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SPACE WEATHER: QUESTIONE DI TEMPO ED ECONOMIA

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SPACE MARKETS

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SPACE ECONOMY

DI PATRIZIA CARAVEO*

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SPACE WEATHER:

QUESTIONE DI TEMPO. ED ECONOMIA

PERCHÉ LA METEOROLOGIA SPAZIALE CONDIZIONA SEMPRE DI PIÙ LA NOSTRA VITA E IL NOSTRO BUSINESS

SPACE ECONOMY

Il 3 febbraio scorso SpaceX ha imparato, a proprie spese, quanto siano importanti lo

studio e il monitoraggio

dello space weather. Giusto come facciamo noi quando, prima di uscire di casa, guardiamo le previsioni meteo per decidere se sia il caso di portare l’ombrello, prima di svolgere qualsiasi attività nello spazio è buona norma controllare l’attività solare. La meteorologia spaziale, infatti, è governata dal Sole, una stella generalmente tranquilla ma che, occasionalmente, produce spettacolari esplosioni superficiali chiamate Coronal Mass Ejection (Cme), durante le quali viene liberata una enorme quantità di energia sotto forma di particelle accelerate che si propagano nello spazio interplanetario. Sono queste emissioni di energia che determinano la meteorologia spaziale. Dal momento che a noi interessa il rapporto tra l’attività solare e la Terra, diciamo subito che non tutte le Cme raggiungono il nostro Pianeta. Il moto delle particelle solari nello spazio interplanetario segue percorsi che descrivono larghe spirali controllate dal campo magnetico. Perché una Cme arrivi a colpire la Terra occorre che le particelle viaggino su un’autostrada magnetica diretta verso di noi, una circostanza che capita abbastanza di rado. Quando i satelliti che studiano il Sole come Soho, Sdo oppure Stereo rivelano una Cme, possiamo prevedere se (e quando) lo sbuffo di particelle ci colpirà. Questo è possibile perché i fotoni che ci fanno “vedere” l’esplosione viaggiano in linea retta alla velocità delle luce e impiegano 8 minuti a coprire i 150 milioni di chilometri che separano la Terra dal Sole, mentre le particelle vanno un pochino più lente e ci mettono qualche giorno. È quello che è successo il 30 gennaio, quando una macchia solare (che aveva quadruplicato la sua superficie in pochi giorni) ha prodotto una Cme di media intensità. Vista la posizione della Cme sulla superficie del Sole, le previsione dicevano chiaramente che le particelle solari avrebbero raggiunto la Terra il 2 febbraio, quando ci si aspettava una tempesta solare di modeste proporzioni. Davanti a una previsione di questo tipo bisogna preoccuparsi? Per chi vive sulla Terra la risposta è no, al più si potranno verificare delle aurore boreali. La situazione cambia radicalmente se siete un astronauta sulla Stazione spaziale internazionale, dove è assolutamente sconsigliabile fare attività all’esterno per non rischiare di prendere una dose di radiazione extra, oppure se vi apprestate a effettuare un lancio, perché l’iniezione di energia da parte del Sole non lascia indifferente la nostra atmosfera, che si gonfia cambiando il suo profilo di densità. Si tratta di una parametro molto critico quando si vogliano inserire dei satelliti in orbita bassa dove l’atmosfera, seppure molto rarefatta, c’è ancora. Incuranti del fatto che il 2 febbraio la Terra fosse stata investita da una tempesta solare, SpaceX il giorno successivo decide di lanciare 49 Starlink, che vengono rilasciati, uno dopo l’altro, all’altezza di 210 chilometri. È una quota molto più bassa di quella operativa di 500 chilometri, che è stata scelta come

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DI PATRIZIA CARAVEO

» Esempio di una Cme particolarmente spettacolare perché è avvenuta vicino al limbo del disco solare permettendoci di ammirare la splendida struttura ad arco (cortesia Nasa).

misura cautelativa. In caso un satellite non superasse i primi test orbitali, dalla quota di 210 chilometri è facile de-orbitarlo per farlo bruciare nell’atmosfera senza lasciare in giro detriti spaziali. Tuttavia, quella che è considerata la procedura standard in caso di Sole tranquillo, si è rivelata disastrosa il 3 febbraio, quando l’atmosfera era più densa del solito a quell’altezza e l’attrito è stato un killer. Dal centro di controllo di SpaceX se ne sono accorti e hanno tentato di fare volare gli Starlink (che sono piatti come dei grandi tavoli) di taglio, in modo da presentare la minor superficie possibile. C’è stato tuttavia poco da fare:

40 dei 49 satelliti non sono

sopravvissuti e sono rientrati bruciando nell’atmosfera. Inquadra il QR per un video che riprende presumibilmente il rientro di uno Starlink visto il 7 febbraio sopra Puerto Rico. Risultato? Una perdita economica di un centinaio di milioni di dollari, che ha insegnato a SpaceX che con il Sole non si scherza, specialmente adesso che l’attività, legata al ciclo undecennale del Sole, è in crescita molto decisa. Prima di decidere la quota del rilascio dei satelliti, meglio dare un occhio a Spaceweather.com per rendersi conto di quale sia il tempo spaziale. Per capire l’importanza dell’influenza dell’attività solare, pensiamo che la Cme del 30 gennaio è stata relativamente poco energetica.

Il Sole può fare di molto meglio!

Ne abbiamo parlato sul n. 26 di Cosmo con la descrizione dell’utilizzo di una maxi tempesta solare per fare la datazione precisa di un insediamento Vichingo a Terranova. La tempesta solare del 993 d.C., così chiaramente visibile negli anelli di crescita degli alberi in giro per il mondo, non ha disturbato gli umani. La stessa cosa non sarebbe vera se una tempesta simile avvenisse oggi.

È la dipendenza dalla tecnologia

che abbiamo sviluppato negli ultimi

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» Esempio di studio congiunto del Sole da parte di Sdo (che guarda la fotosfera) a sinistra e Soho (che studia la corona) al centro e a destra con due strumenti diversi.

Si vede una Cme che emerge dalla superficie del Sole e si espande nella corona per poi propagarsi nello spazio interplanetario. Il dischetto bianco delle immagini di Soho rappresenta le dimensioni del Sole la cui radiazione è bloccata per permettere la visione di quello che avviene tutt’attorno (cortesia Nasa ed Esa).

decenni a renderci sempre più vulnerabili all’attività della nostra stella. Le particelle solari possono disturbare e, come abbiamo visto,

danneggiare in modo irreparabile i

satelliti. Le stesse particelle, una volta penetrate nell’atmosfera, possono causare correnti parassite lungo le linee di alta tensione, scaldando fino a fondere i magneti dei trasformatori, che sono alla base del sistema di distribuzione dell’energia elettrica. Un trasformatore inutilizzabile ferma la distribuzione e il black out è inevitabile. Non sono cose che succedono tutti i giorni, ma non sono così rare: nel 1989 il sistema di distribuzione dell’energia elettrica in Quebec è stato messo KO da un evento solare intenso, ma certo non paragonabile a quello registrato il primo settembre del 1859, che è entrato nei libri di storia come il primo esempio di

brillamento solare responsabile di

un danno tecnologico. Le correnti parassite danneggiarono le linee del telegrafo (alcuni pali si incendiarono) e fecero anche prendere la scossa a molti operatori. La aurore boreali vennero viste fino in Florida. Anche se resta vero che le regioni più vicino ai poli sono le più colpite, la rete di distribuzione dell’energia elettrica è così interconnessa che un problema in Canada può avere conseguenze su gran parte degli Stati Uniti. L’eventualità di un black out prolungato a New York, oppure di seri problemi con i satelliti Gps, che forniscono la temporizzazione

*PATRIZIA CARAVEO È DIRIGENTE DI RICERCA ALL’ISTITUTO NAZIONALE DI ASTROFISICA (INAF) E LAVORA ALL’ISTITUTO DI ASTROFISICA SPAZIALE E FISICA COSMICA DI MILANO. di ogni transazione finanziaria sul Pianeta, farebbe saltare il mercato a livello mondiale. Gli analisti sono unanimi nel sostenere che gli effetti economici di una tempesta solare particolarmente intensa sarebbero dell’ordine del trilione di dollari. Meglio, molto meglio cercare di prevenire, irrobustendo i trasformatori e migliorando la rete di monitoraggio del Sole per riuscire a individuare le Cme più pericolose. In caso di pericolo, meglio spegnere i satelliti in orbita e ricorrere a un black out preventivo, per lasciare

passare la sberla di energia a

impianti spenti ed evitare danni ai trasformatori. Non sappiamo quando e se ci sarà una grande tempesta solare, ma sappiamo che, presto o tardi, arriverà ed è meglio essere preparati. Mentre rimane vero che in cima alle nostre preoccupazioni deve esserci un evento di portata eccezionale, la disavventura di SpaceX insegna che anche quelli medi possono creare qualche problema, specialmente a chi non abbia considerato che viviamo con una stella. Oggi più che mai, sopravvive chi si premunisce e progetta i sistemi “sensibili” tenendo conto delle peggiori condizioni che è ragionevole aspettarsi. Questo non significa essere al riparo da tutto: eventi eccezionalmente violenti, ma altrettanto rari, potranno sempre fregarci. Tuttavia, avere fatto dei piani sarà servito a chiarirsi le idee, anche se, al momento buono, i piani saranno sicuramente da buttare. A questo proposito vale sempre l’insegnamento di Dwight D. Eisenhower “In preparing for battle I have always found that plans are useless, but planning is indispensable”.

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