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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 Aut. GIPA/ C / RM Segno nel mondo € 1,70 - Contiene I.P.

AC, IL CAMMINO DEL TRIENNIO: CUSTODIRE, ABITARE E GENERARE

Agosto 2017

nel mondo

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g n.8

Colori d’estate

Dare tempo alla vita

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Fatti di Carlotta Benedetti*

Spiritualità, comunione e logica della convergenza «Vi precede in Galiliea»: con queste parole e con questa sicurezza, i presidenti e gli assistenti diocesani e regionali si incontreranno a Bologna dall’8 al 10 settembre, per vivere il loro tradizionale appuntamento di riflessione e confronto. Un momento reso stavolta ancora più prezioso per alcuni motivi: la sede del convegno, quella Bologna dove Giovanni Acquaderni nel 1867 fondò con Mario Fani la Società della gioventù cattolica italiana; il fatto che Dopo l’estate si tratti del primo convegno appuntamento associativo a Bologna dopo la XVI Assemblea nazionale, in cui verranno quinper l’incontro dei presidenti e assistenti di presentati gli orientamenti e per una tappa delle per il triennio; l’occasione di celebrazioni del 150° convenire tutti insieme. Il convegno, proprio perché di fondazione nella celebrato a Bologna, avrà un città di Giovanni Acquaderni. Saranno primo momento di riflessione pubblico: venerdì 8, nel presentati gli pomeriggio, ci ritroveremo orientamenti per infatti all’Auditorium Marco il triennio appena cominciato sulla scia Biagi, con un convegno, organizzato dalla Presidenza della XVI assemblea nazionale e dall’Isacem e nazionale aperto a tutti, sulla figura di Giovanni Acquaderni e sull’importanza dell’impegno civile. Si tratterà di un approfondimento della figura di Acquaderni nei suoi rapporti con la società civile italiana e bolognese, e del suo impegno per la nascita dell’Ac. Il titolo del convegno del venerdì pomeriggio Una storia lunga centocinquant’anni. L’Azione cattolica nella vita del paese vuole proprio mettere al centro l’importanza della nostra associazione per l’Italia, oggi come allora: ne parleremo insieme a Raffaele Cananzi, Giampaolo Venturi, Giorgio Vecchio, Paolo Trionfini e Matteo Truffelli.

parole

I lavori del sabato e della domenica saranno poi orientati a presentare ai presidenti e agli assistenti gli orientamenti triennali e, sempre nell’ottica del lavoro fatto per la XVI assemblea, a discernere la propria realtà territoriale e ad individuare i possibili processi da attivare. Saremo chiamati a un vero e proprio esercizio di “discernimento comunitario”, che, come ci ha ricordato mons. Gualtiero Sigismondi all’apertura dei lavori della scorsa assemblea, quale metodo della sinodalità, non può essere compiuto senza chiedere al Signore «un cuore docile, saggio e intelligente» (cfr. 1Re 3,9-12). Il discernimento comunitario richiede, infatti, maturità umana e spirituale, capacità di lettura dei segni dei tempi, affinità con le intenzioni della Chiesa e, soprattutto, uno stile di comunicazione fraterna che faccia emergere come principio educativo la spiritualità della comunione e come criterio orientativo la logica della convergenza. Il discernimento comunitario non è un sistema di logica deduttiva né, tanto meno, la somma matematica dei diversi pareri, ma l’intuizione condivisa degli appelli dello Spirito, «che risuonano anche negli avvenimenti della storia». Sarà proprio mons. Sigismondi a guidarci in questa riflessione durante il convegno, per aiutarci a leggere la realtà che ci circonda e a scegliere i processi da attivare. I presidenti e gli assistenti potranno quindi applicare queste indicazioni e questo “metodo di lavoro” al cammino dei prossimi tre anni, presentato negli Orientamenti per il triennio 2017-2020. Orientamenti che prendono le mosse da «Vi precede in Galilea» (Mc 16,7), il brano scelto per essere la base comune su cui poggiare il lavoro dei prossimi anni. L’invito è quello di tornare al luogo della prima chiamata, dove tutto è iniziato, per riscoprire il Battesimo come sorgente della nostra fede. Tornare in Galilea significa, allora, riscoprire l’esperienza dell’incontro personale con Gesù Cristo: «la memoria di quel momento in cui i suoi occhi si sono incrociati con i nostri, il momento in cui ci ha chiamati a seguirlo, invitandoci alla missione» (papa Francesco). I nostri occhi si sono aperti e quegli occhi “aperti” consentono di vederlo là dove Egli è già presente. *segretario generale Azione cattolica italiana

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la copertina

sommario

Borghi nascosti, chiese meno conosciute, letture privilegiate, buona musica. L’estate è il tempo delle passioni migliori. Da gustare, assaggiare, divorare. Il tempo delle vacanze – nei luoghi di villeggiatura oppure anche in città – consente di spalancare il cuore su realtà che durante l’anno spesso ci sfuggono per la troppa fretta. E poi c’è sempre un buon libro

fatti e parole

sotto i riflettori

economia e lavoro

senza confini

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di Carlotta Benedetti

di Gianni Di Santo

famiglia oggi

di Silvio Mengotto

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Estate, l’arte dell’incontro

di Alberto Galimberti

di Maria Teresa Antognazza

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Il paese delle meraviglie sotterranee

intervista con Gabriele Lavia di Chiara Santomiero

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Spiritualità, comunione e logica della convergenza

sotto i riflettori

Paolo Dall’Oglio, la profezia che non muore

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Giuseppe, il padre buono

di Marco Testi

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Ritorno ai classici

Le quattro sfide di Cagliari

Lui e lei, il tempo giusto per parlarsi

Padre Ibrahim: “Ricostruiamo insieme la nostra città»

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Korogocho: guardare la realtà con gli occhi dei poveri

di Michele Luppi

di Alessandra Gaetani

Ave: letture “altre” per il tempo estivo

le altre notizie

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Dall’Italia e dal mondo

4 nel mondo

n.8AGOSTO2017 Mensile dell’Azione Cattolica Italiana Direttore Matteo Truffelli Direttore Responsabile Giovanni Borsa In redazione Gianni Di Santo e-mail Redazione gianni.borsa@gmail.com g.disanto@azionecattolica.it Tel. 06.661321 (centr.) Fax 06.6620207

Hanno collaborato a questo numero:

Grafica e impaginazione: Giuliano D’Orsi, Veronica Fusco Foto: Olycom, SIR e Romano Siciliani Tony Drazza, Alessandra Gaetani, Alberto Stampa GRAFICA VENETA Spa Galimberti, Marco Ghiazza, Michele Luppi, Via Malcanton, 2 - 35010 Trebaseleghe (PD) Silvio Mengotto, Paolo Mira, Chiara Santomiero, Reg. al Trib. di Roma n. 13146/1970 Maurizio Semiglia, Marco Testi, Michele del 02/01/1970 Tiratura 420 copie Tridente, Maria Grazia Vergari Alle copie cartacee si aggiunge la pubblicaEditore Fondazione Apostolicam Actuositatem zione del pdf nel sito dell’Azione cattolica e gli Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma altri 85.000 lettori, giovani e adulti, soci o Direzione e Amministrazione abbonati, che ricevono Segno in versione digitale. Chiuso in redazione il 18 Luglio 2017 Via Aurelia, 481 - 00165 Roma Maria Teresa Antognazza, Gigi Borgiani,

Pubblicazione associata all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana) Abb.to annuale (10 num.) € 20 Per versamenti: ccp n.78136116 intestato a: Fondazione Apostolicam Actuositatem Riviste - Via Aurelia, 481 – 00165 Roma Fax 06.6620207 (causale “Abbonamento a Segno”) Banca: Credito Valtellinese IBAN: IT17I0521603229000000011967 cod. Bic Swift BPCVIT2S intestato a: Fondazione Apostolicam Actuositatem Via Aurelia, 481 - 00165 Roma E-mail: abbonamenti.riviste@azionecattolica.it

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Sinodo interattivo: Chiesa in ascolto delle nuove generazioni

di Michele Tridente

il primato della vita

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Accompagnati con tenerezza

di Marco Ghiazza

sommario

quale Chiesa

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orizzonti di Ac

orizzonti di Ac

le lettere

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Ac, tre parole-chiave: custodire, abitare, generare

Verso l’alto, con Piergiorgio

di Gigi Borgiani

di Maria Grazia Vergari

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#Futuropresente: aderiamo all’Ac dei 150 anni

Presidenza nazionale, conferme e volti nuovi

sulle strade della fede

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Foggia, la Madonna amata dal popolo

di Paolo Mira

di Maurizio Semiglia

perchĂŠ credere

ieri e domani

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Bandiere e distintivi per farsi riconoscere ovunque

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intervista con Simona Ferrantin di Gianni Borsa

Saper portare i fratelli a Dio

di Tony Drazza

la foto

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Africa-Italia-Europa, quali speranze?

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sotto i riflettori di Marco Testi

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Estate, l’arte dell’incontro Borghi nascosti, chiese meno conosciute, letture privilegiate, buona musica. Il tempo delle passioni migliori è questo. Da gustare, assaggiare, divorare con gli occhi e le orecchie. Il tempo delle vacanze – nei luoghi di villeggiatura oppure anche in città – consente di spalancare il cuore su realtà che durante l’anno spesso ci sfuggono per la troppa fretta. E, ugualmente, offre l’opportunità di dedicare tempo alle relazioni con le persone. Con un’attenzione in più, che sottolineiamo nelle pagine seguenti: la lettura, la quale permette di scovare storie e luoghi inaspettati anche restando tra le mura domestiche. Un patrimonio immateriale da poter condividere con chi incontriamo. Qui infatti avviene il miracolo: nonostante si pensi il contrario, leggere significa non solo gustare le ore del riposo, ma “viaggiare” e aprirsi agli altri attraverso la riscoperta della memoria e del confronto

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sotto i riflettori

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acanze, attese, sognate e corteggiate. Dovunque si vada, il giusto riposo estivo può essere alleato di mente, anima e corpo, il quale, come sapevano bene gli antichi, è sano se pure lo spirito lo è. Invidio profondamente le persone capaci di resistere mattina e pomeriggio senza fare assolutamente altro, quindi né giornali, né libri, né musica, sotto il sole implacabile, ma oltre a invitarle alla prudenza nei riguardi degli ultravioletti, li inviterei a fare due cose. La prima è parlare. Nel senso di abbandonare cellulari, tablet e smart, a meno che non siano necessari. Cercare di ritrovare la realtà, parlando con le persone reali, vere, in carne e ossa, guardandole negli occhi, passeggiando, facendo visite, nei modi che vedremo, nei centri storici e non solo in quelli commerciali, sui lungomare, su un sentiero montano, ovunque vacanza sia anche riposo dello spirito, camminare con, comunicare, che ha la medesima radice di comunione. Riscoperta della realtà fisica e psichica dell’altro. La seconda cosa da fare è leggere. Che è collegato strettamente al comunicare: dalla lettura di un giornale può partire l’avventura che ti cambia l’estate e talvolta la vita, perché i mutamenti della mente sono più importanti di quelli fisici. Basta un quotidiano o un settimanale, o un giornale locale, di quelli che tra i tremila e il livello del mare te li tirano dietro (nei bar, nei ristoranti, negli alberghi, addirittura nelle farmacie) e che hanno supplementi utilissimi a quelli che non resistono un minuto sotto il sole o che non amano giocare a carte nella hall dell’albergo di montagna. Ed anche a quelli che rimangono a casa. Perché ti avvertono che c’è una mostra dalle tue parti, e che un cantautore di cui possiedi praticaI 082017

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mente tutta la produzione in cd verrà proprio nella piazza del paese vicino casa tua o nel luogo che hai scelto obtorto collo, perché a sceglierlo in realtà sono stati i tuoi figli in base alla presenza di amici e fidanzatini/e. E poi scopri pure che c’è un museo, seppure piccolo, ma che conserva tele di pittori rinascimentali attivi nella zona, e vieni a sapere che nel centro storico c’è una chiesa medioevale di grande interesse archeologico, perché nasce su una villa e su un impianto termale romano e conserva antiche tracce di pittura di epoca imperiale. Da lì inizia tutto: ti fai i chilometri che non avresti mai immaginato neanche programmando allenamenti pre-olimpionici (under 18 e over 60 non importa, siamo in democrazia vacanziera) cercando i luoghi descritti e scoprendo che ci sono visite guidate di guide preparatissime che ti consigliano pubblicazioni su quella chiesa o su quel quadro che incarna per te l’immagine stessa del rinascimento: la bella dama di profilo dallo sguardo lontano e altero. Ti fiondi a comprare una di quelle pubblicazioni e scopri che un grande scrittore era passato di lì e aveva scritto un intero romanzo su quel quadro, e tu lasci in pace la tua macchina e prendi, una volta tanto, il trenino che ti porta in una fornita libreria nella città più vicina, per ordinarlo e averlo tra le mani nel giro di due giorni: intanto però ti accorgi della assoluta bellezza del luogo sopra il quale quel favoloso trenino sta passando, rallentando per far venire a tutti i passeggeri lo stesso desiderio, e alla stazione ti segni tutti particolari dei posti che ti hanno incantato, nomi, strade, accessi. Due giorni dopo ti porti dietro la famiglia, e dopo aver visitato (e mangiato cibi locali in una locanda del posto, che in fondo è un’altra forma di conoscenza del-

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sotto i riflettori la nostra storia) visiti la grande città a scopri delle bellezze che ti ricordavi vagamente di aver intravisto nella gita scolastica di tanti – troppi – anni prima. E finalmente ti puoi leggere il romanzo nato dalla visione della bella dama rinascimentale, e scopri che nonostante le tue scarse letture e la tua limitata cultura, un grande scrittore aveva provato i tuoi stessi sentimenti, solo che lui è stato capace di metterli neri su bianco. Ti incuriosisci e continui a leggere le sue opere scoprendo il fascino di altri scrittori. E scopri che l’arte non è solo teoria, ma vita di tutti i giorni, che ha favorito la nascita di grandi amori, descritti ad esempio in C’eravamo tanto amati, di Elena Del Drago (Electa) che hanno intrecciato musica, poesia, fotografia, arte, in poche parole la vita. Questo è solo una delle strade che offre la vacanza-non-imbalsamata. Perché il tempo del riposo può divenire tempo magico anche per chi, per tanti motivi, non andrà in vacanza. Molte persone scoprono che a due passi da casa propria esistono bellezze mai incontrate: un anziano signore mi confidò di non aver mai saputo che ci fosse, in un’aula medioevale (in effetti proprietà privata) davanti casa sua, un affresco-fumetto del Trecento davanti al quale tenemmo una conferenza. Riscoprire i propri luoghi può essere affascinante. Rimettersi in cammino per riscoprire la bellezza dei luoghi vicini può essere un buon antidoto all’apparente vuoto della non-vacanza metropolitana o più genericamente cittadina. Le città, piccole o grandi, grondano di chiese, mostre, Rimettersi in cammino per gallerie permanenriscoprire la bellezza dei luoghi ti aperte anche nei vicini può essere un buon antidoto giorni più estivi degli all’apparente vuoto della altri, musei nazionali, non-vacanza metropolitana o più o comunali, diocegenericamente cittadina sani, privati che ti rimettono di fronte le radici della nostra storia e dei nostri sogni di bellezza. Per capire le rivoluzioni novecentesche, ad esempio, sarebbe bene dare uno sguardo a uno di quei rivoluzionari, Mirò, esposto a palazzo Albergati a Bologna fino a settembre, e leggere, per capire come si incontrano psicologia, religione, letteratura, arte, Il mistero delle cose (Feltrinelli), di Massimo Recalcati.

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Una mostra che avrebbe fatto la felicità di Manzoni è quella sui Longobardi, Castello di Pavia, a partire dal 26 agosto, per chi ama vacanze tardive, senza assembramenti spiaggiaroli, alla riscoperta delle origini del vecchio continente. Dall’altro capo d’Italia, a Catania, Palazzo della Cultura, fino a metà settembre c’è l’enigmatico Escher, quello delle labirintiche scale, per capirci, mentre la cripta sotto il duomo di Siena lascerà ammirare le opere salvate dal rovinoso sisma dell’ottobre scorso nella zona di Norcia. Torniamo un attimo ai libri, perché non servono solo a passare il tempo, ma a curare la psiche: ce lo racconta il protagonista di Le parole degli altri (editrice Nord), di Michaël Uras, che fa il lavoro di terapeuta con i libri. Libri che ci narrano semplicemente storie di ordinaria famiglia e dei problemi

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sotto i riflettori padre-figlia, in modo però auto-ironico e scorrevole, come nel caso di Padre per errore di Armando Santarelli (Robin) che ha il pregio di insegnarci a non ingombrare troppo la vita dei nostri ragazzi. Libri che ci aiutano a riscoprire che semplicità, poesia, fede si possono incontrare, come nel sorprendente The essential (Jaca Book), raccolta di liriche del più grande poeta irlandese d’oggi, Brendan Kennelly, accompagnato da un saggio critico, non lo crederete, della voce degli U2, Bono. Quando la poesia incontra la musica, insomma: come accadrà il 3 agosto al santuario di Macereto, gioiello rinascimentale delle Marche, dove l’arte (il santuario è monumento nazionale), la voce di De Gregori e la musica dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana renderanno palpabile lo Spirito del Luogo di cui parlavano gli antichi. I 082017

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Sono solo poche indicazioni, sperando che sia passato il messaggio essenziale: da noi, in pochi chilometri sono raccolte cose che gli altri umani non potrebbero immaginarsi, tanto per citare uno dei più celebri monologhi del cinema di tutti i tempi, Blade runner, con una precisazione che non piacerà ad alcuni: nel romanzo di Dick da cui è stato tratto, il monologo, che ha reso celebre il film, non c’è. Ve ne sarete accorti, abbiamo chiuso un cerchio: la lettura solitaria, che ci permette di trovare luoghi inaspettati anche a casa nostra, di cui parlare con i nostri compagni d’avventura, con le persone che incontriamo di fronte a un affresco in una chiesa di cui non sospettavamo l’esistenza. La vita, dicevano Ungaretti, Endrigo e De Moraes nel 1969, è l’arte dell’incontro, anche d’estate. Grazie alla lettura e g all’ascolto, non solo della musica, ma dell’altro. ■

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sotto i riflettori

Ritorno ai classici intervista con Gabriele Lavia di Chiara Santomiero

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hi si ricorda di lui, giovanissimo, nei panni di Ottorino nello sceneggiato televisivo Marco Visconti deve fare i conti con gli anni che passano (era il 1975!), ma per Gabriele Lavia il tempo non sembra passare. Classe 1942, Lavia ha recitato con i più grandi registi teatrali e cinematografici ed è regista lui stesso oltre che direttore artistico di vari teatri italiani, tra cui, da ultimo, il Teatro della Pergola di Firenze. Ai testi degli autori classici che frequenta da tutta la vita ha dedicato il libro scritto insieme a Stefano Genovese per le edizioni Piemme: Se vuoi essere contemporaneo, leggi i classici. Una provocazione?

Il teatro, per un celebre regista e attore, «non può finire. Finché il sole risplenderà sulle sciagure umane ci sarà il teatro e ci sarà sempre un personaggio cieco che cadrà tre volte in terra e urlerà: “Dove, dove sono caduto? In quale abisso mi trascino?”». Leggere di nuovo i grandi capolavori del passato, in realtà, significa essere contemporanei, cioè “essere nello stesso tempo”. «Apriamo l’Odissea e vediamo che il tempo lontanissimo di Ulisse è ancora qui. Semplice» 8

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Perché per essere contemporanei bisogna leggere i classici? In genere si considera un “classico” un testo scritto molto tempo fa e diventato così rilevante da fare “epoca”, una parola che nella sua etimologia greca significa “sospendere”. Un classico è il libro o il dramma teatrale in grado di sospendere il tempo e di attravers arlo. L’Iliade ha attraversato tante epoche, cioè è stato contemporanea a più di un’epoca. Per essere contemporanei allora occorre leggere il passato, guardare a ciò che è “anteriore”, un aggettivo con cui indichiamo sia qualcosa avvenuto prima e quindi “passato”, ma anche qualcosa che ci sta “davanti”. Allo stesso modo al futuro si collega il termine “posteriore” che

però indica anche ciò che sta dietro di noi. Sono le parole a suggerirci i concetti, ma noi confondiamo tra “contemporaneo” e “attuale”. Contemporaneo significa “essere nello stesso tempo” che è diverso da “essere nel tempo presente”, cioè attuali. Apriamo l’Odissea e vediamo che il tempo lontanissimo di Ulisse è ancora qui. Semplice. Sarà semplice, ma lei dice che bisogna prepararsi per leggere un classico... Il significato è, di nuovo, chiuso nelle parole. Prepararsi nell’accezione di “mettersi in grado di”, di essere “parati”, pronti a diventare il bersaglio di qualcosa che ci deve colpire nel profondo. Quando leggiamo un libro entriamo nella mente di un altro che magari si chiama Dostoevskij oppure Omero, Tolstoj, Sofocle, Dante, Saramago, Marquez, qualcuno che è più grande di noi. L’altro è sempre più di noi: è noi più qualcos’altro. I primi classici ai quali si è accostato quali sono stati? Iliade, Odissea, Eneide, i classici dei programmi scolastici. Poi li ho riletti. Ancora oggi rileggo spesso l’Iliade e l’Odissea. Rileggendo oggi Dostoevskij – uno dei autori suoi preferiti – quali differenze coglie? Abbiamo sempre un modo di immaginare il mondo in maniera cartesiana, oggettivante. Non sono io che leggo un classico. I greci lo sapevano molto bene. È il classico che legge me. Io sono cambiato e il classico mi legge in modo diverso. È quel libro, quell’opera, quel pensiero che spinge fuori da me altre sollecitazioni. Io non sono quello che ero. Sono un divenire. Rileggere oggi Memorie del sottosuolo “mi” fa essere in un altro modo, sotto un’altra luce. Chi sono io per guardare il mondo? È il mondo che mi coglie. La nostra pretesa di definire il mondo è arroganza ed è una hybris che, come accade nei miti greci, pagheremo: saremo tutti schiavi del telefonino...

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sotto i riflettori Perché dice questo? L’altro giorno in treno tutti avevano gli occhi fissi sul cellulare. Io ero l’unico ad avere un libro tra le mani. Forse perché sono vecchio. Lei non è vecchio: è contemporaneo... Un vecchio contemporaneo... Assumendo la direzione artistica del Teatro della Pergola ha affermato che avrebbe scommesso sui classici e sui giovani: non ci sono nuoFaccio fatica a trovare nella vi testi teatrali che valga la drammaturgia contemporanea pena di mettere in scena? dei testi significativi. Forse non Faccio fatica a trovare nella ho cercato abbastanza. Credo drammaturgia contemporaperò che quando arriverà un nea dei testi significativi. Forgrande autore ce ne accorgeremo se non ho cercato abbastantutti perché supererà il za. Credo però che quando proprio tempo. Magari il nuovo arriverà un grande autore ce Pirandello è nato ieri ne accorgeremo tutti perché supererà il proprio tempo. Magari il nuovo Pirandello è nato ieri.

Nella foto: Gabriele Lavia

Quali qualità deve avere un testo teatrale per essere un classico? Posso dire quali caratteristiche deve avere seconI 082017

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do me. Qual è il difetto per il teatro di Pasolini che pure è un grande autore? É troppo intellettuale. Vuole mettere in scena un ragionamento, non una storia. Cecov invece racconta piccole storie e così anche Shakespeare, Moliere, Goldoni, Pirandello. Storie. Sono le più difficili da raccontare. L’altro elemento del binomio – i giovani – che rapporto hanno con il teatro? Pochi si avvicinano e lo amano al di là di quello che vedono. Però alcuni riescono a vedere anche negli spettacoli brutti o bruttissimi, un qualcosa di oltre, un’eccedenza. Questa eccedenza è ciò che li ripaga. In fondo io non dico che vado a vedere “il tale lavoro”; dico: “Vado a teatro”. Mentre dico: “Vado al cinema a vedere...”. Insomma, si va a teatro a vedere se stessi. L’Amleto è sempre quello, ma ogni volta è un altro. Un altro me stesso. Il teatro è la cosa più importante che ha inventato l’uomo. E quindi rimarrà sempre? Non può finire. Finché il sole risplenderà sulle sciagure umane ci sarà il teatro e ci sarà sempre un personaggio cieco che cadrà tre volte in terra e urlerà: “Dove, dove sono caduto? In quale abisso g mi trascino?”. ■

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sotto i riflettori

Paolo Dall’Oglio, la profezia che non muore

di Gianni Di Santo

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a tre anni e mezzo non abbiamo più notizie di Paolo e la Siria continua a morire. Cos’avrebbe fatto Paolo in questo tempo se avesse potuto continuare a muoversi e a parlare? Cos’avrebbe fatto o detto di più per il popolo siriano di quanto aveva già fatto e detto fino a quel fatidico 29 luglio 2013?». Le parole di padre Federico Lombardi, gesuita ed ex portavoce della Santa Sede, risuonano nette nella prefazione che accompagna il volume Paolo Dall’Oglio. La profezia messa a tacere, edizioni San Paolo, promosso dall’Associazione giornalisti amici di padre Dall’Oglio e curato da Riccardo Cristiano, una lunga esperienza come vaticanista della Rai. A quasi quattro anni dal rapimento in Siria, il pensiero e l’opera di padre Paolo Dall’Oglio vengono scandagliate a fondo. «Sentivamo all’interno dell’Associazione il bisogno di riflettere su quello che Paolo ci ha insegnato – spiega il curaIn due libri di recente pubblicazione, il giornalista tore – quindi abbiamo pensato a una raccolta di testimonianze di Riccardo Cristiano racconta ciò che chiama “il genocidio giornalisti, che costituisce la prima parte del libro. Nella seconda siriano”, avendo davanti a sezione confluisce un’antologia sé la memoria, ancora viva, di scritti tratti dalla rubrica che di padre Paolo Dall’Oglio. Paolo teneva sul mensile Popoli: Una cultura di pace può rappresentano i punti significatinascere solo dall’incontro vi della sua visione sul dialogo e tra uomini e religioni

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sulla guerra in Siria, incluso l’ultimo articolo pubblicato mentre era già in mano ai suoi rapitori. Infine, una parte più squisitamente accademica contiene alcune riflessioni sul pensiero di padre Dall’Oglio sviluppate da intellettuali come Paolo Branca, Antoine Courban e Massimo Campanini». Leggendo queste pagine mentre ancora oggi giungono notizie, voci e immagini sconvolgenti della distruzione di Aleppo, non possiamo, continua ancora padre Lombardi, «non restare ancora una volta impressionati dalla chiarezza con cui Paolo aveva visto arrivare la tempesta e la tragedia del suo popolo, ne aveva capito la complessità e le cause, ne aveva letto i segni, aveva identificato le forze in gioco, aveva fatto appello senza possibilità di equivoci alle responsabilità degli attori del dramma... e aveva deciso di mettersi in gioco fino in fondo in prima persona in piena solidarietà con il suo popolo siriano, del tutto consapevole delle difficoltà e dei rischi. Rischi che erano ormai divenuti quotidianamente mortali». C’è tutto padre Paolo nel libro. La sua vocazione religiosa, il suo incontro con l’Islam, con la Siria, il suo trovare nell’antico monastero di Deir Mar Musa il luogo dove vivere e condividere la straordinaria esperienza di incontro e dialogo religioso tra cristianesimo e Islam. In queste pagine fanno capolino nomi ed esperienze che Paolo conosceva bene – Massignon, Charles de Foucauld, Christian de Chergé e i monaci di Tibhirine... – che ci aiutano a comprendere che Paolo, pur nell’originalità della sua esperienza, non è solo nella Chiesa. «Giustamente leggiamo testimonianze intense di amore e gratitudine dei musulmani che hanno condiviso

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sotto i riflettori con Paolo l’esperienza dell’incontro e della speranza del riconoscersi di tutti i figli di Abramo nell’unica Via, la Misericordia del Padre».

In alto: il monastero di Deir Mar Musa

Siria: l’ultimo genocidio La vicenda di padre Dell’Oglio è uno stimolo in più per raccontare a fondo il dramma siriano. In Siria. L’ultimo genocidio (ed. Castelvecchi), sempre il giornalista Riccardo Cristiano si domanda cosa stia accadendo oggi in Siria. «Sei anni dopo ancora non sappiamo rispondere a questa domanda – spiega a Segno –. E il dubbio appare ancora più doloroso visto che tutti sappiamo che in Siria sono stati massacrati centinaia di migliaia di civili, migliaia di prigionieri, che milioni di sopravvissuti sono stati costretti a fuggire, altri milioni sono rimasti, ma senza fissa dimora. Centinaia se non migliaia di scuole, ospedali, forni, sono stati bombardati, per anni. Come anche chiese, moschee, tesori archeologici. Le armi chimiche sono state impiegate contro civili I 082017

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inermi in decine di casi. Le organizzazioni umanitarie hanno stilato rapporti agghiaccianti. Nel rapporto stilato dal team dell’Alto rappresentante delle Nazioni Unite per i Diritti umani, giuristi di fama internazionale, tra i quali Carla Del Ponte, parlano di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità perpetrati nelle prigioni siriane. Io credo che in Siria ci sia stato l’ultimo genocidio. L’ultimo sin qui... Un “genocidio pensato come difensivo”, come fu un “genocidio pensato come difensivo” quello degli armeni un secolo fa. Loro vennero ritenuti dai generali dei Giovani Turchi le quinte colonne dell’espansionismo russo. Oggi in Siria è stata rimossa, o si tenta di completare la rimozione della popolazione sunnita, ritenuta la quinta colonna dell’espansionismo saudita. È quello che sul versante opposto, in Iraq, l’Isis ha praticato a Mosul e non solo. Se non si passerà alla civiltà della cittadinanza la storia potrebbe ripetersi, ancora più orrenda, domani». Ci vogliono uomini come padre Dall’Oglio per vivere una profezia che diventi cultura di pace. L’ultima “carezza” è sempre di padre Lombardi: «Grazie, Paolo, per le strade che hai aperto, i ponti che hai costruito, le speranze che hai fatto germogliare e continui ad alimentare. Tutti crediamo che l’incontro con te – quando? dove? come? lo sa Dio – sia g davanti a noi». ■

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Giuseppe, il padre buono di Alberto Galimberti

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a vita di Giuseppe, l’uomo “giusto” (così lo scolpiscono le Sacre Scritture), lo sposo di Maria che interroga il mistero, il padre che custodisce il Figlio, l’educatore che, nel silenzio, ama e agisce, secondo il disegno di Dio, interpella, oggi più che mai, il ruolo del padre. Perché antepone Nei Vangeli, Giuseppe appare alla parola abusata e urlacome uomo forte, coraggioso, ta, l’ascolto; alla libertà che lavoratore, ma nel suo animo tutto consuma, finendo per emerge una grande tenerezza, immiserirsi nel rifiuto di che non è la virtù del debole, ogni limite, l’obbedienza, il anzi, al contrario, denota lasciarsi condurre, portanfortezza d’animo e capacità di vera apertura verso l’altro. In un do un segno concreto nellibro edito da San Paolo, la figura la Storia, pur solcandone i giorni con passo discreto. del falegname più famoso del mondo diventa una bussola utile «Ascoltare e obbedire sono a orientarsi in una società senza i verbi di Youssef – “colui che aggiunge” –, sono il padri, punteggiata da smarriti binario della sua vita. Ha “Telemeco”, che scrutano ascoltato uomini e angeli, l’orizzonte del loro futuro pastori e magi, lingue amisempre più precario, incerto che e lingue sconosciute. e privo di saldi riferimenti

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Ascolta con il cuore, con la mente e con l’anima. Subito dopo l’ascolto, c’è l’azione. L’azione che si fonda sull’ascolto», scrivono Johnny Dotti e Mario Aldegani, in Giuseppe Siamo Noi (San Paolo), pregevole libro sull’essere padre, ispirato dal “modello” di Giuseppe di Nazaret. Una bussola utile a orientarsi in una società senza padri, punteggiata da smarriti “Telemeco”, che scrutano l’orizzonte del loro futuro sempre più precario, incerto e privo di saldi riferimenti. Youssef accoglie Maria Il motivo per cui noi ricordiamo la figura di Giuseppe è lo scarto dalla nobiltà di stirpe alla nobiltà di spirito, spiegano gli autori, dipanando il loro ragionamento: «Youssef accoglie Maria nella sua casa, secondo una giustizia che andava oltre la Legge. Era un uomo di nobile stirpe, apparteneva alla dinastia di Davide. Noi lo ricordiamo per aver trasformato la nobiltà di sangue in nobiltà di spirito, che gli ha consentito di accogliere Maria nella sua casa e nel suo cuore, come l’angelo gli aveva detto». Il sì di Youssef trasforma la vita in un’avventura che conduce dove mai saremmo andati seguendo i

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Nelle parole di papa Francesco Così Papa Francesco ha spiegato l’essere custode, “affidatario” di Gesù da parte di Youssef: «Con discrezione, umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio di Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e tutto l’amore ogni momento. È accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti del parto, nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio, e poi nella quotidianità di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere di falegname a Gesù». La paternità di Giuseppe è accettazione e ricerca continua di luce dentro la profondità di quel mistero. Per questa ragione scuote i cuori dei padri e agli educatori della post-modernità, «chiamati a dare la vita, con piena generosità, al figlio, ma rispettandone il “suo mistero”, cercandolo, con amore, sulle sue strade e accettando anche di essere sconfitto». nostri progetti. Giuseppe abita un disegno che lo sovrasta, e non conosce né comprende fino in fondo. Ma decide, ugualmente, di prenderne parte nella consapevolezza che la vita è sempre più grande rispetto a quello che noi possiamo immaginare. Ha scritto Dostoevskij: «Colui che genera un figlio non è ancora padre, un padre è colui che genera un figlio e se ne rende degno». Questo è vero per Youssef, custode di Gesù, che «ha desiderato quel figlio facendolo nascere, crescere e trasmettendogli la fede dei Padri». Custodire non è sinonimo di sacrificio, bensì di gioia, si declina nei verbi vigilare e vegliare, «per cui occorre avere pazienza, perseveranza e tenerezza. Nei Vangeli, Giuseppe appare come uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di vera apertura verso l’altro, di amore». I 082017

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I tre sentieri da non smarrire «La domanda di padre – affermano Dotti e Aldegani – che attraversa il desiderio della gioventù non è una domanda disciplina, ma di relazione autentica e autorevole, vista e vissuta a partire dal figlio, non da se stessi; una relazione di reciprocità che consacra e trasfigura la relazione di autorità». I due autori, guardando all’umanità educante di Youssef, indicano tre sentieri da non smarrire mai. Il primo è il sentiero della compagnia: «Proporsi accanto ai giovani e ai ragazzi nella situazione della compagnia. Sono una persona, non un ruolo, ti considero importante, non un numero, un esperimento». Il secondo è il sentiero del rispetto: «Ti considero una persona, cioè una dignità originale e originaria. Non ti voglio possedere, domare, non pretendo di piegarti alla mia volontà o alle mie idee. Ti rispetto anche quando sbagli, anche quando tradisci la mia fiducia». Il terzo è il sentiero della libertà: «Ciò che mi preme a far crescere la tua libertà. Che la tua libertà diventi capacità di scegliere ciò che è meglio per te e ferma determinazione nel perseg guirlo». ■

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Il paese delle meraviglie sotterranee di Alessandra Gaetani

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l petrolio verde d’Italia sono i suoi musei, i siti archeologici, i paesaggi, una risorsa inesauribile e che non inquina, anzi: più si usa e più dà profitti, semplicemente ammirando. Ma anche l’Italia ha delle risorse del sottosuolo, importanti e a volte poco note: i tanti In giro per l’Italia, alla ricerca posti ipogei, sotterranei, su di ricchezze custodite nel sottosuolo. Un libro del Touring cui spesso camminiamo a nostra insaputa nelle citne descrive il fascino. Per l’autrice, «scendere per elevarsi, tà o nei tanti borghi, perle nascoste della Penisola. scendere per entrare dentro Molti sono i luoghi della di sé, nella variegata bellezza fede che si trovano in situadel creato e nell’intelligenza zioni del tutto inaspettate, dell’uomo. Ogni volta che come spiega Elena Bauer, scendo in luogo ipogeo, autrice del volume Meraviartificiale o naturale, antico glie sotterranee insieme a o contemporaneo, provo una sensazione intensa e profonda». Giovanni Caprara (Touring 2016). I suoi preferiti sono Un “profondo” che «proprio gli antichi luoghi dà luce all’anima dello spirito che sopravvivono nella stratificazione urbana delle città, come la cripta romanica di San Giovanni in Conca. Basta scendere pochi gradini e si dimentica di essere in mezzo al traffico milanese con i suoi rumori e lo stress, per immergersi nella penombra senza tempo di una dimensione tutta interiore». Tra le più sorprendenti «le cavità dedicate a santa Barbara,

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protettrice dei minatori. Si trovano nelle miniere, in un connubio tra natura, mondo del lavoro e dello spirito. Tra il fascino dell’universo ipogeo, la fatica, i pericoli di un mestiere duro e la riconoscenza e la devozione per la tutela ricevuta». E allora in cammino... Il nostro viaggio inizia dalla Cattedrale di Sale a Scala dei Turchi, tra Porto Empedocle e Realmonte, territorio agrigentino noto per il commissario Montalbano. Fu realizzata dagli operai della miniera di salgemma dell’Italkali. «Il 4 dicembre, festa di santa Barbara, viene celebrata la messa in suo onore nel cuore della terra». Ma anche le grandi città offrono “miniere” inaspettate. Come il tempio sotto il Duomo di Torino, dove si trova il Museo diocesano. Luogo caro ad Ac, qui è sepolto il beato Piergiorgio Frassati. Per costruire la cattedrale nel 1400 furono abbattute tre chiese i cui resti sono emersi durante i lavori di restauro del 1996, insieme a un sepolcreto medievale. Inoltre testimonianze di palazzi, terme ed edifici pubblici. La città della Mole riserva molte sorprese. I sotterranei sotto la Consolata con la necropoli medievale. Anche sotto la Madonnina emergono tesori scoperti per caso nel 1961, durante i lavori per la metropolitana. Edifici del IV secolo e i resti delle cattedrali di Santa Tecla, Santa Maria Maggiore e del Battistero dove sant’Ambrogio battezzò sant’A-

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gostino. Sempre a Milano la dispensa dei monaci all’Università cattolica. Nella sala dedicata a Gustavo Bontadini spuntano le basi di una ghiacciaia e gli oggetti di una necropoli del IV secolo d.C. Altro luogo interessante a Venezia, nella basilica di san Marco: le cripte della città flottante. Quella di san Marco, del XII sec., ne ospitava le spoglie. Al di sotto una retrocripta con i resti dei patriarchi. Anche la chiesa di san Zaccaria ospita una cripta con le spoglie del santo. Un vero tesoro si trova sull’isola di Torcello con la cripta di santa Maria Assunta del 639 che si può visitare grazie a un ponticello e racchiude i mosaici del Giudizio universale. Al centro Italia emblematica è Narni, con i sotterranei dell’ex convento di san Domenico che conservano i resti del tribunale dell’Inquisizione. Nel 1979 degli speleologi trovarono una chiesa ipogea del XII sec... Da qui la scoperta delle segrete del Sant’Uffizio. La grande sala in cui avvenivano i processi e la piccola cella con i graffiti degli inquisiti.

Un viaggio, mille località La chiesa di Piedigrotta a Pizzo, in Calabria, ci riporta all’origine del nome. Pizzu significa rupe in dialetto. A Madonneja, come viene chiamata, in tufo e calcarinite, è ricca di affreschi e sculture di materiale autoctono. Nel XVII secolo il comandante e l’equipaggio di un veliero, durante una tempesta, fecero voto alla Madonna di edificarle una chiesa se si fossero salvati. Fu realizzata nel punto dell’approdo grazie al lavoro degli scalpellini. Questo è un rapido viaggio ma i luoghi sono tanti. E tutti con il loro fascino, la loro storia. Come la cattedrale di Anagni, la basilica di santa Reparata a Firenze, Santa Maria del Molise, il santuario di santa Rosalia e le cripte di Cagliari solo per citarne alcuni. Cosa le ha lasciato questa esperienza? «Scendere per elevarsi, scendere per entrare dentro di sé, nella variegata bellezza del creato e nell’intelligenza dell’uomo. Ogni volta che scendo in luogo ipogeo, artificiale o naturale, antico o contemporaneo, provo una sensazione intensa e profonda, un senso di g meraviglia che si rinnova ogni volta». ■ I 082017

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Ave: letture “altre” per il tempo estivo

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state tempo di riposo e di buone letture. L’Ave, la casa editrice dell’Azione cattolica italiana, accompagna questa stagione con titoli interessanti e letture appassionate. Iniziando da un “best seller” della spiritualità contemporanea, Carlo Carretto, che per l’Ave pubblicò moltissimi libri. Ciò che conta è amare, uno dei testi più famosi del “profeta di Spello”, viene riproposto in una nuova edizione. Qual è il Dio della nostra fede? Carretto sa di non essere teologo, non filoLibri, racconti, storia. E sempre sofo né esegeta, e per volti, testimonianze profetiche, accostarsi alla Bibbia vita buona. L’editrice dell’Azione usa l’unica arma in cattolica italiana propone anche suo potere: l’espeper questa estate pagine intense rienza di vita. Parte e originali tra contemplazione, quindi da lì un racspiritualità, preghiera e impegno conto sotto forma di per la Chiesa e il paese meditazioni quotidiane. La Bibbia è parola sacra ma anche parola di vita. Un testo con una forza spirituale straordinaria, ancora oggi validissimo aiuto per approcciarsi alla lettura del libro sacro. «Queste meditazioni bibliche vogliono essere ciò che per la macchina è il motorino di avviamento. Terminate queste, basterà innescare la marcia, levare il piede dalla frizione e, seguendo le indicazioni messe come guida, partire da soli per il gran viaggio biblico» (Carlo Carretto). E sempre di Carretto è fresco di stampa Ogni giorno un pensiero. Ne parlerai camminando, meditazioni quotidiane per essere al “passo” con l’anima.

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I profeti non mancano nel “carnet” dell’Ave. Lo scorso giugno papa Francesco è andato a pregare sulle tombe di don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari. Su quest’ultimo, infatti, l’editrice propone in catalogo una biografia di Anselmo Palini, Primo Mazzolari. Un uomo libero e tre raccolte antologiche, In cammino sulle strade degli uomini (a cura di Anselmo Palini), Con libertà e audacia apostolica (a cura di Giuseppina Cavrotti), e «Tempo d’amare» (a cura di Paolo Trionfini). Quella attuale è senza alcun dubbio una stagione particolarmente intensa per la Chiesa. I gesti e le parole di papa Francesco scardinano ogni giorno schemi consolidati e spingono tantissimi, credenti e non credenti, a confrontarsi con una proposta di Chiesa e una visione del mondo cariche di speranza, di passione per l’umanità e di desiderio di incontro con tutti.

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Nella prospettiva tracciata dalla Evangelii gaudium emerge con particolare forza, ancora una volta, l’importanza del contributo che i laici, e in particolare i laici associati, possono portare alla realizzazione del “sogno” di Chiesa di cui il papa si è fatto interprete. Ecco perché vale la pena riprendere in mano il bel libro di Matteo Truffelli, presidente nazionale dell’Ac, Credenti inquieti. Laici associati nella Chiesa dell’Evangelii gaudium. Un libro che è anche una possibile strada di impegno per un laicato italiano che voglia essere parte attiva nella Chiesa e nel Paese. Ma l’estate ha anche bisogno di ammirare monti e mare con il tempo del respiro dell’anima. È per questo che segnaliamo due libretti che possono essere utili a un approfondimento della propria spiritualità e a capire meglio il mondo digitale. Ti ho preso per mano. Sussidio di preghiera estate 2017 è la proposta pensata dal settore Giovani e dal settore Adulti di Ac per accompagnare quotidianamente – fino al 31 agosto – la preghiera e la meditazione di adulti, giovani e giovanissimi. Ogni giorno il Vangelo, un commento e in chiusura un suggerimento specifico rivolto agli adolescenti. Il testo ospita i contributi del collegio assistenti e dei settori Giovani e Adulti di Azione cattolica. Il sussidio invita alla lentezza e a riscoprire la bellezza dei momenti dedicati alla lettura e alla meditazione. E poi non dimentichiamo Crescere digitali. Orizzonti educativi per ragazzi connessi e felici. Il volume, riaffermando la centralità del fatto educativo,

esplora l’ambiente digitale quale nuovo contesto esperienziale di dinamiche sociali e stili comunicativi, che ridisegnano e riconfigurano il rapporto uomo-media e il suo modo di abitare e percepire lo spazio e il tempo. #CrescereDigitali rappresenta, dunque, un’opportunità per: educare l’umanità mediale, continuando a esercitare “il potere della prossimità” e a riscoprire nei media e con i media la persona; esplorare le applicazioni per captare i sogni e le attese di piccoli e grandi; indagare gli strumenti di oggi, per annunciare la Parola di sempre; scrutare gli ambienti per continuare a incontrare la vita di tutti e di ciascuno. Infine, la collana Quaderni di Spello ci ricorda che è stato pubblicato Nella Parola l’alfabeto del quotidiano. Tracce sul “primato della vita”. Gli autori descrivono come la grande storia della salvezza sia l’orizzonte di senso della nostra piccola storia umana. In questa dimensione la Parola diventa l’alfabeto per comprendere la vita quotidiana, ma forse abbiamo ancora più bisogno di comprendere e vivere un’altra verità: la vita quotidiana stessa è alfabeto necessario per leggere la Scrittura, che è parola di Dio quando scopriamo che parla proprio di noi, quando la vediamo in atto nella nostra vita. Insomma, letture felici, letture appassionate. E anche impegnative. Le parole che ogni lettore può cercare in un tempo proficuo per ripensag re sé stessi. ■

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Betlemme: turni da dieci giorni ciascuno

Con l’Ac un servizio nella casa di accoglienza Hogar Niño Dios

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n campo di servizio a Betlemme, nella casa di accoglienza Hogar Niño Dios, per ricordare i 150 anni della fondazione dell’Azione cattolica. La proposta viene dalla Presidenza nazionale e intende essere prolungata nel tempo, con “turni” da 10 giorni ciascuno. «Il sogno che ci guida – commenta don Tony Drazza, assistente nazionale giovani di Ac – è poter portare ogni mese massimo 4 persone (o almeno 3), dai 18 anni in su, per far servizio in un luogo particolarmente caro a noi cristiani». La casa di accoglienza si trova a pochi metri dalla basilica della Natività di Betlemme; gestita dalle suore della Famiglia del Verbo Incarnato, accoglie 28 bambini disabili fisici e mentali, abbandonati o in grave necessità. Tutti i volontari saranno sistemati nella casa san Josè che si trova a poca distanza dall’Hogar. Così, oltre all’esperienza di servizio, avranno anche modo vivere momenti di spiritualità, recarsi nei luoghi santi, conoscere altri volontari e gli abitanti del posto. «Abbiamo contemplato per diversi giorni e per molti anni le stelle del cielo di Betlemme e abbiamo deciso – prosegue don Drazza – che era necessario lasciare le nostre cose e fidarci di questi puntini illuminati. Nella nostra ricerca e nei nostri sogni poi abbiamo scoperto che gli occhi dei bambini dell’Hogar Niño Dios erano fatti di stelle e abbiamo deciso di lanciarci in questo progetto che vuole far mettere i passi dell’Ac insieme ai passi di chi vive a Betlemme, soprattutto dei bambini».

Incontro con la Presidenza di Ac

Il presidente della Cei, card. Bassetti, a Casa San Girolamo

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eminare, accogliere, ascoltare: sono i tre verbi che il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha “consegnato” domenica 16 luglio incontrando la Presidenza nazionale dell’Azione cattolica riunita a Casa San Girolamo per tre giorni di lavoro, preghiera e programmazione dell’anno associativo. Il cardinale è stato accolto dal presidente Matteo Truffelli e dall’assistente generale mons. Gualtieri Sigismondi. Con loro la presidenza e gli assistenti dei diversi settori di Ac. Durante un confronto sul profilo e il ruolo dell’associazione, il presidente della Cei ha indicato in particolare due testi per il cammino dell’Ac: l’Evangelii nuntiandi di Paolo VI e l’Evangelii gaudium di papa Francesco. Si è poi soffermato a richiamare il valore di una “chiesa del tempo ordinario” e il compito dei laici nell’opera “feriale” di evangelizzazione. Dopo lo scambio con i componenti della presidenza, la giornata è proseguita con la messa e con il pranzo: prima dei saluti, sono stati donati a Bassetti alcuni testi di Carlo Carretto e i “Quaderni di Spello”, collana dell’editrice associativa Ave. Per il testo dell’omelia del cardinale: http://casasangirolamo.azionecattolica.it/

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La campagna Cei Liberi di partire, liberi di restare

Migranti: destinati 30 milioni tratti dai fondi dell’otto per mille

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re anni a fianco dei migranti nei paesi di partenza, transito e destinazione. È il senso della campagna Liberi di partire, liberi di restare, promossa dalla Conferenza episcopale italiana, alla quale verranno destinati 30 milioni di euro tratti dai fondi dell’otto per mille alla Chiesa cattolica. Vuole essere una risposta alla sfida costituita da questo “segno dei tempi” particolarmente avvertito in Italia, dove negli ultimi tre anni sono arrivate più di 500.000 persone di oltre 80 nazionalità. E drammaticamente in crescita è il numero di minori non accompagnati. Mentre si continua a morire, soprattutto nel Mediterraneo, nel tentativo di fuggire da guerra e povertà. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare sono i quattro verbi che – secondo le indicazioni di papa Francesco – scandiscono il percorso, che vedrà coinvolte le pastorali competenti (Ufficio interventi caritativi a favore del terzo mondo, Caritas italiana, Migrantes, Missio, Apostolato del mare) e le realtà ecclesiali attive su tali tematiche (istituti missionari, congregazioni, associazioni e movimenti, cooperazione fraterna e internazionale), dando centralità alle Chiese locali. Proprio «un percorso di accoglienza, tutela, promozione, integrazione – precisano i promotori – può anche significare la migliore premessa per iniziare un cammino di ritorno in un Paese a cui ridonare una storia di libertà e costruire sviluppo». I progetti «verranno realizzati in primo luogo nei dieci paesi di maggior provenienza dei minori con un’attenzione prioritaria all’Africa», mentre in Italia si opererà coinvolgendo «le realtà ecclesiali attive nell’accoglienza e nella cura dei minori migranti». Tra gli ambiti prioritari d’intervento vi saranno «l’educazione e la formazione – anche professionale –, l’informazione in loco, progetti di carattere sociale e sanitario, progetti in ambito socio-economico per la promozione di opportunità lavorative».

Il prossimo 3 febbraio Teresio Olivelli beato

Ribelle per amore: il partigiano che ha amato i deboli e gli indifesi

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eresio Olivelli, giovane laico di Ac morto nel lager nazista di Hersbruck per le percosse di un carceriere dopo aver tentato di difendere un compagno, è martire «in odium fidei» e sarà proclamato beato. La cerimonia si terrà a Vigevano sabato 3 febbraio 2018 e sarà presieduta dal card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. Nato a Bellagio, in provincia di Como, il 7 gennaio 1916, Olivelli fin da studente partecipò alle attività di Azione cattolica, della Fuci e della San Vincenzo, mosso dalla volontà di portare i valori evangelici nei diversi ambienti sociali, specialmente del mondo universitario. Dopo la laurea, si trasferì all’Università di Torino come assistente della cattedra di diritto amministrativo, iniziando una stagione d’intenso impegno socio-culturale, cercando d’inserirsi criticamente all’interno del fascismo, con il proposito di influenzarne la dottrina e la prassi, mediante la forza delle proprie idee ispirate al cristianesimo. La sua volontà era di costruire una società migliore. E per questo, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, reduce dalla disastrosa campagna di Russia come ufficiale degli alpini, s’impegnò tra i partigiani. Ma sarebbe «riduttivo e scorretto – avverte mons. Paolo Rizzi, postulatore della causa di beatificazione – rinchiudere Olivelli e la sua santità dentro queste due militanze». La Chiesa, proclamandolo beato, evidenza come egli abbia «sempre protetto e amato i deboli, gli indifesi e gli ultimi in ogni stagione della sua vita, fino a immolare volontariamente la propria vita per amore di Cristo e dei fratelli». Arrestato nell’aprile 1944, venne ucciso a soli 29 anni, il 17 gennaio 1945, dopo una peregrinazione in ben quattro lager (Fossoli, Bolzano-Gries, Flossenburg, Hersbruck), nei quali interveniva sempre in difesa dei compagni percossi, rinunciando alla razione di cibo in favore dei più deboli e malati, difendendo la dignità e la libertà di tanti fratelli.

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Le quattro sfide di Cagliari

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i scaldano i motori della 48ma Settimana sociale dei cattolici italiani. Il cuore dell’evento saranno le giornate di Cagliari, dal 26 al 29 ottobre prossimi, ma il cammino sul tema Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale è cominciato da tempo. Risale infatti allo scorso novembre la Lettera invito indirizzata a tutti i «cattolici in Italia», diffusa dal Comitato scientifico e organizzatore guidato dall’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro. Già da questo primo documento si comprende la volontà di «realizzare un incontro partecipativo» e rinnovare «l’impegno delle comunità cristiane» sul tema del lavoro. La Settimana sociale, nelle intenzioni degli organizzatori, non rappresenta un evento ecclesiale a sé stante, bensì chiede un «percorso diocesano» per portare a Cagliari un contributo «partecipato». L’auspicio, espresso dalle Linee di preparazione, rese note dopo il Consiglio permanente Cei di fine marzo, è che non diventi «un convegno come tanti»: le giornate sarde, invece, saranno semplicemente la «tappa di un percorso, già Ottobre è vicino e i lavori cominciato nei mesi precedenti per la 48ma Settimana e destinato a continuare». Una sociale dei cattolici italiani cominciano a entrare nel vivo. scelta – esplicita il documento – che si colloca «in coerenza Tanti gli spunti. con lo spirito delle Settimane La denuncia di troppe e con il ruolo di servizio al pasituazioni inaccettabili; ese che esse possono giocare la narrazione di un lavoro nella contemporaneità», e che che cambia; il racconto risponde all’esigenza di «rimetdi quelle “buone pratiche” tere il lavoro al centro delle noche raccolgono e superano stre preoccupazioni quotidiane le sfide della crisi a motivo dell’ineliminabile die della globalizzazione; mensione sociale dell’evangela proposta concreta lizzazione». per non uscire rassegnati

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Una sfida è anche il voler conciliare l’evento di popolo con i numeri – significativi, ma necessariamente ridotti – dei partecipanti all’appuntamento di Cagliari. La strada? Farsi tutti carico, a livello associativo come pure di Chiese locali, delle sollecitazioni che la Settimana sociale propone e che ruotano attorno ai quattro registri comunicativi: la denuncia di tante – troppe – situazioni inaccettabili; la narrazione di un lavoro che cambia (specie con l’avvento dell’industria 4.0) «dando voce ai lavoratori e alle lavoratrici, interrogandoci sul suo senso nel contesto attuale»; il racconto di quelle “buone pratiche” che raccolgono e superano le sfide della crisi, della globalizzazione, della finanziarizzazione dell’economia, di banche sempre meno disposte a fare credito alle (buone) idee investendo – con successo – sul lavoro; la proposta concreta per non uscire rassegnati – e quindi sconfitti in partenza – bensì con la volontà e la forza di poter incidere pubblicamente per riaffermare come ancora oggi vi sia spazio per un lavoro degno. A chi parteciperà è dunque chiesto di «garantire la propria partecipazione attiva prima, durante e dopo

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le giornate cagliaritane». Così si potrà «creare una rete di persone competenti e consapevoli, capaci di essere lievito delle nostre comunità rispetto al tema del lavoro». Prima, ma soprattutto dopo il 29 ottobre.

Nella foto, il logo del Progetto Cercatori di LavOro

Il ruolo dell’Azione cattolica L’Azione cattolica, da parte sua, ha riservato spazio alla presentazione del tema della Settimana sociale all’interno della sua Assemblea nazionale, mentre a livello locale organizza iniziative di riflessione e formazione. Non tutti i lavori sono «umani, né sono degni», rimarcano le Linee di preparazione; «lo sono solo quando il lavoro è vocazione e rispetta la dignità della persona, che non può essere usata come cosa o come merce». La Settimana sociale – si legge – «non vuole parlare di numeri, ma di persone, di vite concrete, di speranze e delusioni, di dignità e solidarietà», proponendo «all’intera società italiana una direzione di marcia per contribuire a trovare una strada» che porti fuori «dalla crisi in cui versa da troppi anni». I 082017

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economia e lavoro

La Settimana sociale si svolgerà pressoché interamente alla fiera di Cagliari, alternando momenti di seduta plenaria a discussioni in tavoli più ridotti. Giovedì pomeriggio l’apertura, con l’intervento del presidente Cei, card. Gualtiero Bassetti, e del vicepresidente del Comitato organizzatore, Sergio Gatti. Venerdì e sabato giornate di relazioni e dibattito, con la visita (venerdì pomeriggio) ad alcune realtà sarde identificate come “buone pratiche”. Domenica mattina, infine, la Messa al santuario di Bonaria e la chiusura dei lavori con interventi programmati dall’assemblea.

Ed ecco quindi che parallelamente alla preparazione della Settimana sociale matura il progetto Cercatori di LavOro, nato per «offrire uno sguardo sul nostro territorio nazionale» proponendo ai vescovi e alle comunità ecclesiali locali «elementi concreti di speranza, spunti creativi per affrontare i principali temi della nostra società: l’assenza di lavoro e la povertà nelle sue diverse sfaccettature, sociali, economiche e relazionali». Lo scopo del progetto – che vede tra i promotori il vicepresidente di Ac Giuseppe Notarstefano – è «stimolare le realtà territoriali ecclesiali a conoscere il proprio territorio a partire dall’identificazione di buone pratiche in materia di lavoro attraverso il coinvolgimento diretto delle piccole e medie imprese, della pubblica amministrazione, delle organizzazioni territoriali e degli enti scolastici e adibiti alla formazione professionale per l’inserimento lavorativo». Mentre dal carisma di Rinnovamento nello Spirito matura (e ha da poco compiuto un anno) il progetto Lab.Ora, destinato a «selezionare una nuova classe dirigente che possa portare avanti le sorti del Paese con intelligenza», formando «servitori del bene g comune». ■

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Lui e lei, il tempo giusto per parlarsi

di Maria Teresa Antognazza

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a nord a sud, una coppia che voglia “rigenerarsi” un po’ nello spirito, e recuperare la freschezza dei primi tempi della vita a due non ha che da scegliere. Luoghi immersi nella natura, magari un po’ spartani nella gestione alberghiera, ma accoglienti e soprattutto “ristoratori” per la vita coniugale ne sono cresciuti molti negli anni.

Un tempo e un luogo per rigenerarsi, per riprendersi dai ritmi della vita ordinaria. Per condividere preghiera, amicizie, esperienze. In Italia non mancano i centri di spiritualità domestica. Da nord a sud, cominciamo a conoscerne qualcuno… L'estate può essere propizia per una pausa salutare e non banale

Solo per un piccolo assaggio, partiamo dal nord, dalla provincia di Cuneo, dove incontriamo un’esperienza molto interessante, che si radica nella spiritualità gesuitica.

Le porte sono aperte Al Santuario Sant’Antonio Boves, salendo da Cuneo verso le montagne, da vent’anni la famiglia Bovani anima un “Centro di spiritualità domestica”. Loro sono in cinque: papà Umberto, 58 anni, professore di lettere; mamma Maria Grazia (50) che insegna storia dell’arte; e i loro tre figli, di 16, 14 e

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12 anni. Vivono del proprio lavoro e durante l’anno accolgono altre famiglie: sposi di vecchia data o freschi di nozze, fidanzati o anche chi sta attraversando il doloroso tempo della separazione. Una serie di piccole costruzioni immerse nel bosco che circonda la chiesa di Sant’Antonio possono ospitare fino a 10-12 coppie, con i figli, per trascorrere un fine settimana immersi nel silenzio e nella pace. Si trattava di una vecchia struttura della diocesi in abbandono, che il vescovo ha affidato loro in comodato d’uso per avviare questa esperienza. «Ci piace dire – spiega Umberto – che qui le persone possono alzare una tenda in mezzo alla vita; regalarsi un tempo per ritrovarsi e ricordarsi che cosa le ha messe insieme». Ogni giornata prevede due momenti, al mattino e al pomeriggio, con una riflessione che apre a interrogativi e dinamiche da sviluppare in un primo momento di silenzio personale e poi in coppia. «La riflessione è sempre articolata tra parole e immagini, essenzialmente d’arte, che aiutano a sviluppare un approccio immaginativo molto importante nella spiritualità ignaziana» Sì, perché Umberto e Maria Grazia sono referenti dei Gesuiti per la famiglia, formatori ai corsi di Selva di Valgardena e fondatori della Rete delle famiglie ignaziane. Con loro, da qualche anno, vivono Nunzia e Guido con il piccolo Samuele di tre anni. Lei è ostetrica 31 anni, lui ingegnere, 36. «Durante gli “esercizi di coppia” affrontiamo temi e argomenti ricorrenti altri meno – spiegano i coniugi Bovani –, ma sempre nella prospettiva di cercare una integrazione tra vita spirituale e vita ordinaria e affettiva: mangiare, camminare, parlare, contemplazione, corporeità, discernimento... Tutto è pensato nel tentativo di rileggere l’esperienza pedagogica e spirituale degli esercizi ignaziani all’intero della vita di coppia e della famiglia». Nessuna tariffa fissa per partecipare ai ritiri: ognuno contribuisce con un’offerta. Per iscriversi basta contattare i Bovani (0171 380906; santantoniobo-

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famiglia oggi ves@gmail.com) e consultare il sito per il programma dell’anno: www.santantonioboves.it.

Nelle foto: a sinistra l’eremo di Caresto. Sopra, un gruppo di famiglie a Caresto. Sotto, la casa per famiglie a Boves

Location mozzafiato Un altro gioiello dedicato al ristoro delle coppie si trova al centro-sud e anche in questo caso la location è decisamente mozzafiato. Siamo nella diocesi di Pesaro-Urbino, nel comune di Sant’Angelo in Vado. Raggiungere l’Eremo di Caresto (questo è il nome della località che sorge al culmine di una collina che domina la piana del

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Metauro) dà subito il senso di ciò che qui si può sperimentare. Nella sede di un vecchio castello dello Stato pontificio, con le case dei contadini e una piccola chiesetta, completamente ristrutturati da un gruppo di giovani negli anni Settanta, opera un centro di spiritualità familiare, dove ogni fine settimana dell’anno arrivano coppie da tutta Italia. Qui vive Daniela Maffei, che di professione è fornaia (pane e dolci sono fatti nel forno a legna, tre volte la settimana con farine biologiche e ingredienti assolutamente naturali), e condivide con don Piero Pasquini e altre coppie dell’associazione Volontari di Caresto la speciale vocazione di questo luogo. «Cuore di ogni ritiro spirituale – spiegano – è il dialogo nella coppia. La maggior parte del lavoro (amiamo parlare di “esercizi spirituali” proprio perché c’è da “lavorare” sodo!) e i frutti spirituali che possono ricavarne i partecipanti, vengono dal tempo che marito e moglie si dedicano nei due giorni passati all’eremo». Si arriva il venerdì sera, cena fraterna, e poi dal sabato mattina alla domenica a mezzogiorno tre momenti in cui si ascolta una proposta di riflessione su temi sempre legati alla crescita

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«Cuore di ogni ritiro spirituale – spiegano – è il dialogo nella coppia. La maggior parte del lavoro (amiamo parlare di “esercizi spirituali” proprio perché c’è da “lavorare” sodo!) e i frutti spirituali che possono ricavarne i partecipanti, vengono dal tempo che marito e moglie si dedicano nei due giorni passati all’eremo»

e alla vita di coppia (dal perdono alla gioia, dalle beatitudini alle virtù) ma soprattutto ci si ascolta intensamente. «Passeggiare tra queste colline, o sostare nella chiesetta, permette ai due sposi o fidanzati o comunque a chi viene a Caresto di rimettere al centro la propria vita, la relazione affettiva, il rapporto con i figli e con gli altri e ricentrarsi su sé stessi, aprendo il

cuore e verificando il cammino che si sta facendo». Poi le coppie si radunano insieme e si scambiano qualche pensiero che hanno condiviso, arricchendosi reciprocamente. Da qualche anno all’originario nucleo di Caresto si è aggiunto un altro “eremo” poco più in basso, “San Donato”, in località Palazzi, consentendo di ospitare anche gruppi di un centinaio di persone. Anche qui, come a Boves, si paga una piccola quota a famiglia (30 euro) e lasciando un’offerta. Per i figli, anche piccoli, nessuna paura: li seguono validissime baby sitter del luogo. Per iscriversi basta chiamare il numero 0722.818497 o scrivere a eremocaresto@gmail.com e visitare il sito www. g caresto.it. ■

Guida pratica

Una mappa dei luoghi dello spirito per le famiglie «Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare! Quello che ci viene promesso è sempre di più. Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa». Sono le parole conclusive dell’Amoris laetitia. Luciano Moia, caporedattore del quotidiano Avvenire, commenta: «L’esortazione con cui si conclude» l’esortazione di papa Francesco «può forse servire anche per l’impegno che ci attende nello sforzo di ridefinire e riformulare modelli di preghiera e riferimenti spirituali capaci di accompagnare sia quelle coppie e quelle famiglie che non vogliono rinunciare a una prospettiva cristiana, sia soprattutto quelle che, lungo le salite difficili della nostra epoca, hanno smarrito la strada, guardano criticamente alle proposte della Chiesa e sentono vacillare la speranza». A Moia si deve dunque la densa introduzione al volume Luoghi dello spirito. Guida pratica ai centro di spiritualità per famiglie, scritto da Barbara Garavaglia, architetto, giornalista, esperta di storia, attenta ai temi della pastorale e della famiglia, nonché “firma” di Segno. Il volume «intende offrire alle famiglie e a coloro che si accingono al matrimonio, una guida ai centri di spiritualità dedicati specificatamente a chi ha abbracciato questo stato di vita», precisano le edizioni Dehoniane. Un volume agile e utilissimo, con un elenco, lungo quanto la penisola, di case, monasteri, santuari che organizzano incontri, corsi, esercizi spirituali, periodi di vacanza per i nuclei familiari. Si spazia dal santuario Sant’Antonio Boves (Cuneo) all’Opera Madonnina del Grappa a Sestri Levante (Genova); si giunge alla Casa La Benedicta di Santa Caterina Valfurva (Sondrio). E, ancora, segnalazioni di strutture e rispettive attività e proposte nel Bresciano, a Verona, Parma, Reggio Emilia, Rimini, Roma. Ancora, il Centro di spiritualità Eremo di Caresto a Sant’Angelo in Vado (Pesaro e Urbino), il Convento la Madonna di San Romano (Pisa), l’ex Monastero delle clarisse di Trevi (Perugia), l’Oasi Regina della Famiglia a Montoro Superiore (Avellino), l’Oasi Cana di Gibilrossa (Palermo).

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Se anche tu, come me, hai conosciuto o tocchi quotidianamente con mano la bellezza e l’importanza della proposta di bene che l’Azione Cattolica Italiana porta avanti ogni giorno per prendersi cura della vita di centinaia di migliaia di persone, dona un contributo. Anche grazie a te, questa Bella storia potrà così continuare a dare frutti per le donne e gli uomini, i ragazzi, i giovani e gli adulti del nostro tempo. L’Azione Cattolica Italiana, infatti, è una eccezionale storia di santità, lunga 150 anni, semplice e quotidiana, fatta delle vite ordinarie di tantissime persone e di tante comunità. AC è cammino di fede e di testimonianza condiviso. AC è impegno a servizio del Bene Comune. AC è accoglienza, cura e promozione dell’esistenza di ogni persona, in tutte le età della vita. AC è formazione e missione, alla scuola di Gesù per l’evangelizzazione, sulle strade del mondo. AC è “Chiesa in uscita”, nelle grandi città e nei piccoli paesi, nelle scuole e nel mondo del lavoro, nelle parrocchie e nei quartieri. Con tutti e per tutti. Anche tu puoi sostenere le attività dell’Azione Cattolica Italiana, vai su www.azionecattolica.it e clicca su DONA ORA!

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Siria

Padre Ibrahim: «Ricostruiamo insieme la nostra città»

di Silvio Mengotto

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d Aleppo la parrocchia latina di San Francesco di padre Ibrahim Alsabagh nei lunghi anni di guerra ogni mese ha aiutato migliaia di famiglie cristiane e musulmane con viveri e medicinali, nella riparazione delle case distrutte dai bombardamenti, nel sostenere gli studi universitari e le rette scolastiche di tanti bambini. «Talvolta, pensando a me stesso – racconta padre Alsabagh –, dentro di me rido perché, amante dei libri e di alti studi teologici, mi trovo ad Aleppo a fare il vigile del fuoco, l’infermiere, il badante e, da ultimo, il sacerdote». Le cronache di guerra e di Con lo slogan Aleppo più bella la comunità speranza sono state raccolte nel libro Un istante prima dell’alba (Edit. Terra Santa) latina di padre dove padre Ibrahim descrive «come si vive Ibrahim Alsabagh ha ad Aleppo la tragedia della guerra, come si lanciato un piccolo segno di speranza per alimenta la speranza di un futuro quando ricostruire il mosaico avere speranza sembra una bestemmia. Come si ritrova il senso della vita (e della della pace in una morte) in una situazione dove il male e la città siriana martire distrutta dalla guerra violenza sono insensatezza allo stato puro».

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La popolazione aspetta… Al termine delle ostilità le voci più accreditate promettevano una rapida ricostruzione della città di Aleppo, ma dallo scorso gennaio la popolazione aspetta. Nel vuoto si è inserita questa semplice, ma importante, iniziativa di padre Ibrahim e i suoi fratelli francescani. Sabato 17 giugno davanti alla chiesa parrocchiale padre Ibrahim, con la collaborazione del governatore, del sindaco della città, il comune e la Chiesa latina di Aleppo, hanno inaugurato l’iniziativa Aleppo più bella con la verniciatura dei bordi dei marciapiedi. La prima pennellata è stata data dalle stesse autorità. «Rendere Aleppo più bella – dice padre Ibrahim – è una preoccupazione e una sfida che ci unisce. Prenderci cura della nostra città ci rende una sola nazione, una sola famiglia, a prescindere dalla nostra religione o dalle nostre convinzioni. Ci siamo resi conto sin da subito del fatto che questa iniziativa è una buona opportunità per recuperare e rinnovare quel meraviglioso mosaico che è la nostra società. A questa causa noi ci dedichia-

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tempi moderni

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mo con interesse, amore e dedizione». E ancora: «Lottiamo con amore per la nostra città martire con il desiderio di promuovere la riconciliazione nella nostra società ferita e lacerata. Siamo convinti che fare il bene sia contagioso, per questo iniziamo a fare del bene per trasmetterlo e diffonderlo. Così la guerra, l’odio, l’egoismo e la supremazia della morte saranno sostituiti dalla pace, dalla carità, dalla solidarietà e dal bene comune tramite l’estensione del Regno dei Cieli. Per raggiungere questo fine abbiamo invitato ad unirsi a noi tutte le chiese, gli scout cristiani, i movimenti ecclesiali e tutti gli abitanti della città».

Nelle foto: due momenti del progetto Aleppo più bella

Pennelli, secchielli, vernice La parrocchia latina ha finanziato i costi del progetto acquistando l’intera attrezzatura necessaria. Tutti i giovani della parrocchia, insieme agli uomini e donne (più di 200 persone) «armati di pennelli – continua padre Ibrahim –, secchielli e vernice, con grande entusiasmo e zelo, sono andati alla conquista della città per renderla più bella». L’iniziativa è continuata nei giorni successivi seI 082017

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guendo un programma ben preciso. I volontari sono stati divisi in squadre composte di 10 persone con un responsabile. Il territorio da coprire è stato diviso in settori e alle rispettive squadre sono state assegnate le vie e le strade da verniciare. «La parrocchia di San Francesco – conclude padre Ibrahim – e i fratelli francescani hanno mostrato come la combinazione di volontà ferma e azioni concrete possono essere d’aiuto nella ricostruzione di una città distrutta. Crediamo che tramite queste piccole azioni e questi piccoli gesti potremo ricostruire insieme la nostra città e la nostra società. Ciò che sicuramente conta è il nostro impegno personale, il nostro desiderio di essere parte attiva nel processo di ricostruzione della nostra casa, cioè della nostra città con i suoi abitanti. Essendo una chiesa abbiamo un grande potenziale che non possiamo conservare esclusivamente per noi stessi: è nostro dovere e nostra missione condividere questo grande potenziale e contribuire al benessere di tutti i nostri fratelli e di tutte le nostre sorelle che vivono con noi nel nostro paese, nella nostra città e nella nostra sog cietà». ■

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Korogocho: guardare la realtà con gli occhi dei poveri di Michele Luppi

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na volta si diceva “fare qualcosa per i poveri”, poi è diventato “fare qualcosa con i poveri”, adesso credo sia arrivato il momento di imparare a leggere la realtà con gli occhi dei poveri che è tutta un’altra cosa. Un’altra visione. Solo così la Chiesa può essere davvero universale». È questa una delle tante lezioni di vita che padre Stefano Giudici, missionario comboniano nativo della provincia di Como, ha imparato nei quattro anni trascorsi tra la gente di Korogocho, una delle baraccopoli più conosciute, non solo di Nairobi, ma del mondo intero. Un universo il cui nome – in lingua Kikuyu, “confusione” – dice molto di questo angolo d’Africa dove, in circa 1 chilometro quadrato e mezzo, vivono tra le 150 e le 200mila persone. Uomini, donne e bambini stipati in baracche che sorgono a ridosso di una delle più grandi discariche a cielo aperto «Oggi la comunità è della capitale keniana. conosciuta in tutto il «Ricordo la prima volta che misi mondo. Certamente ciò ha piede nella baraccopoli, ero il permesso che le denunce 1991, ed ero appena arrivato in sui diritti negati, lanciate Kenya, per iniziare la mia formada lì, arrivassero davvero zione teologica a Nairobi nel sea moltissime persone, minario internazionale dei comboma ha anche creato una sorta di mitizzazione di cui niani. Decisi di passare un mese questa stessa realtà rischia al fianco dei nostri missionari nello slum: padre Alex Zanotelli e padi essere ostaggio». Un missionario comboniano dre Gianni Nobili. Vedere dal vivo come vivevano la loro presenza tra spiega a Segno cosa la gente ha sicuramente determisignifichi stare vicino nato e plasmato la mia vocazione ai poveri. missionaria». E parla di «una Chiesa Sarà proprio padre Zanotelli, già che va fuori, che tiene direttore della rivista dei combole porte aperte»

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niani Nigrizia, a far conoscere al mondo questa realtà attraverso alcuni libri nati proprio tra la polvere e il fango di Korogocho. La stessa dove padre Stefano Giudici sarà inviato dal 2010 al 2014 dopo una parentesi di undici anni in Polonia. «Vivere la realtà dall’interno e per un periodo lungo mi ha offerto la possibilità di avere una visione completamente diversa sullo slum e i suoi abitanti – confida il religioso –. Oggi la comunità di Korogocho è conosciuta in tutto il mondo e, per certi versi, potremmo dire che è diventata una sorta di “brand”. Certamente questo ha permesso che le denunce sui diritti negati, lanciate da lì, arrivassero davvero a moltissime persone in tutto il mondo, ma ha anche creato una sorta di mitizzazione di cui la stessa comunità rischia di essere ostaggio. Perché Korogocho è molto più di povertà e miseria: lì ho potuto sperimentare una pastorale basata sulla comunità, dove si lavora per provare a integrare chi è escluso. Una comunità con gli occhi aperti a chi vive ai margini, l’idea di una Chiesa che va fuori, che tiene le porte aperte».

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Parole che richiamano alla mente molte delle indicazioni del magistero di papa Francesco. «Ricordo ancora – continua «Oggi la Chiesa cattolica africana padre Giudici – la sera in – racconta – sta crescendo nei cui un uomo è venuto da numeri, ma mi sembra per certi me dicendomi che era versi un po’ bloccata dal punto un bandito e che voleva di vista pastorale, perché sembra cambiar vita. Come sepiù interessata alla forma che alla gno di buona volontà mi sostanza, ad un approccio legalista consegnò un machete più che alla fede delle persone. che aveva estratto da In questo purtroppo rivedo un sotto la maglia. E così è approccio europeo che è stato stato: dopo un percorso, portato in questi anni» non facile, è riuscito a lasciare la banda con cui stava e ad avviare un piccolo commercio di camicie. Sono convinto che se non avessi vissuto lì, ma fossi andato a Korogocho solo durante il giorno, quell’uomo non sarebbe mai venuto a bussaNella foto a sinistra: re alla mia porta. Perché è la vicinanza fisica, la padre Stefano Giudici condivisione profonda, a far nascere l’ascolto e e, sopra, una vista di l’accoglienza». Korogocho I 082017

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Chiesa africana in cambiamento Oggi padre Stefano vive sempre a Nairobi, ma ha dovuto lasciare la baraccopoli perché chiamato a svolgere il ruolo di formatore nel seminario teologico, lo stesso in cui si era formato. «Siamo in 24 tra educatori e seminaristi e solo tre sono i non africani. Tutti gli altri sono giovani provenienti da diversi paesi del continente. Questo dice molto sul futuro della nostra congregazione, ma anche della stessa Chiesa», confida. Una Chiesa, quella africana, che secondo padre Giudici starebbe attraversando una fase, non facile, di cambiamento. «Oggi la Chiesa cattolica africana – racconta – sta crescendo nei numeri, ma mi sembra per certi versi un po’ bloccata dal punto di vista pastorale, perché sembra più interessata alla forma che alla sostanza, ad un approccio legalista più che alla fede delle persone. In questo purtroppo rivedo un approccio europeo che è stato portato in questi anni». Uno stile che, secondo il missionario, sarebbe eredità del periodo coloniale. «All’interno della stessa Chiesa africana – prosegue –, sta emergendo con forza un dibattito sulla capacità del messaggio evangelico, portato dai missionari, di riuscire a entrare in dialogo con la cultura del posto. Quanto questo abbia fatto crescere il popolo africano dal basso, senza imporre una dottrina dall’alto. Non si tratta di esprimere un giudizio, ma è innegabile che i missionari in Africa siano arrivati al seguito di colonizzatori o esploratori e che il modello è stato (e per certi versi è ancora) quello di costruire contestualmente missione, scuola e ospedale. Non possiamo poi meravigliarci se le comunità locali vedano ancora la Chiesa come una dispensatrice di servizi. Con questo non voglio dire che non siano state fatte cose meritorie – ancora oggi in Kenya la Chiesa gestisce migliaia di scuole e dispensari – ma dovremmo avere l’umiltà di riconoscere che un problema esiste e iniziare a discuterne. E la prima cosa da fare è provare a guardare alla realtà con g altri occhi, quelli dei poveri». ■

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quale Chiesa di Michele Tridente

Sinodo interattivo: Chiesa in ascolto delle nuove generazioni

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otremmo definire quello dell’ottobre 2018, un “Sinodo interattivo”. Un Sinodo sui giovani, ma che già nelle intenzioni di papa Francesco vuole essere anzitutto un appuntamento ecclesiale dei giovani, e per questo la Chiesa vuole mettersi in loro ascolto e coinvolgerli da protagonisti già dall’inizio del cammino preparatorio. Oltre al classico questionario rivolto alle diocesi e alle realtà ecclesiali, ecco allora un questionario online per ogni giovane, un’indagine Il vicepresidente Ac per il settore rivolta a tutti i giovani del Giovani analizza i passi compiuti, mondo dai 16 ai 29 anni, per dare l’opportunità di e quelli prossimi, per preparare farci sentire, di esprimerci, il Sinodo 2018. L’importanza di raccontare quello che del questionario e dei temi sollevati. Il ruolo dell’associazione siamo e ciò che vogliamo far sapere di noi e della nonelle tappe di avvicinamento stra vita. all’assemblea dei vescovi Al questionario, proposto in diverse lingue (italiano, inglese, spagnolo, francese e portoghese; ma alcune Conferenze episcopali stanno provvedendo in proprio alla traduzione nelle rispettive lingue da mettere on line), si accede dal sito youth. synod2018. va, strumento voluto dalla Segreteria generale del Sinodo per promuovere un coinvolgimento attivo e una partecipazione diffusa dei giovani del mondo in modo semplice e veloce. Le risposte, che dovranno arrivare entro il 30 novembre prossimo, «faranno parte dell’ampia consultazione che la Segreteria generale sta svolgendo a tutti i livelli del popolo di Dio». Le domande

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intrecciano aspetti personali e opinioni sul mondo che ci circonda, sul rapporto con gli altri e la vita di fede, sulle scelte di vita e vocazionali. Mentre il questionario rivolto alle realtà ecclesiali è caratterizzato da un taglio più pastorale e intra-ecclesiale, il questionario online è destinato a tutti i giovani con uno stile aperto e accessibile a tutti, anche per i non credenti. Parole concrete, nessun “ecclesialese” Si coglie il profondo realismo e lo stile con cui sono formulate le domande: nessun linguaggio “ecclesialese” o termini solo per addetti ai lavori, ma parole semplici e concrete che vanno al cuore delle questioni e ci interrogano davvero. Sono domande che ciascuno di noi almeno una volta ha rivolto a se stesso, a un giovane o un giovanissimo del proprio gruppo o anche solo a un nostro amico. Già nella Lettera che accompagnava il documento preparatorio papa Francesco scriveva che «la Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche». Tra le diverse domande, colpisce: «Che cosa ritieni urgente per la Chiesa cattolica oggi?». Le urgenze della Chiesa, la concretezza della sua missione, cosa è chiamata a fare nel tempo in cui è posta non sono elementi che interrogano i teologi né un aspetto che interessa solo i vescovi: è un problema di tutti i cristiani, anche e soprattutto dei giovani, perché «spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore». Questo Sinodo è una grande occasione di discernimento che abbiamo come Chiesa per comprendere come accompagnare i processi di crescita e le scelte di vita, ma è anche una grande possibilità per noi giovani di essere protagonisti nella vita della Chiesa. Ora che il percorso comincia abbiamo di fronte tante sfide importanti e da cogliere su-

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quale Chiesa bito. Occorre uscire dalla tentazione sempre forte di pensare al Sinodo come un momento tutto intra-ecclesiale; al contrario è l’occasione per coinvolgere tutti i giovani in un percorso di riflessione molto ampio. Dobbiamo provare a mettere al centro del dibattito, con il coraggio e la sana incoscienza di noi giovani, questioni Questo Sinodo è una grande importanti, temi che tococcasione di discernimento cano e interpellano la vita che abbiamo come Chiesa per vera di un giovane. comprendere come accompagnare i processi di crescita e le scelte Un compito per di vita, ma è anche una grande l’Azione cattolica possibilità per noi giovani di essere Come Azione cattolica, protagonisti nella vita della Chiesa abbiamo il compito di generare dei percorsi sinodali diffusi a tutti i livelli. Anche per accrescere Nella foto: la consapevolezza di questo compito, come settore i giovani eletti Giovani, abbiamo scelto di mettere il percorso sinoal Consiglio nazionale dale, a partire dall’approfondimento dei temi del diinsieme ai segretari scernimento vocazionale e dell’accompagnamento nazionali del Msac, alla maturità di fede, al centro dei nostri momenti al lavoro I 082017

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nazionali e degli strumenti rivolti ai gruppi locali. Ma vorremmo che quest’attenzione al Sinodo non fosse solo per giovani, ma coinvolgesse tutta l’associazione, dove il dialogo tra le generazioni è da sempre una declinazione profonda della scelta dell’unitarietà. Vorremmo che il percorso sinodale fosse occasione per tutta l’Ac per riflettere sulla qualità e la rispondenza alla vita dei percorsi formativi, per chiedersi come aiuta ed accompagna i giovani ad essere protagonisti nella Chiesa e nella società, per interrogarsi su quanto i nostri cammini riescono ad attrarre tutti i giovani, non solo quelli che abitualmente fanno parte del “giro” della parrocchia. Fin dalla sua fondazione, avvenuta proprio ad opera di due giovani, l’Ac scommette su noi giovani, sulle nostre intuizioni, sul nostro coraggio e il nostro desiderio di “cose grandi”. Questo chiama tutta l’associazione a prendersene cura per far sì che, «accompagnati da guide sagge e generose» (Preghiera di papa Francesco per il Sinodo), ciascuno possa realizzare «il proprio progetto di g vita» pensato dal Signore. ■

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A VITA

RIMAT

E O D LL

il primato della vita

- IL P

Gli strumenti della vita spirituale/6

Accompagnati con tenerezza

di Marco Ghiazza

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ra gli strumenti a servizio della vita spirituale, da sempre trova uno spazio rilevante l’accompagnamento. La questione del nome è importante, ma rischia di ridurre il valore di una esperienza articolata alla sua comune definizione. Vi sono altri e molti modi per parlare di questa relazione. La “paternità” ha il pregio di richiamare la capacità generativa di questo cammino. Ma presenta pure il limite di descriverlo come legato esclusivamente a figure maschili (e religiose); l’esperienza di questi anni – che proveremo a descrivere anche in queste righe tra questo e il prossimo numero – ha dilatato i confini, di genere e di vocazione, semplicemente riconoscendo che la qualità dell’accompagnatore (essere una persona capace di intuire i movimenti dello Spirito) non è necessariamente frutto L’accompagnamento di un ruolo e neppure appannaggio di vuole aiutare ciascuno un sacramento, ma è il risultato di un di noi a uscire dal lungo e profondo cammino di preghiecomodo e travolgente ra di cui molti uomini e donne, negli stile di vita del anni, sono stati capaci. Basti pensare, “fanno tutti così” per in questo senso, a colui che divenne promuovere il primato il “padre” per eccellenza, l’“Abba” della coscienza e l’esercizio di una libertà Antonio, il quale non veniva da corsi responsabile. Chi prende di studio esemplari e non aveva titoli per mano non ha fretta ecclesiastici. di dare risposte, semmai La “direzione” ha il pregio di mettere bene in evidenza lo scopo di questo vuole condividere un cammino: non lasciare una persona cammino nella stagnazione dei suoi dubbi o persino delle sue pigrizie, ma aiutarla a compiere dei passi, possibili ma decisi, verso una vita secondo il Vangelo, con la sua bellezza e le sue esigenze. Ma, lo sappiamo, non sempre è percepito positivamente il ruolo di chi si propone di “dirigere”, seppur con discrezione, qualcun altro. Del resto, con lucidità, Amoris laetitia ci ha ricordato che: «Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (Al 37).

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Due significativi riferimenti Senza dimenticare, dunque, le peculiarità delle definizioni qui sopra accennate, parleremo preferibilmente di accompagnamento, avendo due piccoli riferimenti, davanti agli occhi e sulle labbra. Possiamo contemplare insieme l’icona del Cristo raffigurato con l’abate Mena, un’immagine del VII secolo attualmente custodita al Museo del Louvre e divenuta, nell’esprimersi di molti, l’Icona dell’amicizia. In essa vediamo il Signore abbracciare l’amico, esprimendo al tempo stesso coinvolgimento e sostegno: è l’atteggiamento di chi accompagna. L’abate ha un occhio rivolto verso il Signore e uno rivolto in avanti: è un apparente “strabismo spirituale” che in realtà esprime quell’unità di vita che è frutto di un buon accompagnamento. Il Cristo, ancora, porta con sé il Libro della Parola: è nel confronto con essa che ciascuno può scrutare i movimenti della sua coscienza, fino a trarne delle indicazioni per il suo cammino, simboleggiate dal piccolo rotolo conservato da Mena. Sulle labbra, inoltre, possiamo tenere il Vangelo di Marco, là dove si ricorda l’incontro con il cieco di Betsaida (8, 22–26). Betsaida è un villaggio: come ogni piccolo centro si trova a dipendere da una grande città; non solo per i servizi e i commerci, come accade ancora oggi, ma anche per il pensiero e la cultura. L’accompagnamento vuole aiutare ciascuno a uscire dal comodo e travolgente stile di vita del “fanno tutti così” per promuovere il primato della coscienza e l’esercizio di una libertà responsabile. Il testo si conclude, a questo proposito, con un invito chiaro: tornare a casa senza entrare nel villaggio. Gesù prende per mano L’incontro con il cieco è ricco di una significativa gestualità: Gesù prende per mano, con amicizia, discrezione, incoraggiamento senza forzature. Chi prende per mano non ha fretta di dare risposte, ma

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il primato della vita di condividere un cammino; questo atteggiamento è fondamentale, tanto per chi accompagna quanto per chi è accompagnato. Poi il Cristo compie un atto che vuole evocare L’accompagnamento spirituale può la potenza creatrice di essere riletto a partire da questa Dio, capace di rendepagina di Vangelo: la vicenda di due re la vita umana bella, persone che si prendono per mano, perché impastata della che provano a uscire dalla schiavitù fragilità della terra e delle opinioni dominanti, che con del soffio della Grazia. pazienza provano a guardare con Marco però ci dice che, occhi rinnovati la realtà delle cose letteralmente, Gesù non mette la saliva sugli occhi, ma “sulla visione”, sul modo di vedere le cose: l’accompagnamento può aiutare a creare Nella foto, l’icona del uno sguardo nuovo sulla realtà, illuminato dalla Cristo raffigurato presenza di Dio e dal confronto con la sua Parola. con l’Abate Mena I 082017

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Significativo è questo miracolo che, in apparenza, riesce a metà e ha bisogno di un intervento ulteriore: nel rispetto dei tempi di ciascuno, l’accompagnamento non può evitare di tenere conto della legge della gradualità, insegnata dal Cristo nella varietà dei suoi incontri. L’accompagnamento spirituale può essere riletto a partire da questa pagina di Vangelo: la vicenda di due persone che si prendono per mano, che provano a uscire dalla schiavitù delle opinioni dominanti, che con pazienza provano a guardare con occhi rinnovati la realtà delle cose, per coglierne potenzialità e contraddizioni. Una vicenda che ha come esito il “ritorno a casa”: non una estraniazione, ma una profonda immersione nella quotidianità, ma con uno sguardo lucido e purifigg cato dal Vangelo. ■ ■

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orizzonti d Ac di Maria Grazia Vergari

Ac, tre parole-chiave: custodire, abitare, generare

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n papa che si ferma con paterno affetto a chiacchierare con tutta l’Ac del mondo un’ora e un quarto, centomila persone in piazza San Pietro a ricordare 150 anni di una bella storia, i dibattiti e le riflessioni della XVI Assemblea nazionale... Momenti storici, ricordi, sguardi, parole, abbracci, gesti familiari per noi di Ac. Giorni intensi quelli vissuti nella scorsa assemblea nazionale e nell’incontro con papa Francesco il 30 aprile. Fare memoria impegna ancora di più a progettare. Dove vuole andare l’Azione cattolica nei prossimi anni? Il Consiglio nazionale ha raccolto pensieri ed emozioni vissuti in quei giorni e ha cercato di dare parole a tutto questo! Frutto del lavoro di discernimento comune sono gli Orientamenti triennali, un documento che contiene le attenzioni particolari dell’Ac per questo tempo, i temi e le linee giuda per ciascun anno del triennio 2017-2020 e il riferimento alle tre icone bibliche che accompagneranno ragazzi, giovani e adulti nella loro formazione associativa.

L’icona evangelica «Vi precede in Galilea» (Mc 16,7): é l’icona evangelica del triennio, è il messaggio che le donne del mattino di Pasqua devono portare ai discepoli, ancora dispersi e impauIl Consiglio nazionale ha riti. L’appuntamento con il Risorto definito gli Orientamenti non è a Gerusalemme, ma è là dove triennali con i “verbi” tutto era iniziato! Ritornare in Galilea da interpretare e vivere per noi è essere capaci di rileggere a livello associativo tutto alla luce della Resurrezione, per il periodo 2017un’esperienza che ha illuminato 2020, illustrati dalla per prima la nostra vita. È riscoprire vicepresidente per il l’esperienza dell’incontro personale settore Adulti. L’icona con Gesù Cristo. Con questa conbiblica è «Vi precede in sapevolezza e questo stile vogliamo Galilea». Quattro, invece, metterci accanto agli uomini del le attenzioni specifiche: nostro tempo, sulla loro strada per cura della parrocchia, scoprire con loro le tracce del Risordialogo con le culture, to che è già presente. vita laicale e popolarità

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Un cammino triennale Il cammino del triennio sarà quindi guidato da tre verbi: custodire, generare e abitare. Custodire. Centocinquanta anni di storia sono un dono, un’eredità preziosa che chiede di essere custodita. Nell’anno del 150° vogliamo fare memoria, custodendo ciò che è essenziale, lasciandoci sollecitare dalla “conversione missionaria” più volte invocata da papa Francesco per le nostre comunità. Per noi andare all’essenziale è riconoscere l’Ac come scuola di comunione ecclesiale, scuola di sinodalità: siamo laici di Azione cattolica che sperimentano la bellezza del discernimento come la strada per imparare a comprendere e vivere la volontà di Dio per la nostra esistenza, per quella dei nostri fratelli. Andare all’essenziale significa riconoscere il valore grande che in associazione ha il dialogo intergenerazionale e le grandi potenzialità di un’esperienza popolare capace di mettersi accanto a tutti per annunciare il Vangelo. Abitare. Essere discepoli missionari per noi è impegno a stare nel mondo. Desideriamo innanzitutto vivere la nostra missione nel riconfermare la scelta educativa di essere accanto ad ogni uomo e donna per sostenerlo nel cammino e accompagnarne i passi, stando in mezzo alla gente, nei luoghi della quotidianità, dando il nostro contributo nel mondo sociale, politico ed economico, come laici che incarnano il Vangelo nel mondo inculturandolo. Questo abitare ci invita a rivedere i linguaggi e le strutture che dell’evangelizzazione sono responsabili per essere sempre più coinvolgenti e non esclusivi, ci invita ad abitare le periferie, costruire cultura nelle carceri, nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartieri... Generare. Generare significa accogliere l’invito a primerear (prendere l’iniziativa), a uscire da sé per farsi prossimi, vivificati dalla Parola e dall’Eucaristia che continuamente ri-generano e rinnovano nell’amore. Per generare occorrerà anzitutto farsi «generatori di senso» (Evangelii gaudium, 73) per gli uomini di questo tempo, accompagnarne i passaggi essenziali dell’esistenza curandone la vita

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spirituale. Per l’Ac generare è avere a cuore più i processi da attivare che gli spazi da occupare.

Nella foto: l’Azione cattolica in piazza San Pietro

Le attenzioni prioritarie In questo triennio le diocesi saranno sempre più chiamate, in continuità con lo scorso triennio, a coltivare alcune attenzioni: 1. La cura della parrocchia. È impegno ad abitare le parrocchie e prenderci cura dei processi di trasformazione in atto, accompagnandone l’apertura missionaria secondo la prospettiva dell’Evangelii gaudium. Anche in questo triennio si è scelto di accompagnare e sostenere con forza il servizio dei presidenti parrocchiali, il cui servizio è essenziale per la cura delle persone; attenzione alla parrocchia significa, inoltre, valorizzare la dimensione intergenerazionale delle associazioni e crescere nella unitarietà. 2. Il dialogo e il confronto con le culture nel-

la volontà di spendersi nel dibattito culturale e darsi gli strumenti per poter dialogare sui temi cari alla vita delle persone e dei territori. Dialogo è impegno tenace e creativo per la costruzione di alleanze dentro e fuori la Chiesa. 3. La cura della vita del laico, attraverso il sostegno della sua vita spirituale e la ricerca degli strumenti per accompagnarla. Questa attenzione passa dall’impegno sempre più consapevole e creativo per una formazione capace di sostenere i laici a vivere nel mondo, dentro le sfide di questo tempo. 4. La popolarità come impegno delle nostre associazioni locali ad essere “con tutti e per tutti”, che dice capacità di porsi in ascolto delle domande, trovare linguaggi e forme perché il Vangelo arrivi a tutti. Popolarità è accogliere la sfida di sapersi raccontare e, suscitando curiosità e interesse, anche di promuovere l’associazione.

È questo l’orizzonte dell’Ac per il prossimo triennio, che troverà concretezza nei passi, nei volti, parole, nelle scelte, nelle storie delle persone e dei territori di ogni realtà diocesana. Saranno tanti modi con cui incarnare l’invito di papa Francesco a tenere viva quella «passione cattolica», «la passione della Chiesa» a «vivere la dolce e confortante gioia di g evangelizzare». ■

Modulo formativo Adulti

L’Azione cattolica a Lampedusa

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al 31 agosto al 3 settembre è stato programmato un modulo formativo rivolto ai responsabili Adulti a Lampedusa. Si tratta di una modalità diversa di vivere l’estate associativa, attraverso un incontro con una realtà territoriale cui l’Ac ha già dedicato l’iniziativa del mese della Pace dello scorso anno. Lampedusa è terra di frontiera e di migrazione, papa Francesco l’ha scelta come meta del suo primo viaggio pastorale. «Vogliamo vivere in modo concreto – spiega Giuseppe Notarstefano, vice presidente nazionale per il settore Adulti – una particolare alleanza tra comunità cristiana e territorio, ascoltare e accogliere le persone che vivono il dramma della migrazione attraverso il pericoloso viaggio e lo sbarco cui i migranti sono sottoposti. Vogliamo incontro i volontari e le persone che rendono concreta e “umana” l’accoglienza e cercare di far crescere la coscienza solidale di tutta l’associazione». Questo anche a partire «dalla testimonianza dell’associazione locale, direttamente e intensamente coinvolta insieme al parroco don Carmelo La Magra, assistente diocesano di Ac, il sacerdote che, insieme al presidente diocesano Salvatore Scibetta, ha donato la bibbia ritrovata in un barcone durante l’assemblea del Fiac a Roma lo scorso aprile, segno che ha commosso profondamente il Santo Padre». I 082017

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Presidenza nazionale, conferme e volti nuovi

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uovo triennio associativo per l’Ac, pieno di impegni e voglia di fare. Infatti, lo “spirito democratico” dell’associazione si è messo in moto e ha provveduto, prima della XVI Assemblea nazionale dello scorso aprile, a nominare le nuove presidenze parrocchiali e diocesane, insieme alle responsabilità regionali, mentre, subito dopo, il 17 giugno, il nuovo Consiglio nazionale appena eletto ha nominato i componenti della presidenza nazionale dell’associazione, in carica per il triennio 2017-2020. Il Consiglio nazionale Tante conferme. Ma anche volha provveduto a ti nuovi. Matteo Truffelli (diocesi di eleggere i responsabili Parma), è stato riconfermato come dell’associazione per presidente nazionale dell’Azioil triennio 2017-2020. ne cattolica italiana lo scorso 24 Tante conferme, ma maggio, dal Consiglio permanente anche volti nuovi: della Conferenza episcopale italial’amministratore na, riunito in sessione straordinaria. nazionale, la vice Giovani e il responsabile Tra le conferme ritroviamo, poi, per il settore Adulti, Maria Grazia Vergari Acr. Mentre don Emilio Centomo torna in diocesi (diocesi di Otranto) e Giuseppe Notarstefano (diocesi di Palermo); per il settore Giovani, Michele Tridente (diocesi di Tursi-Lagonegro); come segretario generale dell’associazione, Carlotta Benedetti (diocesi di Torino). Tra i volti nuovi ci sono Lucio Turra (diocesi di Vicenza) che ricopre la carica di amministratore Nella foto: nazionale, Luisa Alfarano (diocesi di Locri-Gerala presidenza ce), vicepresidente per il settore Giovani e Luca nazionale di Ac al Marcelli (diocesi di Ascoli Piceno), responsabile completo (da sinistra: nazionale dell’Acr. mons. Gualtiero Il primo pensiero è per papa Francesco, cui i nuovi Sigismondi, Giuseppe membri della Presidenza nazionale dell’Ac hanno Notarstefano, Luca voluto rivolgere un filiale e affettuoso saluto, rinMarcelli, Maria Grazia novando l’impegno dell’associazione ad assumere Vergari, Carlotta pienamente l’invito rivolto dal Santo Padre all’ABenedetti, Matteo zione cattolica, nell’incontro del 30 aprile scorso Truffelli, Lucio Turra, in piazza San Pietro, in occasione dell’apertura Luisa Alfarano, delle celebrazioni per il centocinquantesimo anniMichele Tridente)

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versario di fondazione: «continuare ad essere un popolo di discepoli-missionari che vivono e testimoniano la gioia di sapere che il Signore ci ama di un amore infinito, e che insieme a Lui amano profondamente la storia in cui abitiamo». Per questo, con il sostegno e la paterna vicinanza dei nostri pastori, radicata nelle parrocchie di tutta Italia, l’Azione cattolica intende essere sempre più “passione cattolica” tra la gente, tessendo con tutti e con ciascuno relazioni fraterne capaci di generare pagine di bene comune, attraverso l’educazione alla responsabilità personale, all’impegno pubblico, alla partecipazione alla vita democratica del paese, vivendo la propria esperienza di fede non come un abito da vestire in privato, ma fuori dalle sacrestie e incontro al mondo. Per il nuovo amministratore nazionale, Lucio Turra, già presidente diocesano dell’Ac Vicenza, «è una grande sfida quella di svolgere questo servizio, e posso immaginare di viverlo solo con l’aiuto del Buon Dio e con la vicinanza di tutta l’associazione. Dal un lato vorrei svolgere questo compito con efficacia e condivisione su comuni obiettivi a tutti i livelli della vita associativa. Dall’altro spero di non farmi prendere dagli eventi ma di illuminare il cammino su tre regole per me fondamentali: sostenibilità, sicurezza e trasparenza». Un bel sorriso arriva dalla nuova vice Giovani. «Ciao a tutti, mi chiamo Luisa Alfarano, vengo da Stignano, un piccolo paese della Calabria e ho 26 anni. Con il cuore pieno di gioia mi accingo a vivere questa nuova esperienza da vicepresidente nazionale per il settore Giovani: sono carica di entusiasmo nel poter contribuire con il mio servizio in presidenza nazionale a continuare a scrivere la bella storia della nostra Ac. Nonostante la consapevolezza delle difficoltà che si incontreranno, sono pronta con il mio ottimismo, la mia creatività e il mio impegno a dare inizio a questa nuova avventura della mia vita, affidandomi al Signore e sostenendomi dall’amore di chi mi circonda».

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Cattolici, politica e società: è il tema che sarà affrontato da Ferruccio De Bortoli, già direttore del Corriere della Sera e oggi presidente della Casa Editrice Longanesi, il prossimo 16 settembre a Spello. Si tratta della prima edizione delle “Conversazioni a Spello”, volute dall’Azione cattolica italiana e dal Comune di Spello per portare riflessioni di alto livello nella cittadina umbra e per valorizzare Casa San Girolamo, il “polmone spirituale” dell’Ac. Il programma prevede l’accoglienza nel pomeriggio di sabato 16 settembre (ore 16); quindi una presentazione e visita della Casa con una sosta sulla tomba di Carlo Carretto. Alle 18 la relazione di De Bortoli. A seguire apericena. Per informazioni: www.azionecattolica.it; http://casasangirolamo.azionecattolica.it/

«Ho accolto questa chiamata a servire l’associazione e la Chiesa tutta – spiega il responsabile Acr, Luca Marcelli – nella convinzione che la responsabilità sia sempre la cartina tornasole dell’amore: abbiamo tempo, energie e sogni solo per ciò che amiamo davvero. Proprio per tale ragione la scelta di accogliere questo servizio è stata condivisa

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Casa San Girolamo Il 16 settembre le “Conversazioni a Spello” con Ferruccio De Bortoli

con mia moglie Mara e mio figlio Flavio. Mi auguro un triennio costruito da piccoli passi verso grandi orizzonti di bene: a insegnarci i primi e a chiederci i secondi sono la vita e la voce dei bambini e dei ragazzi dell’Acr d’Italia. Cercherò di dare il mio contributo perché la Presidenza nazionale possa custodire e valorizzare il tesoro prezioso che i piccoli rappresentano per la Chiesa ed il paese». Partecipano ai lavori della presidenza nazionale gli assistenti ecclesiastici dell’associazione. Il vescovo mons. Gualtiero Sigismondi, assistente ecclesiastico generale, don Antonio Mastantuono, vice assistente generale, don Tony Drazza (Giovani), Marco Ghiazza (Acr). Per tanti che rimangono, infine, una partenza. Don Emilio Centomo, assistente per gli Adulti, dall’1 settembre infatti tornerà nella “sua” Vicenza a fare il parroco. A don Emilio un forte “in bocca al lupo” da parte della redazione di Segno, sicuri che le strade della vita ci offriranno altre occasioni per gg gustare insieme amicizia e incontro. ■ ■

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Verso l’alto, con Piergiorgio di Gigi Borgiani

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possibile una nuova umanità? È una domanda che spesso ci poniamo con un senso di sfiducia, di impotenza, con una sensazione di minoranza. Ma non dobbiamo lasciarci condizionare dalle tante realtà negative, preoccupanti e drammatiche che ogni giorno la storia ci propone. Il “paradigma tecnocratico”, per dirla con papa Francesco, non ha portato in maniera globale i benefici e i vantaggi tanto proclamati. Anzi, pare che sempre più tanti Il sentiero di montagna indica uomini e popoli si siano una meta, comporta delle incamminati su sentieri difficoltà, crea solidarietà. babelici, verso il basso Richiede un minimo di attrezzatura e un passo condiviso della violenza, del potere, della criminalità e della senza fretta perché se la meta corruzione, dell’interesse, è importante, è altrettanto importante raggiungerla insieme. dell’indifferenza, di un’economia fine a se stessa. Frassati è insieme a noi per camminare su nuovi sentieri dove È possibile percorrere altri sentieri? Ne abbianon si lascia indietro nessuno, mo il dovere e sappiamo dove si invita tutti a progredire di averne la forza: c’è il nella fraternità e nella speranza Vangelo della gioia che ci guida. Ci sono poi tanti personaggi esemplari che possono illuminare il nostro cammino. Tra questi, recentemente, abbiamo fatto memoria di Piergiorgio Frassati. E non ringrazieremo mai abbastanza chi ha avuto la splendida e profetica intuizione di dedicare al nostro Beato un sentiero di montagna in ogni regione d’Italia (per saperne di più: www. sentierifrassati.org). Rinnovati equilibri evangelici «Montagne, montagne, montagne» ripeteva spesso Piergiorgio; è noto il suo amore per la montagna, un amore non certo più grande di quello che sempre lo ha attratto “verso l’alto”. Conosciamo la sua breve vita, meravigliosa sintesi di fede, di valori alti, di altruismo. Un esempio di “ecologia integrale”

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perché lui è stato capace, diremo oggi, di prendersi cura della casa comune, capace di tenere unite le cose del cielo con quelle della terra; capace di relazioni umane intense sia con gli amici che con i poveri, di trovare un tempo e uno spazio giusto per ogni cosa. Perché, come ci ha ricordato don Paolo Camminati, assistente dell’Ac di Piacenza, nella messa celebrata sul sentiero Frassati della Val d’Aosta il 2 luglio appena passato – oltre 50 tra giovani e adulti sul sentiero della Valle d’Aosta in un evento organizzato dalla diocesi di Piacenza – citando Bonhoeffer: «le quantità si contendono lo spazio, le qualità si completano!». Frassati ha saputo fare scelte e ordine: l’Eucaristia, la preghiera, la Parola, l’amore per gli altri, per la natura; l’attenzione ai poveri, ma anche la famiglia, gli studi e... l’obbedienza. La sua vita, breve e non facile e talora osteggiata, ancora oggi ci può guidare nella ricerca di rinnovati equilibri evangelici, di quella spiritualità laicale che sorregge la nostra quotidianità in un mondo che può cambiare. Ripercorrere la vita di Piergiorgio e camminare sui sentieri tracciati in suo ricordo ha un grande

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Non solo escursioni I numerosi eventi che si sono svolti tra fine giugno e luglio sui Sentieri Frassati da Nord a Sud del paese

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significato. È l’indicatore di una nuova via. Quella via che Frassati non è riuscito ad “aprire” su una delle sue amate montagne può essere oggi per ciascuno di noi la via da aprire per dare vita a una umanità nuova. Si tratta di ritrovare in noi l’impulso ad andare verso l’alto, a non lasciarci invischiare nel caos di miraggi tanto declamati ma di guardare a orizzonti ampi e percorrere sentieri da discepoli missionari. Frassati trasmette ancora oggi agli uomini del nostro tempo un messaggio stimolante e incoraggiante «soprattutto a voi, giovani, desiderosi di offrire un concreto contributo di rinnovamento spirituale a questo nostro mondo, che talora sembra sfaldarsi e languire per mancanza di ideali» (omelia di Giovanni Paolo II alla Beatificazione).

(Marche, Basilicata, Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Alto Adige, Lazio, Calabria, Campania, Abruzzo e Piemonte...) confermano l’attualità delle “linee guida” proposte da Piergiorgio ai giovani (ma anche ai meno giovani) che ne terranno conto in occasione del prossimo Sinodo in cui saranno protagonisti. Gli incontri, le celebrazioni e le feste vissute in tutte queste occasioni ci ricordano che il sentiero di montagna indica una meta; comporta delle difficoltà; crea solidarietà; richiede un minimo di attrezzatura, richiede un passo condiviso, senza fretta perché se la meta da raggiungere è importante è anche importante raggiungerla insieme. Ecco: insieme! È questa la parola che ci unisce a Piergiorgio (che suggerisce l’equipaggiamento essenziale) e tra noi per camminare su nuovi «sentieri umanitari» dove non si lascia indietro nessuno, dove si invita tutti g a progredire nella fraternità, nella speranza. ■

Nelle foto: a sinistra Piergiorgio Frassati. A destra i partecipanti alla messa del 2 luglio in Valle D’Aosta I 082017

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#Futuropresente: aderiamo all’Ac dei 150 anni

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i strada, in centocinquant’anni, ne abbiamo fatta tanta. Anno dopo anno, attraverso la storia della Chiesa e del Paese, abbiamo camminato a fianco degli uomini e delle donne di ogni tempo, dagli anni dell’Unità d’Italia ai giorni nostri. E allora, lo possiamo dire, c’è forse un filo di emozione a pensare che anche quest’anno rinnoveremo l’adesione a un’associazione che ha vissuto l’ordinarietà della vita delle persone per così tanto tempo, favorendo il protagonismo di ciascuno e accompagnandone le diverse stagioni della vita. 18 Possiamo chiederci, alloI 20 N O SI ra, con quale spirito rinnovare la nostra adesione all’Azione cattolica ancora oggi, ricordando questo anniversario così speciale. Le risposte, per la verità, a questa domanda, ce le ha fornite papa Francesco durante l’incontro nazionale del 30 aprile scorso ed è proprio dalle sue parole che vogliamo partire per promuovere l’adesione 2018 tra i nostri soci e per avvicinare altri all’esperienza associativa. Anche per questo abbiamo scelto come slogan della campagna adesioni 2018 #fututopresente, lo stesso che ha acDalle parole che papa compagnato quel momento di festa Francesco ha rivolto così importante per ciascuno di noi. all’Azione cattolica Aderire all’Ac facendo memoria durante l’incontro della nostra storia, significa, innannazionale del 30 aprile zitutto, rinnovare la consapevoleza Roma vogliamo partire per promuovere l’adesione za di essere popolo che cammina prendendosi cura di tutti, aiutando 2018 tra i nostri soci ognuno a crescere umanamente e e per avvicinare altri nella fede, condividendo la miseriall’esperienza associativa

cordia con cui il Signore ci accarezza. Questo è il compito che vogliamo assumere aderendo all’associazione: continuare a camminare accanto a ragazzi, giovani e adulti del nostro tempo e testimoniare i segni della presenza di Dio nelle nostre vite. A partire dalle nostre parrocchie, promuovere la vita associativa, anche favorendo l’adesione all’associazione, può essere un’occasione speciale per far sentire ciascuno accolto dal Signore e dai fratelli, senza se e senza ma. L’Adesione 2018 dovrà essere, però, anche l’occasione per realizzare ancora più intensamente il desiderio del Papa che ci chiede di far sì che ogni iniziativa, ogni proposta, ogni cammino sia esperienza missionaria, destinata all’evangelizzazione, non all’autoconservazione. È un’Ac, quella che festeggia i centocinquant’anni, più che mai in uscita, vicina in particolare al povero e a chi soffre, abitante delle periferie sociali ed esistenziali. Insomma, con l’adesione all’Ac assumiamo su noi stessi il compito della missione, che non ci chiede sforzi eccezionali, ma testimonianze concrete di vita cristiana e di gesti semplici e ordinari all’insegna della fraternità e della responsabilità. Cari ragazzi, giovani e adulti di Azione cattolica – ci ha detto papa Francesco: andate, raggiungete tutte le periferie! Andate, e là siate Chiesa, con la forza dello Spirito Santo. Questo sarà il modo migliore per far festa quest’anno; ma sarà anche il modo giusto per aprire l’Ac al futuro che ci attende, cogliendo le sfide degli anni a venire e facendo di ogni complessità un’opportug nità di bene e di novità. ■

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■ 150 anni di Ac

■ Da 82 anni in Azione cattolica:

A Mondovì lo slogan “Radicati nel futuro, custodi dell’essenziale” ha fatto da filo conduttore della “settimana comunitaria” svoltasi dal 10 al 16 luglio: tre incontri sul territorio della diocesi per adulti, giovani e famiglie per festeggiare il 150º anniversario dell’Ac. Due gli incontri di taglio storico, uno dedicato all’azione profetica dell’Ac nella Chiesa, l’altro alla riscoperta dei testimoni associativi durante la Resistenza e nel secondo ‘900. In mezzo, lo specialissimo “Silent Meeting”: una serata svolta nel pieno del “passeggio” serale nel centro storico con l’ausilio di apposite cuffie (di solito utilizzate dalle discoteche all’aperto) per trasmettere canzoni, video e un dibattito animato fra i partecipanti.

Caro Segno, affido a queste righe i miei gioiosi auguri per i 150 anni dell’Azione cattolica italiana della quale sono membro da ben 82 anni, sin da quando i miei genitori mi donarono la prima adesione nella sezione piccolissime della parrocchia Santa Caterina nel mio paese, Mores, nella diocesi di Sassari. La sezione “angioletti” arrivò successivamente, e ne beneficiarono i miei figli. In parallelo alla vita umana ho vissuto appieno la vita associativa ottenendo linfa vitale necessaria per l’apostolato, di cui ho abbracciato il suo fine, il suo essere con la Chiesa e per la Chiesa, donandomi e impegnandomi con esultanza nei più svariati ambiti, compreso quello diocesano in Sassari fino a 21 anni fa. [...] Oggi, pur in questa forzata immobilità, mi sento sempre largamente compensata da tanta gioia per l’appartenenza all’Azione cattolica. Auguri Ac, e rimani quella che sei! Aurora Gambella ved. Maurizi, Sassari

Mondovì: a luglio si è svolta la “settimana comunitaria”

La Domus Unitatis sorge in un incantevole parco, in una zona di notevole prestigio storico, paesaggistico e di particolare interesse enogastronomico. Dista pochi km. da Roma alla quale è ben collegata. Dispone di 21 camere con servizi privati, sala riunioni, cappella, parcheggio interno per auto e pullman.

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ieri e domani

Bandiere e distintivi per farsi riconoscere ovunque

intervista con Simona Ferrantin di Gianni Borsa

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n apertura del 150° anniversario dell’Azione cattolica italiana, che viene celebrato in questi mesi, l’Isacem (Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI) ha realizzato un volume – intitolato Farsi riconoscere ovunque – sulla storia dei segni identificativi dell’associazione, che permettono di ripercorrerne la parabola attraverso un particolare punto d’osservazione. Segno ne parla con Simona Ferrantin, coordinatrice dell’Isacem.

Che cosa racconta questa originale pubblicazione sui 150 anni della storia dell’Azione cattolica? Il volume, curato dall’Isacem, riproduce un’ampia selezione dei segni identificativi dell’associazione: labari, bandiere, nastri, distintivi, medaglie. A corredo sono state riportate suggestive fotografie di momenti pubblici della vita dell’Azione cattolica, come il famoso raduno dei 300mila “baschi verdi” del 1948, durante i quali i simboli associativi venivano messi in mostra con L’Azione cattolica italiana sta fierezza dai soci. Per celebrando un secolo e mezzo aiutare a comprendere della sua storia con eventi che l’evoluzione conosciuta negli anni, sono stati proseguiranno per un anno. Per l’occasione, l’editrice Ave riprodotti anche alcuni bozzetti dei segni ha dato alle stampe un libro distintivi, che docucurato dall’Istituto Paolo mentano gli studi per VI che mostra il variegato arrivare alla scelta e originale patrimonio dei più efficace. Il libro “segni” associativi, orgoglio è preceduto da una di intere generazioni di soci

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introduzione che, sulla base di un’inedita ricerca d’archivio, ricostruisce la storia dell’Ac attraverso questo particolare punto d’osservazione. Com’è stato realizzato il volume? Innanzitutto, abbiamo ricercato il materiale nell’archivio dell’Istituto, selezionando tutti i pezzi disponibili per poi raggrupparli in base alle associazioni e ai rami che li avevano realizzati nel tempo. La difficoltà nel lavoro, che ha comportato anche la descrizione analitica dei singoli oggetti, è stata l’individuazione della data di produzione, per ricostruire l’ordine cronologico. Successivamente è stata eseguita la riproduzione fotografica, per costituire un repertorio assolutamente fedele ai pezzi originari, al cui interno selezionare le immagini da riportare nel volume. L’archivio dell’Istituto possiede anche questi materiali? L’Istituto, oltre all’imponente mole delle carte dell’archivio (1.500 metri lineari di documentazione) e alla ricchissima biblioteca (65mila volumi e 1.600 periodici), conserva anche fotografie, pellicole, manifesti, tessere, distintivi e stendardi dell’Azione cattolica. Si tratta di materiale di va-

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E poi, come per incanto, il volume è spuntato.

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ieri e domani

Nelle foto: in alto, un gruppo di Guide juniores con i caratteristici segni distintivi

rio genere che nel complesso offre una testimonianza imprescindibile per ricostruire la storia dell’associazione, ma anche del paese, in questi 150 anni.

(foto tratta dal volume); a sinistra un distintivo del Vittorioso; sotto, anello della Gioventù femminile del 1932. A destra la copertina del volume

Quale significato hanno i simboli di identificazione nella storia dell’Ac? Si può riprendere, come è stato riportato anche nell’introduzione, la riflessione contenuta nel celebre Manuale dell’Azione cattolica, pubblicato in numerose edizioni a partire dagli anni Venti. In questo testo, Luigi Civardi, dopo aver richiamato la necessità di formalizzare l’adesione attraverso la tessera, che rimaneva un simbolo «nascosto», si soffermava sull’«opportunità di un altro segno», che f o s s e «palese e ostensibile»: «questo è il distintivo; che può chiamarsi il segno sensibile e palese dell’appartenenza a una organizzazione, e dell’adesione al programma di questa». A suo dire, il distintivo poteva essere equiparato alla divisa del soldato, che assolveva I 082017

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a tre funzioni: «è un mezzo di apostolato, perché è una pubblica e franca affermazione degli ideali cristiani»; «è anche un mezzo preservativo per chi lo porta, è come una trincea di difesa»; è infine «un mezzo per conoscersi, e quindi per destare quei sentimenti di cameratismo, di cordiale fraternità, che tanto giovano alla vita organizzativa». L’assistente centrale dell’epoca si dilungava, quindi, sulla bandiera che, come «segno collettivo», ottemperava alle stesse ragioni: «Per questo appunto – spiegava – è da considerarsi come cosa sacra [...]. È desiderabile che ogni associazione cattolica abbia la propria bandiera, sotto la quale i soci possano raccogliersi in occasione di pubbliche manifestazioni». Per queste ragioni al volume si è voluto dare il titolo di Farsi riconoscere ovunque, che è una frase di Armida Barelli, tratta dal suo libro di memorie La sorella maggiore racconta..., per indicare l’esigenza di indossare i distintivi.

Quali sono i simboli più significativi che avete trovato? A parte il primo labaro della Società della gioventù cattolica, che risale alla fine dell’Ottocento ed è il pezzo più antico che conserviamo, i segni distintivi più interessanti sono senza dubbio l’anello che portavano le ragazze della Gioventù femminile, il fermaglio che usavano le donne per i foulard, e i gemelli da polso e il fermacravatta che mettevano i soci della Gioventù italiana di Azione cattolica. Non si possono poi non ricordare i distintivi stilizzati, carichi di colore, studiati per i propagandisti del Vittorioso. Che cosa possono dire i simboli d’identificazione nella storia di questi 150 anni? I segni distintivi servivano non solo per «farsi riconoscere ovunque» ma anche per rendere visibile la militanza attiva, come ricordano non senza orgoglio molti soci di cui abbiamo riportato la testimonianza g nell’introduzione. ■

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sulle strade della fede

Foggia, la Madonna amata dal popolo di Paolo Mira

Nelle foto: il santuario mariano di Foggia

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olendo lasciare solo per qualche ora lo splendido mare del golfo di Manfredonia ci si può spingere per una quarantina di chilometri nell’entroterra e raggiungere, a sud-est di Foggia, uno dei centri mariani più importanti della Puglia: il Santuario della Beata Vergine Maria Madre di Dio Incoronata, lungo la via Sacra Longobardorum. Ai documenti d’archivio che attestano, attraverso un diploma di Ruggero II d’Altavilla del 24 novembre 1140, la presenza già all’epoca di un luogo di culto affermato e di una certa rilevanza, si affianca – come sempre accade – una tradizione popolare, certamente meno scientifica ma assai più incisiva, che aiuta ad amplificare la devozione e arricchisce la narrazione delle origini di particolari sempre nuovi. E proprio questa tradizione fa risalire l’origine del santuario ad alcuni fatti straordinari che sarebbero avvenuti nel bosco del Cervaro, presso Foggia, l’ultimo sabato di aprile del 1001, con la concomitanza del ritrovamento di una prodigiosa immagine, an-

Il santuario della Beata Vergine Maria Madre di Dio Incoronata ha ricevuto nei secoli visite illustri, tra cui papa Urbano II e l’imperatore Federico II, e di molti santi che, fattisi pellegrini, sono giunti a rendere omaggio: Bernardo di Chiaravalle, Francesco d’Assisi, Tommaso d’Aquino, Francesco da Paola, Antonio da Padova… Una devozione sempre crescente anche nei decenni più recenti tanto da spingere Paolo VI a concedere l’11 marzo 1978 l’elevazione del santuario a basilica minore

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cora oggi conservata nel santuario e che richiama ogni anno una grande moltitudine di fedeli. Una delle versioni del racconto narra che il conte di Ariano Irpino durante una battuta di caccia in un bosco ferì un daino; inseguitolo, lo raggiunse e lo trovò accovacciato ai piedi di una grande quercia. Avvicinatosi per catturarlo, si accorse che il grande albero era avvolto da uno strano bagliore e, accompagnata da quella luce intensa, gli apparve la Vergine Maria, la quale, tranquillizzatolo, gli chiese di erigere una cappella in suo onore proprio in quel preciso luogo. Nel frattempo giunse anche un pastore di nome Nicola, soprannominato Strazzacappa, che vide con stupore che anche i suoi buoi si erano inginocchiati, quasi in adorazione, ai piedi della quercia. Sempre più meravigliati il conte e il pastore guardarono in alto e scorsero, tra i rami dell’albero, una statua di legno scuro, raffigurante la Madonna dell’Incoronata con Gesù Bambino. Prontamente il pastore prese la sua “caldarella” di rame, la riempì d’olio e, appendendola a un ramo come fosse una lampada, l’accese in onore della Vergine. Prontamente – come si legge anche nel ricco sito internet del santuario – «fu costruita una prima chiesa che l’affluenza numerosa di pellegrini e le tante grazie concesse per l’intercessione della Madonna, fecero rapidamente cambiare in un tempio, con annesso convento e opere di carità». Inizialmente alcuni eremiti, poco più tardi i monaci basiliani, poi i vergiliani guidati da San Guglielmo da Vercelli e, quindi, i cistercensi garantirono la cura pastorale del santuario dell’Incoronata dall’XI al XVI secolo. Sul finire del Cinquecento, durante il pontificato di papa Gregorio XIII, l’abbazia fu trasformata in commenda cardinalizia; iniziava così un lento e inesorabile declino, culminato nelle soppressioni napoleoniche di inizio Ottocento. «Finalmente nel 1939 – spiegano ancora i curatori del sito web del santuario – l’Incoronata ritornò alla diocesi di Foggia nella persona del vescovo, monsignor Fortunato Farina, che nell’aprile del 1950 l’affidò ai Figli della Divina provvidenza, fondati da don Luigi Orione: essi costruirono il nuovo santuario e il grande complesso architettonico che lo circonda dando grande sviluppo alla devozione alla Madonna, offrendo calorosa accoglienza ai pellegrini che

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sulle strade della fede

hanno trovato disponibilità per i sacramenti, per gli incontri spirituali, per le loro devozioni e per ogni esigenza materiale e spirituale». Al posto del vetusto convento tra il 1954 e il 1965 sorse l’attuale nuovo complesso architettonico del Santuario dell’Incoronata, opera dell’architetto Luigi Vagnetti di Roma; all’ingegnere Antonio Guerrieri di Foggia furono affidati, invece, i calcoli dei cementi armati e la direzione del cantiere che si sviluppa su un’area pianeggiante di circa 13 ettari. Il tempio, di notevole capienza, presenta una pianta a croce greca ed è circondato da una serie di edifici: l’ala dedicata a museo, quella riservata ai religiosi, l’imponente campanile alto 57 metri, i vari uffici, la sala per i convegni e una “Casa del Pellegrino”. L’antico e il nuovo santuario mariano hanno ricevuto nei secoli visite illustri, tra cui papa Urbano II e l’imperatore Federico II, e di molti santi che, fattisi pellegrini, sono giunti a rendere omaggio alla Madonna Incoronata: Bernardo di Chiaravalle, Francesco d’Assisi, Tommaso d’Aquino, Francesco da Paola, Antonio da Padova, Vincenzo Ferreri, Bernardino da Siena, Pietro Celestino, Alfonso de’ Liguori. Una devozione sempre crescente anche nei decenni più recenti tanto da spingere Paolo VI a concedere l’11 marzo 1978 l’elevazione del santuario a basilica minore. Venerazione condivisa anche dal suo successore Giovanni Paolo II, che volle visitare il santuario il 24 maggio del 1987, così come aveva fatto, ancora cardinale, anche il g futuro Benedetto XVI il 22 ottobre 1985. ■

Come arrivare a Santa Maria incoronata

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l santuario della Madonna Incoronata sorge a Borgo Incoronata, frazione di Foggia, in via Don Orione 1, ed è facilmente raggiungibile utilizzando l’autostrada A14 Bologna-Taranto uscendo al casello di Foggia. La chiesa è aperta e visitabile tutti i giorni della settimana dalle ore 7:00 alle ore 12:30 e dalle ore 15:00 alle ore 20:00. Per informazioni è possibile contattare la comunità religiosa che cura e anima il santuario – Piccola Opera della Divina Provvidenza (Orionini) – chiamando il numero 0881.810016 o scrivendo all’indirizzo Email: info@santuarioincoronata. it. Approfondimenti sull’origine, la storia e le tradizioni del santuario, unitamente a una ricca galleria fotografica e alle informazioni inerenti all’ospitalità si trovano sul ricco sito web https://www.santuarioincoronata.it.

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perché credere

La forza missionaria dell’intercessione/6

Saper portare i fratelli a Dio di Tony Drazza

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er molto tempo abbiamo associato il sostantivo “missione” a una partenza, a un lasciare le proprie origini, il proprio paese e partire per un luogo lontano per annunciare con la vita e le parole la bellezza di un Incontro. Ricordo i miei incontri con i missionari che si alternavano in seminario per raccontarci la loro storia di “partenze”. Erano – sono – persone con il cuore grande, che a un certo punto della vita decidevano che l’amore che aveva sconvolto la loro storia non poteva rimanere nei confini del conosciuto, del territorio diocesano o nazionale, ma doveva arrivare, come dice il libro degli Atti degli Apostoli «fino ai confini della terra...». La forza della missione era dunque manifestata, all’inizio, dalla capacità di partire per molto tempo e per luoghi molto lontani e provare La missione può avere senso a fare casa da un’altra parte anche senza “partire” ma nel mondo. essendo pronti a “portare”.

Si tratta di imparare ad accompagnare davanti a Dio la vita di qualcun altro. La missione passa anche per questa strada... Prosegue, con il sesto articolo, a cura dell’assistente nazionale del settore Giovani di Ac, la riflessione della rubrica annuale sul “credere oggi”

Tra le persone che ci conoscono... Ma accanto al “partire” della missione c’è una forza che tutti faremmo bene a riscoprire che ha a che fare con il rimanere nei luoghi soliti, nei confini visti da sempre, tra le persone che conosci e che ti conoscono. La missione può avere senso anche senza partire ma essendo pronti a “portare”. Bisogna imparare a portare davanti a Dio la vita di qualcun altro. Partire e portare sono due verbi che hanno bisogno di forza e se messi insieme portano alla missione. Il primo – partire – ha bisogno della forza del cuore che spinge a fare passi fuori dai confini conosciuti; l’altro – portare – ha bisogno della forza del ricordo, di una memoria allenata, di una disponibilità a lasciare da parte le proprie preoccupazioni e fare

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posto a qualche altro. L’amore comincia proprio quando siamo capaci di far diventare pensiero bello la presenza di un altro nella nostra vita. Così dice papa Francesco nella Evangelii gaudium: «C’è una forma di preghiera che ci stimola particolarmente a spenderci nell’evangelizzazione e ci motiva a cercare il bene degli altri: è l’intercessione. Osserviamo per un momento l’interiorità di un grande evangelizzatore come san Paolo, per cogliere come era la sua preghiera. Tale preghiera era ricolma di persone: “Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia [...] perché vi porto nel cuore”». La preghiera di intercessione L’intercessione è la capacità di portare la vita degli altri davanti agli occhi di Dio; è la bellezza di un ricordo in un momento di particolare intimità; è mettersi per qualche momento da parte per fare spazio ad un altro; è presentare a Dio il volto e le

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perché credere

richieste di qualcuno che si affida alle tue mani. Ma accanto alla forza della preghiera di intercessione è importante scoprire alcune caratteristiche dell’intercessore, di chi è chiamato a intercedere. Chissà quante volte nella vita ci sarò capitato di fare da intercessori per qualche amico nei confronti di un altro. Quante volte ci sarà stato chiesto di mettere “una buona parola” perché un rapporto o un amore potesse non spegnersi del tutto. La preghiera di intercessione ha bisogno allora di uomini e donne, giovani e ragazzi che sono stati salvati a loro volta dall’intercessione di qualcuno, dalla disponibilità di qualche amico di fare spazio nella loro vita senza chiedere nulla e con il volto contento. Lo stesso avviene con la preghiera e con Dio. Quindi la preghiera di intercessione ha bisogno di un intercessore: - che abbia familiarità con Dio e con l’uomo. Che conosca i tempi, i silenzi da rispettare, che coI 082017

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nosca la vita di entrambi perché abbia poi la voglia di parlare all’uno dell’altro. Di presentare a Dio le richieste con familiarità; - che sia capace di mettersi in mezzo. L’intercessore deve sapersi interessare alla vita degli altri. Inter-cedere significa proprio “fare un passo tra” e “interporsi”, stare mezzo a qualcuno e cercare di unirli. Vivere la preghiera di intercessione significa dunque amare la vita degli altri tanto da avere la forza di portarla davanti a Dio. Solo chi è interessato può intercedere. Solo chi è attraversato dalla vita degli altri può pensare di diventare intercessore presso Dio; - che abbia memoria. Forse di questi tempi è l’esercizio più faticoso. Avere ricordo degli incontri che facciamo, dei nomi, dei volti e soprattutto, in questo caso, delle richieste. L’intercessione è la realizzazione di una promessa fatta; di un ricordo custodito nel cuore e poi portato davanti agli occhi Dio. Ma bisogna imparare a fare esercizio di memoria e di ricordo. La preghiera di intercessione è per chi non si fa scivolare addosso la vita degli altri, ma la ricorda, la pensa, la custodisce nel cuore, quasi, la fa diventare sua; - che sia capace di mettersi da parte. Per realizzare questa promessa è necessario fare un passo di lato, spostarsi e fare in modo che Dio guardi i desideri e il volto della persona che stiamo presentando. Essere intercessore significa mettere da parte i propri desideri, i propri problemi e fare posto ad un altro. Con fiducia, perché da questa preghiera decentrata e fatta per gli altri ne ricaveremo beneficio. Allora questo è il compito che ci aspetta: pregare per gli altri perché li portiamo nel cuore. C’è la missione di chi parte, di chi lascia per andare lontano. Ma c’è una missione di chi “porta”, di chi si ricorda davanti a Dio di un incontro e di un volto che chiede aiuto e presenza. La preghiera di intercessione è per chi è capace di spendersi e di g amare in modo esagerato. ■

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la foto

Africa-Italia-Europa, quali speranze?

L’ITALIA CHIEDE SOSTEGNO AGLI ALTRI 27 PAESI DELL’UE: UN AIUTO SOLIDALE E RESPONSABILE PER AFFRONTARE L’EMERGENZA-MIGRAZIONE. MA LE RISPOSTE CONCRETE NON ARRIVANO...

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