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I MESTIERI DELLA (NEW) SPACE ECONOMY
SPACE ECONOMY
DI DOMENICO MARIA CAPRIOLI*
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I MESTIERI
DELLA (NEW) SPACE ECONOMY
Lo spazio è un laboratorio straordinario, le cui condizioni non sono replicabili sulla Terra. Questo genera relazioni complesse fra le infrastrutture spaziali, le competenze connesse al loro utilizzo e pressoché tutti i principali domini scientifici e tecnologici, a cominciare dal novero straordinariamente ramificato riassunto dal concerto di life support. Sostenere la vita nello spazio, certo, per consentire alla nostra specie di sopravvivere e, un giorno, prosperare lontano dalla superficie del nostro Pianeta. Soprattutto, però, sostenere la vita attraverso lo spazio, generando un progresso della ricerca medica, della ricerca farmaceutica, persino di quella legata alla produzione di cibo, attraverso esperimenti scientifici condotti oltre l’atmosfera. Fedeli alle consegne di questa rubrica, di ridurre l’orizzonte di opportunità offerte dalle tecnologie a esempi concreti, racconteremo di un esperimento a guida italiana, il progetto Neptune, finanziato dall’Esa con una misura di supporto agli esperimenti scientifici condotti sulla Stazione spaziale internazionale, ma che avrà altri due, straordinari, laboratori a disposizione:
i sottomarini della Marina militare
italiana, fra i promotori del progetto, coordinato dall’Università di Firenze, e la base italo-francese Concordia, in Antartide. La permanenza nello spazio genera una vasta gamma di alterazioni che possono condurre a patologie croniche anche gravi. Esse hanno un’eziologia complessa, che va dall’isolamento all’esposizione alle radiazioni, fino allo stress psicofisico alla microgravità. La combinazione di questi elementi induce, attraverso effetti primari e secondari, l’insorgere di patologie croniche, di alterazioni del sistema immunitario, del microbiota e dei processi metabolici, oltre ad accelerare l’invecchiamento. Molti di questi effetti sembrano essere direttamente associati a una condizione di infiammazione di basso grado (Lgi), il cui impatto, però, non è stato chiarito in termini quantitativi. Il monitoraggio comparato degli astronauti, dei sommergibilisti e dei ricercatori di stanza a Concordia consentirà di isolare gli effetti legati all’esposizione alle radiazioni e alla microgravità, peculiari dello spazio, da quelli legati all’isolamento e allo stress psicofisico, che accomunano, invece, le tre situazioni. L’obiettivo dell’esperimento è accrescere la
conoscenza degli effetti sul corpo
umano in caso di lunghe permanenze nello spazio, monitorando le alterazioni patofisiologiche e gli stati infiammatori e definendo dei modelli di relazione con l’insorgenza di malattie gravi. Si tratta di una conoscenza che ha certamente un riverbero significativo anche sul benessere a Terra (o qualche lega sotto i mari), ma il fallout tecnologico non si limita a questo.
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Per garantire un monitoraggio significativo e costante dei soggetti coinvolti, infatti, il consorzio - costituito, in aggiunta ai partner citati, dalle Università di Siena e di Milano, dall’Università Lmu di Monaco e dall’Université Libre de Bruxelles - dovrà definire nuovi marcatori sia per valutare le condizioni, sia per misurare la reazione alle terapie. Le misurazioni dovranno svolgersi in maniera costante e in un’accezione piuttosto radicale di “remoto”, visto che la Stazione spaziale internazionale orbita a 400 chilometri sopra le nostre teste, la base Concordia è a 1000 chilometri dal più vicino insediamento umano e i nostri sommergibili effettuano operazioni di pattugliamento che durano decine di giorni senza affiorare. Sarà necessario, quindi, adottare dispositivi e metodologie in grado di replicare, in spazi angusti e con poco peso, le complesse tecnologie dei laboratori d’analisi. Un ruolo fondamentale è interpretato dal machine learning: non solo i dati forniti consentiranno di addestrare degli algoritmi a proiettare simulazioni di rischio, potenziando le capacità di prevenzione e di early warning, ma la tecnologia aiuterà a filtrare i dati, rendendo sempre più affidabile il monitoraggio in remoto.
*DOMENICO MARIA CAPRIOLI È PARTNER DI YOURSCIENCEBC LTD, ATTIVA NELLA RICERCA SULLE APPLICAZIONI SPAZIALI E SULLE TECNOLOGIE DI FRONTIERA, CON LA QUALE - OLTRE ALL’ATTIVITÀ DI RICERCA - FORNISCE CONSULENZA A ISTITUZIONI E AZIENDE INTERESSATE A COMPRENDERE LE OPPORTUNITÀ LEGATE ALLO SPAZIO E ALLA RICERCA. Dal progetto Neptune non ricaveremo, dunque, solo una migliore conoscenza e dei modelli predittivi per simulare le condizioni di salute degli astronauti durante il viaggio verso Marte; chiariremo le
relazioni fra alcune condizioni di alterazione e l’insorgere di malattie
gravi, approfondiremo il ruolo che l’isolamento e lo stress giocano su tali condizioni patologiche, accresceremo la nostra capacità diagnostica, identificando marcatori sempre più precisi. Non solo. Lo sviluppo di tecnologie diagnostiche per lo spazio accelera fortemente la maturazione di sistemi di medicina personalizzata, con strumentazioni piccole e affidabili, che potranno essere disponibili anche a livello domiciliare, e con sistemi di processazione dei dati, sempre meglio addestrati, in grado di filtrare le informazioni, riducendo i sovraccarichi informativi e rendendo l’assistenza sanitaria più snella ed efficiente. Risolvere problemi per lo spazio, nello spazio, è la quintessenza della progettazione per vincoli: la grande complessità, il gran numero di condizionamenti, generano un’enorme quantità di conoscenza collaterale e di tecnologia, che può essere efficacemente sfruttata in altri contesti. Il progetto Neptune offre un bell’esempio dei vantaggi della ricerca, in un contesto di cooperazione internazionale a guida italiana. Nelle prossime rubriche considereremo altri esempi per illuminare ulteriori domini, associati al life support, e spiegare come e in quale misura la ricerca per lo spazio
è soprattutto una ricerca per la
Terra.