Beata Mamma Rosa. Madre di Famiglia e di sacerdoti, 2-3\2019 ISSN 2531-8764

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Editoriale

L’eroicità della Beata Mamma Rosa, dono di Dio alla Chiesa del nostro tempo. Il fascino della figura della Beata Eurosia Fabris Barban emerge in questo numero nell’armonia di voci diverse. I contributi proposti convergono sullo sbocciare garbato, descritto da diversi punti di vista ancorati nel tempo attuale. L’eroicità di Mamma Rosa era a lei riconosciuta già nel tempo della sua esistenza terrena, eppure il processo diocesano ha dovuto attendere 43 anni, come scrive P. Pasquale: “Infatti, venne aperto soltanto a Padova dal vescovo Cappuccino Mons. Girolamo Bortignon (1905-1992) nel 1975, in ragione del fatto che Mamma Rosa era anche Terziaria Francescana e chiuso due anni dopo (1977). Il vescovo, dalla fluente barba, vide lontano”. Nel tempo la vita di “Rosina” da Marola si fa conoscere e si propone come testimone di umiltà e carità cristiana, sempre pronta ad accogliere e farsi vicino ai più bisognosi che a lei si rivolgevano. Mai si è negata, realizzando quella spinta d’amore che le sgorgava dal profondo del cuore, nonostante le difficoltà e i dolori che la vita non le ha risparmiato. Potrebbe sembrare una vita sacrificata quella di Eurosia invece bene afferma Umberto Fontana delineandone il profilo: «Rosa Barban fu donna del tutto realizzata. Donna che non ebbe paura né della propria intelligenza, né della propria sessualità, né della furbizia contadina, né della propria creatività. Seppe utilizzare le sue doti umane meravigliosamente (che nell’accezione ecclesiale si deve dire eroicamente). Non ricusò mai di ricorrere a strategie che “incantavano” coloro che si accostavano a Lei per qualche problema pratico o spirituale». Una donna quindi capace di vivere pienamente, anche nella difficoltà concreta, personale e altrui. Ella diviene per questo un esempio per i nostri giorni; capace di leggere la realtà con gli occhi del cuore abitato da Dio

Laura Dalfollo

riesce a “farsi tutto a tutti”, divenendo ancora oggi uno strumento nelle mani del Signore. Provvidenziale – mai casuale – è stata la conoscenza con Giulietta Iannone, responsabile del sito e blog www.liberidiscrivere.com che ha recensito la bibliografia della Beata e ha offerto un contributo per questo numero, confermando ancora una volta che un mezzo come il web possa essere utile per “incontri” arricchenti, spiritualmente e culturalmente. Ella scrive relativamente alla modernità della figura di Mamma Rosa. Nel nostro tempo, abitato spesso da indifferenza e chiusura verso l’altro, Mamma Rosa diviene esempio e aiuto “Rese felici le persone che incontrò. Fece del bene a tutti, e continua a farlo ancora oggi a coloro che la venerano e ne chiedono l’intercessione”. Ed è proprio così. Mamma Rosa abita il nostro tempo come punto di riferimento di molte donne e uomini che a lei rivolgono le loro preghiere. La sua vita è ispirazione rifugio, come scrive Paolo Rodari: “Eurosia trovò la sua realizzazione personale come sposa e madre, donando ogni giorno amore alla sua famiglia, alla comunità e alla Chiesa. Per questo molte coppie di sposi e famiglie invocano la sua intercessione, in particolare per ottenere il dono della maternità”. Ad essa si rivolgono madri oppresse dalle preoccupazioni della vita familiare, ma in modo particolare le giovani spose che desiderano vivere la maternità, accogliere il dono di un figlio. L’esempio di Eurosia diviene conforto e sostegno nell’attesa fiduciosa, guardando a lei lo sguardo si rivolge di rimando al Signore che le ha concesso la grazia di essere madre quando tutto lasciava pensare non fosse possibile. Non solo le donne però: come ogni vita eroica secondo il vangelo, quella di Mamma Rosa è oggi più che mai segno credibile per tutto il popolo di Dio, il cui bisogno di esempi luminosi è sempre più crescente. In questo senso ritroviamo le parole di Mario Oronzo 3


Spedicato, a ricordaci come “il messaggio di Eurosia non serve solo per costruire la sua storia terrena, ma resta profetico, indirizzato alle donne e agli uomini contemporanei che la secolarizzazione ha allontanato da Dio, rendendoli estranei al progetto di salvezza”. Ed è proprio in questo tempo che si colloca la testimonianza di Cristina Ricchieri. Con generosità di cuore, ella, ha voluto condividere il suo incontro con la Beata Eurosia, raccontando come questo abbia sostenuto progressivamente la sua esistenza nelle difficoltà quotidiane, aiutandola a riconoscersi in una storia a cui potersi affidare. Per una donna e madre diviene liberante riconoscere come guardare a Mamma Rosa significhi vedere “il centro di tutto nella parola Famiglia. Lei era capace di creare Famiglia nonostante tutto, nido, rifugio sicuro, comunità, presenza amorevole, esempio e prezioso riferimento: Modello. Nei gesti di Mamma Rosa si coglieva la sicurezza che deriva da chi è in confidenza

con il Sacro Cuore di Gesù”. Vita e fede si intrecciano in un cammino indissolubile per il quale il sostegno della grazia è assolutamente insostituibile. Ringrazio di cuore P. Giovanni Spagnolo per la sua puntualità e precisione nel condurre la rubrica “Vetrine di Libri” in cui l’invito alla lettura è posto attraverso presentazioni attente e interessanti. Si conclude il nostro numero con una lettera tratta dall’Epistolario dei figli della Beata del 9 marzo 1928 in cui don Giuseppe scrive a P. Bernardino descrivendo le confidenze circa visioni straordinarie che la Mamma a lui svelava, suo amato figlio e sacerdote. Con questo numero si chiude il IV anno della nostra Rivista, colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno collaborato e far giungere a ognuno i più cari auguri per un Santo Natale e un felice 2020.

Storia

Eurosia Fabris Barban: poter essere madre in tre modi. Terza parte 4. Tredici anni di reciproca sintonia ecclesiale. Pochi sanno che, se Papa San Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI hanno impresso un impulso decisivo perché quest’umile mamma diventasse un esempio per tante altre, riconoscendo il miracolo e dichiarandola beata, all’inizio la Chiesa in Vicenza dimostrò una certa reticenza ad avviare il «processo canonico» diocesano. Infatti, venne aperto soltanto a Padova dal vescovo Cappuccino Mons. Girolamo Bortignon (1905-1992) nel 1975, in ragione del fatto che «Mamma Rosa» era anche «Terziaria Francescana» e chiuso due anni dopo (1977). Il vescovo, dalla fluente barba, vide lontano: quarant’anni dopo (2017), infatti, gli stessi terziari francescani del Veneto l’avrebbero all’unanimità dichiarata loro Patrona. Ma procedia4

Gianluigi Pasquale OFM Cap.

mo con ordine e per tappe. Siamo nel Marzo 2005, il 29, un gelido martedì di primavera: prima della beatificazione, una commissione diocesana, tra i cui membri venne nominato anche lo scrivente, procede alla ex-tumulazione (riesumazione) del feretro dopo 73 anni di sepoltura sotto terra, ritrovando il cerebro interamente intatto e incorrotto. Quattro anni dopo la beatificazione, il 13 Settembre 2009, l’allora Arcivescovo di Vicenza Mons. Cesare Nosiglia (*1944), decide di presentarla quale modello dei Catechisti della diocesi berica, dichiarandola loro patrona, perché Mamma Rosa, all’inizio del XX secolo, fu la prima donna a ricevere dal Parroco questo delicato incarico ecclesiale. Il successore, Mons. Beniamino Pizziol (*1947), eleva la Parrocchia di Marola (VI),


dove sono attualmente conservate le spoglie mortali nella prima cappella entrando a sinistra, al rango di Santuario Diocesano (2014), anno in cui la citata biografia ufficiale raggiunge addirittura la IX edizione, e, come accennato, tre anni dopo l’Ordine Francescano secolare del Veneto – i cosiddetti «terziari» – scelgono di averla come loro Patrona (14 Maggio 2017). Nel frattempo, nel 2016, viene fondata la Rivista, a carattere scientifico, del Santuario “Beata Mamma Rosa. Madre di Famiglia e di Sacerdoti”, di cui nel 2018 la Prof.ssa Laura Dalfollo, Dottore in Teologia e apprezzata Docente in vari Atenei a Roma, che qui ringrazio, assume il ruolo significativo di Direttore Editoriale (DE), conferendo alla stessa timbro professionale e imprimendo un nuovo e considerevole impulso. Viene anche aperto un sito internet (www.beatamammarosa.wordpress.com), assieme ad altri social network, per cui la devozione comincia a diffondersi – con ammirazione della stessa diocesi – anche

all’estero, dal Canada al Pakistan, solo per citare due luoghi tra loro agli antipodi. Questa progressiva estradizione e l’ampliamento della devozione non sfuggono all’attenzione dell’Ordine dei Frati Minori (OFM), cui è giuridicamente legato il prosieguo della “causa”, per cui lo scorso 20 Luglio 2017 è stato nominato anche un nuovo Vice-Postulatore nella persona di P. Enzo Pelegatta OFM. Prima di concludere, lo scrivente desidera esprimere la propria e sincera riconoscenza alla Prof.ssa Dalfollo, sapendo che essere Direttore Editoriale di una Rivista implica sempre e comunque un ruolo di responsabilità civile ed ecclesiale. Ma proprio in questo senso, sono pure convinto che, alla pari di Rosina e dei suoi «sì», ogni altro “sì” a Dio, è detto anche alla sua Chiesa perché, a chi sta con la Chiesa, succede che la Chiesa sta con lei o con lui. Nell’età innocente della fanciullezza e fino alla fine di questo nostro tempo terreno.

Nella foto: Il Vescovo di Padova Mons. Girolamo Bortignon apre il processo diocesano

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Spiritualità

Una Santa senza cornici: Eurosia Fabris Barban madre ed educatrice di giovani. Scrivere di Mamma Rosa qualche cosa di nuovo non è possibile: è una Santa senza confini e senza limitazioni spazio temporali. È vissuta sempre nella terra veneta senza mai uscire, ma ha conquistato il mondo in modo impensabile nello spazio di una vita vissuta quasi sempre in casa. Dalla sua casa vedeva solo del mondo il santuario di Monte Berico e nella chiesa del suo paese pregava senza rendersi conto che “incontrava il mondo intero”. Donna del tutto normale, vissuta in anni nei quali non c’erano telefonini, fu influenzata dalla grazia di Dio che l’aveva scelta come aveva scelto, molti secoli prima, una Vergine chiamata Maria, da Lui stesso denominata “piena di grazia”. La grazia in Eurosia Fabris (1886-1932) si manifestò presto e Lei generosamente si abbandonò nelle mani invisibili di chi l’aveva “chiamata”. Chiamata a che cosa? Lo abbiamo saputo solo molti anni dopo, quando gli ultimi Papi della nostra epoca furono obbligati a interessarsi di Lei per via di insistenti pressioni di chi l’aveva conosciuta di persona. Se ne parlava come di una Santa veramente “santa”, cioè separata dal mondo, incentrata su Dio, cioè … segnalata da Dio alla sua Chiesa attraverso guarigioni miracolose, testimoniate da medici che le avevano “accertate” senza averne capito la dinamica taumaturgica. Dio guida la storia umana come vuole Lui, e agisce senza badare alla politica degli uomini, e al successo strombazzato e presentato dai media. Chi accosta per la prima volta la figura di questa donna, beatificata da poco (potremmo dire questa “nuova” figura di Beata, cioè di Santa) rimane sconcertato dall’azione semplice e quasi banale del suo comportamento quotidiano. Accettò un matrimonio finalizzato ad allevare due bambine piccolissime rimaste orfane di mamma, sole con un padre giovane, 6

Umberto Fontana SDB

che viveva con altri due fratelli. Erano rimasti soli tre uomini dediti ai lavori dei campi, senza più nessun aiuto femminile per l’accudimento delle piccole e della casa di campagna. Si parlò in paese di “matrimonio eroico”, non certo di comodo o di amore. “Sentii subito l’ispirazione di Dio – confesserà più tardi lei stessa – di offrirmi come mamma alle due povere orfanelle, perché mi facevano tanta pietà; e anche per dare una mano ai tre uomini, poveri e bisognosi”. Divenne sposa per essere madre, e fu madre davvero nel senso che con il marito Carlo Barban diede alla vita due bambini che morirono piccoli. Il fatto provocò in Lei un dolore fortissimo raddolcito da una visione della Vergine a Monte Berico, che le descrisse la famiglia futura. Diede alla luce altri sette figli, dei quali tre divennero sacerdoti (tra i quali P. Bernardino Angelo, primo autore della biografia della Beata ad oggi alla IX edizione, ampliata e curata dal pronipote Padre Gianluigi Pasquale, testo dal quale prendo le notizie). Rosa era una brava sarta e per tutta la vita insegnò il mestiere a giovanissime ragazze che andavano da lei a imparare: ma con il mestiere di sarta insegnò in modo eroico ad esse (tutte giovanissime) anche il “mestiere” di mamma strettamente legato al ruolo femminile, cioè a testimoniare la propria fede nell’ambiente in cui ognuna si venisse a trovare nel corso della vita. Rosa Barban fu donna del tutto realizzata. Donna che non ebbe paura né della propria intelligenza, né della propria sessualità, né della furbizia contadina, né della propria creatività. Seppe utilizzare le sue doti umane meravigliosamente (che nell’accezione ecclesiale si deve dire eroicamente). Non ricusò mai di ricorrere a strategie che “incantavano” coloro che si accostavano a Lei per qualche problema pratico o spirituale. Donna senza raggiri, senza pretese, senza sotterfugi, senza bugie: otteneva senza alzare


la voce… faceva come Colui che non spegne il lucignolo fumigante, ma riattiva la fiamma con nuova energia spirituale (cf Is. 42,3; ripreso da Mt 12,19). Convertì in questo modo al vivere generoso e cristiano molti che la conobbero appena, ma esercitò una vera conversione sui cognati viziosi e poco cristiani, sui parenti lontani, sui

vicini di contrada, sul paese intero ma anche sui paesi delle ragazze di cui fu maestra di cucito e di vita cristiana. Quando esse si sposavano portavano “in dote” nei paesi vicini, insieme ai vestiti e alla biancheria di rito matrimoniale, anche le virtù apprese. Rosa Fabris-Barban operò un vero apostolato verso la gioventù povera, soprattutto sui

Nella foto: Il Santuario della Madonna di Monte Berico (Vicenza)

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bambini abbandonati (alcuni dei quali prese in casa sua), e sui giovani che si aprivano alla vita relazionale. Il suo parroco ne proclamò il ricordo con queste parole che presentano la sua attività apostolica: “La Rosa Barban fu proprio la donna forte dei Libri Sacri. Per la gloria di Dio e per la salvezza dei figli non temeva fatiche e disagi: non conosceva ostacoli per compiere gli atti della sua generosità. Per amore di Dio sacrificò tutta se stessa, eseguendo perfetta-

mente i suoi doveri di sposa e di madre, sempre, senza stancarsi mai, senza lagnarsi mai”. I doveri di madre e di sposa nell’accezione del primo Novecento non erano certo quelli che i media prospettano oggi per le donne che si sposano. Il ruolo della donna “madre e sposa” è cambiato quasi totalmente dopo le lotte femministe e le contestazioni, arrabbiate o trasgressive del Sessantotto, che molti di noi (non più giovani) abbiamo almeno, se non affiancato, conosciuto e sopportato.

Attualità

Giulietta Iannone

Mamma Rosa, una donna più moderna di quanto si pensi. Ho conosciuto Mamma Rosa, al secolo Eurosia Fabris Barban, nata a Quinto Vicentino in provincia di Vicenza nel 1866, leggendo “Eurosia – Come un fiore di campo” di Paolo Rodari, edito da Edizioni Paoline, poi ho approfondito il suo studio leggendo Beata Mamma Rosa, prima biografia scritta da p. Bernardino figlio della beata ad oggi alla IX edizione riveduta e ampliata da P. Gianluigi Pasquale pronipote di Mamma Rosa, edito da Dehoniane Libri. Prima non avevo mai sentito il suo nome, o se anche al tempo della beatificazione il 6 novembre 2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI, radio, televisioni e giornali ne hanno parlato io non ho ascoltato, perché obiettivamente le voci pacate, i sussurri, i lievi richiami nel mondo contemporaneo si fa fatica a sentirli. Si ascolta chi grida, chi strepita, chi anche insulta, e in tutto questo frastuono chi

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sceglie il silenzio, l’impegno, e l’umile lavoro quotidiano come progetto di vita fa fatica a catturare l’attenzione. Ma sembra che lo Spirito Santo e la Provvidenza abbiano altri piani, e ad oggi vediamo come una riscoperta di questa beata, che si colloca felicemente in un periodo in cui la gente, le persone comuni riscoprono questa esigenza di impegno quotidiano, e di partecipazione attiva alla vita comunitaria vivendo l’umile vita di tutti i giorni. E Mamma Rosa è sicuramente un modello a cui potersi ispirare, e anche la richiesta che ho ricevuto di scrivere questo breve contributo, credo si collochi in questa specie di onda diciamolo rivoluzionaria che caratterizza questi ultimi tempi. Cosa può dire Mamma Rosa, una donna del secolo scorso, alle donne di oggi? Mi sono posta questa domanda e guardando in filigrana


la sua vita mi sono accorta che era molto più moderna di quanto si possa pensare. Innanzitutto sapeva leggere e scrivere come ci ricorda la pronipote Maria Carla Piccolo nella sua testimonianza, capacità non comune all’epoca, per una donna soprattutto, che le permise di leggere e studiare testi di devozione, la Bibbia stessa, probabilmente con più attenzione per il Vangelo, e le permise anche di meditare e di diventare catechista, un altro forte impegno che esercitò nella sua comunità. Fu una donna che decise della sua vita, fece scelte anche non facili o ovvie, scelse di sposare un uomo già vedovo e con figli, e non dubito che ci saranno stati solerti oppositori di questa unione. La famiglia fu sempre al centro del suo progetto di vita, sebbene il suo amore, le sue cure non le riservava unicamente ai suoi parenti più stretti, ai suoi figli, ma anche ai suoi alunni, ai suoi concittadini, ai suoi amici, ai pellegrini, a coloro che soggiornarono nella sua casa, sempre aperta ad accogliere. Credeva fermamente nella santità del sacerdozio e della vita consacrata e tanto si adoperò perché i suoi figli aderissero a questa vocazione, a questa chiamata: due scelsero il sacerdozio don Giuseppe e don Secondo, un altro Angelo Matteo, fu francescano con il nome di padre Bernardino, Chiara Angela, la prima adottata, entrò fra le Suore della Misericordia di Verona, un altro morì seminarista e un altro fu francescano con il nome di frate Giorgio. Amò la Chiesa in quanto comunità di tutti i cristiani, in quanto casa comune di tutti gli uomini. Fu una sarta, stimava il lavoro non solo casalingo ma anche al servizio della sua comunità per l’arricchimento familiare. Aderiva al modello di povertà evangelica, ma sempre consapevole che tramite l’impegno condiviso si possono attenuare le sofferenze degli ultimi, dei più poveri. Era in comunione con Dio e con il suo prossimo e da questo, pur affrontando le prove della vita, a volte dolorose, ebbe forza e già in vita la certezza che questa fosse la strada da percorrere, per la gloria di Dio, che non è altro che il piano che egli ha perché tutti gli uomini, i suoi figli, raggiungano la piena realizzazione e la felicità. Mamma Rosa era una donna moderna, per arrivare al suo livello di autonomia spiritua-

le e morale, ma anche progettuale, ci sarebbe ancora voluto un secolo buono di lotte e di conquiste, e lei agi ricordiamolo usando unicamente le armi cristiane della preghiera, della meditazione e affidandosi al Signore. Pur conscia dei suoi limiti, si sentiva una “peccatora” sapeva, aveva chiaro nel suo spirito, che l’amore di Dio va oltre le limitazioni umane, e a volte basta solo un po’ di buona volontà per fare grandi cose. E Mamma Rosa le fece. Rese felici le persone che incontrò. Fece del bene a tutti, e continua a farlo ancora oggi a coloro che la venerano e ne chiedono l’intercessione. Molti miracoli le sono attribuiti, guarigioni, conversioni, manca ancora l’attestazione della sua santità, e il suo grande amore per Francesco d’Assisi, sicuramente la lega al nostro attuale Papa che forse in vita potrà proclamarla santa. In fondo è una questione di tempo. Ma si sa le cause di beatificazioni prevedono lunghi iter, che a volte la sensibilità popolare accelera.

Nella foto sopra: Mamma Rosa e i suoi figli Nella pagina precedente: Banner Blog “Liberi di Scrivere”

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Attualità

Le giovani famiglie e la devozione per Mamma Rosa. Paolo Rodari

Dopo la scomparsa di Eurosia sono stati tanti i segni che grazie alla sua intercessione sono accaduti a giovani coppie. In particolare, a giovani coppie che cercano senza successo di avere dei figli. Ed è questo un aspetto da raccontare, una caratteristica che la contraddistingue. Già quando nel 2014 il vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol eresse la parrocchia di Marola a Santuario, scrisse che lo fece “desiderando dare ulteriore impulso alla devozione alla Beata Eurosia Fabris, quale modello e aiuto alle famiglie nella vita quotidiana e, in particolare, nella maternità”. Da quando la parrocchia custodisce le spoglie mortali di Eurosia, ha detto sempre Pizziol, «è andato intensificandosi il pellegrinaggio dei fedeli che si recano a chiedere l’intercessione della beata nella chiesa dov’è sepolta» che è pure il luogo in cui, “durante la sua vita terrena, è stata assidua alla partecipazione dell’eucaristia e a momenti di preghiera personale e comunitaria”. E ancora: “Negli ultimi anni, il culto di Eurosia si è andato sempre più diffondendo poiché gli uomini e le donne del nostro tempo sono colpiti e attratti dalla sua testimonianza evangelica vissuta in semplicità e umiltà francescana”. Eurosia trovò la sua realizzazione personale come sposa e madre, “donando ogni giorno amore alla sua famiglia, alla comunità e alla Chiesa”. Per questo molte coppie di sposi e famiglie invocano la sua intercessione, «in particolare per ottenere il dono della maternità». Eurosia, continuò il vescovo, esercitò la sua maternità anche nella dimensione spirituale, “generando alla fede i propri figli e coltivando in essi la disponibilità a riconoscere la vocazione a cui il Signore chiamava ciascuno di essi”. Per questo “i genitori si rivolgono a lei per essere capaci di trasmettere la fede ai propri figli”. La sottolineatura di Pizziol relativa alle coppie di sposi e famiglie che chiedono l’inter10

cessione di Eurosia “in particolare per ottenere il dono della maternità” non è certamente a caso. Il medesimo concetto, del resto, lo scrisse anche il figlio biografo della donna, padre Bernardino: “Nel riferire altre grazie, vogliamo notare una cosa, che ci ha molto colpiti: la preferenza di Eurosia nell’ascoltare le preghiere di spose disperatamente sterili, imploranti il dono d’avere qualche figlio”. Senz’altro questa particolarità è dovuta a come Eurosia è vissuta in tutta la sua vita. Era molto generosa, faceva da balia a tante madri che non potevano allattare i propri figli o semplicemente li teneva con sé per ore intere quando i genitori erano impegnati nei campi o in altre faccende. Anche lei aveva sempre da fare, eppure si spendeva, e spesso accettava di sobbarcarsi il peso dei figli degli altri. Lo faceva perché non aveva alcuna paura della fatica, anzi la considerava un privilegio: potersi dare agli altri, dedicare loro il proprio tempo, riuscire a non trascurare la propria impegnativa famiglia e nel contempo essere disponibile con tutti. Era una madre per tutta Marola, Eurosia, in quel paese la sua maternità era un qualcosa di oggettivo, riconosciuto, un dono cercato e apprezzato, fatto di innumerevoli piccoli gesti donati senza chiedere nulla in cambio. Distribuiva sempre quello che aveva ai più poveri, latte, uova, verdure, la minestra appena cucinata. Molto del cibo che riusciva a raccogliere lo andava a distribuire personalmente, porta a porta, non dimenticandosi di nessuno, nemmeno dell’ultimo povero dell’ultima casa di Marola e dintorni. Chi non aveva nulla non temeva, perché sapeva che poteva in ogni momento andare da Eurosia, chiederle un aiuto, un consiglio, la risoluzione anche materiale di un piccolo o grande problema. Era tenera e dolce con tutti, in particolare coi bambini. Li accarezzava, usava con loro parole dolci perché sapeva che l’amore che dava loro restava, sarebbe stato un qualcosa


a cui sarebbero sempre potuti tornare. Certo, con tutti parlava del Signore, ma non lo faceva mai imponendosi. Suggeriva con semplicità di guardare alla vita di Gesù e di Maria, convinta che lì vi fosse salvezza e ristoro per chiunque. Visse in anni difficili, gli inizi del Novecento, l’arrivo delle grandi guerre a oscurare un paesaggio fatto di povertà e miseria. Fra il 1915 e il 1918, in particolare, al dramma della prima guerra mondiale si sommò una crisi economica spaventosa, con grave mancanza di denaro per i più. Eurosia convinse il marito Carlo a essere generoso: più volte nella stalla di famiglia dormiva chi non aveva nulla, e a tutti Eurosia assicurava una cena calda fatta coi pochi prodotti dell’orto. Una notte una donna partorì lì dentro. Eurosia accolse l’intera famiglia in casa sua per qualche giorno perché così era solita fare, senza alcun indugio. Il suo segreto risiedeva in una fede incrollabile nella provvidenza divina. Credeva che in ogni istante Dio sarebbe intervenuto in suo soccorso e così, in effetti, sempre avvenne. Di qui la sua letizia, il suo sorriso, la sua dolcezza

e calma nonostante le prove della vita, nonostante le malattie e una reumatite parecchio dolorosa che la accompagnò fino alla morte. Eurosia era vicino alle necessità di chi le stava attorno e lo faceva anche ingegnandosi. Come raccontato, inventò in casa sua una sorta di scuola di taglio e cucito. Furono tante le ragazze che si avvicinarono come apprendiste di sartoria. Addestrava le ragazze senza chiedere nulla in cambio, mentre queste imparando quello che di fatto era un mestiere potevano rendersi utili nelle proprie case e contribuire anche con qualche entrata economica. Ha raccontato una pronipote della donna, Maria Carla Piccolo: “Eurosia non avrebbe mai pensato di diventare beata: si definiva una “povera peccatora”. Era solo preoccupata di capire cosa volesse Dio da lei e di offrire tutto per amor suo, passo dopo passo, nel silenzio quotidiano, senza nemmeno immaginarlo si è trovata così nella gloria dei santi”.

Nella foto: Ricamo manufatto di Mamma Rosa

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Testimonianze

Alcuni cenni dal processo di Beatificazione. Nel processo canonico ordinario-informativo che riguarda Eurosia Fabris, vedova Barban, emerge con chiarezza il patrimonio delle virtù eroiche che la Beata fornisce, con l’esempio della vita, all’ammirazione e all’imitazione della comunità cristiana. Il primo elemento che connota la sua spiritualità riguarda l’umiltà, virtù tipica francescana, cui come terziaria ha voluto sin da giovane esprimere. È un segno di santità inequivocabile che ne connota fortemente l’esistenza umana e in modo particolare la sua vita quotidiana a servizio della famiglia e dell’educazione dei figli. Il modello di santità femminile che la caratterizza sembra non perfettamente in linea con quello perseguito dalla donna negli ultimi decenni, ma si adatta bene a una santità ordinaria tipica del focolare domestico di cui oggi si sono perse completamente le tracce. La Beata ha vissuto la generosità come virtù precipua, offrendola dentro e fuori la sua famiglia. Più che insistere sulla sua testimonianza cristiana a livello di virtù teologali e cardinali, Eurosia ha espresso con una genuinità disarmante doti naturali e soprannaturali nella semplicità della vita, in cui il lavoro si intercala alla preghiera e la generosità si intreccia con il servizio agli altri. Vivere eroicamente le virtù teolo-

Marco Napolitano

gali e cardinali, per Eurosia significa soprattutto disciplina quotidiana manifestata attraverso atti che ricercano nel prossimo la visione beatifica di Dio. A ben analizzare i processi canonici per la sua beatificazione, si può bene evidenziare che questi tratti di semplicità di vita corredano tutti i passaggi delle testimonianze raccolte. Chi ha conosciuto Eurosia non può fare a meno di segnalare il gran bene che ha lasciato in eredità all’interno della sua famiglia e della comunità di appartenenza. La Beata non è una donna acculturata, non lascia tracce scritte da lei elaborate, ma scrive libri senza ricorrere alla scrittura, dando di sé l’immagine di una fede incrollabile e di una fiducia nella provvidenza che, pur essendo smisurata, riesce a viverla in maniera integrale e persuasiva. Il messaggio di Eurosia non serve solo per costruire la sua storia terrena, ma resta profetico, indirizzato alle donne e agli uomini contemporanei che la secolarizzazione ha allontanato da Dio, rendendoli estranei al progetto di salvezza. La testimonianza di Eurosia Fabris è quella di ritornare a vivere il cristianesimo ancorandolo direttamente al comandamento più alto che segna l’identità del cristiano: ama Dio con tutto il cuore e il prossimo tuo come te stesso.

Beata Mamma Rosa, la mia guida. Cristina Ricchieri Il mio incontro con Mamma Rosa è stato casuale. Essendo andata a vivere da poco presso il villaggio Monte Grappa vicino a Quinto Vicentino, trovavo comodo andare a messa, il sabato pomeriggio, nel santuario di Marola. Ero certo incuriosita dalla grande effige che si trovava al di fuori della chiesa, ed ancor di 12

più dall’altare a lei dedicato. Davanti a quelle immagini sentivo una devozione famigliare, era come se la semplicità degli addobbi, con quella infinita serie di cuoricini di cartoncino rosso e bianco, mi facessero ricordare che le mia umile vita poteva essere protetta da una Beata così “alla mano”. Questo era il pensiero che si ripresentava ad ogni celebrazione, niente di più.


In quell’anno 2017, stavo affrontando un problema famigliare molto impegnativo: il mio ruolo di mamma, era messo a dura prova. Spesso venivo sopraffatta dalla disperazione di non riuscire ad avere la forza per trovare la soluzione ai miei problemi. Ma ecco un primo spiraglio di luce si presenta attraverso il ricordo di un incontro fatto con padre Gianluigi Pasquale, egli era venuto a tenere alcune conferenze nella scuola dove, all’epoca, ero vicaria. In un momento di grande prostrazione, mi sono ricordata delle sue parole e di ciò che aveva detto in quell’incontro e così sono andata a parlargli. È stato da allora che la strada per avvicinarmi a Mamma Rosa in modo profondo ha avuto inizio. Ho scoperto infatti la famigliarità tra Padre Gianluigi e la Beata e lui stesso mi ha regalato due preziosi volumi. Così leggendo i libri dedicati alla biografia della Beata ho potuto conoscere meglio la storia di una donna Grande. Inizialmente mi sembrava che il contesto storico in cui Lei è vissuta fosse troppo lontano rispetto ai problemi ed alle questioni attuali. Ora le famiglie non sono più patriarcali, e il numero dei figli è decisamente più esiguo rispetto a quelli avuti e accuditi da Mamma Rosa. Pensavo: ”Ma che cosa mi può dare una Beata vissuta in un mondo così differente dal mio?”. Nel frattempo, il ruolo di madre che era profondamente sofferente, ed ancora in cerca di una via da intraprendere, sembrava giunto ad un punto di non ritorno. Ancora non riuscivo a cogliere i suggerimenti che mi dava la Beata. Rimaneva però comunque quella dolce sensazione di serenità che sentivo ogni volta che frequentavo la messa a Marola: il mio posto a sedere doveva sempre essere lì vicino al suo altare, finita la celebrazione mi fermavo a pregare e scrivevo anche qualche pensiero di supplica ed intercessione. A mano a mano che la biografia di Eurosia Fabris si snodava tra le righe dei libri a lei dedicati, iniziavo lentamente a cogliere e comprendere le sofferenze che lei, come madre, aveva dovuto sopportare. La perdita di figli, l’accudimento di creature non tue ma ugualmente amate, e il grande amore per la Famiglia. Il centro di tutto stava nella parola Famiglia. Lei era capace di creare Famiglia nonostante tutto, nido, rifugio sicuro, comunità, presenza amorevole, esempio e prezioso riferimento: Modello. Nei gesti di Mamma Rosa si coglieva la sicurezza che deriva da chi è in confidenza con il Sacro Cuore di Gesù. Le risposte ai problemi

Nella foto: Altare dedicato alla Beata Eurosia Barban nel santuario Beata Mamma Rosa

le trovava lì nel silenzio serale della preghiera, nella ripetitività di gesti che confermavano i valori cristiani con la forza dell’esempio. Così ho iniziato a recepire il suo messaggio di aiuto. Leggevo, la guardavo e sentivo questo messaggio:” Dai Cristina, anche tu sei una madre forte come lo sono stata io, non è imponendoti ma è con la sola silenziosa presenza sostenuta dalla preghiera, che potrai trovare la strada giusta”. Mentre scrivo questa testimonianza mi rendo conto del percorso fatto e il cuore si commuove, quello stesso cuore che si è messo in ascolto, si è sintonizzato sulle frequenze giuste. Il modello, non avevo un Modello di Madre da seguire e mi sentivo persa, ora che l’ho conosciuta so a cosa ispirarmi. Fermezza e dolcezza, ma anche tanta presenza e costanza accettando ciò che il Signore vuole fare della mia vita. Il Suo progetto è il mio progetto, sia nei momenti di gioia che nei periodi difficili e turbolenti. Ho compreso che solo affidandosi al disegno divino si trovano le risposte. Questo mondo è prepotente ed induce all’egoismo e quindi alla solitudine ed è per ciò che la famiglia soffre. Si è madre perché si è famiglia, e si è buona famiglia se ci si rivolge all’esempio di Beata Mamma Rosa. Auguro a tante mamme di riuscire a leggere la storia di Eurosia Fabris, per me è stata determinante e sono sicura che lo sarebbe anche per loro. 13


Vetrina di libri

Invito alla lettura. Giovanni Spagnolo OFM Cap. FELICE ACCROCCA Finalmente libero. Francesco d’Assisi. Un giovane in ricerca Ed. Porziuncola, 2018, pp. 80, 14,5x21 – brossura, €9,00 [ISBN: 9788827011287] “In queste pagine vorrei offrire un quadro d’insieme chiaro e solido sulla condizione di Francesco giovane, sui suoi turbamenti interiori, sulla sua ansia di ricerca, sulla dura lotta che seppe intraprendere con se stesso. Mi sono limitato agli anni che precedettero la sua conversione e poi ne segnarono il passaggio dal mondo a Cristo, quando decise di donare per sempre, e totalmente, la sua vita al Signore. Sono le sue scelte giovanili che qui interessano, per porle all’attenzione soprattutto di quanti oggi ne condividono l’età, nella speranza che facciano di tutta la loro vita qualcosa di bello, qualcosa di veramente grande: un dono per gli altri!” (dalla “Premessa dell’Autore”)

PIETRO MESSA Francesco il misericordioso. La sfida della fraternità. Ed. Terrasanta, 2018, pp. 176, €14,00 [ISBN: 9788862405713] Dal sogno giovanile di diventare un cavaliere, passando attraverso l’amaro (e al contempo “rivelatore”) incontro con i lebbrosi, l’esperienza con il Sultano, l’approvazione della Regola e la malattia, osservando la vita di Francesco d’Assisi si può affermare che l’esito più grande della sua parabola fu la creazione di un’inedita e originale fraternitas evangelica, che diventerà l’ordine dei frati Minori. Questo prezioso libro di Pietro Messa, grande esperto di storia del francescanesimo, rappresenta un’introduzione alla vita del Santo, una rilettura critica a tutto tondo dei diversi episodi (o “metamorfosi”) che hanno dato forma alla storia di quest’uomo straordinario, anche oltre le letture univoche e spesso ideologiche che ne sono state fatte: “Francesco è Francesco e la cosa migliore è conoscerlo come tale”.

FRANCESCO Christus vivit. Esortazione apostolica postsinodale ai giovani e a tutto il popolo di Dio. Libreria Editrice Vaticana, 2019, €3,50 [EAN 9788826602721] “1. Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo! 2. Lui è in te, Lui è con te e non se ne va mai. Per quanto tu ti possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che ti chiama e ti aspetta per ricominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori, le paure, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza. 3. A tutti i giovani cristiani scrivo con affetto questa Esortazione apostolica, vale a dire una lettera che richiama alcune convinzioni della nostra fede e, nello stesso tempo, incoraggia a crescere nella santità e nell’impegno per la propria vocazione. Tuttavia, dato che si tratta di una pietra miliare nell’ambito di un cammino sinodale, mi rivolgo contemporaneamente a tutto il Popolo di Dio, ai pastori e ai fedeli, perché la riflessione sui giovani e per i giovani interpella e stimola tutti noi. Pertanto, in alcuni paragrafi parlerò direttamente ai giovani e in altri proporrò approcci più generali per il discernimento ecclesiale”. (Premessa di Francesco a una Esortazione da gustare e meditare, firmata a Loreto, nella Santa Casa, il 25 marzo 2019 nella solennità dell’Annunciazione del Signore).

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