente di problematico dunque. E invece niente di più problematico. Perché l’espressione nella sua genericità non è così ovvia e neutra scandita nel modo assoluto in cui la pronuncia la premier Giorgia Meloni (e uso il femminile nell’interesse nazionale di emancipazione delle donne). Una tale espressione infatti implica un’idea di nazione e un’idea di interesse: una visione conser vatrice, impegnata a mantenere tradizionali dinamiche socioeconomiche ormai obsolete e discriminanti oppure una visione progressista, cioè sensibile allo spirito e alle istanze dei tempi che esigono allargamento di diritti, equità, una nuova giustizia sociale ed economica, un’idea ecosostenibile di innovazione, nonché il rispetto dei trattati internazionali ispirati alla convenzione universale dei diritti dell’uomo, visto che le nazioni sono fatte di persone. Così, passare dal ministero della Transizione ecologica al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica che dichiara di voler «diversificare le risorse» tornando a sfruttare risorse fossili «bloccate dall’ideologia ambientalista» significa esprimere una visione dell’interesse nazionale che non tiene conto del pianeta di cui qualsiasi nazione fa parte. E nel salvaguardare un’idea di famiglia tradizionale talmente limitata che la stessa Meloni fatica a costruirsi, l’interesse nazionale coincide con la discriminazione della maggior parte delle «famiglie» fatte da diverse forme di unione. È con espressioni del genere, in apparenza neutre e universalmente condivisibili, che si creano i presupposti per fare precipitare un Paese nel peggior passatismo facendo finta di esser mossi dal più neutro bene comune: la nazione. La peggiore trappola in cui cadere. Che si esigano parole precise, compromettenti, divisive.
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