Beata Mamma Rosa Madre di Famiglia e di Sacerdoti - maggio 2022 - LS

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Eurosia Fabris Barban

Beata Mamma Rosa

NUMERO 1 MAGGIO 2022 ANNO VII - ISSN 2531-8764

Madre di famiglia e di sacerdoti Da novant’anni passata alla vita senza tramonti

Editoriale Jonathan Pradella 3 | Attualità ecclesiale Luca Casalicchio OFMCap 5 | Testimonianze Gianluigi Pasquale OFMCap 6, Katherine Mezzacappa 11 | Francescanesimo Piero Sirianni OFMCap 12, Rinaldo Cordovani OFMCap 14 | Spiritualità Daniela Del Gaudio SFI 15 | Il mondo di Mamma Rosa Maciej Tryburcy 17, James F. Heyd 19 | Vetrina di libri Giovanni Spagnolo OFMCap 24

eurosiafabrisbarban.it


Beata Mamma Rosa Madre di famiglia e di sacerdoti

ISSN n. 2531-8764. Pubblicazione “online” periodica quadrimestrale della Parrocchia Santuario “Beata Mamma Rosa” viale della Vittoria, 52 – I-36040 Marola (VI) – Italy

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Anno VII (2022) n. 1 [Maggio] Direttore Responsabile: Gianluigi Pasquale OFM Cap Direttore Editoriale: Jonathan Pradella

Direzione e Amministrazione: Parrocchia della «Presentazione del Signore», viale della Vittoria, 52 Marola di Torri di Quartesolo (VI) – Italy

Consiglio di Redazione: Federica Berti, Federica Costantin, Luigi Dal Lago, Maria Luisa Dal Pozzo, Don Dario Guarato, Marina Mazzego, P. Gianluigi Pasquale, Maria Carla Piccolo, P. Lorenzo Raniero Hanno collaborato a questo numero: Luca Casalicchio, Rinaldo Cordovani, Daniela Del Gaudio, James Heyd, Katherine Mezzacappa, Piero Sirianni, Giovanni Spagnolo, Maciej Tryburcy. © Fotografie | Credits Archivio Famiglia Barban (pp. 7, 21,23), Archivio Provinciale dei Frati Minori Veneti di Venezia-Marghera (p. 8), Gianni Raimondo Bordin (p. 13), Jonathan Pradella (pp. 1, 3, 9, 10), Parrocchia della «Presentazione del Signore» in Marola (p. 15), Stowarzyszenie Rodzin im. bł. Mamy Róży (pp. 17-19), Web (pp. 14, 16, 20). Riguardo alle Fotografie, Illustrazioni, e testi degli articoli il Direttore Responsabile ed Editoriale hanno richiesto l’autorizzazione scritta degli aventi diritto. Nel caso di irreperibilità restano a disposizione. Alle Lettrici e ai Lettori: ai sensi del D. Lgs 196/2003 del 30.06.2003 (Codice in materia di Protezione dei Dati Personali) si informa che i dati relativi ai lettori della Rivista, nonché ai firmatari, alle autrici e agli autori degli articoli, delle rubriche, delle immagini della Rivista sono ad uso esclusivo del Direttore Responsabile ed Editoriale e non verranno ceduti ad uso di terzi.

L’Epistolario dei figli della Beata Mamma Rosa: Padre Bernardino, Don Secondo, Don Giuseppe e Suor Teofania è inedito. © Tutti i diritti sono riservati. Per informazioni, contattare: beatamammarosa@gmail.com

Autorizzazioni: Registrazione al Tribunale di Vicenza n. 4, in data 07 Marzo 2016 [rivista a «carattere scientifico» per delibera dell’OGV n. 100/2016 del 29/02/2016. prot. U – n. 792/2016 del 15/03/2016] Iscrizione Registro Nazionale della Stampa n. 769/2016 Con approvazione ecclesiastica: P. Dr. Fabio Ferdinando Longo OFM, Vice-Postulatore, Padova, 15 Settembre 2016 La Rivista «Beata Mamma Rosa. Madre di famiglia e di sacerdoti», è consultabile gratuitamente «on line» a questo indirizzo beatamammarosa.wordpress.com/rivista/ adatta a tutti i tipi di device (PC, Tablet, Smartphone]. Solo a quanti ne fanno richiesta viene spedita gratuitamente anche in formato cartaceo. Essa non contiene pubblicità e si sostiene con le offerte delle sue Lettrici e dei suoi Lettori, che possono essere devolute in Santuario a Marola (VI). Ricordiamo alle nostre Lettrici e ai nostri Lettori che nella Parrocchia-Santuario “Beata Mamma Rosa”, in Marola (VI), viale della Vittoria, 52, il lunedì di ogni settimana viene celebrata una S. Messa alle ore 7:30, in onore della Beata, e ogni terza domenica del mese alle ore 17:30 vi è una veglia vocazionale con la recita del S. Rosario: entrambe sono trasmesse in diretta da “Radio Oreb” (www.radioreb.org) di Lisiera (VI), in modulazione di frequenza [FM 90.200].

Impaginazione e stampa a cura di AREAGRAPHICA - Marghera (Venezia)

Foto di copertina: Marola (VI), finestrella della camera da letto di Mamma Rosa nell’abitazione dei Barban al “Castello”.


Editoriale

Jonathan Pradella

«Dio ti rimeriti per avermi mandato l’immagine-ricordo della tua venerata e santa mamma. Oh, come sono contento di averla nel mio Breviario! La tua mamma è proprio una santa; io ne sono convintissimo!» (lettera di s. Giovanni Calabria a don Giuseppe Barban, figlio di Mamma Rosa; 11 aprile 1932)

“May God give you credit for sending me the souvenir-image of your venerable and holy mother. Oh, how glad I am to have it in my Breviary! Your mother is really a saint; I am so convinced of it!” (letter of St. Giovanni Calabria to Fr. Giuseppe Barban, son of Mamma Rosa; 11 April 1932)

Il tempo di Pasqua s’intreccia opportunamente con la primavera, non solo perché inaugura la “bella stagione”, ma nella sua apertura alla speranza: inesorabilmente le primizie tendono al compimento.

Easter time is appropriately intertwined with spring, not only because it ushers in the ‘beautiful season’, but in its openness to hope: inexorably the firstfruits tend towards fulfilment.

Mano a mano che le sette settimane scorrono verso la Pentecoste, la liturgia aiuta a interiorizzare la redenzione accaduta e ricevuta: operazione sempre difficile, come lo fu per gli Israeliti nel deserto, quando, appena liberati, con tragica ironia rimbrottarono Mosè: «È forse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto, portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto”?» (Es 14,11-12).

As the seven weeks run towards Pentecost, the liturgy helps to internalise the redemption that has taken place and been received: always a difficult task, as it was for the Israelites in the desert, when, as soon as they were liberated, they rebuked Moses 3 with tragic irony: “Was it because there were no graves in Egypt that you brought us to the desert to die? What have you done to us by bringing us out of Egypt? Didn’t we say to you in Egypt, ‘Leave us alone; let us serve the Egyptians’? It would have been better for us to serve the Egyptians than to die in the desert!” (Ex 14:11-12).

Editoriale


Quanto vale per noi la libertà che Gesù ci ha guadagnato con la sua morte e risurrezione? In teoria tantissimo, ma in pratica è sempre in agguato la nostalgia per quando eravamo sì servi, ma «seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà!» (Es 16,3).

How much is the freedom that Jesus gained for us through his death and resurrection worth to us? In theory a great deal, but in practice there is always lurking nostalgia for when we were indeed servants, but sitting “around pots of meat”, eating “all the food we wanted!” (Ex 16:3).

Tante volte ci chiediamo, quasi scandalizzati, come mai i frutti di quella liberazione che a Pasqua ci fa cantare Hallelu-yàh (lodiamo YHWH) non si vedano chiaramente come vorremmo. Un senso di vuoto e di delusione s’insinua nell’animo, ma in questo i santi ci aiutano: Pasqua è il passaggio dall’impossibilità alla possibilità di svincolarsi dal dominio del “principe di questo mondo”; ciò che prima era inimmaginabile, ora è di fatto alla no­ stra portata grazie alla Croce di Gesù.

So often we ask ourselves, almost scandalised, why the fruits of that deliverance that at Easter makes us sing Hallelu-yàh (let us praise YHWH) are not seen as clearly as we would like. A sense of emptiness and disappointment creeps into our souls, but in this the saints help us: Easter is the passage from the impossibility to the possibility of freeing ourselves from the dominion of the “prince of this world”; what was previously unimaginable is now in fact within our grasp thanks to the Cross of Jesus.

Mamma Rosa «in umiltà e semplicità francescana, amò nello Spirito Santo tutte le persone che la Provvidenza pose sul suo cammino terreno: il marito, i figli e numerosi bisognosi. Così ha seguito le orme del Divino Redentore e ha cooperato alla dilatazione del Regno di Dio nel mondo» (Breve di Beatificazione). Questo è l’essenziale, che risuona potente in un tempo che ci sembra più di morte che di risurrezione. Sì, la liturgia; ma 4 prima la pandemia e adesso la guerra... vedere e sentire quel che fratelli fanno a fratelli e rischiare di assuefarsi giorno dopo giorno all’abisso dell’orrore, consapevoli come papa Benedetto XV nel 1917 che questa lotta tremenda appare ogni giorno di più «inutile strage»...

Mamma Rosa “in humility and Franciscan simplicity, loved in the Holy Spirit all the people that Providence placed on her earthly path: her husband, her children and numerous needy people. Thus she followed in the footsteps of the Divine Redeemer and cooperated in the expansion of the Kingdom of God in the world” (Brief of Beatification). This is the essential, which resonates powerfully in a time that seems to us more of death than of resurrection. OK, the liturgy; but first the pandemic and now the war... to see and hear what brothers do to brothers, and risk becoming accustomed day after day to the abyss of horror, aware as Pope Benedict XV was in 1917 that every day, even more, this tremendous struggle appears to be a “useless slaughter”...

La Beata di Marola non ha avuto tempo per maledire il tempo (opportuno) in cui la Provvidenza l’ha chiamata a vivere: era semplicemente troppo impegnata a seguire le orme di Gesù. Capito il segreto, si è studiata di chinarsi per attraversare la «porta stretta», quella fatta dello stesso legno della Croce. Conosciuta la verità, quella stessa verità l’ha resa libera: il matrimonio eroico, la maternità allargata, la fede contagiosa ne sono le conseguenze visibili.

The Blessed of Marola had no time to curse the (opportune) time in which Providence called her to live: she was simply too busy following in Jesus’ footsteps. Having understood the secret, she strived to stoop to enter through the ‘narrow door’, the one made of the same wood of the Cross. Having known the truth, that same truth set her free: heroic marriage, extended motherhood, contagious faith are the visible consequences.

Da novant’anni (1932-2022) a questa parte la sua vita – dura – continua a suscitare nei cuori dei fedeli un Te Deum e un Magnificat; come ai suoi figli sacerdoti, raccolti in preghiera tra le lacrime e la gratitudine nella chiesa di Valproto a mezzanotte, poche ore dopo la morte della mamma: il Signore «ha guardato l’umiltà della sua serva» e Tu, «vincitore della morte, hai aperto ai credenti il regno dei cieli».

For the past ninety years (1932-2022), her life - hard - has continued to stir the hearts of the faithful with a Te Deum and a Magnificat; as it also happened to her priest sons, gathered in prayer amid tears and gratitude in the Valproto church at midnight, a few hours after their mother’s death: the Lord “looked upon the humility of his servant” and You, “the victor over death, have opened the kingdom of heaven to believers”.

«Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5).

“Behold, I make all things new” (Rev 21:5).

Editoriale


Il posto di Mamma Rosa nel nuovo Santorale Francescano 2021 Luca Casalicchio

A metà settembre del 2021 le Edizioni Messaggero Padova hanno pubblicato il Santorale francescano. Collectio Missarum, cioè la raccolta dei formulari delle messe in onore dei santi e beati della grande famiglia francescana. La necessità di questa nuova pubblicazione è stata determinata dalla nuova edizione in lingua italiana del Messale Romano, uscita l’anno precedente. Nel Santorale francescano, infatti, oltre ai testi delle preghiere per le messe dei santi ci sono anche le parti del Messale Romano che servono per la celebrazione dell’eucaristia in loro onore. L’a­ver posto mano a questa raccolta di testi a dieci anni di distanza dalla precedente edizione (2011), ha permesso di ampliare la rosa di santi e beati della famiglia francescana, che, nel frattempo, si è costantemente arricchita. E, nonostante gli sforzi dei curatori, più di qualche figura è rimasta fuori, perché si tratta di una famiglia numerosa... e non è facile risalire a tutti quei fratelli eminenti per santità di vita che ne hanno fatto parte. Tra i vari testi non poteva mancare quello della beata Eurosia Fabris Barban, la nostra “Mamma Rosa”. La sua memoria liturgica, che cade l’8 gennaio [il 9 in diocesi di Vicenza], è riportata nell’appendice dell’opera, cioè una se­zione dedi­ cata ai santi e beati che non fanno parte dei ca­ lendari generali delle famiglie francescane d’Italia e che sono venerati solo in particolari regioni o zone del nostro Paese. Le preghiere della messa in onore dei santi ce ne presentano i tratti essenziali perché possiamo imitarli e affidarci alla loro intercessione. Esaminiamo, allora, i testi della messa in onore della beata Mamma Rosa per trarne qualche utile insegnamento. Le antifone d’ingresso e alla comunione, attraverso la citazione di alcuni brani del Vangelo, richiamano l’esperienza della carità verso il prossimo, che contraddistinse la vita di Mamma

Rosa. Nell’antifona d’ingresso i versetti scelti dal capitolo 25 di s. Matteo si riferiscono alla cura che la beata Eurosia Fabris Barban ebbe per gli ammalati, a cominciare dalle mura domestiche, e per i piccoli, sia nell’aver adottato alcuni figli, sia per quelli che diede alla luce, sia per l’apostolato con le giovinette del paese tramite il laboratorio di cucito che si riuniva a casa sua. L’antifona alla comunione pone l’accento su come questa carità concreta sia l’espressio­ ne dell’amore attinto dall’eucaristia, dal dono di se stesso che Gesù ci fa ogni giorno nella messa. È dalla santa Comunione che la Beata, come ciascuno di noi, trae la forza per donarsi ogni giorno agli altri senza riserve. Nel formulario della messa ci sono poi tre preghiere: l’orazione collet5 ta, l’orazione sulle offerte e dopo la Comunione. Anche in esse è presente il tema della carità come conseguenza dell’impegno a vi­ vere il nostro battesimo. Nell’orazione colletta, la prima preghiera che il sacerdote pronuncia dopo l’atto penitenziale e prima di ini­ ziare la liturgia della Parola, si ringrazia il Signore per la «te­ stimonianza evangelica» offertaci da Mamma Rosa e si chiede a Dio che l’esempio della beata Eurosia ci a­iuti a «vivere pie­namente la vocazione battesimale e [a] progredire in cristiana letizia nel cammino dell’amore [a Lui]». Nella seconda preghiera, quella sopra le offerte, si chiede a Dio, per l’intercessione dei santi, di «confermarci nella generosa dedizione a [Lui] e ai fratelli». Siamo al momento conclusivo dell’offertorio e, quindi, ci uniamo all’offerta del pane e del vino per esser anche noi dono per gli altri. Nella preghiera conclusiva, l’orazione dopo la Comunione, il testo ricorda che l’Eucaristia è il “fonte e il culmine” della vita della Chiesa e, perciò, di ogni battezzato. E subito si fa presente agli Attualità ecclesiale


occhi della nostra mente e del nostro cuore l’imma­ gine di Mamma Rosa che fa la santa Comunione e che sosta in preghiera davanti al tabernacolo per poi riprendere la sua vita di generoso servizio. Ma la Comunione deve aiutare anche noi, così si conclude al preghiera, a «progredire nel cammino della salvezza». L’Eucaristia del resto, come ben sappiamo, è cibo di vita eterna e sostegno alla nostra quotidiana fatica, perché ci alimenta e rafforza nel cammino quotidiano verso il Cielo. I testi di queste preghiere, dunque, ci aiutano a ripercorrere i momenti principali della vita di Mam-

ma Rosa e a coglierne il segreto, per poter essere anche noi, nella nostra vita quotidiana, santi. GENNAIO

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8 gennaio BEATA EUROSIA FABRIS BARBAN, laica, III Ordine Nacque a Quinto Vicentino il 27 settembre 1866. Fu madre di nove figli, di cui tre divennero sacerdoti. Aderì al Terz’Ordine francescano, vivendone lo spirito di povertà e di letizia. Donna di grande fede e carità, aiutò i bisognosi, assistette i malati e irradiò la luce del Vangelo in famiglia e nella parrocchia di Marola (Vicenza). Morì a Marola l’8 gennaio 1932 circondata dall’affetto dei suoi cari. Il 3 febbraio 1972 iniziò, presso la Curia vescovile di Padova, il processo informativo per la sua beatificazione, conclusosi il 23 aprile 1977. Il 22 giugno 2004 fu riconosciuta la validità di un miracolo ottenuto grazie alla sua intercessione. È stata beatificata dal Delegato Pontificio di Benedetto XVI il 6 novembre 2005 a Vicenza. Nel 2017 è diventata patrona dell’OFS del Veneto.

Ant. d’ingresso

«Venite, benedetti del Padre mio», dice il Signore; «ero malato e mi avete visitato». «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Mt 25, 34.36.40

COLLETTA

Tu solo sei santo, Signore e fuori di te non c’è luce di santità; oggi ci allieti con la festa della beata Eurosia: fa’ che il ricordo della sua testimonianza evangelica segni il rinnovamento della nostra vita, per vivere pienamente la vocazione battesimale e progredire in cristiana letizia nel cammino del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

P. Gianluigi Pasquale risponde alle domande a don Antonio Bollin SULLE OFFERTE

Accogli i nostri doni, o Padre, in questo memoriale dell’infinito amore del tuo Figlio, e, per l’intercessione dei tuoi santi, confermaci nella generosa dedizione a te e ai fratelli. Per Cristo nostro Signore. Ant. alla comunione

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.

Gv 15, 13

DOPO LA COMUNIONE

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Intervista al nostro Direttore responsabile (* versione integrale con ampia introduzione in Catechesi. Nuova serie 2 (2021) 6, pp. 231-252) Padre Gianluigi, mi ha colpito – leggendo la biografia della sua bisnonna Rosina Barban – come è morta, da matriarca, benedicendo i suoi figli e sillabando le ultime parole: “Mio Dio, vi amo sopra ogni cosa!”. Il momento della morte rivela la vita, come si è vissuti. Ora qual è la peculiarità della vita santa di sua bisnonna Rosina? La verità dell’intera esistenza di una persona si ri­ vela compiutamente con l’ultimo respiro, non prima. Così è stato anche per questa donna, sposa e mamma della provincia e diocesi di Vicenza, la beata Eurosia Fabris in Barban. Era precisamente la sera del venerdì 8 gennaio 1932, in una casa della periferia vicentina, l’attimo in cui “Mamma Rosa” chiuse gli occhi qui sulla terra per riaprirli in Cielo. La peculiarità della sua vita è racchiusa in quell’ultima esclamazione. Ella capì che è possibile amare ogni creatura solo se ci si aggancia prima al Creatore di tutti, amandolo, lasciandosi polarizzare da Colui che abita il Cielo (cfr Mt 16,17) per potersi prendere cura di chi dimora in terra, ponendo, quindi, “ordine” tra i propri affetti. Testimonianze

Signore Dio nostro, questa celebrazione fonte e culmine della vita della Chiesa, ci aiuti a progredire nel cammino della salvezza. Per Cristo nostro Signore.

Può raccontarci qualche particolare, qualche fatto, qualche aneddoto che tra nipoti, parenti vi siete trasmessi, che rivelano la vita semplice ma profondamente radicata nel Signore di sua bisnonna? Eurosia Fabris Barban, la prima Beata italiana (2005) di Papa Benedetto XVI, mostra e dimostra che la fede autentica e genuina è depositata nel cuore del popolo santo di Dio per la forza dello Spirito Santo. E ciò tramite la devozione popolare. Questo – a mio avviso – è un messaggio e uno snodo piuttosto attuale per noi che viviamo nel brulichio del mondo moderno. Il fatto che molti di noi discendenti ricordano al meglio è quello della cavalla impazzita. Esso dice della profonda devozione di Rosina alle anime del Purgatorio, ossia la certezza che i nostri cari già saliti al Cielo possono intercedere per noi. Mio nonno Luigi, figlio di Mamma Rosa, stava conducendo in paese a Marola (VI) la propria mamma dal borgo natio de “il Castello”, entrambi seduti su un calesse trainato da una cavalla. Siamo verso il 1919-1920, all’indomani della prima guerra mondiale. Arrivati davanti alla Chiesa parrocchiale e scesa la mamma, Luigi riprese la strada per casa attraverso “via Stradone”. Sennonché la cavalla si mise improvvisamente al trotto, facendo cadere a terra, sulla via sassosa, mio nonno Luigi, allora ventenne,


essendosi intrappolate le briglie alle caviglie, con il dorso e la testa a terra. Venne spontanea l’invocazione – come accade in questi casi – della “mamma”. E mamma Rosa a lui: “Luigi, affidati alle anime del Purgatorio!”. Mio nonno così fece e la cavalla, subito, si calmò. Il nonno Luigi, pur con la camicia tutta strappata e i calzoni in brandelli, si salvò senza nessun graffio o livido. Come si caratterizza la spiritualità di Mamma Rosa? La spiritualità di una persona battezzata dice del suo essersi configurata alla statura di Cristo Gesù (cfr 1Tm 3,1-7). Quella di Rosina è stata mirabilmente circoscritta dal “Breve Apostolico” con il quale Benedetto XVI l’ha elevata alla gloria degli altari e che così inizia: «Mulier se ipsa invenire nequit nisi aliis amorem donando». Si tratta, come sanno gli addetti ai lavori, di una citazione del n. 30 della Lettera Apostolica Mulieris dignitatem (1988) di San Giovanni Paolo II. E significa: «La donna non può ritrovare se stessa se non donando amore agli altri». Ecco questa è stata la spiritualità di Mamma Rosa: aver amato così tanto le due orfanelle Chiara e Italia da donare tutta la sua giovane vita per loro e, quindi, “incastrandosi” in questo suo eroico atto di amore materno. Oggi, con la maternità surrogata, si rubano i bimbi alle vere madri che li hanno generati. Al contrario, Rosina si è offerta come mamma “adottante” a due bambine già nate, ma completamente sole e abbandonate. Come viene alimentata tale spiritualità cristiana? So che Mamma Rosa amava leggere: quali erano le sue letture preferite? Ho notato dal vivo che i discendenti della Beata, sia quelli della famiglia Fabris che Barban, amavano leggere. Si potrebbe dire che divorassero i libri, specie i testi della Sacra Scrittura. Così

La cavalla imbizzarrita (Archivio Famiglia Barban)

ricordo mio nonno Luigi, il figlio di Rosina, morto quando io avevo 21 anni. O anche mia mamma Giovanna (*1944). Mamma Rosa leggeva ogni sera la Sacra Scrittura al lume di candela perché sapeva che lì si trova lo scrigno della salvezza (2Tm 3,16-17). Leggeva assiduamente anche il testo catechistico in uso nella diocesi di Vicenza, dovendosi preparare ogni settimana al mini­ stero di Catechista, la Filotea di San Francesco di Sales e la Regola di San Francesco d’Assisi, essendo terziaria francescana, e altri testi soprattutto quelli dei “Mistici francescani”. Sfogliando più volte e con tanto interesse la bio­grafia della Beata Mamma Rosa, sono stato felicemente sorpreso dalle parole dell’allora ve­ scovo di Padova monsignor Girolamo Bortignon (1905-1992), che – presenziando alla chiusura del processo canonico di beatificazione nel 1977 – elogiava in mamma Rosa il suo essere donna. Cosa insegna questo oggi? Il mio confratello cappuccino monsignor Giro­ lamo Bortignon, vescovo di Padova, conobbe piuttosto bene la figura della futura beata della Chiesa di Vicenza. Lasciamo alla ragione storica chiarire al meglio il motivo per cui il processo di beatificazione si dovette installare in una Dio­ 7 cesi adiacente a quella vicentina, non in quella natia, e là chiudersi. Qualcosa di più leggeremo nella poderosa biografia (700 pp.) su monsignor Bortignon che la Casa Editrice Morcelliana di Brescia pubblicherà nel 2022, a quarant’anni dalla morte. L’elogio del suo essere donna oggi ci insegna che “non vi è Chiesa se non è donna”. Il vescovo frate minore cappuccino anticipava, così, la teologia del Concilio Vaticano II e quella successiva. La quale scorpora un elemento già presente nella Sacra Scrittura e nella tradizione: la Chiesa nasce da Gesù Cristo, il quale nasce da Maria. La Chiesa riveste per l’umanità il “grembiule” della misericordia, ma proprio perché è donna. Mamma Rosa fu catechista esemplare – una delle prime donne ad essere nominate tali allora –, terziaria francescana, sposa e mamma perché, innanzitutto donna. Non il contrario. Spesso mi chiedo: cosa sarebbe e farebbe oggi la Chiesa cattolica senza la donna e le donne? E come teologo, sinceramente, mi chiedo quanto ancora si debba attendere nel conferire loro – alle donne – maggiore ministerialità, in modo da obbedire davvero alla Bibbia e alla Tradizione. Un altro aspetto che mi ha fatto riflettere è stata l’omelia di monsignor Cesare Nosiglia, il 6 Testimonianze


novembre 2005 durante la celebrazione della beatificazione in Cattedrale a Vicenza. Il Vescovo sottolineava la dedizione di Mamma Rosa alla famiglia. Certamente c’è un insegnamento per noi oggi, invitati a riscoprire la famiglia e l’importanza delle radici familiari. Quale? L’omelia di beatificazione del Vescovo Cesare Nosiglia rimane un paradigma per la Diocesi di Vicenza. Questa è l’opinione del teologo. Anche adesso. Da essa, infatti, si ricava l’insegnamento per noi oggi proveniente dalla vita della beata Eurosia Fabris che è questo: l’uomo e la donna contemporanei, anche se non credenti, si arrendono innanzi alla santità, tanto più di una donna, di cui la Vergine di Nazareth è la regina. Bea­ tificare una donna o un uomo, poi, non significa creare una “precedenza” nella scala dei meriti, bensì dichiarare che la Chiesa è viva, dagli inizi fino ad oggi. Tutto ciò si intravede nella famiglia, Chiesa domestica, unico vero luogo in cui prende forma il nostro essere cristiani e unico luogo dove si depone il germe della santità. In

quell’omelia, ci sono, poi, altri due insegnamenti molto attuali. È proprio con i problemi che nascono in famiglia che noi possiamo santificarci, se li “impastiamo” con la fede ricevuta dai genitori. Poi, è accettando i figli così come vengono che noi risolveremo il problema della denatalità, vero baratro in cui stanno cadendo l’Italia e l’Europa. In una parola, e guardando a Mamma Rosa, è mia convinzione che nei prossimi decenni la Chiesa sarà sempre meno una chiesa negli edifici di culto e sempre più una chiesa in famiglia e di famiglie, «in casa» (Fratelli tutti n. 276) e, per questo, una fraternità. Saremo di meno, ma sentiremo più calore. C’è un tratto nella vita di Mamma Rosa che mi ha particolarmente segnato: la cura e la promozione delle vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata. Ben tre suoi figli sono diventati sa­ cerdoti (due preti diocesani e uno frate minore francescano), una figlia suora, un altro figlio morto da semina­rista e un figlio adottivo ancora, religioso francescano. Che famiglia era quella di

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P. Bernardino Barban con il fratello Luigi a Betlemme, ottobre 1968 (Venezia - Marghera, Archivio Provinciale dei Frati Minori Veneti, per gentile concessione) Testimonianze


Particolare dell’abside della chiesa parrocchiale di Valproto, dove Mamma Rosa si recava in preghiera all’alba

Mamma Rosa e cosa può dire oggi alla nostra Chiesa povera di vocazioni religiose e sacerdotali? Beata Mamma Rosa non ha mai posto differenza alcuna tra il valore delle vocazioni religiose e sacerdotali e quella indirizzata al sacramento del matrimonio. Piuttosto aveva intuito un segreto che spesso sfugge ai più: non vi sono le prime senza la seconda e viceversa. Aveva, insomma, interpretato al meglio quella che tecnicamente si chiama la “sacramentalità della Chiesa”. L’unico intento che stava a cuore a Rosina e a suo marito Carlo Barban era quello di fare la volontà di Dio: questo era il loro cibo (cfr Gv 4,34) e quello dei loro figli. Ne ebbero nove, perché Dio volle così. Ne ebbero sei consacrati alla vita religiosa e sacerdotale, perché Dio volle così. Ne ebbero tre consacrati nel matrimonio, perché Dio volle così. A questo proposito, un singolare dettaglio della sua vita – talvolta sorvolato dai biografi – è questo: Rosina pregò che anche Chiara Barban, la futura suor Teofania, potesse compiere la volontà di Dio e così Mansueto Barban e Mansueto Mazzucco, ossia pregò che tutti i suoi figli, di adozione, naturali e

di affido potessero rispondere alla chiamata alla vita religiosa, perché Chiara e Mansueto Mazzucco non furono figli naturali di mamma Rosa. In una Chiesa povera di vocazioni, ecco il segreto: la preghiera di adorazione (cfr Mt 9,38) e l’assistenza alle vocazioni dentro e fuori la famiglia (cfr Mc 1,13) sono i due binari sui quali oggi la Chiesa deve giocare tutta se stessa. Sua bisnonna è stata anche catechista per un periodo della sua vita, poi l’ha fatto soprattutto in casa con le ragazze nella sua scuola di cucito. Ora è patrona delle catechiste e dei catechisti vicentini dal 2009. È stata una scelta indovinata e perché, vista la recente Lettera apostolica in forma di Motu proprio “Antiquum ministerium” di Papa Francesco? La ricezione ecclesiale della “fama sanctitatis” è molto importante per capire i veri tratti di un santo o di una beata. Ossia: ciò che è avvenuto dopo nella Chiesa spiega chi era veramente colei che è stata dalla Chiesa dichiarata beata prima. Dinnanzi a Rosina, la Chiesa, ovvero il santo popolo di Dio, si è espresso valorizzandone il suo essere (stata) catechista (2009) e terziaria francescana (2017). Questi due fuochi dell’ellissi Testimonianze

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esistenziale della beata mamma vicentina meritano di essere tenuti in considerazione nel valorizzarne, in futuro, la spiritualità. Agli inizi del XX secolo, la nomina dell’allora parroco di Marola don Stefano Baschirotto di Eurosia Fabris a ca­ techista fu un autentico “azzardo”: una donna e una contadina catechista! Si rivelò, invece, una scelta profetica proprio perché il parroco aveva intuito che i laici e le laiche potevano e possono essere i migliori maestri per la catechesi dei loro discepoli, specie se la maggioranza di essi viene dal mondo rurale. La formazione culturale venne garantita a Mamma Rosa dalle conferenze che i Frati Minori francescani del Convento di Santa Lucia in Vicenza assicuravano durante le “adunanze” dei terziari in Marola (VI). Non bisogna dimenticare che la maggior parte di quei frati erano anche docenti nello “Studio Teologico di Santa Lucia” in Vicenza e che, con un mirabile “servizio a domicilio” si spendevano nella formazione dei terziari francescani, molti dei quali erano anche catechisti. All’inizio del secolo XX, infatti, l’“Azio­ ne Cattolica” non esisteva ancora in quella zona della diocesi berica. L’opzione dell’allora parroco don Stefano Baschirotto fu certamente indovinata per almeno tre motivi che si leggono anche 10 in “Antiquum ministerium” (2021): la scelta, innanzitutto, di una laica, di una sposa di famiglia e anche madre, con la caratteristica di essere, in secondo luogo, donna e, quindi, più materna nell’attenzione verso i fanciulli e, in terzo luogo, il fatto che la catechesi fosse instillata a memoria, quella – per intenderci – con domande e risposte presenti nel testo catechistico in uso allora nella diocesi di Vicenza. A questo proposito mi ha sempre incuriosito la scelta, dinnanzi al fatto che ogni sapere per sussistere necessiti antropologicamente di un codice linguistico minimale impa­ rato a memoria, che il sapere della fede, la cosiddetta “dottrina cristiana”, abbia perso lo smalto, appunto, della didaché a memoria.

Ef 4,1-7), non alla sua frammentazione. Sappia­ mo, per esempio, che per quasi cinque secoli la Chiesa in Corea venne evangelizzata e portata avanti da soli laici e laiche anche quando, nel 1801, l’unico sacerdote venne ucciso nella persecuzione iniziata nel 1785. Ebbene alla pari di loro, Beata Mamma Rosa è modello dei catechisti e delle catechiste perché insegna, innanzitutto, che si evangelizza con l’esempio, ovvero “per attrazione” come direbbe Papa Benedetto XVI, e, in secondo luogo, continuando l’evangelizzazione e la catechesi con l’accoglienza e l’accompagnamento a casa, mediante l’arte del cucito, per esempio, o dando loro da mangiare (cfr Mc 6,37), e anche con una certa serena “ironia”, tipica nella Beata, quella esattamente che viene dall’immensa fiducia nella Divina Provvidenza. Questo è esattamente il motivo per cui, per esempio, Mamma Rosa è anche modello dei catechisti cattolici di alcune diocesi in Pakistan. La conoscenza della sua bisnonna Rosa, ora Beata, e la richiesta della sua intercessione ha valicato il Veneto e ha raggiunto anche altri continenti. Dove è invocata e conosciuta? Come è stato possibile e per quali vie? Effettivamente possiamo dire che la Beata mamma di Vicenza è oggi conosciuta nei cinque continenti. Oso pensare che questo positivo fenomeno di “estradizione” – che ha indotto

E cosa vuol dire proporre oggi Mamma Rosa come modello della/ del catechista? La risposta è semplice e quanto mai attuale. Significa, come precisa “Antiquum ministerium”, istituire questo ministero e istituirlo solo per i laici, in fattispecie le donne e gli uomini battezzati e cresimati, non ordinati “in sacris”. La preoccupazione di noi teologi sta, appunto, nel travaso che avviene tra i diversi ministeri, addirittura nell’incrocio/scontro che rasenta – oggi – l’insopportabilità, proprio perché sappiamo che essi sono orientati all’unità della Chiesa (cfr Testimonianze

Quinto Vicentino: battistero dove Mamma Rosa fu battezzata


molti pellegrini a recarsi, poi, al Santuario di Marola (VI) – sia ascrivibile a due ragioni, principalmente. La prima coincide con il secondo fuoco dell’ellissi esistenziale cui ho accennato, il suo essere patrona di tutti i “terziari” francescani veneti, ovvero all’aver fatto propria la vocazione francescana secolare in quanto donna cristiana e francescana. Per questo, molti devoti in Australia, Stati Uniti, Canada, ed Europa, come è accertato e documentato, hanno fatto spontaneamente propria questa emblematica figura dedita alla maternità di adozione, naturale e di affido, come, per esempio, è avvenuto con il numeroso gruppo nazionale polacco di giovani famiglie fondato dal Dr. Maciej Tryburcy. La seconda ragione è dovuta al fatto che lo scrivente, avendo la possibilità di incontrare molte nuove generazioni di giovani

studenti nella Pontificia Università Lateranense in Roma, tra i futuri sacerdoti e pastori, ha fatto conoscere la propria bisnonna materna, facendo facilmente breccia nel cuore generoso di molti credenti e non. La Rivista “Beata Mamma Rosa. Madre di famiglia e di sacerdoti”, fondata nel 2016 e rispecchiante sia la vita del Santuario di Marola (VI), sia lo sviluppo della devozione, non di meno favorisce questa positiva “estradizione”. Io sono, infatti, convinto che della prima Beata italiana di Benedetto XVI conviene tenere accesa questa sua unica tessera biografica: l’eroicità di essere stata mamma adottiva, naturale e di affido. Perché, lo sappiamo tutti, l’antidoto più congeniale all’egoismo e alla tristezza che si oppone all’Evangelii gaudium è solo uno: la maternità.

L’avventura di una biografia in inglese Katherine Mezzacappa

11 I remember quite clearly how I came to translate Fr. Barban’s biography of his mother. A tiny insertion in the UK Catholic journal, The Tablet, made the plea for a translation into English of a biography of the Blessed. I had been living in Italy for some years, knew Vicenza, and the fact that Mamma Rosa was so closely linked to the Franciscans interested me, so I responded. Mamma Rosa’s story was simply and limpidly told, so it was a pleasure to translate – truly an illustration of how the humble can achieve great things when guided by God. Through that work, I met not only Mamma Rosa’s great-grandson, Fr. Gianluigi Pasquale, then of the “Barana” Friary in Verona, but also my dear friend the journalist Romina Gobbo, then working for the diocesan weekly, La Voce dei Berici; we have since collaborated on many projects. Romina chaired a presentation of the translation in Mamma Rosa’s own church for local radio. It was a memorable evening, interspersed with the evocative sound of the handpan, for we talked just a few metres from the Blessed’s beautiful altar, decorated by local children.

Ricordo abbastanza chiaramente come sono arrivata a tradurre la biografia che il p. Barban ha scritto di sua madre. Una piccola inserzione nella rivista cattolica britannica The Tablet aveva lanciato un appello per tradurre in inglese una biografia della Beata. Vivevo in Italia da alcuni anni, conoscevo Vicenza, e il fatto che Mamma Rosa fosse così strettamente legata ai francescani mi interessava; così ho risposto. La storia di Mamma Rosa era raccontata in modo così semplice e limpido che è stato un piacere tradurla: veramente un esempio di come gli umili possono raggiungere grandi cose quando sono guidati da Dio. Attraverso quel lavoro incontrai non solo il pro­ nipote di Mamma Rosa, p. Gianluigi Pasquale, allora del convento del “Barana” a Verona, ma anche la mia cara amica giornalista Romina Gobbo, che al tempo lavorava per il settimanale diocesano La Voce dei Berici; da allora abbiamo collaborato a molti progetti. Romina presiedette anche una presentazione della tradu­ zione per la radio locale proprio nella chiesa di Mamma Rosa. Intervallata dal suggestivo suono dell’handpan, fu una serata memorabile, perché Testimonianze


Mamma Rosa’s life was one of quiet heroism. She took on the care of two little girls not her own, and their grieving father. In obedience to the vision entrusted to her by Our Lady of Monte Berico, one of those two little girls and numerous of the children born to her, she gave to God as sisters, brothers and priests. Her story in a way is a familiar one to me, as in my native Ireland it was expected that large rural families would send a number of their children into the church. Their faces are to be seen now in the ordination photographs in the long corridors of the Pontifical Seminary of Maynooth, near Dublin. But a hundred or so ordinations a year have now dwindled today to a number that does not reach the fingers of both hands. Should we despair? I think not. Mamma Rosa’s exam12 ple shows that the meekest fulfil God’s mission in their secular daily lives, in the example they set, their kindness to neighbours, the way they bring up their children. They also serve, just as she did.

parlammo a pochi metri dal bellissimo altare della Beata, decorato dai bambini del posto. La vita di Mamma Rosa è stata caratterizzata da un silenzioso eroismo. Si prese cura di due bambine non sue e del loro padre addolorato. In obbedienza alla visione affidatale dalla Madonna di Monte Berico, donò a Dio una di quelle due bambine e diversi dei figli che le sono nati come suore, frati e sacerdoti. La sua storia in un certo senso mi è familiare, poiché nella mia nativa Irlanda ci si aspettava che le grandi famiglie rurali avviassero alla vita religiosa alcuni dei loro figli. I loro volti si vedono ora nelle fotografie delle ordinazioni nei lunghi corridoi del Pontificio Seminario di Maynooth, vicino a Dublino. Ma il centinaio di ordinazioni all’anno si è ridotto oggi a un numero che non raggiunge le dita delle due mani. Dobbiamo disperare? Io penso di no. L’esempio di Mamma Rosa mostra che i più miti compiono la missione di Dio nella loro vita quotidiana se­ colare, nell’esempio che danno, nella loro gentilezza verso il prossimo, nel modo in cui educano i loro figli. Anch’essi servono, proprio come fece lei.

Eurosia Fabris Barban e l’antropologia francescana Piero Sirianni

Dalla Rivelazione antico-testamentaria cono­sciamo che il Creatore ha scelto, amato, salvato, custodito il popolo di Israele, con affetto di predilezione, con «legami di bontà» (Os 11,4), come una vigna che viene curata dall’agricoltore: essa è «vangata e ri­ pulita dai sassi» (Is 5,2). Mosso da amore e compassione, «nella pienezza dei tempi Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare coloro che eraFrancescanesimo

no sotto la Legge» (Gal 4,4-5a). A vantaggio della storia mondana, per ogni uomo – del passato, di oggi, del tempo che verrà – «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14): Dio sceglie la piccolezza, abbraccia la fragilità per entrare in comunione con l’uomo e per rimanere saldo nella stessa. A tal riguardo scriveva il Concilio nel 1965: «Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volon­


tà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes 22). L’esperienza di fede sanfrancescana e minoritica muove proprio da questa certezza: la Trinità abita la storia mondana, la vita di ogni uomo. Francesco, ricco di questa realtà – divina ed antropologica –, si fa prossimo ad ogni uomo: frate o sorella povera di santa Chiara, lebbroso o potestà, vescovo o musulmano; a tutti va incontro nella benevolenza. Ai frati chiede, particolarmente, di assumere atteggiamenti di cura e tenerezza, sollecitudine e premura; fa scrivere, infatti, nella Regola: «Ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino tra loro familiari l’uno con l’altro. E ciascuno manifesti all’altro con sicurezza le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, quanto più premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale? E se qualcuno di essi cadrà malato, gli altri frati lo devono servire così come vorrebbero essere serviti essi stessi» (Francesco d’Assisi, Regola bollata 6,7-9).

uno sfondo di povertà evangelica, che la rese tanto simile al Serafico Padre e alla cara Santa, Elisabetta d’Ungheria, Patrona delle Terziarie» (Ibidem, 185-186). Guardando alla testimonianza – umana e di fede – della nostra Beata, siamo incoraggiati nella sequela Christi, per giungere alla unione con Dio; spronati dallo stile francescano, fatto di semplicità, minorità, povertà, fraternità, accoglienza dell’altro-da-sé, carità inesauribile; in ascolto di papa Francesco e dell’attuale Magistero siamo fortemente invitati ad assumere – in tutti i nostri contesti comunitari – uno stile sinodale, che esprima (nella concretezza dei nostri vissuti) un camminare insieme sulle strade di Dio, incarnando il Vangelo, compiendo l’universale disegno di salvezza, nell’edificazione del regno divino, «regno di verità e di vita; regno di santità e di grazia; regno di giustizia, di amore e di pace» (cfr Prefazio nella Festa di nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo).

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Sono simili i sentimenti che vediamo nella beata Mamma Rosa, donna che racconta di sé: «Sentii subito l’ispirazione di Dio di offrirmi come mamma alle due povere orfanelle, perché mi facevano tanta pietà; e anche per dare una mano ai tre uomini, poveri e bisognosi» (cfr B. A. Barban, Beata Mamma Rosa. Testimone della bontà in famiglia, Dehoniana Libri, Bologna 20149, 36). Nel suo profilo biografico è stato scritto anche: «Di mutuo accordo col marito Carlo, non badando ad ulteriori fatiche e privazioni, Mamma Rosa volle tutt’e tre quegli infelici in casa sua, gratuitamente, senza limite di tempo. E divise con essi il pane dei figli, allora tanto scarso, occupandosi di loro come fossero suoi» (Ibidem, 56). I tratti propri dell’antropologia francescana emergono dalla vita di Mamma Rosa: «Basti ricordare le note caratteristiche della sua spiritualità serafica: il suo ardente amore a Dio, la sua pietà cristocentrica, il tenero culto alla Vergine, la sua fede luminosa, la sua devozione verso la Chiesa, il Papa e tutto il sacerdozio; la sua multiforme carità verso il prossimo, specialmente i poveri e i malati dell’anima e del corpo; la sua opera di concordia e di perdono, di pace e di bene; la sua umiltà e semplicità spontanea. Quest’insieme di virtù brillava su Francescanesimo


Eurosia Fabris Barban tra i beati e i santi francescani Rinaldo Cordovani

«Di più bello non mi resta che il paradiso», era solita dire mamma Rosa quando partecipava alla messa celebrata dai suoi tre figli sacerdoti. «Queste sono le feste e le gioie più grandi della mia vita», continuava a dire. Giuseppe, Secondo e Angelo inutilmente tentavano di impedire alla mamma di baciare loro le mani consacrate nell’ordinazione sacerdotale. Una donna francescana, Mamma Rosa, sposa a vent'anni e madre di una famiglia numerosa, allargata dalle non poche adozioni, vissuta in terra dal 1866 e passata alla vita senza tramonti del paradiso nel 1932, è stata proclamata Beata da Benedetto XVI nel 2005. La sua immagine va ad aggiungersi alle tantissime sante donne di ogni tempo che figurano nell’Albero france­ scano; il suo nome nel calendario francescano è 14 in compagnia di quello di Rosa da Viterbo, patrona della Gioventù francescana, di Elisabetta d’Ungheria, patrona dell’Ordine francescano secolare, e di tante altre fino ad Armida Barelli beatificata il 30 aprile scorso. Mamma Rosa, così tutti la chiamavano, anche se il suo nome era Eurosia Fabris, sposa di Carlo Barban, giovane vedovo e padre di due piccole creature, maternamente custodite da lei già prima del suo matrimonio, dal quale nac­quero nove figli, i primi due dei quali volati in cielo poco dopo la nascita. Una bella famiglia quella di Rosa e di Carlo, composta da figli da loro generati e da altri orfani accolti come fi­ gli, nella quale Rosa «profuse i tesori di affetti, di premure, di sacrifici continui, soprattutto di cristia­ na formazione», come scrisse il figlio Francescanesimo

sa­cerdote francescano Bernardino Angelo Barban, uno dei sei figli consacrati al Signore. Carlo, il marito, coltivatore diretto, faceva del suo meglio, convinto che, come diceva la mo­ glie, «Se il Signore vi dà un bambino, vi provvede anche del suo panino». Già a suo tempo – nella prima metà del 1700 – l’arguto fraticello cercatore viterbese, Crispino, era solito canterellare alle madri di famiglia di Orvieto e dintorni e ai suoi frati: «La divina provvidenza più di noi assai ci pensa». Del re­ sto, s. Francesco nel suo Testamento aveva la­ sciato scritto che i suoi fratelli dovevano vivere soprattutto del loro lavoro. Già, il lavoro e la Provvidenza. Quando i due figli più grandicelli di Rosa, visto che in casa c’era solo polenta e latte, tornavano con una buona scorta di pesci pescati nei fossati dei dintorni, istintivamente le sgorgava dal cuore la gratitudine: «Ecco, anche oggi la Provvidenza ci ha pensato; Signore vi ringrazio che anche oggi posso dar da mangiare ai miei figli». Questo episodio richiama per molti aspetti il pranzo di s. Francesco con frate Masseo, raccontato dai Fioretti. I due avevano elemosinato tozzi di pane; si appartarono vicino ad una sorgente per man­ giare; c’era una pietra larga sulla quale pose­ ro i tozzi di pane. S. France­sco se ne uscì con queste parole «Frate Masseo, non semo de­ gni di così grande tesoro…, che ci è apparecchiato dalla Provvidenza divina; siccome si vede manife­


stamente nel pane accattato, nella mensa della pietra e nella fonte così chiara». Quando nel 1916 fu introdotta nella sua parrocchia il Terz'Ordine Francescano – oggi Ordine Francescano Secolare – fu una delle prime che chiese di appartenervi, anche per essere più vicina spiritualmente al figlio Matteo Angelo entrato tra i francescani con il nome di frate Bernardino. Alcune righe della Regola dei francescani se­ colari sembrano il ritratto della vita e della spiri­ tualità di Mamma Rosa. Eccole: «La regola e la vita dei francescani secolari è questa: osservare il vangelo di nostro Signore Gesù Cristo secondo l’esempio di s. Francesco d’Assisi, il quale del Cristo fece l’ispiratore e il centro della sua vita con Dio e con gli uomini. Cristo, dono dell’Amore del Padre, è la via a Lui, è la verità nella quale lo Spirito Santo ci introduce, è la vita che Egli è venuto a dare in sovrabbondanza. I francescani secolari si impegnino, inoltre, ad una assidua lettura del vangelo, passando dal vangelo alla vita e dalla vita al vangelo» (Regola del 1978, cap. II). Mamma Rosa sapeva leggere e scrivere, cosa non da poco per quei tempi. Fin da ragazza era abituata a leggere il vangelo. Lo conosceva e lo

approfondiva anche con l’ascolto delle prediche domenicali e la frequenza alle riunioni mensili dell’Ordine francescano, alle quali non mancava mai di partecipare. Soprattutto lo traduceva nella sua vita personale e familiare. Come tanti secoli prima aveva fatto s. France­ sco d’Assisi, che scelse come regola di vita per sé e per i suoi di «osservare il santo vangelo del Signore nostro Gesù Cristo». Fa quasi sorridere per il suo candore disarmante, la reazione che ebbe al saluto di una terziaria di Vicenza, la quale la salutò con un «Buon giorno Signora Rosa! Risposta: La ringrazio, cara, del suo saluto. Ma, per carità, non mi chiami Signora, quasi fossi ricca; perché sono e voglio esser poveretta. Se fossi proprio una Signora, avrei quasi paura che Dio non mi voglia più tanto bene e che mi aiuti di meno». Le nostre mamme (ma anche le nonne!) che ci hanno preceduto nel bel paradiso di Dio –­ a co­ minciare da quella di Gesù, che per testamento del figlio è anche madre nostra – ci sorridono dal cielo nell’attesa di fare festa insieme nel Regno di Dio «che solo amore e luce ha per confine». Mamma Rosa –­ Eurosia – è con loro! Ci bene­ dica e ci protegga.

Devozione mariana in Eurosia Fabris Barban Daniela Del Gaudio

La beata Eurosia Fabris Barban, conosciuta popolarmente anche come “Mamma Rosa”, fu una donna semplice, senza carismi straordinari, come profezie o miracoli. La sua santità si è declinata nelle mura domestiche o nella parrocchia. Eppure il suo esempio di radicalità evangelica, alla scuola di s. Francesco d’Assisi, come sposa, come madre e, soprattutto, come donna della carità incondizionata verso il prossimo, specialmente i bambini e i poveri, rendono la sua figura veramente interessante e attuale anche per il nostro tempo. Eurosia ha saputo coniugare la vita familiare con

il suo ardente amore alla preghiera, all’Eucaristia in particolare, allo Spirito Santo e alla Vergine Maria. Questi pilastri della sua spiritualità le hanno concesso di vivere nell’amore di Dio e del prossimo giungendo ad eroismi che solo la vita di fede può generare. Come quando accoglie in casa tre bambini orfani, nonostante i suoi, o quando sfama alcune famiglie in difficoltà, pur non avendo risorse, ma affidandosi solo alla provvidente mano di Dio. Uno dei suoi detti lo sintetizza molto bene: «Io non desidero altro che l’amore di Dio e di crescere sempre più nel suo amore. Del resto, Spiritualità

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mariana diventi, in lei, via all’imitazione di Maria. Meditando il santo Rosario, che recita ogni giorno con devozione, Eurosia impara ad entrare, con Maria, nel mistero di Dio. E Dio la riempie del suo amore, fino al punto che la giovane donna non desidera niente altro che Lui. Anche negli ultimi anni della vita dirà che non le importa essere povera, se ha come ricchezza l’amore di Dio.

Madonna di Monte Berico

non m’importa nulla». Questa sete di Dio 16 caratterizzò anche la sua vita, condizionando anche la scelta matrimoniale, fatta per soccorrere una famiglia bisognosa di amore, dopo la morte della mamma, per due bambine, per un marito afflitto e per un parente disabile da accudire, mostrano la grandezza d’animo di Eurosia che antepone la carità ad ogni sua ambizione. Soffermandoci sulla devozione mariana della beata Eurosia possiamo dire che essa crebbe in lei sotto l’influsso dello Spirito Santo. S. Luigi Maria Grignion de Montfort, nel suo Trattato della vera devozione a Maria, al n. 36 afferma: «Quando lo Spirito Santo, suo Sposo, l’ha trovata in un’anima, vi vola e vi entra con pienezza, si comunica a quest’anima con abbondanza, nella misura in cui trova spazio la sua Sposa. Uno dei principali motivi per cui lo Spirito Santo oggi non compie meraviglie clamorose nelle anime, è che non vi trova un’unione abbastanza forte con la sua fedele e indissolubile Sposa». Quindi Eurosia fa progressi nella vita spirituale perché si lascia guidare da Maria. Per questo motivo lo Spirito Santo, trovando in Eurosia la presenza di Maria, compie meraviglie trasformandola in una testimone della carità di Cristo. In particolare notiamo come la preghiera Spiritualità

E quando la sofferenza o la morte bussa alla sua porta reagisce con fede, come Maria, sotto la croce, accettando tutto dalle mani del Signore. Sono famosi i suoi incontri con la Vergine Santa nel Santuario di Monte Berico, luogo che visitò spesso nella sua lunga vita, per chiedere aiuto e consiglio alla più tenera delle madri, con la quale parlava familiarmente, come a persona vivente. E la Madonna spesso le appariva colloquiando con lei e guidandola nelle scelte della vita o predicendole alcuni avvenimenti, come la vocazione sacerdotale di tre figli. Per questa intensa relazione con la Vergine Maria possiamo affermare che Eurosia si specchiava in lei come modello della sua vita, cercando di riprodurre, con l’aiuto dello Spirito Santo, le sue virtù, specialmente l’umiltà e la carità. La Vergine Maria fu la guida della sua vita coniugale, della sua maternità, della sua laboriosità e dell’attenzione premurosa verso tutti. Infine, possiamo dire che Eurosia sentiva il bisogno di comunicare agli altri la bellezza e la ricchezza della devozione mariana, come avvenne quando, una sera, si recò ad allattare una neonata in casa di una vicina che non aveva latte. Il papà della neonata, Giovanni, inveì contro la corona del rosario che aveva fra le mani intimandole di buttarla. Eurosia rispose serenamente: «No, questa è l’arma più bella per ottenere grazie. Se tu vuoi ottenere un piacere da uno, vai con le buone, con la preghiera, e allora ottieni. E così dobbiamo fare noi con il Signore e la Madonna. Non ti pare?». L’uomo ci pensò su, si calmò e rispose: «Sì, hai ragione anche tu». Ecco come riusciva ad evangelizzare mediante l’intercessione della Vergine Maria che l’aveva resa apostola nel quotidiano.


QUI VARSAVIA: la devozione a Mamma Rosa in Polonia Maciej Tryburcy

The Family Association of Bl. Mamma Rosa is now 10 years old

L’Associazione Famigliare “Beata Mamma Rosa” compie 10 anni

It all began with conversations on the wielodzietni.org internet forum, to then come out of the virtual world and start functioning in real life. Many parents took part in these conversations, most of them with several kids and close to the Church.

Tutto è iniziato con le conversazioni sul forum internet wielodzietni.org, per poi uscire dal mondo virtuale e iniziare ad agire nella vita reale. Molti genitori partecipavano a queste conversazioni, la maggior parte di loro con diversi figli e vicini alla Chiesa.

When looking for a patron for this undertaking, Eurosia Fabris Barban, also known as “Mamma Rosa”, who was beatified in 2005, was chosen. She was a simple woman who lived in the countryside near the Italian city of Vicenza, and she has been remembered by history as a heroic mother and wife. And so, in the beginning of 2012, the Family Association of Bl. Mamma Rosa was born, with a goal of supporting catholic families.

Nella ricerca di una patrona per questa impresa, fu scelta Eurosia Fabris Barban, "Mamma Rosa", che era stata beatificata nel 2005: una donna semplice che viveva nella campagna vicino alla città italiana di Vicenza, ricordata dalla storia come una madre e 17 moglie eroica. Così, all'inizio del 2012, nacque l'Associazione Famigliare "Beata Mamma Rosa", con l'obiettivo di sostenere le famiglie cattoliche.

The first years of the Association were spent on organizing the Academy of Mamma Rosa. It was a series of meetings for mothers who had given up professional work in order to raise their children. The Academy’s meetings tackled topics of parenting, but also the theology of Thomas Aquinas. Meetings with interesting

Founding meeting in February 2012. Riunione di fondazione nel febbraio 2012

I primi anni dell'Associazione furono spesi per organizzare l'Accademia di Mamma Rosa [si veda il numero 1/2021 della nostra rivista a p. 14; N.d.R.]. Si trattava di una serie di incontri per le madri che avevano rinunciato al lavoro professionale per allevare i loro figli. Gli incontri dell'Accademia affrontavano temi di genitorialità, ma anche la teologia di Tommaso d'Aquino. Furono organizzati anche incontri con persone interessanti e sessioni di formazione professionale: dopo la parte più sostanziosa c'era tempo anche per scambiare una parola tra le partecipanti o per chiedere consiglio a madri più esperte. Molte delle amicizie nate allora continuano ancora oggi. L'idea dell'Accademia di Mamma Rosa ha trovato molti imitatori e incontri simili sono stati organizzati in altre città della Polonia. Durante una di queste riunioni a Cracovia, nel giugno 2015, è avvenuto un fatto drammatico. L'ospite di quella riunione, la professoressa Wanda Półtawska, stava Il mondo di Mamma Rosa


persons and professional training sessions were also organized. After the substantive part there was also time for integration and to talk to the more experienced mothers. Many of the then created friendships continue to this day. The idea of the Academy of Mamma Rosa had found many imitators and similar meetings were organized in other cities across Poland. During one of the Academy’s meetings in Kraków in June 2015 a dramatic event took place. That meeting’s guest, prof. Wanda Półtawska, was giving a speech about courage needed to defend your values, and civil courage. She also spoke about her experiences during the war. At some point she fainted. Before leaving the meeting she said: “Read John Paul II’s documents about women. Everything is there.” In an emotional statement posted to the Association’s website Marcelina Metera, its vice president, said “Miss Professor, we – the women who were present on that meeting on the 19th of June in Kraków – promise that we will read and reflect on those documents, and we will do our best to create a seminar that You told us about. We owe it to You, as a token of gratitude for this great lesson.” This pledge was realized several years later in an 18 amazing way. The Association began organizing summer vacation Mamma Rosa Camps, a combination of a scout camp and a family retreat. In a beautiful and distant place in the forest and by a lake, the families set up camps, build a field kitchen and a covered community hall. Each family performs duties related to keeping the camp clean, cooking meals and taking care of children. Close contact with nature allows everyone to get some solid rest, but also intellectual nourishment. Everyday the camp members gather in front of a field altar and celebrate Holy Mass, after which they discuss the teachings of St. John Paul II about marriage and family. The most recent, but also the fastest growing project of the Family Association of Bl. Mamma Rosa is parent-managed parish scouts – the Wanderers. It is a response to a reported decrease in adolescents going to Church. Parents organize scout groups for kids aged 6 to 17 years old. The participants not only experience scout adventures, but also help the parish. They become the cocreators of many parish events, which helps them develop a sense of belonging to the Church and stay there when they get older. Creating Wanderer groups is very simple and helps in places where children and teens don’t have many options. Il mondo di Mamma Rosa

tenendo un discorso sul coraggio necessario per difendere i propri valori e sul coraggio civile. Parlava anche delle sue esperienze durante la guerra. Ad un certo punto è svenuta. Prima di lasciare l'incontro ha detto: «Leggete i documenti di Giovanni Paolo II sulle donne. C'è tutto». In una commovente dichiarazione pubblicata sul sito web dell'Associazione, Marcelina Metera, la sua vice presidente, ha detto: «Signorina Professoressa, noi – le donne che erano presenti a quell'incontro il 19 giugno a Cracovia – promettiamo che leggeremo e rifletteremo su quei documenti e faremo del nostro meglio per creare il seminario di cui Lei ci ha parlato. Lo dobbiamo a Lei, come segno di gratitudine per questa grande lezione». Questa promessa si è realizzata alcuni anni dopo in un modo sorprendente. L'Associazione iniziò ad organizzare i Campi Mamma Rosa per le vacanze estive, una combinazione tra un campo scout e un ritiro familiare. In un luogo bellissimo e lontano, nella foresta e vicino a un lago, le famiglie allestiscono i campi, costruiscono una cucina da campo e una sala comunitaria coperta. Ogni famiglia condivide l'impegno a mantenere il campo pulito, cucinare i pasti e prendersi cura dei bambini. Lo stretto contatto con la natura permette a tutti di ottenere sia un riposo rigenerante che un nutrimento intellettuale. Ogni giorno i membri del campo si riuniscono davanti all'altare del campo e celebrano la Santa Messa, dopo la quale discutono gli insegnamenti di s. Giovanni Paolo II sul matrimonio e sulla famiglia. Il progetto più recente, ma anche quello in più rapida crescita dell'Associazione Famigliare "Beata Mamma Rosa", sono gli scout parrocchiali gestiti dai genitori – i Wanderers. Si tratta di una risposta alla diminuzione degli adolescenti che vanno in Chiesa. I genitori organizzano gruppi scout per ragazzi dai 6 ai 17 anni. I partecipanti non solo vivono avventure scout, ma aiutano anche la parrocchia. Diventano co-creatori di molti eventi parrocchiali, il che li aiuta a sviluppare un senso di appartenenza alla Chiesa e a rimanerci quando diventano più grandi. Creare gruppi Wanderer è molto semplice e aiuta in luoghi dove i bambini e gli adolescenti non hanno molte opzioni. È importante menzionare anche che l'Associazione ha stabilito un contatto con il Santuario della Beata Mamma Rosa nella città di Marola, dove la Beata ha trascorso la maggior parte della sua vita. Articoli che


It's important to also mention that the Association established contact with th Bl. Mamma Rosa Sanctuary in the town of Marola, where the Blessed had spent most of her life. Articles describing the Association's activity appear regularly in a journal called Beata Mamma Rosa. Madre di Famiglia e di Sacerdoti in a special section called "WARSAW HERE: the devotion to Bl. Mamma Rosa in Poland". The anniversary is an encouragement for the Family Association of Bl. Mamma Rosa to find new areas of action. Maciej Tryburcy, the Association’s president, says: “Our Patron got married to her neighbor, a widower with a mean spirit and a tendency to drink. Even if that caused her great suffering, she remained faithful to him, respecting the sacrament of marriage. This mindset should guide us, and our Association should seek new ideas supporting the unity and longevity of marriages.” An updated logo serves to emphasize this direction. In the new version it portrays a blossoming heart – a symbol of marital love.

descrivono l'attività dell'Associazione appaiono regolarmente in una rivista chiamata "Beata Mamma Rosa. Madre di famiglia e di sacerdoti" in una sezione speciale chiamata "QUI VARSAVIA: la devozione alla Beata Mamma Rosa in terra polacca". L'anniversario è un incoraggiamento per l'Associazione Familiare "Beata Mamma Rosa" a trovare nuovi campi d'azione. Maciej Tryburcy, presidente dell'Associazione, dice: «La nostra Patrona si è sposata con il suo vicino di casa, un vedovo dal carattere difficile e con la tendenza a bere. Anche se questo le causò grandi sofferenze, lei gli rimase fedele, rispettando il sacramento del matrimonio. Questa è la mentalità che dovrebbe guidarci e la nostra Associazione dovrebbe cercare nuove idee per sostenere l'unità e la longevità dei matrimoni». Il nuovo logo vuole proprio sottolineare questa direzione, ritraendo un cuore in fiore come simbolo dell'amore coniugale.

Il presidente Tryburcy ci ha gentilmente concesso di ripubblicare in Inglese e Italiano la nota celebrativa apparsa in polacco sul sito web https://opoka.org.pl/News/Polska/2022/stowarzyszenie-rodzin-im-bl-mamy-rozy-ma-juz-dziesiec-lat

QUI CHICAGO: la devozione a Mamma Rosa in America James F. Heyd

A Call to Follow Jesus and Become his Mission Disciple (A Mother from Marola, III) Are we human beings capable of being loved and redeemed? Do we have worth? Does each of us have an inherent dignity one might ask, even though many have fought throughout the ages to acknowledge such and to protect it. A good question, not easy to ponder in the 2020s where all-embracing technology and the all-encompassing power of secular states, and

Una chiamata a seguire Gesù e diventare suoi “discepoli in missione” (parte III) Siamo esseri umani capaci di essere amati e redenti? Valiamo qualcosa? Si potrebbe addirittura mettere in dubbio che o­­ gnuno di noi abbia una dignità intrinseca, nono­ stante molti abbiano combattuto nel corso dei secoli per riconoscerla e proteggerla. Una buona domanda, non facile da ponderare Il mondo di Mamma Rosa

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of ideologies, are refashioning or replacing human dignity and love, either filial or intimate with poor human substitutes. And the idea of redemption? Is the human race going to be saved eternally, or is everything relative? In June 2020 the musician Bob Dylan lamented the condition of the human race and predicted its possible death. Many of these concerns were addressed from the point of faith in the past and in divine revelation, and now that secularism is taking root in our consciousness, do we even entertain eternal verities and salvation? In March 1979, in his first encyclical Re­demptor hominis, not only the globetrotting pope but philosopher John Paul II writes:

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“The man who wishes to understand himself thoroughly and not just in accordance with immediate, partial, often superficial, and even illusionary standards and measures of his being – he must with his unrest, uncertainty and even his weakness and sinfulness, with his life and death, draw near to Christ. He must, so to speak enter into him with his own self, he must ‘appropriate’ and assimilate the whole of the reality of the Incarnation and Redemption in order to find himself.” Indeed, Beata Mamma Rosa read and learned about Jesus Christ in the scriptures and accepted and drew near to him. He was known to be the Redeemer, the one who was born of the Virgin Mary in a poor town called Bethlehem under Roman occupation, its might and empire in full display at that historical time. For her, the Blessed Lord was no mere teacher or spiritual guru whom one might find today in

negli anni 2020, dove una tecnologia onnicomprensiva e il potere totalizzante degli Stati se­ colarizzati e delle ideologie stanno rimodellando o sostituendo la dignità umana e l’amore, sia fi­ liale che intimo, con poveri sostituti umani. E l’idea di redenzione? La razza umana sarà salvata in eterno o tutto è relativo? Nel giugno 2020 il musicista Bob Dylan lamentava la condizione della razza umana e ne predisse la possibile morte. In passato, e nella divina Rivelazione, molte di queste preoccupazioni sono state affrontate dal punto di vista della fede; ora che il secolarismo si sta radicando nella nostra coscienza, ci occupia­ mo anche delle verità eterne e della salvezza? Nel marzo 1979, nella sua prima enciclica Redemptor hominis, non solo il “papa giramondo” ma il filosofo Giovanni Paolo II scrisse: «L’uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo – non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino appa­ renti criteri e misure del proprio essere – deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve “appropriarsi” ed assimilare tutta la realtà dell’Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso» (n. 10). Infatti, Mamma Rosa lesse e imparò a cono­ scere Gesù Cristo nelle Scritture e lo accettò e si avvicinò a lui. Lei sapeva che lui è il Redentore, colui che era nato dalla Vergine Maria in una povera città chia­mata Betlemme sotto l’occupazione romana, la cui potenza e il cui impero erano in piena evidenza in quel momento storico. Per lei, il Signore benedetto non era un semplice maestro o un guru spirituale come si può trovare oggi nel movimento New Age. No, Gesù era per lei «la via, la verità e la luce». Questa donna italiana del diciannovesimo se­ colo trovò un significato e uno scopo nella vita quando assimilò l’intera realtà di Gesù Cristo insieme al significato e allo scopo che egli ha dato alla vita; davvero si può essere amati e redenti, in questo mondo e nell’altro.

"Non abbiate paura!" (16 ottobre 1978) Il mondo di Mamma Rosa

Mamma Rosa aveva delle devozioni preferite: allo Spirito Santo, a Gesù Bambino, alla Croce di Cristo; amava l’Eucaristia, la Vergine Maria


the New Age movement. No, Jesus was for her “the way, the truth and the light.” This 19th century Italian woman found meaning and purpose in life as she assimilated the whole of the reality of Jesus Christ and the meaning and purpose he brought to life; indeed, one can be loved and redeemed in this world and in the next. Beata Mamma Rosa had favorite devotions to the Holy Spirit, to the infant Jesus, to the Cross of Christ; she loved the Eucharist, Virgin Mary and was concerned about the souls in Purgatory. Her world was being in the world of Jesus and his disciples. What a faith she had. In essence, she not only accepted the teachings of Jesus but his way of life. And what is his way of life? Right after his baptism in the Jordan River, Jesus began to preach in Galilee, and found himself on the Korazim Plateau on the Mount of Beatitudes. There he delivered his famous Sermon on the Mount and as a consequence “many crowds followed him.” Others, later on, not just the original group from Galilee, began to take notice of him and were called and they too followed him. Among the many, a few noteworthy stand out as they are celebrated during Lent: the Samaritan woman who met him at the well and found truth in him; the man born blind who was cured by him; and Lazarus who died, but was raised by our Blessed Lord from the dead. During the liturgical season of Lent, as the church initiates new members, or catechumens, these three individuals are bought up in the selected Sunday gospels: the Samaritan woman (third Sunday of Lent); the blind man (fourth Sunday of Lent); and Lazarus (fifth Sunday of Lent). All who celebrate Lent know of these stories today, but these are Christian stories found in the scriptures, that have been told throughout time. Throughout history, many have heard about these individuals in the scriptures. We read about them during our communal celebrations on Sunday. They became disciples of Jesus and followed him.

In Pakistan: "We love Mamma Rosa"

e si preoccupava delle anime del Purgatorio. Il suo mondo era essere nel mondo di Gesù e dei suoi discepoli. Che fede aveva! In sostanza ha accettato non solo gli insegna­ menti di Gesù, ma il suo stesso stile di vita. E qual è il suo stile di vita? Subito dopo il suo battesimo nel fiume Giordano, Gesù cominciò a predicare in Galilea, e si trovò sull’altopiano di Corazin sul Monte delle Beatitudini. Lì pronunciò il suo famoso discorso della montagna e di conseguenza «molte folle lo seguirono». In seguito altri, non solo il gruppo originario dalla 21 Galilea, cominciarono a prestargli attenzione, furono chiamati e anche loro lo seguirono. Tra i tanti, ne spiccano alcuni che vengono celebrati durante la Quaresima: la donna Samaritana che lo incontrò al pozzo e trovò in lui la verità; il cieco nato che fu guarito da lui; e Lazzaro che morì, ma fu risuscitato dai morti dal Signore nostro benedetto. Durante il periodo liturgico della Quaresima, quando la chiesa prepara i nuovi membri – o catecumeni – all’Iniziazione cristiana, questi tre perso­ naggi sono trasferiti in blocco nei vangeli domenicali scelti: la donna samaritana (III domenica di Quaresima); il cieco nato (IV); e Lazzaro (V).

Knowing her faith as she did, one can say that Beata Mamma Rosa decided to live as a disciple as well, only it was in her day and age.

Oggi tutti coloro che celebrano la Quaresima conoscono queste storie, ma si tratta di storie cri­ stiane che si trovano nelle Scritture, che sono state raccontate nel corso dei tempi. Nel corso della storia, molti hanno sentito parlare di questi personaggi nelle Scritture. Abbiamo letto di loro durante le no­ stre celebrazioni comunitarie della domenica: sono diventati discepoli di Gesù e lo hanno seguito.

If the Word of God is eternal then that means it moves individuals throughout history to become disciples of Jesus – and that is what happened

Conoscendo la sua fede, si può dire che anche Mamma Rosa aveva deciso di vivere ai suoi tempi come una dei discepoli. Il mondo di Mamma Rosa


to Beata Mamma Rosa. She did not get lost in the ways of the world, nor did she follow another path. That is a choice of each individual, especially those growing up in Christian households. If Beata Mamma Rosa accepted Christ as her Beloved Lord and Redeemer, and such a path to salvation is based on biblical truth which is central to our Catholic faith and acknowledged by John Paul II in Redemptor hominis, it must be also said that Beata Mamma Rosa extended this belief into practice. In truth, and in a profound way, she became a mission disciple, not just an individual who reads about these followers of Jesus but does not carry out their work. No, she took the story of Galilee, how Jesus transformed the lives of his disciples and began to apply that to her familial and societal world in Marola, right by Vicenza. That is the true blessing of Beata Mamma Rosa. What we see here is very vital at this point in our Christian mission, especially from the perspective of two successors of St. Peter. John Paul II is inviting us to rediscover our re22 deemer Jesus Christ as the foundation by which human dignity can be protected and where love can flourish. It is Pope Francis who is telling us that we need now to be not just hearers of these stories but to become a part of the ongoing story itself by joining these crowds who heard and accepted Jesus, especially most poignantly in the lives of the Samaritan woman, the blind man and Lazarus. Pope Francis urges us in Evangelii Gaudium: Let us go forth, then, let us go forth to offer everyone the life of Jesus Christ. Here I repeat for the entire Church what I have often said to the priests and laity of Buenos Aires: I prefer a Church which is bruised, hurting and dirty because it has been out on the streets, rather than a Church which is unhealthy from being confined and from clinging to its own security. Baptized and brought up in the faith, knowing about the early disciples of Christ and how they reacted to situations of crisis, Beata Mamma Rosa responded to a call given her: marry a widower named Carlo and tend to his two children, Chiara and Italia! Losing his wife as he did, he was beside himself, so were these two Il mondo di Mamma Rosa

Se la Parola di Dio è eterna, significa che continua a toccare le persone lungo la storia perché diventino discepole di Gesù. È quello che è successo alla Beata: lei non si è persa nelle vie del mondo, né ha seguito un altro cammino. Questa è una scelta alla portata di ogni individuo, specialmente di quelli che crescono in famiglie cristiane. Se la Beata Eurosia ha accettato Cristo come suo diletto Signore e Redentore – e tale cammino di salvezza si basa sulla verità biblica, che è centrale nella nostra fede cattolica e riconosciuta da Giovanni Paolo II nella Redemptor hominis – bisogna dire anche che la Beata ha esteso questa convinzione nella pratica. In verità, e in modo profondo, è diventata una di­ scepola in missione, non solo un individuo che legge di questi seguaci di Gesù ma non mette in pratica la loro opera. No, ha preso la storia della Galilea, come Gesù ha trasformato la vita dei suoi discepoli, e ha iniziato ad applicarla al suo mondo familiare e sociale a Marola, proprio vicino a Vicenza. Questa è la vera beatitudine di Mamma Rosa. Ciò che vediamo qui è vitale a questo punto della nostra missione cristiana, specialmente dalla prospettiva di due successori di s. Pietro. Giovanni Paolo II ci invita a riscoprire il nostro redentore Gesù Cristo come il fondamento da cui la dignità umana può essere protetta e dove l’amore può fiorire. Ed è Papa Francesco che ci dice che ora abbiamo bisogno non solo di essere ascoltatori di queste storie, ma di diventare parte della storia stessa, unendoci a queste folle che hanno ascoltato e accettato Gesù, in modo particolarmente toccante nella vita della Samaritana, del cieco e di Lazzaro. Così ci esorta nella Evangelii Gaudium: «Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Ripeto qui per tutta la Chiesa ciò che molte volte ho detto ai sacerdoti e laici di Buenos Aires: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze» (n. 49). Battezzata e cresciuta nella fede, conoscendo i primi discepoli di Cristo e come reagivano alle situa­zioni di crisi, Mamma Rosa ha risposto a una chiamata che le era stata fatta: sposare un vedovo di nome Carlo e occuparsi delle sue due


children. The Barban family was hurting and bruised emotionally. If situations as these were common in the nineteenth century, Pope Francis thankfully is addressing how Christian families are even suffering more in this post-Christian age of ours. Beata Mamma Rosa took action. Reminiscent of the spirit of the Jocist movement (Jeunesse Ouvrière Chretienne) Eurosia Fabris (Beata Mamma Rosa’s original name) saw a desperate situation, judged that is was worthy of Christian love, and acted accordingly. Not only that, and here is where her heroic virtue comes out, she goes on to bring seven more children into the world, and adopted two others, and if all of this were not enough, she welcomed orphans in her midst who were suffering during the First World War. And she did this in a spirit of mission discipleship with a joy that pervaded her being and work. There was a perfect connection between her hearing the Word of God, her learning about mission discipleship and then her accepting this call for herself. Her faith was not merely nostalgic, apart from concrete and difficult situations. It was immersed in the great struggle of her day. And for this reason, one can regard her as an extraordinary mission disciple and worthy of our consideration.

figlie, Chiara e Italia! Avendo perso la moglie così precocemente era fuori di sé, così come le due bambine. La famiglia Barban era dolorante ed emotivamente ferita. Se situazioni come queste erano comuni nel XIX secolo, papa Francesco sta affrontando con riconoscenza il modo in cui le famiglie cristiane stanno soffrendo ancora di più in questa nostra epoca post-cristiana. Beata Mamma Rosa è passata all’azione. Ricordando lo spirito del movimento jocista (Jeunesse Ouvrière Chretienne) Eurosia Fabris (il nome ori­ ginale di Beata Mamma Rosa) vide una situazione disperata, giudicò che fosse degna dell’amore cri­ stiano e agì di conseguenza. Non solo – e qui vie­ ne fuori la sua virtù eroica – mette al mondo altri nove bambini, ne adotta altri due e, se tutto questo non bastasse, accoglie in mezzo a sé gli orfani che soffrono durante la prima guerra mondiale. E fece questo in uno spirito di discepolato missionario con una gioia capace di impregnare il suo essere e il suo lavoro. C’era una perfetta connessione tra il suo ascolto della Parola di Dio, il suo apprendimento del disce­ polato missionario e poi il suo accettare questa 23 chiamata per se stessa. La sua fede non era solo nostalgica, staccata dalle situazioni concrete e difficili. Era immersa nella grande lotta del suo tempo. E per questo motivo, la si può considerare una straordinaria discepola di missione e degna della nostra considerazione.

Vicenza, cattedrale di S. Maria Annunciata piena di fedeli per la beatificazione Il mondo di Mamma Rosa


Invito alla lettura

Giovanni Spagnolo

DON PAOLO ALLIATA, C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura, Milano, Salani editore, 2019, pp.190 - € 14,90. «I rabbini dicevano: “Dio ha creato il punto di domanda e l’ha posto nel cuore dell’uomo”. La domanda è lo spazio dell’incontro, del dialogo, del confronto. Le domande aprono lo spazio per il cammino, per la ricerca; le domande sincere permettono di respirare, di far circolare vita e sapienza. Ci si avvicina a Dio più con le domande che non con le risposte, perché la domanda ha una forza che spesso la risposta non ha già più». (Ultima di copertina).

MATTEO CRIMELLA, Padre nostro, ed. San Paolo, 2020, pp. 126 - € 14,00. «Sul Padre Nostro sono stati scritti innumerevoli commenti, fin dall'antichità. Quelli degli ultimi anni hanno cercato di mettere in luce la ricchezza delle differenti espressioni della preghiera del Signore, offrendo mirabili luci sul suo testo, sul suo sfondo giudaico, sulla sua ricca teologia. Tuttavia questi lavori hanno una caratteristica comune: dopo aver mostrato somiglianze e differenze fra la versione di Matteo e quella di Luca, procedono al commento della forma lunga, quella matteana, limitandosi a notare le diversità della redazione lucana. Questo commento al Padre Nostro è interamente fondato su una scommessa: valorizzare la versione di Matteo e quella di Luca nella loro ricchezza e singolarità. Le due versioni sono comprese ciascuna all'interno del proprio contesto immediato e tenendo conto della visione teologica del rispettivo evangelista. Il Padre Nostro diventa così un caleidoscopio attraverso il quale ammirare la multiforme ricchezza dell'annuncio di Gesù. Davvero, come dicevano i Padri, la preghiera del Signore è la sintesi di tutto il Vangelo» (Dalla Introduzione dell’Autore).

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GIOVANNI SPAGNOLO, Andrea da Burgio frate cappuccino (1705-1772). Un cammino d’amore, ed. Velar, Gorle 2022, pp. 80, ill., s.i.p. [collana “I frati del popolo” - nuova serie, 2]. Il 16 giugno 1772, a Palermo, nell’Infermeria dei cappuccini chiudeva la sua giornata terrena, in fama di santità, fra Andrea da Burgio che aveva speso un tratto significativo della sua vita nella missio antiqua che vedeva l’Ordine impegnato in Africa, nel Congo-Angola, fin dal 1645 per mandato di papa Paolo V. Per ricordare i 250 anni del pio transito del frate di Burgio che, con il riconoscimento delle virtù eroiche da lui esercitate gode dal 1873 del titolo di Venerabile, la vice postulazione e l’associazione che promuove la devozione e tiene viva la fama di santità dell’illustre concittadino, tra le tante iniziative in programma, hanno voluto la revisione e la ristampa di questo volumetto che appartiene alla prima serie della collana I frati del popolo, ideata, diretta e scritta da fra Giovanni Spagnolo nei suoi anni giovanili, arrivando a dieci titoli. Come asceta, missionario e taumaturgo, Andrea da Burgio può essere annoverato tra le figure di spicco del Settecento siciliano. Tuttavia, ricordarlo a 250 anni dalla sua morte, è pur sempre un monito, per il suo Ordine cappuccino e per il popolo di Dio, a perseguire quella chiamata universale alla santità, proposta dal Concilio Vaticano II e rilanciata nel nuovo Millennio dal santo papa Giovanni Paolo II come “misura alta della vita cristiana ordinaria”. Per una felice coincidenza, l’autore della prefazione alla edizione del 1976, fra Francesco Saverio Toppi, divenuto nel 1990 arcivescovo-prelato di Pompei e di cui il 4 giugno 2013 era stata introdotta la causa di beatificazione e canonizzazione, il 20 gennaio u.s., è stato proclamato venerabile, essendo stato promulgato con l’approvazione di papa Francesco, il decreto “super virtutibus”. Vetrina di libri


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