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SEMPRE PIÙ VELOCI, SEMPRE PIÙ LONTANO

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SPACE ECONOMY

DI ANTONIO LO CAMPO*

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UNO SGUARDO AL FUTURO DELLA PROPULSIONE SPAZIALE, A COMINCIARE DA QUELLA NUCLEARE

Viaggiare nel Sistema solare e oltre i confini del nostro sistema planetario. Per andare a esplorare quei pianeti simili alla Terra, che stiamo scoprendo attorno ad altre stelle. Quando sarà possibile? E, soprattutto, con quali metodi di propulsione? Negli anni Sessanta e Settanta, i progetti Orion e Daedalus erano già basati su principi concreti di propulsione spaziale, ma lontani dal concetto della propulsione chimica tradizionale, che può portare un’astronave in tempi ragionevolmente brevi al massimo su Marte. All’epoca, la Nasa sperimentò nel deserto del Nevada il motore nucleare Nerva (Nuclear Engine for Rocket Vehicle Application), che fornì risultati promettenti, ma venne tralasciato nel 1974, per ragioni politiche più che tecnologiche. Era il primo passo del grande sogno di Wernher von Braun (e non solo) subito dopo la “conquista” della Luna: portare uomini su Marte sfruttando la “finestra” vantaggiosa del 1982. Oggi Orion e Daedalus non esistono più e Nerva è rimasto in un cassetto, ma figli e nipoti di questi progetti non mancano: “L’unico modo per viaggiare nello spazio veloci è realizzare nuovi metodi di propulsione, da utilizzare direttamente oltre l’atmosfera” - ci dice Luca Derosa, ingegnere aerospaziale e autore di un libro, pubblicato di recente da Carocci, intitolato La propulsione spaziale avanzata. Derosa, classe 1977, si è laureato al Politecnico di Torino con tesi svolta in Thales Alenia Space e master negli Stati Uniti. Oggi è consulente nell’ambito della propulsione spaziale, docente su sistemi spaziali innovativi, e ha preso in esame circa cinquanta metodi di propulsione, da quelli già oggi realizzabili, dopo una fase di sperimentazione, a quelli che ancora sembrano più vicini alla fantascienza. Vediamone alcuni, partendo dal più promettente ed efficace: la propulsione nucleare.

PROPULSORI NUCELARI

AD ALTA ENERGIA

“I sistemi che sfruttano l’energia nucleare sono quelli che reputo più concretamente realizzabili, e in tempi relativamente brevi, per inviare astronavi in viaggio nel Sistema solare e oltre” - commenta Derosa. “Tra i tanti, ritengo che quello a microbombe a fusione nucleare sia uno dei più importanti, basato su progetti del fisico Freeman Dyson del 1968. Lo stesso vecchio progetto Orion si basava su bombe, ma a fissione. Ovviamente, si tratta di sistemi che verrebbero azionati nello spazio, possibilmente lontano dalla Terra. In ogni caso, non rappresentano un particolare pericolo, nemmeno per gli abitanti di un’astronave”. “È un sistema che prevede l’esplosione di piccole bombe nucleari, il cui processo di

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» Sopra: immagine di fantasia di un’astronave con “motore a curvatura”, il cosiddetto warp drive. » Luca Derosa, docente di sistemi spaziali innovativi.

fusione è innescato da un fascio laser inviato dalla stessa astronave, che così trasformano il propellente solido presente attorno a esse in velocissimo plasma in grado di produrre in modo non continuo una spinta notevole. Tale da far diminuire drasticamente i tempi di viaggio di un’astronave diretta, per esempio, verso la stella Proxima Centauri, che si trova a circa 4,24 anni luce da noi. Ci si arriverebbe in 50 anni. È molto? Vero, ma con un sistema di propulsione tradizionale ce ne vorrebbero centinaia...”. Ci sono inoltre i propulsori elettrici al plasma, il quarto stato della materia (formato da particelle ionizzate ed elettroni in una sezione del motore). Il flusso accelerato da un campo elettromagnetico può raggiungere le centinaia di chilometri al secondo quanto a velocità di scarico. I primi studi sono di fine anni Cinquanta, ma oggi si registra un ritorno d’interesse, poiché questo tipo di propulsione fornisce spinte più elevare rispetto ai motori ionici, già in uso da tempo.

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VERSO LA FANTASCIENZA. O FORSE NO

L’antimateria è di grande attualità. Anche in campo astronautico. Sfruttandola, si riuscirebbe a ottenere una quantità enorme di energia, superiore a quella della fusione nucleare: “Per dare un’idea” - dice Derosa - “l’annichilazione di

un grammo di idrogeno e antiidrogeno sviluppa un’energia pari

a quella della bomba di Hiroshima, oppure quella di 23 serbatoi di combustibile dello Space shuttle”. Ma le quantità realmente producibili di antimateria sono ancora piccole rispetto ai valori richiesti da una missione di un’astronave interstellare, e rappresentano un ostacolo alla realizzazione, almeno in un prossimo futuro, di una concreta missione che utilizzi propulsione ad antimateria. Nel frattempo questi metodi di propulsione, almeno a livello progettuale, si moltiplicano: dal razzo a fotoni concepito negli anni Cinquanta al propulsore ad antimateria termico con nocciolo duro oppure gassoso. Tutti in gara per sviluppare i propulsori che spingeranno, in un futuro chissà quanto remoto, le astronavi come quelle di Star Trek. Il metodo di propulsione a microbombe a fusione è valido, naturalmente, sia per missioni di ipotetiche astronavi con equipaggio, ma anche per sonde robotiche: “Di certo – continua Derosa - così come un innovativo metodo a vela. In questo caso il sistema è costituito da una vela del diametro di cinque metri e sfrutta l’antimateria e la fissione per viaggiare nello spazio. La vela è composta da strati molto sottili, in fibra di carbonio quello esterno e uranio 238 quello interno. Da un serbatoio a bordo dell’astronave vengono lanciati antiprotoni contro la parte interna, per far avvenire l’annichilazione con l’uranio, la quale innesca di conseguenza la fissione. Questo metodo è allo studio di una società, la Hbar Technologies, che ha lavorato anche a ulteriori tecniche innovative. Non è un sistema pensato per raggiungere grandi velocità nello spazio, ma un metodo innovativo per viaggiare con ampio risparmio di propellente”. Il futuro più vicino alla fantascienza?: “Ho preso in esame i metodi attualmente allo studio” - risponde - “dalla propulsione a curvatura di Alcubierre ai celebri wormholes, i tunnel spazio-temporali. Non a caso la fantascienza, film e romanzi, li hanno già ben sfruttati. Chissà che un giorno non diventino realtà, così come è diventato realtà un viaggio sulla Luna, meno di cent’anni dopo il romanzo di Jules Verne”. In un epoca in cui abbiamo ancora difficoltà a raggiungere Marte, questi sono i sistemi di cui è più plausibile la realizzazione?: “Sì. Con sistemi innovativi di propulsione dovremmo anche raggiungere il Pianeta rosso” - precisa Derosa - “Possiamo farlo in otto mesi con la propulsione chimica tradizionale, ma un metodo che porta gli astronauti a Marte in poche settimane consentirebbe loro di arrivarci in condizioni psico-fisiche ottimali”.

» Progetto di una astronave ad antimateria della Nasa.

*ANTONIO LO CAMPO È UN GIORNALISTA SCIENTIFICO, SPECIALIZZATO IN AEROSPAZIO. COLLABORA CON DIVERSE TESTATE NAZIONALI.

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