Beesness Settembre/Ottobre 2025

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Andrea Della Valle “ELEGANZA SENZA FINE”

“IL

Valeria Verga

“LA SIGNORA DEL TEMPO”

Sofia Valleri

“L’AUTOMOTIVE È DONNA”
Anno XV - N° 5 2025 € 6,50
Cintia Doroni
CALCIO, DA PASSIONE A LAVORO”

Every great move forward in our lives

begins with a Leap of faith, a step into the unknown.

ACCELERIAMO LA CRESCITA PROFESSIONALE DI CHI VIVE E AMA LO SPORT.

Il settore sportivo ha costante e crescente bisogno di reperire professionalità diverse e sempre più trasversali: attraverso i nostri corsi intendiamo offrire un servizio al settore formando soggetti in grado di rispondere alle esigenze di società, enti e istituzioni con contenuti altamente qualificanti e aderenti alle necessità aziendali. Il collegamento diretto col mondo del lavoro consentirà di cogliere opportunità di lavoro coerenti col percorso formativo di ciascun partecipante.

PRONTI, PARTENZA E VIA!

Rieccoci al mese di settembre e con un nuovo numero di Beesness. Siamo ormai ritornati alle nostre attività lavorative, ricaricati dal recente periodo di riposo estivo e pronti a realizzare nuovi progetti imprenditoriali.

Iniziamo a leggere questo nostro magazine tracciando un bilancio della Milano Fashion Week Donna, conclusasi recentemente. Potrete leggere delle novità di una serie di brand che siamo andati a visitare e l’intervista ad Andrea Della Valle. Ci ha reso partecipi dell’interessante mostra in occasione della sfilata di Fay e della visione del gruppo per i prossimi anni, in uno dei settori più complicati del nostro Paese.

Sempre nella sezione dedicata al fashion, potrete immergervi nella storia di Valeria Verga, che fin da bambina, nel negozio del padre, ha potuto prendere confidenza con orologi e lancette che hanno scandito le sue giornate. Ci racconta della sua capacità di instaurare relazioni con i clienti e le loro aspettative nei confronti di un marchio iconico come Verga.

In ambito culturale, Rod Schejtman argentino, ci illustra la

sua creazione, The Piano Encyclopedia, una piattaforma dedicata all’apprendimento musicale e rivolta a chiunque mostri interesse verso questa disciplina artistica. Ci ha anche raccontato della sua vittoria al “Mondiale della Musica Classica” svoltosi a Vienna, e dell’accoglienza ricevuta ritornando in patria.

L’ultima parte della rivista si concentra sullo sport, in particolare: il tennista spagnolo Carlos Alcaraz e la bevanda Hi PRO; Head, con le sue nuovissime scarpe da tennis modello Endure Pro BOA; Cintia Doroni e la sua passione ed anche lavoro per il calcio argentino; Decathlon e l’espansione in Italia e infine la nuova apertura della sede italiana di Reusch, produttore di guanti da sci e per i portieri delle più blasonate squadre di calcio.

In merito alla sezione “ospitalità”, sono illustrate alcune strutture alberghiere, tra cui l’Orient Express Corinthian e l’Orient Express Palazzo Donà Giovanelli a Venezia.

Vi auguriamo una ripresa lavorativa ricca di tante soddisfazioni e vi diamo appuntamento al prossimo e ultimo numero di Beesness per il 2025.

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Boggi Milano, Kampos, Eleventy, Cattel, Caviar Giaveri, Pasta Armando, Vileda, Staminalis, Maria Cecilia Morandini, Svicom ............................................... 8

Altagamma Consumer & Retail Insight

Cintia Doroni

Cuore

Decathlon e la sua rete in Italia Nuovi format e impegno sociale per uno sport accessibile a tutti ...................................................

Nuova sede Reusch Una struttura all’avanguardia per il futuro dello sport

Automotive

Linda Villano

Sofia Valleri

CON BLOOMINGDALE’S

Boggi Milano, rinomato marchio italiano di abbigliamento maschile riconosciuto a livello globale, continua il suo ambizioso piano di espansione negli Stati Uniti con una nuova fase di sviluppo che vede protagonista una prestigiosa partnership con Bloomingdale’s. Dopo l’ingresso nel mercato americano con le prime aperture a New York – tra cui la boutique a SoHo, il flagship store su Madison Avenue e lo store all’interno di The Shops at Columbus Circle – il brand si prepara ora ad ampliare la propria rete con una partnership con Bloomingdale’s che prevede l’apertura di ben sette shop in shop entro il 2025. La collaborazione si è già concretizzata con l’inaugurazione di uno shop in shop Boggi nello storico e iconico punto vendita Bloomingdale’s sulla 59esima strada, simbolo della moda newyorkese. Il piano di sviluppo concordato con Bloomingdale’s prevede inoltre due ulteriori aperture nella città di New York, per consolidare la presenza nella metropoli, oltre all’ingresso in altre aree strategiche degli Stati Uniti come il Maryland, Chicago, Washington D.C. e Boca Raton, in Florida. Tutti i nuovi spazi sono progettati per consentire al cliente americano di immergersi nell’universo del brand all’interno di un contesto retail di assoluto prestigio. La partnership siglata, inoltre, non riguarda solo l’espansione fisica ma segna anche un importante passo in avanti nella strategia omnicanale dell’azienda. I prodotti Boggi Milano saranno infatti disponibili anche sull’e-commerce di Bloomingdale’s, rafforzando così la sinergia tra i canali digitali e quelli fisici e offrendo un’esperienza d’acquisto sempre più integrata e coerente. Con questo nuovo capitolo, Boggi Milano conferma la propria volontà di costruire una presenza duratura e strutturata nel mercato americano, rafforzando il legame tra la tradizione sartoriale italiana e i gusti sofisticati del pubblico statunitense.

KAMPOS PROSEGUE LA SUA STRATEGIA TRAVEL RETAIL E APRE UNA NUOVA BOUTIQUE ALL’AEROPORTO DI BOLOGNA

KAMPOS , brand di luxury beachwear Made in Italy che rivoluziona il concetto di lusso sostenibile, annuncia l’apertura di una nuova boutique all’interno dell’Aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna (BLQ) . Con questo ulteriore ingresso all’interno dei principali aeroporti italiani, KAMPOS rafforza ulteriormente la sua presenza nel canale travel retail, dove è già presente in scali strategici come Milano Malpensa, Milano Linate, Olbia Costa Smeralda e Genova, oltre che in prestigiose località balneari in Italia e all’estero. Situato nell’area imbarchi, il nuovo spazio KAMPOS riflette appieno l’identità del brand: linee essenziali, materiali naturali e dettagli iconici del brand - come la fantasia Coral Red - si uniscono a un concept sostenibile e immersivo, per offrire ai viaggiatori un’esperienza di acquisto che coniuga estetica, etica e funzionalità. KAMPOS ridefinisce il concetto di lusso trasformando l’inquinamento marino in prodotti di alta qualità realizzati artigianalmente in Italia. I costumi da bagno sono creati utilizzando materiali rigenerati come reti da pesca recuperate e bottiglie di plastica riciclate. Ogni dettaglio è pensato per ridurre l’impatto ambientale e contribuire alla protezione dell’ecosistema marino. Con questa nuova apertura, KAMPOS rafforza il proprio presidio nel settore travel retail, confermandosi tra i brand più innovativi nel coniugare estetica, etica e performance.

ELEVENTY APRE IL PRIMO NEGOZIO MONOBRAND IN CANADA, PROSEGUENDO LA SUA ESPANSIONE NEL MERCATO NORDAMERICANO

Eleventy annuncia con orgoglio l’apertura del suo primo negozio monobrand in Canada, nell’iconica Bloor Street di Toronto, segnando un passo chiave nell’espansione nordamericana del marchio. Lo store di 3.500 mq incarna lo stile milanese di Eleventy e propone un’esperienza di ospitalità su misura, rafforzando il ruolo strategico di Toronto per il brand. Progettato dallo studio milanese Parisotto + Formenton Architetti, il nuovo store unisce un’estetica moderna a un’eleganza calda e accogliente. Gli interni sono definiti da un concept monocromatico e polimaterico, che bilancia con cura linee architettoniche essenziali e una palette di tonalità naturali e organiche. Gli arredi in rovere chiaro, insieme alle finiture in travertino e acciaio inossidabile spazzolato, creano un continuum armonioso tra interno ed esterno, dando vita a uno spazio coeso e sofisticato, pensato per esaltare le collezioni uomo e donna. Il cuore del nuovo store è rappresentato dalla prima suite di ospitalità dedicata, di Eleventy in Nord America, che accoglie gli ospiti con rinfreschi ispirati alla tradizione italiana, inclusi dolci e spuntini leggeri disponibili nei fine settimana. A rendere l’esperienza ancora più autentica, la collaborazione con lo chef Roberto Marotta, caro amico del marchio, che firma proposte culinarie selezionate e cariche di personalità. Questo spazio incarna l’impegno di Eleventy nella costruzione di relazioni autentiche e significative, offrendo una visione contemporanea del lusso, radicata nella connessione umana, nella comunità e nel dialogo. Lo spazio presenta anche un cenno al design e all'artigianato italiano contemporaneo: un biliardino Eleventy Teckell 90 Minuto Chalk Matte personalizzato. Più di uno store, la sede di Toronto è un moderno salotto, pensato per accogliere, raccontare e creare comunità, incarnando l’essenza sofisticata e autenticamente milanese di Eleventy.

CATTEL PUNTA SUL GLUTEN FREE: OLTRE UN TERZO DEL CATALOGO PER UNA RISTORAZIONE INCLUSIVA E CONTEMPORANEA

Negli ultimi anni il mercato horeca ha mostrato un crescente interesse per i prodotti senza glutine, spinto da consumatori alla ricerca di soluzioni inclusive, leggere e di qualità. Secondo Grand View Research, il mercato italiano ha raggiunto i 480 milioni di dollari nel 2024, con un CAGR previsto del 10,5% fino al 2030. A livello globale, il settore vale oggi circa 7–8 miliardi e potrebbe superare i 15 miliardi entro il 2030–2032. Non è solo una risposta alla celiachia, ma una scelta consapevole condivisa da un pubblico sempre più ampio. Cattel risponde a questa evoluzione dei consumi con un assortimento che oggi conta oltre 2.600 prodotti – pari al 36% del catalogo totale – tra articoli naturalmente privi di glutine e referenze gluten free certificate . Un dato che dimostra l’attenzione dell’azienda verso un’alimentazione più inclusiva, ma anche la volontà di supportare gli operatori nella costruzione di una proposta più ricca, differenziante e contemporanea. In linea con questa tendenza, Cattel – uno dei principali distributori italiani nel food service - ha arricchito il proprio assortimento con una gamma sempre più estesa di referenze gluten free pensate per la ristorazione professionale composta da panificati, pinse, pasta, piatti pronti e snack gluten free. Cattel offre un supporto consulenziale completo, aiutando i clienti a creare menù accattivanti e inclusivi, superando le solite 2–3 proposte standard, con focacce ai biscotti, pasta e snack – per arricchire l’offerta dei locali. Un impegno concreto che riflette la visione di Cattel: innovare, anticipare le tendenze e supportare i professionisti nella creazione di esperienze di consumo moderne, gustose e adatte a tutti, anche fuori casa.

SOSTENIBILE DEL CAVIALE

Anche nella stagione calda, la migliore opera si riconosce dal rispetto come valore e dall’eccellenza come principio guida. Per accompagnare il palato nella stagione più calda, i sentori marini del caviale sono in assoluto protagonisti di livello, soprattutto se arrivano sulle tavole dopo rigorosi processi, in termini operativi e di sostenibilità. Caviar Giaveri è oggi l’unica realtà al mondo a produrre caviale da ben 8 specie diverse di storioni, grazie a una filiera interamente controllata e sostenibile. Questa unicità consente di offrire una varietà eccezionale di tipologie, capaci di soddisfare i palati più esperti e raccontare ogni volta una storia diversa: quella del tempo, della purezza dell’acqua, della cura meticolosa di ogni fase produttiva, che comprende rispetto dello storione, energie rinnovabili, attenzione alla risorsa idrica e impegno verso il consumatore. Tra i prodotti simbolo dell’azienda spiccano quelli che costituiscono la gamma continuativa: caviali eleganti, iconici, sempre disponibili e sempre perfetti nella loro costanza qualitativa. Dalla volontà di soddisfare le esigenze del consumatore, nasce la box Zar Trilogy, un raffinato cofanetto degustazione che propone una vera e propria verticale sensoriale, attraverso tre delle opere d'arte assolute firmate Giaveri. L'esperienza, per un equilibrio perfetto prevede tre tempi: innanzitutto l'incontro con il BelugaSiberian, re del caviale, raro e celebrato, che presenta uova di calibro generoso, perlate e morbide, con un sapore delicato e cremoso che persiste con eleganza. È un caviale che si fa ricordare per la sua straordinaria rotondità e armonia. Segue l'Osietra Classic, aristocratico con i suoi grani ambrati, di media grandezza. La sua struttura è compatta ma vellutata, e il profilo aromatico è ricco: richiama la nocciola, il mare, con un finale lungo e raffinato. La degustazione trova degno compimento con il Siberian Classic, versatile e apprezzato da chef e intenditori per la sua consistenza compatta e il gusto deciso. I grani sono scuri e regolari, il sapore è netto, diretto, ma mai invasivo. La Zar Trilogy rappresenta, così, un ottimo punto di partenza per chi vuole esplorare il mondo del caviale, un tripudio di sapori per crearsi una cultura completa o per liberare la creatività in cucina, con la linea guida di una delle più meticolose realtà produttrici al mondo. La verticale è al contrario: siberian – osietra per arrivare al beluga siberian.

DEI PROFESSIONISTI

CON UNA LA LINEA PER IL FOODSERVICE

Grano 100% italiano, trafilatura al bronzo e certificazione “Metodo zero residui di pesticidi e glifosato”, Armando è la pasta premium che continua a crescere nella grande distribuzione (+23% a volume e 20% a valore nel 2024) e nel gradimento delle famiglie italiane (3,5 milioni le famiglie acquirenti, con un tasso di riacquisto del 42%). Ma Armando è la pasta premium attenta anche alle esigenze degli chef. Primo fra tutti Chef Alessandro Borghese, che la utilizza nei suoi due ristoranti AB – Il Lusso della semplicità in particolare per la preparazione della sua famosa Cacio e Pepe. Tra febbraio e maggio 2025, Pasta Armando ha lanciato il progetto “A scuola di cucina con Pasta Armando”, realizzato con Frigo Magazine. L’iniziativa ha coinvolto oltre 30 cucine italiane, offrendo 2.800 lezioni rivolte a cuochi amatoriali e professionisti. Elemento chiave: l’Accademia Italiana Chef ha coinvolto 11 scuole per una formazione mirata legata al brand. La nuova gamma è composta da 8 formati diversi : Lo Spaghetto, La Linguina, La Chitarra, Il Fusillo Classico, Il Tortiglione, La Penna Rigata, La Mezza Penna Rigata, La Farfalla. Pasta Armando è il brand premium del pastificio De Matteis Agroalimentare, nato nel 2010 su iniziativa del Presidente Cavaliere del Lavoro Armando Enzo De Matteis, e presente in Italia e quasi 50 Paesi esteri. Realizzata con semola di grano duro 100 % italiano coltivato da circa 1.300 agricoltori aderenti al “Patto Armando”, garantisce un contenuto proteico minimo del 14,5 % e rigide pratiche agronomiche per tutela ambientale e tracciabilità totale della filiera. Lo stabilimento integra molino e pastificio interni, consentendo controlli costanti.

VILEDA

AGLI ENZIMI PROBIOTICI

Per la pulizia delle superfici domestiche e professionali, Vileda introduce la nuova linea Pro Clean , che combina igiene e sostenibilità grazie all'innovativa tecnologia Enzyme Power : l'uso di microrganismi benefici (probiotici) , che attivano la produzione di enzimi a contatto con umidità e sporco e scompongono lo sporco, facilitandone il risciacquo e mantenendo il prodotto igienico più a lungo. Questo processo permette una pulizia più efficace ed evita che col tempo i prodotti diventino sgradevoli e poco igienici da utilizzare. La piattaforma Pro Clean si compone di 3 differenti prodotti:

Spugna Classica

Progettata per garantire una pulizia profonda e duratura, grazie al potere enzimatico, la spugna rimane pulita e igienica fino a 2 mesi senza l'uso di sostanze chimiche. Il suo strato abrasivo ad alta densità rimuove lo sporco ostinato, mentre la spugna idrofila sintetica assorbe fino a 5 volte più di una normale.

Abrasivo in Viscosa

Il trattamento con enzimi mantiene la spugna igienica e priva di cattivi odori fino a 2 mesi. Lo strato abrasivo assicura pulizia profonda, mentre la spugna in viscosa naturale assorbe fino a 10 volte più, garantendo un’asciugatura efficace.

Panno in Microfibra

Il panno in 100% microfibra è adatto sia per la pulizia a secco che per l'uso umido su tutte le superfici. La struttura in tessuto intrecciato con asole in microfibra è delicata ma efficace contro lo sporco. Le fibre di alta qualità rimuovono oltre il 99% dei batteri con sola acqua, riducendo l’uso di detergenti. Il prodotto è disponibile da luglio in tutti i canali.

STAMINALIS BEAUTY SPA APRE A MILANO: UN NUOVO TEMPIO DEL BENESSERE TRA SCIENZA VEGETALE E BELLEZZA CONSAPEVOLE

Nel cuore pulsante di Milano, dove i ritmi frenetici scandiscono le giornate e il tempo sembra sempre sfuggire, nasce Staminalis Beauty Spa: un rifugio elegante e rigenerante, pensato per chi desidera ritrovare equilibrio, armonia e benessere senza lasciare la città. Situata in Viale Piave 1 , Staminalis Beauty Spa è molto più di una semplice spa. È un luogo in cui la bellezza viene vissuta con consapevolezza, attraverso un approccio che unisce la forza della natura all’innovazione scientifica, nel pieno rispetto dell’intelligenza cutanea. Alla base di tutto c’è una visione chiara: offrire un’esperienza diversa da quella delle tradizionali spa, dove ogni trattamento non è solo un gesto estetico, ma un atto di cura autentica verso sé stessi. Il payoff del brand, “la bellezza fa bene”, racchiude l’essenza della filosofia Staminalis: il benessere non riguarda solo l’aspetto esteriore, ma è un’armonia profonda tra corpo e mente. Per questo ogni prodotto e ogni trattamento sono pensati per agire in modo rispettoso, mirato, efficace. Staminalis , è un brand italiano emergente di fitoceutica naturale , che utilizza esclusivamente principi attivi di origine vegetale. La sua massima espressione è l’impiego delle cellule staminali vegetali, ingredienti straordinari in grado di stimolare i processi rigenerativi della pelle, migliorandone il tono, la compattezza e la luminosità. Al centro della formulazione ci sono le preziose cellule staminali vegetali estratte da piante con millenarie virtù cosmetiche. Grazie a questi attivi, i trattamenti Staminalis favoriscono il naturale equilibrio cutaneo e contrastano i segni del tempo con delicatezza e rispetto. Staminalis Beauty Spa non è semplicemente un luogo dedicato alla cura dell’aspetto, ma un ambiente intimo e protetto, dove ritrovare equilibrio e benessere profondo. Ogni elemento – dall’atmosfera avvolgente all’accoglienza attenta e su misura – è pensato per offrire un’esperienza personalizzata, autentica e riservata di puro relax. Scegliere Staminalis significa concedersi un momento di connessione con sé stessi, perché la bellezza più vera nasce dalla cura consapevole, dal rispetto dei propri ritmi e dall’ascolto del proprio corpo.

ASC SCEGLIE

CECILIA MORANDINI:

UNA SVOLTA STORICA PER LO SPORT ITALIANO E LA PARITÀ DI GENERE

Maria Cecilia Morandini, avvocato e dirigente sportivo di grande esperienza, è la nuova presidente nazionale di ASC - Attività Sportive Confederate , ente di promozione sportiva che conta 930.000 tesserati in tutto il Paese. È stata eletta, con una larghissima maggioranza, dall’Assemblea straordinaria elettiva nazionale che si è riunita a Roma. È la prima donna chiamata a guidare un ente di promozione sportiva riconosciuto dal Coni . Una svolta epocale per l’intero movimento dello sport italiano. Morandini, che è anche consigliera nazionale del CONI, è una profonda conoscitrice delle dinamiche istituzionali e territoriali dello sport. La sua elezione rappresenta una vittoria per tutte le donne dello sport italiano, per la parità di genere, per la rappresentanza, per il riconoscimento del merito e della competenza femminile. Un atto simbolico, ma al contempo estremamente concreto, che proietta ASC in una nuova fase storica, ponendo al centro una visione coraggiosa, moderna e inclusiva della governance sportiva. ASC, da sempre protagonista nella promozione dello sport a livello nazionale, rilancia dunque il proprio impegno, puntando su una guida autorevole e innovativa, pronta ad affrontare le sfide del nuovo quadriennio. Con questa elezione non si apre un nuovo capitolo soltanto per ASC, ma per l’intero universo dello sport promozionale italiano.

LETIZIA CANTINI NOMINATA AMMINISTRATRICE DELEGATA DI SVICOM: AL VIA UNA NUOVA FASE DI CRESCITA E INNOVAZIONE PROPTECH

Svicom S.p.A. Società Benefit , proptech company leader nei servizi di consulenza per la gestione e la valorizzazione immobiliare, annuncia la nomina di Letizia Cantini ad Amministratrice Delegata , con effetto immediato. Già General Manager e Partner dal 2020, Cantini continuerà a guidare il Gruppo nel percorso di crescita e sviluppo, consolidando il posizionamento di Svicom quale all assets – full service provider, attraverso un modello integrato fondato su innovazione tecnologica, digitalizzazione e valorizzazione del capitale umano. Nel nuovo ruolo sarà responsabile degli sviluppi strategici del Gruppo che, attualmente, gestisce oltre 350 asset su tutto il territorio nazionale , con un team di più di 200 professionisti e professioniste e un fatturato 2024 pari a 20 milioni di euro, in costante crescita negli ultimi esercizi. Sotto la sua guida, Svicom ha ampliato e diversificato il portfolio under management (dal Retail, asset class core del Gruppo, con un’estensione progressiva su tutte le asset class), consolidando la propria leadership attraverso l’adozione di soluzioni proptech avanzate e l’offerta di servizi di consulenza ad alto valore aggiunto. Un approccio fondato sulla piena applicazione dell’Agile method per l’innovazione continua del model organization e su un framework di entrepreneurship diffusa che ha consentito al Gruppo di anticipare e cogliere tempestivamente le evoluzioni del mercato, con un focus costante su efficienza operativa, sostenibilità e valore generato sugli asset gestiti. Letizia Cantini, 44 anni, vanta una solida formazione accademica e una carriera di rilievo in ambito manageriale. Dopo un’esperienza dirigenziale in Unicoop Firenze, dove ha ricoperto i ruoli di Direttore Patrimonio e Direttore Tecnico, diventando la più giovane dirigente del sistema Coop, è entrata in Svicom nel 2018 come Chief Operating Officer, per poi assumere nel 2020 l’incarico di General Manager e Partner. Ricopre altresì il ruolo di CEO delle controllate Svicom Agency e Svicom Gestioni Condominiali.

ALTAGAMMA CONSUMER & RETAIL INSIGHT 2025

Il futuro del lusso: pochi clienti, valore decisivo

A cura della Redazione

La consueta ricerca realizzata da BCG sulle tendenze dei consumatori evidenzia che i clienti di fascia più alta, pur essendo lo 0,1% del totale valgono il 37% del mercato. Privilegiano le esperienze e chiedono ai brand personalizzazione, intimità, eccellenza e una rinnovata attenzione al benessere. Retail in grande evoluzione: nuovi player, multi-brand in crisi o cambiamento e focus su monobrand.

Si è tenuta presso il Centro Congressi di Fondazione Cariplo, a Milano, la undicesima edizione dell’Altagamma Consumer and Retail Insight nel corso della quale è stata illustrata un’analisi qualitativa dei consumatori luxury e dei nuovi trend nel retail.

Dopo l’intervento introduttivo del Presidente di Altagamma, Matteo Lunelli , le evidenze emerse dal True-Luxury Global Consumer Insight ( Filippo Bianchi e Guia Ricci , Boston Consulting Group) e dal Luxury Retail Evolution ( Luca Solca , Bernstein) sono state commentate insieme a Stefania Lazzaroni , Direttrice Generale di Altagamma, da Valeriano Antonioli , CEO di Lungarno Collection, Enrico Galliera , Chief Marketing & Commercial Officer di Ferrari, Luca Lisandroni , CEO di Brunello Cucinelli e Nicolas Luchsinger, CEO di Buccellati.

Il processo di democratizzazione ha generato una crescita straordinaria, con i consumatori aspirazionali che sono arrivati a rappresentare oltre il 74% del valore complessivo del mercato. Questo segmento sta ora mostrando alcune fragilità e, pur rappresentando ancora il 61% del mercato di alta gamma, registra una riduzione di 13 punti percentuali rispetto al 2013. Fra le cause vi è certamente il calo del potere d’acquisto dovuto alla situazione globale di incertezza e alla crisi geopolitica.

I clienti top-tier, con una spesa di oltre 50.000 euro l’anno in beni e servizi di lusso, sono oggi i veri protagonisti del mercato: non solo in categorie come yacht o jet (in cui rappresentano la totalità del segmento) ma in una ampia varietà ampia di acquisti che includono design, vini e distillati, auto, benessere, orologi e gioielli che costituiscono la maggior parte del valore del loro consumo. Con una predilezione per il lusso esperienziale e per il nuovo trend “health as wealth” che considera il benessere, l’estetica e la cura degli spazi personali come dimensioni prioritarie tanto che si prevede un aumento della spesa intorno al 10% nei prossimi 18 mesi.

Emerge, dall’analisi dei consumatori top-tier, ciò che viene richiesto oggi ai brand del lusso: connessione, intimità, eccellenza, riconoscimento.

Uno scenario in trasformazione: il rallentamento dei consumatori

Aspirazionali

Nel 2024, il segmento dei beni personali di lusso ha registrato una contrazione dell’1%, la prima dopo la crisi del 2008 (Covid escluso). Le cause? Un mix di tensioni macroeconomiche, calo della domanda cinese e un marcato ritiro dei consumatori Aspirazionali – coloro che spendono meno di 5.000 euro l’anno in beni e servizi di lusso.

Circa il 35% degli Aspirazionali ha ridotto o sospeso gli acquisti di lusso nell’ultimo anno, con picchi del 45% in Cina e del circa 30% in Europa e Stati Uniti. Le principali ragioni sono l’aumento dei prezzi percepiti come ingiustificati, una minore percezione di valore e maggiore cautela finanziaria. Questo segmento, un tempo motore della democratizzazione del lusso, rappresenta oggi il 61% del mercato, in calo di 13 punti percentuali rispetto al 2013 (74%).

I clienti top-tier : pochi ma determinanti I veri protagonisti della ripresa sono i consumatori top-tier, definiti come coloro che spendono oltre 50.000 euro l’anno in beni e servizi di lusso. La loro spesa media annua nel lusso è di 360.000 euro su categorie di usso personale, ospitalità, design, vini e distillati, e di 500.000 euro includendo anche auto di lusso e benessere/longevità. Rappresentano appena lo 0,1% della clientela globale, ma generano oltre il 37% della spesa complessiva del mercato del lusso (23% se si escludono le categorie mobilità di lusso, benessere e longevità). Questi clienti non solo detengono

il 100% del valore di mercato di categorie come yachts/jets, ma una quota di mercato particolarmente rilevante in settori come il design e arte (71%), i vini e distillati (66%) e i beni iconici del lusso personale come gioielli e orologi (34%).

Nel nuovo contesto post-pandemico e post-democratizzazione, questi clienti guidano la crescita soprattutto in categorie ad alto contenuto esperienziale: design, arte, benessere/longevità, enogastronomia, hotellerie, auto di lusso. Non a caso, le categorie con maggiore slancio futuro sono quelle legate alla visione “healthas-wealth”, che integra estetica, benessere e valore personale, per cui è previsto un aumento della spesa del 10% nei prossimi 18 mesi.

Nuove geografie e nuovi comportamenti Lo studio evidenzia che la ricchezza globale sta crescendo e si sta diversificando: mentre il Nord America resta il baricentro degli HNWI (High Net Worth Individual), si affermano nuovi bacini in India e Sud-est asiatico. La popolazione HNWI globale ha superato i 940.000 individui e si prevede una crescita di questo target con un CAGR del 9% in termini di numero e dell’8% in termini di patrimonio entro il 2030.

I clienti top-tier non si distinguono solo per capacità di spesa, ma anche per aspettative: richiedono connessione personale, intimità, eccellenza artigianale e riconoscimento. Tuttavia, molti non si sentono adeguatamente serviti. Il 60% si dichiara sopraffatto da comunicazioni eccessive e impersonali, l’80% chiede spazi esclusivi e riservati in boutique e solo due dei nove brand presso cui acquistano abitualmente li riconoscono come clienti

ad alto potenziale. Il 70% dei potenziali clienti, infatti, non viene intercettato dalle aziende a causa di sistemi CRM e segmentazioni non abbastanza sofisticate.

Ricominciare dal “core”

Lo studio invita i brand a ricentrarsi sul “core”: il futuro del lusso si costruisce partendo dalle origini, mettendo i clienti top-tier al centro. Non è tempo di rincorrere il volume, ma di riscoprire la precisione, la relazione e la personalizzazione. I brand che sapranno ricentrare la propria strategia sul consumatore core del lusso e le sue esigenze saranno quelli che guideranno il nuovo corso del settore.

Definire e offrire valore per il cliente top-tier: quattro principi fondamentali per i brand

Per conquistare i clienti di fascia alta, le aziende devono puntare su quattro principi fondamentali spesso trascurati, ognuno legato a punti critici comuni e azioni concrete:

• Rimettere al centro la relazione diretta con il cliente, guidata dal client Advisor ma potenziata da GenAI

Problema: Comunicazioni generiche, non personalizzate e troppo numerose.

Azione: Favorire il clienteling guidato dall’interazione umana, potenziato dalla GenAI, per offrire una personalizzazione su larga scala.

• Rimettere al centro l’esperienza del cliente

Problema: Ambienti di vendita impersonali e sovraffollati.

Azione: Realizzare spazi esclusivi e curati, offrendo esperienze fluide e coerenti attraverso tutti i canali, anche fuori dalla boutique

• Rimettere al centro la qualità del prodotto

Problema: Erosione del valore percepito dovuta all’industrializzazione del lusso.

Azione: Integrare verticalmente i fornitori chiave per garantire eccellenza e artigianalità.

• Rimettere al centro l’identificazione del cliente

Problema: Clienti ad alto potenziale non intercettati causa di una segmentazione obsoleta o mono-variabile basata sulla spesa.

Azione: Sofisticare i sistemi CRM con dati “enriched” e modelli di segmentazione avanzati.

Lo studio Reinventing multi-brand retail, indaga l’evoluzione e le prospettive delle strategie retail delle imprese di alta gamma. Il retail monomarca ha conosciuto, a partire dal 2010, un impetuoso sviluppo: la sua crescita si è concretizzata in negozi di dimensioni sempre maggiori, differenti tra città e città, e più strettamente coerenti con il DNA del marchio. La distribuzione online non ha cambiato questa tendenza, con i grandi marchi che dominano internet con i loro siti brand.com.

Diversa la traiettoria di sviluppo del multimarca, al centro dell’edizione di quest’anno dello studio, che esplora questo canale ed individua alcuni possibili attori protagonisti per estrarne valore.

I multimarca tradizionali – grandi magazzini e boutique indipendenti – stanno vivendo con ogni evidenza un declino speculare alla crescita in potenza del retail mono-marca, in particolare se il focus di analisi è rivolto ad abbigliamento ed accessori. I marketplaces online sono arrivati con grandi ambizioni, ma nella gran parte dei casi hanno dato esiti fallimentari.

Il risultato è che la scelta per i consumatori si è molto ridotta, così come i canali distributivi disponibili per marchi più piccoli senza la forza di sostenere una presenza retail mono-marca. Internet non risolve il problema, perché se è facile trovare brand conosciuti, è molto difficile scoprire qualcosa che invece non si conosce. La partita per reinventare il retail multimarca abbigliamento è aperta. Ci sono i players tradizionali che tentano di migliorare il formato “department store” tradizionale – molto interessante in questo ambito il nuovo negozio di Seibu Ikebukuro, così come Maxwell’s negli USA. Ci sono i mass fashion players – come Inditex – che stanno con successo espandendosi nel segmento premium. Ci sono infine nuovi players – giganti internet come Google o Amazon – che ciascuno a suo modo sta cercando una via. Molto interessante l’ibrido Amazon + Saks. Senza dimenticarsi dei grandi mass marketers online cinesi, come Shein o Temu.

Tra le evidenze emerse dallo studio:

Il declino del retail multibrand tradizionale

• I grandi magazzini statunitensi si sono consolidati e ridotti

• Le boutique indipendenti europee hanno limitato il loro raggio d’azione

• Anche i grandi magazzini giapponesi hanno dovuto cambiare strategia

Le formule tradizionali di department store e boutique multibrand, sia in Occidente che in Giappone, si trovano in difficoltà strutturale, nonostante la presenza in location ad alto traffico.

I modelli digitali non hanno retto la sfida

• Le piattaforme online multibrand non sono riuscite a costruire modelli sostenibili

• I piani di Farfetch per dominare il mercato sono falliti

I tentativi di piattaforme digitali “neutrali” come Farfetch o altri marketplace generalisti non hanno costruito modelli sostenibili né per i retailer né per i brand.

L’ascesa del monobrand ha ridotto l’offerta di fascia media

• La diffusione dei negozi monomarca ha ridotto la scelta per i consumatori di fascia media

• I brand di fascia media faticano a scalare con un modello monomarca

• I marchi specialistici di fascia media appaiono promettenti all’inizio, ma diventano presto banali

La polarizzazione tra lusso e fast fashion ha eroso lo spazio per marchi intermedi, che non riescono a scalare né a difendere la propria distintività.

Eccezioni e “category killers”

I campioni della categoria multibrand continuano a prevalere in altri segmenti...

• nella cosmetica (es. Sephora, Ulta)

• nell’occhialeria (es. EssilorLuxottica)

• nell’orologeria (es. Rolex/Bucherer)

• nella calzatura (es. Level Shoes)

In alcune categorie specifiche, modelli multibrand iperspecializzati hanno prosperato grazie a forti economie di scala, consolidamento e competenze di categoria.

Chi potrebbe plasmare il futuro del retail multibrand?

• Attori già affermati con una specializzazione nell’abbigliamento maschile

• Grandi magazzini giapponesi con un nuovo approccio espositivo

• Retailer fast fashion con potenziale per salire di fascia (es. Zara, Shein, Temu)

• I giganti del web (Google, ChatGPT)

• Retailer ibridi fisico-digitale (es. Saks, Rebag, Amazon)

Il futuro del retail multibrand potrebbe essere guidato da attori ibridi, big tech, nuovi formati dipartimentali o retailer fast fashion che scalano verso l’alto.

ANDREA DELLA VALLE

Fay: dalle origini workwear all’eleganza contemporanea

A cura di Christian Gaston Illan e Luca Sardi

ANDREA DELLA VALLE

Andrea Della Valle è nato a Sant’Elpidio a Mare (AP) il 26 settembre 1965 ed ha terminato gli studi secondari nel 1984. Entrato subito in azienda, ha iniziato la sua formazione e preparazione negli USA dove ha vissuto per diversi anni con funzioni di coordinamento delle attività di penetrazione del mercato americano. Si è occupato dell’apertura del primo “flagship store” a New York. Successivamente ha iniziato a condividere con Diego Della Valle la responsabilità della supervisione dell’operatività aziendale.

Ricopre la carica di amministratore unico in diverse società del gruppo, è Amministratore Delegato di Tod’s SpA e Vicepresidente del Consiglio di Amministrazione della Società.

La storia del brand nasce nei primi Anni Ottanta, negli Stati Uniti, quando Diego e Andrea Della Valle scoprono le giacche da lavoro indossate dai pompieri del Maine. Intuendone il potenziale, rilevano il marchio Fay, specializzato in abbigliamento tecnico per pescatori e vigili del fuoco, introducendolo in Italia con un’idea precisa: prestare il workwear all’uso urbano. La giacca da lavoro diventa quindi un eccellente capo cittadino, elevandosi velocemente ad oggetto cult nelle capitali internazionali: il "4 Ganci Fay". Un giaccone iconico, costantemente reinterpretato e accompagnato da una linea di abbigliamento, capispalla in particolare, che si distingue per il trattamento tecnico dei tessuti, il culto dei dettagli e l’estrema funzionalità dei capi.

Fortemente legato alla tradizione e all’eleganza senza tempo,

oggi Fay continua a comunicarne l’essenza, combinando materiali innovativi e caratteristiche senza tempo dell’autentico outerwear italiano: stile, eccellenza e versatilità.

Nel 2019 inizia il viaggio negli Archivi del brand, alla scoperta dell’incontro tra lo spirito autentico del workwear americano e l’innato gusto italiano: Fay Archive riparte dal DNA di Fay, celebrandone le origini e allargandole alle esigenze di avventura a tutto campo, dalla città ai grandi spazi aperti.

Nasce così un’edizione in chiave contemporanea del glorioso "4 Ganci Fay", che introduce nuovi capitoli di una storia ricca di capi versatili da indossare a lungo, icone senza tempo, libere dal susseguirsi delle stagioni e delle mode. Possedere un Fay Archive significa esprimere un’attitudine outdoor sempre attuale.

Andrea Della Valle

A seguito della celebrazione dei 25 anni del DOUBLE COATorganizzata durante la Fashion Week di gennaio 2025 con un allestimento museale all’interno degli spazi FAY di via Savona a Milano - il marchio d’origine americana (ma caratterizzato dalla forte attitudine italiana) continua nel racconto dei propri capi iconici con un progetto a tappe affidato al fotografo Michael Avedon, nipote del leggendario Richard, e a James Dylan, nipote del cantautore premio Nobel Bob Dylan ed Editor della neonata rivista newyorkese BREACH.

Dopo il Double Coat, ecco il trench MORNING protagonista della prima tappa del progetto: un lavoro che si focalizza su alcuni nomi di spicco nel mondo della musica e dell'arte newyorkese.

In una città alle prime luci dell’alba il musicista Levy Dylan, fratello di James, ed Eliot Sumner, musicista (attore e figlio di Sting e Trudie Styler) sono fotografati in ritratti singoli insieme ad altri artisti emergenti della “città che non dorme mai”: Donald Cumming (attore e musicista, voce della band The Virgins), LA Bahta (artista concettuale e musicista), Johnny Donohoe (vero e proprio “animale newyorkese” e voce solista della band Comatosed), Barron Claiborne (fotografo e direttore della fotografia, già assistente di Richard Avedon e Irving Penn) e Perla Haney-Jardine (attrice, conosciuta per il suo ruolo in Kill Bill Volume 2 dove interpretava B.B.).

La seconda tappa del progetto si concentra invece sul lifestyle e su uno dei punti di forza della filosofia FAY: la DOUBLE LIFE , intesa come la “doppia anima” che alberga in ciascuno di noi. Vita professionale e vita privata, doveri e piaceri, relax e divertimento, dentro e fuori dalle regole.

In questo caso i protagonisti ritratti sono Matthew Avedon (chitarrista jazz e fratello del fotografo Michael), Duke Nicholson (attore e nipote del due volte vincitore del premio Oscar Jack Nicholson), Marlon Sexton (attore, modello e musicista). Come protagoniste femminili troviamo Dree Hemingway, attrice e modella americana, nipote del celebre scrittore Ernest Hemingway, Ella Richards , modella dallo sguardo algido e riconosciuta come una delle ragazze più cool del jet set londinese e Danielle Mareka , modella newyorkese e creativa sempre a sostegno dell’equità di genere.

L’obiettivo è quello di celebrare alcuni fra i capi più rappresentativi del brand dal Double coat alla double jacket fino al cappotto Virginia: quest’ultimo, caposaldo del guardaroba femminile da oltre 15 anni ed indossato da decine di celebrities internazionali, acquista in questi scatti una nuova freschezza, grazie anche alle due nuovissime versioni “3 ganci”. Un progetto che va a sottolineare la versatilità e l'innovazione che da sempre contraddistinguono il marchio FAY.

Durante la sera di presentazione del progetto ICONICS abbiamo posto qualche domanda al Signor Andrea Della Valle chiedendogli della collaborazione tra Fay e questa mostra per Milano Fashion Week 2025.

“Più che una collaborazione, è un progetto ideato da questi

giovani ragazzi, ma soprattutto dal fotografo Avedon, che ha raggruppato una generazione di talenti in un viaggio ipotetico tra New York, Los Angeles, Londra e Milano, coinvolgendo anche ragazzi italiani. Tutti loro hanno una grande personalità e hanno reinterpretato la celebrazione di capi iconici che hanno fatto la storia di questo marchio negli ultimi 35 anni”.

Per ultimo gli abbiamo chiesto se la fotografia trasmette tantissime emozioni.

“Sì, la fotografia è creatività. La fotografia ti fa sognare: è un’immagine, un’ispirazione per tante cose. È un mondo che ha molte similitudini con il nostro modo di creare e realizzare.”

La mostra di ritratti del trentatreenne fotografo statunitense

Michael Avedon ideata in collaborazione con James Dylan , 26 anni, direttore e fondatore della rivista americana indipendente BREACH

L’esibizione, che ha visto in mostra un totale di 40 ritratti , riassume la collaborazione lunga oltre un anno tra FAY e Michael Avedon , tesa a interpretare i capi iconici del brand: “Morning Jacket”, “Double Coat” e “Virginia”. Il progetto, dedicato inizialmente al trench Morning (mattino, tradotto in italiano) si è sviluppato grazie ai ritratti che Michael Avedon ha scattato alle prime luci dell’alba tra le strade di New York, per raccontare l’attitudine di personaggi emergenti (e non)

del mondo dell’arte newyorkese come l’attore e modello Levy Dylan (fratello di James) e il musicista Eliot Sumner (figlio di Sting e Trudie Styler). Altri interpreti del “Morning” presenti in mostra sono l’attore e musicista Donald Cumming , l’artista e musicista A.L. Batha e il direttore della fotografia (che in passato ha lavorato per mostri sacri dell’immagine come Irving Penn e Richard Avedon) Barron Claiborne . Infine, sempre a NY, Avedon ha ritratto l’attrice Perla Haney-Jardine , interprete per Quentin Tarantino in Kill Bill 2.

Il lavoro è poi proseguito tra Los Angeles, Londra e Milano, dedicando l’attenzione su altri due capi iconici del brand, il Double Coat e il Virginia .

La prima parte – realizzati tra LA e Londra – ha visto protagonista la cerchia di amici e di artisti di Avedon, come l’attore Duke Nicholson (nipote di Jack Nicholson), la modella e attrice Dree Hemingway (nipote del celebre autore di Fiesta), l’attore e chitarrista jazz Matthew Avedon , l’imprenditrice e modella Danielle Mareka e il creative-director Marlon Sexton

Per la parte finale del progetto, realizzata a Milano, Michael Avedon ha scelto di ritrarre la giovane attrice italiana Gala Zohar Martinucci , l’artista Edoardo Dionea Cicconi , l’imprenditore Francesco Conforti e la modella Meika Woollard .

Con questo progetto FAY conferma ulteriormente il proprio impegno nel sostenere giovani talenti creativi internazionali che si muovano tra fotografia, cinema, arte e design.

MICHAEL AVEDON

Michael Avedon vive a New York, dove si è diplomato all’International Center of Photography. Il suo scatto per la copertina del New York Magazine “72 Years of School Shootings” del 2018, è stato riconosciuto come uno dei più importanti lavori di fotogiornalismo dell’anno ed è stato premiato con il premio Best Cover Photography of the Year dalla Society of Publication Designers. L’eredità artistica di suo nonno Richard Avedon ha contribuito in maniera importante per lo sviluppo dei suoi interessi, che vanno dalla moda alla sociologia, dal ritratto al lifestyle. Il lavoro di Avedon è stato anche fortemente influenzato dal nonno materno, il Senatore newyorkese Daniel Patrick Moynihan, uno dei grandi politici e intellettuali americani del XX secolo.

Michael Avedon
Lennon Gallagher
Levi Dylan
Anna Dello Russo

VALERIA VERGA: IL TEMPO DEL CAMBIAMENTO

A cura di Christian Gaston Illan La visione di una donna che rinnova

Beesness Magazine esplora spesso il legame tra legacy e leadership contemporanea. Come ha vissuto il passaggio da erede a protagonista attiva all’interno di un marchio iconico come Luigi Verga Orologi? Fino all’anno scorso, quando ancora papà era con noi, vivevo la situazione con più serenità. Malgrado lui non si intromettesse nelle mie scelte o nel mio percorso lavorativo, per me era comunque un sostegno, sia dal punto di vista psicologico che morale. Sapevo che qualsiasi dubbio o preoccupazione l’avrei potuta discutere con lui, per prendere una decisione condivisa nel rispetto e nella corretta gestione della mia attività. Non solo era il mio papà, ma anche una figura di riferimento per il nostro ambiente, un’enciclopedia della storia di settore.

Oggi posso dire di trovarmi spesso a pensare di essere diventata grande. Quelli che erano i pilastri ai quali sapevo di potermi aggrappare hanno iniziato a venire meno, e le responsabilità che già precedentemente avevo hanno iniziato a farsi sentire maggiormente. Essere Presidente di un’azienda storica come la nostra è un grande privilegio, ma anche una grande responsabilità. Sono orgogliosa di essere arrivata fin qui e, indubbiamente, di strada ne abbiamo sempre da fare. Migliorarsi e continuare a fornire servizi dedicati al cliente sono tra i nostri capisaldi. Dimostrare prima di tutto a me stessa che la fiducia riposta nelle mie competenze

sia stata ben ripagata è sicuramente una delle mie priorità. Insieme al mio staff, l’obiettivo è far crescere sempre di più la nostra società, radicandola se possibile ancor più in quella che è la nostra città e nel cuore delle persone e dei clienti che hanno sempre creduto in noi e nella nostra serietà professionale e personale. Credo moltissimo nel rapporto umano che si viene ad instaurare con le persone, un insegnamento che ho nel DNA e di cui vado fiera. Senza di esso, indipendentemente da tutto, credo non si possa crescere. La tradizione familiare e l’eredità che tutto questo comporta è estremamente importante per me e sarò orgogliosa se un giorno somiglierò a chi mi ha dato fiducia e ha creduto in me: il mio papà.

Quali logiche di posizionamento guidano oggi le vostre partnership strategiche?

Le nostre partnership, ad oggi, se escludiamo ovviamente i marchi storici che sono con noi fin dal nostro inizio, ci portano a guardare oltre rispetto ai nomi blasonati che non hanno bisogno di riconoscimenti o menzioni proprio perché radicati nella mente e nel cuore del pubblico appassionato di orologeria. Per questo abbiamo scelto di porre accanto a loro nomi di artigiani indipendenti che hanno desiderio di farsi conoscere da un pubblico già estremamente informato e culturalmente preparato nell’ambito dei segnatempo, crediamo fortemente nel valore di chi con coraggio e visione, crea

orologi di grande qualità, tecnica ed estetica.

In loro riponiamo la nostra fiducia che viene ricambiata con impegno e autenticità. Le strategie che mettiamo in atto, a partire dall’attenta selezione dei nostri partner, restano pienamente coerenti con il nostro posizionamento con l’obiettivo primario di assecondare le aspettative del nostro pubblico di riferimento: appassionati, collezionisti, intenditori ed estimatori dell’alta orologeria.

Ci rivolgiamo a chi ricerca non solo il prestigio del marchio, ma anche l’eccellenza della manifattura, la raffinatezza dei movimenti, l’innovazione tecnica e l’unicità stilistica.

Il nostro ruolo è proprio quello di raccontare storie, tecnologie e sogni attraverso i loro orologi.

Siamo noi come venditori, a dover accendere la curiosità e la passione di chi si avvicina a nuovi mondi, offrendo chiavi di lettura, emozioni e contenuti capaci di coinvolgere chi ci ascolta.

Il valore del tempo è centrale nell’orologeria, ma anche nella costruzione del brand. Come riuscite a rinnovare l’identità di

Luigi Verga Orologi restando fedeli alla sua tradizione artigianale? Il nostro Heritage rappresenta il punto di partenza imprescindibile, il fondamento su cui costruiamo ogni evoluzione. È proprio grazie alla solidità della nostra identità storica che possiamo permetterci di guardare avanti con visione e creatività. Per noi innovare non significa abbandonare le radici: al contrario, significa dare nuova voce alla tradizione, valorizzandola attraverso linguaggi e strumenti attuali.

In questo percorso, una delle nostre missioni principali è offrire servizi sempre più attenti e personalizzati, capaci di coinvolgere il cliente a 360 gradi. Organizziamo iniziative ed esperienze che parlano non solo di orologeria, ma anche di arte, cultura, design e savoir-faire, creando connessioni autentiche tra mondi diversi ma affini. Crediamo che ampliare l’orizzonte culturale e stimolare la curiosità del nostro pubblico sia fondamentale per mantenere viva una relazione autentica e duratura.

Sto anche cercando di imprimere al negozio un’identità più personale, portando la mia visione, la mia sensibilità e – perché no – anche un tocco di stile più audace e femminile, sempre

Valeria e Valerio Verga

nel rispetto della professionalità e della storia del nostro marchio. Heritage e innovazione, nella nostra realtà, non sono in opposizione: viaggiano insieme. La nostra tradizione artigianale continua a essere il cuore pulsante della nostra attività, ed è proprio da essa che nasce la spinta ad evolverci e a costruire il futuro del brand Luigi Verga Orologi.

In un’epoca in cui il retail vive continue trasformazioni, cosa rende l’esperienza di acquisto da Luigi Verga Orologi qualcosa di memorabile e personale?

Per chi si avvicina alla boutique in corso Vercelli, che siano clienti storici o nuovi, cerchiamo di far vivere un’esperienza completa, non solo mostrando e raccontando le caratteristiche e la storia dei segnatempo di cui hanno curiosità o desiderio di acquisto: la nostra volontà è farli sentire accolti e a casa. Trovare la giusta chiave di lettura per poter entrare in empatia con chi ci è seduto di fronte per noi è estremamente importante, ci permette di comprendere al meglio le esigenze del cliente e di instaurare un rapporto basato sulla fiducia che in futuro potrebbe diventare duraturo. Chi decide di farci visita deve sentirsi accolto e coccolato, indipendentemente dalla sua intenzione di acquisto.

La sua figura rappresenta una delle eccellenze femminili nel mondo dell’orologeria. In che modo la sua sensibilità ha arricchito il modello di business dell’azienda?

Ho passato tutta la vita in mezzo a meccanismi di precisione: da piccola indirettamente, e una volta cresciuta immergendomi in quello che poi è diventato il mio mondo. Non saprei dare una risposta precisa alla sua domanda. Porto dentro un’eredità insegnatami fin in giovane età, ascoltando i racconti e le conversazioni di mio papà e non solo. Questo ha influito molto nella mia visione d’insieme. Ho cercato di fare mio tutto ciò che ritengo abbia importanza professionalmente e personalmente. Se mi permette una battuta, ho portato sicuramente una ventata di colore e stravaganza in un ambiente che molti associano a stereotipi, serietà e conformismo.

Forse quel qualcosa in più potrebbe essere dato da una visione e interpretazione femminile che, in alcuni aspetti, differisce da quella maschile. Non spetta a me dire in cosa posso aver arricchito il mio modello di business. Penso lo si dovrebbe chiedere a chi lavora a stretto contatto con me o ai tanti clienti che si sono affezionati, diventando anche amici e parte della famiglia di corso Vercelli.

Qual è il valore del radicamento territoriale nel dialogo con una clientela sempre più internazionale? E quanto conta, oggi, essere “storici ma dinamici”?

Per me radicamento significa porre delle basi solide ma non per questo rimanere fermi.

Come un albero che affonda le proprie radici nella terra ma si espande verso l’alto con rami e fronde, così immagino la mia

Luigi Verga Milano

boutique: profondamente legata a un territorio, ma capace di crescere, aprirsi e dialogare con mondi diversi.

Corso Vercelli è parte della nostra identità, un quartiere residenziale che conosco e amo, ricco di storia, cultura e luoghi legati alle belle arti di inestimabile valore. Questo contesto ci permette di costruire relazioni autentiche con chi vive quotidianamente Milano, ma anche con chi arriva da lontano.

Negli ultimi anni, sto osservando con piacere un crescente interesse da parte di una clientela internazionale, che sceglie di uscire dal circuito più turistico per scoprire realtà diverse, più intime, più vere. Il nostro compito è accogliere chi entra, offrendo un’esperienza che va oltre l’acquisto: un incontro fatto di ascolto, conoscenza e passione; ed è proprio in questa capacità di unire il senso del luogo con l’apertura al mondo che si gioca oggi il nostro dinamismo.

Essere “storici ma dinamici” significa rimanere fedeli alla nostra identità ma anche metterci in discussione. Non servono rivoluzioni forzate: come un corso d’acqua il nostro movimento è continuo ma armonico, sempre in cerca di nuove strade per coinvolgere, emozionare e far sentire ogni cliente parte di qualcosa di speciale.

Dal contatto umano in boutique alla narrazione online. Come state integrando l’esperienza fisica con l’universo digitale senza perdere la centralità della relazione?

Sono nata in un’epoca in cui il digitale si stava appena affacciando nelle nostre vite, per me rappresenta tutt’ora una sfida interessante e continua: quella di fare dialogare due mondi senza che uno snaturi l’altro. Personalmente, sono una donna da contatto umano, da ascolto diretto, da relazione costruita nel tempo; oggi riconosco quanto sia fondamentale affiancare a questo approccio anche una comunicazione efficace.

In un’era dove tutto ormai è digitalizzato e basta premere un tasto del cellulare o della tastiera di un pc per trovare tutto ciò che cerchiamo, ho bisogno di qualcuno che con la freschezza della gioventù e nuove idee possa creare qualcosa di non banale e capace comunque di trasmettere emozioni attraverso nuovi strumenti. Per questo ho introdotto in azienda nuove figure specializzate e preparate e giovani da formare.

L’obiettivo è chiaro: non semplicemente comunicare online, ma raccontare chi siamo attraverso uno storytelling che pone al centro della narrazione la nostra identità, la nostra storia, i nostri valori. Credo che il racconto sia uno strumento potentissimo, oggi più che mai; attraverso uno schermo è possibile trasmettere emozioni, accendere curiosità, creare connessioni.

Cosa c’è di più affascinante di poter raccontare la mia storia, quella della boutique, del marchio Luigi Verga Orologi, permettendo di avvicinare chi desidera conoscerci, sceglierci ma che per svariati motivi non può muoversi da dove si trova? Il digitale non è un’alternativa al fisico, ma un suo naturale prolungamento.

Cosa dobbiamo aspettarci, nei prossimi anni, dal mondo dell’alta orologeria? E qual è la sua personale definizione di “tempo ben speso”?

In un periodo storico come quello che stiamo vivendo oggi non è facile fare previsioni sul futuro, personalmente mi aspetto sempre molto, sono certa che il mondo orologiero abbia ancora molto da poter raccontare creare e mostrare, sono curiosa di vedere cosa ci riserverà il futuro con sguardo sempre positivo e speranzoso. Tempo ben speso... Potrei avere più di una definizione. Sicuramente, il tempo che si passa con le persone che amiamo e con chi ci aiuta a crescere interiormente. Anche il tempo che siamo disposti a dedicare a noi stessi è molto importante, perché se non si trova un proprio equilibrio e si consumano tutte le proprie energie senza mai fermarsi per guardarsi dentro, corriamo il rischio di consumarci come una candela: piano piano, senza poi avere le forze di dare di più. Io amo perdermi nella natura, sedermi sotto le fronde di un albero o in riva al mare a meditare in silenzio, ascoltando i suoni della stessa. Mi aiuta a ricaricare mente e corpo, proprio come un meccanismo di precisione riprende il proprio fluire dopo essere stato ricaricato.

VERONICA SGARIGLIA FERRARI

Quando l’abito diventa potere, identità, visione

A cura di Christian Gaston Illan

Come nasce la tua passione per la moda?

La mia avventura è iniziata in un mondo che, per molto tempo, è stato dominato dagli uomini: l’alta sartoria maschile. Ho lavorato per oltre undici anni in questo settore, imparando ogni segreto dell’eccellenza su misura. Ma proprio da questa esperienza è nata la mia spinta più profonda: creare uno spazio in cui anche le donne potessero vivere il potere trasformativo della sartoria. Oggi, con il mio brand, non vendo semplicemente abiti. Creo armature su misura per donne che vogliono sentirsi invincibili in qualsiasi contesto. La mia visione imprenditoriale si è evoluta verso un concetto di empowerment femminile attraverso l’estetica, la personalizzazione e l’artigianalità più autentica.

Che caratteristiche deve avere un capo sartoriale secondo i tuoi parametri?

Nel mio caso parliamo di un lusso consapevole, non accessibile a chiunque in termini di prezzo, ma in termini di esperienza e valore percepito. Ogni tessuto viene selezionato personalmente da me, collaborando con i migliori lanifici italiani ed inglesi. Il mio obiettivo non è ridurre i costi, ma ottimizzare ogni passaggio: dalla filiera corta alla produzione esclusivamente su richiesta,

eliminando sprechi e logiche industriali. Questo mi consente di offrire un capo davvero unico, che vale ogni centesimo del suo prezzo.

Come nascono le tue creazioni? Da dove prendi ispirazione? Essendo un brand sartoriale, ogni capo nasce dall’ascolto diretto delle clienti. Analizzo le loro esigenze, i contesti d’uso e i momenti in cui vogliono sentirsi più forti. Se un capo non contribuisce a rafforzare la loro identità, non ha motivo di esistere nel mio universo.

In questo momento, sto investendo principalmente sul tailoring femminile di lusso, che rappresenta il cuore del brand, ma vedo grande potenziale nell’espansione verso accessori su misura e capi versatili da viaggio.

Che richeste ricevi dalle tue clienti?

Ogni appuntamento è un dialogo profondo con la cliente. Non esiste alcuna interazione automatizzata nel mio metodo. Le donne che si rivolgono a me non cercano un capo, ma una dichiarazione di identità.

Queste consulenze 1:1 creano un legame umano e profondo.

Ogni dettaglio viene studiato in base alla persona che ho davanti. Questo livello di personalizzazione è ciò che trasforma una prima vendita in una relazione di lungo termine, basata sulla fiducia e sulla stima reciproca.

Come ti rapporti al mondo dei social? Come li usi?

I social sono la mia vetrina digitale, ma anche il mio manifesto valoriale. Attraverso Instagram e TikTok racconto non solo i capi, ma la visione di donna che il mio brand vuole sostenere: indipendente, autorevole, inarrestabile.

Uso uno storytelling autentico, alternando momenti di lavorazione artigianale, trasformazioni reali delle clienti, e riflessioni provocatorie su moda e potere femminile. Questo approccio genera un engagement organico e altamente qualificato. Non cerco follower: cerco connessioni vere.

Dopo la creazione di un capo come gestisci il suo aspetto logistico?

Il mio approccio è estremamente sartoriale anche nella logistica: ogni ordine è seguito personalmente, con una cura quasi maniacale.

Dalla confezione ai tempi di consegna, tutto deve rispecchiare l’esperienza di lusso.

Le sfide non mancano, specialmente su dogane e tempistiche internazionali, ma le superiamo con una rete di partner affidabili e una gestione diretta delle comunicazioni con le clienti, che sanno di potersi fidare della nostra presenza costante, anche da remoto.

Da qui a 5 anni come immagini l’espansione del tuo brand?

Il mio obiettivo è chiaro: posizionare il brand come riferimento europeo della sartoria su misura per donne di potere. Nei prossimi anni vedo l’apertura di uno showroom esperienziale in una capitale strategica, oltre a collaborazioni selezionate con realtà internazionali che condividano i nostri valori. Non cerco crescita a tutti i costi, ma espansione autentica, coerente con l’identità profonda del brand.

Ogni scelta futura sarà guidata da un’unica domanda: “Questa donna, indossando il mio capo, si sentirà più potente?”

ELENÌ ATELIER PORTO ROTONDO

La visione poetica e sostenibile

dietro le creazioni

A cura di Christian Gaston Illan

Elenì Atelier è molto più di un marchio: è un progetto artistico che unisce moda, natura e ricerca del benessere. Fondato da Elena Marocchi, designer con una solida formazione tra l’Accademia di Belle Arti di Venezia e Milano, l’Atelier propone abiti e accessori che nascono da fibre naturali e pigmenti vegetali, trasformando la sostenibilità in un linguaggio estetico e sensoriale. Ogni collezione racconta un viaggio, tra tessuti che rispettano l’ambiente e creazioni che vogliono trasmettere armonia a chi le indossa.

In questa intervista Elena ci accompagna dentro la sua visione di moda come arte da vivere, tra autenticità, artigianato e futuro sostenibile.

Lei ha una formazione artistica importante, dall’Accademia di Venezia al Teatro della Moda di Milano. In che modo questo percorso ha influenzato il suo stile e la visione di Elenì Atelier? La formazione che lei ha citato è solo parziale. Io amo studiare e approfondire continuamente. Ho seguito un corso professionale anche all’Accademia del Lusso a Milano e continuo a formarmi con Maria De Fornasari, mia maestra da sempre. Coltivo la mia passione con continue ricerche e sperimentazioni. È la parte

del mio lavoro che mi affascina di più. A 5 anni dalla fondazione del mio brand il mio cammino si restringe sempre di più su capi unici artistici, tanto che da qui è naturalmente nata la collezione -OltRE-. È in questa collezione che mi esprimo al meglio: ogni abito o accessorio diventa una libera espressione della mia creatività e si svincola da schemi e regole precostituiti.

I suoi abiti nascono da fibre naturali come bamboo, canapa, loto, mohair, seta o ortica. Perché ha scelto proprio questi materiali e che tipo di sensazione vuole trasmettere a chi li indossa?

La mia vita è sempre stata ispirata dalla natura. Durante il Covid ho avuto una reazione allergica a causa di un underwear in cotone, tinto però con pigmenti sintetici. Questo fatto è sicuramente stato decisivo. La mia prima collezione, infatti, è nata proprio in quei mesi. Chiusa nella mia camera da letto ho creato le basi non solo della prima, ma di tutte le collezioni successive. Mi sono detta. “Cosa vorrei avere nella valigia per una vacanza da sogno nella mia amata Porto Rotondo?” Sicuramente tessuti naturali, alcuni delicati e impalpabili, come la seta, l’ortica, il bamboo, il cachemire e seta, il mohair e seta, altri più consistenti ma morbidi, come la canapa e il loto, ognuno con importanti proprietà

terapeutiche. L’anno scorso ho inserito due nuove fibre: i Jersey in aloe vera e in alga+legno di eucalipto. Cosa voglio trasmettere a chi li indossa? Spero quello che provo io: benessere, leggerezza, sensualità, bellezza.

Nelle sue collezioni i colori non sono solo estetica, ma portano con sé radici naturali e simboliche, come indaco o robbia. Quanto conta per lei il legame tra pigmento, emozione e design?

L’armonia dei colori è parte fondamentale della mia estetica. Amo creare outfit monocromatici. Con il pigmento vegetale di un medesimo colore su diverse fibre naturali posso ottenere moltissime tonalità. In questo modo posso creare giochi di sfumature e sovrapposizioni di tessuti.

Oggi la parola “sostenibilità” è molto usata. Qual è per lei la differenza tra un approccio autentico e uno solo di marketing?

La sostenibilità è un obiettivo che va continuamente perseguito, non solo nella creazione di una collezione. È reale quando diventa uno stile di vita. Il mio brand è nato al 100% con questo concetto. Per il mio stile di vita avevo bisogno di creare una collezione naturale di alta gamma, iniziando un cambio culturale che arriverà anche ai consumatori più sofisticati. Quando si fa per marketing manca di anima e in conseguenza di continuità. Sono felice che adesso i grandi marchi stiano cominciando a portare avanti questo concetto spero anche con costanza.

Come riesce a coniugare la ricerca di qualità artigianale con la necessità di rendere accessibile il suo lavoro in un mercato competitivo?

Quando parliamo di arte e componenti di alta qualità con una lavorazione artigianale, parliamo di esclusività, di prodotti unici. Non mi concentro sui costi di produzione per raggiungere l’eccellenza. Nel mio atelier ho notato che le clienti, che si allineano rapidamente al mio stile a volte acquistando intere collezioni da indossare tutto l’anno, vengono principalmente dal Nord Europa e dagli Stati Uniti. Per loro la mia filosofia creativa e l’elemento artigianale italiano si traducono in un livello di raffinatezza superiore. Non si tratta di ostentare un marchio; si tratta del linguaggio silenzioso della vera qualità.

Il suo atelier diventa anche un luogo di incontro con altri artigiani e artisti. Quanto è importante per lei costruire comunità intorno al suo brand?

Per me è importante dare voce anche ad altri artisti, artigiani e produttori che come me si occupano di bellezza e che condividono la mia filosofia. Vorrei che Porto Rotondo diventasse appunto un luogo dove andare in vacanza, non solo per lo splendido mare, ma anche per le attività che si svolgono nel borgo. Per me essere portatrice del concetto di arte e natura (sostenibilità) è un onore, perchè è stata anche la filosofia alla base della fondazione di Porto Rotondo negli anni 60, quando i lungimiranti Conti Luigi e Nicolò Donà dalle Rose trasformarono il luogo in un rinomato centro di vacanze esclusivo.

Le sue creazioni sono spesso definite “abiti da vivere” e non solo da indossare. Cosa significa per lei un capo che fa bene al corpo e alla mente?

Io definisco la mia collezione -OltRE- “arte da indossare” e quindi da vivere, in spiaggia, in barca o a bordo piscina come la Lingerie del Mare, un bikini che ho ideato interamente in tessuti e colori naturali, da indossare prima o dopo il bagno, da abbinare a gonne pareo o a kaftani. Elenì Atelier Porto Rotondo è un luogo dove arte, natura e benessere si incontrano. L’esperienza del benessere deriva dalla scelta precisa delle fibre. Ogni fibra naturale ha una o più proprietà intrinseche. La seta, per esempio, nota per la sua luminosità e morbidezza, è uno sfiammante naturale. Io per questo motivo la porto sempre attorno al collo. La canapa, dalla mano morbida ma più grezza, oltre ad essere traspirante e termoregolatrice, è molto resistente, possiede proprietà antibatteriche, anallergiche, offre protezione dalle radiazioni elettromagnetiche, schermando dai campi elettrostatici e assorbendo i raggi ultravioletti.

Guardando al futuro: quali materiali o temi sta esplorando per le prossime collezioni?

Il mio atelier in questo posto magico, dove la natura fa da protagonista, ha ispirato diversi produttori che condividono la filosofia delle mie collezioni, - una filosofia in cui arte, sostenibilità e lusso convivono elegantemente - a propormi di condividere il mio spazio. Nel 2026, la mia collezione, che non sarà esclusivamente femminile, ospiterà anche nuovi progetti di diverso genere.

Che consiglio darebbe a un giovane designer che vuole entrare nel mondo della moda sostenibile senza perdere autenticità?

L’Accademia fornisce gli strumenti per creare il prodotto; ciò che conta sono l’anima e la convinzione che guidano il risultato. La comunicazione oggi è globale e accessibile. È così che si crea una community e se la proposta è valida, il successo.

WINTER MELODY FIRMATO CENTERGROSS

La sfilata di Centergross, che ha aperto la seconda edizione del Bologna Fashion Festival, firma un’esperienza visiva che intreccia moda, intelligenza artificiale e mapping 3D. Racconta l’evoluzione della moda attraverso innovazione e sostenibilità, dove la magia della passerella incontra un futuro che è già presente.

Si è aperta con un tributo a re Giorgio, proprio nello stile Armani, la sfilata Winter

Melody organizzata da Centergross a Bologna, con un suo bellissimo ritratto e una frase memorabile.

Una kermesse senza confini, tra culture, architetture e simboli di città lontane, per un’edizione di Winter Melody che diventa un viaggio globale attraverso la moda. Centergross, colosso mondiale del Pronto Moda, porta in passerella una selezione di 11 brand fra i 450 del

Piero Scandellari, Presidente Centergross

settore fashion presenti nel distretto. La collettiva al Teatro Arena del Sole di Bologna, giovedì 11 settembre alle ore 19.00, presenta le collezioni autunno-inverno 2025/26 di Barbara Alvisi, Gil Santucci, Sophia Curvy, HAVEONE, J.B4, Giorgia & Johns, Roberta Gandolfi, SUSY MIX, SUSY STAR-Curvy, Motel, Tensione In. Le modelle in passerella percorrono virtualmente 11 strade di altrettante città del mondo in una dimensione “inedita” grazie a un’esperienza visiva immersiva che unisce tecnologia, creatività e moda in un dialogo innovativo tra realtà e immaginazione. Generando con A.I. contenuti originali, gli outfit reali dei brand che sfilano prendono vita prima ancora di apparire in passerella.

«Da sempre Bologna è la città del fare, anche nella moda ma per tanti anni questo non è stato riconosciuto. Partendo dalla straordinaria realtà di Centergross, abbiamo deciso di valorizzare l’intero settore della città e della regione. Siamo partiti con le sfilate, ora abbiamo ideato il Bologna Fashion Festival, un evento corale che ha uniti istituzioni, associazioni di categoria e imprenditori. Ora guardiamo avanti attraverso progetti innovativi che hanno l’obiettivo di amplificare il nostro modello attraverso innovazione, sostenibilità reale e internazionalizzazione» sottolinea Piero Scandellari, Presidente Centergross.

Sulla passerella di Winter Melody sfilano capi con un “Bollino Blu”, un QR code scansionabile che traccia la loro sostenibilità etica, sociale, economica, ecologica. Non è teoria, è un case history vivo, pronto per crescere. Il Bollino Blu - Certificato di Garanzia della Moda Made in Italy sostenibile - è un’idea nata al Centergross Bologna che oggi ha un prototipo, un cluster di imprese, un laboratorio di upcycling. Insieme a Città Metropolitana Bologna, con il supporto della Regione EmiliaRomagna e grazie alla consulenza di Cluster Create, Centergross ha costruito un percorso vero, con indicatori misurabili. «Ora chiediamo a Parlamento e all’ Europa di riconoscere e sostenere questo progetto che parte dal territorio, ma parla al mondo intero, un modello di lavoro etico che crea valore locale, riduce gli sprechi e genera futuro» afferma Riccardo Collina, Phigital export manager di Centergross.

Omaggio a Giorgio Armani
Gil Santucci - Foto © SGP
J.B4 - Foto © SGP

Winter Melody: la sfilata

J.B4 apre il fashion-show passeggiando “virtualmente” lungo il Parco della Vittoria a Monopoli. La collezione FW25/26 è un viaggio nella fantasia e nei sogni dove l’energia metropolitana incontra la raffinatezza del dettaglio sartoriale. È un total look che unisce stili e suggestioni diverse con un’identità ben definita. Ricami a filo raccontano passione, precisione e amore per i dettagli, tipici della cultura Made in Italy. In contrapposizione, effetti spray, sfumature e grafiche urban rompono gli schemi. È il contrasto a definire l’identità della collezione: romantica e ribelle, sport e chic, tradizionale non convenzionale. Nel Parco della Vittoria a Monopoli, capitale della fantasia, sfilano sogni, identità, stili che si incontrano e si trasformano. Sfilano le infinite versioni di noi. I materiali si alternano in un gioco di texture e volumi: cotoni strutturati, viscose fluide, lane morbide si incontrano in un equilibrio tra eleganza rilassata, sportività e attitude contemporanea. In poche parole, J.B4 in ogni fibra. “L’amore è il filo conduttore di questa collezione. Amore per ciò che facciamo. Amore per chi siamo, o vogliamo diventare. Amore per la moda come forma d’espressione libera e autentica.”

Barbara Alvisi, DERWIX, sceglie le strade del Ghetto Ebraico a Roma. La citazione “Il passato che vive nel presente” definisce (quasi) perfettamente la collezione. “Quasi”, sì: con qualche goccia di fantasia e qualche azzardo qua e là, eccola qui, la collezione è servita. I profumi e i sapori di Roma, la città eterna, si fondono con la sapiente mano dei nostri artigiani del Made in Italy dando vita a delle creazioni in maglieria che parlano di piatti tipici romani. Sua maestà la “carbonara”, “aglio olio e peperoncino”, per non parlare delle famose “polpette al sugo”. Tulle, ricami rinascimentali e stampe rococò giocano ruoli fondamentali nella collezione creando il giusto contrasto tra le parti.

Susy Star-Curvy, “Our streets, our rules”: perdersi nei colori di Kiremit Street, a Balat, a Istanbul. Con una passerella che vibra di energia cosmopolita, Susy Star porta in scena una collezione costruita sul potere del mix and match e sulla libertà creativa. Tessuti e fantasie convivono in accostamenti audaci: il denim, nelle sue varianti dal blue intenso al nero slavato, incontra il camouflage, mentre motivi paisley dai toni caldi si affiancano a texture lucide. Le silhouette sono studiate per creare un’alternanza dinamica: cappotti oversize e bomber imbottiti si contrappongono ad abiti più aderenti; camicie in raso ammorbidiscono il rigore di giacche

Sfilata Winter Melody Centergross 2025 - Foto © Studio Fuoribordo

dal taglio maschile. La palette privilegia toni profondi come il nero carbone, il burgundy e l’olive brunch, ravvivati da lampi metallici e dettagli in pelle sintetica. L’ispirazione prende vita nelle strade di Istanbul, città di contrasti per eccellenza, dove architetture storiche e street culture si fondono in un’unica immagine vibrante. In passerella, la donna Susy Star è magnetica e ribelle: indossa il rock come un’attitude, non come una tendenza, e trasforma ogni outfit in un manifesto di indipendenza e stile.

La nuova collezione “Hedges & Heels” di Susy Mix sceglie gli scorci suggestivi di Bregagh Road, a Ballymoney in Irlanda del Nord. In passerella un raffinato dialogo tra il mondo sartoriale maschile e l’eleganza femminile si trasforma in un linguaggio di stile contemporaneo. Tagli decisi, volumi oversize e dettagli strutturati si fondono con tessuti fluidi, trasparenze e accessori che esaltano la silhouette. Giacche strutturate, realizzate in tessuti check e gessati, si alternano a camicie più leggere, evocando una sensualità delicata e sofisticata. Il check, con la sua forte identità grafica, dialoga con la lucentezza fluida del raso, offrendo un’estetica contemporanea che sfida convenzioni e confini di genere. La palette cromatica spazia tra toni classici e tocchi colore creando contrasti raffinati. Gli accessori giocano un ruolo strategico: cinture a doppia fibbia, catene dorate e borse strutturate sottolineano la femminilità senza snaturare lo spirito maschile del look. Ispirata all’anima bucolica dell’Irlanda del Nord, la collezione alchimizza l’idea di “fashion streets” in un palcoscenico internazionale dalle radici vigorose ma sinuose. La donna Susy Mix è decisa ma sofisticata, capace di muoversi con la sicurezza di un tailleur maschile e la grazia di un abito couture.

Tra la creatività urbana di Brick Lane a Londra, la collezione “ICONIC girls” realizzata da “Tensione In” è un invito a sperimentare, a osare, a creare abbinamenti unici. Uno stile dove ogni capo è un tassello fondamentale per un mix estremo, per una donna iconica che “fa tendenza” e non la segue. Il layering è il cuore pulsante di questa proposta: gioca con sovrapposizioni, tessuti diversi e volumi complementari per costruire look che evolvono dal giorno alla sera. Capi emblematici come i parka, l'eleganza delle pellicce, e la versatilità della utility jacket oversize. L’ispirazione attinge da pezzi provenienti da vari mondi: dall'eleganza sofisticata ai richiami dello street style, includendo anche l'anima unica dei capi vintage. La lingerie viene reinterpretata per essere indossata con naturalezza sotto giacche maschili o abbinata al denim o al cargo. Si combinano la delicatezza del pizzo con la grinta della pelle con applicazioni gioiello. La collezione è un incontro tra l’estremo femminile e quello maschile, dove linee fluide e tagli decisi si incontrano per creare un equilibrio affascinante. Non segue le regole, le reinventa.

L’avveniristica Apgujeong-ro, famoso quartiere Gangnam di Seoul, ispira la collezione Roberta Gandolfi , che nasce da un’intenzione precisa: creare borse che sappiano parlare alla donna contemporanea con un linguaggio fatto di eleganza, sostanza

Video mapping sfilata Winter Melody Centergross - Foto © Studio Fuoribordo

e identità. Ogni modello prende forma da un’attenta ricerca estetica e materica, dove l’eredità dell’artigianalità italiana si fonde con un design funzionale, raffinato e attuale. Le linee spaziano tra silhouette allungate - sia small che large, vero trend della stagione - shopper destrutturate, borse a mano che si trasformano all’occorrenza in pratiche crossbody o a spalla. Maxi e mini bag si incontrano in un gioco modulare pensato per accompagnare la giornata di ogni donna. I materiali selezionati costruiscono un racconto multisensoriale: vitelli lisci ma mai banali, suede vellutati, pellami martellati, cavallino stampato e uno shearling vintage che aggiunge calore e autenticità alle superfici. E il pitone vero, proposto in sofisticata nuance roccia, come elemento di pregio e carattere. La palette cromatica riflette la profondità della stagione invernale: nero, taupe, moro, ruggine, wine e ottanio. Ogni borsa è impreziosita da dettagli che raccontano il DNA del brand: manici gioiello, frange, catene infilate a mano, intrecci artigianali, accenti metallici e inserti animalier. Tra i protagonisti della stagione spiccano i charms: mini bag porta AirPods con frange in contrasto o texture coordinate, portaocchiali, pompon in pelliccia, ballerine portachiavi in montone e accessori matchy-matchy da agganciare alla borsa per creare giochi di abbinamento o contrasti visivi. Il dettaglio must-have? Il porta thermos, reinventato come oggetto di culto, in cavallino o pelle martellata.

Giorgia & Johns. “Urban Heritage” per calcare l’elegante Orchard Road a Singapore. “Tradizione ricodificata, identità stratificate, eleganza urbana.” Il tema nasce da un’interpretazione contemporanea dell’eredità classica del guardaroba femminile. I codici formali si destrutturano: blazer maschili, capispalla sartoriali, lane compatte e pelli dalla texture a rilievo materiche si fondono con elementi urbanwear e richiami streetwear, dando vita a un nuovo linguaggio visivo. Il risultato è una collezione che racconta la trasformazione della donna contemporanea: colta, indipendente, metropolitana. Una figura fluida nei codici estetici, capace di muoversi tra eleganza e funzionalità, tra radici e modernità, tra rigore e libertà. Ogni uscita suggerisce una declinazione unica di questa tensione: proporzioni oversize, layering, tessuti tecnici abbinati a forme classiche, dettagli grafici che dialogano con la tradizione sartoriale. “Urban Heritage” è una riflessione estetica sull'identità in evoluzione, dove il comfort diventa presenza scenica e il quotidiano acquista forza simbolica.

Immergersi nel ritmo frenetico della 5th Avenue di New York Urban soul è lo stile Motel, che nasce dall’incontro con la Grande Mela. C’è una città che non dorme ma sogna, una città che non corre ma danza, una città che cade ma si rialza più forte, una città che cambia ma resta sempre la stessa. Oggi vi portiamo in un viaggio nella 5th Avenue: una collezione ispirata al ritmo frenetico della metropoli, alla sua energia, alla sua eleganza spontanea e alla sua audace libertà. Ogni look è un riflesso delle mille donne di New York: forti, sofisticate, ribelli e sognatrici. I cappotti oversize avvolgono come abbracci, le pellicce calde e protettive parlano di cura e di rinascita, il denim scuro, il check verde, le lane avvolgenti raccontano di una donna contemporanea che cammina veloce e lascia il segno. Benvenuti nella “giungla urbana”. La città è pronta e tu?

Sophia Curvy attraversa le atmosfere cosmopolite di Shibuya, a Tokyo, una metropoli che non smette mai di guardare avanti. Dove la tradizione incontra la tecnologia, dove l’individualità è celebrata e il futuro è già presente. Proprio come l’iconica moda curvy del brand. La collezione Autunno/Inverno 2025-2026 è un inno alla forza, alla libertà e all’autenticità delle donne. Donne che non si lasciano definire dalle forme, ma da ciò che sono. Donne che mostrano con fierezza il proprio stile, senza chiedere il permesso. Per Sophia Curvy la moda non è solo apparenza. È identità, è potere, è trasformazione. Siamo vento. Siamo polline che vola nel mondo. E nessuno può fermarci.

Nel cuore di Piazza Galvani a Bologna, con la collezione “OVER AND OVER”, Haveone ritorna alle proprie origini, riscoprendo volumi generosi e silhouette in cui la forma diventa protagonista assoluta. L’estetica distintiva del brand, caratterizzata da un equilibrio raffinato tra femminilità e accenni maschili, si esprime più forte che mai: minigonne si combinano con bomber oversize, top in pizzo incontrano pantaloni cargo, camicette in voile trasparente dialogano con denim dal taglio deciso. Un leitmotiv della collezione è rappresentato da ricami e applicazioni, che impreziosiscono jeans, capispalla e borse in tessuto, aggiungendo profondità

Roberta Gandolfi - Foto © SGP

materica e dettagli sartoriali. Ritornano anche i capispalla in pelliccia sintetica, confermandosi must-have stagionali e riaffermando l’identità stilistica del marchio. Come nelle precedenti stagioni la collezione si articola in due anime complementari: da un lato capi audaci e contemporanei, dall’altro essenziali intramontabili, che incarnano la visione stilistica e i codici fondamentali di Haveone.

Gil Santucci brilla tra le luci di Las Vegas Boulevards con la nuova collezione FW25/26. L’ispirazione nasce dal fascino abbagliante della Las Vegas Boulevard. I semi delle carte da gioco diventano motivi decorativi che si inseriscono in capi riccamente costruiti: giacche, tute, abiti e completi si accendono di strass, ricami, borchie, fili metallici e volumi scenografici. Una proposta femminile decisa e luminosa, pensata per chi ama osare senza rinunciare all’eleganza.

Una collettiva sulla passerella concepita in una dimensione inedita grazie a un’esperienza visiva immersiva che unisce tecnologia, creatività e moda. Creatori di questo progetto sono: FuoriZona Studios, che ha realizzato contenuti originali generati con A.I. utilizzando gli outfit reali dei brand che sfileranno, e Bee Entertainment , responsabile del video editing e del sofisticato mapping 3D che trasformerà gli spazi del teatro in una scenografia emozionante e sorprendente. Il risultato è un dialogo innovativo tra realtà e immaginazione: i capi della collezione prendono vita prima ancora di apparire in passerella, mentre l’architettura del teatro diventa una cornice visiva capace di amplificare l'impatto delle sfilate, protagoniste dell'evento.

Con questo progetto Bologna Fashion Festival, con il suo ricco programma di eventi gratuiti aperti al pubblico dedicati a sostenibilità, economia circolare e cultura e la sfilata Winter Melody si confermano terreno di sperimentazione, dove il mondo fashion incontra le più avanzate tecnologie creative, offrendo al pubblico e alla stampa una prospettiva inedita sul futuro delle sfilate.

J.B4 - Foto © SGP
Barbara Alvisi - Foto © SGP
Susy Star Curvy - Foto © SGP
Tensione In - Foto © SGP

PIERO SCANDELLARI

A cura di Carla Cavicchini Il Bollino Blu per riconoscere e sostenere l’impegno delle PMI italiane

Piero Scandellari, Presidente di Centergross al suo secondo mandato, ci parla del nuovo progetto del Bollino Blu: una certificazione pensata per valorizzare ciò che le piccole e medie imprese italiane stanno già facendo in termini di sostenibilità, produzione responsabile e approccio etico al mercato.

Entriamo nel merito del bollino blu come da convegno?

Praticamente una certificazione per valorizzare ciò che le aziende stanno già facendo. In Italia abbiamo piccole e medie aziende e, pur riconoscendo che le disposizioni e le indicazioni della Comunità Europea verranno certamente osservate dalle grandi aziende - che dovranno certificare il loro bilanciodovremo guardare alla realtà italiana fatta di piccole aziende.

A quest'ultime dobbiamo rendere la vita più facile e anzitutto, prima di arrivare a tracciare tutto ciò che è necessario secondo le disposizioni europee, vorremmo offrire un passaggio intermedio che appunto è il ‘’bollino blu’’, che dà un valore. Perché esiste un valore a ciò che le piccole aziende stanno già facendo. Quindi l'obiettivo è valorizzare ciò che fanno e successivamente, passo dopo passo, arrivare a quelle che potranno essere le regole europee che verranno dettate nei prossimi anni.

Quindi, in sostanza verranno dati dei valori: produrre in Italia ha valore, se noi favoriamo i piccoli negozi da un punto di vista economico, nel senso che loro vengono tutte le settimane a fare acquisti risparmiando ovviamente investimenti in collezioni importanti e magazzini importanti anche questo è un valore. Se poi evitiamo di inquinare l’ambiente, senza produrre migliaia di pezzi bensì solo ciò che il mercato richiede, gettando via quasi niente, anche questo è valore. Bisogna dare valore a quello che c'è già - In una scala da 0 a 100, noi crediamo di avere già una buona percentuale prima di arrivare a 100 e questo deve essere ben quantificato.

BORSALINO PE26, LA TRADIZIONE

La nuova capsule di cappelli in chiave contemporanea

A cura della Redazione

Borsalino introduce la collezione di cappelli Primavera-Estate 2026, un progetto che interpreta il concetto di tradizione quale orizzonte aperto, dove l’artigianalità diventa la spinta per la ricerca e il raggiungimento di un’idea creativa più contemporanea.

I materiali selezionati – cotone, lino, paglia, pelle, cuoio, canapa e cellulosa – sono scelti per la loro qualità e per il legame con tradizioni secolari di lavorazione. Grande rilievo è riservato al valore artigianale, che da sempre contraddistingue Borsalino e che, in questa collezione, si esprime attraverso l’incontro tra tecniche antiche e design contemporaneo. Ogni cappello è il risultato di processi manuali accurati, dalla preparazione delle fibre naturali, fino all’intreccio e alla modellatura, che richiedono competenza, precisione e sensibilità estetica.

La lavorazione della paglia toquilla, della rafia o della pelle, ad esempio, non è soltanto un gesto tecnico, ma un patrimonio di conoscenze tramandato di generazione in generazione, che custodisce l’identità culturale delle comunità artigiane coinvolte. L’unicità di ogni modello nasce da questa manualità: le piccole variazioni dovute al lavoro umano diventano segni distintivi, simboli di autenticità e valore. Così, l’artigianalità non è soltanto garanzia di qualità, ma anche espressione di un dialogo vivo con le radici del territorio e della tradizione.

La cartella colori trae ispirazione da due elementi naturali come richiamo diretto al territorio: la terra con le sue tonalità sabbia

e marroni intensi, che si ispirano a minerali e terreni fertili; e il cielo con sfumature che spaziano dagli azzurri diurni ai neri notturni, arricchiti da accenti boreali e crepuscolari.

Con la Primavera-Estate 2026, Borsalino riafferma la propria visione di un lusso che coniuga estetica, eleganza e savoir-faire artigianale. La collezione si propone come manifesto di un dialogo rinnovato con il territorio e con le radici della tradizione.

WHITE IRIS BY BORSALINO

Il nuovo volto dell’eleganza olfattiva

A cura della Redazione

Borsalino, la leggendaria Maison italiana rinomata per la sua eleganza senza tempo, annuncia con orgoglio il lancio di White Iris , il tanto atteso secondo opus della Collezione B&W. Dopo il debutto celebrato di Black Iris nel febbraio 2025, White Iris conquista ora i riflettori: una luminosa controparte ispirata alla golden era del cinema in bianco e nero e al legame duraturo della Maison con il grande schermo.

Il primo lancio del duo: una “perfume date”

Più che un dialogo, la Collezione B&W è stata concepita come un duetto olfattivo, creato per completarsi e per essere indossato in tandem, come in un primo appuntamento. Black Iris e White Iris nascono come due fragranze in perfetto equilibrio - una maschile, l’altra femminile - destinate a incontrarsi nella loro ideale unione. L’uomo Borsalino, avvolto da mistero e raffinatezza con Black Iris, incontra la donna Borsalino, radiosa e luminosa con White Iris. Insieme incarnano una storia d’amore contemporanea, scolpita con arte olfattiva.

Dopo questo primo duo romantico, la storia d’amore proseguirà in nuovi capitoli nel 2026 e nel 2027, catturando momenti iconici del romanticismo italiano attraverso il linguaggio del profumo.

White Iris: note di eleganza e seduzione

White Iris racchiude la sofisticata luminosità del fiore di iris, interpretata con sensuali accenti gourmand e raffinato spirito italiano.

Piramide Olfattiva:

Testa - Essenza di Bergamotto italiano, Essenza di Limone Sfuma italiano, Iris italiano

Cuore - Essenza Assoluta di Gelsomino Morning India, Fiori d’Arancio, Mandorla (liquore Amaretto)

Fondo - Pralina, Essenza di Legno di Cedro Virginia USA, Essenza di Patchouli Prisma Indonesia

Nelle parole del profumiere Nicolas Bonneville di DSM-Firmenich:

“Questa fragranza si apre con un vivace slancio agrumato, che introduce l’ingrediente protagonista: l’Iris. La vellutata eleganza dell’iris è delicatamente avvolta da note floreali luminose di Gelsomino e Fiori d’Arancio, che aggiungono un tocco di fresca radiosità. Un lieve accenno di Mandorla, che richiama il liquore Amaretto, dona calore e morbida rotondità gourmand. Infine, Pralina, Legno di Cedro e Patchouli lasciano una scia indimenticabile, firma di sofisticazione e seduzione.”

White Iris: una silhouette cinematografica

Riprendendo il design della sua controparte maschile, il flacone di White Iris rende omaggio alla storica tradizione della Maison. Il tappo, modellato come un elegante cappello, e l’etichetta ispirata al nastro si presentano ora in un bianco luminoso, impreziositi dalla firma Borsalino in sofisticato rosso-bordeaux. Attraverso il vetro trasparente, la fragranza rivela un radioso liquido ambrato, una tonalità che cattura insieme fascino vintage ed eleganza contemporanea. Retrò ma senza tempo, il design evoca il fascino del cinema classico: femminile, raffinato e intramontabile.

Strategia di lancio globale

In Italia, White Iris sarà distribuito in esclusiva attraverso due prestigiose destinazioni della profumeria: Lively ed Estasy. Questi partner retail, selezionati con cura, incarnano i valori di rarità, raffinatezza e storytelling che definiscono tanto Borsalino quanto la Collezione B&W. La loro clientela, colta ed esigente, sarà tra le prime a scoprire e vivere questo nuovo opus di arte olfattiva.

Al di fuori dell’Italia, White Iris sarà disponibile a partire dal 25 settembre 2025 presso selezionati retailer di lusso internazionali, nonché sui siti ufficiali di Borsalino e Perfume Street.

La fragranza Borsalino White Iris Eau de Parfum Spray sarà disponibile nelle versioni da 10, 50 e 100 ml.

BORSALINO

Dal 1857 Borsalino rappresenta la massima espressione dell’eccellenza italiana nella produzione di cappelli, con un savoir-faire artigiano che si tramanda di generazione in generazione. Oggi la tradizione della Casa di Alessandria si esprime attraverso un moderno concetto di bellezza che coniuga creatività, spirito d’innovazione e abilità manifatturiera. Borsalino fa parte di ChimHaeres Investment Holding, una società di investimento privata focalizzata sull'acquisizione e la gestione di marchi ambiziosi di lusso e lifestyle.

PERFUME STREET

Perfume Street è una maison parigina della profumeria fondata da Arthur Cukier. Specializzata nella creazione e nello sviluppo di universi olfattivi per brand di heritage, Perfume Street cura l’intero processo creativo – dalla direzione artistica alla produzione e distribuzione. In collaborazione con maestri profumieri e maison di lusso, Perfume Street si impegna a dar vita a opere olfattive rare, significative e senza tempo.

LVB

LVB è l'esperto nella creazione di beauty brands e nell'elevazione delle vendite e dell'immagine in Italia nel settore della profumeria e dei cosmetici professionali. Creata nel 2020 con uffici nel centro storico di Milano, LVB è una start-up fondata da Peter Gladel con professionisti con un ricco background nel settore della distribuzione, nella creazione di marchi, in particolare marchi di lusso in tutto il mondo. Una profonda conoscenza dei mercati, ottimi rapporti con tutti i principali attori e la capacità di cogliere l'essenza di ogni marchio sono alla base del nostro lavoro. LVB vanta un portafoglio di marchi di prodotti per la cura della pelle come La Colline e Juvena. Siamo orgogliosi di essere partner di Babor, numero 1 in Europa nel settore della cosmesi professionale. Sabrina Carpenter, K-3 fondata dal designer Kenzo Takada, All Saints e Borsalino sono i nostri marchi di profumi distribuiti nelle principali profumerie italiane.

BORSALINO & GAMAT

L’accordo per una nuova linea di alta gamma

A cura della Redazione

Borsalino, icona internazionale del lusso Made in Italy, e Gamat , azienda svizzera specializzata nello sviluppo e nella produzione di pelletteria di alta gamma, annunciano la firma di un contratto di licenza quinquennale per la creazione, produzione e distribuzione di una nuova linea di borse e accessori in pelle a marchio Borsalino.

Gamat reinterpreterà i codici estetici e valoriali di Borsalino in una proposta contemporanea di accessori, pensata per arricchire e completare l’universo stilistico della Maison. La campagna vendita inizierà da novembre 2025, mentre la collezione arriverà sul mercato a settembre 2026 nei punti vendita monomarca Borsalino, in una selezione di boutique e nei Department store internazionali, oltre che sul sito ufficiale www.borsalino.com. Si tratta di un importante passo nel percorso di crescita avviato da Borsalino dopo l’acquisizione del 2018 da parte del fondo Haeres Equita. “Con questa nuova licenza nella pelletteria, Borsalino scrive un nuovo capitolo della propria storia” commenta il Managing Director di Borsalino, Mauro Baglietto “Ideata a quattro mani con Gamat, la collezione di accessori in pelle vuole essere una proposta che arricchisce il guardaroba del cliente con pezzi destinati a diventare veri e propri compagni di viaggio nella

dinamicità del quotidiano, senza rinunciare a stile e praticità. Ogni pezzo esprime la stessa passione, cura del dettaglio e maestria artigianale che da sempre contraddistinguono i nostri cappelli, nel segno dell’eleganza senza tempo”.

Con oltre 700.000 articoli in pelle, tra borse e accessori, prodotti ogni anno per brand del segmento medio-alto, Gamatsi distingue per il suo know-how tecnico e per la gestione integrale di tutto il processo creativo e produttivo, dalla ricerca e selezione dei materiali fino al controllo qualità. “Siamo orgogliosi di intraprendere questo percorso con una realtà unica come Borsalino, azienda pioniera del Made in Italy universalmente conosciuta per l’eleganza e lo stile dei suoi cappelli”, dichiara Alessandro Mazzucchelli , founder di Gamat, “La nostra missione è proporre pelletteria che coniughi design, funzionalità e innovazione. Con Borsalino condividiamo la visione di un lusso autentico, radicato nella tradizione ma proiettato verso il futuro. Siamo certi che questa collaborazione ci permetterà di valorizzare al meglio le competenze reciproche, creando collezioni capaci di rispondere alle esigenze del mercato internazionale e consolidare ulteriormente la presenza del brand in nuove categorie di prodotto.”

Mauro Baglietto

BORSALINO

Dal 1857 Borsalino rappresenta la massima espressione dell’eccellenza italiana nella produzione di cappelli, con un savoir-faire artigiano che si tramanda di generazione in generazione.

Oggi la tradizione della Casa di Alessandria si esprime attraverso un moderno concetto di bellezza che coniuga creatività, spirito d’innovazione e abilità manifatturiera.

Borsalino fa parte di ChimHaeres Investment Holding, una società di investimento privata focalizzata sull'acquisizione e la gestione di marchi ambiziosi di lusso e lifestyle.

GAMAT

Fondata a Chiasso nel 1998, Gamat Sa è un’azienda svizzera specializzata nella produzione di pelletteria e accessori di alta qualità per brand internazionali del segmento medioalto. Con oltre 700.000 borse realizzate ogni anno, l’azienda offre un servizio integrato che spazia dalla selezione delle materie prime alla prototipazione, fino alla produzione con rigorosi controlli qualità. La visione di Gamat è orientata all’innovazione, alla sostenibilità delle relazioni e alla costante ricerca dell’equilibrio tra estetica e funzionalità.

Alessandro Mazzucchelli
Mauro Baglietto
Alessandro Mazzucchelli

LAGO AMERICAS

Nuova sede a Miami per espandere la presenza nel Continente

A cura della Redazione

LAGO, azienda leader nel settore del design e dell'arredamento, annuncia la costituzione di LAGO Americas Corp , nuova società con sede a Miami e interamente controllata dalla casa madre. L’operazione rappresenta un passo strategico nella politica di espansione internazionale dell’azienda e mira a rafforzare la presenza diretta di LAGO nel continente americano, con un focus sui segmenti residenziale , contract e hospitality.

La nuova società avrà il compito di presidiare e sviluppare il mercato delle Americhe attraverso la creazione di una struttura operativa e commerciale autonoma, capace di adattarsi con flessibilità alle dinamiche locali e alle opportunità di crescita nei diversi Paesi del continente. A oggi, LAGO è presente nelle Americhe con 27 punti vendita POS , in cui l’azienda è rappresentata con spazi esclusivi dedicati alla collezione : una rete selezionata che costituisce una base concreta da cui avviare una nuova fase di sviluppo.

Un resident manager con base negli Stati Uniti si è inserito in azienda all’inizio del 2025 nell’ottica di sviluppare una struttura consolidata, con il compito di supervisionare lo sviluppo commerciale, il coordinamento con i partner locali e la gestione delle aperture previste.

Sono già calendarizzate le prime aperture nelle città di Atlanta (USA), Panama City (Panama) e San Juan (Porto Rico), selezionate per la loro forte vocazione progettuale, l’interesse per il design europeo e la presenza di ecosistemi economici favorevoli allo sviluppo nel contract.

Attualmente, il mercato americano pesa per poco più del 5% sul fatturato complessivo dell’azienda. L’obiettivo a breve termine è quello di raddoppiare questa quota , raggiungendo il 10% , per poi puntare a un contributo ancora più rilevante nel medio-lungo periodo.

L’obiettivo strategico di LAGO è favorire sempre più un equilibrio di business tra Americhe, Asia ed Europa , in un’ottica di consolidamento internazionale e di bilanciata diversificazione geografica.

L’iniziativa si inserisce in un piano pluriennale di espansione che prevede il consolidamento della rete nelle Americhe e l’incremento del contributo dei mercati internazionali al fatturato complessivo di LAGO.

LAGO

Nata come impresa artigianale, LAGO nel tempo ha saputo ritagliarsi una sua identità precisa diventando un marchio innovativo nel panorama del design italiano. Dal 2006 sotto la conduzione di Daniele Lago, fortemente orientata al design, l'azienda diventa una delle più interessanti rivelazioni degli ultimi anni. La visione allargata del design come disciplina che produce senso e non solo prodotti, in grado di innovare tutta la filiera, ha reso possibile l'affermazione di LAGO come azienda all'avanguardia, capace di proporre nuove visioni e modelli per l'abitare. Più che prodotti, l'azienda progetta alfabeti e chiama il fruitore finale a utilizzarli , creando un design partecipativo, bottom-up, che si arricchisce delle energie che provengono dall'utente finale. LAGO si propone di fare del design uno strumento di trasformazione sociale, per creare ambienti che entrino in risonanza con chi li vive. Prova concreta di questo intento è la creazione di una rete di luoghi e persone, LAGO DESIGN NETWORK, in cui il design LAGO migliora l'esperienza in luoghi come negozi e abitazioni, uffici e musei, ristoranti e alberghi, generando nuove relazioni e opportunità di business. Tutti questi luoghi sono connessi tra di loro dal potente motore digitale dell’azienda che conta su Facebook più di un milione di fan.

VERONICA BRUNATI

La voce femminile che racconta il calcio argentino al mondo

A cura di Christian Gaston Illan

Verónica Brunati è una giornalista sportiva argentina di respiro internazionale. Da oltre vent’anni racconta da vicino la Selección Argentina, seguendo Coppe America, Mondiali e l’intera “Era Messi”. Ha collaborato con testate come Marca, As, France Football, The Guardian e BBC Sport, distinguendosi per uno stile che unisce rigore giornalistico e sensibilità umana. Oggi affianca all’attività di cronista la produzione di documentari e contenuti multimediali, con l’obiettivo di raccontare lo sport oltre la cronaca, come fenomeno emotivo e culturale.

Quando hai scoperto che il giornalismo sportivo sarebbe diventato la tua professione?

Tutto ha un perché. Mio nonno era un grande appassionato di sport, soprattutto di calcio, ed era profondamente “maradoniano”.

A casa sua si guardava calcio, si ascoltava la radio e si leggeva El Gráfico. È per lui che sono tifosa del Ferro Carril Oeste, dove da bambina ho praticato diversi sport. Con lui andavo spesso allo stadio. Già alle scuole superiori ero sicura che sarei diventata giornalista sportiva e all’università ho iniziato a legarmi sempre di più a questo mondo, anche grazie a maestri come Diego Bonadeo, che fu per me fonte di ispirazione.

C’è stato un momento o una persona che ti ha spinta verso lo sport e, in particolare, verso il calcio argentino?

Sono cresciuta tra sport e atleti. Mio nonno mi trasmise l’amore per il calcio, mio zio per il basket, mio padre per la Formula 1. Mia madre ci impose sempre la regola: scuola e sport erano obbligatori. All’inizio il mio riferimento era Nadia Comaneci, poi Gabriela Sabatini, ma il vero spartiacque fu Diego Maradona. Il Mondiale del 1986 fu epico: vissi ogni partita con mio nonno. Dopo la dittatura e la Guerra delle Malvinas, quella vittoria fu per noi una rivincita. Per me fu il momento in cui capii che volevo vivere raccontando lo sport.

Come sei arrivata a diventare una giornalista di riferimento per la Selección Argentina?

All’inizio lavoravo come freelance, ma il mio sogno era coprire la Nazionale. Con un tesserino improvvisato mi presentai al centro di Ezeiza: Marcelo Bielsa era il tecnico e la squadra piena di campioni come Zanetti, Simeone, Batistuta, Crespo, Aimar. Li intervistai a uno a uno e iniziò così il mio percorso. Da allora ho seguito sette Coppe America, tre Mondiali, sette qualificazioni, più di 40 Paesi e tutta l’era Messi. Ho avuto l’onore di raccontare

i trionfi in Copa América e il Mondiale in Qatar. È una vita al fianco della Selección.

Quali sfide hai dovuto superare in un mondo così competitivo e, spesso, maschile?

La prima difficoltà è stata il fatto di essere donna. All’inizio scrivevo con uno pseudonimo maschile, perché mi dicevano che nessuno avrebbe letto i testi di una donna. Nelle redazioni e nelle sale stampa quasi non c’erano giornaliste, solo presentatrici televisive con standard estetici imposti. Io ho sempre scelto le sfide più difficili: partite decisive, interviste complesse, viaggi faticosi. La perseveranza mi ha permesso di resistere e affermarmi.

Come riesci a cogliere emozioni, tensioni e intimità dei giocatori?

La chiave è il rapporto umano. Passo molto tempo a parlare con giocatori, allenatori, agenti e famiglie. Questo ti permette di capire meglio le loro emozioni e di raccontarle con rispetto. Vivo quotidianamente il confine tra ciò che so e ciò che scelgo di raccontare: la fiducia nasce anche dal saper aspettare il momento giusto.

Un aneddoto indimenticabile?

In una delle prime interviste a Lionel Messi portai con me mio figlio Agustín, che aveva meno di un anno. Durante la registrazione iniziò a gattonare e a salire le gradinate dietro Messi. Leo, che all’epoca non era ancora padre, si voltò preoccupato mentre continuava a rispondere. La scena finì inevitabilmente nel video ed è diventata un ricordo tenero e simbolico.

Come definiresti il tuo stile?

Rigoroso e appassionato. Il giornalismo deve informare ma anche emozionare. Oggi mi occupo anche di documentari, eventi e consulenze, ma la cronista sportiva resta sempre viva in me.

Che cosa hai imparato dallo stare così vicino alla Selección?

Che il calcio è, prima di tutto, un lavoro umano fatto di rapporti, leadership e complessità. Non è la stessa cosa un

gruppo e una squadra. Ho cercato di applicare queste lezioni anche nella mia vita personale.

E guardando avanti?

Sto producendo serie e documentari con la casa Wakai di Madrid e lavorando già in vista del Mondiale 2026 tra Stati Uniti, Messico e Canada. Mi immagino in Spagna, più come dirigente e produttrice che come cronista, alla guida di grandi progetti. Ho sempre bisogno di nuove sfide.

CARLOS ALCARAZ CON HiPRO

“Progress Sessions” per ispirare benessere e crescita

A cura della Redazione

Fresco della sua nomina a Chief Progress Officer di HiPRO, il pluricampione Slam Carlos Alcaraz ha fatto nei giorni scorsi una comparsa a sorpresa a Madrid per incoraggiare i runner, nel suo primo atto ufficiale nel nuovo ruolo.

Armato di megafono e del suo iconico “Vamos!”, Carlos ha caricato di energia i partecipanti mentre tagliavano il traguardo di una corsa di 5 km attraverso il parco Casa de Campo a Madrid. La sua presenza motivazionale ha segnato il lancio delle prime “Progress Sessions” di HiPRO - una nuova iniziativa pensata per ispirare le persone a perseguire la propria crescita personale , che si tratti di indossare le scarpe da corsa per la prima volta, o di inseguire obiettivi da professionisti. Carlos sa che avere HiPRO come parte della sua alimentazione gli fornisce le proteine necessarie per supportarlo nel suo percorso, dai servizi mozzafiato ai recuperi inarrestabili.

Al termine della corsa, Carlos ha premiato i partecipanti con ricordi celebrativi dei loro traguardi, sottolineando il messaggio che il progresso può assumere molte forme . Tutti i partecipanti hanno anche potuto provare i gusti “Progress” ad alto contenuto proteico di HiPRO, creati appositamente per questo evento.

Questa apparizione segna l’inizio della prima iniziativa di Alcaraz come Chief Progress Officer. Attraverso la sua partnership pluriennale con HiPRO High Protein , continuerà a ispirare una community globale ad abbracciare la propria definizione di progresso.

HiPRO

HiPRO è il brand di Danone dedicato a chi cerca un’alimentazione ricca di proteine di alta qualità del latte, ideale per gli amanti dello sport e della vita attiva. La sua gamma di prodotti – drink, yogurt e pudding –, offre un elevato contenuto di proteine di origine naturalei, con tutti e 9 gli amminoacidi essenziali (EAA), inclusa la leucina, fondamentale per la sintesi proteica muscolare. Grazie alla nuova formula arricchita con magnesio e vitamina B9, HiPRO non solo supporta la crescita e il mantenimento della massa muscolare, ma contribuisce anche a ridurre stanchezza e affaticamento. Senza zuccheri aggiunti (contiene solo quelli naturalmente presenti negli ingredienti), senza grassi e disponibile in molte varianti anche senza lattosio, HiPRO è unalleato perfetto per il recupero muscolare e il benessere quotidiano. Scopri di più su Instagram @hipro.italia e sul sito www.hipro-danone.it

CARLOS ALCARAZ

Carlos Alcaraz si è rapidamente affermato come uno dei talenti più dominanti ed entusiasmanti del tennis moderno. Nato nel 2003 a Murcia, in Spagna, è diventato professionista a soli 15 anni e da allora si allena sotto la guida dell’ex numero 1 del mondo Juan Carlos Ferrero. Conosciuto per la sua velocità fulminea, la potenza dei colpi e una straordinaria tenacia mentale, Alcaraz è esploso sulla scena internazionale con la vittoria agli US Open 2022, diventando il più giovane numero 1 nella storia del ranking ATP. Da quel momento, ha continuato a scrivere la storia conquistando Wimbledon nel 2023 e 2024, e gli Open di Francia nel 2024 e 2025, mantenendo un impressionante record di 5 vittorie su 5 finali del Grande Slam. È il più giovane tennista ad aver trionfato su tutte e tre le superfici e l’unico ad aver battuto Nadal e Djokovic nello stesso torneo sulla terra battuta, a Madrid 2022, in due incontri consecutivi. Con oltre 21 titoli ATP già all’attivo, Alcaraz ha costruito un palmarès capace di reggere il confronto con le leggende del tennis, affermandosi come il volto del futuro di questo sport e lasciando il segno con una carriera in continua ascesa. Fuori dal campo, ha fondato la Carlos Alcaraz Garfia Foundation, con l’obiettivo di migliorare la vita dei bambini in difficoltà attraverso progetti dedicati all’inclusione sociale, alla salute e alla sensibilizzazione sulle problematiche dell’infanzia vulnerabile.

HEAD: ENDURE PRO BOA

La scarpa da tennis rivoluzionaria per celebrare i 75 anni del brand

A cura della Redazione

Head celebra quest’anno il suo 75° anniversario –l’occasione giusta per presentarsi in campo con qualcosa di rivoluzionario.

A guidare la nuova linea di calzature da tennis Endure è la Endure

Pro BOA di Head, un modello super premium sviluppato e testato nei laboratori BOA® negli Stati Uniti, oltre che in studi intensivi condotti direttamente sul campo. Il risultato di questa intensa collaborazione è una scarpa da tennis che il mondo non aveva ancora conosciuto.

La nuova Endure Pro BOA è la prima scarpa da tennis del brand dotata del BOA® PerformFit™ Wrap e di doppia rotella Li2 per un fit microregolabile e preciso. In uscita a luglio 2025, questo modello rappresenta un’ulteriore proposta nella gamma di scarpe Head equipaggiate con il BOA® Fit System. La rotella BOA® Li2, in particolare, è già utilizzata con risultati di successo anche nel modello Motion Pro BOA di Head, sia per il padel che per il pickleball.

Vista per la prima volta al Roland Garros, preparatevi a vederla nuovamente perché Head continuerà a presentare la Endure Pro BOA nei prossimi tornei di questa stagione.

Configurazione PerformFit™ Wrap

Le configurazioni microregolabili del BOA® PerformFit™ Wrap sono scientificamente provate per migliorare la velocità, l’agilità e la resistenza dell’atleta, avvolgendo e adattandosi al mesopiede, garantendo un blocco superiore del tallone, una migliore connessione con l’intersuola e una maggiore libertà nell’avampiede.

Per i giocatori di tennis, il BOA ® PerformFit™ Wrap offre miglioramenti notevoli, come una riduzione fino al 7% della velocità di rotazione della caviglia, che aumenta stabilità e consistenza. Garantisce inoltre un collegamento fino al 3% più efficace con l’intersuola e maggiore stabilità sul tallone, ottimizzando il trasferimento di energia. Inoltre, consente un cambiamento di direzione più efficiente al 9%, permettendo rapide accelerazioni e decelerazioni.

BOA® Dial Li2

La rotella BOA® Li2 è leggera e a bassa tensione, ideale per calzature a profilo basso che richiedono precisione, come la nuova Head Endure Pro BOA, ed è utilizzata anche da ciclisti professionisti che partecipano al Tour de France, al Giro d’Italia o alla Vuelta. Il Dual Dial consente regolazioni bidirezionali e differenziate per il collo del piede e la parte anteriore, garantendo il fit preciso e sicuro richiesto dagli atleti.

Quali sono i principali vantaggi della rotella BOA® Li2? Il design a basso profilo è elegante e leggero, permettendoti di dare il massimo senza sacrificare la potenza. È costruito per una durabilità senza precedenti, progettato per resistere a condizioni difficili garantendo un uso affidabile a lungo termine. La funzione microregolabile consente di perfezionare il fit con chiusura e allentamenti incrementali, assicurando una vestibilità perfetta e personalizzata. Tutte queste caratteristiche si uniscono per offrire una precisione impareggiabile, donandoti massimo controllo e sicurezza durante la performance.

Garanzia a vita – Il sistema BOA® Fit è garantito per tutta la durata del prodotto su cui è integrato.

BOA

Boa Technology Inc, creatori del rivoluzionario, premiato e brevettato BOA® Fit System, collabora con marchi leader nel mercato per rendere i migliori prodotti del mondo eccellenti. Fornendo soluzioni create appositamente per le tue prestazioni, il BOA® Fit System è usato nei prodotti utilizzati per sport invernali, ciclismo, escursionismo/ trekking, golf, corsa, sport su campi sportivi, abbigliamento da lavoro, rinforzi medici e protesi. Il sistema consiste in tre parti integrali: una rotella micro-aggiustabile, dei lacci leggeri extra-forti e delle guide del laccio a bassa frizione. Ogni configurazione è progettata per ottenere un fit perciso, veloce e senza sforzo e che dura nel tempo, sostenuta dalla Garanzia BOA®. Boa Technology Inc. ha sede a Denver, Colorado, con uffici in Austria, ad Hong Kong, in Cina, Sud Corea e Giappone.

CINTIA DORONI

Cuore argentino, voce dello sport in tv

A cura di Christian Gaston

Illan

Da dove nasce la tua passione per il calcio e qual è stato il momento in cui ti sei sentita davvero “innamorata” di questo sport?

Sono nata a Rosario, la Capital del Fútbol. Lì non c’è molta scelta, nasci e ti viene automaticamente assegnata una squadra da tifare. Da bambina però non ero tanto attratta dal calcio in sé come sport, quanto da tutto quello che lo circondava, mi affascinavano las caravanas, il tifo, quell’atmosfera di festa che la Domenica univa fútbol e turismo carretera.

Se dovessi indicare un momento preciso che mi ha avvicinato al calcio, direi senza dubbio il Mondiale del 2014.

Quale partita o evento calcistico ti ha lasciato le emozioni più forti nella tua vita da tifosa?

Da sempre il Mondiale. Da piccola lo vivevo un po’ incoscientemente, mi lasciavo trasportare dall’atmosfera di festa. Crescendo, invece, è diventata per me la competizione più attesa in assoluto. Il Mondiale riesce a provocarmi due sentimenti opposti: prima e durante mi travolge con passione ed entusiasmo, ma dopo mi lascia una nostalgia fortissima... un po’ come quando finisci un bel libro o una serie che ti piace davvero, e ti ritrovi con quel vuoto incolmabile. Questo è un aspetto su cui sto lavorando!!!

L’Argentina è conosciuta in tutto il mondo per produrre giocatori straordinari: secondo te, qual è il segreto di questa “fucina” di talenti?

Chiaramente è una conseguenza del futbol callejero, il calcio di strada, nel tempo questo ha permesso di avere più “materia prima”. Anche se purtroppo, in alcune zone del paese, questo fenomeno è calato con gli anni.

Spesso mi guardo le vecchie interviste di Bilardo che addirittura aveva anticipato la grande sorpresa del Marocco al Mondiale 2022. Nel ’75, durante un torneo in Marocco, si era reso conto che il futuro del calcio sarebbe stato lì, in Africa, l’unico posto dove la gente continuava a giocare per strada ovunque, mentre nelle grandi città, nel resto del mondo, il calcio stava iniziando a scomparire un po' dalla vita di tutti i giorni.

Quindi molto spesso il talento nasce lì dove il gioco è spontaneo e quotidiano. Sarebbe bello provare a preservare questo spirito.

Ti senti più attratta dal calcio come spettacolo sportivo o come legame culturale e sociale tra le persone?

Entrambe. Quando diventa una professione impari a viverlo in maniera diversa e a cogliere ogni sfaccettatura, lo spettacolo e

anche tutto ciò che può creare attorno a sé. Lo sport ha il potere di unire le persone e questa per me è una delle cose più belle, non solo del calcio, ma di tutto lo sport in generale.

C’è un calciatore che per te rappresenta meglio di tutti la magia del calcio?

Sarebbe semplice dire Messi o Maradona, ma scelgo Ángel Di María. Ha una delle storie più belle del calcio. E quello che ha vissuto negli ultimi anni con la Selección sembra davvero una favola!

Secondo la tua opinione, come cambia il ruolo dei tifosi nell’era dei social e delle nuove tecnologie rispetto al passato?

Secondo me la passione che muove il tifoso è sempre la stessa, ma con i social tutto viene amplificato. Le nuove tecnologie hanno il potere di far sentire i tifosi più vicini alla propria squadra. È un cambiamento irreversibile: il mondo e anche il modo di vivere lo sport sono in continua evoluzione, e dobbiamo imparare a stargli dietro.

Se avessi la possibilità di vivere un’esperienza calcistica in Argentina, quale sarebbe: un Superclásico Boca-River, una partita della Selección o seguire i giovani nelle strade e nei campetti? Devo per forza scegliere??

Sarebbe bello vivere tutte queste esperienze. Anzi aggiungo anche il Clasico de Rosario, Newell’s - Central.

DECATHLON E LA SUA RETE IN ITALIA

Nuovi format e impegno sociale per uno sport accessibile a tutti

A cura della Redazione

Decathlon Italia, leader multispecialista mondiale nell'abbigliamento e attrezzatura sportiva, prosegue il piano di rimodellamento della propria rete di punti vendita sul territorio nazionale. Questo processo, già avviato con successo, mira a offrire un'esperienza d'acquisto ancora più moderna e coinvolgente, in linea con il purpose del brand e la sua rinnovata identità. I punti chiave di questo piano di sviluppo includono:

• Innovazione e nuovi format : a partire da giugno 2024 con il negozio di Corsico (Milano), il piano di rebranding ha già coinvolto 25 negozi in Italia, presentandosi con un look completamente nuovo ed un'atmosfera d'impatto. Stiamo introducendo nuovi format con la presenza di una palestra per la pratica sportiva, come a Roma, e stringendo partnership esclusive per completare l'offerta, come a Como.

• Ottimizzazione della presenza sul territorio: la rivisitazione della nostra presenza fisica avviene in diverse forme: ridimensionamento, riposizionamento, nuove aperture e chiusure strategiche. Questo include l'espansione di negozi storici come Lissone (MB) e la più recente in fase di realizzazione a Curno (BG), l'ottimizzazione degli spazi a Roma Tor Vergata, la prossima apertura in territori finora inesplorati come Aosta e la rilocalizzazione di negozi come Surbo\Cavallino (LE) nel 2026 per dare spazio ad una superficie dall’acquisto più confortevole come San Cesario di Lecce. L'obiettivo è essere sempre più vicini alle mutate abitudini di acquisto e alle esigenze dei nostri clienti.

• Continuità lavorativa e Valori: in questo percorso di crescita e trasformazione, Decathlon ribadisce il suo impegno a minimizzare gli impatti. La nostra priorità è garantire continuità lavorativa ai nostri collaboratori e collaboratrici, valorizzando le loro competenze e offrendo sempre nuove opportunità all'interno della rete nazionale e internazionale.

Questo piano di sviluppo testimonia il nostro costante impegno a promuovere la cultura del movimento e a rendere lo sport accessibile a tutti e tutte, rafforzando la nostra leadership sul mercato italiano e garantendo un futuro solido e innovativo per i nostri clienti e per tutti i collaboratori e collaboratrici Decathlon.

Con entusiasmo, vogliamo continuare a crescere e ad attivare le persone verso le meraviglie dello sport.

L'Impegno per un Paese in movimento

Nonostante l'Italia si classifichi come il 4° Paese OCSE più sedentario, con l'80,3% della popolazione che non raggiunge adeguati livelli di attività fisica, assistiamo a segnali positivi: la quota di italiani che non praticano mai sport è in calo. Il 2023 ha segnato un momento storico con l'inserimento dello sport nella Costituzione Italiana, riconoscendolo come diritto fondamentale.

Questo contesto favorevole, unito all'impegno di Istituzioni, Organizzazioni, Retailer dello sport ed Enti per la promozione, crea un fermento collettivo positivo verso la diffusione della cultura del movimento e i valori dello sport. Decathlon si sente parte attiva di questo processo, con la responsabilità di contribuire a ispirare un futuro più sano per tutti, impegnandosi a rimuovere le barriere.

DECATHLON

DECATHLON, un brand sportivo globale multi-specialista che si rivolge a tutti e tutte, dai principianti agli atleti di punta, è un produttore innovativo di articoli sportivi per tutti i livelli di abilità. Con 101.000 collaboratori e 1.750 negozi in tutto il mondo, DECATHLON e i suoi team lavorano dal 1976 per realizzare un'ambizione continua: Move people through the wonders of sport, per aiutarle a essere più sane e felici in un futuro sostenibile.

In Italia, Decathlon sviluppa progetti su 145 negozi, 3 depositi logistici e 2 sedi di produzione.

NUOVA SEDE REUSCH

Una struttura all’avanguardia per il futuro dello sport

A cura della Redazione

Alla presenza di atleti e ospiti d’eccezione, Reusch ha inaugurato la nuova sede di Vignate, in provincia di Milano. L’evento ha visto la partecipazione di numerosi ambassador dei brand dell’azienda tra cui la sciatrice Lara Colturi e la nuotatrice Simona Quadarella. A guidare la presentazione Stefan Weitzmann che, insieme al figlio Erich nel ruolo di CEO dell’azienda di famiglia, hanno illustrato le caratteristiche di una struttura all’avanguardia, pensata per supportare una crescita della sede del 75% nel medio-lungo periodo. Con oltre 90 anni di storia e una leadership riconosciuta nella produzione di guanti sportivi, Reusch consolida così il proprio ruolo internazionale e ribadisce il legame con il mondo del calcio e dello sci alpino.

Dopo un anno di lavori il cantiere è finalmente chiuso e Reusch ha inaugurato la nuova sede di Vignate (MI) , in via del Lavoro 26 , con un evento che ha riunito figure di spicco dello sport. Alla cerimonia hanno preso parte Stefan Weitzmann e il figlio Erich che nel ruolo di Amministratore Delegato rappresenta la terza generazione in azienda. Un parterre de roi, con la presenza di atleti e ambassador d’eccezione: la sciatrice Lara Colturi , la nuotatrice Simona Quadarella e i portieri Christian Abbiati e Lorenzo Torriani .

La giornata si è aperta con un momento di benvenuto e un tour guidato della struttura, seguito dagli interventi istituzionali del presidente StefanWeitzmann e di Erich Weitzmann, che hanno illustrato le linee guida di un progetto concepito per coniugare tradizione, innovazione e sostenibilità.

In un momento in cui molte realtà del comparto sportivo sono alla ricerca di stabilità e riferimenti solidi, investimenti di questo tipo non rispondono soltanto a esigenze interne, ma mandano un segnale preciso a chi cerca un partner strutturato con cui affrontare insieme nuove sfide nei mercati europei.

La nuova sede di Vignate rappresenta un passaggio strategico per l’azienda: un edificio moderno, progettato per garantire efficienza logistica e qualità del lavoro, con spazi già predisposti a supportare una crescita fino al 75% della sede vignatese nei prossimi anni . Il cuore operativo è il magazzino principale, sviluppato su tre livelli da 2.500 metri quadrati ciascuno, dotato di sistemi di picking manuale e scaffalature moderne, studiate dopo attenta analisi di un professore dell’Università di Padova. A questo si aggiungono le sei baie di carico per ottimizzare tempi e spedizioni e altre soluzioni di ultima generazione, come impianti di sollevamento innovativi, illuminazione automatizzata, pompe di calore e coibentazione totale, a garanzia di comfort ed efficienza energetica. Ultimo, ma non certo per importanza, un serbatoio antincendio sotterraneo da 700 metri cubi.

L’attenzione all’ambiente e al territorio è confermata dalla installazione di una siepe perimetrale con 12 specie di arbusti autoctoni tipici del territorio agricolo di Milano. E sotto il profilo della sostenibilità sociale, è stata implementata l’integrazione di spazi dedicati a ospiti e collaboratori: gli uffici direzionali, dieci in totale, comprendono sale riunioni, showroom, silent room e terrazza con pergolato, a testimonianza di una filosofia aziendale che mette al centro le persone.

Fondata in Germania nel 1934, Reusch è oggi riconosciuta a livello mondiale come leader nella produzione di guanti sportivi, con una rete distributiva che raggiunge 93 Paesi e un team internazionale di oltre 80 collaboratori tra il quartier generale di Bolzano, la filiale tedesca di Reutlingen e, da oggi, la struttura logistica di Vignate. Azienda familiare guidata dalla famiglia Weitzmann, il marchio è partner di oltre 700 professionisti di alto livello, tra cui campioni come Mikaela Shiffrin e Marco Odermatt nello sci alpino, e i portieri di calcio Alisson Becker e Unai Simón , oltre agli ambassador presenti all’inaugurazione.

Con l’apertura della nuova sede milanese, Reusch ribadisce la propria vocazione internazionale e rafforza il legame con atleti, retailer e consumatori, tracciando una rotta chiara verso il futuro: crescita, innovazione e qualità al servizio dello sport.

REUSCH

Fondata nel 1934 da Karl Reusch in Germania, Reusch è l’azienda di riferimento mondiale nella produzione di guanti sportivi di alta qualità. La vocazione per l'innovazione e la ricerca dell'eccellenza, ha spinto l’azienda a sviluppare soluzioni costantemente migliorative, creando prodotti all'avanguardia per atleti e appassionati di sport in tutto il mondo. Riconosciuti per la qualità dei propri guanti nel settore dello sci e del calcio, i modelli Reusch sono la scelta di numerosi atleti professionisti che ricercano la massima affidabilità nella pratica della propria disciplina.

Oltre alla progettazione, produzione e distribuzione del marchio di proprietà, Reusch è anche un affidabile partner nella commercializzazione di brand sportivi, grazie alla propria rete distributiva nei principali mercati d’Europa. Attualmente il portfolio comprende brand prestigiosi quali Speedo, Deuter e Red Bull Spect Eyewear.

Lara Colturi - Foto © Imago

LINDA VILLANO

Verso una mobilità più etica, innovativa e condivisa

A cura di Christian Gaston Illan

Lei guida l’Associazione Donne Automotive: quali sono oggi le sfide principali e le opportunità per le donne che vogliono emergere in questo settore così competitivo?

L’Associazione Italiana Donne per l’Automotive (AIDA) è nata dalla consapevolezza che, nonostante i progressi in molti settori, l’automotive rimane ancora fortemente connotato da una presenza maschile, soprattutto nei ruoli tecnici e decisionali. Le principali sfide per le donne sono scardinare stereotipi radicati, superare la mancanza di modelli di riferimento e ottenere visibilità in un contesto che spesso non racconta il loro contributo. Le opportunità, però, sono enormi: creare reti di mentoring, percorsi formativi e spazi di collaborazione che promuovano l’inclusione e valorizzino le diversità come leve di innovazione e sostenibilità.

Come designer e creativa, quanto è importante portare un’estetica nuova e femminile in un ambito tradizionalmente dominato da logiche tecniche e maschili?

Portare un approccio estetico innovativo non significa aderire a uno stile “femminile” o “maschile”: l’estetica nasce dall’esperienza, dalle sensibilità e dalla creatività di ciascuno, ed è quindi fondamentalmente no-gender. In un settore tradizionalmente

dominato da logiche tecniche, il design diventa uno strumento potente per introdurre visioni più inclusive e attente alle persone, coniugando estetica, funzionalità e valori etici. Ogni progetto, così, diventa un’opportunità per ridefinire ciò che l’automotive rappresenta e come viene vissuto.

L’attenzione all’ESG è al centro della sua attività: quale impatto concreto vede già oggi nelle aziende che abbracciano seriamente sostenibilità e responsabilità sociale?

Le aziende che integrano seriamente ESG non lo vedono più come un “plus”, ma come un driver strategico. Questo si traduce in scelte operative più coerenti con l’identità aziendale, nella selezione di partner sostenibili, nell’attivazione di percorsi di inclusione e nella comunicazione trasparente. L’impatto concreto è la creazione di valore condiviso, con benefici tangibili per le persone, i territori e la reputazione aziendale.

Spesso la mobilità viene raccontata solo come tecnologia. Lei invece la lega anche a valori culturali e sociali: in che modo pensa che l’automotive possa influenzare la società del futuro?

La mobilità non è solo questione di tecnologie, ma di esperienze

e di relazioni sociali. Diversi eventi automobilistici dimostrano come il mondo dell’automobile possa diventare un luogo di cultura condivisa, accessibile a tutti, capace di valorizzare il patrimonio storico e promuovere una visione sostenibile. L’automotive del futuro può essere un ponte tra memoria e innovazione, tra inclusione e bellezza, contribuendo a creare una società più attenta alle persone e all’ambiente.

Qual è stato, nel suo percorso, il momento più complesso da superare e come lo ha trasformato in un punto di forza?

Ogni momento difficile è stato l’occasione per rafforzare visione e resilienza. Personalmente, affrontare contesti tradizionalmente maschili e trovare spazio per le proprie idee è stato impegnativo. Ho trasformato queste sfide in punti di forza costruendo reti solide, comunicando con trasparenza e valorizzando la collaborazione, rendendo l’esperienza stessa uno strumento per guidare il cambiamento.

L’associazionismo è uno strumento potente. Secondo lei, cosa distingue una rete davvero efficace da una semplice vetrina di nomi e cariche?

Una rete efficace genera azioni concrete, opportunità di crescita e scambio reale di competenze. Non basta avere nomi prestigiosi o titoli: ciò che conta è costruire relazioni autentiche, creare percorsi di mentoring, facilitare collaborazioni e fare in modo che ogni membro possa contribuire attivamente a un obiettivo condiviso.

Nel suo lavoro lei unisce passione e metodo. Quanto conta la visione personale per fare la differenza rispetto a chi segue solo strategie di business?

La visione personale è ciò che trasforma la strategia in qualcosa di unico. Seguire solo procedure o numeri permette di ottenere risultati prevedibili, mentre integrare passione e valori crea un impatto duraturo, genera entusiasmo e ispira le persone intorno. In un settore complesso come l’automotive, fare la differenza significa anche guidare con autenticità e coerenza.

Quali sono i prossimi traguardi che si è posta, sia a livello personale che professionale, per portare avanti la sua idea di leadership?

Continuare a costruire percorsi di inclusione, mentorship e formazione nel settore automobilistico, promuovendo una leadership al servizio del cambiamento. A livello personale, voglio rafforzare la capacità di connettere innovazione, estetica e sostenibilità, diventando un punto di riferimento concreto per chi desidera contribuire a un mondo del lavoro più equo e responsabile.

Se dovesse dare un consiglio diretto a una giovane donna che sogna di entrare nel mondo dell’automotive, quale sarebbe la prima lezione che dovrebbe tenere a mente? Non aspettare il permesso di nessuno: credi nelle tue idee, coltiva competenze solide e costruisci relazioni. Il settore è competitivo, ma ogni donna può trovare il proprio spazio se porta con coraggio, visione e determinazione il proprio contributo unico.

SOFIA VALLERI LANCIA MEET THE DRIVER

Storie di piloti raccontati in un nuovo format web

A cura di Marco Masciopinto

“Meet The Driver” è il nuovo format web della conduttrice e modella Sofia Valleri, ideato e prodotto insieme a Giuseppe Fisicaro della società TheWebEngine. Il nuovo progetto è dedicato al mondo dei piloti, in cui si raccontano storie, curiosità e i tanti sacrifici che si celano dietro le loro vite. La conduttrice è stata anche protagonista di ‘’Sanremix”, un format dove gli artisti in gara a Sanremo si sfidano non sul canto, ma nel tentativo di indovinare chi sta interpretando le loro canzoni. Grandi nomi della musica italiana, come i Negramaro, Geolier, il duo Nek-Renga, Olly, Diodato e Irene Grandi, si sono sfidati in questa competizione unica e coinvolgente. Sofia Valleri è nata e cresciuta a Venezia da madre greca e padre italiano. Ha studiato Giurisprudenza presso l’Università Statale di Milano e nel 2013 viene scelta come volto di numerosi brand di moda italiani e stranieri. Nel 2024, insieme ad Ezio Greggio, conduce il Monte-Carlo Film Festival. Da alcuni anni ricopre il ruolo di Ambassador per DAZNFR e DAZNGROUP.

Sofia, con "Meet The Driver" hai scelto di raccontare il mondo dei piloti da un'angolazione intima e autentica. Cosa ti ha spinto a ideare un format che coniuga adrenalina, emozione e sacrificio, e quale visione imprenditoriale c'è dietro questo progetto condiviso

con Giuseppe Fisicaro e TheWebEngine?

Meet The Driver è iniziato perché mio figlio è un piccolo pilota e, entrando in contatto diretto con il mondo dei piloti, ho capito che c'era bisogno di raccontare le loro storie e personalità. Giuseppe è il mio socio in questo progetto in giro per il mondo e devo dire che stiamo ricevendo degli ottimi feedback.

Da modella e conduttrice affermata a ideatrice e produttrice di contenuti: qual è stato il passaggio più sfidante nel diventare anche imprenditrice di te stessa? E quanto la tua formazione giuridica ha influito nel modo in cui gestisci oggi i progetti a livello strategico e contrattuale?

La mia personalità è poliedrica e poter creare i miei contenuti, mi ha aiutato a non assecondare gli schemi e avere un tipo di approccio diretto con il pubblico con il quale voglio instaurare un vero rapporto. Non voglio fan ma amici. Essere imprenditrice oggi, è una nuova sfida con me stessa. La mia formazione giuridica posso dire che ha influito, non solo sul mio lavoro, ma su tutta la mia. È una deformazione che ha radici troppo lontane visto che oltre a mia madre tutti in famiglia materna erano giudici o avvocati.

Hai una carriera internazionale tra moda, televisione e ora produzione digitale. Quanto è stato importante per te mantenere un'identità culturale forte, tra le radici veneziane e quelle greche, nel costruire un brand personale riconoscibile?

Oggi il mondo è un po' un melting pot di tutto. Bisogna ricordare da dove proveniamo, le origini sono tutto ma devo dire che nel Motorsport è in ciò che tratto non hanno particolare rilevanza. A Venezia infatti andiamo a piedi.

Il tuo compagno di vita, Gianluca Tozzi, è a capo di Momy Records, una realtà di rilievo nella produzione musicale. Avete mai pensato di collaborare professionalmente, magari fondendo musica e storytelling in uno dei tuoi format?

Ad oggi teniamo separate le nostre carriere per poter vivere con tranquillità il nostro rapporto. Alle volte lo aiuto nello scouting di nuovi talenti e lui invece mi segue nelle corse o in giro per il mondo. Una futura collaborazione ci può stare, magari quando entrambi sentiremo l’esigenza.

Nel 2024 ti abbiamo vista sul palco del Monte-Carlo Film Festival accanto a Ezio Greggio, e oggi sei Ambassador di DAZNFR e DAZNGROUP. Come scegli i partner con cui lavorare e quali sono, secondo te, i requisiti che un brand deve avere per essere in linea con i tuoi valori e con il tuo percorso imprenditoriale?

Ezio è un amico da molti anni perché abitando a Monaco, ci conosciamo bene. In quel caso lui ha scelto me e pertanto ne sono felice perché per me lui è e rimarrà un pilastro della comicità italiana e della televisione. In generale, se devo scegliere un partner lavorativo, cerco di avere una stessa visione non solo lavorativa e progettuale ma anche umana. Io sono ancora una persona che radica la sua identità sui valori e i principi di una volta. Quindi se devo lavorare è importante che questi condivida con me entrambi i lati.

Se "Meet The Driver" fosse una persona, come la descriveresti?

Che tipo di carattere avrebbe e con quale obiettivo si sveglierebbe ogni mattina?

Meet The Driver sarebbe un eroe che si sveglia la mattina, super carico e pronto con la musica tecno nelle orecchie, cercando di diventare ogni giorno un essere umano migliore, non solo come campione, e quindi di fare la storia del motorsport, ma anche un buon essere umano. C'è chi ha incarnato questi aspetti e credo che sia Ayrton Senna.

Tra la tua anima greca, la tua eleganza veneziana e il ritmo frenetico del mondo digitale in quale epoca storica ti sentiresti più a casa, se potessi condurre un format come il tuo in un altro tempo?

Il mio format è molto contemporaneo perché arriva in contrasto alla tendenza odierna a rifiutare la storia. Oggi il focus è sul futuro e la gente rifiuta il passato, ma noi siamo anche il nostro passato. Quindi mi piace condurlo oggi anche perché adoro andare controtendenza. Devo dire che, in certi momenti, il mondo digitale prende il sopravvento e ci fagocita. Mi aiuta la filosofia e lo yoga a ritrovare equilibrio.

STEFANO PICCIRILLO

La voce che ha fatto della radio una casa

A cura di Christian Gaston Illan

Ogni emittente ha un carattere unico: cosa ti hanno insegnato le esperienze a Kiss Kiss, RTL 102.5, RDS, R101 e Rai Radio2, e come hanno arricchito il tuo modo di fare radio?

I palchi sono stati la naturale evoluzione del vedere gli ascoltatori dal vivo: da piazza del Plebiscito a Napoli a piazza Politeama a Palermo, fino a Torino, Milano e locali prestigiosi come il Rolling Stone. Ho vissuto anche studi televisivi legati alla radio come 30 ore per la vita o Un disco per l’estate, senza dimenticare le dirette in contemporanea tra la RAI e la Radio Nazionale. Ho visto tante piazze, fiere, eventi, palchi, e in ognuno di essi riconoscevo l’ascoltatore. La vera occasione non è l’ascoltatore che riconosce lo speaker, ma lo speaker che riconosce l’ascoltatore.

Dal palco di grandi eventi alla diretta in studio: qual è il momento in cui hai capito che la radio era più di un mestiere, era casa tua? Cerco di entrare sempre in quella che definisco “casa mia” con lo spirito di un ospite, perché la radio è un amore grande che va rispettato in ogni azione. Ogni palco, ogni evento, mi ha fatto capire che la radio è molto più di un lavoro: è un luogo dove riconosco e vengo riconosciuto, dove vivo la relazione con chi ascolta.

Hai incontrato e raccontato centinaia di artisti: qual è stato lo scambio o l’episodio più speciale che ti ha fatto dire “questa è la magia del mio lavoro”?

La magia è stata proprio nel passare dall’essere fan a intervistare i miei idoli. Penso a Joe Cocker, Pino Daniele, Antonello Venditti, Niccolò Fabi, Lucio Dalla, Ligabue, i Depeche Mode o gli Human League. L’episodio più bello è stato quando alcuni di questi grandissimi artisti capivano che ero preparato su di loro e, di conseguenza, mi concedevano una confidenza autentica. In quei momenti mi facevano sentire “uno di loro”, e questo mi ha sempre riempito di felicità.

Nei tuoi libri – da Gretest Iz al Manuale del conduttore radiofonico – emerge un filo rosso di memoria, passione e tecnica. Quanto la scrittura ha cambiato il tuo modo di comunicare e di ascoltare?

La scrittura mi ha aiutato a evolvere nel mio modo di comunicare. I miei libri li considero come programmi radiofonici scritti: parlano di persone, relazioni e amori, con la musica e la radio sempre presenti. Inoltre, grazie alla scrittura ho avuto l’occasione di portare la radio nelle librerie, nei festival e negli eventi pubblici, raggiungendo un pubblico più ampio. Questo ha rafforzato il mio modo di fare radio e mi ha arricchito moltissimo.

Se dovessi dare tre regole d’oro a chi sogna di fare radio oggi, quali sarebbero e perché?

Tre regole: amore per il mezzo, umiltà e dedizione totale. La radio deve rimanere fedele a sé stessa. Non ha mai imitato la televisione, Spotify o le app di streaming, e non deve farlo neanche ora. È un mezzo inimitabile: il podcast è bellissimo, ma è freddo perché manca del “qui e ora” che solo la diretta radiofonica trasmette. La radio è condivisione di emozioni simultanee con migliaia di persone, ed è questa la sua forza.

In un’epoca in cui la radio vive accanto a podcast, streaming e social, qual è il segreto per mantenere viva la connessione autentica con chi ascolta?

Il segreto è non snaturarsi. La radio deve aggiornare il linguaggio, ma rimanere sé stessa: viva, calda, diretta. Nessuna tecnologia può sostituire la magia del tempo reale.

Come formatore e coach, qual è l’errore che vedi più spesso nei giovani speaker e che trasformi in un loro punto di forza? L’errore più comune è l’imitazione. È naturale avere punti di riferimento, ma un conto è imparare, un altro è copiare. Tra la copia e l’originale, il pubblico sceglierà sempre l’originale. Spesso i giovani conduttori mancano di personalità, ma credo sia un fenomeno passeggero: col tempo impareranno a sviluppare una loro identità unica, e da lì nasceranno i veri talenti.

Guardando avanti, qual è il progetto – in radio, in un libro o su un palco – che senti possa rappresentare il prossimo capitolo della tua storia?

Ogni giorno in radio è già un capitolo nuovo e un successo. Guardando al futuro, il mio sogno è portare la radio in televisione in un modo completamente personale e diverso da quello che si fa oggi.

AB Style Magazine nasce con una forte identità visiva e concettuale. Com’è nato il progetto?

ALESSANDRA BASILE

Le origini e l’evoluzione di AB Style Magazine

A cura della Redazione

AB Style Magazine è nato da una mia evoluzione personale. Prima di quest’esperienza lavoravo come dipendente in una società di e-commerce, un’azienda che mi ha insegnato molto ma che sentivo stretta sotto molti aspetti. Un episodio personale e totalmente inaspettato è stato il trigger per farmi cambiare vita: una sera sono rimasta coinvolta in un grave incidente stradale dal quale sono uscita viva per miracolo. L’ho reputato una seconda occasione che mi veniva regalata per fare qualcosa di più, che mi rappresentasse veramente ed è così che ho deciso di creare una realtà tutta mia.

A quale pubblico vi rivolgete principalmente e come costruite il dialogo con la vostra community?

Su AB Style Magazine raccontiamo lo stile in tutte le sue forme. Che si tratti di quale meta scegliere per le prossime vacanze, di quale vino mettere in tavola, di un’auto nuova o di un elettrodomestico per la casa, noi raccontiamo quelle che definiamo “Storie di stile”. Di conseguenza, ci rivolgiamo a tutti coloro che amano fare esperienze, vivere la propria vita con consapevolezza del proprio carattere ed unicità, riflettendolo nelle varie scelte quotidiane.

Con la nostra community dialoghiamo regolarmente, sia

condividendo con loro i contenuti che creiamo, sia mostrando loro tutti i retroscena. Quindi li portiamo virtualmente con noi alle conferenze stampa, ci seguono nelle nostre trasferte e nei backstage dei nostri shooting. Questo ci permette di azzerare le distanze con loro, non ci eleviamo a maestri di vita. Al contrario, li coinvolgiamo in quello che facciamo.

Nell’attuale panorama editoriale, in che modo AB Style Magazine si differenzia e si posiziona?

Mi sento di dire che AB Style Magazine è un progetto editoriale unico nel suo genere. Non ci sono altre realtà che trattano tutte le aree tematiche che noi seguiamo, su diverse piattaforme. A volte c’è chi ci confonde con i femminili, ma noi – pur parlando anche di beauty – non facciamo gossip, né seguiamo i vari VIP. Non solo, proponiamo molti contenuti che, nella tradizione, sono maggiormente rivolti ad un pubblico maschile, come i motori o la tecnologia. Anche se, in tutta onestà, noi non ragioniamo in questi termini di genere quando realizziamo i nostri servizi. E, cosa ancora più importante, ci siamo specializzati nel settore del lusso e dell’alta gamma. Chi ci segue si aspetta da noi storie di stile “wow” come auto da sogno, hotel di lusso, ospiti d’eccellenza ed i migliori prodotti sul mercato.

AB Style Magazine si declina online ma anche in televisione. Avevate in mente sin dall’inizio di sbarcare sul piccolo schermo?

Assolutamente no. Quest’esperienza è nata un po’ per caso perché io sono stata ospite di altri programmi televisivi. Poi, tramite conoscenze comuni, è nata l’idea di provare a trasformare il format web in un format per la TV. Io ero già avvezza a stare di fronte alle telecamere perché venivo da diversi anni su YouTube, ma quando sono salita per la prima volta sul palco degli studi televisivi in veste di conduttrice di un programma tutto mio, mi sono sentita investita di un’enorme responsabilità. Ma ormai siamo arrivati alla quinta stagione sul piccolo schermo e devo ammettere che evidentemente è un format che funziona e che piace, tanto al pubblico, quanto ai brand che decidono di essere nostri partner in questo percorso.

C’è un servizio che sentite abbia rappresentato al meglio la vostra visione?

Ci sono tanti lavori di cui siamo particolarmente orgogliosi. Come quando siamo stati accolti per un’intera giornata alla base delle Frecce Tricolori a Rivolto per seguire, riprendere e raccontare come la PAN si stava preparando per la stagione acrobatica in occasione del centenario dell’Aeronautica Militare. Ma anche l’invito che abbiamo ricevuto per andare a Monte Carlo per intervistare il campione di F1 Mika Hakkinen, così come i nuovi brand con cui abbiamo iniziato a collaborare quest’anno tra cui Ferrari, Rolls-Royce e Tamburini Corse. Ma se dovessi sceglierne uno solo, sarebbe lo speciale che abbiamo realizzato negli Stati

Uniti nell’agosto del 2024 perché è stata una grandissima esperienza che è stata in grado di riflettere al meglio il nostro spirito di avventura con un viaggio on the road e di ecletticità con i variegati contenuti che abbiamo prodotto spaziando dai motori ai viaggi, dal vino alle esperienze uniche. Il tutto sempre con il focus sul mondo del lusso visto che abbiamo raccontato l’esclusivo concorso d’eleganza di Pebble Beach durante la Monterey Car Week con brand come Lamborghini, Pininfarina, Pagani e Rolex. E la ciliegina sulla torta è stata l’ebrezza di guidare una Maserati MC20 Cielo lungo l’iconica 17 Mile Drive con vista sull’Oceano Pacifico.

Quali sono i progetti futuri del magazine? Pensate a collaborazioni internazionali o nuovi format?

In effetti, proprio l’esperienza statunitense di cui ho raccontato ci ha fatto pensare ad uno spin-off negli States, considerati i numerosi contatti editoriali che abbiamo sviluppato in poche settimane. Ma siamo abituati a puntare all’eccellenza e questo sarebbe un progetto davvero impegnativo e per il momento non sarebbe perseguibile. Ma rimane come idea per il futuro. Più nel breve, abbiamo in mente alcune nuove idee di contenuti per il format in corso. In realtà, il tempo a disposizione non va mai di pari passo con tutti i progetti che vorremmo scaricare a terra, tra questi anche la possibilità di organizzare degli eventi per coinvolgere ancora di più il nostro pubblico ed i nostri partner.

In un mondo in continua evoluzione, che ruolo pensate debba avere oggi una rivista indipendente di stile?

Bisogna essere in grado nell’era moderna di trovare il giusto equilibrio tra giornalismo e content marketing, preservando l’interesse dei lettori o degli spettatori, raccontando storie realmente interessanti o utili, senza lasciarsi troppo sedurre da proposte di collaborazione che non riflettono la linea editoriale della testata. In tutto questo non bisogna mai, per nessuna ragione, perdere di vista la propria autenticità, anzi il proprio stile. Solo così si può continuare a rivestire un ruolo di fiducia per i lettori.

ROD SCHEJTMAN

Quando la musica

è accessibile a tutti

A cura di Christian Gaston Illan

Lei è il creatore di The Piano Encyclopedia, una piattaforma che ha rivoluzionato l’apprendimento musicale con un approccio logico e inclusivo. Come è nato questo progetto e in che modo può avvicinare le nuove generazioni alla musica?

Tutto è iniziato con una domanda a cui la mia insegnante di piano non seppe rispondere.

Sono cresciuto in una casa dove la musica era l’aria che si respirava. Mio padre, affermato musicista pubblicitario, riempiva le stanze di melodie, mentre i miei fratelli maggiori, ingegneri e imprenditori, mi insegnavano che ogni idea può diventare realtà. Il mio cuore ha sempre battuto su due frequenze: la logica dell’ingegneria e la passione per la musica.

Ero diviso, finché un’epifania non mi indicò la strada: come Musorgskij o Rimskij-Korsakov, non dovevo scegliere. Il mio destino era fondere questi due mondi per creare qualcosa di unico. Ho studiato con docenti eccellenti, tra cui la responsabile di cattedra di pianoforte di una prestigiosa università. Eppure, la mia curiosità andava oltre le dita. Non mi bastava suonare le note giuste: volevo capire perché fossero proprio quelle. Un giorno trovai il coraggio e chiesi: “Perché Bach sceglieva queste note specifiche? Qual è la logica dietro la bellezza?”.

La sua risposta, sincera ma spiazzante, mi cambiò la vita: “Sono un’interprete. Questo lo deve chiedere a un compositore”. Compresi che il metodo tradizionale era una gabbia dorata: insegnava a ripetere, non a creare. Mi rendeva un esecutore brillante, ma analfabeta dal punto di vista musicale. La frustrazione esplose quando, dopo un’estate senza pratica, dimenticai brani che mi erano costati un anno di memorizzazione. Tutto quel lavoro svanito. Mi sentii sconfitto.

Con il cuore spezzato, abbandonai il pianoforte. Lei mi guardò con una saggezza particolare e mi disse una frase che non ho mai dimenticato: “Tu hai semi di altre vite”.

Più di un anno dopo, il destino mi fece incontrare la persona giusta. Mi parlò di un insegnante diverso: un ingegnere che comprendeva la musica come un linguaggio logico. Non mi diede tutte le risposte, ma qualcosa di più prezioso: la conferma che la mia intuizione era corretta. Fu la spinta iniziale di cui avevo bisogno.

Da lì, mi immersi nello studio in autonomia. Con mentalità ingegneristica divorai decine di libri di armonia, non per memorizzare regole, ma per scoprire il sistema sottostante. Cercavo il “codice sorgente” della musica. Per la prima volta non mi limitai a suonare Chopin: lo decostruì, lo compresi. E,

Rod Schejtman - Foto © Pablo Viviant

comprendendolo, trovai la libertà di comporre le mie opere.

Da ingegnere, feci ciò che sapevo fare: costruire uno strumento. Sviluppai un sistema informatico per visualizzare e memorizzare le strutture della musica. Quella che era nata come soluzione personale divenne presto una missione.

Così, nel 2005 nacque The Piano Encyclopedia. Il primo passo fu tradurre parte del sistema in Music Fundamentals, un volume di oltre cento pagine oggi alla quindicesima edizione.

Poi partecipai a un concorso internazionale di business di Telefónica e vinsi il primo premio: fu la leva per trasformare un progetto “a polmoni” in un’azienda solida con i primi dipendenti. Misi insieme una squadra di sognatori come me e arrivò l’attenzione di Forbes.com, che ci definì l’azienda che stava “rivoluzionando il modo in cui si impara il pianoforte nel mondo”, raggiungendo un quarto di milione di studenti in oltre 75 paesi.

Oggi The Piano Encyclopedia avvicina le nuove generazioni alla musica perché dimostra che non è un dono per pochi. Con il nostro metodo principale, The Logic Behind Music - che include oltre 25.000 grafici interattivi - insegniamo ciò che molti consideravano “impossibile”: suonare a orecchio, improvvisare e comporre.

Tutto è iniziato con una domanda a cui la mia insegnante non seppe rispondere. Oggi, dopo vent’anni, The Piano Encyclopedia è ancora quella risposta. Insegniamo che i musicisti non nascono: si formano. E che il sogno di fare musica è alla portata di chiunque osi chiedersi “perché”.

Il “Mondiale della Musica Classica” ha rappresentato l’Argentina al WorldVision Composers Contest di Vienna, ottenendo un riconoscimento storico. Che cosa ha significato per lei e come ricorda il momento in cui seppe di aver vinto?

Per i primi dieci anni mi sono dedicato a costruire un metodo perché altri trovassero la propria voce, ma dentro di me il musicista e l’ingegnere erano ancora in conflitto. Per risolverlo scelsi il campo di battaglia della sinfonia: “l’Everest dei musicisti”, una vetta che, mi dicevano, solo pochi compositori nella storia avevano davvero conquistato.

Scoprii l’esistenza degli “archeologi musicali”, ricercatori che riportano alla luce segreti in trattati dimenticati dei secoli XVII e XVIII, e decisi di diventare uno di loro. Fondai un gruppo di ricerca e spingemmo lo studio così oltre che, nel 2019, presentammo i risultati alla prestigiosa International Piano Week in Europa. Dovetti però attendere gli scritti di due teorici, Hepokoski e Darcy, per trovare l’ultima tessera. Dopo l’analisi di centinaia di capolavori, la loro conclusione fu una rivelazione: “una sinfonia è una mega-opera di ingegneria”. In quell’istante, la guerra dentro di me finì. Quella frase costruì il ponte definitivo tra i miei due mondi.

Con quel ponte appena gettato, arrivò il WorldVision Composers Contest di Vienna: il “Mondiale della Musica Classica”. Un’occasione unica, sostenuta da istituzioni come Steinway & Sons e la New York Philharmonic.

Foto © Luna Chapur

Sentii di essermi preparato per tutta la vita a quel momento. La pressione era enorme: simbolicamente, mettevo alla prova la mia filosofia contro i “Mozart e Beethoven dell’epoca attuale”, come veniva definito il concorso.

Lavorai tre anni su tre opere sinfoniche per ciascuna fase, rappresentando l’Argentina contro 32 paesi. Quando arrivò la notizia della vittoria, l’emozione fu assoluta. Il riconoscimento nel mio paese, l’appellativo di “Orgoglio Nazionale”, la copertina sui giornali, la mia musica su Radio Nacional… ho pianto di gioia.

È stato un momento spartiacque. La conferma che non rinunciare a nessuna delle mie passioni è stata la mia forza più grande. Sentii che il mondo non vedeva più soltanto il creatore di un metodo, ma finalmente ascoltava la voce di un artista desideroso di condividere la propria anima. La mia opera vincitrice, Luce nell’Oscurità, parla proprio di questo. E quel giorno, la mia storia e la mia musica sono diventate una cosa sola.

La collaborazione con Lalo Schifrin per ¡Viva la Libertad! ha un valore unico, anche per il suo significato patriottico. Che

cosa ha imparato da quell’esperienza accanto a un’icona della musica mondiale?

Non dimenticherò mai quella telefonata e quella proposta, prima di lasciare Buenos Aires: “Venga a Los Angeles. Le propongo di comporre un’opera in co-autoria di Lalo Schifrin e Rod Schejtman”. Per il mondo, Lalo è il genio di Mission: Impossible. Per me, è stata la chiave d’accesso a un lignaggio di conoscenza musicale quasi estinto. Non era solo un grande compositore: era un ponte vivente verso l’eredità dei maestri del Novecento.

Lalo fu allievo di Juan Carlos Paz, a sua volta allievo di Arnold Schoenberg, padre del serialismo e dell’atonalità. Studiò anche con Olivier Messiaen, erede di Maurice Ravel, e assimilò l’energia di giganti del jazz come Dizzy Gillespie, mentore di Miles Davis. In un certo senso era un crogiolo di tradizioni: la musica colta europea, il jazz americano e l’avanguardia del XX secolo. Per chi, come me, cercava di decifrare i segreti più profondi della musica, rappresentava una delle ultime occasioni di accedere direttamente a quell’eredità.

Per co-comporre ¡Viva la Libertad! Lalo mi trasmise gran parte del suo sapere durante innumerevoli pomeriggi nel suo studio,

Concierto Privado en Residencia de la Embajadora de UK Kirsty Hayes - Foto © Pablo Viviant

tra caffè e cene, per quasi un anno. Mi affidò gli stessi libri utilizzati al Conservatorio di Parigi - con i suoi appunti originali - e mi rivelò i segreti del mestiere, molti degli stessi applicati a Hollywood, anche in Mission: Impossible. Quella trasmissione di conoscenze fu il punto di partenza che ci permise di fondere le nostre voci, ampliare la mia tavolozza musicale, scoprire nuovi colori ed emozioni e dare vita alla nostra opera. Ma il dono più grande di Lalo non fu tecnico, bensì filosofico. Mi trasmise una visione della vita racchiusa in una domanda semplice: “Sì, perché no?”. Con il suo humor inconfondibile trasformava ogni sfida in una “missione possibile” e mi insegnò che la musica - come la vita - è un atto di immaginazione e coraggio.

Nelle sue opere emerge sempre un forte legame con l’Argentina. In che modo le sue radici culturali influenzano la sua scrittura? Le mie radici argentine sono - e sono sempre state - la fonte del mio più grande orgoglio. Ma la mia identità è nata da una contraddizione: sentirmi parte di una minoranza alla Lincoln International School, una scuola internazionale nel mio stesso paese. Questa tensione, insieme all’esperienza di vivere all’estero, ha rafforzato le mie radici ed è la fonte del profondo orgoglio che provo ogni volta che ho l’onore di rappresentare l’Argentina. Per questo la mia opera è un dialogo. Dal Romanticismo di Rachmaninov prendo l’architettura della passione universale. Ma il polso, la terra, vengono dal tango, una lingua che non solo ho studiato, ma ho ballato per oltre dieci anni. In fondo, la mia musica è il suono di quella conversazione: è Chopin che chiede a Piazzolla della malinconia.

La sinfonia ¡Viva la Libertad! sarà eseguita nelle principali capitali del mondo. Qual è la sfida più grande nel portare un messaggio così argentino su palchi internazionali? È vero: ¡Viva la Libertad! nasce dall’unione di due compositori argentini, separati da mezzo secolo, che si sono incontrati per trasmettere un messaggio di speranza al proprio popolo. Tuttavia, con Lalo abbiamo voluto che il suo nucleo fosse un’ode alla resilienza e, soprattutto, a un principio senza confini: la libertà. Questa dimensione universale si è manifestata al Teatro Colón, quando il Regno Unito ha scelto la nostra opera per celebrare il suo Bicentenario con l’Argentina. Ho avuto l’onore di eseguirne lì la prima versione per pianoforte in pubblico, e quella sera la musica è diventata un abbraccio fra culture, bandiere e nazioni, portando l’anima dell’Argentina nel mondo. Oggi, dopo la scomparsa di Lalo, questo tour mondiale è molto più di un progetto artistico: è esaudire il suo ultimo desiderio e quello della sua famiglia, portando al mondo l’opera che ci ha uniti in vita.

Lei unisce formazione classica, pedagogia e nuove tecnologie. Dove vede il futuro della musica in questo dialogo tra tradizione e innovazione?

La tradizione è la nostra mappa e l’innovazione la bussola. Il futuro della musica non sta nello scegliere una o l’altra, ma

nel combinarle. Con la tecnologia stiamo recuperando il genio musicale custodito in libri dimenticati e in lignaggi esclusivi per renderlo davvero universale. La mia missione è dimostrare che il genio non è un dono innato, ma un’abilità insegnabile, e con ciò democratizzare la creatività.

Essere il primo argentino a entrare nella Bach Society la colloca in una posizione di prestigio nella musica classica internazionale. Quale responsabilità sente oggi come compositore e innovatore?

Essere il primo argentino a ricevere questo onore non è un trofeo: è un promemoria della missione della mia vita. Il mio scopo ha sempre avuto due anime: quella del compositore che sogna di portare la bandiera argentina più in alto, e quella dell’innovatore che costruisce gli strumenti perché una nuova generazione possa innalzare la propria. Oggi il mio compito è semplice e immenso allo stesso tempo: aprire il cammino perché altri possano percorrerlo.

Foto © Pablo Viviant
Foto © Pablo Viviant

DARIA BULAVINA

L’arte dell’illustrazione live come esperienza e connessione del sentire

A cura di Christian Gaston Illan

Le illustrazioni live stanno conquistando brand ed eventi privati. Cosa le rende così potenti come strumento di comunicazione ed engagement?

Illustrazione live non è solo un disegno: è un’esperienza che coinvolge, sorprende e lascia il segno. Per qualche istante, l’ospite diventa protagonista silenzioso, quasi una musa: si ferma, si osserva, si lascia interpretare.

È in questo breve momento che nasce qualcosa di raro: un mix di emozioni autentiche come curiosità, stupore e sorrisi spontanei, che accende l’atmosfera e crea una connessione profonda con l’evento e con il brand. Una connessione più forte e duratura di una semplice foto.

E poi quel ritratto resta: diventa un ricordo personale, un frammento poetico da portare a casa, conservare, condividere. In un mondo sempre più digitale e veloce, un gesto analogico, fatto a mano, diventa qualcosa di raro, prezioso e profondamente autentico.

Qual è stato il momento in cui hai scoperto l’universo delle illustrazioni dal vivo e hai capito che poteva diventare parte del tuo percorso?

Tutto è iniziato dal modo in cui osservavo le persone. In metro, in strada, nel traffico: volti, gesti, dettagli di stile catturavano la mia attenzione e pensavo subito a come li avrei disegnati. Volevo fermare quell’attimo, come se potessi fotografarlo con gli occhi. In quel periodo lavoravo come modella agli eventi e organizzavo workshop per una scuola di fotografia. Stare tra le persone, sentire l’atmosfera, osservare il movimento intorno a me, mi ha sempre attratta. Con l’illustrazione live ho trovato un punto d’incontro perfetto: non solo il disegno in sé, ma il gesto, il ritmo, la relazione.

Lavorare live, davanti a un pubblico, è molto diverso dal lavoro in studio. Come cambia il tuo approccio creativo e il tuo mindset? Lavorare dal vivo è completamente diverso dal lavoro in studio. Bisogna cogliere subito i tratti essenziali, essere rapidi e presenti. Non c’è calma, c’è movimento continuo: persone, conversazioni, energia. Serve concentrazione, ma anche apertura verso l’altro. È una sfida di ritmo e attenzione, ma proprio per questo è così viva.

Hai esplorato mondi diversi – fotografia, moda, arti visive. Cosa ti ha fatto scegliere l’illustrazione come tuo linguaggio principale?

Disegno da quando ero piccola, è sempre stato parte di me.

La mia è una storia un po’ classica: per molto tempo l’idea di diventare illustratrice o artista non era vista come una “vera” professione, così ho studiato tanto, mi sono formata in altri ambiti creativi come graphic e fashion design e ho lavorato in direzioni diverse. Ma dentro di me il disegno non si è mai spento.

Col tempo ho capito che è proprio lì che mi sento davvero viva: perdo la nozione del tempo, ricevo un riscontro sincero da chi guarda i miei lavori, e sento una felicità così autentica da non avere più dubbi. È il mio linguaggio, il mio modo di essere nel mondo. E in fondo, la vita è una: perché complicarla, quando possiamo fare ciò che ci fa stare bene?

Il tuo percorso sembra in continua evoluzione. Quali sono i prossimi progetti o sogni creativi che stai coltivando?

Sto preparando un workshop di fashion illustration in una location ispiranteun’esperienza pensata per chi vuole disegnare dal vivo, con una modella, dettagli curati, fiori, atmosfera.

Ogni edizione avrà un concept diverso, quasi segreto, per lasciare spazio alla sorpresa e alla libera interpretazione. L’ idea è che ognuno possa uscire con qualcosa di unico: un disegno finito, un’emozione, o semplicemente nuova ispirazione. Parallelamente sto sviluppando format di team building creativi e un progetto che unisce illustrazione e ceramica, una nuova forma tattile di racconto visivo, una collaborazione con un’altra artista molto ispirante.

Guardando al tuo percorso, tra collaborazioni, workshop e progetti sperimentali come la ceramica, qual è il filo conduttore che tiene insieme tutto questo mondo creativo?

Il filo conduttore? L’idea di creare qualcosa che tocchi le persone. Ogni progetto è un’occasione per far nascere connessioni reali, far sentire le persone parte di qualcosa, e lasciare un’emozione che resta anche dopo. Un gesto creativo che diventa condivisione, connessione, energia viva.

Guardando al tuo cammino, cosa ti ha insegnato il cambiamento e quale messaggio vorresti dare a chi sta ancora cercando la propria strada professionale e personale?

Il cambiamento mi ha insegnato a fidarmi davvero di me stessa.

Tutti attraversano momenti difficili, e ognuno ha il proprio ritmo. Il consiglio che darei è di ascoltarsi capire cosa ci dà energia, cosa faremmo anche dieci volte di fila, anche senza risultati immediati, solo perché ci fa stare bene.

È facile lasciarsi guidare dai pensieri razionali o dai giudizi degli altri, ma la verità è che il percorso giusto è quello che ci fa sentire vivi.

Credere in sé stessi, anche quando nessun altro ci crede ancora, è l’unica vera forza. Alla fine, vince sempre chi non smette di andare avanti.

GEORGIA VIERO

Un nuovo percorso per trasformare microbudget in sogni globali

A cura di Christian Gaston Illan

Dopo il successo televisivo in Italia, cosa ti ha spinto a cambiare rotta e rimetterti in gioco nel cinema internazionale?

II Covid mi ha dato una bella spinta! Ti racconto meglio... fino ai primi mesi del 2020 lavoravo in co-conduzione, con Maurizio Biscardi, al Processo, sull'emittente tv 7Gold la cui sede si trova a Milano (Assago), all'epoca tra le città italiane più colpite. Appena scoppiata la pandemia mi sono ammalata e spaventata davvero tanto, a tal punto da non poter più lavorare alla trasmissione. In quei mesi ho riflettuto a lungo ed ho deciso di volere un cambiamento piuttosto radicale, complice il fatto che anche la mia decennale situazione sentimentale si era interrotta. E fu così che volai verso Londra, luogo in cui ho ritrovato una persona speciale, un uomo che oggi è il mio compagno e che è un noto attore italo-britannico: Christian Vit.

Innamorata di lui e della città inglese ho trovato l'ispirazione per voler riesplorare il mio lato attoriale e per scrivere dei soggetti di film horror.

Come nasce il progetto "Behave" e qual è stato il processo creativo dietro il personaggio di Polly?

Sono un'appassionata dei film horror degli anni '90 tra cui "Scream"

ed "Urban Legend “ed ho pensato ad una storia, che omaggiasse quel periodo "dorato". Non volevo un killer scontato, volevo ci fosse una maschera particolare e volevo tutti personaggi ambigui e sospettabili, persino la mamma italo-britannica Polly, interpretata da me, doveva destare dei sospetti.

Pensarla e portarla sullo schermo è stato molto divertente e profondo ma mi fermo qui altrimenti spoilero il film.

È nato tutto una sera mentre ero intenta a guardare una serie thriller "The serpent" e ho avuto l'illuminazione. Sono letteralmente scesa dal letto e ho iniziato a scrivere su un foglio... almeno il 70% della storia. Ti preciso che io sono solo una "soggettista" perchè non avendo mai studiato sceneggiatura non avrei le dovute competenze per scrivere un copione ed è proprio per questo che mi affianco sempre a scrittori professionisti e di madrelingua inglese che danno vita alle mie idee.

È importantissima la scrittura se si vuole che il film abbia ritmo, riesca bene nel complesso e venga attenzionato dal pubblico e... dai distributori. Soprattutto per chi, come me, lavora con progetti a "micro-budget".

L'esperienza al Marché du Film di Cannes ha rappresentato un

Foto © Alex Comaschi

punto di svolta? Come è stato presentare lì il tuo lavoro?

Un sogno. Con la "Devilworks” (il nostro distributore), "Behave" è volato in diverse parti del mondo, fino ad approdare al prestigioso Mercato del festival di Cannes nel 2024. Ha fatto un certo effetto vedere la locandina di Behave nel padiglione... con migliaia di addetti ai lavori presenti! L'atmosfera del festival è magica, si sa. Essere lì ad accompagnare il film ha rappresentato il momento in cui ho pensato che i sogni possono diventare realtà con sacrificio e perseveranza e che queste mie idee possono essere anche un bel Beesness.

Il ritorno a Buenos Aires ha un valore anche simbolico nel tuo percorso personale e professionale?

Certamente! Essendo nata nella splendida Argentina, terra che mi ha sempre dato tantissimo, ho sentito il bisogno di renderle omaggio. E di dare lavoro alle maestranze albicelesti che sono eccellenti. Recitare con attori locali e rapportarsi a figure professionali che, come si dice lì “la dan con todo”, è già una bella garanzia. Sono artisti molto preparati, disposti a far sacrifici e sono abituati a lavorare con budget molto contenuti. Hanno anche la giusta flessibilità nel concedere le locations per poter filmare.

Quali sono state le sfide e le emozioni dietro le riprese de La Hacienda nelle terre di Felicitas Guerrero?

Ho un ricordo pazzesco di quei giorni. Girato in poco più di una settimana, con dei ritmi molto intensi. Con il mio compagno Christian visto che è un attore fenomenale- oltre ad essere produttore esecutivo assieme a me- siamo Maggie e Lucas nel film ideato da Mercedes Perez, con la regia di Gaby Smiths e prodotto da Lion Films. Avere a disposizione un luogo di interesse, con una storia incredibile alle spalle nota a tutti gli argentini, è stato a dir poco coinvolgente. Abbiamo visto l'alba nella pampa mentre giravamo tra rituali, inseguimenti e pugnalate... e ci sono venuti a trovare gauchos e cavalli. Il film, dopo diverse menzioni e vittorie in alcuni festival, ha iniziato il suo percorso di distribuzione in diversi cinema dell'Argentina, persino arrivando alla Terra del fuoco.

Punto i fari sul piacere ed il prestigio che hanno rappresentato le proiezioni nel cinema simbolo di Buenos Aires... El cine Gaumont. Il film è stato girato in spagnolo ed è in fase di distribuzione anche in Spagna su diverse piattaforme.

"Jingle Hell" promette un Natale fuori dagli schemi: cosa ti ha ispirato nella scrittura di questa storia?

Jingle Hell sarà una bomba. Mi ha fatto l'occhiolino proprio l'esperienza del 2024 al festival di Cannes, che considero prevalentemente sia stato un viaggio di Beesness e non tanto di... "glitter" :)

Parlando e presentandomi a diversi addetti ai lavori nel Marché du Film ho domandato quali fossero i trend dei film horror (cosa cerca e cosa vuole il pubblico). Mi è stato risposto che i film natalizi trovano molto spazio (di qualsiasi genere) e poi tutto ciò che è

Foto © Alex Comaschi
Foto © Alex Comaschi

paranormale, creature e cannibalismo. Cosa poi fondamentale è il girare solo in lingua inglese. Ho deciso di abbracciare tutti questi trend, dare valore aggiunto creando un parterre di personaggi internazionali, tornare in Argentina, affidare il progetto di nuovo alla Lion Films in partnership, fare il casting degli altri attori, finanziare il progetto assieme al mio compagno e con l'aiuto di Lion Films, far scrivere 2 ruoli per noi da Mercedes Perez e far revisionare lo script da Stacy Thunes.

Ho inoltre voluto fortemente puntare sulla solitudine e sulla profonda tristezza che spesso accompagnano le festività natalizie oltre che sull’ingenuità umana, la pericolosità del mondo in cui viviamo in cui accadono cose dove neppure il migliore degli sceneggiatori arriverebbe con la sua penna. Abbiamo girato in un museo di treni (infestato da spiriti) con carrozze di ogni epoca, anche di fine '800. La location è davvero suggestiva. Abbiamo avuto dei ritmi intensi perché' in 13 giorni abbiamo girato in piena notte ma tutti abbiamo dato vita ad un gioiellino che, ciliegina sulla torta, vede bellissime inquadrature non solo di Buenos Aires ma anche di Londra e Roma. Tutti quanti sono stati straordinari e fondamentali per la buona riuscita del progetto. Hanno dato veramente l'anima.

Com'è nata la collaborazione con Stacy Thunes e su quali elementi state costruendo il vostro nuovo film previsto per il 2026? Stacy è un'attrice formidabile. Un essere umano squisito ed una scrittrice magnifica.

Quando hai la fortuna di collaborare con persone di questo calibro, naturalmente, te le tieni strette. Lei ha interpretato Nancy in Behave ed abbiamo legato moltissimo. Dopo abbiamo prodotto e recitato insieme in un cortometraggio. Poi, conoscendo la sua penna, le ho proposto di dar vita alla mia idea di un nuovo horror che vorrei girare o a Roma o a Londra e a cui tengo moltissimo. È la storia di una vecchia e ricca signora che in punto di morte decide di ingaggiare un videomaker per documentare un'ultima serata di festa assieme ai suoi familiari. Nulla va come da piani. Non svelo altro...

Qual è oggi, secondo te, il vero potenziale del genere horror nel mercato globale?

Il potenziale è esplosivo! Se consideriamo la vastità delle fan bases degli amanti degli horror sparsi in tutto il mondo, si capisce anche il "consumo" di questo genere. È il genere che vende di più in assoluto. Quello dove puoi permetterti di scoprire volti nuovi e di non avere per forza big stars nel cast per trovare una distribuzione. Quello in cui trovi più facilmente un distributore che crede nel progetto. C’è un grande bisogno di contenuti e questi lungometraggi, se si ha un po' di pazienza, ripagano lo sforzo. Si parla tanto di spese esorbitanti nel settore cinematografico e di opere che poi non incassano. È anche per questo che ragiono in termini di microbudget, per dimostrare che, con un investimento contenuto, si riescono a fare risultati importanti, che sono industry standard. E a guadagnare.

La mia volontà è quella di lavorare con investitori privati e ripagarli. Mi piacerebbe ci fosse un 'apertura mentale maggiore in tal senso.

Che tipo di opportunità vuoi offrire ai nuovi attori e alle maestranze emergenti? Cosa rende, secondo te, l'Argentina un terreno così fertile per queste produzioni?

Da attrice, conoscendo la durezza del settore e la fatica di scelta di questo percorso lavorativo così incerto, nel mio piccolo, voglio dare lavoro a tanti attori che magari faticano.

Quando partecipo alla fase dei casting penso sempre a questo e a trovare qualche persona che mi trasmetta "quel qualcosa". Ci sono anche tantissime maestranze che hanno un talento eccezionale oltre ad essere puntuali ed affidabili e mi piace collaborarci per merito e non per strane imposizioni.

Mi fa molto felice il pensiero di poter dare un contributo a questo. L'Argentina è assolutamente sotto la lente d'ingrandimento di diversi addetti ai lavori. Intanto ci sono figure come Demian Rugna (vincitore del Sitges con "Cuando asecha la maldad") che ha letteralmente spopolato a livello internazionale e poi i fratelli Onetti che hanno avuto un'idea pluripremiata e totalmente fuori dalle righe come quella di un horror nell'epoca dei desaparecidos. Tutti progetti brillanti e che vengono dalla fine del mondo!

Foto © Alex Comaschi
Foto © Alex Comaschi

IL MEDITERRANEO SECONDO COSTA

Spettacoli sotto le stelle, cultura, sapori e nuove destinazioni marine

A cura di Christian Gaston Illan

Salire a bordo di Costa Pacifica è stato come entrare in una sinfonia galleggiante: ponti che portano nomi musicali, decorazioni che ricordano spartiti e un’atmosfera che accompagna ogni momento. Già dall’imbarco ho percepito la cura del servizio, l’attenzione del personale e quella sensazione rara che stai per vivere qualcosa di più di una semplice vacanza.

Il mio itinerario ha attraversato il cuore del Mediterraneo, toccando La Seyne-Sur-Mer (Tolone), Palma di Mallorca, Valencia, Olbia e Civitavecchia. Ogni tappa è stata un incontro con identità e culture diverse: Tolone e il suo ritmo francese autentico, Palma con la maestosità della Cattedrale gotica e l’energia delle Baleari, Valencia sospesa tra il barocco della città storica e l’avanguardia della Città delle Arti e delle Scienze, Olbia con i profumi intensi della Sardegna e, infine, Civitavecchia come porta verso l’eternità di Roma.

Ogni scalo ha offerto escursioni organizzate con cura, a misura dei sogni e delle aspettative di ciascun viaggiatore: chi desiderava vivere l’arte e la storia, chi cercava il contatto con la natura, chi voleva semplicemente assaporare i ritmi locali. Un ventaglio di possibilità che

ha reso ogni città non solo una sosta, ma un’esperienza costruita su misura.

La vita a bordo si è rivelata un mosaico di esperienze. Gli spettacoli serali trasformavano la nave in un palcoscenico internazionale: musical, concerti e performance capaci di emozionare e sorprendere, che rendevano ogni serata un evento da ricordare.

Un altro aspetto centrale è stata la cucina. Nei ristoranti principali, come il My Way e il New York New York, i piatti alternavano sapori mediterranei e internazionali. Per chi cercava esperienze più esclusive, il ristorante Archipelago offriva menu d’autore firmati da tre chef di livello internazionale (Bruno Barbieri, Hélène Darroze e Ángel León), mentre la pizzeria Pummid’Oro, il sushi bar Sushino at Costa e la Gelateria Amarillo completavano un’offerta capace di unire eleganza e informalità, con una varietà che parlava a ogni viaggiatore.

Un dettaglio che mi ha colpito è stata l’organizzazione impeccabile a bordo: ordine, attenzione ai particolari e puntualità in ogni servizio contribuivano a creare un’atmosfera di efficienza e tranquillità, dove ogni dettaglio era pensato per il comfort degli ospiti. Quello che mi porto a casa non è soltanto la somma delle tappe visitate o dei servizi di bordo, ma la sensazione di aver vissuto un’esperienza che unisce il viaggio e la scoperta, il mare e l’accoglienza, la cultura e il piacere. Un Mediterraneo visto non solo dal mare, ma sul mare, che rimane dentro come un racconto fatto di immagini, sapori e momenti unici, reso ancora più unico grazie alle Sea Destinations, le destinazione marine disponibili solo con Costa – come il Balearic Sea Darkest Spot, dove ci siamo ritrovati nel punto più buio del Mediterraneo ad ammirare uno spettacolare “Mare di stelle” o danzare al tramonto di Palma Bay, catturati dall’energia del celebre Magaluf Jungle Party, tra luci, danze tribali e DJ set sotto un cielo stellato. Itinerari ed esperienze che rendono il viaggio ancora più memorabile, lasciando negli occhi e nel cuore emozioni difficili da raccontare.

Ma se il mio viaggio su Costa Pacifica è stato una sinfonia estiva, l'offerta invernale di Costa Toscana promette di non essere da meno. Costa ha infatti ampliato la sua programmazione per l'inverno 2025-2026, creando due itinerari che trasformano i mesi più freddi in un'occasione unica per scoprire un Mediterraneo inedito, più autentico.

A gennaio 2026 Costa Toscana partirà da Savona per un viaggio di 12 giorni, attraversando l'Andalusia, il Marocco e la Tunisia. Immagino già l'emozione di vedere Malaga, per poi attraversare lo Stretto di Gibilterra verso Tangeri, con i suoi vicoli bianchi, la Kasbah e il promontorio di Capo Spartel. A rendere questo itinerario davvero speciale saranno nuovamente le Sea Destinations, come l’Alboran Sea Darkest Spot, dove gli ospiti si troveranno nel punto più buio del Mediterraneo per ammirare stelle e costellazioni. Un'esperienza che trasforma la navigazione stessa in destinazione.

Il secondo itinerario, dedicato ai "Golfi d'Italia", offre crociere di 7 giorni per una pausa rigenerante nel Mediterraneo anche nei mesi invernali. Da Savona si raggiungono Marsiglia e Barcellona, per poi proseguire verso il Golfo di Napoli e concludere a La Spezia. Anche qui, lo “stargazing” che si potrà vivere nella destinazione sul mare Balearic Sea Darkest Spot aggiungerà una dimensione magica all’intera vacanza, al punto da rimanere senza parole.

HOSPITALITY FORUM

Crescita record del mercato alberghiero in Italia

A cura della Redazione

Nel 2024 il mercato alberghiero italiano ha fatto registrare investimenti prossimi ai 2,2 miliardi di euro, in aumento del cinquanta per cento rispetto al 2023. Nel corso del primo semestre del 2025 l’espansione delle catene e le attività dei principali operatori del mercato hanno consolidato e migliorato le dinamiche dell’anno precedente, permettendo agli investimenti di superare gli 1,5 miliardi di euro. In Europa, gli investimenti nel settore alberghiero hanno raggiunto i 22,5 miliardi di euro, con un incremento del quaranta per cento rispetto al 2023 , segnando la miglior performance dal 2019, facendo segnare un trend chiaramente in ripresa. Questi sono alcuni dei dati che emergono dal Rapporto 2025 sul mercato immobiliare alberghiero, presentato a Milano nel corso di Hospitality Forum 2025 , organizzato da Castello SGR (uno dei più importanti investitori in questo segmento) e Scenari Immobiliari.

In Europa nel 2024 sono state concluse circa 1.000 transazioni, per un totale di oltre 120.000 camere, e un volume dei portafogli di quasi 8 miliardi di euro, equivalente a oltre un terzo del mercato complessivo. I mercati più attrattivi si confermati quelli di Regno Unito, con 7,85 miliardi di euro, seguito da Spagna con 3 miliardi e Francia con 2,4 miliardi: questi tre Paesi rappresentano insieme quasi il sessanta per cento del volume totale. L’Italia si è posizionata poco dietro, con risultati anch’essi significativi e che dopo le

perfomance registrate in questi primi mesi del 2025 si prevede possa salire, a spese della Francia, sul podio finale del 2025

In Italia, le classi luxury e upper upscale hanno attratto complessivamente il sessanta per cento degli investimenti degli ultimi 18 mesi (2,3 miliardi di euro): solo nel 2024 le dinamiche di mercato hanno coinvolto più di 6.500 camere.

In Italia il numero di transazioni concluse nel 2024 e in questi primi mesi del 2025, prossimo a 90 strutture, conferma la vivacità del comparto, così come l’ampiezza della distribuzione geografica delle operazioni. Le destinazioni principali restano Firenze, Milano, Roma e Venezia , ma il crescente interesse degli investitori sta portando alla ribalta anche città come Bologna, Genova, Napoli, Palermo e Verona, oltre a numerose località lacustri e marittime Nel solo terzo trimestre del 2024, il comparto ha attratto oltre 450 milioni di euro grazie a operazioni di rilievo come la cessione di un portafoglio extra-alberghiero tra Veneto e Toscana, la riconversione di un immobile nel centro di Roma in un hotel 5 stelle lusso e il rafforzamento dell’interesse per la Sicilia e il Sud Italia.

Nel 2024, il valore del patrimonio immobiliare ricettivo italiano ha superato i 160 miliardi di euro, registrando una crescita dell’11 per cento rispetto all’anno precedente. Di questi, circa 133 miliardi sono riconducibili a strutture alberghiere, pari a oltre l’ottanta per cento del totale, mentre 29 miliardi sono riferibili al comparto extra-alberghiero. Il numero di strutture ricettive in portafoglio ai 79 fondi immobiliari attivi, di cui solo il 12 per cento italiani, è passato da 144 nel 2023 a 191 nel 2024, facendo salire al 4 per cento la quota delle superfici immobiliari complessive gestite dalle 25 SGR.

Il fatturato immobiliare del comparto è cresciuto da 3 miliardi nel 2023 a 3,4 miliardi di euro nel 2024, con un incremento del 13 per cento. Le previsioni per il 2025 indicano una crescita ulteriore di quasi il 9 per cento, con il superamento dei livelli record del 2019 e il raggiungimento dei 3,7 miliardi di euro.

Nel 2024, il tasso di occupazione delle strutture ricettive di fascia medio-alta ha superato il sessantacinque per cento nella quasi totalità delle città italiane. In particolare, Bologna, Firenze, Milano, Roma e Venezia hanno registrato tassi superiori al settantacinque per cento. Nei primi mesi del 2025, Bologna e Milano hanno mostrato un ulteriore incremento di due punti percentuali, avvicinandosi all’ottanta per cento, mentre Roma e Venezia hanno subito una lieve contrazione. Le previsioni turistiche per il 2025 delineano un quadro molto positivo: si stimano 134 milioni di arrivi, oltre 467 milioni di presenze e una spesa complessiva prossima ai 135 miliardi di euro

Il 2024 segna il ritorno ai livelli pre-pandemia per l’offerta ricettiva italiana. Dopo la contrazione subita nel biennio 2020-2021, con la perdita di circa 100.000 posti letto, il comparto ha recuperato terreno. Il numero di strutture alberghiere ha superato le 32.940 unità , con oltre 1,09 milioni di camere disponibili.

Parallelamente, il comparto extra-alberghiero ha mostrato una vitalità ancora maggiore, con un incremento del diciotto per cento nel numero di strutture e dell’otto per cento nei posti letto rispetto al 2023. Complessivamente, l’offerta ricettiva nazionale è passata da poco più di 5,2 milioni a quasi 5,5 milioni di posti letto, con una crescita di circa il cinque virgola otto per cento su base annua.

La continua evoluzione dei costumi e delle dinamiche socioeconomiche nel sistema turistico globale ha determinato una ulteriore trasformazione nelle modalità di fruizione e offerta dei servizi ricettivi, spingendo il mercato immobiliare alberghiero verso nuove forme di ospitalità innovative e sostenibili, capaci di adattarsi a tendenze e preferenze in continua evoluzione, influenzate da fattori sociali, tecnologici e di consumo. Nel 2024, il valore aggregato degli asset immobiliari alberghieri è stato stimato in quasi 1.300 miliardi di dollari, il fatturato annuo complessivo generato dal settore hospitality a livello mondiale supera i 3.900 miliardi di dollari . In Italia le strutture extraalberghiere hanno raggiunto i 180 milioni di presenze , con il comparto open air che ha generato un fatturato superiore agli 8 miliardi di euro, pari a circa l’8 per cento del fatturato complessivo della ricettività turistica nazionale (hotel, campeggi, villaggi, agriturismi, b&b, …). Le previsioni per il prossimo quinquennio riguardano la crescita dell’offerta di glamping in Italia, che dalle 320 del 2025 raggiungerà le 400 entro il 2030.

SCENARI IMMOBILIARI

Scenari Immobiliari Istituto indipendente di studi e di ricerche analizza i mercati immobiliari, e in generale, l'economia del territorio in Italia e in Europa. Fondato nel 1990 da Mario Breglia, l'Istituto opera attraverso le sedi di Milano e Roma e può contare su un ampio numero di collaboratori attivi sul territorio nazionale ed europeo. Un personale altamente qualificato e multidisciplinare, proveniente da esperienze professionali diversificate, è in grado di fornire servizi a elevato valore aggiunto in tutta la filiera immobiliare (esclusa l'intermediazione).

ORIENT EXPRESS PALAZZO DONÀ GIOVANNELLI

La nuova anima nobile nel cuore di Venezia

A cura della Redazione

Orient Express Palazzo Donà Giovannelli, a Venezia al via le prenotazioni delle 47 camere, suite e appartamenti del palazzo veneziano del XV secolo. I viaggiatori potranno soggiornare in un luogo dove convergono lo splendore di Venezia e lo spirito del viaggio. Gioiello dell’architettura neogotica e barocca, situato lungo la rotta leggendaria dell’Orient Express verso Costantinopoli, Palazzo Donà Giovannelli rinasce come destinazione in cui storia ed emozioni incontrano la bellezza e lo splendore di una nuova vita.

Orient Express Palazzo Donà Giovannelli accoglierà i primi ospiti a partire da Aprile 2026. Situato nel cuore del sestiere di Cannaregio, uno dei quartieri più autentici di Venezia dove l’anima della Serenissima conserva intatto il suo fascino, l’hotel sorge in una posizione privilegiata, all’incrocio di due canali. Una storica residenza nobiliare edificata nel 1436, su progetto del maestro architetto Filippo Calendario, la mente visionaria dietro il Palazzo Ducale, Palazzo Donà Giovannelli offre 47 camere, suite, di cui sei signature, e appartamenti privati tutti pensati per far rivivere, in un perfetto equilibrio, l’eredità storica e il design contemporaneo, immersi in una cornice senza tempo, evocativa

del più autentico stile di vita veneziano.

Le sei signature suite, tra il Piano Nobile e il primo piano, riflettono la maestosità dello stile di vita della Serenissima, con ambienti su misura dal carattere unico. I primi appartamenti Orient Express ospitati in un palazzo adiacente, offrono invece un’esperienza residenziale dove la modernità viene reinterpretata con una vista incantevole sul canale.

L’architetto e interior designer Aline Asmar d’Amman, originaria di Beirut, ha sapientemente orchestrato un complesso restauro su più livelli, dove la grandeur teatrale si fonde con un’eleganza poetica. Il suo intervento su Palazzo Donà Giovannelli è una dichiarazione artistica e allo stesso tempo un’impresa architettonica, dialogo armonioso tra memoria e modernità, maestria e creatività contemporanea.

Un tributo a Venezia, crocevia culturale e spirituale del Mediterraneo, l’architettura coniuga la verticalità tipica dello stile neogotico, l’opulenza barocca e l’armonia classica in un dialogo tra diversi stili che ne hanno modellato l’anima nel corso della storia. All’esterno, l’imponente facciata del palazzo, costellata da una fila di sette finestre gotiche finemente scolpite, si specchia

©Jeremy Zaessinger

sul Rio de Noale, con un gioco di luce e riflessi.

Dagli affreschi originali dei grandi maestri italiani ai pavimenti a mosaico, ogni dettaglio e ogni finitura sono stati riportati alla luce con sensibilità, ridando vita all’importante eredità storica di Palazzo Donà Giovannelli.

Un tempo residenza privata delle famiglie nobili Donà e Giovannelli, mecenati delle arti, e poi donato al Duca di Urbino, Palazzo Donà Giovannelli custodisce la memoria di un’antica grandezza storica. Dalle sale da ballo con i decori dorati, ai passaggi segreti, oggi si risveglia come un luogo ricco di cultura nel cuore di Cannaregio.

Gli ospiti possono iniziare il loro viaggio a bordo di un’imbarcazione privata, tramite un ingresso gotico del XV secolo sul canale, oppure accedendo direttamente al giardino segreto di Santa Fosca. Arrivando invece dalla Strada Nova, si entra nel tranquillo cortile interno: ogni ingresso è un preludio a un’esperienza tanto rara quanto indimenticabile.

Il viaggio prosegue all’interno, nella lobby inondata di luce e di grande impatto scenografico, grazie agli alti soffitti in legno, all’altezza di una dimora nobiliare, impreziosita da tesori antichi e contemporanei selezionati con cura. Una suggestiva scala ottagonale, capolavoro architettonico aggiunto nel XIX secolo da Giovanni Battista Meduna, architetto della Ca’ d’Oro e del Teatro La Fenice e sormontata da una volta celeste di pietre e vetro, invita a scoprire il Piano Nobile. Qui, un susseguirsi di sale storiche rivelano ulteriori sfumature di ricchezza culturale e aprono le proprie porte a feste e celebrazioni: il luminoso Salone Vittoria in stile barocco, originariamente creato per il matrimonio della principessa Vittoria Farnese nel 1548;

la sorprendente Libreria della Cultura, con i suoi pigmenti di lapislazzuli e i legni dorati; e la Sala della Musica, dove lo spirito dell’età d’oro veneziana permane nei tanti dettagli, dando nuova vita al fervore intellettuale degli incontri di un tempo.

L’offerta gastronomica dell’hotel comprende un ristorante fine dining dall’atmosfera intima, con ormeggio privato, un all day dining affacciato sull’esclusivo cortile interno con un rigoglioso giardino e l’iconico Wagon Bar, omaggio agli anni d’oro dei viaggi in treno.

ORIENT EXPRESS

Artigiani del viaggio dal 1883, Orient Express eleva l’arte del viaggio attraverso treni di lusso, esperienze uniche e collezioni di oggetti rari. Marchio di treni, hotel e yacht a vela, ha accolto i viaggiatori nel suo primo hotel al mondo, Orient Express La Minerva a Roma, aperto ad aprile 2025 e il secondo hotel, Orient Express Palazzo Donà Giovannelli a Venezia, accoglierà i primi ospiti a partire da Aprile 2026.

L’esperienza di viaggio prosegue sui binari con La Dolce Vita Orient Express (2025), a cui seguirà Orient Express Corinthian (2026), il primo dei due yacht a vela firmati Orient Express. Infine, ci sarà il ritorno sui binari del leggendario treno storico Orient Express. Dal 2022, Orient Express fa parte della collezione di marchi di lusso del Gruppo Accor, che prosegue la sua tradizione secolare nell’hôtellerie e nell’alta ristorazione. Nel 2024, Accor e LVMH hanno stretto una partnership strategica per accelerare lo sviluppo di Orient Express.

Aline Asmar d’Amman ©Jeremy Zaessinger
©Jeremy Zaessinger

©Alixe Lay

ORIENT EXPRESS CORINTHIAN

Il lusso più esclusivo sulle acque dei Caraibi

A cura della Redazione

A partire da ottobre 2026, Orient Express Corinthian approda nei Caraibi- Espressione di comfort assoluto, servizio senza pari, viaggi esclusivi, esperienze memorabili e tecnologie all’avanguardia per una navigazione responsabile, Orient Express Corinthian ridefinisce l’arte del viaggiare per mare .

Itinerari inediti per una destinazione d’eccezione

Il viaggio inaugurale è previsto per lunedì 12 ottobre 2026 , con partenza da Lisbona per una traversata atlantica di due settimane fino alle Barbados: un itinerario interamente dedicato al benessere, che inaugura la stagione autunnale sotto i cieli tropicali.

Da ottobre 2026 fino a marzo 2027, Orient Express Corinthian offrirà itinerari da tre a nove notti , alla scoperta di lagune di colore turchese, arcipelaghi incontaminati, baie cristalline, barriere coralline variopinte e calette segrete.

Dalle coste raffinate di Saint-Barth alle spiagge più intime di Moskito Island, dalle acque smeraldo delle Exumas ai regni corallini delle Tobago Cays, ogni approdo sarà un racconto a sé. Ma la vera magia inizia già durante la navigazione stessa: sospinti dagli alisei, i paesaggi si svelano lentamente in un viaggio sensoriale che celebra la lentezza, l’attesa e l’incanto del viaggio.

Ogni esperienza è pensata per sorprendere e stupire: esplorazioni guidate in santuari naturali incontaminati, tributi alla gastronomia locale e una collezione di momenti sospesi tra realtà e sogno.

Un viaggio dei sensi anche restando a bordo

A bordo di Orient Express Corinthian, l’eleganza dell’artigianato francese viene reinterpretata in chiave contemporanea, ispirandosi all’eredità stilistica del marchio.

L’architetto Maxime d’Angeac, Direttore Artistico di Orient Express, firma interni raffinati che richiamano l’età dell’oro dei viaggi in treno con una sensibilità moderna , dove la maestria dei migliori artigiani francesi, evoca il fascino dei leggendari transatlantici come il Normandie Lo yacht, a vela, presenta 54 suite, da 45 a 230 m², tutte dotate di ampie finestre panoramiche o terrazze private e soffitti alti, per offrire un senso di spazio senza precedenti sul mare.

Cinque ristoranti e spazi per cene private L’arte della tavola si eleva grazie alla firma dello chef pluristellato MICHELIN Yannick Alléno, ed Executive Chef sia del treno storico Orient Express che dello yacht a vela . Un cabaret di 115 posti, uno studio di registrazione all’avanguardia, due piscine e una marina completano un universo sofisticato dove ogni sera promette una nuova scoperta.

Orient Express Corinthian reinventa il concetto stesso di Voyage, coniugando eleganza e spirito di avventura ungo una rotta tropicale concepita per incantare.

ORIENT EXPRESS SAILING YACHTS

Nate da una collaborazione d’eccellenza francese tra Accor e Chantiers de l’Atlantique, le imbarcazioni Orient Express Corinthian e Orient Express Olympian salperanno nel 2026 e 2027 con interni scenografici e un design d’avanguardia. Ispirate al mondo della vela da competizione, saranno dotate di un sistema di propulsione con tecnologia SolidSail: tre vele rigide di 1.500 m² montate su alberi inclinabili di oltre 100 metri d’altezza, capaci di garantire una navigazione a vela fino al 100% in condizioni meteo favorevoli.

©Alixe Lay

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