Il lavoro che vogliamo

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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 Aut. GIPA/ C / RM Segno nel mondo â‚Ź 1,70 - Contiene I.P.

Ottobre 2017

nel mondo

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Settimana sociale di Cagliari

Il lavoro che vogliamo

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STORIE PER SOGNARE Una raccolta delle più belle storie illustrate de «La Giostra», per vivere l’incanto della lettura ad alta voce. A chi non servono storie che, quando arriva la paura del buio, aiutano il bambino ad addormentarsi? Racconti di Janna Carioli, Luigi Dal Cin, Sofia Gallo, Elio Giacone, Anna Peiretti, Roberto Piumini.

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Fatti di Antonio Mastantuono*

Il mare, la barca, la bussola… L’Ac prende il largo La storia – quella segnata da grandi eventi come le piccole storie quotidiane – è il mare che la barca (l’Azione cattolica) solca ormai da 150 anni. Come ogni navigazione ha sperimentato la bonaccia, le tempeste, il vento contrario, i necessari cambi di rotta per non incagliarsi sugli scogli. Più che un moderno e lussuoIl convegno annuale so yacht sembra essere un antico veliero, mantenuto in dei presidenti e assistenti, svoltosi forma da attenti restauri che ancora oggi le consentono a Bologna, si è di solcare i flutti, a volte soconfrontato sul spinta dal vento, altre volte, “discernimento”. invece, spinta dalla forza delSi tratta di le innumerevoli braccia che interrogarsi su come seguire la rotta, formano il suo equipaggio. Come tutte le navi fa sosta in sulle modalità un porto per caricare un po’ e lo stile per essere di viveri, per ridisegnare la oggi associazione rotta e poi riprendere la navial servizio del vangelo e del mondo gazione. Non può stare ferma troppo tempo, la meta – che pur sembra esser tanto lontana – non ammette ritardi. Pur essendo uomo di terra più che di mare ho coltivato questa immagine nei giorni trascorsi a Bologna in occasione del Convegno presidenti e assistenti di Azione cattolica (8-10 settembre). L’Assemblea nazionale vissuta alla fine del mese di aprile è stata come la sosta nel porto: la calda e paterna parola del papa, il confronto vivace in assemblea, la verifica e le scelte prioritarie per

una nuova tappa del viaggio sono stati il riposo di un equipaggio che già sogna il viaggio da riprendere e la necessaria scorta di viveri per affrontare nuove fatiche. Ci è stato ricordato che la rotta da seguire non è il frutto di una visione particolare, né il sogno di un leader, ma è il cammino stesso della Chiesa: «Il carisma dell’Ac – ricordava papa Francesco – è il carisma della stessa Chiesa incarnata profondamente nell’oggi e nel qui di ogni Chiesa diocesana che discerne in contemplazione e con sguardo attento la vita del suo popolo e cerca nuovi cammini di evangelizzazione e di missione a partire dalle diverse realtà parrocchiali»; e più avanti completava queste affermazioni dicendo che «la missione non è un compito fra i tanti nell’Ac, è il compito. L’Azione cattolica ha il compito di portare avanti la pastorale nella Chiesa. Se la missione non è la sua forza distintiva, si snatura l’essenza dell’Ac, e perde la sua ragione d’essere» (discorso di papa Francesco al Fiac) e ancora «ogni vostra iniziativa, ogni proposta, ogni cammino sia esperienza missionaria, destinata all’evangelizzazione, non all’autoconservazione!» (discorso di papa Francesco all’Ac). Non è sufficiente (non basta) però ricordarsi della rotta: è necessario seguirla! Si può restare in porto a contemplare le stelle e correre il rischio – annotato nel suo diario da Paloma, la protagonista del romanzo L’eleganza del riccio – «di inseguire le stelle e finire come un pesce rosso nella boccia». Un rischio che può essere evitato solo interrogandosi su come navigare, quali scie seguire. È il necessario lavoro della riflessione, della lettura delle carte di navigazione; fuor di metafora, è necessaria l’arte del discernimento. Non basta il fiuto e nemmeno l’esperienza, il mare è soggetto a correnti, alle variazioni climatiche, al soffio dei venti. Discernere allora significa interrogarsi su come seguire la rotta. Per l’Ac si tratta di interrogarsi in un atteggiamento di contemplazione (dimensione spirituale), insieme (dimensione comunitaria/sinodale) per scegliere la rotta da seguire (dimensione pratica/pastorale).

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parole

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la copertina

sommario

Il 26-29 ottobre si svolge a Cagliari la 48ma Settimana sociale dei cattolici italiani. Mons. Santoro, presidente del Comitato scientifico, illustra a Segno i motivi di un’attenzione che non deve mai venir meno. E afferma: «Non basta creare posti di lavoro, occorre che questo lavoro sia degno, che garantisca cioè la realizzazione della persona, il sostegno della famiglia e la costruzione solidale della società».

fatti e parole

sotto i riflettori

tempi moderni

tempi moderni

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Il mare, la barca, la bussola... L’Ac prende il largo

di Antonio Mastantuono

sotto i riflettori

Partecipativi e solidali

di Tommaso Marino

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Giovani e precarietà: binomio inscindibile?

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intervista con Filippo Santoro di Gianni Di Santo

intervista con Roberto Rossini di Maria Teresa Antognazza

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di Giuseppe Notarstefano

di Luca Raffaele

Dalla parte del lavoro degno

Non separiamo fatica e contemplazione

Il silenzio, guida interiore per l’arte

intervista con Placido Scandurra di Marco Testi

La sfida del tempo

Eravamo quasi in cielo...

intervista con Gianfelice Facchetti di Alessandra Gaetani

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«Il rischio? Non dialogare più»

intervista con Francesco Nicodemo di Alberto Galimberti

Buone pratiche per seminare futuro

le altre notizie

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Dall’Italia e dal mondo

4 Hanno collaborato a questo numero:

Grafica e impaginazione: Giuliano D’Orsi n.10OTTOBRE2017 Foto: Olycom, SIR e Romano Siciliani Tony Drazza, Alessandra Gaetani, Alberto Stampa GRAFICA VENETA Spa Mensile Galimberti, Marco Ghiazza, Marco Iasevoli, Via Malcanton, 2 - 35010 Trebaseleghe (PD) dell’Azione Cattolica Italiana Tommaso Marino, Antonio Mastantuono, Reg. al Trib. di Roma n. 13146/1970 Direttore Matteo Truffelli Giuseppe Notarstefano, Giovanna Parrino, Luca del 02/01/1970 Direttore Responsabile Giovanni Borsa Tiratura 56.500 copie Raffaele, Marco Testi, In redazione Gianni Di Santo Alle copie cartacee si aggiunge la pubblicaEditore Fondazione Apostolicam Actuositatem e-mail Redazione zione del pdf nel sito dell’Azione cattolica e gli Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma gianni.borsa@gmail.com altri 85.000 lettori, giovani e adulti, soci o g.disanto@azionecattolica.it Direzione e Amministrazione abbonati, che ricevono Segno in versione digitale. Tel. 06.661321 (centr.) Fax 06.6620207 Chiuso in redazione il 18 Settembre 2017 Via Aurelia, 481 - 00165 Roma nel mondo

Gioele Anni, Maria Teresa Antognazza,

Pubblicazione associata all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana) Abb.to annuale (10 num.) € 20 Per versamenti: ccp n.78136116 intestato a: Fondazione Apostolicam Actuositatem Riviste - Via Aurelia, 481 – 00165 Roma Fax 06.6620207 (causale “Abbonamento a Segno”) Banca: Credito Valtellinese IBAN: IT17I0521603229000000011967 cod. Bic Swift BPCVIT2S intestato a: Fondazione Apostolicam Actuositatem Via Aurelia, 481 - 00165 Roma E-mail: abbonamenti.riviste@azionecattolica.it

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sommario

cittadini e palazzo

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Il bivio, tra bene comune e caos

di Marco Iasevoli

famiglia oggi

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Famiglia: è il momento che conti di più

di Gianni Di Santo

se

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La solidarietà che apre le porte di casa

di M.T. Antognazza

quale Chiesa

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orizzonti di Ac

ieri e domani

Chiesa e carità

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In cammino, lungo le terre inesplorate dell’incontro

Insieme si cresce

di Alessandra Gaetani

perché credere

di Gianni Di Santo

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A San Giuseppe Jato il murales della speranza

di Giovanna Parrino

La buona offerta per i nostri sacerdoti

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Tutti annunciatori!

Il cammino del nonno

di Tony Drazza

le lettere

la foto

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Il mondo ha bisogno del Vangelo di Gesù

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Baldisseri ai giovani: «Leggete i Vangeli»

intervista con Lorenzo Baldisseri di Gioele Anni

il primato della vita

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Chiamati a tendere una mano

di Marco Ghiazza

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Dalla parte del lavoro degno

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«Non basta creare posti di lavoro, occorre che questo lavoro sia degno, che garantisca cioè la realizzazione della persona, il sostegno della famiglia e la costruzione solidale della società». Il 26-29 ottobre si svolge a Cagliari la 48ma Settimana sociale dei cattolici italiani. Mons. Santoro, presidente del Comitato scientifico, illustra a Segno i motivi di un’attenzione per il lavoro che non verrà mai meno. Vengono presentate infatti durante il convegno le “buone pratiche”, frutto dell’impegno concreto della Chiesa, particolarmente nel Sud del paese. Nei dibattiti sarà posta attenzione a diversi aspetti: il nodo disoccupazione, il rapporto lavoro-famiglia, la formazione professionale, il lavoro nero e precario, le morti sul lavoro, il vasto tema della crescita economica nell’era globale e digitale... Al centro rimane il valore assoluto della persona 4

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di Gianni Di Santo

Sopra: mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto

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orna l’appuntamento con la Settimana sociale dei cattolici italiani che a Cagliari il 26-29 ottobre arriva all’edizione numero 48. Il tema sul quale la Chiesa italiana riflette è: Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale. Segno ha chiesto a mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico delle Settimane sociali dei cattolici italiani, cosa si aspetta da questo importante momento di confronto tra il paese e la Chiesa. «La Settimana sociale di Cagliari parte dal volto delle persone e si fa provocare dai volti delle persone». Sono le sue parole al Meeting di Rimini. Eccellenza, andiamo sul concreto allora: cosa dovremmo aspettarci dall’appuntamento di Cagliari? La Settimana sociale di Cagliari partirà dai volti della gente che quotidianamente ci interpella a causa della mancanza di lavoro e della sua precarietà. Leggiamo con attenzione le analisi economiche, valutiamo le variazioni percentuali, non trascuriamo le proposte dei tecnici, ma ciò che ci appassiona è il bisogno di un lavoro degno e i problemi reali di tante nostre famiglie. Non abbiamo certo la pretesa di risolvere il problema del lavoro in Italia ma, seguendo quanto ci dice papa Francesco, vogliamo “iniziare percorsi” che vanno dalla denuncia del lavoro che non c’è o è precario (come nel caso del caporalato, del lavoro nero, delle agro mafie, ecomafie ecc.), alla proposta di buone pratiche, al racconto delle prospettive dell’innovazione, sino ad arrivare ad alcune proposte in sede parlamentare. Seguiremo in pratica la lezione del Convegno ecclesiale di Firenze. I 102017

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intervista con Filippo Santoro

Cioè? A Firenze è stato sviluppato un metodo sinodale e partecipativo accogliendo gli apporti delle diocesi italiane in forma di video e di racconti di denuncia e, soprattutto, di buone pratiche. Proponiamo un momento costruttivo che non si limiti alle denunce, che superi la tentazione del lamento, che soprattutto proponga qualcosa di realmente utile al paese in materia di iniziative lavorative e anche di legislazione nazionale e locale. Aggiungerei che le Settimane sociali hanno sempre cercato di rispondere ai problemi della gente tenendo come punto di riferimento la Dottrina sociale della Chiesa. Così guardiamo a Cagliari e soprattutto al dopo Cagliari, con realismo e con speranza basata sull’aiuto dello Spirito che agisce per mezzo delle forze vive della Chiesa.

La crisi economica degli ultimi anni ha lasciato tracce profonde di malessere nel tessuto sociale del nostro paese. Sembra che abbia vinto il precariato. Tanti lavoratori e disoccupati guardano con interesse a quello che dirà la Chiesa italiana... Dalla Rerum novarum alla Caritas in veritate, arrivando alla Laudato si’, la Chiesa ha sempre detto parole chiare in tema di lavoro, non ha mai avuto dubbi in merito a da che parte stare: dalla parte del lavoro degno. Non basta quindi creare posti di lavoro, occorre che questo lavoro sia degno, che garantisca cioè la realizzazione della persona, il sostegno della famiglia e la costruzione solidale della società. Il lavoro è degno quando rispetta la vita delle persone e dell’ambiente, rispetta la “casa comune” come ci dice il papa nella Laudato si’. La Settimana sociale di Cagliari intende rispondere ai bisogni reali delle persone, in particolare dei giovani, evidenziare il senso del lavoro e del lavoro degno, che è tale – ripeto – quando fa crescere

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la persona, la famiglia e la comunità. Si tratta di qualcosa che viene prima del puro profitto e che è legato alle ragioni più vere della vita. Ragioni che diventano buone pratiche e forme di vita nuova che possono aiutare a superare le molte ingiustizie di questa economia che uccide e a offrire una vera speranza al nostro popolo. La Chiesa in uscita di papa Francesco significa anche in “uscita” verso il mondo del lavoro? Certamente. E durante la Settimana di Cagliari saranno presentate le “buone pratiche” frutto dell’impegno concreto della Chiesa. Particolarmente al Sud si tenta di superare le oggettive difficoltà innovando in settori come le aziende familiari; le strutture solidali nell’agriturismo, nell’enogastronomia, nel digitale, nella cura dei beni ambientali, culturali e artistici, particolarmente quelli della Chiesa. Esempi in tal senso sono il “Progetto Policoro” e il progetto “Cerco Lavoro” che ha documentato la presenza di circa 400 esperienze positive, molte delle quali proprio nel Meridione. Lei è pastore di una città simbolo della crisi lavoro-ambiente, Taranto. È un’esperienza che sicuramente le sarà stata utile per far tornare il tema del lavoro al centro delle preoccupazioni, anche pastorali, della Chiesa italiana.

Nel mio studio di Taranto ogni giorno ricevo un’umanità dolente: da un lato le persone che hanno perduto parenti a causa di mali incurabili o che si trovano ricoverate nell’ospedale Nord, quello che si trova al quartiere Paolo VI, sede del reparto di Oncologia; dall’altro una fila di gente che cerca lavoro e che giunge da me come ultima spiaggia. Sanno che non è mio compito trovare lavoro, ma

Il programma di Cagliari

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r o e o i e oro tr er esse or tori e o iti ti o i r ssetti resi e te e ti o i

l lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo e solidale: questo il tema della 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani, che si svolgerà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre 2017, presso la Fiera internazionale della Sardegna. Dopo i saluti iniziali (mons. Miglio, mons. Santoro e un messaggio di papa Francesco), apriranno i lavori gli interventi del card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e di Sergio Gatti, vicepresidente del Comitato preparatorio, seguiti da una discussione/testimonianze sul mondo del lavoro alla quale contribuiranno Marco Bentivogli, Segretario generale Fim-Cisl e Claudio De Vincenti, ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno. Nel corso delle giornate, vanno segnalati la riflessione biblica a cura di Luigino Bruni, docente Lumsa, un’intervista al card. Peter Kodwo Appiah Turkson, un intervento a partire dall’esperienza Cercatori di LavOro a cura di Leonardo Becchetti, una riflessione biblica di Rosanna Virgili, biblista, una lezione-bussola a cura di Mauro Magatti. Tra i momenti importanti c’è da segnalare un dialogo con l’on. Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Concluderanno i lavori una santa messa presieduta da mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei insieme all’incontro con Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo e con Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio dei Ministri.

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La Settimana “digitale”

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t e to i et or e

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na presenza web e social accompagna la Settimana sociale. L’obiettivo, dare ancora più continuità all’esperienza, seguendone passo passo la preparazione ma anche gli sviluppi futuri. A partire dal sito www.settimanesociali.it, luogo di raccolta e di racconto dei vari appuntamenti che riguardano il tema del lavoro, delle voci che parlano sull’argomento, dei materiali utili. Tra questi ultimi si trovano i documenti ufficiali, il programma dell’evento e le informazioni logistiche per partecipare. Presente anche una sezione multimediale con foto e video. Strettamente collegati al sito, sul quale trovano pure spazio, sono i profili Facebook @Settimanesociali e Twitter @settsociali, mentre #illavorochevogliamo è l’hashtag scelto come richiamo sulle piattaforme digitali. Infine, è disponibile su Google Play store e su iTunes un’app per seguire su dispositivo mobile l’avvicinamento e i lavori della 48ma Settimana sociale. Una volta installata sul proprio dispositivo, la schermata iniziale offre una serie di notizie. Per gli utenti registrati è possibile accedere a tutte le informazioni logistiche necessarie e ricevere aggiornamenti e avvisi utili. I delegati all’appuntamento di Cagliari potranno, inoltre, accedere a tutti i materiali per le assemblee plenarie e alle funzionalità per la condivisione social delle proprie foto. I 102017

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mi comunicano il loro dramma, poi mi ringraziano per ciò che potrò fare per loro e soprattutto per averli ascoltati. Infine, alcuni mi lasciano il loro curriculum. Vivo l’esperienza dei miei pescatori tarantini, anch’essi vittime dell’inquinamento ambientale, che lottano per i loro diritti e per convincere i loro figli che è preferibile la durezza e l’incertezza della pesca al facile guadagno che viene da attività illegali... È ancora papa Francesco che ci indica la strada con la Laudato si’. La crisi ambientale e quella sociale sono due aspetti della stessa medaglia; non ci può essere lavoro “degno” senza rispetto per quella che il papa definisce “la casa comune”. Lavoro e dignità sono imprescindibili, e il lavoro è la forma attraverso il quale l’uomo realizza se stesso nell’ambiente che lo ospita. Sosterrò con determinazione questa visione con i nuovi compratori dell’Ilva: a Taranto vogliamo avere l’aria, la terra il mare puliti come strumenti di vita e non di morte, e la conservazione dei posti di lavoro senza esuberi a sorpresa, in contraddizione da quanto solennemente promesso dal Governo.

L’opzione per i poveri. Era un’utopia di qualche decennio fa oppure è una realtà “drammatica” con la quale fare i conti nel mondo di oggi? Come non possiamo fare i conti con i poveri proprio quando esplodono tutte le contraddizioni dovute alla spartizione così iniqua delle risorse? I poveri bussano alle porte dei quartieri “buoni” delle città; intraprendono migrazioni bibliche per bussare alle nostre frontiere, reclamano la sopravvivenza. Abbiamo un debito ecologico non solo con Taranto, ma con tutto il Sud e con il Sud del mondo che non possiamo ignorare e che ci riporta alla riflessione sul corretto utilizzo delle risorse, sul rispetto della “casa comune” e della dignità dell’uomo: tutto si tiene. Come si dice in America latina e come ridice il papa nella Laudato si’, «ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri». Occorre uno sforzo sostenuto dal pilastro fondamentale della Dottrina sociale della Chiesa che è l’attenzione alla persona e all’insieme delle sue esigenze originarie g che costituiscono il cuore dell’uomo. ■

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Non separiamo fatica e contemplazione di Giuseppe Notarstefano*

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l lavoro costituisce l’esperienza umana, definisce il rapporto tra la persona e l’ambiente sociale e naturale in cui vive, si caratterizza come espressione della sua creatività e della sua capacità di trasformare la realtà. I credenti sanno, inoltre, riconoscere che lavorando corrispondono all’invito che il Creatore ha fatto all’uomo di custodire e coltivare il giardino dell’Eden, il lavoro pertanto ricorda una relazione e originaria tra l’uomo e la bellezza del Creato prima della sua “caduta”. Sappiamo anche che l’armonia che deriva dalla custodia “rispettosa” delle regole di giustizia e discernimento ricevute da Dio, viene incrinata dalla scoperta della fatica e dell’impegno. La sapienza biblica ci mostra continuamente il lavoro come categoria propriamente umana, che riceve il suo senso dalla capacità di sospenderlo e di alternarlo alla festa senza tentare di ridurlo a un idolo che rende schiava la persona umana. I vangeli testimoniano come Gesù viva il lavoro come attività quotidiana e preziosa che mette all’opera il talento e allena all’esercizio nella realizzaIl mondo del lavoro sta vivendo una fase di grande cambiamento. zione del bene nel riconoscimento dei propri limiti di Una trasformazione che tocca, fronte al Regno che crein profondità, tutta la realtà sce anche senza gli sforzi economica e produttiva. Per il dell’uomo. vice presidente nazionale di Ac,

il percorso della 48ma Settimana sociale si svolge dentro questo scenario complesso. Ciò ci «spinge a lavorare perché l’Italia diventi un paese più inclusivo, perché l’economia sia ripensata come spazio della libertà e creatività imprenditoriale e la politica ritorni a essere il campo aperto per la partecipazione di tutti nel concorrere al Bene comune» 8

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i t i io e e e o e e etti Il lavoro quotidiano, umile e manuale, insieme alla preghiera che scandisce il tempo viene identificato dalla regola monastica benedettina come paradigma per rifondare una civiltà dalla quale vengono generate arti e scienze. Dalla

tradizione benedettina abbiamo appreso la necessità di non separare fatica e contemplazione, intuizione preziosa che ci aiuta a ricordare che il lavoro riceve il suo senso più profonda dalla possibilità della sua sospensione. La società moderna e industriale, invece, ha spesso distinto questi due significati, riducendo il lavoro alle azioni strumentali, materiali e fisiche. Il richiamo al recupero del lavoro manuale e “artigiano” che nel tempo della crisi è stato fatto da numerosi studiosi, economisti e sociologi, costituisce il recupero di questa intuizione di sintesi e armonizzazione sul piano antropologico. Il tema della riduzione della “fatica” e di un limitato utilizzo della “forza” umana nel lavoro è alla base del processo di innovazione tecnologia e del progresso nella civiltà industriale, permanendo in tutti quei passaggi epocali denominati “rivoluzioni industriale”. Nell’attuale fase, definita con l’efficace espressione anglosassone “Industry 4.0”, stiamo osservando una progressiva e radicale sostituzione dei processi automatizzati e informatizzati nei diversi comparti produttivi, con un sostanziale spiazzamento dei fattori della produzione a svantaggio del capitale umano. L’impatto di tale “cambiamento strutturale” è alla studio di economisti e sociologi che si dividono tra chi sostiene che si è definitivamente realizzata la profezia di Jeremy Rifkin della “fine del lavoro” e coloro che invece rimangono estasiati della possibilità di un mondo completamente liberato dal lavoro manuale e dalla fatica umana, ma gli osservatori più acuti evidenziano come oggi, così come nei precedenti cambiamenti di paradigma tecnologico, vi è una contemporanea distruzione e creazioni di professioni e posti di lavoro e che dell’uomo non si potrà mai fare a meno. or estio e so i e e t oro Tale dinamica di creazione e distruzione è con-

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sotto i riflettori nessa alla fase del capitalismo moderno nelle sue diverse versioni, non ultima quella connessa alla finanziarizzazione e globalizzazione. Il lavoro riconosciuto è quello “offerto” dalle persone sul mercato e “domandato” dalle imprese che ne hanno sempre (meno!) bisogno per realizzare i propri obiettivi. Se da un lato la globalizzazione richiede processi di I lavoratori vedono trasformazione dimensionale ridimensionarsi molte conquiste e per reggere il confronto comriconoscimenti petitivo e dall’altro la finandelle società democratiche e ziarizzazione esige risultati spesso l’unico vero obiettivo, economici nel breve e bresempre meno sociale vissimo periodo, i lavoratori e sempre più individuale, vedono ridimensionarsi molte è conservare il posto di lavoro conquiste e riconoscimenti delle società democratiche e spesso l’unico vero obiettivo, sempre meno sociale e sempre più individuale, è mantenere conservare il posto di lavoro. Negli ultimi decenni si è riproposta drammaticamente la questione sociale legata al lavoro, connessa al tema del mantenimento (e incremento) dei livelli occupazionali e alle condizioni della vita lavorativa delle persone sempre più soggetta alla precarizzazione. Il conflitto tra la richiesta di istituzioni liberiste I 102017

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con bassa regolamentazione che proviene da imprenditori (ma soprattutto managers) soprattutto grandi, operanti a livello transnazionale, e governi fortemente indebitati e in difficoltà a mantenere regimi di welfare e di protezione sociale è esploso in questi anni ponendo come una delle questioni più complesse per le agende di governo. Il tema della precarizzazione e della conseguente bassa partecipazione al mercato del lavoro diventa rapidamente anche un tema politico e di tenuta democratica, la questione dell’inclusione ancor prima della protezione diventa la priorità per istituzioni e forze sociali. Si apre infatti uno spazio inedito che in particolare i sindacati dovrebbero cogliere e affrontare con coraggio. Il percorso della 48ma Settimana sociale si svolge infatti dentro questo contesto complesso e articolato che non scoraggia, anzi spinge l’azione e l’impegno dei cattolici italiani a lavorare perché l’Italia diventi un paese più inclusivo, perché l’economia sia ripensata come spazio della libertà e creatività imprenditoriale e la politica ritorni a essere il campo aperto per la partecipazione di tutti nel g concorrere al Bene comune. ■ *economista, vice presidente nazionale Ac per il settore Adulti

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Partecipativi e solidali di Tommaso Marino

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l lavoro, con tutte le sue implicazioni umane, sociali ed economiche, rischia talvolta di rimanere ai margini della vita delle nostre parrocchie e della nostra Chiesa. Le attenzioni sono puntate ai servizi, alla catechesi, come se la dimensione del lavoro fosse secondaria, o non influenzasse la vita di ciascuno di noi. Anche per chi il lavoro non lo ha più a causa di crisi o per chi non lo ha ancora, come i Nell’attuale crisi del mondo del giovani, la dimensiolavoro diventa necessario avere un luogo di discernimento comunitario ne lavorativa sembra in grado di analizzare e confrontare non riuscire a entrare nella prassi pastorale le esperienze e di illuminarle alla della comunità. Epluce del Vangelo. I gruppi Mlac pure papa Francesco – di cui l’autore dell’articolo quasi ogni settimana è segretario nazionale – tendono richiama l’attenzioa smontare la spinta individuale ne alla dimensione dove ciascuno pensa per sé, umana e pastorale inserendo tutto in una dimensione del lavoro attraverso di comunità e di bene comune

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denunce, proposte, indicazioni. L’Azione cattolica ha al suo interno un prezioso strumento al servizio della pastorale: il Movimento lavoratori di Azione cattolica (Mlac). Attraverso l’esperienza di questi gruppi, in prevalenza diocesani, i soci possono approfondire i temi del lavoro attraverso la lente della Dottrina sociale della Chiesa. L’esperienza del Mlac spinge i soci di Azione cattolica a una scelta missionaria nei luoghi di lavoro, sempre più individuali e con poco spirito solidaristico che ha caratterizzato la stagione recente. L’esperienza del lavoro, nel corso degli ultimi anni, ha assunto una dimensione individuale, dove ciascuno riveste un ruolo e una posizione che non consente rapporti solidali, di relazione con i colleghi, consentendo la creazione di un ambiente positivo per tutti i lavoratori. La presenza di diverse, forse troppe forme di contratto con tempi, modalità e condizioni occupazionali diverse non favorisce la solidarietà e l’aiuto reciproco. La flessibilità, utile strumento per una

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sotto i riflettori Sopra: il gruppo Mlac al campo scuola nazionale di Penia di Canazei

produzione snella e veloce come il mercato chiede, in molti casi si traduce in precarietà che non consente la realizzazione di progetti di vita. La tipologia dei nuovi lavori, che richiedono l’uso di piattaforme tecnologiche avanzate, talvolta relega al secondo posto il ruolo del fattore umano come elemento di crescita. L’avvento dei robot, con il loro grande potenziale di supporto per diminuire la fatica dell’uomo, sembra fagocitare tutta l’esperienza lavorativa con conseguenti perdite importanti di posti di lavoro. È un lavoro dignitoso quel lavoro che tiene impe-

Il seminario e il bando

ro ett io e so i e o e str e to i i io e territori e La partecipazione dell’Ac alla Settimana sociale sul tema del lavoro arriva al termine di un percorso che ha visto il Mlac e l’associazione tutta impegnati ad affrontare il tema del lavoro in tutte le sue implicazioni. Il seminario del 7 ottobre dal tema Per un lavoro dignitoso in Europa, realizzato in collaborazione con la Gioc, e il campo scuola nazionale di Penia di Canazei sono stati appuntamenti propedeutici all’appuntamento di Cagliari. La progettazione sociale, importante strumento di animazione e di progettazione territoriale, rimane una delle attività fondamentali che il Mlac sostiene attraverso il bando, realizzato in collaborazione con l’Ufficio nazionale di Pastorale sociale e del lavoro, Caritas e Progetto Policoro, giunto alla sua 12ma edizione. Le informazioni per partecipare (scadenza il 30 novembre) si trovano all’indirizzo web: http://mlac.azionecattolica. it/progettazione-sociale/xii-concorso-di-idee-lavoro-e-pastorale-edizione-2018-seminatori-di-idee. I 102017

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gnato un uomo o una donna per ottenere un salario che a malapena permette di sopravvivere? Per un giovane non è drammatico dover possedere esperienza ed essere disposto ad avere un posto di tirocinio/stage per molti anni senza avere una prospettiva di stabilità economica e occupazionale? Il lavoro domenicale deve essere solamente quello di supporto alla persona oppure deve soddisfare tutte le esigenze che la cosiddetta economia di mercato propone? Questa e altre domande richiedono analisi complesse, che non si possono liquidare in poche battute. Diventa quindi necessario avere un luogo di discernimento comunitario, in grado di analizzare, studiare, confrontare le esperienze e di illuminarle alla luce del Vangelo, in modo da poter essere illuminate da luce nuova ed affrontate in un quadro complessivo di analisi e di impegno. La scelta associativa, che contrasta la spinta individualista dei nostri tempi, fornisce una parziale risposta a queste domande. Il gruppo Mlac – come quello di un qualsiasi gruppo Adulti di Ac – che affronta la tematica del lavoro, tende a smontare la spinta individuale dove ciascuno pensa per sé e inserisce tutto in una dimensione di comunità e di bene comune. Il lavoro che vogliamo dovrebbe essere libero, creativo, dignitoso, partecipativo e solidale. Con questo slogan la Chiesa italiana, durante la settimana sociale dei cattolici italiani di Cagliari, affronta l’argomento del lavoro e cerca di trarne delle esperienze pastorali per rinnovare e rilanciare g la sua azione pastorale. ■

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Giovani e precarietà: binomio inscindibile?

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un appuntamento molto importante quello delle Settimane sociali per la riflessione sul lavoro in una realtà associativa come la Gioc (Gioventù operaria cristiana). «Dal punto di vista dei giovani è urgente oggi ripensare insieme il mondo del lavoro – spiega la presidente Eleonora De Leo –, promuovendo l’idea di un lavoro dignitoso che realizza la persona e che permetta di mettere in campo i propri talenti a servizio del Nella foto: bene comune; un lavoro come arte, che trasforma Eleonora De Leo la realtà e che crea, cambia, migliora se «Il problema vero consiste nella difficoltà di accedere a ruoli lavorativi stessi; che rispetti i tempi del riposo per e adulti. Da una parte assistiamo vivere le relazioni alla preoccupante esperienza dei all’interno e all’egiovani inattivi, dall’altra parte si tende a normalizzare le situazioni sterno dell’ambiente lavorativo e che di precarietà e ad accettare condizioni di lavoro non dignitose». sia fonte di sostegno». Per la presidente della Gioc

un aiuto potrebbe giungere dalla formazione professionale e scolastica

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Una visione “alta” del lavoro, dunque. Ma qual è oggi per i giovani il principale nodo da sciogliere? Il problema vero consiste nella difficoltà ad accedere a ruoli lavorativi e adulti. Da una parte assistiamo alla preoccupante esperienza dei giovani inattivi, che rimangono al di fuori di un contesto sempre più competitivo

e in crisi; dall’altra parte si tende a normalizzare le situazioni di precarietà e ad accettare condizioni di lavoro non dignitose, provocando un progressivo disconoscimento dei diritti e dei doveri dei lavoratori. I giovani si orientano su nuove forme di lavoro sempre più legate alla precarietà. Quali risorse vanno messe in campo per sanare la frattura generazionale oggi in atto? Dagli ultimi dati Istat emerge che gli effetti delle ultime politiche occupazionali giovanili sono stati percepiti maggiormente da chi ha almeno una laurea, rispetto a coloro che sono solo diplomati alle superiori e alle medie. É importante pensare delle politiche specifiche in risposta alle differenti situazioni, in modo da offrire le stesse opportunità a tutti. Anche l’abuso dei tirocini, dietro i quali si mascherano vere e proprie posizioni lavorative, va monitorato. Nel rapporto tra formazione scolastica dei giovani e ricerca del lavoro che cosa non va, e come orientarlo al meglio? Nel percorso formativo, ancora oggi, sono pochissimi i giovani che sviluppano un’idea di occupazione. Quest’anno si è introdotta l’alternanza scuola-lavoro: da un lato i giovani hanno vissuto esperienze positive, si sono sentiti valorizzati sperimentando un vero contesto lavorativo; dall’altro lato, spesso, le ore di alternanza sono state svolte in contesti che non rispecchiavano l’indirizzo di studi o non erano adeguatamente accompagnate. Dalle prime sperimentazioni affiora, quindi, l’importanza di costruire percorsi di alternanza condivisi tra tutti i soggetti: studenti, insegnanti e datori di lavoro. A parte alcune eccezioni, a oggi solo la formazione professionale riesce in questo, immergendo il giovane nella formazione e nell’esperienza della professione g scelta. [m.t.a.] ■

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intervista con Roberto Rossini

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ono decisamente provocatorie e pienamente condivise le espressioni scelte dai vescovi per descrivere “il lavoro di Maria Teresa che vogliamo”: “libero, creativo, parteAntognazza cipativo e solidale”. Ne è consapevole il presidente nazionale delle Acli, Roberto Rossini. «Per sostenere questa visione del lavoro, che è quella di papa Francesco, occorre cambiare profondamente il sistema economico, che genera il tipo di lavoro e questo ci impegna a una attenta riflessione. Ci sono nodi importanti che vanno affrontati. Alcuni sono a livello internazionale, come la deregolamentazione della finanza, che incrocia economie fragili e interdipendenti, portando sempre più spesso a forme di difesa localistica». Rossini prosegue: «ci sono poi il nodo dell’ambiente, dei conflitti, come quello per l’acqua e il petrolio, in un quadro che va sempre più militarizzandosi. L’Italia non è estranea a questo quadro anche se sta ricercando una sua via per gestire la politica economica. Nella foto: Alcuni fenomeni macro sfuggono all’intervento Roberto Rossini dello Stato, mentre ci sono Sostenere, generare, coinvolgere, alcune leve su cui si può intervenire con convinzione, formare: sono i quattro verbi come quella fiscale e delle che il presidente delle Acli infrastrutture». offre alla riflessione della

Settimana sociale di Cagliari. «Oggi con la tecnologia si rischia di non staccare mai dal lavoro: per questo sia in famiglia che nelle comunità di uomini che lavorano bisogna impegnarsi in una riflessione seria sull’uso del tempo» I 102017

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Quali sono le azioni da mettere in atto per cambiare il modo di intendere il lavoro? Come Acli abbiamo individuato quattro verbi. “Sostenere”, cioè cercare

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La sfida del tempo

strumenti nuovi per sostenere le imprese, ripensando una politica industriale che non dimentica lo zoccolo duro italiano, la manifattura. Poi, “generare”: vanno sostenute con convinzione le esperienze nuove, le start-up, per dare vita a nuove forme di impresa. Terzo verbo è “coinvolgere” tutti i soggetti di un territorio per inventare nuovi lavori, dalle imprese alla scuola alla finanza, dalle associazioni agli enti locali, dando vita a reti e filiere specifiche. Ultimo, “formare” cioè curare la preparazione dei nuovi lavoratori, che abbiano competenze tecniche specifiche per le esigenze che la tecnologia impone alla produzione e al modo di lavorare. Oggi all’Italia servono persone molto preparate e formate in scuole tecniche legate profondamente alle esigenze dei territori. Come va intesa oggi la testimonianza cristiana nel mondo del lavoro? L’Italia resta un paese caratterizzato da piccole e piccolissime imprese: dobbiamo lavorare affinché esse siano sempre più comunità di uomini, luoghi in cui lavorare con professionalità ma anche costruire relazioni buone che vadano oltre l’aspetto tecnico e consentano a ciascuno di sperimentare il senso di ciò che fa.

Quali sono oggi le difficoltà più grandi nel vivere il rapporto tra lavoro, vita quotidiana e di famiglia? È una delle sfide più grandi che abbiamo di fronte. Oggi con la tecnologia si rischia di non staccare mai dal lavoro: per questo sia in famiglia che nelle comunità di uomini che lavorano bisogna impegnarsi g in una riflessione seria sull’uso del tempo. ■

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Buone pratiche per seminare futuro

di Luca Raffaele*

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are priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi». La questione del lavoro, fondamento della dignità della persona, si pone come una delle più drammatiche sfide per il nostro paese che, tra tutti quelli dell’Unione europea, ha una quota di disoccupazione giovanile tra le più alte in assoluto e la maggiore percentuale di giovani che non lavorano né studiano (Neet): un vero e proprio spreco di energie e risorse per il futuro. «Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e Con il progetto Cercatori tenaci» (papa Francesco, di LavOro proposto dalla Cei Evangelii gaudium). Le realsono stati mappati 541 casi tà territoriali ecclesiali handi successo imprenditoriale sul tema del lavoro responsabile. no una grande importanza per il ruolo di stimolo nel Sono state intervistate 400 proprio territorio a identifiesperienze di diversi settori care sullo stesso una prae dimensioni che avessero una forte attenzione al rispetto tica eccellente in materia di lavoro, intesa in due possidell’uomo e dell’ambiente curando la qualità delle relazioni. bili direzioni: quantitativa, ovvero come creazione di Una ricerca che spiega quanto posti di lavoro e qualitativa, dalla microeconomia si possa passare a suggerimenti come eccellenza in termini di qualità e senso del lavoro in materia di politica stesso alla luce della dottridell’occupazione na sociale della Chiesa. a livello nazionale

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ostr ire o e i i ri eri e to Il progetto Cercatori di LavOro, proposto dalla Cei con la supervisione di Leonardo Becchetti, Giuseppe Notarstefano e don Fabiano Longoni, è stato realizzato con la collaborazione di NeXt Nuova economia per tutti proprio con l’obiettivo di mappare i casi di successo del nostro territorio e costruire dei modelli di riferimento locali e nazionali. Si è voluto portare alla luce esperienze virtuose sul tema del lavoro responsabile in ambito imprenditoriale, scolastico e amministrativo per far comprendere che le alternative sostenibili esistono e sono più numerose di quanto si pensi. Le attività previste dal progetto sono state quelle di incontrare e raccontare le Buone pratiche individuate prendendo come riferimento i 6 indicatori proposti da NeXt: l’azienda e il governo dell’organizzazione; le persone e l’ambiente di lavoro; i rapporti con i cittadini/consumatori; la catena di fornitura; i comportamenti verso l’ambiente naturale; i comportamenti verso la comunità locale. É stato costruito un apposito questionario per permettere ai volontari delle diocesi, di qualsiasi età e ruolo, di intervistare dei referenti delle Buone pratiche e far emergere i punti di forza, le aree di miglioramento e gli elementi di trasferibilità. Insieme alle diocesi si è voluto costruire delle strategie di accompagnamento e supporto, che verranno discusse nei giorni delle Settimane sociali a Cagliari e in un eventuale percorso ex post, in grado di attivare dei percorsi di sviluppo sostenibile del territorio valorizzando l’impegno e il ruolo delle diocesi nei territori.

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ositi i i ris t ti e ri se Sono state mappate 541 Buone pratiche imprenditoriali, scolastiche e comunali sul tema del lavoro responsabile. Sono state intervistate 400 esperienze di diversi settori e dimensioni, che avessero non solo una forte attenzione al rispetto dell’uomo e dell’ambiente ma anche in grado di creare nuovi posti di lavoro curando la qualità delle relazioni. Per raccontare queste esperienze e apprendere quali fossero i loro punti di forza e anche le loro possibile aree di miglioramento si sono mobilitati 213 Cercatori/volontari. Assieme al dato fondamentale su numeri e coinvolgimento, partecipazione e messa in movimento

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si ritiene che il percorso Cercatori di LavOro abbia altresì un’importante funzione culturale. Quella di combattere una “narrativa avvilente” e deterministica per la quale il nostro paese è inevitabilmente paralizzato da forze più grandi di lui, da fattori globali emergenti che sembrano inibire ogni possibilità di riscatto (la competizione globale di paesi a basso costo del lavoro, il progresso tecnologico che distrugge posti di lavoro) e da un destino di declino ormai immodificabile. La storia dei tanti che ce l’hanno fatta in uno scenario nuovo e difficile ci dice innanzitutto che non è così, mette in circolazione buone idee che sono semi che potranno germinare su altri territori e rappresenta la base fondamentale per costruire proposte di soluzione politica per l’Italia e per l’Europa. Con Cercatori di LavOro infatti non si è voluto affermare che non esista altra via se non quella micro e individuale per modificare l’attuale situazione. Siamo invece partiti dagli innovatori, dalla loro esperienza e dalle loro attese e richieste nei confronti di politica e istituzioni per costruire poi le nostre proposte di policy a livello nazionale partendo non dalla nostra scrivania ma dai suggerimenti di un quadro così ampio e variegato di g protagonisti. ■ *portavoce progetto Cercatori di LavOro

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Gli adulti di Ac a Lampedusa

«L’associazione vicina a chi attraversa il mare e a chi accoglie»

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Lampedusa per «testimoniare la vicinanza di tutta l’associazione a coloro che attraversano il mare in cerca di speranza e a coloro che li accolgono, e che accogliendo sperimentano in maniera autentica quella fraternità che nasce dalla consapevolezza di avere un unico Padre». Questo il significato della presenza nell’isola, a inizio settembre, del presidente nazionale di Ac, Matteo Truffelli, insieme ai vicepresidenti Giuseppe Notarstefano e Maria Grazia Vergari e a una nutrita rappresentanza di adulti di Azione cattolica, per l’appuntamento associativo Attraverso: incontri al confine. Nei suoi 150 anni di storia, l’Azione cattolica «è sempre stata tra la gente, con la gente, per la gente, dalla gente. Questo – si legge in una nota della Presidenza – è ciò che vuole continuare a essere e a fare in ogni luogo del nostro paese, in particolare là dove le condizioni sono più difficili e le persone sperimentano la fragilità. E Lampedusa è certamente uno di questi luoghi. Un luogo di “confine” che non consente esercizi retorici, ma impone un impegno costante, fatto d’intensa solidarietà e di prassi virtuose, ma anche di fatiche e difficoltà, così come accade in ogni occasione in cui ci si pone “in uscita”». In occasione dell’apertura delle celebrazioni per i 150 anni dell’associazione, l’Ac «ha donato a papa Francesco un libretto di salmi trovato sul fondo di una delle imbarcazioni giunte sulla costa lampedusana. Un segno che c’interroga, guardando alle migliaia di fratelli e sorelle che giungono nella nostra Europa e nel nostro paese attraversando – a rischio della vita – il mare che circonda Lampedusa. E ci ricorda che anche oggi Gesù, così come fece con i discepoli che si trovavano su una barca, continua a dire: “Coraggio, sono io, non temete!”».

Iniziativa della diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi

Bando destinato ai giovani per far conoscere meglio don Tonino Bello

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n concorso scolastico su don Tonino Bello a 25 anni dalla morte. Lo propone la diocesi di Molfetta-RuvoGiovinazzo-Terlizzi, di cui egli fu vescovo dal 1982 al 1993. Con don Tonino sul passo dei giovani lo slogan dell’iniziativa, con la quale si chiede di presentare agli alunni e studenti la biografia di don Tonino Bello, far conoscere il suo pensiero e il suo rapporto con i giovani, produrre una Lettera a don Tonino, risposta dei ragazzi e giovani di oggi alle sollecitazioni che, pur risalenti a oltre 25 anni fa, «sono vive nella loro attualità – recita il bando – e cariche di stimoli per una vita vissuta in pienezza». Il concorso rientra nel progetto Conosci don Tonino? promosso da Azione cattolica diocesana, Ufficio di pastorale scolastica e Ufficio comunicazioni sociali nel decennale e nel ventennale della morte. Le due edizioni sono confluite rispettivamente in un dvd e nel sito www.conoscidontonino.it, divenuto parte integrante del sito ufficiale della postulazione www.postulazionedontonino.it. Su questa scia, dunque, per il 25° anniversario (che ricorre il 20 aprile 2018) si propone un progetto analogo, guardando ai giovani anche in vista del prossimo Sinodo dei vescovi, che sarà loro dedicato.

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Indetto il “Vittorio Bachelet”

Premio per tesi di laurea sulla riforma delle istituzioni

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n premio “Vittorio Bachelet” per tesi di laurea sullo sviluppo e la riforma delle istituzioni democratiche, la partecipazione e la cittadinanza attiva, discusse tra il 1° dicembre 2016 e il 30 novembre 2017. Lo ha indetto la Fondazione Istituto Vittorio Bachelet, strumento dell’Azione cattolica per mantenere viva l’eredità di pensiero e d’insegnamento del suo presidente nazionale ucciso dalle Brigate rosse il 12 febbraio 1980. Nella sua vita egli coltivò con amore la passione per i problemi sociali, giuridici e politici del nostro paese e del mondo. «È urgente – scriveva Bachelet nel 1952 – formare generazioni nuove a un senso della società, non certo per avere “riserve”per le future formazioni ministeriali – per cui ci sono anche troppi aspiranti – ma per continuare piuttosto con una diffusione nel corpo sociale, quel servizio che, almeno in parte, è già stato offerto per il vertice; per formare cioè una “classe dirigente” come si suole dire, intesa però non in senso solamente politico, ma come guida cristianamente ispirata dell’opinione, della stampa, dei costumi, dell’educazione non solo scolastica (ma anche ad esempio cinematografica), delle relazioni di lavoro, della vita professionale in genere». La domanda di partecipazione, secondo quanto stabilito nel bando (scaricabile all’indirizzo web www. azionecattolica.it/sites/default/files/Premio_Bachelet_2017.pdf), andrà inviata entro il 9 dicembre 2017; il vincitore sarà chiamato a illustrare la propria tesi nell’ambito del XXXVIII Convegno Bachelet, che si terrà a Roma nel febbraio 2018.

Solidarietà al sindaco di Taurianova

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le altre notizie

ondanna per il gesto e solidarietà a Fabio Scionti, sindaco di Taurianova e consigliere ai lavori pubblici della città metropolitana di Reggio Calabria. Ad esprimerle è la presidenza nazionale dell’Azione cattolica, dopo che un ordigno definito «ad alto potenziale» è esploso, nella notte tra il 4 e il 5 settembre, nel cortile dell’abitazione del primo cittadino, distruggendo l’auto della moglie. Un’intimidazione rivolta a un amministratore pubblico che ha scelto d’impegnarsi, nel novembre 2015, in un Comune che si trovava commissariato dopo il terzo scioglimento per infiltrazioni mafiose. E il fatto fa seguito a una serie di lettere minatorie contenenti minacce di morte che Scionti ha ricevuto nel corso di quest’anno. L’Azione cattolica, nella quale il sindaco è da sempre impegnato anche – in passato – come presidente parrocchiale, parla di «un atto di barbarie che avrebbe potuto produrre ben più gravi conseguenze». «Mettendo in campo competenze e valori importanti – prosegue in una nota la presidenza nazionale – l’azione amministrativa virtuosa del sindaco Scionti, evidentemente fondata sulla legalità e sull’assoluta trasparenza amministrativa, nuoce a quanti vogliono continuare a fare i loro sporchi interessi sulla pelle di una comunità e di una terra che già troppo ha subito il giogo ‘ndranghetista, e che oggi attraverso l’azione coraggiosa di uomini come Fabio cerca di realizzare il suo riscatto civile, socio-economico e culturale, dando speranza ai tanti calabresi che non intendono più cedere il passo al potere criminale e mafioso».

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Il silenzio, guida interiore per l’arte

intervista con Placido Scandurra di Marco Testi

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estauratore, pittore e incisore attentissimo alla dimensione religiosa e al rapporto con il divino: la storia del maestro Placido Scandurra si intreccia in modo inestricabile con quella della ricerca artistica in Italia dagli anni Settanta in poi. Quadri religiosi, archetipi, simboli tra l’umano e l’animale tappezzano le pareti e i cavalletti della sua grande, isolata casa a San Polo dei Cavalieri, presso Tivoli, dalle cui finestre si intravede il castello che domina il borgo antico.

Già dai titoli di alcune mostre si comprende l’importanza dell’elemento religioso nelle sue opere. Arte e ricerca di Dio sono così legate? L’atto di creare è opera di Dio, l’artista è solo il veicolo che attraverso le sue tecniche artistiche crea e disfa fino a quando non raggiunge la forma desiderata. Solo l’uomo egoico crede che ila sua arte sia l’opera sua. Gli artisti contemporanei nella maggior parte cercano di creare opere d’impatto, ma di solito «In questo momento sembra manca una vera e propria riche l’arte fatta con le mani, il pennello e la matita, non abbia cerca spirituale secondo dei criteri ben precisi. L’artista più motivo di esistere. Ma la dovrebbe, invece, ascoltare, tecnica digitale non potrà mai nel silenzio, la voce interiore sostituire l’emozione diretta che gli suggerisce la via della nel contatto con la materia sua creatività. che prova l’artista mentre

crea». Per Placido Scandurra, artista contemporaneo vicino alla dimensione religiosa, abbiamo perso il contatto con la natura. Meno male che c’è papa Francesco, afferma, che «sta facendo un’azione benefica di “rieducazione” dell’uomo invitandolo a rispettarla» 18

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In un momento assai difficile della sua vita, a causa di una depressione, come lei stesso mi ha confidato, l’arte si è dimostrata in grado non solo di consolare ma addirittura di curare. Sì, è vero. Nel 1971 sono fini-

to nella clinica Salus per un esaurimento nervoso, ma la causa non era tanto la depressione quanto le mie condizioni economiche che mi costringevano a studiare e a fare tanti lavoretti contemporaneamente per mantenermi, visto che la mia famiglia non aveva assolutamente i mezzi per aiutarmi. In clinica ho superato la mia crisi non tanto con il riposo, il nutrimento e le medicine, ma soprattutto attraverso la fiducia e il lavoro creativo passando il tempo a riprodurre gli altri sfortunati compagni di degenza in centinaia di disegni e acquerelli. Vera terapia per un artista che deve ritrovare l’equilibrio con se stesso e con Dio. Se è così perché alcuni artisti sono caduti, come van Gogh, nella disperazione? Eppure il grande pittore era credente. La disperazione di Van Gogh non era motivata da crisi mistiche, ma aveva piuttosto delle cause chimico-fisiche ben precise. A Parigi, frequentando gli atelier degli artisti d’avanguardia come Toulouse Lautrec, cominciò ad assumere l’assenzio, una droga allora molto in uso tra artisti, poeti, musicisti, artisti in genere, per dimenticare la vita frenetica e stressante della grande città e per raggiungere livelli e stati di coscienza stimolanti e creativi. Però, l’assenzio, a lungo andare, procura effetti negativi all’attività cerebrale, e allora inizia la depressione e

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del “sé” e partendo dal caos, “ricreo” un mondo attraverso gli “archetipi”. Seguendo il mio intuito mi lascio guidare dalle forme e dalle immagini che affiorano dall’inconscio collettivo.

in alcuni casi la follia. Van Gogh ne diventò vittima, non potendosi disintossicarsi come fece invece Toulouse Lautrec, che aveva, a differenza dell’olandese, possibilità economiche maggiori. In quegli anni erano tanti gli artisti che alla fine abbandonavano Parigi e van Gogh, che cercava la solitudine e la tranquillità, divenne uno di loro. Ma l’assenzio aveva già fatto il suo effetto nefasto portando l’artista alla disperazione e poi al suicidio.

A sinistra: l’artista Placido Scandurra. Sopra, due sue opere

Quando è iniziata la sua personale ricerca di Dio nell’arte? Vi è un episodio particolare? L’elemento spirituale e la ricerca del sovrannaturale ha condizionato fin da ragazzo la mia vita, il che è forse dovuto all’atmosfera un po’ magica della mia terra d’origine, la Sicilia, legata a una cultura antica, contadina, fatta di credenze popolari. Quando cominciai a dipingere, questa cultura primitiva influenzò naturalmente molto la mia creatività . Alla fine degli anni ‘70, cominciai la mia vera ricerca interiore che mi portò, dopo vari viaggi in oriente, a una pittura introspettiva: spinto dalla ricerca

Con l’avvento di internet l’arte è destinata a cambiare radicalmente? O addirittura a tramontare? In questo momento sembra che l’arte fatta con le mani, il pennello e la matita, non abbia più motivo di esistere. Secondo me, in realtà la tecnica digitale non potrà mai sostituire l’emozione diretta nel contatto con la materia che prova l’artista mentre crea: è da paragonare un po’ alla differenza che c’è tra un pane impastato a mano e uno a macchina. Probabilmente in futuro si tornerà alle origini, perché la tecnologia conferisce all’ opera qualcosa di sterile e freddo, come se le mancasse la linfa vitale.

Lei ha dipinto molto anche la natura. Che ne pensa della grande attenzione di papa Francesco verso di essa? Sì, ho realizzato molte nature morte, rappresentando oggetti semplici, spesso non più in uso, come lumi e vecchi ferri da stiro, ma anche insetti fiori, frutta, pesci ecc. Purtroppo la tecnologia ci ha portato ormai molto lontano dalla natura che vediamo solo come oggetto da sfruttare per i nostri desideri, non la sentiamo più come creatura di Dio, anche perché abbiamo alterato troppo il suo aspetto vero. Secondo me papa Francesco sta facendo un’azione benefica di “rieducazione” dell’uomo e fa molto bene a invitarlo a rispettare la natura, la nostra madre comune che ci nutre e ci sostiene – come scriveva, guarda caso il santo da cui ha preso il nome da pontefice – e non a carbonizzarla come g sta succedendo attualmente. ■

Identikit

Quando ecologia e sacro vanno a braccetto

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lacido Scandurra, siciliano d’origine, si è formato a Catania allo studio del pittore Antonio Villani e del restauratore Giovanni Nicolosi. Si è poi trasferito a Roma studiando all’Istituto centrale di restauro e all’Accademia di Belle Arti. Come restauratore ha partecipato a numerose missioni in Italia e all’estero, tra cui quella in Siria; ha lavorato a Dublino, in Belgio, a Palermo e a Roma. Come pittore e incisore verso la metà degli Anni ’70 si è confrontato con l’Oriente e la sua visione del mondo. Ha esposto in Italia e all’estero, e su di lui hanno scritto importanti critici e storici dell’arte. L’elemento religioso è sempre presente nella sua produzione, spesso associato a quello della natura: Ecologia incisa, Visionem, o le mostre collettive Sacrum 2000, I Capocroci, Tolstoj, sono solo alcuni dei tanti titoli di eventi ai quali ha partecipato. I 102017

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tempi moderni intervista con Gianfelice Facchetti

Eravamo quasi in cielo...

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ianfelice Facchetti, lo sport e il teatro. Una laurea in Scienze dell’educazione, poi la formazione presso la di Alessandra Gaetani Scuola di teatro Quelli di Grock, da cui sono usciti artisti come Giorgio Faletti, Lella Costa e il Mago Forest. Fonda la Compagnia Facchetti/Pascalis con Pietro De Pascalis. Debutta con la scrittura teatrale Bundesliga ’44, ispirata a I sommersi e i salvati di Primo Levi, finalista al Premio Ustica per il Teatro civile 2005 e segnalata al Premio Bancarella sport. Tra gli altri lavori Icaro e Dedalo s.r.l., Se Betlemme avesse lu mare, Mi voleva la «Le storie dello sport non Juve, La confessione di Agosono minori rispetto a quelle stino. Lo spettacolo Teatro che si possono trovare in altri ambiti, anche se c’è una sorta di al buio ha ricevuto il Premio Louis Braille. pregiudizio, come se non fosse

all’altezza. Parliamo sempre di uomini e donne che hanno le stesse paure, desideri, emozioni di tutti». Il teatro va d’accordo con lo sport: a dirlo è il figlio del “grande” Facchetti, una vita spesa a raccontare storie

Nella sua famiglia lo sport detiene un posto speciale. Non è vero? Siamo cresciuti, con mio fratello e le mie sorelle, imbevuti di quella che è stata la vita

di mio padre Giacinto nell’Inter e nella Nazionale. Poi ho preso la strada del teatro. Ma lo sport è molto radicato. Nei suoi libri, infatti, non manca. Se no che gente saremmo, con cui ha vinto il Bancarella Sport, parla della sua famiglia. Le storie dello sport non sono minori rispetto a quelle che si possono trovare in altri ambiti, anche se c’è una sorta di pregiudizio, come se non fosse all’altezza. Parliamo sempre di uomini e donne. Nella vita un nuotatore, un calciatore, una saltatrice con l’asta o un’altra persona hanno le stesse paure, desideri, emozioni di tutti. L’ultima opera teatrale, Eravamo quasi in cielo, è una storia sportiva di cui se ne sa poco: racconta il campionato di calcio 1943-44 vinto dalla squadra dei Vigili del Fuoco di La Spezia. Come l’ha conosciuta? Mi hanno regalato il libro del giornalista Armando Napoletano con le testimonianze degli ultimi sopravvissuti della squadra. Perché farne uno spettacolo? Perché è una bella storia. Pensai che mi sarebbe piaciuto farla diventare qualcosa di più. Ho cercato il materiale e ho realizzato lo spettacolo con Marco Ciriello. Sul palco anche l’Ottavo Richter Trio. Nessuno aveva dato spazio a questo episodio incredibile che contiene tanti elementi da condividere. Lo sport come volontà di non farsi portare via tutto dalla guerra, un modo per salvarsi e resistere, proiettarsi verso uno scenario diverso da quello che la quotidianità offriva. Ce ne parli... Nel 1944, per riportare un po’ di normalità, la Federcalcio organizzò un Campionato per assegnare il titolo di Campione d’Italia. I Vigili del Fuoco di La Spezia, guidati da Ottavio Barbieri, batterono il Grande Torino di Vittorio Pozzo il 16 luglio 1944. Ma la Federcalcio non riconobbe lo scudetto perché il

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tempi moderni Campionato fu giocato solo sopra la Linea Gotica. Lei ha portato i suoi spettacoli anche nel carcere. Nella Casa circondariale di Monza facendo attività teatrale con i detenuti che uscivano per gli spettacoli. Nel carcere facevamo le prove, un lavoro condiviso che li aiutava a stabilire punti di contatto con la società. Si creano occasioni d’incontro che danno la possibilità di programmarsi, anche in un percorso a breve termine. È tanto, per persone abituate a vivere alla giornata, essere apprezzati per aver realizzato delle cose belle, non solo additati per le responsabilità precedenti. Anche con l’Istituto dei ciechi di Milano c’è un connubio. Da circa 10 anni con degli spettacoli in cui recito al buio, per ricreare l’ambiente in cui un cieco vive. Sono stati realizzati per ogni tipo di spettatore. La collaborazione con l’Istituto è nato perché eravamo in casa loro. Collaboravano portando il pubblico in una sala oscurata. Nelle foto: Gianfelice Facchetti (antonellaargiro.com)

Cosa diceva suo padre del suo lavoro? Ha sempre guardato con molta curiosità e apprezzamento. I primi anni realizzavo lavori più I 102017

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sperimentali. Ammirava il coraggio, la pazienza, lo sforzo. In Italia il teatro indipendente trova grossi ostacoli, non c’è molta apertura rispetto alla distribuzione. Quest’anno ha una rubrica alla Domenica sportiva. Una bella opportunità perché entro nel dialogo senza occuparmi dei commenti tecnici. Posso mettere all’interno di una discussione sullo sport delle finestre di racconti che possano permettere di parlarne con un respiro più ampio, prendendo un piccolo spaccato del calcio, o di altre latitudini, e provare ad allargare facendo un approfondimento su un tema. Gli sport preferiti? Il calcio, che ho praticato di più. Il tennis, il nuoto e lo sci. Adesso mio figlio minore pratica judo, che non conoscevo. Lo trovo bellissimo e formativo. Mi appassionano poco i motori, ma per me tutti gli g sport meritano di essere seguiti. ■

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tempi moderni intervista con Francesco Nicodemo di Alberto Galimberti

«Il rischio? Non dialogare più»

«I

social media non ci insegnano a dialogare. La maggior parte delle persone usa i social media non per unire, non per ampliare i propri orizzonti, ma, al contrario, per ritagliarsi una comfort zone dove gli unici suoni che essi ascoltano sono gli echi della loro stessa voce. I social media sono molto utili, forniscono piacere, ma, alle volte, possono tra-

sformarsi in una trappola». Parola di Francesco Nicodemo, esperto di comunicazione e innovazione digitale, già consigliere alla comunicazione di Matteo La ricetta per superare i Renzi e responsabile nazioconflitti che generano i social nale della comunicazione del media? La politica. «Come Pd, tra il 2013 e il 2014, che civismo autentico, impegno ha dato alla luce un interesconcreto, azione di resantissimo saggio, per Marintermediazione e ricucitura silio, dal titolo Disinformazia. delle parti della società che La comunicazione al tempo una certa informazione ha dei social media. progressivamente reso orfane Segno l’ha raggiunto per di punti di riferimento». un’intervista che prova a raUn esperto di comunicazione gionare su molti temi: dalla prova a delineare scenari distorsione della realtà pro“sperabili” nel mondo dotta dalle “camere dell’eco” post-digitale

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allo scadimento nel quale è precipitato il dibattito pubblico, fino alla ricetta per risalire la china, individuata dall’autore, un po’ sorprendentemente, fuori dal web, nella carne viva della politica, intesa come «civismo autentico, impegno concreto e ricucitura dello strappo fra cittadini e istituzioni». Qual è il cambiamento più importante intervenuto con la comparsa e la diffusione dei social media? La linea di comunicazione tradizionale, la distanza tra diffusori di contenuti e recettori, tra media e pubblico, è stata rovesciata. Non è più verticale e unidirezionale, dall’alto verso il basso, one to many, ma è diventata orizzontale, many to many, perché gli utenti dialogano fra loro e si scambiano informazioni, e soprattutto circolare, perché ogni canale informativo influenza l’altro, in un continuo ciclo di notizie. Un paradigma che sembra suggerire una più “egualitaria” partecipazione alla vita civile e politica: perché è diventato pericoloso? Più che pericoloso direi che l’algoritmo che ritma i contenuti e i processi virtuali innescati dai social media assume le sembianze di un giano bifronte: da una parte mostra il volto rassicurante di chi ci aiuta a selezionare le informazioni e ci propone le notizie più interessanti, dall’altra quello minaccioso di chi rischia di offrirci una lettura parziale e partigiana della realtà. In altri termini: se l’estrema apertura e il feedback orizzontale facilitano il contatto, inevitabilmente generano anche il conflitto, con tutto il suo carico di narrazioni opposte e polarizzazioni. Con quali conseguenze? Le rispettive comunità in permanente divergenza – ciascuna polarizzata e determinata dal giudizio di conferma – producono scontri più che contatti, conflitti più che feedback, alimentando il linguaggio dell’odio più del processo dialettico, che presuppone la sintesi delle posizioni contrapposte.

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tempi moderni

generalizzazione diventano una rappresentazione della totalità degli individui con cui possiamo avere a che fare. All’immagine fittizia di sé corrispondono quindi rapporti non autentici, spesso finalizzati ad alimentare il proprio egoismo narcisistico.

Non è esattamente il ritratto di una democrazia robusta, riposante sul pluralismo delle idee, sul prevalere della razionalità sull’irrazionalità e sul rispetto del proprio interlocutore... Vero. I meccanismi del web spesso sono contradditori, limitando l’individualità delle persone, disperdendole nella massa di utenti. E c’è di più. Le moderne democrazie dovrebbero operare all’interno di un quadro di razionalismo. Se smantellato, questo spazio viene riempito dal pregiudizio. La paura prevale sulla ragione, la rabbia sull’evidenza. Le bugie rivendicano uno status uguale a quello dei fatti. Nel saggio, lei tratteggia il web come un paesaggio punteggiato da “camere dell’eco” e “bolle filtro”: ci può aiutare a capire come funzionano? Il vero dialogo non è parlare con la gente che la pensa come te, ammoniva Zygmunt Bauman. Le camere dell’eco e le bolle filtro sono due strumenti che, di converso, sono finalizzati a creare omofilia e radicalizzazione delle posizioni, ossia a farci parlare, solamente, con la gente che la pensa come noi. Le bolle filtro (filter bubbles) sono ecosistemi informativi personali, costruiti dagli algoritmi che ci isolano da ogni cosa che è conflittuale rispetto alle nostre convinzioni. Mentre le camere dell’eco (echo chambers) sono spazi autoreferenziali, progettati dai social media, in cui però non sono gli algoritmi a rinchiuderci, piuttosto il conformismo proprio della natura umana.

A lato: Francesco Nicodemo e la copertina del suo libro

Quali sono le ricadute sulla rappresentazione della realtà e sulla sedimentazione di comportamenti individuali e attitudini sociali? Si finisce a far parte di una camera dell’eco perché quell’ambiente, sebbene immateriale, rispecchia il nostro io, e al suo interno si cercano più o meno inconsapevolmente conferme su di sé. Gli altri esistono, e per quanto siano una piccola, piccolissima fetta del mondo reale, per un banale errore di I 102017

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Da qui il dilagare incontrastato delle fake news... Dal momento che ciascuno può creare una propria lettura del reale, è evidente che questa tendenza sia amplificata e alimentata dall’ambiente del web e dei social. La velocità di condivisione insieme all’attendibilità delle fonti contribuisce a modellare una verità soggettiva e partigiana, che vanifica il potenziale informativo offerto da internet. La capillarità della rete e dei social media nella vita di ciascuno sta rendendo l’esposizione del singolo alla disinformazione sempre più massiccia e difficile da gestire. Lo spaccato sociale e “virtuale” ritratto è leggermente inquietante. Prima di lasciarla, c’è spazio per una parola protesa alla speranza: qual è il rimedio per debellare la Disinformazia? La ricetta è antica e nuova allo stesso tempo: la politica. La politica come civismo autentico, impegno concreto, azione di re-intermediazione e ricucitura delle parti della società che una certa politica e una certa informazione (post-moderne) hanno progressivamente reso orfane di punti di riferimento. Insomma, la capacità formativa ed educativa che appartiene alla politica e che deve trovare la forza, quindi la legittimità, di tornare di nuovo a esercig tare. ■

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cittadini e palazzo

Il bivio, tra bene comune e caos

di Marco Iasevoli

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ercasi leader politici di buon senso che portino l’Italia verso il voto in condizioni di serenità e stabilità». Se esistesse un cartello del genere, sarebbe assai probabile trovarlo affisso davanti allo studio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il quale già da settimane cerca sussulti di responsabilità sui due temi caldi di questo autunno: la legge elettoLa nuova legge elettorale, la manovra economica d’autunno, rale e il governo dell’immigrazione. Il primo tema le elezioni regionali siciliane, ha a che fare con la soil referendum lombardo-veneto lidità delle istituzioni e per l’autonomia e il tema forte della democrazia nell’imdell’immigrazione. Ci sono mediato futuro, il secondo motivi sufficienti per arrivare misurerà invece la civiltà alle elezioni politiche nazionali politica del paese in camcon novità importanti. pagna elettorale. Non tutto è scontato. E ora i Tra leadership forte e al“big” si giocano le ultime carte

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leanze, la nuova sfida di Renzi. In realtà, la vicenda della legge elettorale una via d’uscita ce l’avrebbe. In Parlamento l’ala moderata di Forza Italia, la Lega e il corpaccione del Pd che meno sente l’influsso di Matteo Renzi sarebbero d’accordo su uno schema di questo tipo: base proporzionale, premio di maggioranza alla lista o alla coalizione che supera una data soglia nelle due Camere (il 40 per cento), soglia di sbarramento al 3 per cento uguale per Camera e Senato. Una legge, insomma, che guarda al post-voto lasciando aperte due possibilità: o un governo di coalizione premiato dagli elettori alle urne o un esecutivo di larghe intese sulla base di accordi parlamentari. Ma al momento, senza il placet del segretario del Pd Matteo Renzi, questo schema non può andare in porto. E se l’ex premier non dà il via libera è per due motivi: il primo, personale, è che nella logica di coalizione la leadership diventa capacità di sintesi tra posizioni eterogenee più che capacità di dettare linea e

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Manovra, regionali siciliane, referendum lombardo-veneto: lo snodo di novembre. Tuttavia l’idea di Renzi che si possa andare al voto (la data cadrà tra febbraio e maggio 2018) anche con le due diverse leggi elettorali ora in vigore deve passare attraverso snodi di una certa rilevanza. Intanto a settembre-ottobre è iniziata la maratona per il varo della manovra ecoGli slogan dei leader si sono via via nomica 2018, sempre avvicinati se non sovrapposti. Sui fonte di tensioni politiche migranti le parole “dure” hanno e sociali che si prolungapreso il sopravvento in tutte le no sino alla fine dell’anno. parti politiche che ambiscono a A inizio novembre, poi, ai governare il paese. Sull’Europa due estremi dello Stivale idem, anche se l’Italia resta – ci sono due appuntamenguardando al panorama politico – ti importanti: le elezioni più europeista di diversi altri paesi regionali in Sicilia e i due del Vecchio continente referendum consultivi di Lombardia e Veneto per accentuare l’autonomia fiscale. Un’eventuale sconfitta in Sicilia, in particolare, potrebbe indebolire la posizione del segretario del Pd e offrire più libertà d’azione a diversi dirigenti del partito che vorrebbero una immediata ricucitura del centro-sinistra con Pisapia e i fuoriusciti di Bersani (Renzi, tutt’al più, ospiterebbe l’ex sindaco di Milano). Meno impattante, su scala nazionale, il referendum lombardo-veneto del 22 ottobre: la portata politica a breve termine si è ridotta da quando anche il Pd ha deciso di sposare i contenuti del quesito posto I 102017

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agenda; il secondo, più marcatamente politico, è il timore di un ritorno alla stagione dell’Ulivo con le raffiche di veti e diktat che paralizzano l’azione di governo. Va da sé che un sistema di voto che ammette le coalizioni vedrebbe l’accesa reazione del Movimento 5 Stelle: una legge elettorale con le coalizioni non favorisce chi, come i pentastellati, si presenta al voto senza alleanze.

ai cittadini delle due regioni, evitando quindi che la Lega si appropriasse del tutto dell’eventuale vittoria del “sì”. Resta, certo, la grana a medio-lungo termine: ovvero come poi rispondere concretamente a una probabile richiesta di maggiore autonomia da parte delle due regioni più sviluppate del paese dal punto di vista economico.

Immigrazione ed Europa, le due partite trasversali e il ruolo centrale di Gentiloni. A parere di molti osservatori la prossima campagna elettorale avrà due temi cruciali a fianco all’economia: immigrazione ed Europa. È vero, anche se la tesi rischia di essere sovrastimata. Su questi due temi, infatti, negli ultimi mesi si è assistito a un sostanziale appiattimento delle posizioni politiche di Pd, Lega, Forza Italia e M5S. Gli slogan dei leader si sono via via avvicinati se non sovrapposti. Sui migranti le parole “dure” hanno preso il sopravvento in tutte le parti politiche che ambiscono a governare il paese. Sull’Europa idem, anche se l’Italia resta – guardando al panorama politico – più europeista di diversi altri paesi del Vecchio continente. Facile immaginare che la campagna elettorale sarà una gara a chi mostra di più i denti. Nel frattempo, però, su questi due temi gli unici ad avere davvero il pallino in mano sono il premier Paolo Gentiloni e i suoi ministri. Con la linea-Minniti, il capo del governo arriva alla scadenza della legislatura con alcuni risultati in termini di contenimento degli accessi di stranieri sulle nostre coste. Con la linea-Padoan, invece, Gentiloni ha incassato nuova flessibilità dall’Ue sui conti pubblici senza i “litigi” di berlusconiana o renziana memoria. Se queste due linee d’azione saranno corroborate da un consolidamento della crescita e, soprattutto, da un’accelerazione concreta sull’occupazione giovanile, non è detto che non sia proprio Gentiloni il “convitato di pietra” g delle elezioni 2018.. ■

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Famiglia: è il momento che conti di più

di Gianni Di Santo

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problemi che attraversano la famiglia italiana, e non solo, sono piuttosto evidenti a chiunque. Le due principali emergenze ormai riguardano la denatalità crescente – nascono sempre meno bambini – e, di conseguenza, abbiamo sempre più anziani che sconvolgono quello che è e dovrebbe essere un giusto equilibrio tra generazioni». Pietro Boffi, sposato, due figli e tre nipoti, socio dell’Ac di Milano, responsabile del Centro di documentazione del Cisf, membro della Consulta nazionale di Pastorale familiare della Cei e autore di svariati libri e articoli sulle tematiche familiari, non va troppo per «È il luogo dove si il sottile quando parla di famiglia. «L’insviluppa la personalità vecchiamento è fortissimo, siamo i primi di un individuo. E dove in Europa con la Germania e nel mondo si impara a vivere con con il Giappone». gli altri. Abbiamone

cura. Diamole speranza e gambe giovani per attraversare il futuro». Per Pietro Boffi, esperto di tematiche familiari, è arrivata l’ora che la politica e il paese battano un colpo a favore della famiglia. E intanto c’è il magistero di papa Francesco…

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Potenziare gli aiuti e o o i ie s i «Pochi giovani e molti anziani – continua Pietro Boffi – significa che avremo problemi serissimi, oggi e ancor di più nel prossimo futuro, con welfare, assistenza, pensioni. Sembra che questo dato, numerico e sociale insieme, non faccia breccia nelle urgenze della nostra classe politica. Purtroppo le famiglie, nel corso

degli anni, non sono state né aiutate né coinvolte in un processo etico, civico e politico che li riguardasse direttamente, con la conseguenza che nel nostro paese si è sviluppata nel tempo una mentalità sfavorevole alla procreazione e alla responsabilità nel costruire ed “essere” famiglia». Come intervenire allora? «Potenziare gli aiuti economici e fiscali alle famiglie e prepararsi, non solo come Stato e comunità – prosegue Boffi – ma anche come nuclei familiari, alla grande massa di anziani che aumenterà in modo esponenziale. Come accoglieremo e avremo cura dei nostri anziani se non abbiamo di fatto forze giovani che possano sopperire al ricambio generazionale? Non vedo però in giro analisi lucide e nello stesso tempo foriere di politiche familiari rapide e incisive». Si è appena conclusa una Conferenza nazionale sulla famiglia... «Appunto. Qualcuno se ne è accorto? Ho notato come sia partita in grande ritardo e con contenuti piuttosto vaghi e non coinvolgenti le varie realtà che lavorano e operano con la famiglia. Ma è un’urgenza seria di un paese che vuole uscire da una crisi economica e sociale senza precedenti: la famiglia va curata». A un anno dall’Amoris laetitia È passato un anno dall’Amoris laetitia: quali novità? «Penso che questo anno in compagnia dell’Amoris laetitia sia stato un tempo molto importante per la Chiesa italiana e l’intera comunità ecclesiale. È stato un cammino davvero proficuo in direzione di un’accoglienza alla “famiglia” nel suo intero, alle sue felicità ma anche alle sue fragilità». A parte le solite polemiche, «che non mancano mai, sull’opportunità pastorale-teologica dell’esortazione apostolica che alcuni detrattori di papa Francesco hanno continuato a esternare», c’è stato «un enorme lavoro di studio e analisi vissuto nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle realtà ecclesiali anche le più lontane. Quello che voglio dire è che, al di là dei giornali, il popolo di Dio ha fatto, e continui a fare, la sua parte per

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famiglia oggi approfondire i temi, anche i più spinosi, derivanti dal documento magisteriale del papa. Questo non significa che non occorra Il termine gioia mi piace molto, fare di più, anche a liperché è una sfida anche rispetto vello di approfondimento alle tante tragedie che dominano culturale e intellettuale, il mondo. Penso da sempre che la attraverso testi e sussidi radice della gioia si trovi e nasca che aiutino farsi un’isull’argomento». nell’ambiente familiare. Per poi dea allargarsi oltre. Papa Francesco non Ma Amoris laetitia rapè un caso che usi parole intrise di presenta «certamente gioia e speranza nell’attuazione del un momento di superasuo pontificato della misericordia mento rispetto all’ultimo documento in materia, e cioè la Familiaris consortio. Un passo in avanti verso una famiglia che va sì difesa, ma anche accompagnata, curata, accarezzata». Il prossimo incontro mondiale delle famiglie (DuI 102017

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blino, agosto 2018) ha per tema: Il Vangelo della famiglia: gioia per il mondo. Un invito a parlare del bello di essere famiglia, non crede? «Certo. Il termine gioia mi piace molto, perché è una sfida anche rispetto alle tante tragedie che dominano il mondo. Penso da sempre che la radice della gioia si trovi e nasca nell’ambiente familiare. Per poi allargarsi oltre. Papa Francesco non è un caso che usi parole intrise di gioia e speranza nell’attuazione del suo pontificato della misericordia. La gioia che può muovere il mondo a incarnare il bene deriva dalla famiglia». Due parole, infine, per descrivere la famiglia. «La famiglia – conclude Boffi – è il luogo dove si sviluppa la personalità di un individuo. Ma è anche il luogo dove si impara a vivere con gli altri. Abbiamone cura. Diamole speranza. E gambe giovani g per attraversare il futuro» ■

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La solidarietà che apre le porte di casa di Maria Teresa Antognazza

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el delicato e controverso panorama dell’accoglienza dei rifugiati nel nostro paese arrivano segnali positivi di soluzioni “dal basso”, creative e originali, destinate a produrre vera integrazione. Lontano dai riflettori sono già una quarantina le famiglie italiane che hanno aperto la propria casa ospitando per alcuni mesi le persone che, dopo aver ottenuto lo status di rifugiato, L’emergenza immigrazione stanno camminando verso la piena autonomia. Il progetto di questi di questi mesi non ferma, “affidamenti” familiari fa capo alla per fortuna, le tante onlus Refugees welcome internainiziative di accoglienza tional, che in Italia opera da poco sparse nella penisola più di un anno. che vedono impegnate

molte famiglie italiane. Uno di questi progetti di affidamento fa capo alla onlus Refugees welcome international: dagli sbarchi nel Mare nostrum all’integrazione “casalinga” il passo è breve

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Alassane è un ventiduenne rifugiato della Costa d’Avorio: è arrivato in Italia nel 2015 e ce la sta mettendo tutta per trovare una sua strada personale e professionale. Sta studiando per diventare sarto e prendere la patente,

nella speranza di iniziare una nuova vita in Italia. «Sono arrivato a Lampedusa il 13 aprile 2015 su un barcone con altre 85 persone; da lì sono stato trasferito subito nel Centro di accoglienza di Bresso (Milano), dove condividevo una piccola stanza con altri 8 ragazzi. Dopo otto mesi sono stato spostato in un appartamento a Pieve Emanuele (Pavia): lì ho iniziato a studiare italiano e a occuparmi di piccoli lavori nel Comune che ci ha accolti». Oggi, dopo aver ottenuto il diritto all’asilo per motivi umanitari e il permesso di soggiorno, è ospite di una famiglia di cinque persone a Venegono Inferiore (provincia di Varese). «Non è stata una decisione presa a cuor leggero – racconta il papà, Massimo, moglie e tre figli ormai grandi –. Abbiamo deciso di accogliere questo giovane rifugiato perché pensiamo che chi dalla vita ha ricevuto tanto debba “restituire” una parte di tutto questo a chi invece è

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patente e a sistemare il curriculum per cercare lavoro».

stato meno fortunato. Sappiamo per esperienza, poi, che aiutare gli altri porta sempre beneficio anche a noi».

Sopra: Alessane in cucina dà una mano per preparare la cena. A lato, con una volontaria dell’associazione RW, referente per Varese, Francesca Puggioni

Volti e storie del disagio La storia dell’ivoriano è simile a quella degli altri ospiti accolti in venti città italiane dalle famiglie. A La Morra, in provincia di Cuneo, in una casa in campagna, vivono Michela e Giuseppe con i piccoli Leonardo e Giosuè: anche loro hanno accolto un giovane africano, Madou, originario del Mali, con permesso di soggiorno per motivi umanitari. «Perché abbiamo deciso di aprire le porte della nostra casa? Pensiamo – spiega Michela – che sia necessario affrontare di petto questo problema sociale e fare in modo che tutti i cittadini del mondo possano avere uguali possibilità di fronte alla vita. Non servono professionalità particolari o spazi esagerati, abbiamo bisogno di un mondo più umano, che sappia tendere la mano». Nessuno, né le famiglie ospitanti (le accoglienze durano in media sei mesi) né l’associazione percepiscono alcun tipo di sostegno o rimborso economico. Chi ha una stanza in più da mettere a disposizione, si impegna di garantire al rifugiato ciò che gli occorre per vivere e per spostarsi per il tempo della coabitazione. «Quando la sera ci troviamo insieme a tavola – racconta Massimo – cerchiamo di parlare un po’ di tutto, per consentire al nostro ospite di allenarsi nella lingua italiana. I nostri figli, poi, lo aiutano a capire i quiz per l’esame della I 102017

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Una speranza ritrovata Il progetto di Refugees welcome (http:// refugees-welcome. it/), nato in Germania nel 2014 e pian piano diffuso in tutta Europa, affronta concretamente il nodo del destino di quanti, una volta completato l’iter del riconoscimento di asilo, escono dai centri accreditati, non hanno più sostegno statale e si ritrovano senza soldi, casa e lavoro. «Dopo tanti anni di guerra – racconta Halima – avevamo perso la speranza: pur essendo rifugiati in Italia, la guerra per noi continuava in un’altra forma. Grazie alla famiglia italiana che ci ospita la nostra vita sta cambiando e abbiamo ritrovato la forza di credere in un nuovo inizio. Non c’è nulla al mondo più bello che avere un tetto sicuro, e di sapere che, quando esci la mattina, la sera sai dove rientrare. Prima invece abitavamo in una casa occupata e avevamo sempre paura di essere sgomberati». Le convivenze sono le più varie: famiglie giovani con bambini piccoli come Michele e Giuseppe, o con ragazzi grandi, come nel caso dei figli di Massimo; persone anziane come Concetta, catanese di 85 anni, che ha aperto casa ad Alpha un giovane ragazzo del Gambia. Ma la onlus sta avviando anche altre iniziative per garantire un ponte ai rifugiati verso la ricerca della propria autonomia. A Busto Arsizio (Varese), per esempio, a ottobre inizia una coabitazione in un appartamento fra due giovani rifugiati e due coetanei italiani, mentre la recentissima partnership con Airbnb rafforza la rete di Refugees welcome sul territorio di Roma e Milano: oltre alle famiglie anche gli host di Airbnb potranno offrire un appoggio per qualche giorno e in casi specifici ai rifugiati che, usciti dalle cooperative, g vengono presi in carico dalla onlus. ■

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Baldisseri ai giovani: «Leggete i Vangeli»

intervista con Lorenzo Baldisseri

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a Chiesa mette al centro i giovani, perché i giovani sono il motore della storia». Il cardinale Lorenzo di Gioele Anni Baldisseri incontra i giovani di Ac nel campo nazionale estivo a Fognano di Brisighella (Ravenna). Sono i giorni del caldo record ma né il cardinale, né i giovani si risparmiano. Un’intera mattinata di confronto e ascolto, di domande e risposte. Si sente che è un tempo speciale per la «Andate controcorrente». È l’invito del Segretario generale Chiesa: nell’ottobre 2018 si terrà il Sinodo dedicato a I del Sinodo rivolto attraverso giovani, la fede e il discerniquesta chiacchierata con Segno. mento vocazionale. L’Azione Il prossimo appuntamento cattolica è impegnata a tutti dei vescovi si avvicina e i livelli per preparare questo l’incoraggiamento ha il volto di Gesù. I testi di Marco, Matteo, appuntamento, e l’incontro Luca e Giovanni «sono i manuali» con il card. Baldisseri è di particolare importanza. Perper vincere il conformismo ché il cardinale ha una grane testimoniare la fede nella vita de responsabilità: è il segredi ogni giorno. Il compito tario generale del Sinodo dei dei laici: essere figure Vescovi, chiamato da papa «attive e propositive» Francesco in persona. Ha gestito le due assemblee sulla famiglia e ora si prepara a coordinare i lavori dedicati ai giovani. Eminenza, il Sinodo dei giovani si avvicina. Come è stato accolto il Documento preparatorio? Percepisco tanto entusiasmo. Il Documento è nato dal lavoro di un gruppo di esperti: i contenuti e il linguaggio sono apprezzati e ritenuti in linea con le sfide che i giovani affrontano nelle diverse parti del mondo.

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Nel Documento la parola “vocazione” è intesa in senso ampio, e non è legata solo alla vita consacrata. Crede che questa sottolineatura sia stata recepita? Comincia a essere recepita. È un punto importante perché vogliamo tenere presenti tutte le scelte di vita dei giovani. Il discernimento vocazionale serve a vivere la vita come risposta a una chiamata, e nella stragrande maggioranza dei casi la vocazione dei giovani è quella alla vita matrimoniale. In questo senso, possiamo pensare al Sinodo del 2018 come una continuazione dei due Sinodi sulla famiglia. Per la prima volta è stato aperto un sito web dedicato al Sinodo (youth.synod2018.va), con un questionario online rivolto a tutti. Perché? Perché questi strumenti permettono di avere un canale di comunicazione diretto con i giovani di tutto il mondo. Il questionario ha avuto subito un

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quale Chiesa Alla Gmg di Cracovia papa Francesco disse ai giovani che «la Chiesa guarda a voi per imparare». Che cosa può imparare la Chiesa dai giovani? In primo luogo, che i giovani ci sono e hanno bisogno di spazio. Se questo spazio non ce l’hanno, se lo creano. I giovani oggi sono presenti, e vogliono vivere la loro vita con un progetto. Un progetto che non riguarda solo se stessi, ma anche la famiglia e la società tutta.

Sempre più spesso i giovani si allontanano dai genitori e si ritrovano soli nei momenti più delicati della vita. C’è bisogno quindi di accompagnare i giovani, perché non si ritrovino ad abbracciare situazioni negative, e anche di aiutare le famiglie a sostenere i propri figli senza essere oppressive nel percorso di crescita

Nelle foto: il card. Baldisseri incontra i giovani di Ac. Sopra, con il vicepresidente Michele Tridente (foto di Giovanni Antonini)

Alcune diocesi, come Padova e Faenza, hanno già avviato un Sinodo diocesano dei giovani. Lei auspica che ci siano altri Sinodi a livello locale? Sì, lo auspico molto. Sono una bella preparazione in vista del 2018, e potranno servire da catena di trasmissione per l’applicazione di ciò che emergerà dopo l’assemblea dei Vescovi. I 102017

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ottimo risultato: solo nella prima settimana ci sono stati 137.000 contatti. Utilizzeremo poi il sito per rilanciare le iniziative provenienti dalle diocesi. Inoltre il Santo Padre, due volte al mese, pubblicherà sul suo profilo twitter un pensiero sui giovani.

Ma la realtà giovanile lancia anche tante sfide... Certamente. Leggere i segni dei tempi ci porta a un esame più approfondito dei fenomeni di devianza che segnano la vita di molti giovani in tutto il mondo. Mi sembra che il problema principale oggi sia questo: sempre più spesso i giovani si allontanano dai genitori e si ritrovano soli nei momenti più delicati della vita. C’è bisogno quindi di accompagnare i giovani, perché non si ritrovino ad abbracciare situazioni negative, e anche di aiutare le famiglie a sostenere i propri figli senza essere oppressive nel percorso di crescita. Ai giovani di Taiwan ha detto, riprendendo un proverbio orientale, che «l’unico pesce che segue la corrente è il pesce morto». Chi è oggi un giovane che va “controcorrente”? È una persona che ha una convinzione profonda, maturata grazie alla fede, dei grandi valori umani della vita. Andare controcorrente non è solo essere anticonformisti. È qualcosa di più, è saper dire in certe situazioni: “No, questa cosa non la faccio, perché non è d’accordo con i miei principi”. Questo è possibile solo se ci si fonda su una persona affidabile, che è Gesù. E cosa consiglia a un giovane che vuole essere controcorrente? Di leggere i Vangeli! Prima Marco, poi Matteo, Luca

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dottrina e un credo ben definiti, ma è importante vedere in che misura ogni persona riesce a fare proprio questo credo. Si tratta di un cammino, che inizia col Battesimo e matura via via nel tempo. Certamente la Chiesa ha sempre dato un valore cruciale alla coscienza, ma questa centralità è un approccio nuovo che dobbiamo a papa Francesco.

e Giovanni. La parola e la testimonianza di Gesù sono la prova del suo andare controcorrente. Anzi, potremmo dire che i quattro Vangeli sono i “manuali” per essere giovani controcorrente. Torniamo ai due Sinodi sulla famiglia. Qual è a suo parere un’eredità nascosta che magari non ha fatto notizia, ma sarà valorizzata nei prossimi anni? È il valore della coscienza. Credo che questo sia il punto focale di tutto. La Chiesa propone una

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E nella Chiesa sinodale qual è il posto dei laici? I laici hanno il compito di abitare questo tempo, cercando di non clericalizzarsi. Nella Chiesa non devono solo ascoltare e imparare, ma anche essere figure attive e propositive. Così esprimono il sensus fidelium, la percezione di fede che ogni membro del popolo di Dio sviluppa a modo proprio con l’assistenza dello Spirito Santo. Le autorità ecclesiali, in forza del mandato di Gesù, guidano il sensus fidelium nel discernimento della comunità: g questa è la sinodalità di cui parla il papa. ■

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Se anche tu, come me, hai conosciuto o tocchi quotidianamente con mano la bellezza e l’importanza della proposta di bene che l’Azione Cattolica Italiana porta avanti ogni giorno per prendersi cura della vita di centinaia di migliaia di persone, dona un contributo. Anche grazie a te, questa Bella storia potrà così continuare a dare frutti per le donne e gli uomini, i ragazzi, i giovani e gli adulti del nostro tempo. L’Azione Cattolica Italiana, infatti, è una eccezionale storia di santità, lunga 150 anni, semplice e quotidiana, fatta delle vite ordinarie di tantissime persone e di tante comunità. AC è cammino di fede e di testimonianza condiviso. AC è impegno a servizio del Bene Comune. AC è accoglienza, cura e promozione dell’esistenza di ogni persona, in tutte le età della vita. AC è formazione e missione, alla scuola di Gesù per l’evangelizzazione, sulle strade del mondo. AC è “Chiesa in uscita”, nelle grandi città e nei piccoli paesi, nelle scuole e nel mondo del lavoro, nelle parrocchie e nei quartieri. Con tutti e per tutti. Anche tu puoi sostenere le attività dell’Azione Cattolica Italiana, vai su www.azionecattolica.it e clicca su DONA ORA!

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A VITA

RIMAT

E O D LL

il primato della vita

- IL P

Gli strumenti della vita spirituale/7

Chiamati a tendere una mano di Marco Ghiazza

N

ello scorso numero abbiamo provato a descrivere lo strumento dell’accompagnamento spirituale a partire da una icona e da una pagina di Vangelo. La nostra ricerca prosegue attraverso le parole di chi, a Casa San Girolamo a Spello, ha provato a rileggere la sua esperienza di accompagnamento. Raccogliamo alcune di queste voci perché stimolino altrettante considerazioni: «Oggi c’è un grande bisogno di Nel racconto della vita siamo raccontarsi»; «Tendiamo più a essere accomchiamati a rintracciare i pagnatori che a farci accompasegni della presenza del gnare (nella coppia, con i figli, Risorto che cammina con con i genitori anziani...): è qui noi, che incoraggia, che che scatta l’efficientismo, il voler perdona, che chiama a rispondere a tutto e a tutti. Ma conversione, che libera e guarisce. L’accompagnamento accompagnare senza lasciarsi accompagnare non è possibile»; spirituale non riguarda «Le virtù di un accompagnatore altro rispetto alla nostra sono: la pazienza, il rispetto dei ferialità. In esso possiamo tempi dell’altro, la generosità nel sperimentare una salvezza per il presente, che alimenta dare del tempo, l’amore per Gesù e la sua Parola: essere uomini e la speranza per l’avvenire

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donne di fede. Le virtù di chi è accompagnato: il riconoscersi bisognosi di essere aiutati; la capacità di ascoltare un punto di vista differente; la capacità di non creare un rapporto di dipendenza»; «Il matrimonio è il sacramento dell’accompagnamento: ci fa vivere sia l’essere accompagnato che l’accompagnare. La vita di coppia è una palestra di accompagnamento»; «Chi ho avuto come accompagnatore? Tanti: tutti coloro che mi hanno detto: “Coraggio! Alzati, ti chiama!”»; «C’è una specifica dimensione spirituale: chi accompagna è un uomo di fede, che valuta le situazioni alla luce della Parola. È molto differente da una chiacchierata»; «Una certa asimmetria serve a mantenere la libertà per entrambi: l’accompagnatore non solo ti dice il suo punto di vista, ma vuole aiutarti a maturare una tua visione». Moltiplicare le esperienze di accompagnamento Ci sono alcuni itinerari vocazionali che sono caratterizzati strutturalmente, istituzionalmente dalla presenza di una figura di accompagnamento: basti pensare al delicato servizio dei padri spirituali nei seminari o dei maestri e maestre di novizi e novizie. La vita laicale appare per certi versi più disarmata: la ricerca di una figura di accompagnamento è demandata a coloro che ne sentono profondamente il bisogno, magari in un passaggio delicato della vita o in una stagione faticosa, quando i dubbi si fanno più pesanti. D’altra parte, come quanto sopra riportato ha fatto emergere, è possibile sperimentare in essa e grazie alle sue specifiche caratteristiche un modo diverso di vivere l’accompagnamento. Pur riconoscendo una preziosa unicità a quel rapporto che, nella continuità, può aiutare ciascuno a formare la propria coscienza secondo il Vangelo, è pensabile moltiplicare le esperienze di accompagnamento –

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il primato della vita più estemporanee ma non meno significative – e i soggetti in esse coinvolti. Diviene discriminante non il titolo, il ruolo, ma la fede dell’accompagnatore: la sua capacità di guardare la vita con la luce della Parola (anche se appare sempre più urgente che gli assistenti qualifichino il loro servizio proprio nella disponibilità all’accompagnamento). Vengono ridimensionate l’ansia da prestazione di chi, come un antico oracolo, vorrebbe avere una risposta per tutto e pure la tentazione deresponsabilizzante di chi attende delle direttive da eseguire. Emerge la gratuità di chi ha saputo, per un momento o per un tempo, stare accanto e avere cura di un amico, di qualcuno a cui ci si sente legati e nei confronti del quale si avverte una responsabilità. Sì, siamo custodi gli uni degli altri e per questo siamo chiamati ad accompagnare, a camminare insieme. Emergono pure i bisogni: quello di essere aiutati, sempre complesso da esprimere perché l’orgoglio mina continuamente il nostro consegnarci e perché la fiducia è un rischio che non sempre siamo disposti a correre.

A sinistra: Casa San Girolamo a Spello

Raccontarsi fa sempre bene Il bisogno, inoltre, di raccontarsi. Perché nel descrivere a un altro la mia situazione sono spesso aiutato a chiarirla a me stesso. Ma anche, più I 102017

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profondamente, perché nessuno debba giudicare insignificante la sua esistenza o debba vivere di “grandi eventi” (lieti o tristi) anche nella sua ricerca di fede. Perché, infine, tutta la Scrittura ci insegna che Dio si rivela nella storia; così, nel racconto della vita, noi siamo chiamati a rintracciare i segni della presenza del Risorto che cammina con noi, che incoraggia, che perdona, che chiama a conversione, che libera e guarisce. L’accompagnamento spirituale non riguarda altro rispetto alla nostra ferialità: come abbiamo cercato di dire nello scorso numero, esso non punta in prima battuta a modificare la realtà (tantomeno a distrarci da essa in modo alienante) quanto a offrirci uno sguardo differente. La vita ci appare come un’avventura complessa: nei suoi snodi cruciali; nelle sue stagioni e nelle conseguenze che portano al nostro corpo e alle nostre capacità; nelle dinamiche domestiche, familiari, parentali; nei rapporti professionali; nelle ricerche e nei dibattiti culturali; nell’evolversi della nostra dimensione religiosa. Davanti a questa complessità non siamo chiamati ad abbatterci: questo ci spingerebbe a fuggire la realtà, a negarla a noi stessi, a idealizzarne delle parti. Siamo chiamati piuttosto a tendere una mano, nella speranza di trovarne un’altra pronta a stringerci e a camminare con noi. Nell’accompagnamento possiamo sperimentare una salvezza per il presente, che alimenta gg la speranza per l’avvenire. ■ ■

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orizzonti d Ac

In cammino, lungo le terre inesplorate dell’incontro

di Gianni Di Santo

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ustodire, generare, abitare. Sono i tre verbi del futuro per un’Ac che ha sempre desiderio di mettersi al servizio del paese e della Chiesa. Con la sua storia, lunga ormai 150 anni. E con i suoi volti di giovani e adulti, passando per i ragazzi e gli anziani, intrisi di passione e impegno sul piano educativo, pastorale e sociale che implica però anche una ricerca personale e spirituale. E così, dopo la XVI Assemblea nazionale dell’Azione cattolica italiana, segnate dall’incontro intenso e carico di significati con Francesco, lo scorso 30 aprile, A Bologna lo scorso 8-10 ecco il primo appuntamento settembre si sono riuniti programmatico per il triennio i presidenti e assistenti 2017-2020. Un Convegno diocesani per prepararsi al che ha visto i presidenti e prossimo triennio associativo assistenti diocesani unitari e ricco di impegni. La prima regionali di Azione cattolica parte del Convegno ha fatto convergere a Bologna (8-10 memoria della lunga storia settembre) per riflettere sul dell’Ac. Poi il presidente tema «Vi precede in Galilea». Truffelli ha tracciato le rotte Custodire-generare-abitare. per “incamminarsi lungo la Galilea” e mons. Sigismondi ha Un convegno che è iniziato elencato un prezioso “decalogo con un momento pubblico organizzato dall’Isacem – lo per il discernimento”

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stesso presidente Matteo Truffelli ha ribadito come non fosse un’appendice ma la prima parte del convegno stesso – dove una folta platea ha ascoltato il racconto dell’Ac lungo i suoi 150 anni di storia (vedi il box in pagina). La memoria, il presente e il futuro Nei verbi che faranno da filo conduttore per il prossimo triennio, l’Ac non può dimenticare la memoria, che aiuta a vivere il presente e prepara un buon futuro. È lo stesso Matteo Truffelli a ribadirlo: «la storia ci aiuta a capire che nei 150 anni di vita dell’Azione cattolica siamo stati fedeli alla nostra identità perché abbiamo saputo cambiare. Abbiamo saputo leggere e interpretare il tempo per stare dentro di esso». «La nostra storia ci insegna – continua Truffelli – l’arte e l’importanza del discernimento, del discernimento comunitario: capire come essere Ac oggi». L’Ac deve «porsi in ascolto della vita della propria realtà particolare per capire quali priorità assumere per il triennio, e attraverso quali modalità e quali scelte concrete lavorare per esse». Perché «è questo che è richiesto ai cittadini di Galilea: la Galilea, ci ricordava mons. Mansueto Bianchi, è la terra “tipica del laico di Azione cattolica”, perché è la terra della contaminazione, la terra

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orizzonti di Ac

Il decalogo di mons. Sigismondi A questo cammino in terre inesplorate, fecondo e pieno di speranza, ha fatto cenno l’assistente generale di Ac, mons. Gualtiero Sigismondi, che, in un’ampia e apprezzata relazione sul discernimento, ha elencato una sorta di decalogo che lo sorregga. «Il discernimento è un esercizio alto di sinodalità che esprime il mistero della Chiesa: la comunione». E un vero discernimento esige lo sguardo fisso su Gesù. Tra i punti da annotare nella nostra agendella pluralità, del velamento di Dio, la terra in cui da quotidiana del discernimento, ci sono: stimare gli non è facile distinguere con chiarezza immediata il altri superiori a se stessi gareggiando nel sopporbene, il giusto, la verità. Ma è anche il luogo della tarsi a vicenda nell’amore; saper nutrire un po’ di vita, la parabola della città. E proprio per questo è diffidenza verso il proprio giudizio; trovare soluzioni anche il luogo dove è iniziato il cammino di Gesù, condivise cercando i punti di convergenza a partiil cammino della Chiesa, e perciò dove comincia il re da quelli di tangenza tendendo al massimo bene cammino di ogni cristiano». possibile e non al minimo indispensabile; coniugare L’Ac in cammino è un’Ac missionaria. «Cosa signifianalisi e sintesi: “non basta utilizzare il telescopio ma ca per l’Ac farsi più missionaria? – si chiede Truffelli A lato: il convegno di anche il microscopio” perché il tutto è più impor–. Non ci sono risposte facili. Dovremo capirlo inapertura a Bologna sui tante della parte; riconoscere che un’individuazione sieme, in questi e nei prossimi anni. Battendo sen150 anni di Ac. dei fini da sola non basta senza i mezzi concreti per tieri nuovi, esplorando nuove modalità e iniziative. E Sopra, il presidente raggiungerli; avere memoria del futuro interpretando condividendo le esperienze vissute, per capire come Truffelli e l’assistente, “i sogni degli anziani e le visioni dei giovani” senza farne patrimonio comune. Per cercare di spingere mons. Sigismondi, cedere la Parola alla nostalgia e all’utopia perché l’associazione occorre sporgersi in avanti, per farsi aprono la riflessione entrambe soffocano la profezia; avere l’umiltà di sempre più prossima alla vita delle persone». “associativa” avviare processi a lunga Convegno Isacem scadenza senza lasciarsi Azione cattolica, una storia lunga centocinquant’anni superare dall’ossessione di Mons. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, ha portato i saluti della chiesa diocesana ai raggiungere risultati immepresidenti diocesani e assistenti ecclesiastici dell’Azione cattolica italiana convenuti a Bologna diati; imparare a tendere per tre giorni di riflessione e dibattito orientati a programmare l’attività dell’associazione. l’orecchio alla Parola di Dio L’appuntamento nel capoluogo emiliano ha preso avvio l’8 settembre con un momento pubbli- e a sentire il polso del tempo co, nell’auditorium Enzo Biagi della Biblioteca cittadina, sul tema Una storia lunga centocin- e della vita; avere la serena quant’anni. L’Azione cattolica nella vita del Paese, nell’ambito delle celebrazioni per il secolo e consapevolezza che tutto mezzo di fondazione della più antica associazione laicale cattolica del paese. Raffaele Cananzi, concorre al bene; tenere presidente dell’Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia insieme dottrina e pastorale. Paolo VI (Isacem) che ha organizzato il convegno storico, ha ricordato le origini bolognesi Infine, alla base del discerdell’Ac, città di Giovanni Acquaderni (1839-1922), fondatore, assieme al viterbese Mario Fani, nimento c’è la preghiera. della prima Società della gioventù cattolica, nucleo originario dell’Ac. Sono seguite le relazioni Senza la preghiera non c’è di Giampaolo Venturi proprio sulla figura di Acquaderni; di Giorgio Vecchio sulla storia di Ac la concordia. E senza la nell’età contemporanea in rapporto alle vicende della Chiesa e del paese; di Paolo Trionfini concordia, non esiste Peng tecoste. ■ (direttore Isacem) su Un’originale forma associativa: il laicato dell’Azione cattolica italiana. I 102017

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orizzonti d Ac di Giovanna Parrino*

A San Giuseppe Jato il murales della speranza

«A

saperlo mi vestivo da muratore, c’è da sporcarsi veramente»: sono le prime battute di Claudio, giovanissimo dell’Ac di San Giuseppe Jato, un comune della città metropolitana di Palermo, nell’arcidiocesi di Monreale. Era rimasto incredulo fino al momento in cui, pennello in mano insieme Un bambino, un insegnante, una penna e un libro possono al suo gruppo, agli educatori e a tanti ragazzi del quartiere, si cambiare il mondo. Si tratta è realmente ritrovato a lasciare della celebre frase della il proprio contributo in una pagiovane Malala, premio rete grigia e deturpata, che in Nobel per la Pace, ben una giornata si è trasformata in visibile salendo le scale di un’opera d’arte. San Giuseppe Jato, comune Siamo in Sicilia, è il 22 luglio e della città metropolitana di la giornata inizia all’alba. Tutto Palermo. È così che l’Ac ha voluto “abitare” un quartiere il quartiere attende da mesi la realizzazione del murales, c’è con l’aiuto dell’artista Giuseppe Vaccaro, amante del pure chi ha messo a disposizione i propri attrezzi da lavoro e il blu e della street art. Hanno tempo libero per le fasi prelimiaderito in tanti, bambini e nari. Un’azione dal basso, autoadulti, per un desiderio di finanziata, capace di tirar fuori futuro diverso lo stupore e la voglia di “sporcarsi le mani” per passare da un sogno alla realtà, dall’elencazione infinita di tutti i disservizi e i problemi alla straordinaria energia che si sprigiona quando insieme ci si ritrova a vivere con occhi nuovi un quartiere, fino a sentirlo come un’estensione della tua casa, una parte di te. Ecco che al termine di un A lato: anno associativo dedicato Giovanna Parrino e alla cura e alla salvaguarl’artista dia del creato, alla scoperta Giuseppe Vaccaro. della Laudato si’, si è pasNelle altre foto: il blu sati all’azione, alla missione, speranza che ha coloall’annuncio. Giovanissimi in rato San Giuseppe Jato

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azione grazie ad adulti appassionati, a cittadini attivi, a laici impegnati che abitano la città e trafficano talenti perché le generazioni che si incontrano lasciano sempre spazio all’imprevedibile. Un quartiere in festa Il “bisogno” del murales nasce dal desiderio di regalare al quartiere e ai suoi numerosi bambini una giornata di appartenenza e di festa, di ritrovo e di conoscenza reciproca, di arte e cultura. A pochi metri dalla scalinata che ha accolto il murales, visibile da chiunque transiti il corso principale, vi è la scuola primaria “Giovanni Falcone” e tutto l’anno la popolazione studentesca si ritroverà uno scorcio da ammirare e un monito da meditare con l’aiuto di genitori e insegnanti: Un bambino, un insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo. Si tratta della celebre frase della giovane Malala, premio Nobel per la Pace, ben visibile salendo le scale. Così dall’amicizia in Ac con un giovane e brillante artista di Partinico, Giuseppe Vaccaro, amante del blu e della street art, un amico conosciuto grazie all’associazione, il quartiere si è animato: bambini che non si erano mai visti hanno guardato con stupore la magia di un pennello che crea forme e colori dando il loro contributo. Dai

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orizzonti di Ac like sui social alla presenza di molti amici anche dell’Ac diocesana, dalla disponibilità dell’amministrazione comunale pronta ad autorizzare i lavori, in tanti hanno fatto sentire il loro apprezzamento ed entusiasmo. Credere nella forza del bene Le idee sono come la luce, cercano la luce... e talvolta, dopo un lento travaglio, vengono alla luce. È questa la motivazione che ci ha spinti a riprodurre la famosa opera di Vincent Van Gogh. Che questo sia avvenuto a San Giuseppe Jato, da molti conosciuta per la mafia, è credere nella forza del bene che è dentro ognuno di noi. Diventiamo grandi insieme diamo luce a questo mondo, il ritornello ricorrente durante la giornata che ha visto i nostri ragazzi annunciare e contagiare la gioia. Nell’attesa, chi con la chitarra in mano, chi con un libro o un gioco hanno popolato il quartiere portando tutto quanto di più bello e sano li anima. Basta realmente poco per narrare, testimoniare o far rinascere la speranza. «In Azione cattolica impariamo il valore della bellezza, della condivisione e del bene comune e oggi siamo protagonisti attivi di un bel cambiamento», Maria commentava così uno scatto fotografico di una giornata che per tanti gg rimarrà memorabile. ■ ■ *presidente diocesana Ac “Beata Pina Suriano” di Monreale I 102017

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ieri e domani di Alessandra Gaetani

Insieme si cresce

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iubileo per i campi scuola di Ac della diocesi di Siena-Colle Di Val D’Elsa-Montalcino. Una mostra fotografica per condividere i ricordi e i traguardi formativi. Un’esperienza – non certo unica nell’associazione nazionale, ma interessante, originale ed emblematica – che vi raccontiamo tramite le voci dei protagonisti. Primo fra tutti chi li ha visti nascere: Aureliano Inglesi, 86 anni, presidente diocesano dal 1967 al L’Ac di Siena - Colle Di 1975, poi delegato regionale, conVal D’Elsa - Montalcino sigliere e segretario nazionale dal festeggia 50 anni 1992 al 1998. di campi scuola. Come nacque quest’idea nel ‘68? Una tempo di amicizia «Dall’assistente diocesano mons. che viene raccontata Orlando Donati. Nel 1967 partecidai protagonisti, adulti pò a un campo scuola sulle Doloe giovani, con allegria miti. Con la collaborazione di laici e «gioia dello stare e sacerdoti individuammo la sede insieme, nella diversità nella Casa di Vivo d’Orcia, dove e nella corresponsabilità, tutt’ora si svolgono». condividendo preghiera, Quali contenuti vennero affrontati? gruppi di studio, giochi. «Lo studio della Bibbia – risponde Al centro c’è l’incontro Aureliano Inglesi – e i documenti con un amico che del Concilio Vaticano II con partiè origine e fine di colare riferimento al ruolo dei laici queste esperienze: Gesù»

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nella Chiesa». Come avete raggiunto i 50 anni ininterrotti? «Grazie al coinvolgimento degli organismi associativi diocesani e dei sacerdoti. A metà anni ‘70 li organizzammo anche per le famiglie. L’attività entrò nella vita pastorale della diocesi. L’arcivescovo Mario Castellano, che fu anche ecclesiastico generale di Ac, ne fu grande sostenitore». La parola va a Carlo Rossi, presidente diocesano dal 1982 al 1990. Poi consigliere nazionale e vice sindaco di Siena dal 2001 al 2006. È presidente della Cooperativa La sorgente che gestisce la casa in cui si svolgono i campi. Quando ha iniziato a partecipare e in che veste? «Nel 1969, a 16 anni. Nel 1970 fu invitato Carlo Carretto e vivemmo un’esperienza spirituale eccezionale. Mi cambiò la vita». Come li ha visti mutare? «È cambiato l’atteggiamento. Per noi – riflette Rossi – importava la novità dello stare insieme e condividere un’esperienza di vita comunitaria intensa. Un momento di fede e spiritualità per certi versi unico e irripetibile. L’effetto novità si è ridotto, ma quello spirituale e formativo permane». Quale aspetto li caratterizza? «La formazione e la vita comunitaria», aggiunge senza indugio. Arriviamo ai giovani. Andrea Pallassini, 30 anni. «Sono stato educatore per 7 anni», afferma. Cosa

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della diocesi di Siena nel corso degli anni...

ieri e domani

Nelle foto: i campi scuola

si aspettano ragazzi e famiglie? «I ragazzi l’unicità dell’esperienza. Molti, trascinati dagli amici e dal passaparola, hanno continuato avvicinandosi alla parrocchia, soprattutto alla Chiesa. I genitori hanno le stesse aspettative, anche se molti guardano più l’aspetto ludico. Nei campi c’è sempre la giornata dedicata a loro». L’aspetto più impegnativo? «La preparazione. Per trasmettere bene ai ragazzi – risponde Pallassini – occorre prepararsi al meglio. Un aspetto bello è il ricordo. Quando incontro dei ragazzi a cui ho fatto il campo scuola capisco che si ricordano di me». Letizia Forzoni ne ha frequentati 14. «Ho 21 anni, vengo da Poggibonsi e ci vado dalla quarta elementare. Anche come educatrice». Perché ripetere questa esperienza? «Per la bellezza: le relazioni, lo sguardo d’amore e cura degli educatori che fanno sentire i ragazzi preziosi e unici, la gioia dello stare insieme, nella diversità e nella corresponsabilità, condividendo preghiera, gruppi di studio, giochi. Al centro c’è l’incontro con un amico che è origine e fine di queste esperienze: Gesù. Ogni anno ho scoperto qualcosa di più su Gesù che mi cerca, mi chiama e vuole mostrarmi la strada verso la gioia piena». Nell’era dei social con cui si può dialogare in ogni parte del mondo perché questa esperienza? Letizia Forzoni risponde: «Per recuperare la realtà fisica e spirituale: il contatto con il Creato, un protagonista del campo; e la dinamica umana della relazione parlando a quattr’occhi, dandosi un abbraccio reale, ascoltarsi dal vivo e non in diretta, g ritagliando tempo per il silenzio e la preghiera». ■

Esperienza da continuare

Mostra, gruppo facebook e tanta passione per l’Ac

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l presidente diocesano Ac, Alessandro Pagliantini, ci dà qualche numero. «Hanno partecipato quasi 10mila persone in questi anni. Copriamo tutte le fasce dai 6-8 anni agli adultissimi. Tra i 30 e i 50 partecipanti per campo. Ognuno dura una settimana (per 6-8 è di 4 giorni). Inoltre il campo per i responsabili». Perché la mostra? «Per coinvolgere e avvicinare chi ha percorso un tratto di questo cammino, riallacciare i rapporti. La ricorrenza si integra con il custodire del 2018. Il gruppo facebook 50 anni di campi scuola dell’Azione cattolica al Vivo ricerca materiale. È un progetto aperto a integrazioni, cercheremo di portarla in tutta la diocesi e di sintetizzarla in una pubblicazione». I 102017

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INI BERTO PIUM testi di: RO IUSY CAPIZZI i di: G illustrazion

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Il camminoo del nonn

C’era un nonno che tre volte alla settimana, alle 16 in punto, andava a prendere a scuola il nipotino Simone. La casa del nonno non era lontana dalla scuola, e il nonno, partendo venti minuti prima delle 16, arrivava sempre in tempo. Un giorno, però, dopo un centinaio di passi, il nonno appoggiò il piede destro su un dislivello del marciapiede. – Ahi! – disse, perché il piede

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gli faceva male. Zoppicando un po’, continuò a camminare, per non arrivare in ritardo alla scuola. Dopo altri duecento metri, però, mise l’altro piede, quello che non gli faceva male, su una cacca di cane. Le cacche di cane puzzano molto, così il nonno, piuttosto innervosito, cercò di pulire la suola contro il bordo del marciapiede e l’erba che cresceva lungo il muro, poi continuò a camminare, zoppicando e sentendo quel cattivo odore, perché non

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voleva arrivare tardi alla scuola. Ma ecco, cento metri più avanti, due uomini che litigavano, si insultavano, si prendevano a schiaffi e pugni. Il nonno si fermò, e insieme a un’altra persona calmò i due litiganti, finché si calmarono, smisero e se ne andarono, uno di qua e l’altro di là. Il nonno riprese a camminare, zoppicando, col cattivo odore e la tristezza di quella scena violenta. In più, temeva di aver perso tempo, e di non arrivare

a scuola al momento dell’uscita. Invece arrivò proprio mentre i primi bambini uscivano, correndo incontro alle mamme, ai papà o agli altri nonni venuti a prenderli. Anche Simone, quando lo vide, sorrise, gridò: – Nonno! –, gli corse incontro a braccia aperte, e lo abbracciò. Ed ecco, in un istante, al nonno passò il dolore di quell’inciampo, passò la tristezza di quel litigio, e persino la puzza di quella cacca di cane si trasformò in profumo di gelsomino.

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spazio aperto

segue da pag. 1 Il decalogo offertoci a Bologna da mons. Sigismondi [si veda la cronaca del convegno nelle pagine interne, ndr.] compone in maniera armonica le tre dimensioni e diventa strumento privilegiato perché si sia capaci di andare “oltre l’arbitrio e la ripetizione”. Il cammino della Chiesa è la rotta da seguire, il discernimento l’arte che accompagna la navigazione rendendola meno incerta, restava da individuare le insenature o le calette presso cui sostare: la parrocchia come luogo del radicamento, la capacità di coniugare il vangelo con la vita come stile laicale; la popolarità come dimensione costituiva dell’associazione; le alleanze da stringere perché la navigazione non sia in solitaria; e, infine, i giovani come destinatari di un’eredità da consegnare. Come in ogni carta di navigazione le avvertenze finali. Per evitare la navigazione in solitaria tenere vivo il rapporto tra le varie imbarcazioni per lo scambio necessario di informazioni: l’Ac è una composita flotta che naviga nel mare della Chiesa italiana. Riscoprire

■ Verso il Sinodo: un libro

Gentile redazione, ho letto in questi giorni un libro che penso meriti di essere segnalato su Segno, visto l’imminente Sinodo dei giovani: si tratta di D. Migliorini, Lettere di un giovane, ai giovani. La fede nell’età delle domande, tra fascino e follia (Piemme). È stata una bella scoperta estiva. Offre davvero un approccio fresco ma profondo, uno sguardo alla realtà giovanile, alle sue domande profonde e inquiete. Non è a queste, del resto, che la g nostra Chiesa sta cercando, con nuovo slancio, di rispondere? ■ Gloria, Foggia

DonaOra: il mio regalo

Non ci deve essere per forza una ragione per fare un regalo. Sì, c’è il compleanno, l’anniversario, la laurea, il Natale... Ma poi c’è il regalo che fai così, solo per il tuo piacere, perché hai bisogno

continuamente il desiderio e la passione del mare che spingono ad abbandonare la noia del porto per assaporare il rischio di solcare le onde anche quando non si è “lupi di mare” (anche un grande esploratore del passato era partito per raggiungere le Indie e divenne scopritore di un nuovo continente!). Insieme, con passione e con la necessaria dose di coraggio riprendere il largo... Se l’Ac è la barca, chi spinge la vela è lo Spirito che soffia oltre gli orizzonti brevi dei nostri piccoli sogni verso nuove primavere. Sarà allora possibile e vicina una Chiesa accogliente e liberante, un linguaggio fresco e vitale per dire la bellezza del vangelo, coltivare e opeg rare per il sogno di comunità semplici e felici. ■ *vice assistente generale dell’Azione cattolica italiana

di dire “ti penso, sei importante, grazie che ci sei!”. Nel mio caso, il piacere è piacere di restituire. Restituire all’Azione cattolica un granello di quello che mi ha dato negli anni. Con lei sono cresciuta. Lei mi ha accolto e indirizzato. Insieme ci siamo divertite e abbiamo passato gli “anta”. A lei, oltre che alla mia famiglia, devo quello che sono diventata. Se sono una persona solida, se non mi sono smarrita, se ho avuto la capacità di ricominciare dopo le cadute, e le energie per far crescere mio figlio come persona retta... Potrei dire che faccio una piccola offerta per contribuire a progetto del Tappeto di Iqbal, o per le celebrazioni dei 150 anni, ma non è vero. Sì, tutto questo è importante perché la fede si deve incarnare nella concretezza. Però il mio soldino serve più a me che all’Ac, alla fine. È il mio modo g concreto per dire “Ac, grazie che ci sei”. ■ Un’amica dell’Azione cattolica

“Conversazioni a Spello”: l’intervento di De Bortoli nella cornice di Casa San Girolamo

“Cattolici, politica e società”: è il tema affrontato il 16 settembre a Casa San Girolamo a Spello con una relazione di Ferruccio De Bortoli, giornalista, già direttore del Corriere della Sera e de Il Sole 24 Ore, attualmente alla guida dell’Editrice Longanesi. Oltre cento persone hanno raggiunto il “polmone spirituale” di Ac: sosta sulla tomba di Carlo Carretto, visita guidata all’antico complesso, incontro con De Bortoli introdotto dal presidente Matteo Truffelli e cena nel chiostro. Presenti il sindaco di Spello Landrini e la Presidenza nazionale dell’associazione. Per il testo della relazione di De Bortoli: www.azionecattog lica.it (foto Elisa D’Arrigo). ■

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Chiesa e carità

La buona offerta per i nostri sacerdoti

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l gesto di fare un’offerta libera e spontanea non è poi così difficile. Di solito si è sollecitati dall’emozione del momento: emergenze umanitarie, ricerca su gravi malattie, catastrofi ambientali. Anche donare un’offerta per la propria parrocchia non è cosa ardua. Ne faccio parte, mi fido del mio parroco e in fondo Verso la XXIX Giornata so che l’oratorio da ristrutturare nazionale per il sostentamento del clero del accoglierà anche mio figlio, quindi perché non contribuire a qualcosa 26 novembre. «Doniamo a che poi mi tornerà utile? chi si dona». Un impegno E fare un’offerta per i sacerdoti? tradizionale dei soci Ac «Non mi riguarda. Qualcun altro ci penserà». Questa è la risposta di molti cattolici che vanno a messa

Prendiamoci cura dei sacerdoti come loro si prendono cura di noi

LA TUA OFFERTA HA MOLTO VALORE... ... il valore dell’ascolto

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regolarmente e che stimano il proprio parroco. Soprattutto a loro è destinata la XXIX Giornata nazionale del prossimo 26 novembre, domenica dedicata a Cristo Re. Prendiamoci cura dei sacerdoti come loro si prendono cura di noi. Doniamo a chi si dona: così recita la locandina che verrà inviata in tutte le parrocchie italiane. Questo appuntamento annuale vuole richiamare soprattutto l’attenzione dei fedeli sia sull’opera instancabile dei 35mila sacerdoti sempre in mezzo a noi, pronti ad aiutarci nelle fatiche della vita, sia sull’importanza delle offerte dedicate al loro sostentamento, condivisa da molti anni dai soci di Azione cattolica che fanno parte della bella famiglia dei circa 100mila donatori. Buona è l’offerta che non è fatta sulla spinta della sola emozione. Buona è l’offerta non episodica. Buona è l’offerta meditata e regolare. I sacerdoti non hanno alcuna garanzia automatica, non ricevono nulla dallo Stato perché parroci. Eppure restano i sacerdoti che noi vogliamo avere a disposizione, sempre, quando abbiamo bisogno di loro. Le offerte destinate all’Istituto centrale sostentamento clero sono uno strumento stabile che permette a ogni fedele di contribuire, secondo un principio di corresponsabilità, al sostentamento di tutti i sacerdoti diocesani, che assicurano una presenza costante nelle nostre parrocchie per annunciare il Vangelo e supportare le comunità. I sacerdoti si affidano quindi alla comunità per essere liberi di servire tutti, senza dover pensare al proprio mantenimento. Essi dedicano la vita agli altri con una presenza costante che si declina in gesti a volte coraggiosi e a volte semplici di vicinanza. Il responsabile del Servizio promozione sostegno economico alla Chiesa cattolica, Matteo Calabresi, afferma: «Aiutare in maniera concreta e costante i nostri sacerdoti credo sia un dovere di tutti noi che ne apprezziamo la missione e l’operato. Ogni offerta, anche di minimo importo, sostiene un sacerdote e gli dà energia per continuare a svolgere la sua missione e aiutare i più poveri. Se crediamo nei sacerdoti, spetta a noi, in prima persona, sog stenerli». ■

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perché credere

La forza missionaria dell’intercessione/7

Tutti annunciatori! di Tony Drazza

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aper coinvolgere in un progetto molte persone, riuscire a renderle partecipi di un sogno e donare a tutti le persone coinvolte un spazio di vita in cui agire: questa è una grazia particolare. Tutti coloro che sono interessati e coinvolti nelle esperienze pastorali dovrebbero diventare degli esperti butta-dentro; logicamente non un “buttare dentro” le mura della parrocchia: non si tratta di riempire all’inverosimile le panche delle nostre chiese. Forse questa è una delle prime cose alle quali dobbiamo convertirci: la vita delle nostre comunità non “va bene” se ci sono molte per«La nuova evangelizzazione sone, ma perché qualcuno si – scrive papa Francesco innamora seriamente di Dio, nell’Evangelii gaudium – perché solo dopo un forte indeve implicare un nuovo namoramento ci può essere protagonismo di ciascuno dei battezzati». C’è dunque bisogno un annuncio. Per essere annunciatori del Vangelo nella di ricominciare ad annunciare nostra vita, dentro i confini il vangelo con la nostra vita, dei nostri cammini, dentro con le parole di vita di cui la vita delle persone che cosiamo capaci. La prima storia nosciamo, dobbiamo sentirci dei discepoli missionari è cominciata proprio quando non innamorati, dovremmo fare l’esperienza dell’innamorahanno avuto paura e hanno fatto delle loro incompetenze e mento con Dio e poi con il delle loro ferite la bellezza e la cuore pieno d’amore possiamo parlare e annunciare. verità dell’annuncio Caratteristica degli esperti butta dentro è la capacità di scorgere in ogni volto il volto di Dio. «In ognuno il volto di Dio», questa è la vera sfida, qui ci giochiamo la nostra credibilità, qui diamo prova del nostro amore. Stare dentro le relazioni con le persone Così dice papa Francesco nella Evangelii gaudium al n.116: «In questi due millenni di cristianesimo, innumerevoli popoli hanno ricevuto la grazia della fede, l’hanno fatta fiorire nella loro vita quotidiana e l’hanno trasmessa secondo le modalità culturali

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loro proprie. Quando una comunità accoglie l’annuncio della salvezza, lo Spirito Santo ne feconda la cultura con la forza trasformante del Vangelo». Il butta dentro si distingue dal fatto che non giudica e non si lascia prendere dal famoso “sentimento a pelle”. È capace di stare dentro le relazioni con le persone e rendersi conto delle possibilità belle e profonde che ognuno porta nel cuore. Non si dimostra mai giudicante e sempre trova il modo di far sentire qualcuno importante. Per essere tutti annunciatori abbiamo bisogno che qualcuno ci dia fiducia, che sappia toccare le corde giuste perché ogni battezzato riesca a tirar fuori la grazia e la bellezza del Battesimo che ha ricevuto. Papa Bergoglio osserva: «In tutti i battezzati, dal primo all’ultimo, opera la forza santificatrice dello

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pronti, che bisogna imparare a essere annunciatori... e pian piano il nostro impegno e il nostro desiderio si sono spenti.

Spirito che spinge ad evangelizzare. Il popolo di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile “in credendo”. Questo significa che quando crede non si sbaglia, anche se non trova parole per esprimere la sua fede. Lo Spirito lo guida nella verità e lo conduce alla salvezza». Per essere buoni annunciatori è necessario scoprire la bellezza della nostra vita, riportare alle luce i doni del battesimo e renderlo presente nei nostri gesti e nelle nostre parole. A lungo abbiamo temporeggiato, abbiamo passato i nostri giorni a chiederci se fossimo o meno capaci di parlare di Dio all’uomo, e il tempo è volato. Una volta decisi poi non abbiamo trovato l’esperto butta dentro ma semplicemente chi ha frenato il nostro entusiasmo, chi ha detto che non eravamo ancora I 102017

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Appello diretto a ogni cristiano Ancora il papa nell’Evangelii gaudium: «In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr. Mt 28,19). Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare a uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni. La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati. Questa convinzione si trasforma in un appello diretto ad ogni cristiano, perché nessuno rinunci al proprio impegno di evangelizzazione». «Ogni battezzato è soggetto attivo di evangelizzazione»: basterebbe questa frase per rimetterci il fuoco addosso e farci capire che il tempo e il mondo non possono più aspettare. C’è bisogno di ricominciare ad annunciare il vangelo con la nostra vita, con le parole di vita di cui siamo capaci. È necessario trovare il fuoco della nostra fede; è necessario sentirci capaci di fare e dire qualcosa di vangelo nel nostro mondo, nel nostro lavoro e nelle nostre scuole. Non bisogna essere perfetti nella dottrina ma aver il coraggio di raccontare con le parole che ci appartengono la bellezza del nostro incontro con Dio. L’annuncio, la voce, il coraggio, dovranno allargarci il cuore e renderlo più accogliente. Tutti annunciatori, tutti dentro, tutti a evangelizzare il mondo senza paura e senza crederci incapaci. La prima storia dei discepoli missionari è cominciata proprio quando non hanno avuto paura e hanno fatto delle loro incompetenze e delle loro ferite la bellezza e la g verità dell’annuncio. ■

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