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SPACE ECONOMY
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DI MATTEO CERRI*
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SPAZIO
PER LA VITA = VITA PER LO SPAZIO
PROSPETTIVE E ORIZZONTI DEI TAVOLI TECNICI DEDICATI ALLE SCIENZE DELLA VITA SECONDO L’AGENZIA SPAZIALE ITALIANA (CHE LI HA ORGANIZZATI): PARLA FRANCESCA FERRANTI, COORDINATRICE ASI PER QUELLO DI FISIOLOGIA INTEGRATA
Nell’ultimo anno un intenso lavoro ha arricchito le giornate di alcune decine di ricercatori italiani, portando una ventata di entusiasmo in un settore che, benché chiave e scopo della ricerca spaziale, a volte non viene immediatamente collegato con il cosmo: le scienze della vita. L’Agenzia spaziale italiana ha infatti inaugurato tavoli tecnici dedicati a identificare le linee sperimentali più significative, sia da un punto di vista scientifico che applicativo, da perseguire nel prossimo decennio e volte a identificare possibili soluzioni alle diverse incognite poste dall’esplorazione umana dello spazio. È chiaro che le scienze dello spazio devono poggiare su un solido trampolino di ingegneria e fisica, ma fa piacere vedere che lo scopo finale di tale impresa sia ancorata a quell’antico desiderio di conoscenza che spinge la nostra specie a tuffarsi in una costante esplorazione del suo ambiente. E il nostro ambiente è ora diventato, a tutti gli effetti, il Sistema solare.
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Che cosa, quindi, hanno proposto i tavoli tematici? La presentazione del loro lavoro è prevista per i prossimi mesi, ma possiamo cercare di intuire quali siano le linee di ricerca più promettenti. Intanto diciamo subito che ci sono quattro tavoli:
microbiologia, radiazioni, sistemi biologici di supporto alla vita e
fisiologia integrata. A ciascuno di essi afferiscono i principali esperti italiani del settore. Già in questo abbiamo visto uno sforzo di coordinamento assolutamente non banale da parte di Asi, condotto sul campo dai ricercatori della Direzione scienza e ricerca, Claudia Pacelli, Marta Del
Bianco, Valerio Vagelli e Francesca
Ferranti, con la supervisione di Vittorio Cotronei, che hanno tenuto le redini di questa quadriglia, indirizzandola sul giusto sentiero. Approfittiamo della disponibilità di Ferranti, coordinatrice Asi del tavolo fisiologia integrata, per chiederle qualche commento.
FRANCESCA, COME È
STATO COORDINARE
L’ATTIVITÀ DI COSÌ TANTI RICERCATORI?
“È stata una esperienza davvero entusiasmante, che ci ha visti impegnati al fianco della comunità scientifica nazionale nella definizione delle linee strategiche di mediolungo termine per le scienze della vita applicate allo spazio. È stato interessante e costruttivo vedere come esperti di settori diversi e competenze diversificate si siano confrontati per esaminare un problema comune, proponendo strategie complementari e multidisciplinari. Sebbene sia sempre sfidante coordinare un numero così elevato di esperti di settori scientifici diversi, il risultato ripaga ampiamente gli sforzi messi in atto. Sono certa che l’output di questo intenso lavoro guiderà Asi e la comunità scientifica di riferimento nel raggiungimento di obiettivi di rilievo per l’esplorazione umana dello spazio”.
Nel mirino dei tavoli tematici
alcuni fra i principali problemi che ostacolano la presenza e la permanenza dell’uomo nello spazio. 1) Le radiazioni. Sono uno degli ostacoli maggiori per l’uomo e per la vita in generale. Siamo fortunatamente protetti dal campo magnetico terrestre, che rende il nostro Pianeta abitabile e sicuro, ma appena usciamo dalla sua influenza, la potenza delle radiazioni cosmiche ci investe. Sappiamo molto sulle radiazioni, ma dobbiamo ancora trovare la ricetta giusta per proteggere i nostri futuri astronauti. Per ora gli obiettivi condivisi a livello internazionale per l’esplorazione umana dello spazio profondo prevedono la Luna e Marte, ma possiamo anche permetterci di iniziare a pensare a mete più ambiziose: la cintura degli asteroidi, Europa, Encelado o Titano, tutti luoghi di grande interesse sia scientifico che esplorativo. L’attività di ricerca in questo campo si preannuncia quindi significativa nei prossimi anni, anche perché la radioprotezione è una tematica che può trovare rapidamente applicazioni in campo medico. 2) L’isolamento. La vita su un’astronave non è affatto semplice. Dormire, per esempio, diventa più complesso e tutte le funzioni fisiologiche, che vengono armonizzate dal nostro cervello tramite la normale alternanza di luce e buio di cui abbiamo esperienza sulla Terra, si scombinano. La de-sincronizzazione dei ritmi circadiani unitamente alla deprivazione di sonno può rappresentare un rischio sia per la salute dell’equipaggio che per la sua performance. Quali contromisure mettere in atto per mantenere l’organismo nella sua forma migliore? 3) La distanza dalla Terra. Il problema tecnico per eccellenza. A distanza planetaria, infatti, non c’è un modo efficace per il Controllo Missione terrestre di intervenire in caso di guasti o emergenze. Pensiamo, in ottica sanitaria, a come agire in caso di infortunio, o nella necessità di cure mediche avanzate. Siamo agli albori dello sviluppo di molte nuove discipline, come la diagnostica spaziale, la farmacologia spaziale e la chirurgia spaziale, che potrebbero rivoluzionare anche il nostro modo di utilizzo dei mezzi di cura. 4) La microgravità. È l’essenza stessa dello spazio: il galleggiamento che immediatamente annuncia l’uscita dalla nostra comfort-zone planetaria. L’organismo si adatta alla microgravità, ma gli adattamenti
possono compromettere la salute
di chi vi sia esposto. Il sistema cardiovascolare, il cuore, l’occhio, il cervello e l’orecchio, per esempio, devono adattarsi alla redistribuzione
*MATTEO CERRI MEDICO CHIRURGO, DOTTORE DI RICERCA IN NEUROFISIOLOGIA, RICERCATORE IN FISIOLOGIA PRESSO IL DIPARTIMENTO DI SCIENZE BIOMEDICHE E NEUROMOTORIE DELL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA, È ASSOCIATO ALL’ISTITUTO NAZIONALE DI FISICA NUCLEARE.
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DI MATTEO CERRI

dei fluidi corporei che non sono più soggetti all’attrazione della Terra, mentre la termoregolazione soffre per insufficienza dei sistemi di termodispersione, provocando agli astronauti la fastidiosa space fever. La muscolatura e la struttura ossea, poi, si indeboliscono, non dovendo più dare sostegno al peso del corpo. Le contromisure per questi eventi sono le più studiate, in quanto gli effetti della microgravità sono già attivi sugli astronauti a bordo della Stazione spaziale internazionale, ma per missioni molto lunghe entriamo in una terra incognita. Nuovi modelli di studio saranno necessari per comprendere appieno le implicazioni fisiologiche che le missioni di lunga durata porteranno con sé. 5) L’ambiente. Non c’è dubbio che l’ambiente dove viviamo abbia un ruolo chiave nel garantire la nostra sicurezza, la nostra salute e il nostro benessere psicologico. Tutto questo è richiesto anche ai futuri ambienti spaziali, che dovranno impedire contaminazioni accidentali, mantenere una condizione vitale il più simile possibile a quella terrestre e consentire non solo al corpo degli astronauti, ma anche alle loro menti di poter essere nella condizione migliore per la missione.
MOLTE DI QUESTE LINEE DI RICERCA POTREBBERO
PORTARE L’ASI A ESSERE
PROTAGONISTA NEL
SETTORE DELLE SCIENZE
DELLA VITA APPLICATE ALLO SPAZIO,
CON IMPATTI NOTEVOLI
SULLA MEDICINA E
L’INDUSTRIA TERRESTRE.
CHE COSA PENSI IN PROPOSITO?
“L’Asi è particolarmente impegnata in questo settore sia a livello europeo che internazionale e si è distinta negli anni con risultati particolarmente rilevanti. Speriamo che questa iniziativa incrementi ulteriormente, grazie alla messa a sistema di competenze multidisciplinari, la competitività nazionale nel contesto della ricerca, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico. Come suggerisci, è importante evidenziare che non solo gli astronauti beneficeranno delle conoscenze acquisite grazie alla ricerca condotta in ambito spaziale. Alcune sperimentazioni nel settore della biologia e della fisiologia umana, guidate dalla necessità di supportare la salute dell’astronauta, hanno infatti già prodotto importanti avanzamenti anche nella medicina terrestre. I progressi nella telemedicina, nello sviluppo di metodi innovativi per mitigare la perdita di massa ossea o favorire il processo di guarigione delle ferite, nella comprensione dei sistemi di risposta psicologica agli stress e dei meccanismi molecolari alla base di alcune malattie degenerative e dell’invecchiamento fisiologico sono solo alcuni esempi dei benefici ottenuti a terra grazie agli studi condotti in orbita. Le tecnologie sviluppate per lo spazio possono inoltre essere utilizzate, sulla Terra, in ambienti isolati o ostili”. In conclusione, ecco quindi un settore dove il nostro Paese possiede un grande know-how e un potenziale di sviluppo notevole, che un investimento deciso renderebbe davvero fruttuoso, non solo per le ricadute economiche dirette, ma anche in termini di leadership scientifica e strategica: in fondo, che spazio è uno spazio senza vita?