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DI ANTONIO LO CAMPO*
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TRENT’ANNI DI ASTRONAUTICA TRICOLORE, CON UNO SGUARDO AL FUTURO FRANCO MALERBA
IL PRIMO ITALIANO IN ORBITA
CELEBRIAMO UNA GRANDE AVVENTURA SPAZIALE CHE TENTÒ UN ESPERIMENTO RIVOLUZIONARIO. E UN UOMO CHE CONTINUA A MANTENERSI ATTIVO IN MOLTEPLICI CAMPI, DAL GIORNALISMO ALLA SPACE ECONOMY
Liftoff of the Space Shuttle Atlantis! On a mission for new utility in space! Lo speaker del Kennedy Space Center, alle 15.56 (ora italiana, le 9,56 locali) del 31 luglio 1992 annunciava la partenza e il distacco dalla piattaforma 39B di una missione che avrebbe tentato un esperimento rivoluzionario: “Un nuovo uso dello spazio”, diceva. A bordo della navetta spaziale, infatti, c’era un satellite di nuova concezione, il Tethered, che era stato ideato, progettato e costruito in Italia, per generare energia elettrica nello spazio grazie al moto orbitale. E ad accompagnarlo, c’era il primo astronauta italiano. Franco Malerba, classe 1946, già selezionato nel 1977 come uno dei primi quattro astronauti dell’Agenzia saziale europea (Esa) per il Programma Spacelab, era stato assegnato nel 1990 alla missione del Programma Shuttle Sts-46. E in quella mattinata di trent’anni fa coronava un sogno inseguito da molti anni, nonostante mille difficoltà. Negli otto giorni di missione, l’equipaggio di sette astronauti rilasciò la piattaforma scientifica Eureca dell’Esa e il satellite Tethered (“a filo”), legato allo Shuttle da un lungo cavo conduttore. Il cavo non raggiunse la distanza prevista, ma l’esperimento ebbe successo e il satellite fu recuperato dagli astronauti, con la guida di Jeffrey Hoffman e con la supervisione di Franco Malerba, e riportato sulla Terra (vedi l’articolo a pag. 20). Esattamente a trent’anni dalla missione, e dal grande evento del primo italiano in orbita che, nonostante il periodo vacanziero, mobilitò tutte le TV e i media italiani (il web ancora non era di dominio pubblico), Cosmo ha incontrato Franco Malerba.
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» Sopra: Franco Malerba impegnato come payload specialist nella missione che si concluderà l’8 agosto 1992.
A sinistra: la partenza della missione Sts-46 il 31 luglio 1992.
Inquadra il QR per un video dedicato alla missione.

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DI ANTONIO LO CAMPO


» L’equipaggio della missione Shuttle Sts-46 nella foto ufficiale prima della partenza.
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TRENT’ANNI DOPO LA
MISSIONE STS-46, DI CHE COSA SI OCCUPA IL PRIMO
ASTRONAUTA ITALIANO?
Sono socio fondatore di due startup spaziali, per le quali sono anche finanziatore, la DBSpace e SpaceV. È un lavoro che mi impegna molto ma che svolgo con grande passione. E Space V, che è uno spinoff dell’Università di Genova, ha vinto proprio di recente la competizione per essere incubata nell’Esa Bic Torino. Collaboro con l’Académie de l’Air et de l’Espace, e sono anche giornalista free lance, scrivendo per varie testate. Quest’anno, inoltre, ho tenuto il corso Introduction to Space Exploration per dottorandi all’Università di Genova.
È ANCHE AUTORE DI DUE
LIBRI DI SUCCESSO…
Il primo, dal titolo La Vetta, scritto in italiano e in inglese, e ricco di immagini fotografiche, è un po’ la storia della mia missione, la Sts46 che per l’appunto celebriamo quest’anno, che è stato ristampato da qualche anno dall’editore Sagep di Genova. Lo stesso che ha poi pubblicato nel 2018 Professione astronauta, la mia autobiografia raccontata come se fosse una lunga intervista, che è ormai esaurito, ma si dovrebbe farne presto una ristampa.
HA GIRATO IL MONDO,
GIÀ DA GIOVANE PER LE
SUE ATTIVITÀ DI RICERCA
IN VARI SETTORI, E POI
LO HA FATTO IN UN’ORA E MEZZA…
Nella nostra missione in effetti ho girato per 127 volte attorno alla Terra. Circa 5 milioni e mezzo di chilometri percorsi e… tanto lavoro e adrenalina, per una missione molto impegnativa, con momenti anche critici, quando per esempio abbiamo rischiato di perdere il satellite. Lo Shuttle era una macchina straordinaria, ma le sue missioni forzatamente non potevano durare più di due settimane. Questo limite è stato risolto con la Stazione spaziale internazionale (Iss), la più grande opera di ingegneria mai realizzata e soprattutto un meraviglioso esempio di cooperazione internazionale. Ma mi piace ricordare che senza lo Shuttle non sarebbe stato possibile costruire pezzo per pezzo la Iss.
IMMAGINO VOLESSE FARE
L’ASTRONAUTA SIN DA
RAGAZZINO A BUSALLA…
In realtà, volevo fare lo scienziato, ed è il motivo per cui scelsi di iscrivermi alla Facoltà di Fisica, a Genova. E a soli 22 anni andai negli Stati Uniti per fare attività di ricerca. Poi però fui subito attratto anche dalla tecnologia e mi laureai anche in ingegneria elettronica, che mi fu preziosa anche per il mio percorso professionale nell’ambito dell’informatica. L’astronautica? Sì, erano gli anni straordinari della gara spaziale e delle missioni verso la Luna, e rimasi colpito soprattutto dall’Apollo 8. Il fatto che per la prima volta l’uomo si sganciava dall’attrazione gravitazionale terrestre per puntare verso altri mondi mi colpì davvero. Da lì iniziai a coltivare il sogno.
E COME DECISE DI FARE L’ASTRONAUTA?
Leggendo un annuncio sul Financial Times. Cercavano astronautiscienziati europei per le missioni Spacelab. Era il 1977, e me lo fece leggere un collega alla Digital, in cui lavoravo come ingegnere. Senza molte speranze, mandai comunque il mio curriculum. All’epoca pareva che lo spazio fosse ancora una proprietà privata tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Da Roma mi inviarono qualche settimana più tardi la convocazione per i primi test medici, e poi tutta la trafila successiva. Molto lunga e complessa.
PERÒ FU SELEZIONATO?
Sì, ero tra i quattro primi europei dell’Esa, presentati a Parigi il 22 dicembre 1977 con il ruolo che la Nasa avrebbe assegnato ai payolad specialist. Lo Spacelab era il modulo pressurizzato che poi volerà nella stiva dello Shuttle.
MA POI NON ANDÒ
COME SI SPERAVA…
No, purtroppo, come racconto in dettaglio proprio in Professione Astronauta, tra i quattro, io rimasi fuori. Ero già stato a Houston per un primo approccio con gli astronauti Nasa, ma a marzo 1978 l’ente spaziale americano chiese solo due astronauti, e l’Esa poi ne salvò tre. Uno doveva stare fuori e toccò a me, poiché quello era un periodo molto difficile per il nostro Paese, in pieno clima di anni di piombo, ed erano anche i giorni del sequestro Moro. In quel momento, di conseguenza, l’Italia preferì rinunciare allo spazio e agli astronauti. Ma io non ho mai perso la speranza, e quando si ripresentò nel 1989 l’occasione, dopo una chiamata indetta questa volta dall’Agenzia spaziale italiana (Asi), ho riproposto
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» Il 4 agosto il satellite Tethered (Tss-1) dell’Agenzia spaziale italiana, costruito da Alenia Spazio, si sgancia dal boom estensibile dello Shuttle per un esperimento di produzione di energia elettrica nello spazio.
DI ANTONIO LO CAMPO


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» I membri della missione Sts-46 a bordo dello Space Shuttle Atlantis in orbita. Dietro, da sinistra, il comandante Loren J. Shriver, il pilota Andrew M. Allen e lo specialista di missione Franklin R. Chang-Diaz. Davanti, da sinistra, lo specialista di missione Esa Claude Nicollier; il payload commander Jeffrey A. Hoffman, lo specialista di missione Marsha S. Ivins, e il payload specialist Asi Franco Malerba.
la mia candidatura, assieme agli altri quattro colleghi italiani che avevano superato le selezioni come me più altri nuovi candidati, e ci riprovai. Il mio “miracolo” di allora, fu proprio quello, a 43 anni, di riuscire a restare ancora competitivo: eravamo nel 1989. Non avevo mai smesso di tenermi in forma e di essere pronto per una nuova, possibile “chiamata”.
QUAL È STATO UNO DEI MOLTI, GRANDI SIGNIFICATI
DI QUELLA MISSIONE?
Di avere dato finalmente anche all’Italia un nome nella cronologia dei voli spaziali con astronauti. In fondo l’Italia è sempre stata una grande protagonista in questo settore, abbiamo lanciato il nostro primo satellite già nel 1964. Sento ancora un grande orgoglio per aver compiuto questa missione che tra l’altro portava in orbita la tecnologia e le grandi intuizioni dei nostri scienziati, come i professori Colombo e Grossi. Eravamo ancora davvero all’inizio e l’Agenzia spaziale italiana era nata solo quattro anni prima. Fu l’inizio di una serie di grandi successi per il nostro Paese, che è poi diventato uno dei maggiori protagonisti dello scenario spaziale internazionale. Dopo di me sono arrivati altri sei astronauti, e la grande avventura continua ed è sempre presente, come dimostra l’attuale missione di Samantha Cristoforetti. Ora attendiamo in autunno la nuova selezione Esa e speriamo di avere nuovi astronauti italiani. Erano anni difficili anche quelli attorno al 1992 per l’Italia, gli anni di Tangentopoli e di altri problemi che in qualche modo riguardavano anche l’Asi. Ma ce l’abbiamo fatta e al di là della soddisfazione personale ero orgoglioso per aver contribuito a una grande impresa che portava in alto la bandiera italiana.
IN QUEI GIORNI INDIMENTICABILI IN ORBITA
SULL’ATLANTIS, HA VISTO QUALCOSA DI MISTERIOSO
DAI FINESTRINI DELLA NAVETTA?
Tutto era magico e strano, ma anche spiegabile in termini razionali; si galleggiava nell’assenza di peso
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DI ANTONIO LO CAMPO
accanto ai finestrini e ricordo la luce fioca e fissa delle stelle, senza l’atmosfera di mezzo; ricordo qualche flash improvviso nel buio, ma era il prodotto delle radiazioni cosmiche sulle mie retine; ricordo fortissime luminescenze sulla Terra, di notte, ma erano tempeste elettriche di alta quota; ricordo striature luminose accendersi nell’atmosfera della Terra e svanire, ma erano le meteore Perseidi di agosto. Ricordo anche una fontana di oggetti scintillanti come diamanti nelle vicinanze dell’Atlantis, ed era il nostro scarico dell’acqua, che vaporizzava nel freddo e nel vuoto in mille ghiaccioli!
LE AGENZIE SPAZIALI GUARDANO CON INTERESSE
AL FUTURO: UN RITORNO
SULLA LUNA, MA ANCHE LA CONQUISTA DI MARTE?
Direi di sì, e non solo le agenzie ma anche i privati. Elon Musk, al di là dei suoi piani per le basi su Marte, è già coinvolto con la sua SpaceX nel Programma Artemis, con lo sviluppo del veicolo che dovrà atterrare sulla Luna. Sono tre i tipi di missione per la prossima esplorazione già avviata, e i relativi obiettivi di conoscenza, che potranno permettere agli umani di proiettarsi nel Sistema solare. E si potrebbe definirli altrettanti “campibase” di una lunga scalata, che preparano la sfida delle conoscenze, dei mezzi e della sicurezza,
*ANTONIO LO CAMPO
GIORNALISTA SCIENTIFICO SPECIALIZZATO PER IL SETTORE AEROSPAZIALE, COLLABORA CON DIVERSE TESTATE NAZIONALI. » Il dispiegamento in orbita del satellite Eureca (European Retrievable Carrier) realizzato dall’Esa (European Space Agency) per eseguire in automatico 15 esperimenti scientifici, che comprendevano un piccolo telescopio per osservazioni solari.

indispensabili per il grande balzo fuori dalla nostra culla terrestre. La prima base è proprio la Luna, che ci permette di studiare l’origine del sistema Terra-Luna e ci allena alle sopravvivenze prolungate fuori della Terra, soprattutto dopo la conferma dell’esistenza di ghiaccio d’acqua in alcune zone polari del nostro satellite. Il nuovo programma Artemis della Nasa punta al ritorno alla Luna con undici missioni già pianificate. E l’Italia, nell’ambito della cooperazione internazionale, sarà protagonista della nuova avventura lunare che eredita le conoscenze del Programma Apollo. Con l’Asi, con le nostre industrie e le nostre competenze tecnologiche e scientifiche. E la stazione cislunare Gateway Lunar Platform, che vede un importante contributo europeo e italiano, sarà la base di ripartenza verso l’esplorazione.
E LA TERZA BASE?
L’ultimo campo-base sarà finalmente Marte, la meta possibile, l’unico pianeta oltre la Terra, che possiamo legittimamente immaginare come ambiente possibile per costruirvi una futura base umana. Raccontato d’un solo fiato, questo scenario sembra un viaggio fantastico, frutto solo dell’immaginazione; forse è solo il condensato di un puzzle di infinite scoperte, conoscenze e tecnologie già a portata di mano su un arco di alcuni decenni.
CHE COSA PENSA
DEL NUOVO TURISMO SPAZIALE?
Inizialmente ero contrario. Ai tempi dell’imprenditore Dennis Tito e dei successivi, ero discorde sul fatto che dei privati potessero raggiungere la Stazione spaziale e partecipare a missioni pagate da istituzioni

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» Sopra: la copertina di Professione Astronauta di F. Malerba e A. Lo Campo riporta la suggestiva immagine delle repliche delle caravelle di Colombo al largo di Cape Canaveral alla partenza della missione Sts-46, per celebrare il 500° anniversario della scoperta dell’America.
A sinistra: Franco Malerba, il primo astronauta italiano.
Inquadra il QR per una sua intervista trasmessa a Forbes Space Economy.
governative, anche se poi loro stessi pagavano un biglietto salato per parteciparvi. Però oggi lo scenario è cambiato, perché sono gli stessi privati che realizzano progetti e mezzi per portare nello spazio i propri astronauti privati, o astro-turisti. Al di là di SpaceX, che ormai è parte integrante dei programmi della Nasa e sviluppa anche parallelamente programmi in proprio, vi sono i voli di Jeff Bezos con Blue Origin che raggiungono appena la quota spaziale e rientrano subito lanciati con un razzo tradizionale. Ma io trovo tecnologicamente innovativi gli spazioplani di Virgin Galactic, gli SpaceShip2, che raggiungono quote spaziali e poi rientrano prima con un sistema ad ala che ricorda il volano di Badminton, e poi l’ala si riallinea nella fase finale. Dietro a questi progetti c’è davvero un lungo e complesso lavoro che presto darà i suoi frutti.