Segno n.2 2018

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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 Aut. GIPA/ C / RM Segno nel mondo â‚Ź 1,70 - Contiene I.P.

Aprile/Maggio/Giugno

nel mondo

2/2018

Generazione protagonista del futuro

SINODO DEI GIOVANI


GUALTIERO SIGISMONDI

l’alfabeto della preghiera Una piccola perla di spiritualità – proposta dal Vescovo di Foligno e Assistente Generale dell’Azione cattolica – ci aiuta a scoprire che la preghiera e l’amore parlano il medesimo linguaggio. Facendo silenzio in Dio, possiamo rintracciare le parole della nostra preghiera.

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Fatti

parole

di Carlotta Benedetti

Nel segno di Marta e Maria: Ac incarnata e generativa «Generare significa “apprendere la virtù dell’incontro” (Vittorio Bachelet), accogliere l’invito a primerear (prendere l’iniziativa), ad uscire fuori da sé per farsi prossimi, vivificati dalla Parola e dall’Eucaristia che continuamente ri-generano e rinnovano nell’amore» («Vi precede in Galilea», Orientamenti triennali Ac 2017-2020). Queste parole degli orientamenti triennali ci forniscono un quadro di riferimento chiaro per quanto ci aspetta nel prossimo anno associativo: un anno caratterizzato dall’attenzione alla vita degli uomini e delle donne del nostro tempo attraverso la cura della loro vita spirituale, una vita spirituale che sia in grado di animare la passione verso l’impegno per il mondo, di generare relazioni nuove, di preferire gli orizzonti inclusivi ai confini limitanti. Nel dicembre 2018 concluderemo i festeggiamenti per i 150 anni della nostra associazione: sarà l’occasione per ripartire con slancio nuovo, pieno di gratitudine per il passato, ma colmo di speranza e di aspettative per il futuro presente che ci aspetta. Sarà proprio da questo anniversario, festeggiato in questi mesi in tante località di Italia (parrocchie, città, diocesi), che ripartiremo ricaricati di nuova energia associativa, per far sì che i nostri gruppi e le nostre associazioni parrocchiali e diocesane si sperimentino sempre in relazione alzando lo sguardo verso quanti condividono con noi l’attenzione alla promozione umana e al bene comune. Generare è il verbo che accompagnerà il prossimo anno associativo, un verbo che impegna perché significa fare proprio l’atteggiamento materno di chi non si limita a dare inizio alla vita ma compie il proprio mandato iniziando alla vita, “donando alla vita”; a questo ci spingono anche le parole pronunciate dal Santo Padre il 27 aprile 2017 in occasione del II Congresso internazionale del Fiac

(Forum internazionale di Ac): «Un’Azione cattolica più popolare, più incarnata [...] È una sfida alla maternità ecclesiale dell’Azione cattolica; ricevere tutti e accompagnarli nel cammino della vita con le croci che portano sulle spalle». Luogo di sintesi di tutto ciò è Betania, dove Marta e Maria si pongono in atteggiamento diverso rispetto alla visita del Signore nella loro casa: entrambe sono però necessarie in questo cammino generativo, perché da un lato Maria ci aiuta ad aver cura della nostra vita interiore, dall’altro Marta ci ricorda che il sigillo di garanzia di una spiritualità non intimista sta nella capacità di accogliere e nella disponibilità al servizio. Betania può diventare dunque, nel prossimo anno associativo, l’immagine dei gruppi, delle associazioni, delle comunità che accolgono amichevolmente, ascoltano profondamente, servono generosamente, avendo ben chiare le parole dello slogan che ci g accompagnerà: Di una cosa solo c’è bisogno. ■

Cristo nella casa di Marta e Maria, Jan Vermeer (1655 circa), National Gallery of Scotland, Edimburgo

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la copertina

sommario

Il tema del prossimo Sinodo dei giovani ci aiuta a capire come possiamo accompagnare la capacità generativa della comunità cristiana a una vita di fede. In questo percorso, che coinvolge anche la dimensione liturgica, la catechesi e la partecipazione, i giovani sono al centro dell’interesse per riscoprire la loro vocazione

fatti e parole

sotto i riflettori

tempi moderni

cittadini e palazzo

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Nel segno di Marta e Maria: Ac incarnata e generativa

di Carlotta Benedetti

sotto i riflettori

Provocare l’oggi per preparare il domani

di Luisa Alfarano e Michele Tridente

Matti per il calcio

di Simone Esposito

Politica: che vinca il meglio

di Simone Esposito

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A servizio della comunità

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Giovani sulle strade della fede

di Michele Falabretti

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20

Rappresentanti si diventa

Generazione presente in cerca di futuro

intervista con Alessandro Rosina di Barbara Garavaglia

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Grande sfida per la comunità credente

intervista con Paola Bignardi di Alberto Ratti

nel mondo

2/2018

APRILE/MAGGIO/GIUGNO Trimestrale dell’Azione Cattolica Italiana

Direttore Matteo Truffelli Direttore Responsabile Giovanni Borsa In redazione Gianni Di Santo e-mail Redazione gianni.borsa@gmail.com g.disanto@azionecattolica.it Tel. 06.661321 (centr.) Fax 06.6620207

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4 Grafica e impaginazione: Veronica Fusco Foto: pixabay.com, SIR, Romano Siciliani Stampa MEDIAGRAF S.p.A. Claudia D’Antoni, Tony Drazza, Noventa Padovana (Pd) Simone Esposito, Michele Falabretti, Reg. al Trib. di Roma n. 13146/1970 Barbara Garavaglia, Luca Marcelli, del 02/01/1970 Antonio Martino, Michele Pace, Alberto Ratti, Tiratura 55.100 copie Giovanni Tangorra, Marco Testi, Alle copie cartacee si aggiunge la Michele Tridente, Mariagrazia Vergari. pubblicazione del pdf nel sito dell’Azione Editore Fondazione Apostolicam Actuositatem cattolica e gli altri 85.000 lettori, giovani e Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma adulti, soci o abbonati, che ricevono Segno Direzione e Amministrazione in versione digitale. Chiuso in redazione il 30 maggio 2018 Via Aurelia, 481 - 00165 Roma Hanno collaborato a questo numero: Luisa Alfarano, Carlotta Benedetti,

Pubblicazione associata all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana) Per versamenti: ccp n.78136116 intestato a: Fondazione Apostolicam Actuositatem Riviste - Via Aurelia, 481 – 00165 Roma Fax 06.6620207 (causale “Sostegno a Segno”) Banca: Credito Valtellinese IBAN: IT17I0521603229000000011967 intestato a: Fondazione Apostolicam Actuositatem Via Aurelia, 481 - 00165 Roma


sommario

cittadini e palazzo

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Quella pace cercata dal Papa venuto da lontano…

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intervista con Riccardo Cristiano di Marco Testi

orizzonti di Ac

spazio aperto

il primato della vita

senza confini

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titoloni

di Giovanni Tangorra

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Senza di te lo sviluppo sostenibile non c’è

quale chiesa

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Insieme ai santi della porta accanto

di Claudia D’Antoni

Bibbia, silenzio e missione nel segno di fratel Carlo

ieri e oggi

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Mario Agnes: da presidente Ac alla guida del giornale del Papa

Lettere

A proposito di popolo di Dio

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perché credere

di Antonio Martino

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Che fine ha fatto il ’68

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Acquaderni, “fare gli italiani”: fede, Ac e Risorgimento

Campi scuola, il tempo della gratuità

di Tony Drazza

la foto

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orizzonti di Ac

Papa Francesco: Paolo VI e mons. Romero santi

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Buongiorno, popolo! Per un’Ac in mezzo alla gente

di Luca Marcelli

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Un’altra splendida estate insieme

di Carlotta Benedetti

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Dicono che c’è un tempo per seminare

di Michele Pace

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sotto i riflettori

Giovani sulle strade della fede di Michele Falabretti*

Il tema centrale del prossimo Sinodo dei giovani (3-28 ottobre 2018) ci rimanda alla questione fondamentale su come possiamo accompagnare la capacità generativa della comunità cristiana a una vita di fede. In questo percorso, che coinvolge anche la dimensione liturgica, la catechesi e la partecipazione alla vita della comunità, le nuove generazioni sono al centro dell’interesse per riscoprire, insieme, la loro vocazione. Il responsabile della Pastorale giovanile della Cei traccia per Segno le tappe di una strada e di un’attesa per una fede “contagiosa”

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uando a settembre 2016 uscì l’annuncio sul tema del prossimo Sinodo dei Vescovi (ottobre 2018), fu un coro unanime di esultanza. Poi, anche solo dopo poche settimane, cominciavano a crescere le domande su come istruire un lavoro che sarebbe apparso tutt’altro che facile. Ma lì per lì, l’idea fu accolta con favore. L’annuncio del Sinodo e il suo percorso Nei mesi successivi ci si mise al lavoro per cercare di immaginare percorsi possibili. La creatività pastorale, soprattutto in Italia, non è mai mancata: il processo che ne è scaturito, in effetti, è stato molto creativo. Fino a che punto sarà generativo, lo stabiliremo molto più in là. A gennaio 2017 è uscito il Documento preparatorio, una sorta di prima riflessione che ha cercato di affrontare il tema e di permettere che la sensibilità nei confronti di questo lavoro crescesse. Il documento aveva una parte finale costituita da un questionario rivolto alle Conferenze episcopali di tutto il mondo e in forme diverse a tutti, giovani compresi. Il sito ufficiale, infatti, permetteva a chiunque di rispondere alle domande e offrire il proprio contributo.

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Contestualmente anche la Chiesa italiana apriva il suo percorso: a gennaio 2017 il Consiglio permanente decideva di scandire il cammino in tre grandi tappe. La prima riguardava un discernimento pastorale a partire dalle pratiche educative presenti in Italia. Ne è scaturito un gran lavoro che in parte è confluito nella risposta che i Vescovi italiani hanno inviato al Sinodo dei Vescovi nel novembre del 2017 e in parte è diventata pervasiva, coinvolgendo anche le più piccole realtà (parrocchiali, associative, legate a movimenti e vita consacrata) guidate da un sussidio preparato dalla Segreteria generale (Considerate questo tempo) ancora disponibile sul sito Cei. La seconda tappa del cammino è stata dedicata all’ascolto dei giovani. Le loro istanze, i loro sogni e speranze, i tormenti del cuore insieme alle fatiche, sono state fatte convergere su un’indagine “aperta”: attraverso un portale (www.velodicoio. it) ancora disponibile sul web, si è cercato di innescare una riflessione a partire da dieci parole/ temi che possono animare la vita dei giovani. L’indagine, molto “leggera”, non ha nessuno scopo scientifico e non è fatta per produrre uno studio; essa, piuttosto, si offre come pista di riflessione, di scambio, come ouverture di confronti che possono


I giovani con papa Francesco in occasione della riunione in preparazione al Sinodo che si svolgerà nel mese di ottobre 2018

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sotto i riflettori

continuare a lungo. Era importante, infatti, che gli adulti trovassero il modo di riprendere contatto con il mondo giovanile: senza conoscersi a fondo, non è possibile alcun tipo di trasmissione. Nel bel mezzo di questo tempo, papa Francesco ha convocato a ridosso della domenica delle Palme, una Riunione presinodale dove 300 giovani sono stati fisicamente presenti a Roma e altri 15.000 si sono uniti via web per contribuire alla riflessione e allo scambio. Ne è uscita una grande esperienza di partecipazione, dove a prevalere non è stata la produzione di un pensiero, quanto la possibilità di un confronto. Questo processo ha mostrato che il desiderio dei giovani di parlare alla Chiesa come istituzione e il bisogno della stessa di tornare a sentirli per capirli, sono passaggi dai quali non possiamo prescindere. Ora si apre il tempo di un’esperienza: quella che porterà i giovani italiani sulle strade della fede e dei

cammini per vivere un’esperienza di pellegrinaggio (prima) e di incontro (poi) a Roma tra i giovani e il Santo Padre. Sarà il primo incontro dei giovani italiani con il Papa e il desiderio è che sia una possibilità forte per esprimere un cammino vero di cui tutti abbiamo bisogno. A giugno uscirà l’Instrumentum laboris, il testo che guiderà i lavori dell’Assemblea Sinodale vera e propria. Dal confronto e dalle riflessioni prodotte nascerà, infine, l’esortazione apostolica che indicherà le piste di lavoro future.

Offrire libertà Da molto tempo i cristiani affrontano la questione giovanile pensando che sia, semplicemente, un problema di trasmissione: sono “loro”, i giovani, che non capiscono i valori della tradizione; sono “loro”, i giovani, a essere ubriachi di cose e perennemente in ricerca di evasione. In real-

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sotto i riflettori

tà aprendo gli occhi sui loro desideri, pensieri e sogni potremo renderci conto di quanto essi stiano portando avanti le conseguenze di un mondo strutturato esattamente come abbiamo voluto e deciso noi adulti: un mondo dove l’uomo compiuto non risponde alla dedizione evangelica, ma piuttosto alla sua capacità di avanzare sgomitando in ogni direzione. Un Sinodo dei giovani è la scommessa di chi pensa che, aprendo un dialogo vero e sincero si possa costruire una cultura aperta al futuro e capace di rigenerarsi: l’apertura alle nuove generazioni mette in gioco la Chiesa nel suo essere comunità di giovani e adulti.

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Generare una vita di fede Il tema centrale del Sinodo ci rimanda ad alcune questioni che abbiamo sempre avvertito come decisive: su tutte, la capacità generativa della comunità cristiana a una vita di fede. A seguire, in stretta connessione, la capacità di coinvolgimento delle diverse attività pastorali: la dimensione liturgica (non più percepita dai giovani come necessaria nella sua cadenza settimanale e non sempre capace di fondare in loro un ascolto e un dialogo fecondo con il Signore); quella della catechesi (ormai relegata al solo tempo della iniziazione cristiana o in occasione di eventi particolari); quella di una partecipa-


don Michele Falabretti

Noi abbiamo bisogno di riprendere il cammino accanto alle persone (anche giovani) con le quali sentire che stiamo condividendo un destino e un compito. Con la semplicità e il coraggio di chi crede alla forza dei segni (piccoli) di cui parla il Vangelo. E questo non per accontentarci o giocare al ribasso: abitare il quotidiano, stare nel mondo accanto agli altri, amare la storia è una fatica grande. Ma è anche la evangelica pazienza del contadino, chiamato a non perdere il sonno I 22018

sotto i riflettori

Nelle foto:

zione viva alla vita della comunità. Quando la trasmissione intergenerazionale sembra incepparsi, le domande si fanno più urgenti. Le nostre comunità infatti non riescono più a «produrre» cristiani adulti. Manca la capacità di generare il credente adulto, in grado di non sprofondare nell’ansia o nel risentimento di fronte alla fatica di rielaborare l’immaginario religioso ricevuto. I giovani sanno farsi coinvolgere se si sentono davvero ingaggiati, se sentono di poter dire la loro. Come fa oggi un giovane a diventare grande, a cimentarsi nell’impresa che è la sua vita, il mondo, le relazioni...? Noi dovremmo essere preoccupati del fatto che i giovani non vedono che il vangelo è tale (notizia buona) perché nella vicenda di quell’uomo, Gesù di Nazareth, c’è di mezzo la maniera di stare al mondo. La questione del cammino del Sinodo, non risiede nella ricerca di ricette o soluzioni. Noi abbiamo bisogno di riprendere il cammino accanto alle persone (anche giovani) con le quali sentire che stiamo condividendo un destino e un compito. Con la semplicità e il coraggio di chi crede alla forza dei segni (piccoli) di cui parla il Vangelo. E questo non per accontentarci o giocare al ribasso: abitare il quotidiano, stare nel mondo accanto agli altri, amare la storia è una fatica grande. Ma è anche la evangelica pazienza del g contadino, chiamato a non perdere il sonno. ■ *responsabile del servizio nazionale della Cei per la Pastorale giovanile

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sotto i riflettori intervista con Alessandro Rosina

Generazione presente in cerca di futuro

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a Chiesa si interroga e ascolta i giovani. Dopo i sinodi sulla famiglia, ha deciso di puntare l’attenzione sui ragazzi. I giovani, di Barbara Garavaglia la fede e il discernimento vocazionale è infatti il titolo dato al Sinodo che si svolgerà in ottobre, nel corso del quale sarà dato spazio alla domanda sul come accompagnare i giovani a riconoscere «I giovani più che essere il e seguire la propria vocaziofuturo devono poter abitare ne alla vita in pienezza e sapienamente e gioiosamente ranno ascoltati i giovani per il presente. Devono poter scoprire con quali modalità considerare l’oggi non come oggi sia necessario puntare il luogo dell’attesa, ma come per annunciare il Vangelo. il tempo delle scelte in cui ci La società italiana fa i consi riconosce e che proiettano ti con un invecchiamento una luce positiva sul proprio costante e preoccupante. I percorso successivo». giovani subiscono le conPer il demografo Rosina, seguenze di un’inclemente se la società si impegna etichettatura e scarsi invead accompagnare stimenti sul cosiddetto cacon sapienza gli under30 pitale umano. Il demografo ci guadagniamo tutti Alessandro Rosina, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, offre un’interessante chiave di lettura della realtà giovanile e piste di riflessione per Nella foto: il demografo consentire ai ragazzi di vivere l’oggi e costruire Alessandro Rosina il futuro. I dati Istat restituiscono un quadro a tinte grigie. Nel 2065 l’Italia perderà oltre 6 milioni di abitanti e sarà un paese di “vecchi”, pensato da “vecchi”. La nostra società lascia lo spazio ai giovani per crescere e per trovare la propria collocazione? La questione vera non sta tanto

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nel crescente numero di persone anziane, ma nell’atteggiamento culturale del paese nei confronti delle nuove generazioni. Alla base dei cambiamenti che vive il genere umano c’è il rinnovo continuo della popolazione. Un ricambio che porta sguardi nuovi sulla realtà con nuovi desideri, nuove sensibilità, nuovi progetti da realizzare. Ma il cambiamento diventa espressione positiva delle nuove generazioni solo se l’esistente non diventa resistente, se accetta di farsi mettere in discussione dai nuovi sguardi, se consente alle energie e intelligenze nuove di trovare spazio e strumenti per dare il meglio di sé, di diventare nuovo che fa la differenza nell’arricchire il bene comune in coerenza con il proprio tempo. Il “nuovo” dei giovani va, allora, capito prima ancora che giudicato. Va aiutato e


Presinodo: circa 300 giovani provenienti da tutto il mondo hanno partecipato alla riunione svoltasi dal 19 al 24 marzo scorsi (www.synod2018.va)

Ci sono opportunità nel mondo del lavoro? La staffetta generazionale funziona ancora oppure il tappo costituito dai lavoratori anziani non è superabile? Lavoro dei giovani e della popolazione più matura non è necessariamente in competizione. Interessante, a questo proposito, è il confronto con la Germania che sta subendo un processo di invecchiamento analogo al nostro, ma presenta tassi di occupazione sia degli under 35 che degli over 55 superiori non solo ai nostri ma anche alla media europea. Ma non basta, la Germania per compensare il deficit di giovani di qualità e alimentare la propria crescita, attira capitale umano anche dagli altri paesi avanzati. Non a caso l’Italia ha un saldo negativo tra in-

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incoraggiato a emergere, a conquistare consapevolezza di ciò che può diventare, a raffinarsi e trarre il meglio di sé. Questo significa, da parte delle generazioni più mature, aiutare le nuove generazioni a riconoscere le proprie specificità, sia in termini di fragilità da contenere che di potenzialità da sviluppare.

vestimento in formazione di giovani che vanno all’estero, rispetto al capitale umano che attrae, mentre per la Germania tale saldo è positivo. Questo come conseguenza di una diversa strategia tedesca che ha contrapposto alla riduzione quantitativa dei giovani una compensazione sul versante qualitativo, potenziando, appunto, il capitale umano delle nuove generazioni e la sua valorizzazione nel sistema produttivo. Che cosa accade, invece, se le opportunità per i giovani sono carenti? Dove, invece, non crescono le opportunità per i giovani, anche l’economia non si espande e si scade in una competizione al ribasso nei posti di lavoro, con le nuove generazioni che si trovano a temere la concorrenza di anziani, immigrati e robot, anziché ambire a essere “nuovo” che produce “nuovo”. In questa nazione, in questo quadro, i nostri giovani possono scegliere il proprio futuro, anche dal punto di vista delle relazioni sociali e dei legami affettivi?

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aspetta dovremmo chiederci cosa ci aspettiamo noi dal futuro e iniziare da oggi a costruirlo. Da un lato ci sono le difficoltà oggettive che frenano l’azione dei giovani, la realizzazione piena dei propri obiettivi di vita, dall’altro i giovani stessi vengono spesso ritratti come parte di una generazione apatica e indifferente. Ciò è vero solo quando non trovano ambienti supportivi e stimolanti, esempi autentici a cui ispirarsi, possibilità di fare esperienza positiva di sé e del fare con gli altri. Esempi ed esperienze di questo tipo aiutano a passare dalla “libertà da” alla “libertà di” arrivando a una “libertà per”. Ciò consente di fare scelte di impegno personale (anche quelle “per sempre”, come avere un figlio o una vocazione religiosa) e di farle diventare scelte di successo per sé e nel contesto in cui operano. Per quanto sa problematico il presente, il futuro non è qualcosa che può essere rubato. È un luogo che ancora nessuno conosce e in cui nessuno è ancora stato. Più che chiederci quale futuro ci

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Quindi è opportuno non chiudersi in pregiudizi? È necessario liberare il discorso sui giovani da luoghi comuni e frasi retoriche. I giovani più (e


sotto i riflettori In alto: il sito web del prossimo Sinodo dei giovani

prima) che essere il futuro devono poter abitare pienamente e gioiosamente il presente. Devono poter considerare l’oggi non come il luogo dell’attesa, ma come il tempo delle scelte in cui ci si riconosce e che proiettano una luce positiva sul proprio percorso successivo. Su che cosa debbono puntare i giovani per porre le basi di una società più dinamica e aperta? La narrazione dei giovani incapaci e indolenti in un paese destinato a un futuro di marginalità, non deve diventare una profezia che si auto-adempie. Le nuove generazioni devono incaricarsi di dimostrare di essere diverse da come vengono dipinte da chi le ha messe nelle condizioni attuali e che un destino diverso da quello che si è cercato di cucire sin qui su di esse, è possibile. Il successo di questo dipende soprattutto da loro – dal loro impegno a capire la realtà che cambia e agire come protagonisti in essa –, ma può essere notevolmente favorito dalle generazioni I 22018

La narrazione dei giovani incapaci e indolenti in un paese destinato a un futuro di marginalità, non deve diventare una profezia che si auto-adempie. Le nuove generazioni devono incaricarsi di dimostrare di essere diverse da come vengono dipinte da chi le ha messe nelle condizioni attuali e che un destino diverso da quello che si è cercato di cucire sin qui su di esse, è possibile

più mature, se passeranno dal far pesare il loro giudizio ipercritico sulle nuove generazioni a riconoscere il valore aggiunto di cui i giovani sono portatori e aiutarlo a emergere al meglio delle sue possibilità. L’investimento sulle nuove generazioni richiede generosità e intelligenza, perché ha bisogno di risorse economiche e intellettuali, oltre che di riconoscimento che ciò che migliora la capacità di essere e fare dei giovani aumenta g in prospettiva il benessere di tutti. ■

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sotto i riflettori

Grande sfida per la comunità credente intervista con Paola Bignardi di Alberto Ratti

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uanto valgono i giovani italiani? Il mondo del lavoro li valorizza oppure no? Quali sono i valori trasmessi dalle generazioni precedenti e come vengono considerati e rielaborati dai giovani di oggi? Queste sono solo alcune delle domande a cui prova a rispondere il Rapporto Giovani 2018 dell’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica, giunto ormai alla sua quinta edizione. Abbiamo intervistato su questi temi la prof.ssa Paola Bignardi, già presidente nazionale di Ac e che ora, come membro del Comitato di indirizzo dell’Istituto Toniolo, segue la realizzazione del Progetto giovani.

«I giovani chiedono alla Chiesa di essere evangelica, di offrire loro comunità dove sperimentare relazioni calde, dove incontrare persone significative e poter fare esperienze belle e coinvolgenti». Per la curatrice del Progetto giovani (Istituto Toniolo), già presidente nazionale di Ac, la realtà giovanile offre, al mondo adulto, ampie pagine di speranza e cambiamento tutte da scrivere 12

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Prof.ssa Bignardi, qual è il desiderio più grande dei giovani che traspare dall’ultima edizione del Rapporto Giovani? Mi pare che il desiderio più grande che i giovani hanno dentro di sé sia quello di poter dare il proprio contributo alla vita della società. I giovani sono consapevoli di avere delle risorse, anzi di essere una risorsa importante per la società. Hanno idee, energie, progetti, visioni della vita aperte sul futuro. Desiderano cambiare ciò che in questa società non funziona e di cui loro stessi sono vittime: l’inerzia, la mancanza di grandi orizzonti, il modo lamentoso di porsi di fronte ai problemi, anziché l’audacia di pensare come cambiare le cose. Vorrebbero potersi mettere alla prova, mostrare in concreto che un mondo migliore è possibile, che relazioni diverse tra le persone sono possibili, che

provare a combattere la povertà, l’ingiustizia e la disuguaglianza è possibile. Sono mortificati dal dover restare in un angolo ad “aspettare il proprio turno” per prendersi delle responsabilità e operare secondo ciò che hanno in mente. Tutti sappiamo quanta anticamera deve fare un giovane prima di essere trattato da adulto, perché tutti lo vediamo nella nostra famiglia, tra i nostri amici, figli, nipoti. Il desiderio dei giovani è quello di essere considerati un valore per la società. Leggendo il Rapporto, emerge l’energia con la quale il 73,8% degli intervistati ritiene che sia ancora possibile impegnarsi in prima persona nella società. Come interpreta e valuta questa indicazione, in controtendenza rispetto all’immagine che si ha della realtà giovanile italiana? L’immagine che gli adulti hanno della realtà giovanile italiana è uno stereotipo che alcuni opinion leader e alcuni media hanno contribuito a coniare e a diffondere: basti pensare alle etichette con cui i giovani sono stati catalogati: sfigati, schizzinosi, bamboccioni, sdraiati… Se i giovani italiani, a fronte di questi pregiudizi, sono ancora capaci di reagire e di dichiarare in larga maggioranza che è possibile impegnarsi in prima persona nella società, significa che dentro di loro vi sono veramente delle energie buone, vigorose, robuste. E questo è un motivo di speranza per la nostra società, per l’oggi e per il futuro, solo che queste energie siano valorizzate, riconosciute, messe nelle condizioni di esprimersi. Certo vi sono anche giovani che hanno un atteggiamento inerte e passivo; penso soprattutto ai neet, quei giovani che non studiano e non lavorano. Ma prima di giudicarli, perché non interrogarsi? Forse sono giovani che sono disillusi, che si sentono rifiutati, che non riescono più a sperare. Non sono bambini viziati, ma spesso sono persone sofferenti che con il loro atteggiamento stanno chiedendo aiuto.


sotto i riflettori Nell’altra pagina: Paola Bignardi

Un altro aspetto che emerge dall’indagine è il modo con cui i giovani si pongono di fronte all’esperienza religiosa e alla trascendenza, che sta subendo profonde trasformazioni. Viene rivelata, infatti, una sensibilità religiosa non spenta, ma attutita, costruita individualmente e in grossa difficoltà rispetto alle esperienza comunitarie. Quali sfide lanciano i giovani alla Chiesa? Il prossimo Sinodo che si svolgerà a ottobre sarà in grado, secondo lei, di dare risposta ai bisogni e alle domande delle nuove generazioni? Leggere le interviste che il Toniolo ha raccolto tra centocinquanta giovani che hanno raccontato la loro storia religiosa, i loro pensieri su Dio, sulla Chiesa e sulla vita cristiana è una profonda esperienza spirituale. Ci si incontra con la domanda di autenticità che i giovani portano dentro di sé, con un modo di pensare Dio ricco: non il Dio un po’ astratto delle nozioni catechistiche, ma un Dio personale, riconosciuto e incontrato dentro una relazione viva. Leggere ad esempio la testiI 22018

monianza dei giovani che affermano che è bello credere perché chi crede non è mai solo fa molto pensare: è un Dio dentro la vita, che aiuta ad affrontare le proprie solitudini. Certo sono esperienze di fede che hanno bisogno di crescere e di maturare, ma in fondo questa è l’esperienza spirituale di ciascuno di noi, impegnato a crescere in Dio fino all’ultimo giorno. La loro distanza dalla Chiesa nasconde il desiderio di una Chiesa più autentica, più evangelica, che spesso si manifesta attraverso l’ammirazione per la persona di papa Francesco e per il suo stile semplice ed evangelico. Il Sinodo sui giovani penso che non debba dire come la Chiesa deve comunicare con i giovani, ma come la Chiesa deve cambiare per avere credibilità presso i giovani. I giovani le chiedono di essere evangelica, di offrire loro comunità dove sperimentare relazioni calde, dove incontrare persone significative, dove poter fare esperienze belle e coinvolgenti. E questo non significa che le chiedono di essere una Chiesa migliore? Una grande sfida!

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sotto i riflettori

Il Sinodo potrà dare risposta alle domande dei giovani se le comunità cristiane sapranno continuare ad ascoltarli, a farsi mettere in discussione dalla loro critiche. Se la Chiesa nel suo insieme saprà mettersi in un cammino di conversione. Credo che i giovani in qualche modo siano uno dei segni del nostro tempo, per usare un linguaggio caro a papa Giovanni XXIII. “Segni dei tempi” sono i modi in cui lo Spirito ci parla nella storia e ci chiama a conversione

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Dunque, quale il ruolo del Sinodo? Il Sinodo potrà dare risposta alle domande dei giovani se le comunità cristiane sapranno continuare ad ascoltarli, a farsi mettere in discussione dalla loro critiche. Se la Chiesa nel suo insieme saprà mettersi in un cammino di conversione. Credo che i giovani in qualche modo siano uno dei segni del nostro tempo, per usare un linguaggio caro a papa Giovanni XXIII. “Segni dei tempi” sono i modi in cui lo Spirito ci parla nella storia e ci chiama a conversione. I giovani, col bisogno di comunità e di autenticità che esprimono, ci rimandano l’esigenza di una Chiesa che testimoni Dio in modo sperimentabile, gustabile, incontrabile. Un Dio molto più interessante di quello che tanti nostri sforzi pastorali g comunicano. ■


sotto i riflettori La ricerca del Toniolo, tra impegno e cambiamento

I giovani ritengono che c’è bisogno di rimboccarsi le maniche

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a ricerca condotta dall’Osservatorio Giovani del Toniolo continua a essere il principale riferimento empirico sul mondo giovanile nel panorama nazionale. Dall’analisi compiuta emerge come vi siano ancora elementi di rassegnazione, disillusione e perdita di speranza, sostenuti da una situazione generale del paese che stenta a migliorare, e nello stesso tempo segnali di ripresa e di speranza. Rispetto alle precedenti edizioni colpisce come il 73,8% degli intervistati ritenga ancora possibile impegnarsi in prima persona nella società, rimboccandosi le maniche e mettendo da parte le avversità e le situazioni difficili. Il 67,7% degli intervistati, inoltre, è predisposto al cambiamento. Il filo conduttore di questa nuova edizione sono i valori, nella loro accezione più ampia: quelli in salute e quelli declinanti; i sistemi formativi e di orientamento; l’importanza delle soft skills; la domanda di rappresentanza e orientamento politico; la vita nella rete, i disvalori dell’hate speech e della violenza verbale; l’immigrazione e il multiculturalismo; la coppia e la genitorialità; la fede e la religione. Il Rapporto 2018, infine, accende i riflettori sugli «snodi principali della transizione alla vita adulta: il lavoro, l’autonomia e le scelte di vita a partire dalla scuola e dalla formazione».

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sotto i riflettori

Provocare l’oggi per preparare il domani di Luisa Alfarano e Michele Tridente*

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uando papa Francesco ha annunciato l’intenzione di dare vita a un Sinodo interamente dedicato ai giovani, l’entusiasmo in Ac è stato grande. E come avrebbe potuto essere altrimenti? La Chiesa ha espresso il desiderio di mettere al centro i giovani, di partire da loro e dall’ascolto dei loro desideri e delle loro paure, sentendo fortemente la necessità di accompagnarli nelle scelte importanti e quotidiane della loro vita. Da sempre l’Ac crede fortemente nel protagonismo dei giovani nella vita della Chiesa e dei nostri territori, ma la chiamata rappresentata da questo Sinodo è un’occasione senza precedenti: il mondo e la Chiesa hanno bisogno di giovani che sappiano (e, soprattutto, vogliano) essere protagonisti non tanto di un nebuloso domani, quanto di un concretissimo oggi. Troppe volte in questi anni si è parlato dei giovani come di coloro che dovranno occuparsi solo del futuro, senza aver posto alcuno nel presente: ma quale futuro erediteranno questi giovani se non possono partecipare oggi alla sua ideazione, alla sua concretissima costruzione? A volte anche la Chiesa stessa non è stata esente da questo errore di prospettiva. Eppure le figure dei santi e dei beati a cui ci ispiriamo come modelli di un Vangelo incarnato nella vita di tutti i L’Ac ha tutte le carte in regola per giorni hanno quasi seguire il monito di papa Francesco tutte, in un modo o e dare ascolto vero alla voce in altro, maturato la e alle istanze di tutti i giovani. propria vocazione e «A ognuno di noi, dalle parrocchie al centro nazionale, tocca il compito assunto il loro stile di portare avanti questa sfida giorno peculiare proprio negli anni della giodopo giorno». Si dialoga insieme non solo con teste diverse, ma anche ventù: cosa sarebbe successo se San con età differenti per costruire Francesco, appena insieme un progetto comune

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venticinquenne, non avesse avuto il coraggio di approcciarsi alla fede in modo così nuovo solo perché qualcuno gli aveva detto che le sue idee non avrebbero portato da nessuna parte? E se a Pier Giorgio Frassati qualcuno avesse iniziato a dire «ciò che fai ora non è importante, importerà ciò che farai domani» cosa sarebbe stato della sua fede? Ecco, ogni educatore, ogni credente, ogni giovane ha il diritto (e il dovere) di coltivare la speranza che la vita del prossimo diventi incredibile bellezza, ma non possiamo farlo se, prima, non impariamo a rimettere al centro i bisogni, i desideri, le paure di quel prossimo, soprattutto di chi sta cercando la propria strada e ha bisogno di aiuto e sostegno per calcolare il percorso. Essere accompagnatori oggi Ecco il primissimo ruolo degli accompagnatori oggi: aiutare i giovani a imparare l’arte di un discernimento serio per affrontare ogni scelta che la


A lato: il logo del Sinodo. In basso: i giovani di Ac all’incontro con il Papa il 30 aprile 2017 in piazza San Pietro

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vita pone davanti. Non è difficile affermare che per quanto riguarda l’accompagnamento e il discernimento vocazionale, l’Ac sente una grande responsabilità per sua stessa vocazione costitutiva. Tra le molteplici risorse che l’associazione mette a disposizione vi sono certamente, accanto all’accompagnamento personale, l’esperienza del gruppo, l’intergenerazionalità, l’apostolato negli ambienti di vita quotidiana. L’esperienza del gruppo è uno strumento fondamentale non solo nella formazione, ma anche per accompagnare il cammino personale dei giovani che sono stimolati dal confronto con gli altri a riflettere su se stessi, sulla propria spiritualità, sulle proprie relazioni e sul proprio ruolo nella realtà che abitano. Essere un’associazione intergenerazionale educa i giovani a prendersi cura della propria realtà e a dialogare non solo con teste diverse, ma anche con età differenti per costruire insieme un progetto comune. Oltre ai settori, il Movimento studenti e il Movimento lavoratori accompagnano giovanissimi,

giovani e adulti a vivere da laici consapevoli i luoghi che abitano quotidianamente, spronando a essere protagonisti e partecipi a scuola e nei diversi ambienti di lavoro. E come non parlare anche delle altre realtà associative con cui l’Ac cammina da anni? Come la Fuci, Federazione di giovani studenti universitari cattolici che promuove la formazione culturale, politica e spirituale e l’impegno attivo all’interno dell’università; o come la Gioc che vive la propria missionarietà accompagnando i giovani lavoratori nella loro formazione e nella revisione di vita attraverso l’esperienza del gruppo. Insomma, l’Ac ha tutte le carte in regola per seguire il monito di papa Francesco e dare ascolto vero alla voce e alle istanze di tutti i giovani. A ognuno di noi, dalle parrocchie al centro nazionale, tocca il compito di portare avanti questa sfida g giorno dopo giorno. ■ *vicepresidenti nazionali per il settore Giovani di Ac

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Esperienze di Ac/1 Vocazione alla politica

A servizio della comunità «Mettersi a disposizione della propria città costa fatica, pregiudizi, sacrifici. Eppure quello che si riceve è molto più di quello che si dà. E chi meglio dei giovani può sprigionare questa energia?». Segno incontra Anna Zambon, giovane consigliera comunale a Gallarate, una passione sincera per il “bene comune”

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Nella foto: Anna Zambon consigliera comunale di Gallarate

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nna ha ventuno anni. Uno sguardo fresco, appassionato alla vita, pieno di voglia di fare. “Ecclesialmente” fa parte della diocesi di Milano, mentre studia Scienze politiche alla Statale di Milano. Sarà per questo che i suoi interessi oggi siano la Politica, quella con la P maiuscola, quella che si “sporca le mani” al servizio degli altri. Un’inclinazione che le è venuta anche dal suo essere educatrice Acr nella sua parrocchia. «Tante discussioni fatte a tavola in famiglia, ma anche tante sollecitazioni con gli amici, e ovviamente l’Ac». Anna Zambon sprizza gioia da ogni parte. «Da tutto ciò – racconta a Segno – ho imparato a sviluppare un mio sguardo sul mondo ma soprattutto l’importanza del confronto, dell’ascolto, dell’impegno. L’Ac mi ha formato a prendermi cura dell’altro. È nata così la mia passione per la politica, intesa come attenzione al bene comune e strumento per dare voce a chi non ha voce. Sono stata prima rappresentante d’Istituto del mio liceo: qui, ho potuto capire quanto fosse importante e arricchente il confronto con gli adulti, ma anche quanto fosse essenziale l’ingrediente della freschezza e della grinta dei giovani. Poi, mi sono candidata alle amministrative di Gallarate con il Partito democratico». I 22018

Consigliere di opposizione, ci tiene a dire Anna. Qui è terra di Lega. «L’anno scorso, quando ho ascoltato il papa dire proprio all’Azione cattolica italiana che è ora di impegnarsi alla Politica con la P maiuscola, ho pensato che questo mio desiderio avesse anche la benedizione di Francesco. Poi, la politica, in qualsiasi ambito, nazionale e locale, vuol dire dedicarsi a risolvere i problemi di ogni giorno del cittadino “normale”». Con gli occhi dei giovani «Concretamente sono riuscita a far votare in consiglio comunale una mozione sui trasporti pubblici a servizio dei giovani, l’Interrail Giovani Lombardia. Il progetto prevede l’istituzione di un pass gratuito per permettere ai giovani tra i 16 e i 29 anni, residenti in Lombardia , di viaggiare gratuitamente per quattro mesi sulla rete del trasporto locale pubblico e di accedere a musei, parchi, mostre, collezioni e ville presenti numerosi nella nostra regione. Un atto di indirizzo affinché si mettano in campo tutti gli atti e le risorse necessarie per far partire questo progetto dall’estate 2018. L’obiettivo del progetto è quello di mettere al centro i temi della mobilità sostenibile, della cultura e del turismo interno giovanile». Altre cose concrete? «Molti progetti… però siamo in minoranza. Ho provato, invano, con lo Sprar, il progetto nazionale per i migranti. Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) è costituito dalla rete degli enti locali che per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. A livello ter-


sotto i riflettori In alto: una seduta del Consiglio comunale e, sotto, uno scorcio di Gallarate con la basilica di Santa Maria Assunta

ritoriale gli enti locali, con il prezioso supporto delle realtà del terzo settore, garantiscono interventi di “accoglienza integrata” che superano la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico». Il momento di “restituire” Una vocazione al servizio del paese e della Chiesa. «Io ero estremamente consapevole di quello I 22018

a cui stavo andando incontro, eppure, in fondo, avevo in mente e nel cuore unicamente un obiettivo: in tutti questi anni Gallarate mi aveva dato tanto, era giunto il momento di restituire ciò che avevo ricevuto. La campagna elettorale è stata intensa, ricca di incontri; caratterizzata soprattutto dall’ascolto delle esigenze di moltissimi cittadini, dalle riunioni di partito ed eventi con parlamentari e sindaci, dagli aperitivi con i giovani. Quest’ultimi sono stati la rete più bella e solida che ho potuto scoprire durante tutta la campagna: tantissimi ragazzi e ragazze si sono messi in gioco, mettendoci la faccia, e sostenendoci a vicenda. Ed ecco il post-elezioni: 222 cittadini mi hanno dato fiducia, hanno visto in me la possibilità di cambiamento, di aria nuova. Ho dovuto e voluto prendere le mie responsabilità e ho accolto con fervore questo mio nuovo incarico in consiglio comunale, seppur in opposizione. Mettersi a servizio della propria città costa fatica, pregiudizi, sacrifici. Eppure quello che si riceve è molto più di quello che si dà, e chi meglio dei g giovani può sprigionare questa energia?». ■ [giadis]

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Esperienze di Ac/2 Vocazione alla scuola

Rappresentanti si diventa

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segretaria diocesana del Msac di Mazara del Vallo. Una diciannovenne che vuole “spaccare” il mondo e che non se ne sta con le mani in mano. Ultimo anno al liceo scientifico per poi prendere destinazione Bologna e studiare Lettere moderne. Ludovica Mangiapanelli ha la scuola che le scorre nelle vene. Le piace, ha voglia di impegnare le sue energie per un’istruzione rinnovata a servizio degli studenti ma dove essi dicano la loro, e non immagina il suo futuro lontana dal mondo della scuola. Si è data da fare nella sua comunità territoriale, attraverso degli incontri di formazione alla rappresentanza nella scuola. Un’iniziativa del Msac, ovviamente. Che «è partita il 2 dicembre scorso – spiega Ludovica – a Marsala presso il centro sociale “Giovanni Paolo II”, di fronte al Liceo scientifico P. Ruggieri. Il perché di un corso di formazione? La risposta è in queste domande che ci siamo fatti noi giovani studenti: sappiamo realmente cosa Una “chiamata” dentro la scuola per servire anche vuol dire essere rappresentanti? Cosa siamo chiamati a fare e a il Vangelo. Per Ludovica, sapere? Purtroppo, nonostante segretaria del Msac l’entusiasmo inziale, spesso la di Mazara del Vallo, vita da rappresentante si dimo«grazie al Movimento io stra più complessa di quanto ci non mi sento sola e, anzi, al contrario, mi sento parte aspettiamo e a volte si perdono di vista i nostri reali compiti e obietintegrante della Chiesa tivi. Per questo il Msac ha voluto nel mondo. Cerco di portare avanti questa iniziativa. mettere dentro la scuola, Responsabili si diventa, attraverso da laica e da cristiana, lo studio, la disponibilità al conquanto di più bello ho fronto e ai percorsi formativi. Io imparato dal Vangelo. stessa faccio parte della Tfr, che E, da studentessa faccio sta per Task Force Rappresenmia la parola d’ordine tra noi di Ac: #AdoroIlLunedì» tanza, una commissione formata

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da alcuni responsabili del Movimento studenti di Azione cattolica che vengono scelti per le loro esperienze di rappresentanza e di partecipazione durante le scuole superiori. Lo scopo della Tfr è prendersi cura dei rappresentati dei vari organi collegiali, ideando e sviluppato anche diversi sussidi e materiali specifici, a uso di studenti e classi per le scuole superiori. Si sta curando la preparazione di proposte condivise con i rappresentati da presentare al Ministero e si sta lavorando alla realizzazione di incontri cittadini, diocesani, regionali o interregionali (a seconda delle esigenze del territorio) di formazione e informazione per tutti i rappresentanti degli studenti, msacchini, giovanissimi e non». Per una #BellaScuola Un progetto impegnativo che ha visto la partecipazione di cinquanta ragazzi, costruito su tre step di studio, confronto e condivisione. «Cosa un rappresentante deve necessariamente sapere? Quali sono i documenti da conoscere? Come si fa a essere sempre informati sulle nuove riforme e novità varie riguardo al mondo della scuola senza fermarsi alle semplici e a volte del tutto errate voci di corridoio? E poi: quali sono le problematiche comuni alle varie scuole della diocesi? Quali potrebbero essere le possibili soluzioni? Come affrontano i vari rappresentanti dei diversi istituti e delle diverse città il loro compito? Per concludere: quali progetti potrebbero nascere dall’incontro e dal confronto precedentemente avvenuto? Cosa dobbiamo migliorare per rendere la nostra scuola una #BellaScuola? Partecipazione attiva Una vocazione dentro la scuola per servire anche il Vangelo. «Certo – conclude Ludovica –. Grazie


la studentessa Ludovica Mangiapanelli. Sotto, uno degli incontri della Sfs del Msac che si è tenuto a Montesilvano nel marzo 2016

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Nella foto piccola:

al Msac io non mi sento sola e, anzi, al contrario, mi sento parte integrante della Chiesa nel mondo. Cerco di mettere dentro la scuola, da laica e da cristiana, quanto di più bello ho imparato dal Vangelo. E, da studentessa, non potrei non fare mia quella che ormai è diventata la parola d’ordine tra noi di Ac: #AdoroIlLunedì per tutte quelle cose che abbiamo imparato e per tutte quelle che ancore dobbiamo imparare. #AdoroIlLunedì per le idee e i progetti che sono nate tra la mura del centro sociale “Giovanni Paolo II”. #AdoroIlLunedì per tutti i rappresentanti di classe e istituto che con coraggio si sono assunti questa responsabilità e che, con passione e determinazione, ogni

giorno si impegnano a migliorare le proprie scuole. #AdoroIlLunedì per tutti i ragazzi a cui sta a cuore la partecipazione attiva e non si accontentano di vivere la scuola da comparse. #AdoroIlLunedì per questo weekend speciale che come tutti i weekend finisce per lasciare spazio al lunedì, il giorno giusto per ricominciare, per ripartire, per mettersi in movimento». Anche Ludovica adora il lunedì. L’inizio settimana di una settimana normale, di un cittadino normale. Per una vita normale. La straordinarietà, da queste parti, è l’infinita bellezza di passi ordinari. g Da giovani. Con Sorriso. ■ [giadis]

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Matti per il calcio di Simone Esposito

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oche cose sono capaci di alimentare la follia collettiva come il calcio. E nessuna occasione è in grado di rappresentare l’apoteosi di questo impazzimento planetario come quei trenta giorni ogni quattro anni in cui Eupalla (così chiamava la dea del calcio quel suo geniale cantore che era Gianni Brera) viene venerata da miliardi di fedeli nel suo baccanale più atteso, i Mondiali. Lo sappiamo bene noi, cosa significa: perché il nostro è uno dei paesi capaci di vantare con maggiore orgoglio, tradizione e radicamento questo culto irragionevole e irrinunciabile. Lo sappiamo bene noi, che all’apice di quella follia ci siamo arrivati quattro volte, l’ultima solo un paio di lustri fa. Lo sappiamo bene noi, che questa estate ci aggiriamo smarriti e attoniti, perché al gran rito russo della Coppa del Mondo 2018 non possiamo partecipare, se non da lontano, in disparte, praticamente da imbucati, per la prima volta dopo 60 anni esclusi a causa del dramQuest’anno, come italiani, matico harakiri svedese guardiamo il Mondiale in Russia della Nazionale azzurra. E seduti accanto al televisore. adesso che i Mondiali non Con un sorriso in più, però. ce li abbiamo più, il dolore L’Italia ha vinto, infatti, la seconda edizione della Coppa dei dell’assenza ci rende ancora più consapevoli: d’alMondo dei “matti per il calcio”. tra parte, ci accorgiamo In questo caso la maglia della nazionale ha investito di orgoglio dell’importanza di qualcosa soprattutto quando ci davvero tutti

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manca. Qualcuno dirà: che esagerazione. Ma lo abbiamo detto, il calcio è roba da matti. Roba da matti, appunto. È quello che hanno sempre pensato due signori che di matti se ne intendono e di calcio qualcosa ne capiscono. Si chiamano Santo Rullo e Nobuko Tanaka. Il primo, psichiatra romano di nascita e interista di fede calcistica, quasi trent’anni fa ebbe un’intuizione: «Assieme a un collega mi accorsi che i nostri pazienti erano devitalizzati per la maggior parte del tempo. La situazione cambiava all’improvviso se vedevano scorrere un pallone. Così abbiamo deciso di organizzare piccoli campionati locali. È dimostrato che l’attività fisica aumenta la produzione di serotonina e dopamina, dati molto rilevanti per le persone con disturbi psichici, che a causa di malattie cardiovascolari dovute principalmente alla sedentarietà hanno un’aspettativa di vita più bassa del 20% rispetto alle persone sane». Il calcio per il disagio mentale I tornei di calcio del dottor Rullo hanno coinvolto centinaia di persone con disagio mentale e sono andati avanti tranquillamente fino al 2011. Quando dall’altra parte del pianeta un professore giapponese di sociologia dello sport non s’è imbattuto in un vecchio video del 2004 su youtube: si chiamava Matti per il calcio, e era il lavoro autoprodotto di due allora sconosciuti documentaristi, Volfango De Bia-


tempi moderni

si e Francesco Trento, che raccontava le imprese del Gabbiano, per l’appunto la squadra dei pazienti di Rullo. Al quale poco dopo è toccato ospitare a Roma il professor Tanaka, in visita di studio. I giapponesi, si sa, sono rapidi e operosi: quattro anni

dopo quell’incontro, a Osaka, fu messa in piedi la Dream world cup, il primo mondiale di calcio (a 5) riservato alle persone con disabilità psichica. Gli azzurri non possono non esserci: a guidarli c’è Rulli e a raccontarli ci sono di nuovo De Biasi e Trento. Quello che ne viene fuori è quasi incredibile: l’Italia conquista il bronzo, e il nuovo documentario di De Biasi e Trento, Crazy for Football, vince il David di Donatello e si trasforma in un libro-bestseller. «La coppa – è ancora Rulli a parlare – ha realizzato il sogno di tutti i partecipanti di vestire la maglia della propria nazionale. Questa maglia ha abbattuto la vergogna, lo stigma del disturbo psichiatrico e investito di orgoglio tutti». Ok, fin qui una bella storia. Ma resta il problema: come farà l’Italia a sopravvivere a questo 2018 orfano dei Mondiali? E qui arriva la soluzione, ancora una volta targata Dream world cup. Perché a Roma, il 13 maggio scorso, quarantesimo anniversario dell’approvazione della storica legge Basaglia sulla chiusura dei manicomi, c’è stato il match inaugurale della seconda Coppa dei Mondo dei “matti per il calcio”. E sapete com’è finita? Che stavolta la coppa l’ha alzata l’Italia, guidata dal bomber (e capocannoniere del torneo) Mattia Armanni, con una vittoria senza appello sul Cile (17-4) dopo una semifinale al cardiopalma vinta di misura 9-8 sul Perù. Sicché, pazienza se fino a Mosca non possiamo arrivarci: quest’anno siamo lo stesso campioni del mondo, campioni tra i matti, g matti per il calcio un po’ come tutti noi. ■

Dieci nazionali coinvolte per la Dream world cup

Ben 150 pazienti psichiatrici in campo, per un calcio che sorride

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l confronto con quella della Fifa è impari, ma la Dream world cup dello scorso maggio ha avuto numeri di tutto rispetto. Dieci nazionali coinvolte, quattro continenti (molta Europa, molto Sudamerica, e le rappresentanze asiatiche e africane di Giappone e Senegal), ben 150 pazienti psichiatrici in campo, il supporto ufficiale del Coni, della Figc e della rappresentativa nazionale di calcio a 5. Insomma, l’edizione di Roma è stata un successo, coronato alla fine dal trionfo azzurro. Un trionfo che purtroppo non potremo replicare in Russia, dove la ventunesima edizione dei Mondiali di calcio coinvolgerà 32 squadre, ma non l’Italia (ma a casa rimarranno anche altre big come Olanda, Cile e Ghana). Ci sarà naturalmente la Germania, chiamata a difendere il titolo conquistato in Brasile quattro anni fa, e ci saranno per la prima volta Islanda e Panama, quest’ultima giustiziera a sorpresa degli Stati Uniti. Si comincia il 14 giugno con Russia-Arabia Saudita, si finisce il 15 luglio dopo 64 partite allo Stadio Luzniki di Mosca, quando scopriremo il nome della nazionale che potrà fregiarsi del titolo di campione del mondo. Insieme all’Italia dei matti, naturalmente.

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cittadini e palazzo di Simone Esposito

Politica: che vinca il meglio

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è una scena memorabile, nella lunga saga cinematografica di Fantozzi, nella quale il ragioniere, in compagnia del fedele collega Filini, si mette in marcia per raggiungere lo stadio dove è in cartello l’attesa sfida calcistica tra Italia e Scozia. Fantozzi viaggia su un pullman di tifosi ed è animato dal miglior spirito decoubertiniano: s’è portato la bandiera, intona cori e vuole passare una bella giornata di sport. Così, quando il pullman viene affiancato dalla corriera degli hooligan scozzesi, il nostro eroe sente il bisogno di fraternizzare con quelli che definisce «i nostri leali avversari». Si affaccia dal finestrino, si avvicina ai vetri dell’altro mezzo, e col suo inglese maccheronico grida: «That win the best», che vinca il migliore. Sdeng! – arriva la risposta inappellabile degli altri tifosi: un colpo di chiave inglese in testa che tramortisce il povero ragioniere. Il libro che il presidente nazionale Quando ci si mette a ragionare di politica alla maniera del presidente nazionale di Ac Matteo Truffelli dedica alla politica apre dell’Azione cattolica, Matteo Truffelli, il rischio-chiave inglese è sempre in aga prospettive nuove, guato. Lo scorso anno, in occasione della invitando i cattolici a essere attenti, critici, grande festa in piazza San Pietro per i protagonisti e al passo 150 anni dell’Ac, papa Francesco aveva invitato gli aderenti a mettersi «in politicon i tempi. Occorre ca, ma per favore, nella grande politica, tornare a immaginare la Politica con la maiuscola». Truffelli ha proposte per l’oggi, provato a tracciare alcune indicazioni per spiegandole con capire come l’associazione possa risponi nuovi linguaggi dere all’appello del papa, e lo ha fatto con per costruire un libro agile, appena pubblicato dall’Econcretamente ditrice Ave, La P maiuscola, appunto. Un un consenso tentativo che ha dell’eroico, verrebbe da che le trasformi dire: quello di proporre una riflessione in azione politica misurata, ragionata, concreta (ma non e amministrativa. autoreferenziale e verbosa, come capita Con un criterio spesso) in un dibattito politico dominato regolatore: la difesa dagli scontri fra ultrà, non avversari ma e promozione nemici che si insultano, fanno a botte, si degli ultimi

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sparano razzi da una curva all’altra e vomitano su chi sta sul fronte opposto tutto il loro odio. Ma Truffelli – vivaddio – non ha il candore sprovveduto del ragionier Fantozzi: è estremamente consapevole del pericolo di beccarsi una sprangata. Ma è anche decisamente convinto che oggi il rischio vada corso. Che il dibattito pubblico vada liberato dal rancore che lo tiene in ostaggio. Che i credenti debbano smetterla di coltivare sterilmente il culto del loro grande ma polveroso pantheon di statisti del passato per tornare a immaginare proposte per l’oggi, per spiegarle e argomentarle con i linguaggi di oggi, per costruire concretamente un consenso che le trasformi in azione politica e amministrativa. La P maiuscola, quindi, non è una lettura edificante alla “libro Cuore”, ma una sfida a rovesciare tutti i paradigmi di divisione che imprigionano la politica di oggi. Scorrendo il libro, ne emergono davvero tanti. Per esempio, rimettere al centro il futuro, il progetto, la costruzione di percorsi dall’orizzonte


Nella foto: il presidente di Ac, Matteo Truffelli insieme all’assistente generale mons. Gualtiero Sigismondi, salutano papa Francesco

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ampio, anziché privilegiare l’istante, l’incasso immediato del proprio tornaconto, in termini di risultato o di consenso che sia, senza pensare a cosa si lascia in eredità al domani (si pensi al prima e al dopo delle elezioni dello scorso 4 marzo…). Ancora, smettere di dire ciò che si pensa quasi con il solo fine di dimostrare la propria esistenza (una logica da post sui social network che spesso viene inseguita proprio da un mondo cattolico in crisi di visibilità) e piuttosto esistere e agire per costruire concretamente ciò che pensiamo e desideriamo per la nostra comunità. Tornare a dire “noi” senza che questo presupponga un “loro” dall’altra parte, recuperando la capacità di camminare autenticamente insieme e non per fazioni contrapposte, riconoscendo la dignità e persino la necessità di chi la pensa diversamente (il valore di quello che papa Francesco definisce, e Truffelli riprende, come «pensiero incompleto», ovvero aperto al pensiero dell’altro). Infine, archiviare definitivamente la «presunzione di collocarci al di sopra delle parti», scrive il presidente, «come se

potessimo guardare le cose dall’alto per giudicarle, ma senza immischiarci, senza farci coinvolgere. Vogliamo piuttosto stare “sotto le parti”. Nel senso di assumere la prospettiva visuale di chi si trova in basso, di chi è vittima, ha meno voce per far valere le proprie ragioni e meno strumenti per difendere i propri diritti. Adottando come criterio regolatore del nostro impegno dentro la società quello della difesa e della promozione dei più fragili, degli ultimi». Insomma: il presidente torna a schierare l’Azione cattolica, ancora una volta, come sempre in questi 150 anni, al servizio del bene comune. E chiede a tutta l’associazione di farlo ancor più esplicitamente di quanto sta già avvenendo, stringendo alleanze, costruendo reti, «rigenerando la trama del tessuto civile». Lavorando, per rubare le parole di Fantozzi, affinché «win the best». Ma “best” inteso non come “il migliore”, ma “il meglio”, il meglio per il Paese, per le nostre comunità, per il nostro presente e per il futuro. Che vinca il meg glio. Senza paura. ■

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cittadini e palazzo

Quella pace cercata dal Papa venuto da lontano...

intervista con Riccardo Cristiano

di Marco Testi

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olo l’inquietudine dà pace è già un titolo-manifesto, perché spiega da solo la portata della fascinazione che alcune figure della Chiesa esercitano su chi non ne fa parte. Nel nostro caso papa Francesco e Riccardo Cristiano: lo “straniero” venuto da lontano a guidare la barca di Pietro e il vaticanista laico attirato dal suo ecumenismo pragmatico. Anche la prima parte del libro (edito da Castelvecchi e composto di riflessioni dello stesso Cristiano, con contributi di La Valle, Giulietti, Menozzi, Ripamonti, Houshmand, Capuzzi, Zuccolini) ha in sé il senso di una visione del mondo comune a molti: «Un discorso che porta lontano da porti sicuri», vale a dire i rischi del viaggio contrapposti ad una sedentarietà immobilizzante.

Il suo libro parte dal discorso di papa Francesco agli scrittori del Collegio de La Civiltà Cattolica durante il quale il «Inquietudine come pontefice ha rimarcato che il criparametro interiore, stianesimo non è una filosofia e ha immaginazione come lanciato le ormai famose tre parole: parametro culturale inquietudine, incompletezza, immaper riuscire a vedere lo Spirito all’opera anche ginazione. Quale delle tre ti ha colfuori dai nostri confini, pito di più, e perché? Direi che non ce n’è una che mi abbia incompletezza come consapevolezza che non colpito più delle altre. Piuttosto le tre “i” del Papa lette insieme mi hanno ci riusciremo mai da immediatamente dato l’idea di un mesoli». Per il vaticanista Riccardo Cristiano, le tre todo, il metodo che può portarci a inserire l’altro nella nostra vita, nella nostra “i” di papa Francesco realtà, e quindi a capire come vivere sono per noi un modo per affrontare le asprezze insieme. Sono tre parole che compongono un paradigma: inquietudine come dell’oggi, del vivere parametro interiore, immaginazione insieme, ma anche una possibilità concreta come parametro culturale per riuscire a vedere lo Spirito all’opera anche fuori di laica speranza per dai nostri confini, incompletezza come il futuro del mondo

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consapevolezza che non ci riusciremo mai da soli. Per questo credo che sia un discorso epocale, che affronta le asprezze dell’oggi, del vivere insieme, collegandoci l’uno all’altro, in modo personale. Il discorso papale sulla rivista dei Gesuiti come “ponte” e “frontiera” va in senso quasi opposto a chi vede la Chiesa come cittadella assediata, non le pare? Eppure anche questa prospettiva di visuale ha le sue ragioni nelle persecuzioni e negli attentati cui sono sottoposte le Chiese d’oriente... La Chiesa se si percepisce come cittadella assediata lo fa nei confronti della modernità, e questo la limita nella possibilità di interloquire con i figli del nostro tempo, di questo tempo, di questa modernità e delle derive dell’io sovrano. Non serve l’io sovrano per parlare all’uomo contemporaneo, ma certo servono risposte chiare e accessibili a queste libertà negative e che ci privano della capacità di interlocuzione con chi vive accanto a noi.


A lato: il giornalista Riccardo Cristiano. Attento al dialogo inter religioso, ha pubblicato, tra gli altri, per Castelvecchi, Bergoglio, sfida globale e Medio oriente senza cristiani?, e per Mesogea Caos arabo e Il giorno dopo la primavera, scritto con l’intellettuale libanese Samir Frangieh

Il suo è soprattutto una presa d’atto dell’impatto che il messaggio di Bergoglio ha su tre mondi: la stampa, la cultura moderna, il complesso e articolato mondo islamico. Leggendo dei rapporti con la cultura laica, si ha l’impressione che se la Chiesa ha dato segni di rinnovamento, così non è stato per il post-illuminismo, la cui concezione, a leggere l’ultimo Scalfari, è ferma a Marx, Freud, Nietzsche. Sì, certamente sono fermi a Feuerbach, alla sua rivoluzione metafisica. Ma la forza davvero eccezionale dell’incontro proposto da Francesco esalta il valore trascendente e immanente del Dio cristiano, creando le condizioni per un incontro tra tutti gli umanesimi, un vero umanesimo integrale. Chi non sente questo è meno credente di me, e rimane

cittadini e palazzo

Qui può intervenire un uso scorretto dei problemi dei cristiani d’oriente, che sono cittadini dei loro paesi, non devono esserne né sentirsi dei cittadini di serie B in paesi di cui non sono una “minoranza”, ma una ricchezza da valorizzarsi come tale.

ossificato in un trascendentalismo primitivo.

Ha parlato della pericolosa polarità globalizzazione-individualità nazionali. Il problema è che la permanenza in un territorio forma un’identità difficile da combattere: secondo alcuni fa parte dalla natura dell’uomo. Siamo in un’epoca estremamente complessa, dove il riflusso identitario è tra i più pericolosi proprio per la forza che sa esercitare l’illusione di vivere tra uguali, tra ugualmente bianchi e così via. Francesco ci dice che un vero incontro è possibile, se vorremo riconoscere le altre culture come universi, ma per fare questo occorre uscire dal circolo vizioso della guerra tra poveri, per cui loro ci rubano il lavoro, o la pensione, e invece potrebbero costituire proprio quella componente necessaria a darci un nuovo lavoro, una nuova pensione, un nuovo apporto al benessere di tutto il popolo. Il popolo, ecco, quello che dobbiamo tornare a essere... Magari il pueblo fidel di Dios, che crede nei suoi fratelli, nei suoi simili.

Lo chiedo a un laico: quanto può, sul cammino di avvicinamento alla fede, l’esempio di un papa come Bergoglio? Tantissimo. Bergoglio rende la fede viva agli occhi di chi non sia cieco. Io sento in lui una carica umana esaltante, esorbitante, coinvolgente. Se non la volessi sentire avrei rinunciato a essere un cittadino di questo tempo. No, con Francesco siamo tutti uomini, e possiamo tornare a esserlo come figli dell’unico Dio. Qui c’è un respiro davvero universale, che ci porta a riscoprire l’umano e g universale. ■ I 22018

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senza confini

Senza di te lo sviluppo sostenibile non c’è

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n Festival lungo 17 giorni, tanti quanti sono gli Obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda 2030 dell’Onu, con oltre 600 eventi su tutto il territorio nazionale tra convegni, dibattiti, presentazioni di libri, mostre, proiezioni di film, visite guidate, flashmob e molti altri appuntamenti che hanno coinvolto il mondo dell’economia, dell’impegno sociale, della cultura, dell’arte, dello spettacolo e dello sport. È la seconda edizione del Festival dello Sviluppo sostenibile, un’iniziativa unica nel panoraNella foto: ma mondiale organizzata dall’Alleanza italiana per Enrico Giovannini lo Sviluppo sostenibile (ASviS), che si è svolta dal 22 maggio al 7 giugno. Dagli stadi della Serie A alle stazioni ferroviarie, da prestigiosi musei alle piazze di numerosi comuni, fino alle università e alle scuole, l’intero paese è stato chiamato a rendere visibile l’impegno per la realizzazione dell’Agenda 2030, sottoscritta dall’Italia nel settembre del 2015 insieme ad altri 192 paesi. Non a caso, il claim dell’edizione Dagli stadi della Serie A alle stazioni ferroviarie, 2018 è Senza di te lo sviluppo sodalle università ai musei, stenibile non c’è, proprio per sensibilizzare fasce sempre più ampie della dalle associazioni popolazione sulle sfide del nostro e dalle imprese fino alle scuole: dal 22 maggio tempo: dalla povertà al lavoro, dall’educazione alle disuguaglianze, fino al 7 giugno il paese all’energia, le infrastrutture, la coopesi è mobilitato con razione internazionale, l’ambiente, le 600 eventi per rendere città e l’innovazione. visibile l’impegno «Se il successo della prima edizione per un futuro migliore. aveva già segnalato un interesse Un’Alleanza che diffuso per le tematiche dello sviluppo riguarda tutti noi sostenibile – spiegano il presidente

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dell’ASviS, Pierluigi Stefanini – il Festival 2018 trasmette un messaggio forte e chiaro a tutte le componenti della società italiana: l’Agenda 2030 può e deve essere il quadro di riferimento nel quale disegnare il futuro del nostro paese». Per il portavoce dell’ASviS, Enrico Giovannini, «il numero e la qualità degli eventi, in luoghi e con format molto diversi ma tutti accomunati dalla medesima finalità, testimoniano come il Festival rappresenti un’esperienza unica, cui guardano con interesse anche altri paesi europei. L’economia e la società italiana sono già in cammino verso lo sviluppo sostenibile, ma bisogna accelerare molto il passo e la politica dovrà assumersi questo impegno». Le tappe del Festival L’evento di apertura del Festival, dal titolo Italia 2030. Innovare, riqualificare, investire, trasformare: dieci anni per realizzare un’Italia sostenibile, che si è tenuto il 22 maggio all’Auditorium del Maxxi di Roma, ha guardato all’innovazione economica, istituzionale e sociale, alla necessità di una vasta riqualificazione delle infrastrutture materiali e immateriali, di un ciclo pluriennale di investimenti, anche pubblici, e di una vera e propria trasformazione dell’attuale modello di sviluppo. Così si è proseguiti il 31 maggio all’UniCredit Pavilion di Milano – SDGs, Climate and the Future of Europe – con un incontro internazionale ove si è discusso di futuro dell’Europa e sostenibilità, mentre l’evento di chiusura del Festival si è tenuto il 7 giugno a Roma, presso la Camera dei Deputati, per condividerne i risultati con le alte cariche dello Stato. E poi tanti nuovi percorsi che partono dal Festival per arrivare a tutta la società. Con il progetto ToWARD 2030: What Are you Doing?, la città di Torino, Lavazza e ASviS lanciano un progetto a cielo aperto per parlare di sostenibilità: i muri


senza confini Sopra, il logo del Festival

della città diventano tele su cui ciascun artista – torinese, italiano e internazionale – interpreta, secondo le proprie attitudini e stili, un Goal dell’Agenda 2030. L’obiettivo è proporre un percorso artistico che, attraverso un linguaggio trasversale e immediato come la Street art, favorisca un’ampia diffusione dei messaggi dei 17 SDGs delle Nazioni Unite. A Parma, la mostra Il Terzo Giorno offre uno sguardo nuovo e inaspettato sul tema della sostenibilità, per riflettere sui temi dell’ambiente e del rapporto uomo-natura attraverso una narrazione evocativa e poetica. Il percorso è costituito da immagini fotografiche, installazioni, opere realizzate in situ e dipinti, di artisti di fama internazionale. Nel weekend del 26-27 maggio, Sky Cinema ha dedicato uno dei suoi canali a una maratona di film e documentari con protagonisti i temi dello sviluppo sostenibile.

Sport e consumo responsabile Grazie alla collaborazione instaurata con il Coni, mondo dello sport e sostenibilità si avvicinano. Nell’ultima giornata di campionato di Serie A, infatti, prima delle partite, i bambini sono scesi in campo con lo striscione del Festival, mentre il video della campagna Senza di te lo sviluppo sostenibile non c’è è stato trasmesso sugli schermi degli stadi. Non manca, infine, il Consumo responsabile. In 12 punti vendita Coop in tutta Italia, si è svolto un Cash Mob Etico, organizzato da NeXt, Coop e ASviS, per sensibilizzare i consumatori verso scelte più consapevoli e informate e far diventare centrale lo sviluppo sostenibile nei nostri consumi. Infine, verrà lanciata la Summer School sullo Sviluppo Sostenibile, organizzata dall’ASviS in collaborazione con diversi enti e il contributo di Leonardo, che mira a fornire un training di alto profilo e g si svolgerà a Siena nel mese di settembre 2018. ■ [giadis]

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quale Chiesa

Insieme ai santi della porta accanto di Claudia D’Antoni

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el quinto anno di pontificato, papa Francesco consegna la sua terza esortazione apostolica nel segno della letizia. Dopo l’invito a una «nuova tappa evangelizzatrice marcata» dalla gioia del Vangelo (Evangelii gaudium) e una proposta per Con la terza esortazione incoraggiare e prendersi cura apostolica Gaudete et dell’amore e della vita delle exsultate, papa Francesco famiglie (Amoris laetitia), Berci consegna un testo sulle goglio dona ai credenti e al “beatitudini” come pratica mondo intero la Gaudete et di santità feriale: essere exsultate. Sulla chiamata alla poveri nel cuore, reagire santità nel mondo contempocon umile mitezza, saper raneo. Non un trattato sulla piangere con gli altri, cercare la giustizia con fame santità, con tante definizioni e e sete, guardare e agire con analisi ma un incoraggiamento che costituisce quasi un promisericordia, mantenere memoria per la vita di ciascuil cuore pulito da tutto ciò no: «tutti siamo chiamati a esche sporca l’amore, seminare pace intorno a noi sere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno» (Ge, 14). Questo è, del resto, il leit motive che fin dall’inizio accompagna il pontificato di Francesco: tutti i cristiani sono chiamati a una “santità semplice”, un cammino che ciascuno compie personalmente, tutti i giorni, alla presenza di Dio, «con coraggio, speranza, grazia e conversione» (omelia a Santa Marta, 24 maggio 2016). Al contempo tale cammino non avviene in solitaria: siamo incoraggiati e

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accompagnati sia da coloro che «già giunti alla presenza di Dio mantengono con noi legami di amore e di comunione» (Ge, 4) sia dai cosiddetti «santi della porta accanto» cioè «quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio» (Ge, 4). La nostra missione è già oggi Non occorre dunque scoraggiarsi contemplando modelli che possono sembrare irraggiungibili: il Signore chiama ciascuno innanzitutto alla santità “dei piccoli gesti”. Quella di chi rinuncia a una critica, quella di chi si pone in ascolto di un altro nonostante la stanchezza. La santità diviene dunque invito a vivere la propria missione già oggi. Bergoglio lo aveva scritto in Evangelii gaudium (273): «io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» e lo ribadisce anche in Gaudete et exsultate: «ogni santo è una missione» (19) nella totalità della sua vita anche in mezzo a errori e momenti negativi (Ge 22, 24). Dunque, «tutti i momenti saranno scalini nella nostra via di santificazione» (Ge, 31): silenzio e incontro, riposo e attività, preghiera e servizio, debolezza e grazia. Tutto concorre, secondo Francesco, a renderci «più vivi, più umani», più santi. E per non sbagliare strada, nel secondo capitolo dell’esortazione, Bergoglio mette in guardia anche da due sottili nemici della santità: lo gnosticismo, per il quale si osserva «molto movimento alla superficie della mente, però non si muove né si commuove la profondità del pensiero» (Ge, 38) e il pelagianesimo, che sostituisce il mistero e la grazia con una volontà senza umiltà fondata «unicamente sulle proprie forze» (Ge, 49).


quale Chiesa

I santi della porta accanto... un’anziana aiuta un senzatetto e un’immagine delll’ostello Caritas della stazione Termini

Che fare per arrivare a essere un buon cristiano? Mettere in pratica «ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel discorso delle Beatitudini» (Ge, 63). Francesco le analizza e commenta punto per punto nel terzo capitolo e a esse affida gli atteggiamenti di questo cammino di santità feriale: essere poveri nel cuore; reagire con umile mitezza; saper piangere con gli altri; cercare la giustizia con fame e sete; guardare e agire con misericordia; mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore; seminare pace intorno a noi; accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi. Tutto questo, per papa Bergoglio, è santità ed essa «non si può capire né

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vivere prescindendo» dalle richieste che il Maestro ci pone (Ge, 97). La passione per Dio non può essere slegata dalla passione per il prossimo: «il criterio per valutare la nostra vita è anzitutto ciò che abbiamo fatto agli altri» (Ge, 104). Quali, dunque, le caratteristiche della santità nel mondo attuale? Nel quarto capitolo, Francesco ne pone in evidenza cinque che descrive come grandi manifestazioni dell’amore per Dio e per il prossimo particolarmente rilevanti per affrontare la contemporaneità: sopportazione, pazienza e mitezza, gioia e senso dell’umorismo, audacia e fervore, cammino comunitario e preghiera costante. Nell’ultimo capitolo dell’esortazione Bergoglio si sofferma a descrivere il cammino di santità come lotta permanente e al contempo dono di discernimento. E a coronamento di queste riflessioni il Papa rivolge un pensiero a Maria colei che, «santa tra i santi» ci mostra la via, ci accompagna e ci porta in braccio senza giudicarci. Con lei che è Madre non occorrono molte parole per spiegare quanto ci accade: «basta sussurrare ancora e ancora: «Ave o Maria...» g (Ge, 177). ■

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orizzonti d Ac

Buongiorno, popolo! Per un’Ac in mezzo alla gente di Luca Marcelli*

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opolo, popolarità, populismo. È sufficiente una ricerca quantitativa di questi sostantivi sulla stampa per comprendere come il convegno delle Presidenze diocesane di Ac (Roma, 27-29 aprile) si sia collocato entro un orizzonte di stretta attualità in cui gli skyline del dibattito politico e di quello ecclesiale appaiono talvolta sovrapposti, non senza reciproche Se la contrapposizione strumentalizzazioni. Per segnare i tra il cristianesimo della passi del cammino che attende l’Ac mediazione e quello della presenza ha mostrato è allora necessario non dare adito alla svalutazione delle nozioni di alla lunga i suoi limiti, popolo e popolarità, non ridurre una forse è giunta l’ora categoria, quella del popolo, a un’idel cristianesimo deologia, snaturandola così da prodel “tempo donato”. spettiva unificante per osservare la È, in altri termini, realtà a filtro deformante. la logica del lievito che, Lasciamoci accompagnare in questa nella massa, non si riflessione da una scena memorabivede ma agisce, non si distingue ma la amalgama, le del cinema italiano. È il 1969 e non ne adultera il sapore Nell’anno del Signore, primo capitolo ma la rende commestibile. della trilogia di Luigi Magni sulla Roma papalina, riempie i cinema alludendo La massa non diventerà indirettamente alle utopie del movipane da sola. E il lievito, mento studentesco. Il popolo romano in sé, è inservibile, assalta Castel Sant’Angelo per invosenza la massa. care non la liberazione ma l’esecuzioUna riflessione a partire ne dei carbonari Montanari e Targhini; dal Convegno delle ad arginarlo è un memorabile Alberto presidenze diocesane Sordi, frate incaricato di estorcere il dello scorso aprile pentimento dei ribelli prima della loro decapitazione. Da un pulpito improvvisato, gli occhi spiritati, il dito brandito verso l’alto, il frate lancia un’allocuzione al popolo sulla sua natura.

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«Popolo, ma che te sei messo in testa? [...] Voi comanna’ te?». Il primo passaggio necessario in ambito politico ed ecclesiale che l’esperienza in Ac è chiamata a facilitare è il riconoscersi da parte dei cristiani come popolo. Laddove l’indifferenza al fatto religioso e la resistenza del “cristianesimo della presenza” spingono all’individuazione del nemico come pretesto identitario e occasione per la costituzione di micro-potentati, urge ricordare che a farci popolo non è un “noi” rassicurante, una paura comune o la rivendicazione di un potere a scapito di qualcuno. È bensì la condivisione di un Amore inclusivo e liberante. Non a caso papa Francesco in Evangelii gaudium auspica che la comunità evangelizzatrice accorci le distanze, si abbassi fino all’umiliazione «toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo». Di fronte poi alla divisione ostile quale unico canale del consenso politico, arriva per il laicato cattolico la chiamata alla pacificazione che muta obiettivi e linguaggi non in ragione di un compromesso contrattuale a termine, ma attraverso dei valori cristianamente irrinunciabili e perenni della persona e del bene comune. «E chi sei? Sei papa? Sei cardinale? O sei barone? Ma se non sei manco barone chi sei?». Il secondo scenario di intervento per l’Ac è la dismissione del clericalismo che ancora sa di “supplenza ecclesiale” e di nostalgico collateralismo politico, entrambi in passato assunti a cifra distintiva del laicato associato. Si tratta di non guardare il popolo né dall’alto – con la pretesa di guidarlo spocchiosamente o furbescamente – né dal basso ovvero nell’impotenza di chi si limita a fare la pro-


orizzonti di Ac

Sopra: due dei relatori al convegno delle Presidenze, don Cesare Pagazzi e Luigi Alici. Sotto: il popolo di Ac si incontra durante una pausa dei lavori

pria parte, quasi fosse ospite della vita ecclesiale e politica, autoconvincendosi della propria irrilevanza. Un’Ac popolare non si nasconde dietro logiche verticistiche attendiste o lamentando “un’ora dei laici” che continua a scoccare sulla carta, ma è forte del fatto che «lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio» (Gaudete et exsultate). Un’Ac popolare non si sente ospite in nessun contesto: odora allo stesso modo dei luoghi della vita e del Vangelo, non abbandona “le cose di Chiesa” per le “cose del mondo” né viceversa, ma fa in modo che le prime si prendano amorevolmente cura delle seconde. La missione cambia verso, non senso. Non basta. In un tempo che del Vangelo ricorda poco e della vita ecclesiale conosce solo ciò che si lascia conoscere, fino a ridurla al vetusto ideale di un gruppo identificato con l’establishment, l’Ac sceglie tessendo alleanze per suscitare nel mondo la domanda: «che cosa c’è in comune tra di noi?».

«Voi mette’ bocca? Ma se non c’è nessuno che ti dice, quando t’alzi la mattina, quello che devi fa’, dove sbatti la testa? Che ne sai? Sei andato a scuola? Sai distingue’ il pro e il contro?». Una terza direttrice d’intervento è il fare dell’Incarnazione il criterio di discernimento. L’immersione del popolo nella vita lo tutela da quello che papa Francesco ha efficacemente chiamato disincarnazione del mistero, enciclopedia delle astrazioni. A fare propri questi parametri sono spesso tanto quei circuiti in cui l’insofferenza al mondo ha generato l’auspicio che il Vangelo non sia più per tutti, quanto quelli in cui la forza salvifica del Vangelo funge da comprimaria alle pratiche della pietà popolare. Un’Ac popolare non insegna certo al popolo cosa gli sia proprio, non si astrae dal mondo diventando “operatrice della pastorale” né dalla vita politica indicando costantemente che il cuore delle questioni sia altrove. Un’Ac popolare resta invece aderente alla realtà della vita, scommette sulla capacità del popolo di discernere alla luce del Vangelo non in termini provvidenzialistici («ciò che sceglie andrà comunque bene!») né fatalistici («purtroppo il popolo ha scelto male!»). Perché questo accada un’Ac popolare perde – ma sarebbe meglio dire dona – il proprio tempo nel suo popolo, nel popolo di cui è parte e che esprime la sua identità, perché esso si innamori del Vangelo. Se la contrapposizione tra il cristianesimo della mediazione e quello della presenza ha mostrato alla lunga i suoi limiti, forse è giunta l’ora del cristianesimo del “tempo donato”. È, in altri termini, la logica del lievito che, nella massa, non si vede ma agisce, non si distingue ma la amalgama, non ne adultera il sapore ma la rende commestibile. La massa non diventerà pane da sola. E il lievito, in sé, è inservibile, senza la massa. Un’Ac così non è roba da carbonari. Che sia giunto forse il tempo di cambiare il finale amaro del film di Magni g e di dire “buongiorno popolo”? ■ *responsabile nazionale Acr

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orizzonti d Ac di Carlotta Benedetti

Un’altra splendida estate insieme

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iovani, territorio, passione: queste tre parole rappresentano il filo conduttore degli appuntamenti della prossima estate targata Ac. Un periodo che da sempre per la nostra associazione coniuga il riposo alla voglia di approfondire, conoscere, interrogarsi, confrontarsi e stare insieme. Un lungo elenco di iniziative che da giugno a settembre coinvolgono i responsabili associativi e i soci da ogni parte d’Italia, con appuntamenti sparsi davvero in tutta la Penisola. Si è cominciato con il weekend per gli adultissimi a Spello dall’1 al 3 giugno per poi continuare con i tradizionali appuntamenti dei moduli estivi del settore Adulti (13-15 luglio a Palermo e 27-29 luglio a Calambrone), dal titolo Generatori, durante il quale i responsabili saranno aiutati a imparare a riconoscere sempre più l’Amore dal quale siamo generati, che ci rende generatori di processi e protagonisti nella vita associativa, sociale, familiare e lavorativa. Appuntamenti fissi sono anche il campo specializzato per membri di equipe dell’Acr: dal 27 al 31 luglio ad Anagni, gli educatori rifletteranno e si Sono tanti gli appuntamenti confronteranno sulle penazionali in questa estate. riferie esistenziali dei raMa ancor più ricco è l’insieme gazzi e delle loro famiglie. delle iniziative organizzate Un’estate particolare dalle associazioni diocesane quella del settore Gioe parrocchiali. Ecco perché si è deciso di lanciare la campagna vani e del Movimento studenti, con l’avvicinarsi social “DovEstate 2018”: tutti del Sinodo dei Giovani nel coloro che vogliono condividere prossimo mese di ottobre le esperienze dei mesi caldi possono segnalare la loro attività e con un appuntamento molto speciale fissato alla Promozione associativa proprio nel mese di agoe attraverso la pagina facebook sto: oltre al campo per dell’Azione cattolica inviare una foto, secondo le indicazioni vicepresidenti, membri di equipe giovani, segretadisponibili sul portale ri diocesani e membri di associativo

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equipe del Movimento e incaricati regionali del Settore Giovani e del Movimento (27-31 luglio a Nocera Umbra), tutti i giovani d’Italia parteciperanno all’incontro dell’11-12 agosto con papa Francesco al Circo Massimo, in preparazione al Sinodo. Un appuntamento, preceduto dai pellegrinaggi diocesani organizzati regionalmente, che vedrà arrivare a Roma tantissimi giovani da ogni parte d’Italia per pregare e fare festa con il Santo Padre. Sempre agosto sarà il tempo di un’altra esperienza: tre giorni di ascolto e condivisione del territorio organizzati dal settore Adulti e dal Movimento lavoratori ad Arquata del Tronto, per cercare di capire insieme come possano ripartire il lavoro, la speranza e la carità nei luoghi colpiti dal terremoto. A fine agosto tocca poi al Movimento lavoratori, con il campo nazionale a Lecce dal 22 al 26 agosto, per mettere a tema la questione del lavoro dignitoso, perché capace di garantire «una vita degna» (Ls, 128). Anche il mese di settembre, tempo in cui ormai sembra tutto ricominciare dopo la pausa estiva, offre ancora due importanti appuntamenti unitari: il primo a Viterbo, dove sabato 8 settembre, all’interno dei festeggiamenti per i 150 anni dalla nascita della nostra associazione, si svolgerà un convegno sulla figura di Mario Fani, fondatore dell’Ac e viterbese di origine, all’interno dei lavori del Consiglio nazionale. L’altro a Spello dove il 15 settembre si svolgerà la seconda edizione delle annuali Conversazioni a Spello, appuntamento che vuole valorizzare Casa San Girolamo come polmone spirituale dell’associazione e come luogo di riflessione e confronto sulla vita dell’uomo di oggi. Tema di quest’anno il rapporto tra cattolici e Islam, con più voci che dialogheranno tra loro. Il quadro degli appuntamenti nazionali è ricco e variegato; ma sappiamo che ancor più ricco è l’insieme degli appuntamenti organizzati duran-


orizzonti di Ac

te l’estate dalle associazioni diocesane e parrocchiali. Per valorizzare e far conoscere questo enorme patrimonio di riflessioni, testi, idee anche quest’anno abbiamo deciso di lanciare per l’estate la campagna social “DovEstate 2018”: tutti coloro che vogliono condividere le esperienze estive possono segnalare la loro attività alla Promozione associativa e attraverso la pagina Facebook dell’Ac inviare una foto, secondo le indicazioni che a breve saranno pubblicato sul portale dell’Ac. Si tratta non solo di far conoscere le tante belle esperienze che si fanno in giro per l’Italia e che abbiamo bisogno di raccontare meglio e di più, ma anche di sottolineare la ricchezza formativa ed educativa che la vita dell’Ac offre a tutti i suoi soci, perché possano essere sempre più protagog nisti delle loro storie. ■

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orizzonti d Ac

Dicono che c’è un tempo per seminare di Michele Pace*

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iediti un attimo, indossa gli auricolari del tuo cellulare, apri l’app di youtube e cerca la canzone C’è tempo di Ivano Fossati, mandala in play. Adesso chiudi gli occhi, sta per cominciare il tuo viaggio. Immagina di immergerti nel cuore verde d’Umbria, di avviarti su quella strada che ti porta a solcare la valle che da Spoleto conduce fin sotto Perugia. Solo qualche chilometro ed eccola lì, Spello, arroccata sul monte come una giovane matrona romana stesa su un triclinio. È lì che si compie il tuo viaggio. Perché Spello non è un posto qualunque, non è una semplice meta turistica da consumere in un breve passaggio estivo. Spello racchiude un tesoro che è per te e per tutti: Casa San Girolamo. La meta è raggiunta, adesso togli gli auricolari e scopri questo “tempo perfetto per fare silenzio” in cui «guardare il passaggio del sole d’estate». Goditi la cura dei fratelli che sono lì per te, per

L’estate a San Girolamo: un tempo per dare respiro alla vita. Da giugno a metà settembre la casa è aperta tutti i giorni per chiunque voglia passare per condividere una giornata in preghiera e fraternità. Nello stesso periodo è assicurata la presenza di un sacerdote che si prende cura della vita di preghiera della casa ed è a disposizione per ascoltarti e donarti qualche perla preziosa. Nei fine settimana, poi, la Presidenza nazionale ha organizzato una serie di appuntamenti di diverso genere per aiutare ad entrare nella profondità della vita 36

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permetterti di vivere un’esperienza di riposo del corpo, dell’anima e dello spirito. Riempiti le mani di pensieri profondi a cui attingere per estinguere la sete d’infinito che abita la tua interiorità. Accogli il soffio lieve dello Spirito che, come a Elia sull’Oreb, vuole parlare al tuo cuore. Lasciati illuminare dalla testimonianza di fratel Carlo Carretto che continua a parlare al cuore di tanti con i suoi scritti e attraverso le persone che lo hanno incontrato. Casa San Girolamo è il forziere che custodisce tutta questa ricchezza. È lo scrigno dove l’Azione cattolica italiana custodisce i gioielli più preziosi del suo “futuro presente”. Lo scrigno che si apre alla tua vita Anche questa estate questo scrigno si apre per donare a te e a chiunque lo voglia questo tesoro immenso. Si apre, per donarti momenti di studio e approfondimento di un’autentica vita laicale vissu-


orizzonti di Ac Nelle foto: Casa San Girolamo, la veduta esterna e il bellissimo chiostro interno

ta secondo lo Spirito. Si apre, per offrirti momenti di ascolto e di meditazione della Parola che salva e che dona vita. Si apre, per aiutarti a scoprire Dio in una vita ordinaria fatta di eventi che con solo nella Sua compagnia possono acquistare il sapore dello straordinario. Sia apre, per offrirti un tempo per te, per darti la possibilità di raccogliere i pensieri più belli e mettere ordine nelle tue giornate caotiche. Dalla seconda metà di giugno alla prima di settembre la casa è aperta tutti i giorni grazie alla cura generosa dei volontari dell’associazione che sono pronti ad accogliere te e chiunque voglia passare per condividere una giornata in preghiera e fraternità. Nello stesso periodo è assicurata la presenza di un sacerdote che si prende cura della vita di preghiera della casa ed è a disposizione per ascoltarti e donarti qualche perla preziosa. Nei fine settimana, poi, la Presidenza nazionale ha organizzato una

serie di appuntamenti di diverso genere per aiutarti a entrare nella profondità della vita. A tal proposito ti invito a scaricati il volantino di Casa San Girolamo dal sito della casa (www.casasangirolamo. azionecattolica.it) e a iscriverti all’indirizzo indicato su di esso (iscrizioni.spello@azionecattolica.it). Anche quest’anno l’estate di Spello culminerà con la fantastica esperienza delle Conversazioni di Spello il 15 settembre 2018 sul tema Cattolici e Islam, un appuntamento prezioso per stare dentro la storia con quella postura dialogica propria della nostra associazione. «Dicono che c’è un tempo per seminare» e questo tempo è proprio questa estate. Per il mondo è il tempo della raccolta tu semina. Ti accorgerai facendolo, che è più prezioso il tempo della semina che g quello della raccolta... il resto è nelle mani di Dio. ■ *assistente nazionale Msac e Mieac

Libro Ave - Quaderni di Spello

Gli strumenti per la vita spirituale

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a un percorso spirituale sperimentato presso Casa San Girolamo a Spello nasce un testo – anticipato in una serie di articoli in forma breve pubblicati su Segno nel mondo lo scorso anno – per offrire ai lettori quattro “strumenti” riguardo il proprio cammino interiore: taccuino, regola, accompagnamento e discernimento. Uno strumento semplice insomma, ma dalle potenzialità uniche. Ascoltarsi, per ascoltare l’Altro. E allenarsi, anche così, al primato della vita. Il libro allena “ai fondamentali”, ai passi concreti e indispensabili per procedere nella maturazione interiore. L’adagio di San Agostino, «Il mio cuore non ha pace finché non riposa in Te», domanda pratiche e operazioni sapienti. L’obiettivo è acquisire i gusti di Dio, apprendere i sentimenti del Figlio, respirare la gioia di essere amati e di saper amare. Oltre ai testi prodotti da alcuni degli assistenti nazionali dell’Azione cattolica dello scorso anno (Emilio Centomo, Michele Pace, Marco Ghiazza e Antonio Mastantuono), se ne aggiunge uno a firma di padre Amedeo Cencini, canossiano e psicoterapeuta, formatore di lungo corso. Da un’angolatura psicologica e insieme spirituale egli aggiunge ulteriori attenzioni pedagogiche perché il cammino credente proceda lesto e senza inganni. I 22018

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orizzonti d Ac

Bibbia, silenzio e missione nel segno di fratel Carlo

S Due immagini di fratel Carlo Carretto a San Girolamo di Spello. Sono tratte dal Fondo fotografico di Ennio Angelucci, Archivio Isacem Istituto per la storia dell’Azione cattolica

ono trascorsi trent’anni dalla morte di fratel Carlo Carretto (Alessandria, 2 aprile 1910 – Spello, 4 ottobre 1988) e oggi come ieri, ripercorrendone la biografia e rileggendone i numerosi volumi, se ne avverte la statura umana e cristiana, il tratto educativo maturato in Azione cattolica (fu presidente della Giac tra gli anni ’40 e ’50), la profondità spirituale e biblica seminata e plasmata nel deserto del Sahara, tra i Piccoli fratelli di Charles de Foucauld e, nell’ultimo e lungo tratto della vita nella fraternità fondata a Spello, nell’antico monastero di San Girolamo. Dove oggi un continuo pellegrinaggio si sofferma sulla sua tomba e dove l’Ac ha rilanciato l’esperienza carrettiana tra preghiera, amicizia e Bibbia (si veda l’articolo precedente di don Michele Pace). Per il trentesimo della morte sono previste alcune iniziative (www.azionecattolica.it) tra estate e prossimo autunno, compreso un libro dell’editrice Ave (www.editriceave.it).

e del movimento

Le parole di fratel Carlo «Spello mi è venuto incontro come un dono di Dio»: Paolo VI è una frase, piuttosto nota, di Carlo Carretto che non ha mai nascosto il suo amore per Spello, per il monastero di San Girolamo, per il Monte Subasio. Dopo diverSono trascorsi trent’anni se tappe della sua vita, fra cui dalla morte di Carretto, la cui esistenza è stata segnata – una volta lasciata l’Ac – un decennio nel deserto del Sahara dalle esperienze in Azione in compagnia della sola Bibbia, cattolica, nella fraternità di a metà degli anni ’60 del NoveCharles de Foucauld e dalla cento torna in Italia e “mette le lunga fase al monastero di radici” nella cittadina umbra per San Girolamo a Spello. Un creare una comunità dei Piccoli ricordo dell’educatore di fratelli del Vangelo, ispirata agli Ac che seppe interpretare insegnamenti di de Foucauld. il rinnovamento conciliare Un luogo appartato ma con le mettendo in relazione la porte spalancate per accogliere fede con le “accelerazioni” giovani e meno giovani – che di una società in profonda giungevano a migliaia – alla ritrasformazione cattolico in Italia

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cerca di se stessi e di Dio. «Ho scelto il più bel posto del mondo», confida, un luogo reso bello dal silenzio, dal lavoro, dalla Sacra Scrittura, dalle liturgie e dalle preghiere, dalle gioiose relazioni interpersonali che avevano fatto di San Girolamo un cuore pulsante del cattolicesimo italiano post-conciliare. «Una delle fortune più grandi che mi son capitate nella vita è stata senza dubbio la scoperta della Bibbia che ho fatto verso i vent’anni – annota in uno dei suoi volumi, Ciò che conta è amare (Ave) –. Attribuisco a tale scoperta quel po’ di sensibilità religiosa che mi condusse prima a donarmi all’apostolato nel mondo e, più tardi, a ricercare l’assoluto in una congregazione contemplativa come quella dei Piccoli Fratelli del padre di Foucauld. La Bibbia non mi ha mai deluso. Ho trovato in essa ciò di cui la mia anima aveva bisogno, tappa dopo tappa». Quel legame profondo In questo anniversario, che vede da un decennio le porte di San Girolamo nuovamente spalancate a chi cerca una sosta, relazioni rinnovate o un “rilancio”, è importante sottolineare il forte legame che


orizzonti di Ac

Il “ritorno” dell’Ac a Spello viene favorito e perfezionato da una serie di eventi e contatti avviati tra l’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Sandro Vitali – e proseguiti col successore Moreno Landrini – e la presidenza di Ac con Luigi Alici (2005-2008), Franco Miano (2008-2014), fino agli sviluppi recenti con la presidenza di Matteo Truffelli (a partire dal 2014). Nella relazione pronunciata durante l’Assemblea nazionale di Ac del 2008 il presidente Alici afferma: «Probabilmente i tempi sono maturi perché l’Associazione possa darsi un “polmone spirituale”, da custodire come la pupilla dei propri occhi: una sorta di laboratorio dello spirito e della formazione, dove è perennemente accesa una luce di contemplazione, di studio, di maturazione vocazionale e formativa, capace di far incontrare la Parola e la coscienza».

unisce l’Azione cattolica italiana con il monastero e con Spello. Anni dopo il terremoto del 1997, che aveva segnato la struttura del monastero, il Comune di Spello ha potuto ristrutturare il complesso architettonico, risalente alla fine del ‘400. Con il concorso dell’Azione cattolica, esso è tornato ad essere un’oasi di silenzio e meditazione attorno alla Parola e all’Eucarestia, nonché un centro di elaborazione del pensiero religioso e culturale nel nuovo contesto storico.

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Una storia che continua Con la presidenza Miano il “sogno” dell’Azione cattolica su San Girolamo assume progressivamente concretezza. All’assemblea nazionale del 2011, Miano mette nero su bianco l’importanza centrale, strategica, di San Girolamo, da poco riaperto, per l’Azione cattolica parlando del «polmone spirituale che l’Associazione ha iniziato a vivere e a respirare a Spello: un luogo vivo e significativo dove si può condividere un’esperienza concreta ed esemplare di contemplazione, discernimento e vita spirituale, capace di alimentare la vocazione formativa dell’Azione cattolica, dando sempre nuovo slancio al suo impegno di evangelizzazione, santificazione e animazione cristiana dell’ordine temporale». L’attuale presidente di Ac, Matteo Truffelli, nella sua relazione all’Assemblea nazionale del 2017, riflettendo sulla responsabilità di prendersi cura «della vita spirituale di ciascuno, a ogni età, in ogni condizione», sottolinea: «L’esperienza di Casa San Girolamo, a Spello, rappresenta ormai un patrimonio consolidato e prezioso da questo punto di vista. Dobbiamo continuare a prendercene cura, per farne sempre di più un luogo di ricerca e di concreta esperienza». Ebbene, questo “patrimonio” associativo dev’essere custodito, vissuto, valorizzato. E il trentesimo della salita al cielo di Carlo Carretto può fornire una buona occasione per una visita e una sosta. Per g ripartire di slancio. ■

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ieri e oggi

Mario Agnes: da presidente Ac alla guida del giornale del Papa

«P

er tutti, all’interno della città Leonina, era semplicemente “il Professore”. Vi arriva il primo settembre 1984 quando Giovanni Paolo II lo chiama a dirigere il giornale vaticano L’Osservatore Romano. Ma Palazzo apostolico e Città del Vaticano non erano per lui luoghi sconosciuti, avendoli frequentati a lungo nella sua veste di responsabile dell’Azione cattolica italiana, della quale era stato già educatore dei ragazzi nella sua parrocchia di Serino, provincia di Avellino, la località dove era nato 87 anni fa; poi presidente diocesano e delegato regionale prima di approdare al centro nazionale in via della Conciliazione Lo scorso 9 maggio come vice presidente per il setè tornato a Dio l’ex tore Adulti e successivamente presidente nazionale presidente nazionale». In questa dell’Azione cattolica carica succede a Vittorio Bacheitaliana e già direttore let, «in un momento delicato della de L’Osservatore Romano. vita dell’associazione, chiamata a Una vita spesa a servizio tradurre le scelte fondamentali del del Vangelo rinnovamento conciliare alla luce del nuovo Statuto dell’associazione, approvato nel 1969». Così il giornalista Fabio Zavattaro ricorda, sul sito dell’Azione cattolica italiana, il prof. Mario Agnes, scomparso lo scorso 9 maggio, al quale si accompagna l’abbraccio della Presidenza nazionale e di tutta l’Azione cattolica: «in questo triste momento, la nostra preghiera accompagni

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un uomo giusto e buono tra le braccia del Signore nostro Padre, con gratitudine per il suo servizio all’associazione». Come presidente dell’Ac, Mario Agnes vivrà anche momenti drammatici della vita nazionale e, naturalmente, anche dell’associazione: l’uccisione da parte delle brigate rosse, nel 1978, del presidente della Democrazia cristiana, Aldo Moro, amico di Paolo VI dai tempi della militanza nella Fuci. E due anni più tardi l’uccisione, sempre da parte delle Br, del vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Vittorio Bachelet. Proprio il presidente al quale, sette anni prima, era succeduto alla guida dell’Azione cattolica. Come presidente nazionale di Ac, scriveva papa Benedetto in una lettera nel giorno in cui Mario Agnes lasciava l’incarico di direttore de L’Osservatore Romano, «curò in modo particolare il settore della stampa provvedendo, tra l’altro, al coordinamento e alla qualificazione delle testate esistenti, per rendere più incisiva nell’agorà massmediatica la presenza del laicato cattolico. A tal fine, non mancò di sollecitarne il concorde intervento su temi di grande rilievo ecclesiale e sociale, quali la conoscenza approfondita degli insegnamenti conciliari e la loro traduzione nella vita concreta, l’attenzione alla realtà della persona umana e alle esigenze connesse col rispetto della sua dignità, la difesa della vita umana in tutto l’arco della sua esistenza, l’impegno a fare dei gruppi associativi autentiche scuole di g formazione alla democrazia». ■


■ Quale politica per l’Italia?

Caro direttore, mi risuonano ancora nelle orecchie le parole di papa Francesco un anno fa in piazza San Pietro: «Impegnatevi nella politica, ma quella con la P maiuscola..». Poi sono arrivate le elezioni del 4 marzo, precedute da una campagna elettorale davvero di basso profilo: banalità su banalità, sciocchezzaio, promesse gettate in pasto agli elettori come fossimo tutti dei fessi. […] Per non parlare della successiva fase di trattative per la formazione del governo! Non so se l’Italia sia messa meglio o peggio, politicamente parlando, degli altri paesi europei. Ma certo vedo la necessità di una rinnovata formazione sociale e politica, che aiuti giovani e adulti a mettere in fila i ragionamenti, i valori, le idee. E capace di ricordare a g ciascuno di noi che l’Italia siamo noi. ■ Marco Rota

■ La voce del card. Bassetti

Spettabile redazione di Segno, nella vita politica nazionale per fortuna risuona la voce… del cardinal Bassetti. Uno dei rari momenti di alta riflessione politica degli ultimi mesi mi è giunta non grazie a qualche leader di partito, a un esponente delle forze che hanno vinto le elezioni, oppure a un capo di quelle che le hanno perse. Ma dal cardinale presidente della Conferenza episcopale, durante l’assemblea dei vescovi a maggio. Invito a rileggere quelle valutazioni, posate, equilibrate, capaci di intravvedere un futuro. Tutt’altro rispetto alle sciabolate che giungono dai corridoi romani... Come Ac dovremmo muoverci in questa direzione sapienziale (portate pazienza, ma non mi vengono altri termini, comunque credo che ci g siamo capiti...). ■ Eugenia V.

CEInews

Nuovo portale d’informazione della Chiesa italiana

È

on line il portale d’informazione CEInews, che attraverso l’aggregazione e la convergenza cooperativa dei contenuti punta a valorizzare i media della Conferenza episcopale italiana (Avvenire, Agenzia Sir, Radio InBlu e Tv2000), la Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) e altre realtà collegate alla Cei. CEInews, si legge nella presentazione del portale, nasce per «rafforzare la comunicazione della Chiesa italiana nel dibattito pubblico partendo dalla notizia per andare oltre la notizia e offrendo percorsi di senso attorno a tematiche particolarmente sensibili e strettamente legate all’attualità». Sulla scia delle opportunità offerte dalla multimedialità e dalla cross-medialità, CEInews favorisce la sinergia tra le fonti d’informazione (agenzia, quotidiano, tv, radio e web) per aprire una finestra di condivisione e di dialogo interattivo con tutti. Nelle diverse sezioni del portale sono presenti Focus di approfondimento, hashtag tematici, bottoni e finestre che rimandano alle app e ai social network di #CEInews e dei media collegati alla Cei. I contenuti di CEInews sono rilanciati e condivisi sui social network più utilizzati come Facebook, Twitter e YouTube.

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titoloni

Che fine ha fatto il ’68 di Antonio Martino*

N

ella vicenda storica ci sono delle date che assumono un significato particolare, poiché segnano un punto di svolta per una generazione e spesso per quelle a venire. Una di quelle curve della memoria dove vissuto e retorica diventano un tutt’uno e il mito si sovrappone all’eredità storiCosa rappresentò la stagione ca. In questo album dei ritra gli anni Sessanta e cordi collettivo trova buon Settanta? Cosa rimane delle diritto a stare il Sessantotsue rivendicazioni egualitarie, to, per molti la primavera delle sue parole d’ordine? del secolo breve. Cosa In che maniera ha attraversato fu quella stagione? Cosa la Chiesa cattolica? rimane delle sue rivendiCome ha cambiato il rapporto cazioni egualitarie, delle tra le generazioni? sue parole d’ordine? Che Sono alcune delle domande cui fine hanno fatto le utopie prova a dare risposta Dialoghi di cui era intriso? In che (n. 2-2018), il trimestrale maniera ha attraversato culturale promosso dall’Azione la Chiesa cattolica? Come cattolica italiana. Ripensare il passato per approdare meglio ha cambiato il rapporto tra le generazioni? Sono a un futuro migliore per tutti alcune delle domande cui prova a dare risposta Dialoghi (n. 2-2018), il trimestrale culturale promosso dall’Azione cattolica italiana – da poco rinnovato nella sua veste grafica –, realizzato in collaborazione con l’Istituto “Vittorio Bachelet” per lo studio dei problemi sociali e politici, con l’Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia “Paolo VI” e con l’Istituto di diritto internazionale della pace “Giuseppe Toniolo”.

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La rivista propone il dossier 1968, l’utopia tradita?, curato da Luciano Caimi ed Enzo Romeo, con contributi di Paolo Pombeni (Che cosa è successo nel Sessantotto?), Fausto Colombo (La rivoluzione comunicativa, tra slogan e nuove immagini), Adriano Zamperini (Lo scontro intergenerazionale nel segno dell’autoritarismo), Francesco Bonini (La rottura politico istituzionale), Piero Pisarra (Mondo cattolico e contestazione studentesca), Salvatore Natoli (Che cosa ci ha lasciato il Sessantotto?) Scorrendo l’indice della rivista, vi segnaliamo, con un occhio all’attualità politica, l’editoriale del direttore Pina De Simone (C’era una volta l’utopia. E forse c’è ancora...). Seguono i contributi di “Primo piano”: Fabio Bordignon e Luigi Ceccarini analizzano la nuova legislatura e le prospettive di governo del paese; Teresa Borelli presenta l’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate, dedicata da Francesco alla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. Per la rubrica “Eventi e idee”: Giancarlo Grossi ci porta al cinema analizzando come il grande schermo ha raccontato e racconta oggi l’impegno sociale, da De Sica a Loach, da Germi ad Amelio; si occupa invece di bullismo e delle sue diverse forme Luca Diliberto, nell’articolo i dati di una vera è propria emergenza sociale dei nostri tempi. Nutrita come sempre la sezione “il libro & i libri”. Articoli di: Andrea Lavazza (Il sé esposto di L. Vantini); Andrea Dessardo (Praga ’68. Le idee della Primavera di R. Gatti); Fabio Mazzocchio (Amartya Sen. Tra economia ed etica di C. Caltagirone); Michele Tridente (La globalizzazione di M. Steger e Il futuro senza lavoro di M. Ford). Chiude Markus Krienke che cura il “Profilo” di Konrad Adenauer, statista tedesco e g uno dei padri fondatori dell’Unione europea. ■ *redazione Dialoghi


titolon

Acquaderni, “fare gli italiani”: fede, Ac e Risorgimento

Giovanni Acquaderni diventa un punto di riferimento per una lunga stagione che vede l’avvio della presenza organizzata del laicato cattolico, impegnato a “fare gli italiani”, con un decisivo contributo per quella “educazione popolare” capace di tradursi in servizio ecclesiale e politico. Un nuovo saggio storico di Ernesto Preziosi

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In un passaggio cruciale della storia della Chiesa e dell’Italia, nel pieno del processo di unificazione, due giovani cattolici danno vita a un’associazione di laici che diventerà l’Azione cattolica italiana. Il senso di tale impresa è rivolto, insieme alla difesa della Chiesa, alla formazione spirituale e culturale delle persone, unita a un coraggioso impegno sociale e civile, volto a rilanciare il ministero del papa e la sua missione universale. Protagonista della vicenda è Giovanni Acquaderni, fondatore con Mario Fani della Società della gioventù cattolica: cresciuti nel clima dell’intransigenza, essi sanno guardare avanti, impostando un nuovo rapporto con la modernità. Ne scrive in un saggio edito da San Paolo, dal titolo Un altro Risorgimento. Alle origini dell’Azione cattolica per una biografia di Giovanni Acquaderni, Ernesto Preziosi, attivo da sempre nel campo della formazione sociale e politica, con un lungo impegno associativo nel curriculum e una ricca attività

Oltre il blog

La vita a colori di Marco Zanoncelli

«Q

pubblicistica, autore di saggi di storia contemporanea, tra ai quali ricordiamo Tra storia e futuro. Cento anni di Settimane sociali dei cattolici italiani (Roma 2010); Il Vittorioso, storia di un settimanale per ragazzi (Bologna 2012); Giuseppe Toniolo. Alle origini dell’impegno sociale e politico dei cattolici (Milano 2012). Acquaderni, accanto al contributo decisivo fornito alla guida dell’Opera dei Congressi, è fondatore e animatore di molte iniziative, dal Credito romagnolo all’Avvenire d’Italia. Egli diventa così punto di riferimento per una lunga stagione che vede l’avvio della presenza organizzata del laicato cattolico, impegnato a “fare gli italiani”, con un decisivo contributo per quella “educazione popolare” capace di tradursi in servizio ecclesiale e politico. Un altro volto del Risorgimento che si proietta nella storia italiana fino ai giorni nostri, secondo quanto il Concilio Vaticano II ha disegnato per la natura della g Chiesa e la missione del laicato. ■

uesto libro nasce dalla raccolta di esperienze, incontri, storie, pensieri e riflessioni, che sono la “materia prima” del piccolo blog personale che curo quotidianamente. Con l’aiuto di alcuni amici ho selezionato i materiali di carattere più personale e li ho raccolti attorno ad alcune dimensioni che “disegnano” i miei legami: sentimenti, parole, gesti, figli, addii, persone, interiorità, luoghi e vita quotidiana». Un libro che «parla di umanità» e vorrebbe «aiutare a scorgere, nelle piccole e banali cose che ci accadono, quel senso bello che apre lo sguardo e dona colore alla vita». Marco Zanoncelli, già vice presidente per il settore Adulti dell’Ac diocesana di Lodi, è laureato in Fisica e in Scienze religiose, lavora come analista informatico su progetti internazionali. Impegnato in attività di carattere educativo e caritativo, cura il blog https://qiqajonblog.wordpress.com/. A Zanoncelli si deve il volume La vita a colori. Storie da un insolito blog, pubblicato dalle Edb di Bologna. Una lettura per addentrarsi nel tempo che viviamo. I 22018

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il primato della vita di Giovanni Tangorra*

A proposito di popolo di Dio

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molti nomi della Chiesa servono a spiegarne la natura. I principali sono popolo di Dio (Padre), corpo di Cristo, tempio dello Spirito che, come si vede dai genitivi, rimandano a una specificazione trinitaria. Per questo sono inseparabili, contrapporli, o scegliere arbitrariamente un nome al posto di un altro, confonde l’ecclesiologia. Ciò non impedisce scelte discrezionali sapendo che la Chiesa, comunque si chiami, è sempre in comunione con l’indivisibile Santa Trinità, da cui proviene e verso cui è in pellegrinaggio. Per questo la Lumen gentium, elevando il “popolo di Dio” a nozione-guida, predispone la scelta con la bella frase di san Cipriano, che definisce la Chiesa: «Popolo radunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (n. 4). La preferenza conciliare ha varie motivazioni. Alcune furono chiarite dalla relazione di monsignor Gabriel Garrone che, spiegando la storica decisione di spostare il capitolo sul popolo di Dio dal terzo posto (dov’era inizialmente) al secondo (e cioè prima del capitolo dedicato alla Ci troviamo in un’epoca gerarchia), disse che dovedell’uomo o del cristiano va servire a esporre la Chiesa che si stanno cercando. nella sua totalità, «vale a dire il Anziché rifugiarsi popolo di Dio, nella quale ogni in ricette preconfezionate, vocazione gode radicalmente elaborate nella mente della medesima dignità». di qualche dotto solitario, Il fine principale era quindi reforse la soluzione è a cuperare il “noi” dei battezzati portata di mano: sentirci di nuovo parte di un popolo a fronte dell’essere e della missione della Chiesa. Il capitolo pellegrinante e responsabile, che avverte secondo della Lumen gentium va letto con questa importante la gioia della compagnia, chiave di lettura: ciò che lì si e che supera la sterilità di un cristianesimo “fai da te” scrive vale per tutti, è «ugual-

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mente diretto ai laici, ai religiosi e al clero» (LG 30). Prima di scandire la specificità delle funzioni o delle vocazioni, le varie articolazioni ecclesiali devono pensarsi in una logica di insieme, sapendo appunto che il soggetto della Chiesa non è questo o quello, ma tutti nell’unità di un popolo. Dopo il Concilio, la nozione di “popolo di Dio” ha conosciuto un quasi oblio, per due riduzioni interpretative: quella sociologica e quella costitutiva. La prima ha trascurato la dimensione verticale, mentre nella Bibbia si passa dallo stato di non-popolo a quello di popolo proprio per l’appartenenza a Dio (‘am segullah). Per Yves Congar, «“popolo di Dio” significa evidentemente una moltitudine di uomini sui quali Dio regna». La seconda riduzione è tornata a identificare il popolo con i laici, facendone una categoria rivendicativa e allontanandosi dalle intenzioni globali del Concilio. A questa crisi hanno contribuito ragioni culturali. Soprattutto in Occidente, l’idea di popolo rappresenta ormai qualcosa di astratto, giacché tutto ruota intorno all’individuo. Si spiega la nostra difficoltà a capire concetti come “bene comune”. Non sorprende quindi se il vescovo di Roma preso «quasi alla fine del mondo», e cioè da una cultura latinoamericana ancora costruita sul concetto di “popolo”, lo stia proponendo con tanta energia. Per Francesco non è solo una conversione teologica o pastorale ma una rivoluzione culturale, che deve portare a professare il primato del sociale (e del relazionale) contro la dittatura dell’individualismo. È ormai palese che l’ecclesiologia dell’attuale vescovo di Roma ruoti intorno alla nozione di “popolo di Dio”. È sufficiente ricordare la sua frequente citazione di Lumen gentium 9: «Dio


volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità». La troviamo anche nella recente Esortazione Gaudete et exsultate, dove si afferma che «Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo» (n. 6). La dinamica popolare è una caratteristica della versione di Jorge Mario Bergoglio. Essa lo porta a giudicare negativamente le concezio-

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il primato della vita

Bergoglio insiste sul concetto di “popolo”. Per Francesco non è solo una conversione teologica o pastorale ma una rivoluzione culturale, che deve portare a professare il primato del sociale (e del relazionale) contro la dittatura dell’individualismo

ni elitarie, gli intellettualismi, e a dirigere gli sguardi verso la santità della “porta accanto”, per riallacciarsi agli strati più umili della società e dell’anima cristiana. Da ciò derivano l’opzione per i poveri, el corazón del pueblo, e l’importanza attribuita alla fede popolare che l’Evangelii gaudium, sulla scorta di Aparecida, chiama “mistica popolare” (n. 124). Ci troviamo in un’epoca dell’uomo o del cristiano che si stanno cercando. Anziché rifugiarsi in ricette preconfezionate, elaborate nella mente di qualche dotto solitario, forse la soluzione è a portata di mano: sentirci di nuovo parte di un popolo pellegrinante e responsabile, che avverte la gioia della compagnia, e che supera la g sterilità di un cristianesimo “fai da te”. ■ *assistente nazionale Meic

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perché credere

Campi scuola, il tempo della gratuità di Tony Drazza*

«V

ento d’estate io vado al mare, voi che fate...?». Qualche anno fa la voce, bella e delicata, di Niccolò Fabi passava nelle radio con questo motivetto. Tutti l’abbiamo canticchiato almeno per qualche mese nei nostri tragitti verso le vacanze o più semplicemente verso il mare. Un viaggio in macchina, magari fatto in coda per il traffico, sotto il sole cocente, e la canzone dell’estate che fa da colonna sonora, sono alcune delle caratteristiche − molto esteriori − del tempo di estate che tra qualche giorno vivremo. L’estate, forse più di ogni altra stagione, ci mette addosso il desiderio di uscire, di fare qualcosa di diverso rispetto al resto dell’anno: ne è conferma la voglia di vacanza o di L’estate serve innanzitutto week end lunghi, oppure quella di conoscere qualche località con per rendere ancora una spiagge bellissime o il desiderio di volta bella la nostra lunghe passeggiate in montagna. vita, facendola intima e L’estate, alla fin fine, è il tempo profonda; e per guardare per fare cose belle che abbiano poi, con più attenzione, a che far con la gratuità piuttosto a ciò che ci succede che con la produttività. intorno e dare così le In questa “riscoperta” della gragiuste indicazioni al tuità estiva rientrano anche tutti nostro cuore. Ecco perché i campi scuola e le esperienze attraverso i campi scuola di Ac, riprendiamo le forze che la nostra Ac propone, e che attraverso la bellezza degli permettono, in modo del tutto sinincontri per poter ripartire golare ed efficacissimo, di uscire dalla normalità dei luoghi invernali con più entusiasmo e di riempirsi il cuore della novità dei luoghi estivi, facendo tesoro di esperienze intense e profonde. Il tempo dell’estate, trascorso al mare o in montagna, in Italia o all’estero, a casa oppure nei

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tanti, bellissimi luoghi della nostro paese, serve innanzitutto per rendere ancora una volta bella la nostra vita, facendola intima e profonda; e per guardare poi, con più attenzione, a quello che ci succede intorno e dare così le giuste indicazioni al nostro cuore. Come allora rendere il nostro tempo d’estate un tempo di rigenerazione per la nostra vita (e soprattutto per le nostre idee)? Ecco alcuni suggerimenti che mi permetto di consegnare ai lettori. Vivere l’estate come tempo della gratuità Se in qualche modo la vita di molti non rallenterà nemmeno nei mesi estivi, perché piena di attività o cose da fare, va almeno cambiata, rispetto all’inverno, la “prospettiva”: nei campi e nelle attività che l’Ac propone si sperimenta il tempo della gratuità, della bellezza del donarsi e la capacità di fare qualcosa solo “per amore” e non “per guadagno”. «“Che cosa ne guadagni?”, disse il piccolo principe alla volpe. “Niente”, disse la volpe, “ne guadagno il colore del grano”». Riscoprire il tempo della gratuità allora è riscoprire uno sguardo nuovo sulle cose, sulle persone, e ritrovare la bellezza dei colori perduti. In questo tempo di gratuità si concretizza poi l’attenzione alla vita delle persone. Il piccolo principe e la volpe diventano amici nella gratuità del dono del loro tempo. Ritengo che qui abbia un ruolo fondamentale la nostra vita di cristiani e di associati: il tempo dell’estate è tempo della riscoperta della bellezza e della vita moltiplicata, non della fine di ogni attività ecclesiale. L’estate, per noi di Ac, dovrebbe diventare il tempo della bellezza dell’annuncio, non la fine delle attività.


perché credere …come tempo della lentezza Accanto al gran da fare, alla cose da organizzare e alla moltiplicazione del tempo bello, è necessario anche riscoprire un tempo e un luogo per la lentezza. Infatti, prenderci cura della nostra vita, fisica e spirituale, ha a che fare con la lentezza, con la riflessione e con le cose dette sottovoce. Ritengo che l’estate sia il miglior tempo per fare una verifica della nostra vita. Che cosa ho fatto? Che cosa sogno per la mia vita? Le cose che faccio e la preghiera che porto nel cuore incidono nella mia vita? Quali sono i passi significativi che sto facendo? Il tempo dell’estate serve anche per capire, rallentando il passo, che non dobbiamo sempre “inseguire” i nostri impegni, gli incontri o le cose da fare. È bello invece essere dei “raggiunti” dalla nostra anima. Siamo vivi perché alla fine Qualcuno ci raggiunge e ci dice il suo affetto.

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La lentezza ci aiuterà anche a dare spazio allo Spirito, alla capacità di meditazione, alla forza di andare più in profondità. …come tempo della riscoperta L’estate può anche diventare il tempo della riscoperta delle amicizie, dei rapporti belli che per tanti motivi, durante l’inverno e il lavoro, abbiamo trascurato. Uscire con gli amici, raccontarsi la vita e i sogni, chiedere di essere sostenuti, e poi anche sostenere, ci aiutano a diventare più umani e meno macchine, più sensibili al cuore e meno al profitto. Il tempo dell’estate, se vissuto bene, dovrebbe farci diventare più attenti, più delicati e più capaci di accoglienze. Il tempo dell’estate, con tutto il suo carico di vita per noi di Ac, dovrebbe essere il tempo in cui riprendere le forze attraverso la bellezza degli incontri e della profondità, per poter poi ripartire g con più entusiasmo. ■ * assistente nazionale settori Giovani di Ac

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la foto

Papa Francesco: Paolo VI e mons. Romero santi

IL PAPA DEL CONCILIO E IL VESCOVO SALVADOREGNO MARTIRE SARANNO CANONIZZATI IL PROSSIMO 14 OTTOBRE. «CONVINTA E COERENTE TESTIMONIANZA DEL SIGNORE GESÙ», IL LORO «ESEMPIO CONTINUA A ILLUMINARE LA CHIESA E IL MONDO SECONDO L’OTTICA DELLA MISERICORDIA»


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