Prendersi cura gli uni degli altri

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Supplemento a Segno nel mondo n.10/2011. Poste Italiane S.p.A - Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2, CDC Roma

Numero 5/2011

Bene comune

Prendersi cura gli uni degli altri

Fiac: l’Ac che si apre al mondo


Azione cattolica italiana

Sulle strade dei cercatori di Dio Ac e primo annuncio

Il primo annuncio e la riscoperta della fede in questo tempo nel nostro Paese: il contributo dell’Azione cattolica per portare la Parola di speranza del Vangelo anche a chi appare piÚ lontano.

Pp 104, â‚Ź 5,00


visto dall’Ac

All’inizio di un nuovo anno associativo l’Ac ribadisce il proprio impegno nella formazione delle coscienze e nella promozione del bene comune. Per fare crescere la Chiesa e il paese

Tempodi darsidafare l bene comune è ancora di moda? E l’educazione? A guardarsi in giro sembra che abbiamo rinunciato a qualsiasi cosa richieda pazienza, sacrificio, impegno; a cominciare dallo studio, che pare non essere sufficientemente moderno e al passo coi tempi e con le innovazioni tecnologiche, come denuncia l’insegnante e scrittrice Paola Mastrocola nel suo ultimo libro Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare. Noi di Ac ci crediamo ancora (alla fatica, al darsi da fare, alla possibilità di indicare una strada da percorrere tutti insieme) e a differenza di tanti profeti di sventura che guardano con rimpianto al passato e si esercitano nell’arte della lamentazione, spesso un comodo alibi al disimpegno, pensiamo che proprio quello che stiamo vivendo è un tempo favorevole (2Cor 6,2). Come abbiamo scritto negli Orientamenti triennali «crediamo, infatti, che questo tempo che ci viene donato è tempo buono e bello per poter ridire la nostra passione per l’uomo, per la sua storia. È tempo nuovo e rinnovato dall’incontro sem-

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pre vero e unico con il Signore Gesù che cambia le nostre vite ridonando senso e significato alla nostra quotidianità. È tempo propizio per poter testimoniare con gioia e raccontare insieme la buona notizia del Vangelo e per spendersi nel mondo a servizio del bene comune». È proprio in questo clima di insicurezza che attanaglia la vita del nostro paese e della nostra gente, come ha ricordato il presidente Miano commentando a fine settembre la prolusione del card. Bagnasco, che siamo chiamati a farci presenti e a rimboccarci le maniche. Un clima – sempre secondo il presidente – che ha radici certamente di natura economica, ma che parimenti trova fertile alimento in una questione morale che – a dire dello stesso presidente della Cei – «non è un’invenzione mediatica», né «riguarda semplicemente i singoli, ma gruppi, strutture, ordinamenti». In questo contesto, in cui vengono costantemente proposti modelli che propagandano «la cultura di un’esistenza facile e gaudente, quando questa dovrebbe lasciare il passo alla cultura


visto dall’Ac

della serietà e del sacrificio, fondamentale per imparare a prendere responsabilmente la vita», siamo tutti chiamati a dare il meglio per il rilancio del paese. Ciascuno è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità: come ci ammonisce papa Paolo VI nell’Octogesima Adveniens «è troppo facile scaricare sugli altri la responsabilità delle ingiustizie, se non si è convinti, allo stesso tempo, che ciascuno vi partecipa e che è necessaria innanzitutto la conversione personale». Conversione che scaturisce dall’incontro vivo e vero con il Signore Gesù, l’Unico capace di cambiare la vita. Questo è da sempre il primo impegno della nostra associazione, ribadito con forza negli Orientamenti che l’Ac si è data per il triennio appena cominciato. Un incontro, quello con il Maestro, che genera scelte e vocazioni alla responsabilità, che spinge a «dare buona testimonianza in ogni ambito della vita», come ha detto papa Benedetto nel Messaggio inviato in occasione della XIV Assemblea, che ripropone l’attualità del bene comune, inteso come promozione della persona umana, dei suoi diritti, della sua dignità, delle sue possibilità.

In questo campo i cattolici possono fare molto. «Proprio perché cittadini delle due Gerusalemme – secondo il card. Bagnasco – i cristiani possono essere in politica quell’elemento chiave per un percorso fatto di fedeltà ai principi, ai valori, alle istituzioni, nella ricerca non tanto di interessi di parte quanto del bene comune». E il primo fondamentale contributo conSegnoPer n.5/2011


visto dall’Ac

siste nella formazione delle coscienze: è per questo che l’Ac – in un Messaggio della Presidenza nazionale in occasione della ricorrenza di San Francesco, co-patrono d’Italia e dell’Associazione, messaggio che sarà approfondito sul prossimo numero di Segno – ribadisce il proprio impegno formativo, svolto in migliaia di realtà parrocchiali e diocesane in tutte le SegnoPer n.5/2011

regioni, avendo a cuore la costruzione di coscienze individuali orientate al bene comune, pronte a porsi al servizio della Chiesa e della Comunità nazionale in spirito di dialogo, di collaborazione, di solidarietà, portando nella vita pubblica il contributo motivato e fattivo di chi crede nel Vangelo. Sotto dunque a chi tocca, cioè a tutti noi!


Visto dall’Ac

1 Tempo di darsi da fare In primo piano Bene comune

6 Prendersi cura gli uni degli altri di Giovanni Grandi

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Crescere fino alla semplicità

Oltre Madrid

di Zorica Maros

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Vita di Ac

Il servizio è la gioia

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di Alessandro Trovato

Ac e mondo

12 Costruire ponti per la pace di Salvatore Scolozzi

di Maurizio Semiglia

La casa della responsabilità

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di Lucia Angelini

Artigiani di futuro di Monica Del Vecchio

SegnoPer n. 5 - 2011 supplemento a Segno nel Mondo n.10/2011

Pubblicazione dell’Azione Cattolica Italiana Reg. al Trib. di Roma n. 46/ 970 del 0 /0 / 970 Direttore: Franco Miano Direttore Responsabile: Giovanni Borsa g.borsa@azionecattolica.it Coordinatore: Fabiana Martini f.martini@azionecattolica.it In redazione: Gianni Di Santo g.disanto@azionecattolica.it

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Progetto grafico e impaginazione: Giuliano D’Orsi

Per versamenti: ccp n.78 6 6 Per l e foto: Archivio foto AC, Agenzia Olycom, intestato a: Fondazione Apostolicam Actuositatem Riviste - Via Aurelia, 48 – 00 65 Roma SIR, Romano Siciliani Fax 06.66 0 07 Chi uso in redazione: Luglio 0 (causale “Abbonamento a Segno”) Editore: Fondazione Apostolicam Actuositatem Banca: Credito Artigiano - sede di Roma IBAN: IT88R0 5 0 000000000 967 Direzione e ammi nistrazi one: cod. Bic Swift Art I I TM intestato a: Via Aurelia, 48 – 00 65 Roma Fondazione Apostolicam Actuositatem SegnoPer è una pubbli cazione on line Via Aurelia, 48 - 00 65 Roma www.azionecattolica.it E.mail: abbonamenti.riviste@azionecattolica.it E.mail redazione: segnoper@azionecattolica.it Numero verde: 800.869 6 Tel. 06.66 (centr.) – Fax 06.66 60 Abbonamento a Segno nel Mondo: € 0

Pubblicazione associata all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana)

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Insieme è meglio

Famiglia piccola Chiesa domestica

di Carlotta Benedetti

35 Non solo un banco da scaldare a cura del Msac

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Fede in cammino

50 Passi da fare insieme

di Fabiola Andrighettoni

di Ugo Ughi

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Assistenti in Ac

Trento e l’Ac, una storia da raccontare

52 Digitali sì, digitali no

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di Dino Pirri

di Giuseppe Patta e Salvatore Compagnone

MI.TI.CO. week-end

Agenda

di Arianna Lorenzetto

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Strumenti

Nella giusta prospettiva

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di Federica Cifelli

Sciopero della spesa di Annarosa Bandini

Chiama anche te!

Segnalazioni

di Fabio Dovis

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Oltre i luoghi comuni

40 Gente della via

sommario

Nomine La Presidenza nazionale dell’Azione cattolica italiana rivolge il suo filiale ringraziamento ai nostri vescovi per aver proceduto, nel corso dei lavori del Consiglio permanente della Cei, alle conferme ad Assistente ecclesiastico nazionale dell’Azione cattolica italiana per il settore Giovani di don Vito Piccinonna, della diocesi di Bari-Bitonto, e ad Assistente ecclesiastico nazionale dell’Azione cattolica italiana per l’Azione cattolica Ragazzi di don Dino Pirri, della diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, e per la nomina della prof.ssa Elisabetta Brugé a Presidente nazionale del Movimento di Impegno educativo dell’Azione cattolica (Mieac). A don Vito, a don Dino e a Elisabetta gli auguri e l’abbraccio di tutta l’Associazione e di SegnoPer.

La valigia dei diritti di Matteo Scirè

di Vincenzo Lumia

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in primo piano bene comune

Come il nostro stare in associazione può aiutarci a maturare il senso di responsabilità nei confronti della società, perché l’attenzione al bene comune riguarda tutti, nessuno escluso

di Giovanni Grandi

esperienza associativa in se stessa è per molti aspetti una palestra di vita civile: troviamo l’elemento della condivisione delle idealità e degli obiettivi, dell’assunzione di responsabilità, del rispetto delle dinamiche democratiche. Potremmo sostare su ciascuno di questi elementi, ma vale la pena forse di scavare alle radici, cercando di portare alla luce il cuore di ogni esperienza associativa: si tratta della decisione di prendersi cura gli uni degli altri, di far spazio all’altro nella propria vita. Vorrei provare a dire perché questa decisione è qualcosa di fondamentale nel cammino dell’uomo, ed anzi è proprio la decisione su cui si gioca la possibilità di una maturazione umana e – di conseguenza, perché le due cose sono collegate – di una buona convivenza civile. Vorrei ripartire da una osservazione di Maritain a proposito del cammino dell’uomo: «[L’azione dell’uomo] può seguire il pendio della personalità, o il pendio dell’individualità materiale. Se lo sviluppo dell’essere umano ha luogo nel senso dell’individualità materiale,

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L’Azione cattolica in piazza San Pietro incontra il Papa

egli andrà nel senso dell’io odioso, la cui legge è di prendere, di assorbire per sé; e nello stesso istante la personalità come tale tenderà ad alterarsi, a dissolversi. Se, al contrario, lo sviluppo va nel senso della personalità spirituale, allora l’uomo si dirigerà nel senso dell’io generoso degli eroi e dei santi»1. Jacques Maritain è uno degli autori che più si sono misurati con il tema del “bene comune” e del contributo dei cristiani alla società: è il grande tema della cura della dimensione sociale e del servizio nella politica. Indubbiamente ci sono persone che maturano una sensibilità particolare per le esigenze della “città dell’uomo” e che si impegnano di conseSegnoPer n.5/2011


in primo piano bene comune

guenza a metterle a fuoco e magari a ricordarcele. Nei termini, forse non troppo usuali, della tradizione cristiana si parla di una “vocazione” al servizio nel sociale e nel politico. Va da sé che il riconoscimento di vocazioni specifiche di questo tipo non significa che l’attenzione al bene comune sia delegata ad alcuni; riguarda tutti noi. Ma in che modo? Possiamo affrontare la questione da un punto di vista sociale: ciascuno è tenuto a farsi carico della dimensione civile per una questione di solidarietà. I pensatori antichi parlavano in questo caso di “giustizia legale”, cioè del contributo che ciascuno è tenuto a dare alla società in cui vive nella misura delle proprie risorse, dovendo la società supportare specuSegnoPer n.5/2011

larmente i singoli nella misura dei loro bisogni (“giustizia distributiva”). Maritain ci invita però a riflettere a partire da un’altra prospettiva: l’attenzione al bene comune non è anzitutto una questione di solidarietà, una specie di “dovere di giustizia”, ma è più radicalmente il riflesso di un’attitudine di vita più complessiva, che va coltivata costantemente. Maritain osserva che nella vita, nella crescita della persona esistono solo due direzioni di sviluppo possibili. O maturiamo nel senso dell’apertura, della generosità, della capacità di far posto ad altri nelle nostre giornate e nei nostri impegni oppure maturiamo – o meglio, non maturiamo affatto – nel senso della

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in primo piano bene comune

chiusura su noi stessi, sui nostri progetti individuali, sui nostri esclusivi interessi, nostri o magari del gruppo in cui più immediatamente ci riconosciamo. Gli eroi e i santi sono gente della prima pasta. Gli eroi e i santi sono persone che hanno contribuito al bene comune, lasciandoci anche eredità importanti, perché hanno saputo farsi dono per gli altri, perché hanno intuito che in questa misura sta la bellezza dell’umano e si sono impegnati a coltivare in se stessi il seme della caritas. Ce lo diciamo spesso: viviamo oggi un tempo di semina. Se ritorniamo, da più fronti, a riflettere sulla spiritualità è perché avvertiamo che occorre mettere radici in profondità per restare saldi. Vorrei allora immaginare alcuni passi lungo la strada che ci abilita a donarci, lungo la strada che porta al bene comune e lungo cui – per la tradizione cristiana – fiorisce la comunione con Dio.

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Provo a collegare questi passi ad alcune parole, per tentare di sintetizzarli al meglio. Riconoscenza. C’è un primo passo per chi voglia maturare come persona ed è un passo che non dipende da noi. È il passo che qualcun altro, capace di donarsi e di donare, ha fatto verso di noi. Ci attiviamo nella vita solo se sperimentiamo che qualcuno si è preso cura di noi. Per capire cosa significa donare occorre portarsi dentro il sapore della gratuità e l’esperienza di un volto, di una mano amica che ci ha accompagnato, ci ha risollevato e lo ha fatto lasciandoci liberi, senza ingabbiarci nelle maglie della restituzione. Tutti noi abbiamo probabilmente alcune esperienze di questo tipo, occorre richiamarle, gustarle nella memoria perché lì c’è il sapore dell’umanità matura, di quell’umanità che ci attrae e che vorremmo ci caratterizzasse. SegnoPer n.5/2011


La settimana sociale a Pisa nell’ottobre 2007

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riconoscenza. Se ci pensiamo questo è anche un principio di economia: mi è più facile esercitarmi nell’apertura agli altri a partire dalle cose che mi riescono meglio. È una facilità che mi fa risparmiare fatica inutile e magari frustrante: è un piccolo “risparmio”, che non toglierà la fatica vera, bella e costruttiva del mettersi a disposizione, ma che mi aiuterà a non esaurirmi alle prime difficoltà. Ecco perché anche nel servizio è importante tener conto delle caratteristiche di ciascuno.

in primo piano bene comune

Discernimento. Se inizio a chiedermi come posso concretizzare il desiderio di riaprire il circuito e di mettere pian piano in circolazione quell’umanità che ho gustato, devo sapere che non ha senso spendermi a casaccio, in ogni campo. Ci sono molti modi per contribuire al bene comune. Devo allora iniziare ad interrogare la mia storia, le mie capacità, le mie competenze, perché quelle sono il primo strumento concreto attraverso cui posso esercitarmi nel donare. La tradizione della Chiesa ha sempre pensato che i doni, i talenti di cui disponiamo, ci sono dati per l’utilità degli altri, e precisamente perché gli altri possano – attraverso di noi – fare a loro volta l’esperienza della

Tempo. Mettersi a disposizione richiede certamente tempo. Molte volte pensiamo che il valore del servizio sia pro-

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in primo piano bene comune

porzionale al tempo che investiamo. È senz’altro vero. Possiamo però vedere le cose anche da un altro punto di vista: privarci del nostro tempo, per poco o tanto che sia, ci insegna qualcosa di importante, ci insegna a includere nella nostra vita i ritmi e i tempi degli altri. Vale di più, in questo senso, un’attività che dura poco ma in base a cui dobbiamo imparare a rimodellare la nostra agenda che non un’attività che ci impegna tanto ma che collochiamo a nostro piacimento. Fedeltà. La fedeltà ad un impegno con gli altri e per gli altri è anche un esercizio importante che ci aiuta a maturare. Certamente è un valore per chi riceve il nostro aiuto, che sa di poter contare su di noi: questo crea delle relazioni buone tra le persone. Però la fedeltà ad un impegno ci allena alle fedeltà della vita: ci allena a superare i momenti di maggiore fatica in nome di relazioni che valgono, ci allena a pensare il nostro domani non solo su una distanza di due o tre settimane, ma di mesi, anche di anni. Ci rende capaci di elaborare progetti di lungo respiro che includano da buon

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principio gli altri, i loro tempi, le loro esigenze. È un allenamento preziosissimo per qualsiasi scelta di vita, a partire da quella famigliare. Libertà. L’ultima parola che vorrei suggerire è libertà. Come vederla nella prospettiva del donare e del donarsi? Possiamo considerarla a partire dalle esperienze più deludenti che ciascuno certamente ha fatto proprio nel mettersi a disposizione degli altri: a tutti noi è capitato che qualcuno si sia approfittato della nostra disponibilità; puà capitare di sentirsi usati, strumentalizzati. Ci siamo spesi con buone intenzioni, pensando ad un “noi”, e poi abbiamo scoperto che l’altro non è stato limpido nei nostri SegnoPer n.5/2011


in primo piano bene comune

confronti. Questa esperienza fa molto male, qualcuno dopo averla fatta conclude con le parole del salmista che dice «ogni uomo è inganno» (Salmo 115) e finisce per chiudersi, per diffidare, per dire che non vale la pena impegnarsi, che «tutti sono uguali». Cosa c’entra la libertà con tutto questo? Quando ci mettiamo a disposizione dobbiamo sapere che il nostro donarci è costruttivo a prescindere dalle reazioni degli altri, da cui dobbiamo imparare progressivamente a essere liberi. Ci saranno occasioni in cui sperimenteremo grande soddisfazione, altre in cui ci sembrerà che non sia cambiato nulla, altre ancora appunto in cui scopriremo amaramente di essere stati usati; la libertà è la capaciSegnoPer n.5/2011

tà di non legare la nostra disponibilità ai risultati. Diventa sempre più libero chi comprende – con la vita, prima e oltre che con la riflessione – che nel donare non sempre finiamo per rendere migliore il mondo, ma sempre rendiamo migliori noi stessi, diventiamo persone autentiche e generose, come diceva Maritain, e questo in fondo è il miglior contributo che davvero tutti possiamo dare al bene comune. Il mondo ha bisogno di persone su cui poter contare, su persone che hanno fatto tanta ginnastica interiore e che proprio per questo sono capaci di donarsi liberamente. 1

J. Maritain, La persona e il bene comune (1946), Morcelliana, Brescia, 199510, p. 27.


Ac e mondo

L’Ac di tutto il mondo, attraverso il Fiac, è presente in Terra Santa con numerose iniziative. Un legame che vuol crescere sempre più. SegnoPer ne parla con mons. Marcuzzo

di Salvatore Scolozzi

Ac giovane dal respiro internazionale si è incontrata a Madrid, in una Gmg dove si sono incrociati volti, suoni e colori del mondo. La festa-preghiera organizzata dal Forum internazionale dell’Azione cattolica nella capitale spagnola ha voluto dimostrare che si può aderire all’invito di Benedetto XVI, e si può essere «testimoni di speranza cristiana nel mondo intero». Nella chiesa di Nostra Signora di Guadalupe, il 17 agosto scorso, c’erano i giovani di Ac di Bulgaria, Burundi, Iraq, Italia, Messico, Myanmar, Moldova, Romania, Ucraina, oltre ai rappresentanti di Albania, Bielorussia, Malta, Polonia e Slovacchia. Ma soprattutto c’erano i giovani di Terra Santa, attraverso una delegazione guidata dal vescovo Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario per Israele del Patriarcato latino di Gerusalemme. «I nostri giovani testimoniano la fede delle origini – ha detto monsignor Marcuzzo –. In Terra Santa non solo i luoghi parlano di Gesù, ma anche le persone. Da anni l’Ac italiana e il Forum internazionale sono impegnati attraverso i pellegrinaggi e la for-

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Costruire ponti per la pace mazione continua. Anche stasera vediamo come sia possibile costruire ponti che portino verso la pace, la giustizia e i diritti fondamentali, in ogni angolo del mondo». E in effetti l’incontro madrileno ha ribadito il legame strettissimo che c’è tra Ac e Terra Santa. Ne abbiamo parlato con un entusiasta mons. Marcuzzo. È una bella testimonianza la presenza dei giovani di Terra Santa a Madrid... Alla Gmg di Madrid è presente una delegazione di giovani del rito latino, bizantino e maronita e rappresenta anche i cristiani arabi-palestinesi, ma anche un gruppetto molto rappresentativo degli ebrei-cristiani. È un bell’insieme che rappresenta l’organizzazione diocesana dei giovani che rappresentano la Terra Santa. Con la festa del Fiac a Madrid si ribadisce il legame strettissimo tra Terra Santa e Azione cattolica. Si tratta di un legame che è già molto radicato. Da molti anni sia l’Azione cattolica italiana che il Fiac hanno una relazione speciale con la Terra Santa. Ci SegnoPer n.5/2011


Ac e mondo La Via Crucis a Gerusalemme

sono i pellegrinaggi, già formativi in sé, ma c’è anche un’iniziativa di formazione vera e propria, che viene riproposta per il secondo anno e che intendiamo promuovere. Un gruppo di giovani del mondo intero, viene in Terra Santa per SegnoPer n.5/2011

un periodo prolungato, almeno tre settimane, un mese, per un tempo di formazione nel quadro della Chiesa locale di Terra Santa. Il gruppo vive con i nostri giovani, ci sono degli incontri e delle visite insieme, in un’ottica di


Ac e mondo

gemellaggio con i giovani delle Chiese del mondo. Quanto è importante che i giovani del mondo sentano la vicinanza con la Terra Santa? È un tema centrale, di base. I nostri giovani rappresentano la terra delle origini. Ritornare alle origini della fede è tema sul quale stiamo meditando in questi giorni. Viene chiesto ai giovani di essere radicati e fondati nella fede. Questa radice si trova in Gesù Cristo, nella Bibbia, ma anche storicamente e culturalmente in modo incarnato in una terra ben precisa che è la Terra Santa. Ritrovare le radici non soltanto di Gesù Cristo ma anche della Bibbia e anche della Terra Santa è certamente un grande aiuto per rendere più salda questa fede di cui stiamo parlando in questi giorni. Ma i giovani di Terra Santa rappresentano anche una comunità viva... In Terra Santa c’è una Chiesa locale composta dai discendenti della primissima comunità cristiana: è un tesoro assolutamente da non dimenticare. Sono i testimoni davanti ai giovani di

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In Terra Santa c’è una Chiesa locale composta dai discendenti della primissima comunità cristiana: è un tesoro assolutamente da non dimenticare.

tutto il mondo. Abbiamo ancora nel seno della Chiesa cattolica una comunità che è memoria vivente della storia di Gesù. Non solo i luoghi ci parlano di Gesù, ma anche una comunità vivente, in carne ed ossa. Rappresentano una Chiesa coinvolta in un grande scenario di conflitto e di ricerca delle soluzioni di pace e di giustizia. Noi sappiamo quanto questo sia importante. Certo è una Chiesa minoritaria se guardiamo al numero, ma vogliamo che la voce della Chiesa diventi forte e maggioritaria, ma soprattutto condivisa da tutti i giovani del mondo intero che chiedono la pace e la giustizia per tutti i popoli. Che chiedono che i diritti preliminari vengano concessi a tutti i popoli e che si ritrovi la vera via della pace. Certo il momento non è facile. Stiamo vivendo un momento veramente difficile dal punto vista sociale, etico, della famiglia, economico, delle relazioSegnoPer n.5/2011


Ac e mondo Mons. Giacinto Marcuzzo, vicario per Israele del Patriarcato latino di Gerusalemme

ni internazionali. Nella Chiesa come nella società abbiamo bisogno veramente di unità, coesione, solidarietà e sussidiarietà; dobbiamo una cercare una unità con tutte le sue varianti e i suoi frutti. I giovani della Gmg mostrano al mondo questa unità, questo villaggio universale e questa unità che dovrebbe SegnoPer n.5/2011

essere esercitata anche nella politica, nel commercio, nelle relazioni internazionali, nell’economia e nei valori etici che riguardano la persona e la famiglia. Sono contento che i giovani siano molto coinvolti nel portare questa missione e testimonianza di unità al mondo intero.

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Ac e mondo

Cinque giovani bosniaci, grazie alla collaborazione tra la diocesi di Vittorio Veneto e Teslic, hanno partecipato a un camposcuola a Cimacesta dal 18 al 24 agosto

di Zorica Maros

Crescere fino alla semplicità

iamo arrivati al campo dell’Azione cattolica con tanta curiosità e con la speranza di conoscere qualche cosa che ci sia d’aiuto nei progetti che abbiamo per il nostro paese, ma anche per noi stessi. Come ci siamo trovati, cosa abbiamo imparato, cosa abbiamo vissuto lo dicono le parole dei partecipanti del nostro gruppo. Siamo arrivati in sette: don Vlatko Rosi , responsabile per i giovani e direttore della scuola cattolica a Tuzla, gli studenti del quarto e del quinto anno dell’Università Cattolica di Teologia a Sarajevo: Aleksandar Kova evi , Marijana Biljaka, Božana Komši , Ivan Sovi , Ivan Kara a, e io, Zorica Maros, loro insegnante di Teologia morale. Riportiamo alcune considerazioni dei partecipanti. «Penso che il campo dell’Ac sia una buona occasione per far conoscere ai giovani, che vivono il travaglio del relativismo odierno, i veri valori, perché li possano promuovere nella loro comunità, realizzando il fine della missione di Gesù: vivere la fede nella quotidianità. Noi, giovani cattolici della Bosnia, pur avendo campi giovani

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Ac e mondo In queste foto i giovani bosniaci insieme ai ragazzi della diocesi di Vittorio Veneto

simili a questo, possiamo imparare molto da questa esperienza, sopprattuto dal metodo di lavoro, che è semplice ma nello stesso tempo molto profondo (don Vlatko Rosi )». «Oggi molti giovani cercano il senso della vita in un modo sbagliato. Viviamo nel tempo in cui si offre tanto ma si dona poco. L’unico valore nella nostra vita è stare con Gesù. Quando Lui è al primo posto, tutto raggiunge il vero senso. Penso che attraverso il campo dell’Ac ogni giovane possa trovare se stesso e scoprire la ricchezza del vivere. Mi piacerebbe rimanere in contatto con loro (Aleksandar Kova evi )». «La permanenza in questo campo la SegnoPer n.5/2011

vorrei descrivere solo con due parole: la ricchezza e la generosità. La ricchezza perché è una nuova esperienza e un nuovo metodo nell’educazione, generosità perché siamo stati accolti con molto calore. Mi sono sentito a casa e ringrazio a tutti, sperando di vederci ancora (Ivan Kara a)». «La ragione per la quale sono arrivata in questo campo era innanzitutto il desiderio di conoscere il metodo usato dagli animatori per essere aiutata nel lavorare con i giovani nel mio paese. Sono infatti animatrice già da cinque anni. Questa esperienza mi ha motivato alla responsabilità nell’educare. Sono incantata dal vostro metodo e dalla seri

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Ac e mondo

Mi smo s vama - Siamo con voi L’amicizia dell’Ac con Sarajevo ha il sapore della fedeltà… Mons. Sudar, che cosa può continuare a fare l'Azione cattolica per sostenere il progetto delle scuole interetniche in cui ha creduto fin dall'inizio? Siamo molto grati all'Azione cattolica italiana per il sostegno materiale dimostrato, ma anche per quello morale. Grazie a Dio, le nostre scuole ora possono funzionare senza aiuti materiali. Certo, non abbiamo tutto ciò che ci servirebbe, ma siamo contenti. Cerchiamo di aiutare i nostri ex alunni poveri a frequentare le università. A tale scopo abbiamo istituito la Fondazione “Pro sapientia et clementia”. La nostra Chiesa ha bisogno di laici disposti e capaci di prendere il loro posto nella missione della Chiesa. Speriamo che da questi no- Mons. Pero Sudar, stri alunni “stipendiati” potremo scegliere i nostri futuri insegnanti. Dai legami con l’Azione cattolica ci siamo arricchiti molto. Proprio l’Azione cattolica dei Ragazzi è stata l’“ambasciatore” della nostra causa durante la guerra e il nostro punto di riferimento fino ad ora. Mi auguro che questo bel legame continui a vivere. Noi abbiamo bisogno di incoraggiamento perché la Chiesa non ha ancora vinto la sua lotta per la sopravvivenza in Bosnia ed Erzegovina. Il sostegno morale e i sentimenti di simpatia dell’Ac sono per noi un grande aiuto. Se vuoi continuare a sostenere il progetto delle Scuole per l’Europa attraverso il sostegno delle borse di studio puoi versare il tuo contributo a: c/c bancario: IT 88 Y 03512 03200 000000073581 presso Credito Artigiano – Sede di Roma c/c postale n. 877001 tramite bollettino ccp o tramite bonifico postale IT 98 D 07601 03200 000000877001 intestati a Presidenza nazionale, Azione Cattolica Italiana, Causale "Sarajevo" Ogni borsa di studio ammonta a euro 750 (per l’intero anno accademico).

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Ac e mondo

età dei ragazzi, e sono grata per aver avuto la possibilità di partecipare a questo campo dell’Ac (Božana Komši )». «Sono venuta in questo campo per conoscere i compiti dell’Ac. Sono proprio colpita per il lavoro dei animatori. Mi rende felice aver conosciuto molti giovani uniti attorno allo stesso fine, nostro Signore Gesù Cristo (Marijana Biljaka)». «Ciò che mi ha colpito in modo particolare è la vivacità dei ragazzi e la loro disponibilità al sacrificio, a stare lontano dai familiari per costruire la propria personalità e testimoniare i valori cristiani SegnoPer n.5/2011

nel mondo odierno (Ivan Sovi )». Queste sono le riflessioni dei partecipanti. Per quanto riguarda me stessa, sinceramente mi mancano le parole per esprimere ciò che ho vissuto qui. Tutto era così denso, così forte e vero che ho paura di esagerare sia nel dire troppo che nel dire poco. In questo campo si prova lo spirito della comunità, dell’amicizia, dell’accoglienza e della semplicità. Mi vengono in mente le parole dette dal grande scrittore russo, Gogol, che – oserei dire – riassumono ciò che Gesù insegna e soprattutto ciò che si aspetta da noi: «Bisogna crescere fino alla semplicità!».

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vita di Ac

Il servizio che viene chiesto agli adulti all’interno dell’Ac è in primo luogo un servizio alle relazioni interpersonali, non per far bella l’associazione ma per far crescere la Chiesa

di Lucia Angelini

Le 10 domande a cui è invitato a rispondere un responsabile adulti: Perché proprio io ho questo incarico associativo (solo perché non ho detto di no)? Con i tanti impegni della vita quotidiana come farò a portare avanti questo servizio? Come il mio servizio di responsabile adulti può alimentare e migliorare la mia vita di fede? Come non farmi prendere dal ritmo degli impegni e delle riunioni, e conservare il “buon sapore” di questo servizio nella Chiesa? L’Azione cattolica è una proposta valida ancora oggi? Quali esigenze ci sono nella vita adulta a cui l’Ac oggi può rispondere? Ci sono modalità nuove per proporre esperienze di formazione alle persone che non hanno mai partecipato alla vita associativa o hanno smesso, per vari motivi, di partecipare? Quali proposte formative possono intercettare la vita degli adulti oggi? Sono convinto che questo servizio può

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La casa della responsabilità fare bene alla vita della comunità parrocchiale e alla diocesi? Se rispondi sì all’ultima domanda, procedi nella lettura… Se rispondi no all’ultima domanda, ritorna alla prima! Come abitare la responsabilità Ogni tre anni la fase dei rinnovi delle cariche associative sembra la fase in cui si entra in una casa, che alcune persone sono state chiamate ad abitare per un triennio. Per alcuni adulti assumersi un incarico in Ac è come stare in una casa conosciuta, di cui si conoscono tutti gli angoli (anche i ripostigli), per la lunga frequentazione e anche per gli anni della vita. Per altri adulti, spesso i più giovani, è come entrare in una casa nuova, magari con i mobili un po’ impolverati, con poca dimestichezza rispetto agli spazi a disposizione (vedi Statuto, Progetto formativo, Atto normativo diocesano), o nel trovarsi con persone con cui non c’è ancora familiarità, e spesso di generazioni diverse. La “casa della responsabilità” è lo spazio della vita associativa, che il responsabile SegnoPer n.5/2011


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associativa, e verrà meno il senso del suo servizio. Perché il servizio della responsabilità è in primis un servizio alle relazioni interpersonali, a sostenere (e a volte lasciar proseguire altri) adulti nel loro cammino, che diventa condivisione della fede nel Signore, che apre la porta a tutti coloro che lo cercano. In questa prospettiva il nostro “darci da fare” per gli altri può diventare uno “star con” gli altri, che non ci esaurisce, ma ci arricchisce. Una vita associativa vivace, come in una casa, ha uno stile di familiarità, ma non è un “affare di famiglia” chiuso tra alcune persone, che per affinità, per rapporti familiari o amicali si trovano e definiscono i percorsi e le proposte, soprattutto nelle comunità parrocchiali, ma è un “affare di tutti” perché il servizio della responsabilità fatto bene non è per far bella l’associazione ma fa bene alla Chiesa. Infatti il responsabile è chiamato a dare testimonianza della qualità della vita associativa, insieme a tutti gli associati, dove il come e il perché di questa testimonianza diventa a sua volta il paradigma della qualità degli adulti presenti nelle nostre comunità. E se riusciremo a vivere in questo momento della nostra vita, in mezzo alle fatiche e alle gioie quotidiane, il servizio della responsabilità associativa in questo modo, non faremo fatica un giorno, una sera, un fine settimana ad uscire di casa, perché abbiamo una casa che ci accoglie, che è ancora nostra!

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adulti è chiamato a valorizzare. È una casa da tenere aperta... per saper accogliere le richieste delle persone, attenti a tutte le condizioni della vita adulti (giovani/adulti/anziani...) e dei luoghi abitati dagli adulti (lavoro, famiglia, tempo libero, comunità parrocchiali...) È una casa fatta di diverse stanze, da tenere tutte collegate, ci sono le stanze ufficiali... lo spazio per il Consiglio parrocchiale/diocesano, quello per la Presidenza diocesana, quello dei consiglieri parrocchiali/diocesani del settore Adulti, e poi ci sono le stanze operative... lo spazio dell’equipe diocesana, delle commissioni per fasce d’età, del laboratori diocesani per la formazione, dei progetti. Ci sono anche le stanze per lo studio personale o in gruppo. È il momento in cui un responsabile adulti si mette a leggere la stampa associativa, i documenti assembleari, gli itinerari formativi degli adulti, nonché il magistero della Chiesa, e il giornale! Ognuno poi nella casa dovrà trovare uno spazio che è solo suo, quello per il silenzio e per la preghiera, per l’approfondimento della Parola, nelle forme e nei modi consoni al proprio cammino di fede. Queste stanze devono diventare familiari al responsabile adulti, deve fare come un portinaio al contrario, attento cioè a che le porte dei vari locali rimangano aperte tra loro, affinché passi la comunicazione tra ciò che avviene da una parte all’altra, diversamente farà fatica ad accompagnare altri adulti nella vita


vita di Ac

Come non consumare in poco tempo il potenziale enorme di entusiasmo e di coinvolgimento emotivo e personale accumulato alla XXVI Giornata mondiale della Gioventù

di Maurizio Semiglia

aini, magliette e cappellini; centinaia, anzi, migliaia di foto e video caricati su Facebook e sui social network; bandiere e ogni altro genere di gadget scambiato con i giovani provenienti da ogni parte del globo. Questo, e molto altro, hanno portato a casa coloro che sono stati a Madrid per la XXVI Giornata mondiale della gioventù, con la consapevolezza che ciascun oggetto e ciascun fotogramma porta con sé il ricordo di un incontro fatto, di un’esperienza vissuta, di una storia da raccontare. E proprio la fase del racconto è senza dubbio la prima tappa di quel lungo percorso che, se ben programmato, condurrà le parrocchie, le associazioni, i movimenti e i gruppi a raccogliere i frutti di quanto seminato nel corso delle giornate madrilene. La Gmg, in questo senso, può essere davvero un’opportunità preziosa: il raduno di migliaia di giovani più o meno coetanei, l’incontro di lingue e culture profondamente diverse, la condivisione della festa e delle fatiche che accompagnano le Giornate, la comunione nella fede e nell’apparte-

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Oltre Madrid nenza alla Chiesa hanno un potenziale enorme di entusiasmo e di coinvolgimento emotivo e personale, nei cuori e nelle menti di chi ha partecipato; potenziale che però, se non aiutato e sostenuto nell’ordinarietà della vita quotidiana e stimolato da scelte di fede concrete rischia di consumarsi in poco tempo facendo perdere alla Giornata stessa il suo senso più profondo. Diciamolo subito: la Gmg, per un adolescente e un giovane che vi partecipano, magari per la prima volta, è già un’esperienza bella in sé. Essa però trova senso davvero se facilita l’incontro autentico con il Signore risorto, se stimola occasioni di discernimento attorno alla propria vocazione e alle scelte di vita che i giovani compiono, se diventa occasione di testimonianza credibile e di primo annuncio; insomma, la Gmg genera valore aggiunto se è inserita in un cammino di vita e di fede stabile e strutturato. Proprio per questo allora la va preparata adeguatamente e, allo stesso modo, non può concludersi con il viaggio di ritorno. Ha bisogno di percorsi ordinari, parrocchiali e diocesani, in cui SegnoPer n.5/2011


vita di Ac Giovani di Ac a Madrid

innanzitutto creare relazioni buone, coltivare quelle strette durante il cammino e farne maturare di nuove. Richiede di avere fisso lo sguardo sulla proposta di una vita che ha mete “alte” e che non si accontenta delle superficialità, a cui spesso ci si ferma. La Gmg ha bisoSegnoPer n.5/2011

gno di educatori e animatori appassionati dei giovanissimi e dei giovani, capaci di coltivare la speranza e di guardare con fiducia al futuro delle persone che sono loro affidate: capaci di non diluire la proposta sminuendone i contenuti, ma di mettersi con umiltà al fianco dei


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La Gmg ci ha mostrato il volto di una Chiesa che si mette in ascolto delle domande di vita dei giovani e che è luogo di incontro tra le generazioni e tra le esperienze; questa Chiesa i giovani amano

più giovani per sostenerne le fatiche e le cadute. Partecipare alla Giornata mondiale della gioventù vuol dire, ancora, fare una esperienza bella e forte di Chiesa: e allora partecipare alla Gmg non può non tradursi in un’occasione per riporre la propria fiducia nella Chiesa e ritornare a sentirsi parte viva di essa. Il Papa, durante l’omelia della Messa conclusiva della Giornata di Madrid ha detto ai giovani: «Vi chiedo, cari amici, di amare la Chiesa, che vi ha generati alla fede, che vi ha aiutato a conoscere meglio Cristo, che vi ha fatto scoprire la bellezza del suo amore». Ma che cosa vuol dire, per un giovane del 2011, amare la Chiesa, anche nonostante l’immagine che i media talvolta ne danno? La Gmg ci ha mostrato il volto di una Chiesa che si mette in ascolto delle domande di vita dei giovani e che è luogo di incontro tra le generazioni e tra le esperienze; questa Chiesa i giovani amano. Una Chiesa che sa trasmettere

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l’amore del Padre per i figli perché fa esperienza di amore e di fraternità all’interno della comunità, una Chiesa accogliente verso tutti, capace di parlare le lingue degli uomini perché incarnata nella realtà e attenta ai bisogni di tutti. Ora quindi la palla passa agli educatori, SegnoPer n.5/2011


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ai sacerdoti, alle associazioni e ai movimenti. L’Ac, in questo senso, non può che trovarsi a proprio agio: l’adesione alla Chiesa, la volontà di camminare al fianco dei pastori, il radicamento profondo nelle parrocchie e vicino alla gente, la capacità di parlare a tutti e la SegnoPer n.5/2011

passione per l’educazione permettono all’associazione di avere tutte le carte in regola per cogliere l’opportunità di lavoro con i giovani che la Chiesa ci ha messo a disposizione con la Gmg di Madrid e, nel contempo, per mettersi in cammino alla volta del Brasile.

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Il settore Giovani incontra a Roma consiglieri e membri di equipe, vecchi e nuovi vicepresidenti: un’occasione per approfondire il senso della responsabilità associativa

di Alessandro Trovato

ale la pena di impegnarsi nel servizio dell’Ac? Questa è la domanda che si poneva Vittorio Bachelet, soprattutto all’inizio dell’intenso servizio centrale in Azione cattolica. Ed è la stessa domanda che magari si è fatto un nuovo vicepresidente diocesano per il settore Giovani appena eletto o riconfermato. E Bachelet rispondeva: «Questo sforzo, questa fatica, questo tempo che noi strappiamo alle nostre occupazioni, alla nostra famiglia, alla nostra vita quotidiana vale la pena davvero di essere speso. (…) perché noi serviamo l’Ac non perché c’interessa di fare grande l’Ac, noi serviamo l’Ac perché c’interessa di rendere nella Chiesa il servizio che ci è chiesto per tutti i fratelli. E questa credo sia la cosa veramente importante». A distanza di anni queste parole sottolineano ancora quanto alto e per nulla scontato sia il servizio in Azione cattolica. Ecco perché, innanzitutto, vogliamo dire grazie ai vicepresidenti per il settore giovani di tutte le diocesi d’Italia che per la prima volta (o per la seconda!) hanno detto un ulteriore “sì” al servizio alla

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Chiesa attraverso l’associazione. Un’assunzione di responsabilità, una scelta generosa e controcorrente che diventa segno vivo in un tempo in cui l’incertezza e la precarietà di vita rischiano di porSegnoPer n.5/2011


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tare i giovani a scelte di chiusura e diffidenza. E invece, come ci sottolineano gli Orientamenti Triennali «è questo il momento favorevole! Crediamo, infatti, che questo tempo che ci viene donato SegnoPer n.5/2011

è tempo buono e bello per poter ridire la nostra passione per l’uomo, per la sua storia. È tempo nuovo e rinnovato dall’incontro sempre vero e unico con il Signore Gesù che cambia le nostre vite ridonando senso e significato alla nostra quotidianità. È tempo propizio per poter testimoniare con gioia e raccontare insieme la buona notizia del Vangelo e per spendersi nel mondo a servizio del bene comune». L’appuntamento del 22-23 ottobre a Roma, allora, diventa la prima occasione per esprimere la gratitudine per il servizio prezioso che i vicepresidenti, con i consiglieri e le equipe diocesane, rendono a giovani e giovanissimi, dando loro, inoltre, l’opportunità di conoscere e incontrarsi con altri giovani da tutta Italia che vivono lo stesso servizio. Il cuore del modulo sarà la formazione, intesa sia in senso personale che più associativo, che darà la possibilità ai vicepresidenti diocesani, ordinariamente presi dalla cura degli altri, di dedicare un week-end alla propria crescita spirituale e alla qualità del proprio servizio. Infatti “responsabili non si nasce, ma neppure ci si improvvisa!”: quindi è

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necessario, anche per i vicepresidenti, essere accompagnati per poter accompagnare, formarsi per formare, pregare per testimoniare. I lavori del modulo inizieranno sabato mattina con una lectio dell’assistente nazionale dei giovani don Vito Piccinonna in cui, a partire dalla Parola, ci si soffermerà sulla cura della propria spiritualità, sulla bellezza di sentirsi “accompagnati” da Dio e dai fratelli e sul vivere il proprio servizio da vice nel solco della più ampia risposta alla vocazione educativa.

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A seguire ci sarà il faccia a faccia con Franco Miano, presidente nazionale, Lisa Moni Bidin e Marco Sposito, vicepresidenti nazionali per il Settore giovani. In questa seconda parte della mattinata il confronto verterà sul valore della responsabilità a cui sono chiamati i vice e su come questo servizio rappresenti una grande occasione per la loro vita, una vera e propria via per la santità. Inoltre si approfondiranno i tratti salienti del vicepresidente diocesano e del suo ruolo all’interno dell’associazione. SegnoPer n.5/2011


Il pomeriggio di sabato sarà dedicato invece ai laboratori tematici, nei quali i vice avranno la possibilità di toccare con mano alcuni nodi cruciali del loro servizio. In particolare i temi, per ognuno dei quali verrà fornito materiale informativo e di supporto, sono: il rapporto con i movimenti di Ac, con gli assistenti, con la Pastorale giovanile, con i responsabili parrocchiali, la promozione associativa e la rappresentanza istituzionale. La domenica mattina, dopo la celebrazione della Santa Messa, ci sarà una SegnoPer n.5/2011

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Due giorni davvero intensi, quindi, per questo appuntamento inedito del Settore giovani che speriamo, all’inizio del triennio, possa aiutarci a “riscoprire che il servizio è la gioia” e che vale la pena di impegnarsi in Ac

tavola rotonda con la presenza di due esperti che ci aiuteranno ad affrontare, anche dal punto di vista tecnico, due temi fondamentali per i vicepresidenti diocesani: la programmazione e il lavoro di gruppo. Da una parte la programmazione come strumento per “sognare” l’associazione attraverso un percorso educativo pensato e non improvvisato, che ha bisogno di tempi e contenuti precisi pur rimanendo continuamente aperto alle nuove esigenze e circostanze di vita dei giovani. Dall’altra il lavoro di gruppo come capacità di valorizzare il contributo di tutti i membri dell’equipe, di fare discernimento comunitario e di saper prendere le decisioni assieme. Due giorni davvero intensi, quindi, per questo appuntamento inedito del Settore giovani che speriamo, all’inizio del triennio, possa aiutarci a “riscoprire che il servizio è la gioia” e che vale la pena di impegnarsi in Ac in una responsabilità che dà una fisionomia alla propria personalità umana, cristiana e associativa.

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I semi gettati durante l’incontropellegrinaggio svoltosi ad Assisi lo scorso 24 settembre segnano la strada da percorrere per rendere la pace ogni giorno più vicina

di Monica Del Vecchio

ssere “Tracce di pace”. È questo il desiderio profondo che ha spinto circa cinquecento giovani di Azione cattolica a recarsi ad Assisi sabato 24 settembre 2011 per un incontro-pellegrinaggio, in preparazione al prossimo 27 ottobre, giorno in cui papa Benedetto XVI si recherà «pellegrino nella città di san Francesco, invitando ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà». La prossima visita del Papa ad Assisi intende solennizzare il venticinquesimo anniversario dello storico incontro che Giovanni Paolo II indisse proprio il 27 ottobre del 1987 con i rappresentanti delle grandi religioni del mondo, con il proposito di invocare insieme a essi il dono della pace. Come già avvenne venticinque anni fa, i giovani di Ac hanno voluto dare al Santo Padre un segno visibile della loro vicinanza e del loro impegno concreto e generoso. “Tracce di pace” è stato innanzitutto un luogo di incontro e uno spazio di rifles-

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Artigiani di futuro sione sul tema della pace. Il pomeriggio, infatti, presso il teatro de La Cittadella, si è svolto un momento di confronto fra tre ospiti: il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, e Franco Miano, presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana. Gli interventi degli ospiti sono stati intervallati da alcuni contributi video e da alcune performance artistico-musicali. La pace è in primo luogo un dono da invocare nella preghiera È la consapevolezza che ha fatto da sfondo alla Veglia di preghiera tenutasi la sera del 24 nella Basilica inferiore di San Francesco – presieduta da don Vito Piccinonna – a cui hanno partecipato anche i presidenti diocesani e gli assistenti convocati a Trevi per l’annuale convegno. La preghiera raccolta sulla tomba del santo patrono d’Italia e dell’Ac è stata l’occasione per riscoprire che la pace è innanzitutto un dono divino, che il Padre ha consegnato nelle mani dell’uomo tramite il suo Figlio Gesù, «il SegnoPer n.5/2011


vita di Ac Alcuni momenti dell’incontro dei giovani ad Assisi

principe della pace». Lungi dal concepirlo come una nostra conquista, a noi tocca saperlo accogliere e custodire, a partire dalle nostre vite e dalle scelte semplici a cui siamo chiamati ogni giorno. Scelte che devono parlare di sobrietà, di giustizia, di solidarietà, di apertura al dialogo e di accoglienza. Educarsi alla pace vuol dire educarsi all’incontro Le vere tracce di pace sono quelle che SegnoPer n.5/2011

conducono oltre le chiusure, oltre i recinti delle paure e delle diffidenze. Ciò che impedisce di incontrare l’altro, di vedere il suo volto è un ostacolo alla realizzazione della vera pace. Nel confronto alla Cittadella si è riflettuto su quelli che il Presidente Miano ha chiamato «i nuovi muri della modernità» e che rappresentano nuove sfide per gli uomini di buona volontà. Due sono stati citati come i più insidiosi. Il primo, quello che divide Israele e Palestina e che attraversa


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Gerusalemme, costituisce una ferita nel cuore della Terra Santa, di cui padre Pierbattista Pizzaballa è testimone. Nelle sue parole si è colto il dramma di una terra che è cara alle tre grandi religioni monoteiste ma che da lungo tempo è solcata da una guerra che sembra davvero senza fine. In proposito, il custode non ha mancato di fare cenno alla recente richiesta di riconoscimento di uno Stato Palestinese presentata all’Onu da Abu Mazen, alla quale tuttavia si guarda con un certo scetticismo, per via dell’annunciato veto statunitense in consiglio di sicurezza. L’altro muro da abbattere è quello dell’indifferenza, che, nelle parole di Franco Miano costituisce la sfida vera, concreta e quotidiana per tutti: vincere l’indifferenza e aprire il cuore all’amore sono i passi concreti sul cammino che conduce alla vera pace. La testimonianza concreta della pace che nasce dall’incontro con l’altro è stata presentata attraverso l’esperienza di “Rondine – Cittadella della Pace”, un borgo medievale in provincia di Arezzo, dove convivono studenti provenienti da paesi in conflitto dei Balcani, del Caucaso, del Medio Oriente e dell’Africa e sperimentano una vita di convivenza, di formazione e di studio. La pace come meta di un pellegrinaggio «Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio». In queste parole del Santo Padre c’è tutto

il senso umano e religioso del cammino verso la pace: un “pellegrinaggio”, cioè un cammino quotidiano che conduce a Dio, un viaggio verso la fonte della verità che non si compie da soli, ma in compagnia degli altri fratelli nella fede. È un cammino ricco di insidie e spesso lungo strade in salita, da vivere pur sempre come sentieri di speranza. Esserci ritrovati ad Assisi insieme ci insegna il valore di un “noi” associativo che ancora una volta ci ha dimostrato che non siamo da soli e che persino la fatica di SegnoPer n.5/2011


una sfida planetaria come la pace nel mondo si allevia se condivisa. Uno stile per la vita quotidiana Per alcuni – come per il Ministro pakistano Shabatz Bhatti, ucciso il 2 marzo, di cui è stato letto il testamento spirituale – testimoniare la propria fede in un impegno concreto per la pace può condurre sulla via della croce. Più ordinariamente, essere «artigiani di pace» non comporta il compimento di imprese leggendarie né l’eroismo del marSegnoPer n.5/2011

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tirio. Piuttosto, costruttori di pace si diventa vivendo la propria vita quotidiana con coerenza e spirito evangelico, tentando di aprire il cuore a quella passione per l’uomo che ha spinto Dio a farsi carne. L’ascolto, il dialogo, l’intimità con Dio, l’apertura alle diversità, l’attenzione e la cura dell’altro, la propensione verso i poveri sono le tracce di pace concrete che ognuno di noi può lasciare lungo il suo cammino. E se è vero, come ha detto il card. Tauran ai presidenti, che «la pace non è mai qualcosa di raggiunto una volta per tutte, ma è un edificio da costruirsi continuamente», non resta che continuare a camminare. L’incontro di Assisi non è stato l’annuncio di una ricetta pronta per “fare la pace”, né di una strategia di sicuro successo: è stata piuttosto l’occasione per ribadire che la pace è innanzitutto un dono divino, che il Padre ha consegnato nelle mani dell’uomo tramite il suo Figlio Gesù, il Principe della Pace, come hanno ribadito i due vicepresidenti del settore Giovani Lisa e Marco. Filo conduttore della due giorni è stata la preghiera. I giovani hanno vegliato a turno tutta la notte per adorare il santissimo sacramento, esposto nella chiesa di Santa Maria Maggiore. In chiusura, durante la Messa, il vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, ha rivolto ai partecipanti uno sguardo paterno e un incoraggiamento a procedere sul cammino della pace.


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Il 19 e il 20 novembre Acr e Area Famiglia e Vita riflettono sul rapporto tra genitori e figli: un confronto che parte da lontano

di Carlotta Benedetti

otto lo stesso tetto: con questo titolo l’Acr e l’Area Famiglia e Vita vogliono riflettere sulla famiglia e sulle relazioni tra genitori, figli ed educatori. Il 19 e 20 novembre prossimi le coppie cooptate e gli educatori dell’Acr, insieme, si confronteranno sulle necessità della famiglia d’oggi, sul rapporto tra genitori e figli, sul mondo dei ragazzi in continua evoluzione, sulla necessità di instaurare vere e stabili alleanze educative tra genitori ed educatori. Non si tratta però certo di una riflessione che inizia ora. Già da tempo, infatti, l’Acr e l’Area Famiglia e Vita hanno a cuore la famiglia e il ruolo fondamentale che i genitori e i figli hanno all’interno delle nostre comunità, in un momento in cui educare richiede sempre maggiore impegno da parte di tutti. Tanti sono gli strumenti che l’associazione mette a disposizione, perché le famiglie siano sempre più parte attiva delle nostre comunità e della società in genere. Se da un lato con il Formato Famiglia dell’Acr i genitori conoscono e vivono il percorso formativo dei loro figli, dall’altro grazie alle Schede per genitori, scaricabili dal sito del-

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Insieme è meglio l’Ac, possono fare esperienza di questo stesso percorso, attraverso incontri pensati a loro misura. Un altro strumento importante, messo a disposizione dall’Area Famiglia e Vita, è costituito dal percorso Genitori per, un itinerario di incontri a sostegno della genitorialità, da poter vivere insieme ai gruppi parrocchiali. Inoltre, nel prossimo anno associativo, anche il Quaderno delle settimane avrà come nucleo centrale la riflessione sulla famiglia. Questi strumenti hanno bisogno però di un impegno serio a favore della famiglia, che non significa solo parlarne nei nostri gruppi. Significa piuttosto impegnarsi a sostenere e aiutare ogni situazione familiare, significa cercare di avvicinare e sostenere le famiglie in difficoltà, senza farli sentire come un’entità a parte rispetto alle nostre comunità, significa ricordare che della famiglia fanno parte genitori e figli, significa scommettere sulla famiglia. Con lo sguardo puntato verso Milano 2012, all’incontro internazionale delle famiglie, anche l’Ac sceglie e si impegna a favore della famiglia, affermandone ancora una volta la centralità e l’importanza nella comunità e nel mondo. SegnoPer n.5/2011


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Nell’incertezza e tra le proteste si apre un nuovo anno scolastico: un invito a vivere la scuola con responsabilità da parte del Msac

Non solo un banco da scaldare lash mob davanti alle scuole, orchestre fatte di pentole e mestoli ad accompagnare le giornate di tecnici e dipendenti del Miur, manifestazioni già in calendario almeno fino al 7 ottobre e poi chissà, magari anche oltre. La scuola è ricominciata e a suonare, quest’anno, fin da subito, è stata la campanella della protesta. Neanche un giorno di tranquillità e le aule delle nostre scuole si sono già svuotate, abbandonate. Sono piuttosto le piazze e le strade a riempirsi delle voci e delle preoccupazioni degli studenti, dell’Italia che sa contare, dicono gli striscioni che ci accompagneranno nei prossimi giorni. Le paure e le preoccupazioni degli studenti, non c’è dubbio, le condividiamo anche noi perché sono reali e sono vere! Ma allo stesso tempo siamo anche preoccupati per il destino delle nostre scuole, luoghi in cui sempre più spesso ci trasciniamo con riluttanza, luoghi che sempre più spesso abbandoniamo al loro destino, tradendo in maniera inspiegabile quanto diciamo di desiderare per le nostre scuole quando invece

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scendiamo in piazza. Che siamo l’Italia che sa contare è infatti cosa che dobbiamo dimostrare innanzitutto fra i banchi di scuola, nelle nostre aule, con i nostri compagni e i nostri professori. Con l’impegno di tutti i giorni, nello studio, nelle relazioni, nella partecipazione (a partire dagli organi collegiali) perché, se ci interessa “difendere “ le nostre scuole nelle piazze, a maggior ragione dovremmo fare dell’I care il nostro motto anche in classe. Ecco allora un invito, una breve lettera che ci sentiamo di inviare agli studenti di Ac all’inizio di questo nuovo anno scolastico. «Carissimi msacchini, carissimi studenti di Ac, buon anno! Siamo da poco tornati su quei banchi cha abbiamo lasciato lo scorso giugno. Ci stavano aspettando, li troviamo esattamente come li avevamo lasciati e non aspettano altro che essere abitati, vissuti, “segnati” dal nostro passaggio. E allora buon anno! Ci auguriamo davvero di poter fare di questo tempo un

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momento di forte crescita perché, troppo spesso ce ne scordiamo, la scuola è un’opportunità da cogliere e valorizzare. È vero, spesso ci fa sudare, dopotutto nessuno dice che studiare sia semplice, ma ci fornisce gli strumenti per interpretare e leggere il nostro tempo, ci fa pensare, ci aiuta a sviluppare un pensiero critico, ci rende indipendenti. Allo stesso tempo è anche il luogo per eccellenza dove impariamo a essere cittadini e a fare esercizio di democrazia. Ecco perciò l’invito che vogliamo farci all’inizio dell’anno scolastico: siamo veri protagonisti all’interno delle nostre scuole, facciamoci promotori dei cambiamenti di cui la scuola ha bisogno e che auspichiamo, continuiamo a essere propositivi, a portare avanti e a perseverare in uno stile di dialogo, confronto e rispetto che sempre più spesso, purtroppo, ci rendiamo conto essere dimenticato dai più. Siamo innanzitutto studenti credibili. È di questo che la scuola ha bisogno, è questo il segno che siamo chiamati a dare! È questa la più bella e significativa risposta che possiamo offrire al Paese in questo momento di grande difficoltà. Anche quest’anno per la scuola italiana

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(ma non solo per la scuola) si preannuncia un autunno caldo. Il perché lo sappiamo. La scuola sta attraversando ormai da tempo un periodo di grande trasformazione e di grande crisi. Crisi di fiducia, crisi economica, crisi educativa. E proprio per questa ragione ha bisogno di non essere abbandonata. Perché la scuola serve, noi ci crediamo e siamo pronti ad impegnarci SegnoPer n.5/2011


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per costruirla! Abitate dunque le vostre scuole, vivetele il più possibile! Respirate l’aria delle vostre classi, datevi da fare negli organi collegiali (candidatevi!), fatevi portatori di proposte concrete e non solo di proteste urlate. È di questo che le nostre scuole hanno bisogno: di gente che dimostri di continuare a scommettere su di lei, sulle giovani generaSegnoPer n.5/2011

zioni e che abbia voglia e capacità di incidere sul cambiamento. Allora continuiamo a costruire, perseveriamo a sognare. Questo non significa essere ciechi di fronte alle difficoltà che stiamo vivendo, al contrario. È un’assunzione di responsabilità, una prova di maturità, una scelta. Per costruire la scuola che serve, la scuola che lascia il segno, vogliamo infatti sfoderare le armi più potenti che abbiamo dalla nostra parte, perché sono quelle che ci ha insegnato la democrazia e sono le uniche a cui vogliamo e ci sentiamo di dover ricorrere a 150 anni dall’Unità d’Italia: il dialogo e il confronto. Vogliamo infatti ricordare la grande lezione democratica della nostra storia repubblicana, e impegnarci già noi, già adesso, a recuperare l’eredità dei nostri fondamenti costituzionali. Vogliamo impegnarci affinché le forme democratiche ci diano l’occasione di dimostrarci cittadini degni del Vangelo. Allora è proprio il caso di dircelo: buon anno a tutti, studenti e professori! Mettiamocela tutta, la nostra passione, il nostro impegno. Ce n’è bisogno». L’équipe nazionale Msac

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L’esperienza del nuovo segretario nazionale del Movimento lavoratori alla scoperta delle realtà associative che fanno bella l’Italia

di Giuseppe Patta e Salvatore Compagnone

incarico di Segretario nazionale Mlac, come previsto, mi sta portando a visitare le varie realtà diocesane dove è presente il Movimento lavoratori e non: sono sempre bei momenti di scambio e condivisione, oltre che occasione per sentirsi a casa perché, lo dico con grande sincerità, l’Azione cattolica alla fine è fatta di persone con un grande cuore. Vi porto, stavolta, la recentissima esperienza (16/18 settembre) del Campo Mlac della Campania, organizzato a Casal di Principe e dintorni (siamo in provincia di Caserta). Mia sorella, via sms, mi ha scritto: «Ma sei sicuro? Non sono quei posti dove c’è la camorra?». Ed è questa, infatti, l’esperienza che vi porto. Perché una cosa è sentirne parlare ed altra è toccare con mano: vedere le strade coi segnali stradali divelti da chissà quanto tempo o semplicemente “girati” (come nei fumetti, solo che qui è realtà e non gioca nessuno), la spazzatura disseminata nelle strade interpoderali e i muri di cinta dei giardini alti in media tre metri (se meno, sono dotati di solide inferriate). È per questo che mi piace parlarvi dei giovani che ho conosciuto, ragazzi tenaci che

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Oltre i luoghi comuni vogliono bene alla loro terra e vogliono vivere senza criminalità, costruendo il loro futuro con un sano rispetto della legalità. Giovani che dimostrano che qualcosa sta cambiando ed è cambiato: gli si legge negli occhi la speranza vera per un futuro migliore che stanno costruendo insieme. Due esempi possono rendere molto più delle mie parole. Il primo è di un bene confiscato alla malavita, oggi adibito a casa accoglienza e stanno pensando di attrezzare alcune stanze come postazione radio. I muri di questa casa hanno dei buchi, attraverso i quali puoi vedere dentro nel giardino: sono muri aperti! Il secondo è della Nco (nuova cucina organizzata), un esempio di pizzeria ristorante sociale, che ha scommesso sui giovani disabili creando loro un’occasione di lavoro e, soprattutto, una possibilità per essere accolti all’interno della comunità. Qui l’Ac e, in generale, la Chiesa diocesana sono veramente dei baluardi, i muri iniziano ad avere le prime crepe (anzi, i primi buchi!) anche grazie alla testimonianza di questi ragazzi che lavorano e credono in quel che fanno, che hanno il senso della legalità e del rispetto dell’altro. SegnoPer n.5/2011


di Annarosa Bandini

n occasione della tradizionale Acifesta promossa dall’Ac di Faenza, con al suo interno il Convegno diocesano delle famiglie che quest’anno, in vista del convegno mondiale delle famiglie in programma a Milano il prossimo giugno, ha come titolo Lavoro e festa, in gioco c’è la famiglia (il tema sarà sviluppato dal prof. Stefano Zamagni, docente di Economia politica dell’Università di Bologna), assieme al gruppo Mlac diocesano, è nata questa iniziativa: La domenica questa sportina resta a casa. Siamo cristiani e per noi la domenica non è solo il giorno nel quale si dorme un po’ di più, un tempo vuoto da riempire. Per noi la domenica è prima di tutto il Giorno del Signore, un giorno in cui celebriamo l’amore assoluto di un Dio che ha dato la vita per noi, un giorno che vogliamo vivere insieme, come comunità. Per questo abbiamo pensato a un piccolo gesto: uno “sciopero della spesa” di domenica. Non un gesto–spot, ma uno stile di vita, che faccia della domenica un valore da vivere ogni settimana. Per-

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Sciopero della spesa

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A Faenza, in occasione della tradizionale Acifesta, un’iniziativa per recuperare il valore e il senso della domenica

ché spesso è proprio quando si ha tutto, che si perde di vista l’essenziale. E pensiamo che questo sia un rischio nella nostra ricca e democratica società: la possibilità di fare spese a ogni ora di ogni giorno può farci perdere il senso di un giorno di vera festa per tutti. Vogliamo dedicare interamente questo giorno a fare festa, a fare comunità, a stare in famiglia e a vivere quell’”ozio creativo” che ha generato tante utili idee per la società, cercando di non farci coinvolgere nella corsa sfrenata a consumare sempre e sempre di più. Non ce l’abbiamo con chi, per dovere o per necessità, la domenica è costretto a lavorare (anzi ringraziamo chi assicura servizi essenziali alla comunità e quindi anche a noi). Ma non vogliamo che altri, a causa delle nostre spese, siano costretti a passare una domenica lontana dai propri cari e da quello che consideriamo un valore. Insomma... è domenica: lasciateci far festa Siamo cristiani e per noi la domenica non è solo il giorno nel quale si dorme un po’ di più, un tempo vuoto da riempire

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Si è tenuto a fine luglio ad Assisi il VII Congresso nazionale del Mieac: quattro giorni per riflettere sul ruolo dell’educazione

di Vincenzo Lumia

i è tenuto ad Assisi, dal 21 al 24 luglio 2011, il VII Congresso nazionale del Movimento di Impegno educativo di Azione cattolica. Quattro giorni di meditazione, studio, verifica, programmazione che hanno visto insieme persone di città, regioni, diocesi delle diverse parti d’Italia accomunate da una condizione, una consapevolezza, una determinazione. La condizione di essere a vario titolo educatori: genitori, insegnanti, animatori a servizio delle nuove generazioni nel territorio, nella comunità ecclesiale e civile.

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Il Convegno del Mieac ad Assisi

Gente della via La consapevolezza che l’educazione è fondamentale per la crescita globale, integrale della persona come per la crescita in umanità della società, delle comunità per nuove relazioni interpersonali e sociali. Un’educazione con un forte radicamento evangelico e volta alla trasformazione, non alla conservazione. La determinazione di volersi mettere in gioco, spendersi per farsi carico, attraverso l’impegno educativo, dei tanti problemi di ordine esistenziale, relazionale, socio-politico ed economico che segnano il nostro tempo... di voler vincere la solitudine ed il senso di inade-

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riproporre la logica del levita... (una per tutte: le carrette della morte nel Mar Mediterraneo...) per coltivare il seme del samaritano che c’è in ogni uomo attraverso esercizi di sguardo, capaci di vedere, guardare, accorgersi, indignarsi, sorprendersi... e poi interpretare, reagire, pensare un modo altro, crederlo possibile, spendersi infaticabilmente per una vita buona, bella, e felice». Come ha affermato la presidente nazionale Mirella Arcamone nella sua ampia relazione sul percorso, le parolechiave, i contesti del Mieac a vent’anni dalla sua costituzione. E con la consapevolezza sottolineata nel suo intervento da don Roberto Sardelli: «Noi non siamo che gli eredi della “gente della via”, così venivano definiti i primi seguaci di Gesù. Come viandanti siamo alla ricerca di un mondo migliore che chiamiamo Regno di Dio. Non siamo gente stanziale. Forse da un mondo migliore ci separano secoli e millenni, ma che importa? L’importante è sapere per qual cosa ci battiamo e, caduti a terra sotto il peso della croce, continueremo a combattere in ginocchio».

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guatezza che segnano gli educatori ed equipaggiarsi per raccogliere le sfide non facili che omologazione, consumismo, questione morale, crisi etica lanciano quotidianamente... e ciò attraverso un servizio feriale al territorio e agli altri educatori, operando perché sorgano e si sviluppino negli adulti intenzionalità e competenze educative. Da qui la scelta del tema: Comunità, responsabilità e declinazioni dell’etica. Il ruolo dell’educazione. Comunità nuove esigono nuove stagioni di coerenze che sappiano rifiutare sia l’etica delle convenienze che quella degli assoluti astratti. Oggi c’è bisogno di un’etica matura, in grado di declinarsi in modo coerente e sempre nuovo per la piena realizzazione della persona, intesa come arte di vivere da persona nella comunità in cui si è inseriti e ci si muove, come misura dell’essere umano che ritrova se stesso e si rigenera nella comunità. Un’etica relazionale, quindi, che si realizza nella capacità di vivere l’empatia con tutti e tutto al di là di “assoluti” astratti e chiusi in se stessi, per un esercizio quotidiano di fraternità, reciprocità, interazione, globalità, responsabilità. Un’etica per ritrovare modelli globali d’essere persona, d’essere umani, per vivere, contrastare e dare anima al globalismo politico delle merci e del denaro. Di conseguenza, la bellezza di un’opera educativa volta a «stanare il levita che cresce in noi... in un contesto che quasi ci allena a non vedere, a tirar dritto, a

Oggi c’è bisogno di un’etica matura, in grado di declinarsi in modo coerente e sempre nuovo per la piena realizzazione della persona, intesa come arte di vivere da persona nella comunità in cui si è inseriti e ci si muove, come misura dell’essere umano che ritrova se stesso e si rigenera nella comunità

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Due vocazioni al sacerdozio maturate nella stessa realtà associativa: un dono per tutta la Chiesa che parte da Cloz, paese dell’alta Val di Non in Trentino

di Fabiola Andrighettoni

esperienza associativa diviene spesso nelle nostre realtà parrocchiali e nei nostri gruppi condivisione di vita della quotidianità che dà il ritmo ai nostri giorni, tanto da comprendere il tutto in un unico abbraccio fraterno e accogliente. Dentro una piccola ma significativa realtà associativa della nostra diocesi si è vissuto negli ultimi anni un cammino di

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Famiglia piccola chiesa domestica condivisione che ha coinvolto le due presidenti parrocchiali che si sono succedute, le loro rispettive famiglie, il gruppo Ac con l’intera associazione diocesana e la comunità parrocchiale. Un cammino la gioia per due nuove ordinazioni sacerdotali, rispettivamente figli delle due presidenti. Tutto questo si è verificato in un paese dell’alta Val di Non, in Trentino, Cloz, dove nel 2009 è stato ordinato sacerdote don Mauro Angeli, figlio di Fiorella, presidente dell’associazione parrocchiale, e nello scorso giugno con l’ordinazione di don Michele Canestrini, figlio di Rita, attuale presidente parrocchiale. Il dono delle vocazioni, in particolare quelle sacerdotali, è dono per la Chiesa tutta, segno di benedizione per la famiglia di provenienza, e festa e partecipazione da parte di tutta la comunità parrocchiale che ha sostenuto e accompagnato con la preghiera e l’amicizia il cammino del novello sacerdote. L’Ac nella sua lunga storia ha contribuito a far nascere e fiorire tante vocazioni non solo laicali ma anche al ministero sacerdotale e alla vita consacrata, questo come segno SegnoPer n.5/2011


vita di Ac Festa di paese per don Mauro e don Michele

concreto di un cammino formativo che è attento alla persona nella sua interezza e che si pone come fine la sua piena realizzazione, non trattenendo niente per sé ma perché possa essere dono per la Chiesa e per il mondo intero. E così anche nel dono di queste due vocazioni nate nella stessa comunità parrocchiale sono state accompagnate e sostenute dal cammino formativo di Ac, che ha visto le rispettive madri coinvolte pienamente e che dentro questo cammino, compiuto con le rispettive famiglie, hanno trovato il sostegno, l’amicizia e la preghiera del gruppo parrocchiale di Ac SegnoPer n.5/2011

ma anche dell’intera associazione diocesana che si è stretta attorno a loro nel ringraziare il Signore per quanto ha saputo operare e portare a compimento. Ora il cammino continua e diviene missione e servizio da spezzare quotidianamente come il pane eucaristico e come sempre la presenza della mamma diviene sostegno prezioso per ogni figlio ma in particolare per un figlio sacerdote, e sempre più diviene preziosa anche la presenza associativa nel continuare a sostenere un cammino di vita che sempre più si fa a imitazione e modello della famiglia di Nazareth.

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vita di Ac

Un volume curato dall’università di Trento permette una puntale ricostruzione dell’Ac nella prima parte del secolo scorso

Trento e l’Ac, una storia da raccontare ello scorso mese di maggio è stato presentato, presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento, l’inventario dei fondi Comitato Diocesano per l’Azione Cattolica (1898-1924) e Azione Cattolica Italiana – sezione diocesana di Trento (1924-1969) a cura del compianto prof. Giuseppe Chironi, archivista e ricercatore presso l’università di Trento, edito nella collana della Soprintendenza per i beni librari, archivistici e archeologici della Provincia autonoma di Trento. Il volume contiene l’inventario dei fondi depositati negli anni ’90 presso l’Archivio diocesano tridentino, compilato sulla base della schedatura analitica operata dalla cooperativa Koinè e corredato di un’ampia introduzione storicoistituzionale che permette una puntuale ricostruzione della complessa struttura di quella “associazione di associazioni” che è l’Azione cattolica. Questo significativo studio ha permesso di recuperare una parte importante della documentazione storica non solo di Ac ma della comunità diocesana e della società civile

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e politica della prima parte del 1900. Il volume è messo a disposizione per i centri diocesani interessati richiedendone copia presso la segreteria diocesana di Trento (0461 260985 o via mail segreteria@azionecattolica.trento.it). SegnoPer n.5/2011


di Arianna Lorenzetto

rande partecipazione al weekend MI.TI.CO. tenutosi a fine agosto a Saletto di Montagnana per giovanissimi dai tredici ai diciassette anni. Sacchi a pelo, torce, felpe, scarpe da ginnastica, ma soprattutto tanto entusiasmo è stato il bagaglio contenuto dallo zaino dei teenagers partecipanti. Tre giorni di giochi, coesione e riflessione. Il tutto all’interno degli impianti sportivi comunali e parrocchiali. Varie le parrocchie del vicariato che hanno partecipato a questa importante esperienza: Saletto - Dossi, S. Margherita d’Adige-Taglie, Bogo S. Zeno, Megliadino San Fidenzio e Urbana. I vari parroci hanno guidato l’iniziativa assieme a don Saverio di Montagnana, prossimo a partire come missionario in Equador. Ma perché MI.TI.CO.? Ci risponde l’animatrice Michela Fin, organizzatrice e anima dell’evento: «Perché durante i tre giorni trascorsi assieme, gli adolescenti hanno svolto diverse attività per conoscere se stessi, ovvero il MI, conoscere l’altro cioè il Ti, prima come amico e poi TI inteso come Dio, e infi-

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Educatori e adolescenti insieme. È il racconto di una tre giorni interparrocchiale proposta da un vicariato della diocesi di Padova a giovanissimi dai 13 ai 17 anni

MI.TI.CO. week-end ne, sperimentare cosa significa far parte della Comunità, il CO. L’ideazione è stata sviluppata dal gruppo di Educatori del vicariato del montagnanese: educatori che non si conoscevano, ma che hanno deciso di mettersi in gioco per questi ragazzi, al fine di collaborare e creare un’esperienza di crescita personale (MI) e di Comunità (CO)». Assieme a lei c’erano Stefano Gallian, Giorgio Borin, Sebastiano Mion, Giulia Paluan e Maria Crema, per la parrocchia di Saletto-Dossi; Elisa Cillo e Filippo Rinaldo per la parrocchia di Santa Margherita-Taglie; Vittoria Fantini e Michela Guariso per Borgo San Zeno, Matteo Gallian e Samuele Buson per Megliadino San Fidenzio, Alessandra Beltrame e Elena Andriollo per la parrocchia di Urbana. Gli educatori sono, dunque, un significativo patrimonio di persone che si sono sentite coinvolte per condividere questo cammino, dando a loro volta una testimonianza indiretta di cosa significa mettersi al servizio dell’altro. La partecipazione è stata buona: circa una sessantina di persone tra ragazzi,

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vita di Ac Foto di gruppo nella chiesa di San Lorenzo a Saletto

educatori e genitori. I ragazzi hanno vissuto questa esperienza, iniziata il venerdì sera con la cena e conclusa domenica pomeriggio, che ha visto momenti ludici e momenti di riflessione profonda. Pregnante e significativa la testimonianza di Dario, un giovane ragazzo di Padova neofita, che ha raccontato ai ragazzi di aver incontrato Gesù a 20 anni e di vivere ogni giorno con gioia ed entusiasmo questo incontro. I giovanissimi sono ragazzi che vivono e condividono con i loro coetanei i dinamismi propri dell’età, le sollecitazioni e i condizionamenti legati al determinato ambiente culturale, allo spazio sociale e al periodo storico nel quale si trovano a muovere i loro passi. Ragazzi inseriti in una comunità perché spinti dai loro genitori o perché desiderosi di dare un senso alle domande profonde che la vita comincia a porre. Sono giovani che condividono il dono della fede, vissuto tuttavia con modalità conflittuali e anche, a volte, con l’atteggiamento dell’indifferenza. L’adolescente,

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a causa dell’età e del contesto culturale in cui si trova, non vive la fede in modo pacifico e scontato, ma ha la necessità di una riappropriazione personale. Così un genitore: «Ben vengano questi momenti d’incontro, di vita di gruppo a livello parrocchiale, ai momenti diocesani e a quelli nazionali. Per i nostri ragazzi è fondamentale la valorizzazione della dimensione unitaria del gruppo, ma anche del singolo. Per il loro cammino di crescita risulta di vitale importanza il sentirsi coinvolti in una relazione buona e feconda con i coetanei ma anche con gli adulti e per questo ringraziamo gli animatori e tutte le persone che hanno seguito i nostri figli». Grande soddisfazione dunque anche dal parroco di Saletto don Antonio Boaretto e da don Giannino Malaman, salettano d’origine ma genovese d’adozione, che ha ricordato quello che amava ripetere don Orione: «I giovani possono essere il sole o la tempesta di domani» ...e di questi tempi abbiamo tanto bisogno di sole. SegnoPer n.5/2011


di Fabio Dovis

ell’anno associativo in cui i cammini formativi sono caratterizzati da un forte taglio vocazionale e con un’attenzione alla risposta personale alla chiamata del Signore, non possiamo non considerare l’adesione all’Azione cattolica come un tassello di questo processo di domanda-risposta. Sappiamo bene che l’adesione non è un passo formale, ed ha grande valore, eppure molto spesso ci scontriamo con le difficoltà di avere un riscontro positivo alla proposta di un’appartenenza piena all’associazione. Non esistono ricette valide in ogni diocesi, parrocchia, gruppo e persona; eppure forse proprio la prospettiva vocazionale sulla quale si soffermano i cammini di quest’anno ci può fornire alcuni spunti interessanti. La dinamica del rapporto tra Gesù, i discepoli e Bartimeo ci dice che c’è un processo da curare, che non è solo una questione di domanda e

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L’adesione all’Ac non è un atto formale, ma un processo da curare: è la risposta a una vocazione che coinvolge la persona inserendola pienamente nella vita associativa

Chiama anche te! risposta. C’è il desiderio di Bartimeo di incontrare Gesù, ma c’è anche l’azione dei discepoli, inviati da Gesù ad incon-

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trare Bartimeo. Proprio come i discepoli nel brano del Vangelo di Marco, l’Ac deve farsi strumento per l’incontro personale con il Signore. Ed è per questa ragione che solo una vita associativa curata in tutte le sue fasi — l’ascolto della Parola, il dialogo con Gesù, la missione — rende efficace l’Azione dell’associazione. Il nostro sì all’Ac e quello che chiediamo a coloro a cui proponiamo l’adesione ci fa essere allo stesso tempo come Bartimeo che cerca il Signore, ma anche come i discepoli, strumento per l’annuncio nel mondo del Vangelo e per facilitare l’incontro con il Signore Gesù. Come ci ha ricordato il documento assembleare della XIV assemblea, «l’adesione non è un atto solo formale, ma è la risposta a una vocazione che coinvolge la persona inserendola pienamente nella vita associativa: aderire è vivere il ministero laicale in forma associata. Aderire è anche lavorare insieme e costruire relazioni significative e durature. Aderire all’Ac significa essere corresponsabili della missione della Chiesa condividendo insieme ad altre persone gli obiettivi, lo stile e il metodo per stare in essa e nel

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mondo “da laici” per testimoniare la bellezza del Vangelo. Aderire comporta anche un impegno che va rinnovato ogni giorno attraverso la scelta di uno stile di vita personale coerente al Vangelo, la partecipazione piena al cammino dei gruppi dentro la vita della parrocchia e della comunità civile, anche considerando le difficoltà che possono insorgere in specifiche situazioni di vita. Aderire ci educa alla responsabilità chiedendoci anche un contributo economico che permette all’associazione di sostenersi». SegnoPer n.5/2011


strumenti

E tra le prospettive di impegno ci viene suggerito di inserire la proposta dell’adesione in un “progetto organico” di vita associativa, che leghi strettamente adesione e qualità della vita associativa. Anche dal punto di vista della promozione associativa molte delle difficoltà che si riscontrano possono essere superate se ciò a cui si chiede di aderire rispecchia il volto bello della Chiesa, è un esperienza significativa che sa suscitare la voglia di farne parte. Se l’associazione parrocchiale o diocesana sa vivere SegnoPer n.5/2011

una bella vita dei propri gruppi, e riesce a educare persone che sanno essere significative per la parrocchia e il territorio, le “strategie di marketing” diventano sempre meno necessarie e importanti. Ciò che invece resta di primaria importanza è l’attenzione a ciascun simpatizzante affinché lo si accompagni, in una prospettiva educativa, verso un sì personale e consapevole, e per ogni aderente affinché l’appartenenza sia vissuta in profondità con una crescita continua nella propria responsabilità laicale.

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fede in cammino

L’incontro tra Filippo e l’eunuco modello per un accompagnamento spirituale. Al centro la Parola: dall’ascolto perseverante della Sacra Scrittura avviene la conversione del cuore e della vita

di Ugo Ughi

Educare alla vita buona del Vangelo”: è la prospettiva che guida ogni educatore che si riferisce e attinge alla fede nel Signore Gesù. È la bellezza di potere e sapere stare accanto alle persone per la loro crescita e maturazione, per condurle a scoprire e a gustare la bontà e la gioia di camminare, giorno per giorno, con il Signore. È il compito anche dell’accompagnatore spirituale, che aiuta a riconoscere la presenza di Dio nella vita e nella storia; che sa fare e porta a fare discernimento in modo da vedere, accogliere e custodire i segni dell’amore di Dio; che esorta e incoraggia per un percorso di piena umanità e perciò di santità. Gli Orientamenti pastorali dei vescovi italiani per il decennio accennano all’accompagnamento spirituale in due passaggi: «Promuovere un’autentica vita spirituale risponde alla richiesta, oggi diffusa, di accompagnamento spirituale. Si tratta di un compito delicato e importante, che richiede profonda esperienza di Dio e intensa vita interiore» (n. 22). «La Chiesa attinge alla sua

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Passida fareinsieme grande tradizione spirituale, proponendo ai fedeli cammini di santità, con un’adeguata direzione spirituale, necessaria al discernimento della chiamata» (n. 23). C’è, tra le altre, un’icona biblica, che può essere illuminante sia per l’accompagnatore sia per chi chiede di essere accompagnato: l’episodio dell’incontro tra Filippo, uno dei Sette, e l’eunuco etiope (cf Atti 8,26-40). Accenniamo ad alcuni elementi del racconto. 1. L’etiope è una persona profondamente religiosa, in ricerca. È andato in pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme. Al ritorno, evidentemente non appagato dall’esperienza fatta, anzi sollecitato da essa, continua il dialogo con Dio attraverso la lettura della Bibbia. Non si dà risposte scontate: vuol comprendere; cerca una luce che finora gli è rimasta nascosta. È cosciente che la comprensione della Scrittura non è un fatto privato: «Come potrei capire, se nessuno mi guida?». Non si vive la fede e non si diventa santi da soli: si è “chiamati ad essere santi insieme”. Del resto la 2Pt SegnoPer n.5/2011


fede in cammino

1,20 ricorda che «nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione». L’etiope è un uomo disponibile, desideroso di essere guidato, aperto al dialogo, intenzionato a penetrare più profondamente nel mistero di Dio. 2. Filippo è ugualmente un uomo disponibile, che si lascia guidare dallo Spirito. Un angelo del Signore gli dice: «Alzati e va verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza». E, dopo aver compiuto la missione, Filippo, condotto dallo Spirito, «si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarea». L’uomo di Dio introduce l’etiope nel mistero della Scrittura e perciò dell’esperienza viva di Cristo e si guarda bene dal legare a sé quell’uomo il quale SegnoPer n.5/2011

può proseguire, pieno di gioia, per la sua strada. 3. Il dialogo fra i due è estremamente franco. L’etiope chiede umilmente e con fiducia spiegazioni: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo?». Filippo risponde ugualmente con un atteggiamento umile e paziente e aiuta il fratello a entrare gradualmente nella ricchezza illuminante del passo profetico. I due possono così compiere insieme un tratto di strada non solo materialmente, ma anche e soprattutto spiritualmente: è un’occasione di crescita nella fede per tutti e due. Al cuore del colloquio sta, infatti, l’incontro con la Parola. Dall’ascolto perseverante della Sacra Scrittura nasce e si sviluppa la fede e avviene la conversione del cuore e della vita.

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assistenti in Ac

Per imparare a comunicare il Vangelo occorre il coraggio di esplorare mari sempre più vasti e di uscire dagli acquari delle nostre parole incomprensibili

di Dino Pirri

Digitalisì, digitalino

risto ha comandato agli apostoli... di ammaestrare “tutti i popoli”, di essere “luce del mondo”, di proclamare il Vangelo senza confini di tempo e di luogo. Come Cristo stesso, nella sua vita terrena, ci ha dato la dimostrazione di essere il perfetto “Comunicatore”, e come gli apostoli hanno usato le tecniche di comunicazione che avevano a disposizione, così anche oggi l’azione pastorale richiede che si sappiano utilizzare le possibilità e gli strumenti più recenti» (n. 126). Così si leggeva già nel 1971 nell’istruzione pastorale Communio et progressio della Pontificia Commissione per le comunicazioni sociali. Ma neppure era immaginabile non solo il progresso tecnologico in questo campo, quanto i mutamenti culturali che i mezzi di comunicazione avrebbero prodotto in pochi anni. Non era ancora avvenuta la “rivoluzione” culturale della comunicazione attraverso le immagini, fino all’attuale era multimediale e digitale. Anche i Vescovi italiani in questi anni hanno promosso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Qui ricordo soltanto Comu-

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ta mondiale delle comunicazioni del 2002, tutta la Chiesa deve «varcare coraggiosamente questa nuova soglia, per “prendere il largo” nella Rete» a servizio del Vangelo, sono anche doverose alcune domande: da questa galassia di immagini e suoni, emergerà il volto di Cristo? Si udirà la Sua voce? «Perché solo quando si vedrà il Suo Volto e si udirà la Sua voce, il mondo conoscerà la “buona notizia” della nostra redenzione. Questo è il fine dell’evangelizzazione e questo farà di Internet uno spazio umano autentico, perché se non c’è spazio per Cristo, non c’è spazio per l’uomo». Nei recenti Orientamenti pastorali Educare alla vita buona del vangelo non si poteva ignorare la questione della comunicazione e della cultura digitale (se ne parla al n. 51), che tuttavia dovrà essere ulteriormente e adeguatamente approfondita in questi anni in cui le comunità cristiane sono chiamate ad essere attraenti ed ospitali nella comunicazione del Vangelo. Digitali sì, digitali no? La questione urgente non è tanto se utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione oppure no. Anche se i media non possono essere considerati semplici strumenti neutri, poiché il mezzo è ormai rilevante quanto il messaggio, molto dipende dalle intenzioni dei soggetti coinvolti e dalle modalità di utilizzo degli strumenti tecnologici. La domanda cruciale è come imparare ad abitare, sopravviven

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nicazione e Missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa del 2004, e i due convegni nazionali del 2009 (Chiesa in rete 2.0) e del 2010 (Testimoni digitali). Se da una parte, come scriveva Giovanni Paolo II nel Messaggio per la Giorna-

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do o realizzandosi pienamente, un ambiente, una cultura, un modo di guardare la storia e il mondo, definito appunto “digitale”. Possiamo rimanere con la televisione spenta e non voler navigare su internet, tuttavia questi ed altri strumenti non smetteranno di incidere profondamente sul pensiero e sulle decisioni, sugli stili di vita e sulla formazione della coscienza personale e comunitaria. Sulla cultura in genere, ma anche sull’annuncio del Vangelo. Il Direttorio già citato risponde alla prima questione che «la Chiesa... si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi che l’intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati», e aggiunge, riguardo la seconda questione, che «non basta quindi usarli per diffondere il messaggio cristiano e il Magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa nuova cultura creata dalla comunicazione moderna». Cioè si tratta di imparare ad abitare, sopravvivendo o realizzandosi pienamente, un ambiente, una cultura, un modo di guardare la storia e il mondo, definito appunto “digitale”. Un nuovo spazio pubblico, definito da Giovanni Paolo II all’inizio del nuovo millennio come l’antico foro romano, «dove si conducevano politica e affari, dove si adempivano i doveri religiosi, dove si svolgeva gran parte della vita sociale della città e dove la natura

umana si mostrava al suo meglio e al suo peggio». Luogo affollato e caotico, immagine della sua epoca, ma anche generatore di cultura e di novità. «Commistione di pericoli e promesse» alla quale non possiamo sottrarci, se non vogliamo correre il rischio di rimanere sordi e immobili davanti ad un ulteriore segno dei tempi, simili «a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”» (Luca 7,32). Insomma ci siamo dentro, come i pesci dentro l’acqua! Ma sappiamo nuotare? Abbiamo il coraggio di esplorare mari sempre più vasti? Di uscire dagli acquari delle nostre parole incomprensibili, dei nostri schemi desueti, delle nostre SegnoPer n.5/2011


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siderevole forza di attrazione e di coinvolgimento di cui essi dispongono». Particolare attenzione dovrà essere dedicata alla tutela dei più piccoli, al sostegno delle famiglie per una fruizione dei media corretta e costruttiva, e alla possibilità per le giovani generazioni di sperimentare la bellezza di relazioni umane dirette. L’Ac digitale La nostra Associazione ormai da anni utilizza gli strumenti della tecnologia digitale, rendendo più diretta ed efficace la progettazione, la realizzazione e la diffusione degli itinerari formativi, delle diverse proposte e delle varie iniziative. Ci si può ascoltare meglio e tutti, da ogni parte d’Italia, possiamo condividere delle idee e fare proposte. Inoltre, compito dell’Azione cattolica in questi anni è anche quello di assumere parole, logiche e immagini capaci di comunicare nei tempi e nei luoghi della cultura digitale, consapevoli di avere a disposizione un grande dono e simultaneamente una responsabilità grande. Per questo ci sta a cuore non solo l’utilizzo e le conseguenti modalità di comunicazione, ma anche la formazione delle coscienze delle nuove generazioni, che nella cultura digitale devono abitare, senza esserne travolte. Vivere la rete, senza rimanere da essa avviluppati. Attenti alla contemporaneità dei network, ma aperti anche ai tempi nuovi, all’eternità di Dio, alla espansione del Regno.

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immagini sbiadite? Vogliamo soltanto sopravvivere oppure cogliere un’opportunità ulteriore? Abbiamo necessità invece di comunicare il Vangelo con parole nuove, rompere le consuetudini rassicuranti ma ormai sterili, recuperando verità, coerenza, entusiasmo, limpidezza, sobrietà, benevolenza, speranza quali immagini migliori per presentarci al mondo. Digitali come? Imparare a nuotare, sapere come muoversi e fin dove arrivare significa guardare il mondo digitale con entusiasmo e simpatia, ma anche con lucidità critica. Questi mezzi infatti allargano gli orizzonti della comunicazione, ma acuiscono il divario tra le persone, i gruppi sociali e i popoli, quando, insieme alla tecnologia, non cresce di pari passo la consapevolezza delle implicazioni sociali, etiche e culturali che accompagnano il diffondersi di questo nuovo contesto esistenziale. Poiché contribuiscono all’ampliamento delle potenzialità umane, e influiscono sulla percezione di noi stessi, degli altri e del mondo, spesso soppiantando le tradizionali agenzie educative, richiedono anche uno sguardo critico, un uso sapiente e responsabile. Affermano ancora i Vescovi: «Il modo di usarli è il fattore che decide quale valenza morale possano avere. Su questo punto, pertanto, deve concentrarsi l’attenzione educativa, al fine di sviluppare la capacità di valutarne il messaggio e gli influssi, nella consapevolezza della con-

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di Federica Cifelli

vviato il nuovo anno pastorale, porre il cammino di tutta l’associazione nella giusta prospettiva è l’obiettivo che si pone la Settimana dello Spirito, in programma da lunedì 10 a domenica 16 ottobre. La festa, tempo per il Signore. Questo il tema proposto all’attenzione delle associazioni locali come occasione per ri-centrare il cammino intorno alla Domenica, “giorno del Signore”, nel quale imparare che «la vita non è fatta di soli bisogni da esaudire ma di relazioni da costruire», si legge nel testo degli Orientamenti per il triennio (disponibile anche on line su www.azionecattolica.it). All’interno della Settimana, sabato 15 e domenica 16 ottobre, la Domus Mariae a Roma ospita l’incontro degli incaricati dei siti web diocesani e di quanti si occupano della promozione associativa. Una due giorni di riflessione e confronto sul tema Chiama anche te. L’Ac per l’annuncio del Vangelo. L’inizio è fissato per le 14 di sabato; la conclusione è con il pranzo di domenica 16. Il giorno successivo, lunedì 17 ottobre, prende il via, sempre a Roma, l’incon-

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Nellagiusta prospettiva tro formativo per nuovi assistenti di Azione cattolica: una proposta che si ripete ormai da qualche anno a questa parte, dedicata appunto ai nuovi assistenti di qualsiasi età e livello ma aperta anche a tutti i sacerdoti interessati. L’appuntamento è fissato alla Domus Mariae dal pomeriggio del lunedì fino al pranzo di mercoledì 19. Sempre la Domus Mariae accoglie anche, da venerdì 21 a domenica 23 ottobre, l’XI assemblea nazionale del Movimento ecclesiale di impegno culturale, chiamata a rinnovare gli organismi nazionali per il 2011-2014, dedicata al tema Le parole della Verità. Meic, culture e fede. Prevista anche una sezione, nella mattinata di domenica, dedicata ai rapporti tra linguaggio teologico e linguaggio scientifico. La Messa è presieduta dal segretario generale della Cei monsignor Mariano Crociata. Il nuovo Consiglio nazionale del movimento si riunirà quindi sabato 5 e domenica 6 novembre, di nuovo alla Domus Mariae. A novembre nuovo appuntamento per i sacerdoti assistenti di Ac, e non solo: da domenica 13 a venerdì 18 si ripete SegnoPer n.5/2011


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l’esperienza degli esercizi spirituali, anche quest’anno a Foligno, presso Villa La Quiete. Il tema che farà da sfondo è tratto dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi: Fratelli amati da Dio. Predica il vice assistente generale don Ugo Ughi. A fine mese, quindi, la proposta per tutte le associazioni diocesane e parrocchiali di un altro grande momento di sintesi nel cammino dell’anno: la Settimana SegnoPer n.5/2011

della carità, da domenica 27 novembre a domenica 4 dicembre. Obiettivo puntato sulla “prova”, per questa seconda Settimana, e su come la famiglia può affrontarla vivendola come occasione di crescita, «accogliendo ogni tempo come un dono in cui incontrare il Signore che passa». Il tema lo offre il Vangelo di Giovanni: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia su grazia.

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Cose dell’altro mondo segnalazioni

di Matteo Scirè

Lavaligiadeidiritti da vedere Uno sguardo sulla dura realtà dell’immigrazione con i film di Francesco Piaterno e Emanuele Crialese da leggere Ritorna il Vittorioso in un libro edito dall’Ave. E un clochard raccontato da Pia Petersen, per riscoprire il senso della vita

osa succederebbe se dall’oggi al domani scomparissero tutti gli immigrati presenti nel nostro paese? Gli anziani vagherebbero per la città come la mamma del commissario, interpretato da Valerio Mastandrea, rimasta senza badante e la fabbrichetta del volgare industrialotto del nord-est, interpretato da Diego Abbatantuono, chiuderebbe i battenti perché rimasta senza operai. Il film di Francesco Patierno, attraverso un’idea narrativa mutuata dal film Un giorno senza messicani e dal libro Blacks Out, un giorno senza immigrati, affronta con ironia e sarcasmo il tema dell’intolleranza, entrato ormai nel sentire comune di buona parte della società italiana. Il film mette bene in risalto le contraddizioni e i paradossi di un’ipocrisia razzista radicata nell’ignoranza e nella furbizia di coloro che trattano gli immigrati sulla base delle proprie convenienze, pronti a scaricare su di loro ansie e frustrazioni.

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da cliccare Il sito del Centro sportivo italiano e dei giovani contro le mafie. Essere giovani ai tempi del web

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SegnoPer n.5/2011


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Terraferma a Terraferma è il tanto agognato approdo di chi è costretto da guerre e povertà ad abbandonare il posto dove è nato e cresciuto in cerca di un futuro migliore. È anche la terraferma del razzismo strisciante che serpeggia nelle società del benessere. Un razzismo che sempre più spesso trova sfogo in una politica gretta e volgare, che istiga all’intolleranza, all’ostilità e ancora peggio all’indifferenza nei confronti dei più deboli. Qui procede la vita di una famiglia di pescatori in bilico tra la saggezza del Nonno Ernesto (Mimmo Cuticchio), che ignora la scellerata prescrizione di non prendere a bordo gli immigrati in mare perché danno fastidio al turismo, e il desiderio del figlio Nino (Beppe Fiorello), ammaliato dai fasti della vita da turista che tenta goffamente di imitare. L’ultimo film di Emanuele Crialese, vincitore del premio della critica al Festival del Cinema di Venezia, è un’opera intensa e profonda. Lo stile ricalca quello dei suoi lavori precedenti e richiama alla mente il capolavoro di Luchino Visconti La Terra trema.

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Il ritorno del Vittorioso l settimanale per ragazzi Il Vittorioso è una testata rimasta nel cuore e nella memoria di centinaia e centinaia di migliaia di italiani: le sue pagine hanno contribuito a divertire, informare e formare intere generazioni di ragazzi cresciuti nel nostro paese tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta. Un successo enorme legato ai nomi dei migliori disegnatori dell’epoca: tra tutti, Benito Jacovitti, matita storica per eccellenza del Vitt, come il giornale veniva chiamato affettuosamente dai suoi giovani lettori. Al Vittorioso l’Editrice Ave – che ne ha promosso e curato la pubblicazione quando era la casa editrice della Gioventù italiana dell’Azione cattolica (Giac) – dedica questo volume nel quale trovano spazio un approfondito saggio sulla vicenda del settimanale, la ripubblicazione integrale di otto storie a fumetti fra le più belle apparse negli oltre trent’anni di vita della testata e la riproduzione di una trentina di copertine. Una storia italiana fra cultura, vita ecclesiale, avvenimenti civili e politici, per raccontare l’Italia con una visuale diversa e originale.

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La strada è la mia casa n improvviso senso di soffocamento nei confronti dello scorrere tranquillo e ordinato di una vita scandita da relazioni e convenzioni sociali, ruoli e abitudini porta Hadrien ad abbandonare tutto e a vivere sulla strada. Da qui il protagonista del romanzo di Pia Petersen, edito dalla San Paolo, scoprirà una realtà del tutto nuova, diversa da quella conosciuta, perché diverso è il punto di vista, diverse le relazioni e le convenzioni sociali, diverso il ruolo, diverse le abitudini. Nessuna difficoltà o dramma umano alla base della scelta di diventare un clochard, come avviene di solito, ma la necessità di mettere in discussione i modelli e gli schemi di vita dentro cui è immerso l’uomo del nostro tempo. Un’opera che offre al lettore spunti di riflessione interessanti e originali SegnoPer per ritrovaren.5/2011 il senso autentico del proprio essere e del proprio vivere.

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www.csi-net.it l sito della più antica associazione polisportiva italiana è un ricco contenitore di informazioni e opportunità per intraprendere attività sportive sia in veste di atleti che di organizzatori. Una realtà che promuove lo sport come fattore educativo, di condivisione e di crescita individuale e collettiva, affinché giovani e non imparino il valore dello stare insieme, del rispetto delle regole, dell’impegno e della fatica necessari per raggiungere gli obiettivi. Nella barra dei menù in alto all’home page è possibile trovare tutte le informazioni sulla storia del Csi e sul tesseramento, e ancora link da dove consultare e scaricare materiali, documenti, riviste, photogallery. Laterale sulla destra un interessante menù sui temi della pastorale dello sport, della formazione, dei progetti, delle iniziative e degli eventi. Al centro, invece, le principali notizie sulle attività svolte e quelle in programma.

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www.giovaniperlalegalita.it l sito è il principale strumento di comunicazione e informazione di tre importanti iniziative sul fronte della promozione della legalità e del contrasto alle mafie, nate in ambito giovanile dalla collaborazione tra il Forum nazionale dei Giovani, il ministero della Gioventù e il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Il sito, infatti, presenta il registro nazionale delle associazioni giovanili e il tavolo nazionale dei giovani per la legalità e lotta alle mafie, nonché uno spazio dove far pervenire tutte le storie di giovani o realtà giovanili impegnate in questo ambito. L’obiettivo è quello di creare un network per far incontrare le migliori esperienze, risorse ed energie presenti nel nostro territorio e attivare nuove sinergie. Inoltre nella home page sono pubblicate notizie sulle attività realizzate e da realizzare.

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Obiettivo promozione Esperienze e condizioni per far nascere l’Ac in parrocchia La presentazione di alcune esperienze concrete stimola le presidenze e i consigli diocesani dell'Azione cattolica a riconoscere e valorizzare occasioni e opportunità da cui partire per intraprendere percorsi di promozione associativa. Pp 56, ₏ 4,00


«L’ideale supremo cui deve tendere l’opera politica e sociale dell'umanità è l’inaugurazione di una città fraterna, la quale non comporta la speranza che tutti gli uomini saranno un giorno perfetti sulla terra e si ameranno fraternamente, sibbene la speranza che lo stato esistenziale della vita umana e le strutture della civiltà si avvicineranno sempre più alla perfezione, la cui misura è la giustizia e l’amicizia» (J. Maritain)


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