Avvenire di Calabria n° 33-2013

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ANNO LXVI - N. 33 - 21 SETTEMBRE 2013

“L’ascesa” del Figlio e la “discesa” della Madre

SETTIMANALE DELLE DIOCESI DI REGGIO CALABRIA-BOVA E LOCRI-GERACE www.avveniredicalabria.it e-mail: filippo.curatola@alice.it

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La Città di fronte alla Madre La Madre nel cuore della Città

Un’icona che parla FILIPPO CURATOLA

servizi alle pagg. 8-9-10

Una singolare coincidenza mi pare sia diventata quest’anno un segnale preciso per la nostra vita. Giorno 14 scorso, festa della Esaltazione della Croce, é stato quest’anno il secondo Sabato di Settembre, quello - come da tradizione - della Discesa in città del Quadro della Madonna della Consolazione. Noi reggini, quel giorno, abbiamo vissuto insieme l’“ascendere” del Figlio e il “discendere” della Madre. Il Figlio sulla Croce, quella di duemila anni fa, per il sacrificio cruento, rivissuto in maniera incruenta ogni giorno nel mistero della Divina Eucaristia; la Madre dentro le croci, piccole e grandi, della vita quotidiana. E ciò che unisce l’ascesa dell’Uno e la discesa dell’Altra é l’indissolubile, misterioso intreccio del dolore e dell’amore. Il Figlio sale, trafitto dal dolore, perché ama. E proprio perché ama, la Madre scende sui sentieri del dolore dei figli.

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a c’è, miei cari lettori (non dimenticatelo mai!), un duplice amore: un “amore che lega” e un “amore che libera”. L’amore che “lega” é quello comunemente più vissuto all’interno di una variegata miriade di rapporti umani: qualcosa che tu chiami “amore”, ma che alla fine - senza che tu lo voglia - ti rende “prigioniero”. L’amore che “libera” é quello che, se lo accogli, riesce a “spogliarti”. Ti spoglia di tutti gli orpelli che ti impediscono di essere “chi sei”. Apre le porte delle molteplici “prigioni”, dentro le quali ti trovi rinchiuso; e ti fa “respirare” l’aria della libertà. L’ascendere del Figlio e il discendere della Madre sono l’icona più alta dell’amore che libera.

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entro questo amore Madre e Figlio rivivono lo strazio della croce nell’incontro con gli scenari della nostra vita: i deserti, i silenzi, le miserie, gli orrori nascosti, la fame di avere, la voglia di apparire, i soprusi, le minacce, i delitti, la prepotenza, l’illegalità... I loro occhi, per altro, velati di lacrime ma aperti segue a pag. 16

Morosini

Il Convegno Diocesano

Il messaggio agli studenti

Quando soffia il vento dello Spirito

a pag. 16

Il dolore della Chiesa reggina

a pagg. 4-5

Settimana dei Cattolici Italiani

Da Torino la speranza della famiglia ritrovata servizi a pagg. 6-7

Padre Catanoso

Il ricordo di un testimone servizio a pag. 3

Le foto sono di Domenico Notaro

E' morto Mons. Caruso Lo abbiamo appreso mentre eravamo già in stampa. E' morto mons. Caruso! Una figura storica e straordinaria della chiesa regginabovese. Una figura assai vicina, tra l'altro, alla vita del nostro Settimanale. Sul prossimo numero ne richiameremo il volto e la storia.

Locride

La convocazione diocesana a pag. 12


2 21 Settembre 2013

Attualità

Il nuovo Amministratore Unico dell’Azienda

Atam, Antonino Gatto auspica un “adeguato gioco di squadra” Il prof. Antonino Gatto, nostro “storico collaboratore”, è il nuovo Amministratore Unico dell’Azienda Trasporti per l’Area Metropolitana di Reggio Calabria. Il prof. Gatto succede all’Ing. Vincenzo Filardo - che, in seguito alle dimissioni di Demetrio Arena aveva assunto in una fase delicata della vita dell’Azienda - l’onere dell’Amministratore unico, che si aggiungeva all’altro di Direttore Generale. Presentate adesso le sue dimissioni, dopo aver operato con passione per salvare l’Azienda in un contesto difficilissimo, l’Ing. Filardo permane ovviamente nelle sue apprezzate funzioni di Direttore Generale. Il prof. Gatto, che gli succede quale Amministratore Unico, ha insegnato Economia Applicata all’Università di Messina ed attualmente insegna materie economiche nell’Università per Stranieri e nell’Università Mediterranea della nostra Città. E’ tra i soci Fondatori della Banca Popolare delle Province Calabre, promossa dall’On. Giuseppe Reale e , tra gli altri incarichi, è stato componente del Comitato Scientifico consultivo della Conferenza Episcopale Calabra. Più di recente è stato Presidente f.f. di Fincalabra. In un breve indirizzo di saluto ai Dipendenti dell’Azienda, il nuovo Amministratore, si è mostrato consapevole delle difficoltà che l’intero settore del trasporto pubblico locale sta attraversando, chiedendo per questo la collaborazione di tutto il personale. Indicando, quindi, alcuni valori che intende porre a base della sua attività al servizio dell’Azienda. “Sono ben consapevole dell’arduo ed impegnativo lavoro

che ci attende, ha dichiarato, e a tale scopo procederò al più presto ad una ricognizione generale delle attività in essere, al fine di poter avanzare proposte e lanciare un segnale positivo e di fiducia. In tal senso, offro la mia

completa disponibilità all’intero personale accogliendo tutte le indicazioni utili che mi verranno date da ciascuno di Voi, al fine di operare in totale sinergia. Sono convinto, infatti, che solo attraverso un adeguato gioco di squadra si possano affrontare e risolvere anche le situazioni più complicate.

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nsieme opereremo per un razionale utilizzo delle strutture esistenti e per il potenziamento e la diversificazione dei servizi sul mercato del trasporto pubblico locale, dalla mobilità integrata terrestre a quella marittima dello Stretto. Comprendo il Vostro stato d’animo, ha concluso. Tuttavia, proprio i periodi di “crisi” richiedono un maggiore impegno in termini di responsabilità,

Il vile gesto dell’incendio della chiesa

Vicini alla Chiesa Ortodossa A Sbarre, nella zona sud della città di Reggio Calabria, si é verificato nei giorni scorsi un tristissimo e inqualificabile episodio: un tentativo di incendio della bellissima chiesa ortodossa. Un tentativo (che ha prodotto danni rilevanti, anche se fortunatamente parziali), sul quale si stanno svolgendo le indagini opportune. L’assurdo episodio - che é avvenuto in pieno giorno, mentre il parroco Daniele Castrizio celebrava la Divina Eucaristia - ha sconvolto i fedeli ortodossi; e via via che ne sono venuti a conoscenza anche tutti cittadini di Reggio. ”Non si può parlare bene di una città che brucia le chiese - questo il sofferto commento del parroco Daniele Castrizio - credo che sia il caso di dare un segno, non per la Chiesa ortodossa, ma per noi stessi, per i reggini, per avere la possibilità di rialzarci”. Da più parti sono state espressi sentimenti di sdegno per il vile gesto e di solidarietà verso i Cristiani Ortodossi, la cui presenza é così apprezzata a Reggio specialmente dalla

Chiesa Cattolica, con la quale gli Ortodossi vivono in fraterna comunione. Giungano anche da queste colonne al carissimo Don Daniele Castrizio e attraverso di lui a tutti i fratelli Ortodossi i sentimenti dello stupore e della condanna più forte della inqualificabile vigliaccheria; nonché della solidarietà più viva della direzione, della redazione e dei lettori di questo Settimanale, quale segno dell’affettuosa vicinanza alla Chiesa Ortodossa dell’intera Chiesa reggina-bovese.

di forza e di speranza. Non la speranza “vana”, propria di chi spera di vincere la Lotteria, ma quell’atteggiamento spirituale ed umano per il quale, nel tempo, tanti Uomini hanno lot-

tato per un futuro migliore, non solo per i propri figli ma per i figli e le figlie di tutti. Nella consapevolezza che l’ATAM è un bene comune ed un patrimonio della nostra collettività.”

Presenti Scopelliti e Morosini - L’intervento del Prof. Vincenzo Panuccio

Inaugurata la Scuola per l’infanzia “Francesco e Domenico Scagliola” Il Presidente della Giunta Regionale Giuseppe Scopelliti ha partecipato nei giorni scorsi a Reggio Calabria all’inaugurazione della nuova scuola per l’infanzia “Francesco e Domenico Scagliola” che confina con il neo centro civico di Ravagnese. L’istituto, che sorge su un’area comunale, è stato realizzato grazie alla generosità della famiglia Scagliola che ha totalmente finanziato l’opera. Alla cerimonia erano, fra gli altri, presenti l’Arcivescovo della Diocesi Reggio Calabria-Bova Giuseppe Fiorini Morosini, il presidente della Provincia di Reggio Calabria Giuseppe Raffa, il Commissario Prefettizio del Comune di Reggio Calabria Giuseppe Castaldo, l’assessore regionale alle Attività Produttive Demetrio Arena, i consigliere regionali Candeloro Imbalzano e Tilde Minasi, l’assessore provinciale alla Cultura Eduardo Lamberti Castronuovo e il consigliere provinciale Michele Marcianò. La targa con incisi i nomi dei fratelli “Francesco e Domenico Scagliola” è stata scoperta dal piccolo Francesco Scagliola. La Scuola per l’Infanzia, intitolata ai fratelli Scagliola, accoglie ottanta bambini. Ecco di seguito l’intervento particolarmente significativo tenuto nella circostanza dal prof. Vincenzo Panuccio. “Questa occasione, nella data di riapertura dell’anno scolastico 2013-2014, appartiene alla storia delle nostre anime, considerando che la nostra memoria è ben presente e viva. Questa facoltà così bella che il

Signore ci ha regalato, e che ci permette di rendere più vicini quelli che amiamo E sentirci in comunione con loro nel nostro cuore, non avrebbe bisogno di parole che, come dice il filosofo, sono il vento dell’anima, e come il vento sono passeggere. Oggi ricordiamo due cari amici, i fratelli Domenico e Francesco Scagliola, uniti nello status di educatori, di docenti di varie

generazioni di studenti a cui hanno profuso, senza risparmiarsi , le basi della formazione . Ciò li accomuna nel ricordo e nella gratitudine, per gli esempi che hanno dato a intere generazioni. Domenico e Francesco ci hanno lasciati giovani, ma la loro signorilità e laboriosità li vuole ancora oggi presenti tra noi, nella denominazione di questa scuola per l’infanzia, la scuola Scagliola a loro dedicata, secondo una consuetudine cittadina che ha altri significativi esempi. Questa presenza si concreta non soltanto

nella memoria del loro stile di vita (bontà , discrezione, delicatezza, profondità degli studi e delle ricerche scientifiche, nel rispetto dei ruoli, etc.) ma anche nella creazione di questa costruzione, interamente e gratuitamente donata, nata della integrale generosità e disponibilità della famiglia Scagliola, in sinergia col Comune che ha messo a disposizione il terreno, confinante col nuovo Centro Civico di Ravagnese. La costruzione sarà immediatamente operativa, colmando l’assenza di una struttura, reclamata da troppo tempo, dagli abitanti di una delle più grandi aree urbane cittadine. Essa accoglierà generazioni di giovani, con le loro ansie, i loro riconoscimenti, le loro valutazioni , contribuendo sicuramente alla formazione degli uomini del futuro, con gli inevitabili problemi di una imprevedibile società. Per tale motivo, questo appuntamento odierno è molto importante per tutta la comunità, e va visto al di là della sua dimensione spaziale, in quella ,per così dire, verticale, di sviluppo dell’uomo, su quel modello che i due docenti ci hanno dato, con le loro doti di serenità, di dialogo continuo fra docente e discente, nel loro amore, che si protrae nella famiglia Scagliola. Messaggi da raccogliere nella dimensione umana, di quella dimensione che essi hanno a braccetto travalicato nel mistero della morte e che consentono loro, certamente, in una nostra dimensione, di sorriderci ancora” .

Mons. Morosini ha benedetto la nuova struttura

Riuniti, inaugurato il reparto di ematologia Il taglio del nastro è sempre un atto simbolico positivo per il territorio in cui insiste e per la collettività. E ciò a prescindere dalla consistenza dell’opera realizzata. E’ il sigillo finale ad un’idea accarezzata, sviluppata, finanziata, che diventa realtà. Ma soprattutto, in tanti casi, servizio all’utenza.

grande qualità, grazie anche alle alte professionalità al suo interno ed all’intensa opera del volontariato, dell’Ail in particolare”. E’ un segnale importante per l’utenza. Sul tappeto rimangono però aperti altri problemi, peraltro datati, che rischiano di rendere laborioso l’esercizio del diritto alla tutela della salute dei cittadi-

Dalle nostre parti (ma non solo a quanto pare) i tagli del nastro, ancorché ipotizzati da progetti appaltati e finanziati, avvengono col contagocce e in più di un caso dopo svariate vicissitudini e parecchi anni, rendendo talvolta l’opera già “superata”. Con grave dispendio di risorse economiche. Questo nella migliore delle ipotesi! Se poi c’è di mezzo la sanità locale, il quadro, già frastagliato e complesso, diventa “anemico”, stante il deficit di ossigeno in cui versa il pianeta sanità a Reggio e dintorni (sebbene dreni oltre metà del bilancio regionale, sic). Frattanto, nonostante i “massicci” paletti dell’omonimo tavolo, registriamo un importante taglio del nastro in riva allo Stretto. Operato dal presidente Scopelliti, presente, tra gli altri, il neo arcivescovo di Reggio Calabria Bova, S.E. Mons. Morosini. La buona novella coinvolge l’ospedale Riuniti di Reggio Calabria, segnatamente il reparto di ematologia, “una struttura su due piani con un’area pediatrica”. Siamo al cospetto, ha sottolineato il presidente Scopelliti, “di un reparto strategico per il territorio, apprezzato e riconosciuto anche a livello nazionale. Una struttura di

ni. Pronto soccorso, Centro Cuore, sono in cima alla lista. Nel primo caso, il presidente Scopelliti, ha sottolineato il recente “potenziamento grazie alla presenza di tre medici dell’Asp”. Non basta. L’intenzione è di “alleggerirne il lavoro se il gruppo Giomi ortopedico, così come ha affermato recentemente, aprirà un pronto soccorso ed il Policlinico “Madonna della Consolazione” farà lo stesso”.

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er il Centro cuore invece, “l’azienda ospedaliera ha pubblicato la manifestazione d’interesse che scadrà il 16 ottobre. Un investimento di 10 milioni di euro circa. Si cerca una società che dovrà offrire il service costituito da medici, infermieri ed altro personale specializzato, che consentirà di aprire la cardiochirurgia all’interno degli Ospedali Riuniti. Reparto che sarà certamente il fiore all’occhiello dell’azienda e contribuirà sicuramente a ridurre l’emigrazione sanitaria”. Già. In ballo ci sono parecchi milioni di euro che la Calabria “gira” ad altre consorelle per prestazioni sanitarie erogate ai calabresi. Francesco Bolognese

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S. Gaetano Catanoso Padre Catanoso, la memoria e la gioia Come ogni anno – da quando é stato elevato all’nore degli altari – San gaetano Catanoso viene solennemente ricordato e venerato nel Santuario delle Suore Veroniche, specialmente nei giorni che coincidono con la sua memoria liturgica, fissata al 20 Settembre di ogni anno. Nei giorni scorsi, pertanto, dal 16 al 20 Settembre, il Santuario ha visto l’accorrere di tantissimi fedeli e devoti del Santo, che hanno vissuto un intenso Triduo di preparazione alla festa e poi la gioia della ricorrenza liturgica. Si sono alternati nel presiedere la Liturgia Sacerdoti diocesani come il Parroco dell’omonima parrocchia don Pino Sorbara, il Vicario generale Mons. Antonino Iachjino e don Nuccio Cannizzaro, nella sua veste di Assistente ecclesiastico della Polizia municipale. Ma graditissima é stata anche la presenza, una sera, del vescovo di Oppido-Palmi, mons. Franco Milito. Oltre ovviamente quella finale, assai attesa, del nuovo arcivescovo metropolita Mons. Morosini che ha presieduto la concelebrazione nel giorno della Festa liturgica di San Gaetano. Sul prossimo numero avremo modo di proporre su tutto ampi servizi. offriamo frattanto ai lettori una singolare testimonianza, quella di Don Antonio Musolino e una poesia dialettale del diacono don Surace.

21 Settembre 2013

Padre Catanoso - Luglio 1950 - Settembre 2013 La testimonianza di Don Antonio Musolino

La 1ª Messa e l’augurio del Padre Era il 30 Luglio 1950: in mattinata, in Duomo, la prevista Ordinazione sacerdotale. Don Demetrio Fortugno ed io, vestiti in camice e stola diaconale, attendevamo in presbiterio, stretti in un unico abbraccio dei nostri familiari, parenti e amici. Non c’era un clima di festa: un mese appena era passato dalla inaspettata morte dell’Arcivescovo Antonio Lanza. Il 21 Giugno mi aveva ricevuto in udienza; mi aveva accolto con grande paternità e aveva voluto fissare con me come giorno dell’Ordinazione il 16 Luglio. Dall’Ottobre 1938 eravamo giunti al “traguardo” in quattro: gli altri due erano don Lillo Altomonte e don Giuseppe Agostino, che sarebbero diventati presbiteri alcuni mesi dopo, raggiunto il limiti richiesto dell’età. La mattina del 22 Giugno l’arcivescovo Lanza morì improvvisamente. Due Arcivescovi, Montalbetti e Lanza, ave-

vano finito i loro giorni nel sangue, seppure in modi diversi. Sulle nostre teste sentimmo il calore delle mani consacranti dell’arcivescovo Demetrio Moscato, nuovo Amministratore Apostolico dell’Arcidiocesi. Il 30 Luglio del 1950, tra i tanti sacerdoti che furono pre-

noso. L’avevo incontrato la prima volta, all’età di 10 anni, nel mi paese natale, Villa san Giuseppe. Il Padre aveva voluto fare visita a tre Suore, primo avamposto di una nascente comunità, Le Veroniche, inviate dal Padre a raccogliere la fanciullezza più

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Sintiti Sintiti Sintiti Rriggini vicini e luntani Iapriti i ricchi, e puru u cori Faciti trasiri a razzia i nostra Signuri Bandiatilu e’ quattru venti P’ vulimtà divina, c’è na nova santità Don Gaitanu previti chi nasciu cca’ è santu p’ l’eternità Tanti sunnu i meriti ch’ presentali a Ddiu Ma i cchiu randi sunnu u Rrusariu e tanta, tanta umiltà. A Virgini Maria ‘nei rissi: “Veni ‘cca, varda chi festa ti faci a to comunità”. U Santu ‘ndi rassau na randi eredità. Liggendu a so vita, pari na rarità. Quand’era figghiolu non vuliva sturià, so patri, n’omu patutu, ‘nei rissi: “Gaitanu veni cca, pigghia a zzappa chi ti ‘mparu a laurà”. Rrunchiau i spaddi u futuru cunfessuri e subitu pinzau è megghiu mi viu chi voli nostra Signori. ‘Nto siminariu trasiu e a fedi sua crisciu. Quandu u ficiru previti, virendu ‘nta facc’ ill’omini tanta povertà, ‘ncuminciau mi prea a divina paternità cercandu pa’ genti nu pocu i serenità.

senti al rito della nostra Ordinazione Sacerdotale, ci fu anche il Canonico Padre Gaetano Cata-

povera e abbandonata per l’assistenza religiosa. Il Padre volle anche che un piccolo numero di Suore raggiungesse dal paese ogni giorno la frazione di Pettogallico. E proprio lì lui, inaspettato, venne un giorno tra le sue Suore, atteso anche dai ragazzi e dalle ragazze riuniti quasi in un oratorio. Eravamo in molti, lo acclamammo: seduto su una carrozza e avvolto nel suo immancabile mantello, si avvicinò subito a noi, rallegrandosi che il prato cominciasse a fiorire. Portò via due fiori, due ragazze: Anna Postorino e Rosa Mazzacuva. Volarono, tra il Marzo e il Settembre di quell’anno, alla prima Comunità delle Suore Veroniche.

Non passau assa’ tempu chi ‘nta povertà ‘ncuminciau mi viri u Redenturi ill’umanità, a Veronica rissi è n’esempiu i santità. Si Ddiu voli, iapru na comunità, mi iutu all’urtimi, chiddi chi non hannu comu campà. Cusì nasciu ‘nta nostra città sta santa novità, crisciru i Veronichi e i Manila finu a ccà ddiventaru na bella realtà. Ora fannu festa, ringraziandu a Ddiu pi sta santità e u patri ru celu i varda cu felicità. Binirizioni e grazi prumetti in quantità a tutti chiddi cu preunu vardandu a facci du Redenturi ill’umanità Diacono Don Rosario Surace

Il terzo fui io: il 4 Ottobre del 10938 si aprì per me il Seminario Diocesano. E qui rincontrai il Padre come mio Confessore e Padre spirituale, sotto la

guida del santo Arcivescovo Montalbetti, per cinque lunghi anni, con tanti altri ragazzi venuti da ogni dove, sia dalla città che dai piccoli paesi aspromontani... finché giunse il giorno fatidico della solenne Ordinazione sacerdotale. Nel cortiletto antistante la sacristia del Duomo, quel 30 Luglio del 1950, in un clima di massima calura estiva, apparve anche lui, Padre Catanoso. Mi si accostò, con il volto appena sorridente, ma velato da una condivisa mestizia; mise la mano nella ben ampia saccoccia della veste talare e con grande umiltà tirò fuori un piccolo libretto. Me lo porse: era un regalo per la mia prima Messa: aveva la fodera in pelle nera zigrinata e il taglio d’oro; anche il titolo era in lettere dorate: “L’Imitazione di Cristo”. Gli baciai la mano con immensa gratitudine. Aprendolo mi sorpresero alcune sue parole, la sua paterna dedica. Eccola: “Al novello Sacerdote Antonio Musolino un umile segno di affetto e di stima, con l’augurio che celebri ogni Messa col fervore della sua prima Messa. 30 Luglio 1950. In Domino. Padre Catanoso” Ho conservato quel libretto per meditarlo nei giorni più difficili degli oltre sessant’anni della mia vita sacerdotale. Ora voglio consegnarlo al piccolo Museo di Casa Madre delle Suore Veroniche perché resti a testimonianza del grande paterno affetto del Padre, oggi San Gaetano Catanoso. A sessantatré anni dalla mia Ordinazione Sacerdotale questo piccolo fiore come mio rinnovato grazie al Padre della mia anima sacerdotale.


4 21 Settembre 2013

Convegno Il secondo e terzo giorno del Convegno Pastorale diocesano

Quando soffia il vento dello Spirito... Dopo la cronaca e il commento della nostra Gaetana Covelli sul primo giorno del Convegno che ha registrato l’apprezzata relazione di P. Bartolomeo Sorge s.j., ecco per i nostri lettori la cronaca del secondo e terzo giorno, per la penna stavolta del nostro Gianni Marcianò.

Nella seconda giornata la relazione di don Giannino Piana Il convegno pastorale diocesano 2013 si celebra mentre è in corso l’Anno delle Fede, indetto dal Papa emerito Benedetto, e la Chiesa cattolica accoglie il dono di papa Francesco. Uno dei motivi per l’indizione dell’anno della fede è stato quello di fare memoria del cinquantesimo dell’inizio del Concilio Vaticano II e della esigenza di riprendere tra le mani le motivazioni che ne hanno accompagnato la celebrazione e soprattutto i documenti che ne costitui-

testimonianza, e lo si fa in continuità con gli ultimi convegni che, sulla formazione e sul servizio, del singolo fedele e della comunità ecclesiale, hanno offerto già abbondanti indicazioni pastorali.

E’ il secondo giorno del Convegno Il prof. Don Giannino Piana relaziona sul rapporto tra la Chiesa e la città, la polis. Studioso della vita della chiesa italiana del dopo-concilio, alla quale ha fatto dono di numerosi studi e ricerche teologiche, è uno dei massimi esponenti della teologia morale. I notevoli cambiamenti di questi ultimi anni nella società italiana sono il quadro di riferimento nella lettura del rapporto tra la chiesa e la città. La secolarizzazione, la diminuzione del senso del sacro, la rivoluzione tecnologica capace di trasformare la mentalità delle persone, il costume e la stessa vita sociale, il linguaggio della

tenza per questo impegno non deve, tuttavia, fare dimenticare che ogni autonomia va ricondotta ad atteggiamenti eticamente corretti perché la centralità della persona umana, la ricerca del bene comune, la solidarietà soprattutto verso chi più è in difficoltà. E’ compito dei cristiani testimoniare una umanizzazione della vita della polis, nella quale essi stessi possono costruire un ruolo complessivo di senso, fondato sulla ricapitolazione a Cristo di tutte le cose. La comunità cristiana è chiamata ad una concreta testimonianza di Chiesa, capace di presentare agli uomini di oggi la via delle beatitudini, i veri valori umani, quelli chi oggi hanno bisogno di essere interiorizzati per fare rinascere nuovi stili di vita, capaci di ridimensionare i bisogni. La comunità - ma anche ogni singolo credente - deve rendere ragione del paradosso cristiano, quello del “chi perde la vita, la trova”, deve testimoniare il respiro escatologico, il “già e

struire il tessuto valoriale della società a partire dalla comunità cristiana. L’accoglienza e la giustizia sociale devono essere testimoniate dalla comunità ecclesiale. Non solo denunce, ma rinunce ed annuncio: capacità di offrire iniziative concrete di solidarietà e di condivisione, esperienze di godimento di diritti , scelte coraggiose di impegno e di responsabilità, percorsi formativi, costruzione di una etica della comunicazione. Alla città non deve mancare la proposta “politica” della comunità cristiana, la sua mediazione etica, la testimonianza civile, la responsabilità e l’impegno dei cristiani.

Castaldo si compiace per la partecipazione di tante persone. Fa presente che la Commissione dal suo insediamento si è trovata ad affrontare le gravi emergenze presenti in tutti i set-

rinnovato impegno della comunità cristiana per educare alla socialità e alla partecipazione”. Premette che la relazione è frutto del contributo di tanti sacerdoti e laici, ringrazia il

Nella terza giornata l’intervento di Luciano Squillaci Il Vescovo presiede la celebrazione dei Vespri. La preghiera della Chiesa, come ogni pomeriggio, si fa canto, partecipato e solenne, dei presenti, apre

Le foto sono di Antonio Marrapodi

tori amministrativi, con un impegno spesso duro e difficile, avendo come obiettivo la legalità e la trasparenza, ma anche atteggiamenti di servizio e di attenzione ai cittadini. La città, continua il Commissario, vanta energie morali e civili per rilanciarsi. L’accoglienza, la solidarietà, l’esperienza dell’associazionismo, sono forza che permetterà alla città di rialzarsi. Conclude affermando che il Vangelo contiene i principi per una sana gestione della città. *** Ormai è tradizione che nel giorno conclusivo sia presentata una riflessione e una lettura del tema generale a partire dalla realtà pastorale diocesana ma

Signore perché mettere mano ad una relazione complessa e impegnativa ha significato per lui spolverare la sua vita e rimpolparla di contenuti, quelli della crescita e del confronto, quelli che si danno per scontati anche se continua a lavorare nello stesso settore di impegno.

C

on il videoproiettore ci ha consegnato una significativa immagine: uno zaino impolverato e vuota, simbolo di una vita accomodata e svuotata. E per sollecitarci ad inoltrarci nella città, propone un brano di don Tonino Bello: “Non possiamo limitarci a sperare. Dobbiamo organizzare la speranza! Oggi dobbiamo rimboccarci le maniche e metterci, con umiltà e discrezione, Le foto sono di Domenico Notaro

Le foto sono di Antonio Marrapodi

scono il segno permanente. Si diceva allora, siamo nei primi anni sessanta, che la grande assise conciliare era una ventata di primavera nello Spirito Santo, una risurrezione di Chiesa stanca e rassegnata, ripiegata su se stessa, incapace di leggere la realtà e i segni dei tempi. Papa Giovanni XXIII aveva richiesto aperture ed aggiornamento, il Concilio ha dato risposte di fedeltà e di novità, di rinnovamento pastorale. Oggi Papa Francesco chiede di ripercorrere quelle strade indicando alla comunità cristiana le vie della testimonianza e del dialogo, della conversione e della vita di comunione.

I

l Convegno, iniziato con il contributo di Padre Sorge, di cui si è detto nello scorso numero, sembra prenderne atto e i relatori non fanno mancare continui richiami alla novità conciliare impressa soprattutto nelle costituzioni fondamentali. Quest’anno, si vuole porre interrogativi sull’impegno dei cristiani nella città, sulla loro

comunicazione, il multiculturalismo e la multi religiosità, rappresentano i segni più evidenti di una profonda trasformazione della società. Sono aumentati il disagio sociale, le difficoltà di dialogo e di integrazione, che hanno portato ad atteggiamenti di arroccamento, di chiusura.

L

a stessa vita di fede viene spinta nel privato, la religione cioè come fatto privato. Anche nella vita politica, con la fine del partito cattolico e la diaspora verso partiti diversi addirittura contrapposti, sono aumentati le difficoltà di comunicazione e di condivisione anche di temi particolarmente vitali per il mondo cattolico. Per questo non dovrebbe mancare, secondo il relatore, un recupero delle linee orientative offerte dal Concilio, soprattutto nella Gaudium et Spes. La riflessione sulla autonomia delle realtà terrestri, sul nuovo ruolo del laico cui si chiede di rappresentare la Chiesa nella vita politica e sociale, l’esigenza di formazione e di compe-

non ancora”, deve educare a guardare alla città futura. Il dibattito si fa dialogo sui temi concreti, operativi, perché si realizzi il rapporto vitale tra chiesa e città. Emerge la necessità di rico-

il cuore e la mente all’ascolto della Parola, prepara ai lavori del convegno. Prima di cominciare i lavori, l’assemblea accoglie una sentita comunicazione del commissario prefettizio. Il dott. Giuseppe

avendo come obiettivo l’indicazione di nuove mete, di nuovi traguardi da offrire al discernimento del Vescovo per la programmazione diocesana. Il relatore di oggi è l’avv. Luciano Squillaci, il tema “Un

accanto ai tanti indifferenti senza Dio, senza codici, senza lavoro, senza progetti, senza ideali. Di qui, la necessità di interrogarci su certe scelte pastorali, su certe operazioni segue a pag. 5


Convegno DALLA QUARTA

Quando che privilegiano più il salotto che la strada, più la vestaglia da camera che il bastone del pellegrino. Forse solo così ci predisporremo alla conversione, e benediremo le inquietudini che l’hanno provocata”. E’ un invito a benedire quell’inquietudine capace di spingerci verso l’altro, quell’inquietudine che sola può farci recuperare il bastone del pellegrino, risposto da troppo tempo nell’armadio, nascosto sotto il comodo divano delle nostre rassicuranti sacrestie.

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a relazione inizia con la presentazione dei numeri della crisi che sta attanagliando il nostro paese. I numeri sono ancora più drammatici se svelano i volti, le storie, le esperienze, la vita delle persone più toccate dalle difficoltà di una crisi economica e di valori. I dati sono ancora di più dolorosi se si riferiscono al territorio della nostra regione, dove mancano servizi sociali strutturati, dove la spesa sociale pro capite è modesta rispetto alla media nazionale, dove spesso le risposte sono di tipo emergenziale. Se poi la nostra attenzione si sposta ai comuni della Diocesi, ci si accorge che otto comuni su 25 sono commissariati e molti altri sono in situazione di predissesto. Gli Osservatori della Caritas dicono che sono aumentate notevolmente le richieste di aiuto di famiglie italiane prima estranee al fenomeno povertà e che oggi si trovano senza lavoro in situazioni di assoluta deprivazione a vivere il dramma dell’impoverimento al quale non erano assolutamente preparati. “Anche il nostro essere Chiesa si deve metter in discussione. Lavoriamo nel mondo “ovattato” delle nostre comunità, e spesso non riusciamo ad entrare in contatto con la realtà che ci circonda, e prima di tutto con la sofferenza di chi ha bisogno. Rifuggiamo la sofferenza, e non per paura o disinteresse.” Non siamo più capaci di seminare speranza. “Il territorio della nostra Diocesi vive un momento di difficoltà senza precedenti. L’arretratezza socio-economica, l’immobilismo istituzionale, la mancanza di credibilità della politi-

21 Settembre 2013

ca, la presenza sempre più forte della criminalità organizzata, l’aumento esponenziale delle situazioni di rischio, le povertà culturali ed economiche, sono altrettanti segnali di una crisi che potrebbe sembrare senza ritorno”. Dobbiamo avere la forza di chiedere alla preghiera il coraggio della speranza, per superare il disimpegno giustificato dall’essere cristiani minimalisti e rituali, per trovare nei luoghi simbolo della nostra indifferenza, Arghillà e tutte le periferie povere e soffocate, l’energia per uscire dalle catacombe e dalla triste prassi di un cristianesimo adattato. “La chiesa della carità è scomoda e inquietante, libera nella fede serva dell’amore: non è la chiesa del compromesso o del disimpegno tranquillizzante”, così diceva il nostro Sinodo.

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ggi è fondamentale avere gli strumenti giusti per “entrare nelle città”. La formazione permanente, l’aggiornamento costante, è parte integrante della responsabilità del cristiano, così come la formazione attenta della comunità è elemento imprescindibile della pastorale della Chiesa. Si tratta di imparare a vivere la profezia del quotidiano. Se ancora oggi troppi sono gli steccati che alziamo tra di noi, tra parrocchie, gruppi, aggregazioni, associazioni, allora la prima testimonianza che dobbiamo portare nel mondo è la testimonianza della comunione. Poi forti della nostra identità, non dobbiamo avere paura di confrontarci con gli altri, di costruire insieme una comunità diversa, migliore. Lo richiede anche la nostra responsabilità educativa. Servono adulti testimoni coerenti, non infallibili, non superuomini, ma persone pienamente consapevoli della propria fragilità. Servono concrete esperienze di servizio per i nostri giovani che hanno la necessità di “innamorarsi dell’altro” attraverso il servizio. Pensare alle esperienze che vivono molti giovani della nostra Diocesi attraverso i campi estivi di lavoro e di servizio. Chiedere a loro, guardare la pienezza dei loro cuori. Luciano Squillaci conclude consegnando al Vescovo un ventaglio di proposte operative per i livelli parrocchiale e diocesano. Segue una appassionata sequenza di interventi. Sono contributi sul tema e testimo-

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Convegno Pastorale diocesano 2013

Alcune proposte operative A livello parrocchiale e zonale: - Incentivare, nelle diverse parrocchie, il dibattito culturale sui temi della socialità e della partecipazione, attraverso le “sale della comunità”, recuperandone il significato originario “hanno infatti il pregio di svolgere un’azione pastorale e culturale di ampio respiro, che coinvolge tutte le componenti della comunità ecclesiale e si rivolge, attraverso le varie forme della comunicazione sociale, anche a coloro che sono lontani dalla fede ma mostrano interesse per i grandi temi dell’esistenza umana… La sala della comunità deve diventare luogo di confronto, di partecipazione di testimonianza, espressione di una comunità viva e dinamica”. - Revisionare il lavoro dei consigli pastorali, verificando se sono veramente strumenti di partecipazione e di cosa si discute in essi. Prevedere la partecipazione attiva negli organismi ecclesiali (ad es. Consiglio Pastorale) di persone appartenenti alle cosiddette fasce deboli, dei loro familiari, delle realtà che se ne occupano. - Sperimentare forme di micro-welfare e servizi di prossimità nelle diverse parrocchie atti a fornire risposta ai bisogni meno strutturati delle famiglie e dei cittadini e di cui le istituzioni, sempre più schiacciate sulle grandi emergenze, non riescono ad occuparsi. Favorire la formazione di caritas parrocchiali lì dove ancora non sono presenti, capaci di animare la comun unità alla testimonianza della carità, secondo le indicazioni del Motu proprio di Benedetto XVI. Individuare sui territori delle diverse parrocchie un bene comune di cui prendersi cura al fine di restituirlo alla comunità. - Assumere sino in fondo la responsabilità dei ragazzi che passano dalle nostre parrocchie e dai nostri gruppi, pensando ad una pastorale realmente nuova che sappia coniugare testimonianza ed esperienze concrete. A tal fine programmare all’interno dei diversi percorsi, una particolare attenzione educativa alla socialità ed alla partecipazione civica a partire dai più piccoli. Proporre, come attività ordinaria e permanente delle parrocchie e dei gruppi, agli adole-

nianze che danno vivacità al dibattito. ***

La riflessione conclusiva del Vescovo Morosini Il vescovo offre ai presenti, e attraverso di essi alla Diocesi, alcune riflessioni conclusive dei lavori del convegno pastorale,

scenti ed ai giovani, tenuto conto dei diversi tempi di crescita, esperienze concrete di servizio in realtà che si occupano di emarginazione e povertà. Per quest’ultimo punto è possibile utilizzare l’esperienza delle Associazioni che si occupano dell’educazione dei giovani e che già utilizzano il sevizio come strumento educativo. Ripartire dalla “strada” e dalla “piazza” intese come luogo di incontro, di confronto e di servizio, ponendole al centro della pastorale giovanile delle diverse parrocchie. - Strutturare per ogni zona pastorale, anche attraverso la collaborazione con organizzazioni non ecclesiali, percorsi di formazione annuali sulle tematiche dei diritti, della tutela dei bei comuni e della democrazia partecipata. La conoscenza del territorio, delle dinamiche di trasformazione sociale, dei bisogni, possono trasformare il cristiano adattato in protagonista del cambiamento sociale. - Rispondere all’urgenza che le nostre comunità abbiano una conoscenza non superficiale del fenomeno mafioso attraverso l’attivazione di percorsi comunitari (zonali) di formazione specifica sui temi della corruzione, della ‘ndrangheta, dell’omertà, della mafiosità, recuperando gli insegnamenti del magistero e verificandone l’effettiva realizzazione. Inoltre occorrerebbe attivare una formazione sistematica per il clero, i seminaristi, i catechisti ed in generale gli operatori pastorali, con particolare riguardo ai temi dell’educazione alla legalità.

A livello diocesano: - Strutturare, anche ricercando la collaborazione con organizzazioni non ecclesiali (associazioni, Forum del Terzo Settore, CSV, ecc.), luoghi della partecipazione (ad es. case della sussidiarietà) a livello diocesano che consentano l’incontro, il confronto e la condivisione sui temi della democrazia partecipativa e della tutela dei beni comuni. Luoghi dove possa incentivarsi, sulla base di un programma annuale strutturato, il dibattito sui diritti, sulle povertà, sull’emarginazione, aperti a presbiteri, laici credenti e non credenti.

alcune mete per la pastorale diocesana. Il tono è paterno e familiare. Comincia richiamando un versetto di san Paolo, “quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10), per indicare che la luce, anche se piccola, risplende ancora meglio quando la notte è profonda. Ai fedeli della diocesi chiede di sentire, e di testimoniare, fortemente l’appello della speranza, perché solo Cristo ha vinto il Le foto sono di Domenico Notaro

- Rinforzare l’Osservatorio permanente presso la Caritas attraverso il coinvolgimento di professionalità specifiche e la collaborazione con istituti universitari e di ricerca al fine di consentire un adeguato monitoraggio dell’evoluzione dei fenomeni sociali sul nostro territorio. - Realizzare una banca dati diocesana sulle opere e sui servizi realizzati in favore dei poveri e degli emarginati, una vademecum capace di orientare i sacerdoti, i laici e gli operatori e di fornire informazioni e risposte alle diverse richieste di aiuto che provengono dal territorio. - La nostra Diocesi possiede una ricchezza importante nel lavoro dell’Istituto di formazione socio politica e della Consulta delle aggregazioni laicali, attraverso le cui variegate competenze e sensibilità è possibile istruire un apposito Laboratorio permanente diocesano sui temi dei beni comuni e della democrazia partecipata che abbia l’obiettivo di costruire un luogo aperto di confronto ed approfondimento, stimolare il dibattito e monitorare i fenomeni territoriali. Un luogo che, integrato da operatori sociali, da persone impegnate nelle realtà economiche ed imprenditoriali, aperto anche a realtà non ecclesiali, al di fuori di ogni appartenenza, possa porre al centro del dibattito il territorio, l’autogoverno e la partecipazione, a partire dai temi del 3° documento del Sinodo Diocesano da riprendere ed attualizzare. Il suddetto Laboratorio potrebbe inoltre stimolare sul territorio il dibattito sulla partecipazione civica alla vita della città, riscoprendo i significati e proponendo momenti di agorà con appositi eventi (annuali) che consentano un confronto ed un dibattito non accademico ma partecipato e concreto, sui temi della buona politica. - Costituire un apposito “Sportello di advocacy” a livello diocesano, forte della presenza di professionisti volontari dove far convergere le segnalazioni e le denuncie da parte delle diverse parrocchie o gruppi e relative a violazioni dei diritti, illegalità, soprusi, e finalizzato a consentire interventi giuridici e “politici” di tutela ed accompagnamento.

male e la morte. Nella fede del Risorto, va comunicata alla città la bella notizia: è possibile farcela, è possibile rialzarsi.

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er questo, anzitutto: esorta la comunità cristiana a vivere e rendere testimonianza della comunione, dono di Dio: intanto gli uffici di Curia lavorino in comunione, i consigli pastorali e degli affari economici siano utilizzati correttamente come luoghi di discernimento ed educazione alla vita comunitaria; venga riconosciuta l’autonomia del laicato nel proprio specifico: famiglia, mondo del lavoro e delle professioni, vita di relazione, impegno civile e politico. In questi ambiti i laici sono inviati a testimoniare la perenne novità del Vangelo, non solo con la buona volontà, ma con adeguata formazione teologica e pastorale. La Diocesi offre gli strumenti teologici e pastorali per favorire questo obiettivo; la Caritas sia ascolto ed occhio del territorio, e costituisca degli Osservatori permanenti. Sarebbe ecclesialmente significativo il riconoscimento del ministero della compassione; urge passare dalla pastorale tradizionale alla pastorale della missione. Il documento dei Vescovi italiani “Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia” potrà essere

strumento utile per una rinnovata riflessione che aiuti il rinnovamento; va particolarmente curata l’evangelizzazione pre-sacramentale. In particolare la Cresima recuperi la propria forza sacramentale e il significato del ruolo dei padrini; la catechesi metta al centro la figura di Gesù e la Sua Parola, sia di tipo catecumenale, con il coinvolgimento della famiglia, risorsa umana e pastorale. La famiglia deve essere aiutata a recuperare la propria dimensione di chiesa domestica; nel tempo in cui le chiese si svuotano e le celebrazioni sono poco partecipate, incoraggia la comunità cristiana a non aver paura di essere minoranza, ma a riacquistare appieno la dimensione ecclesiale di lievito, nella Chiesa e nella società; la legalità e la giustizia sociale siano temi di catechesi e di formazione. A tal proposito può essere istituito un Corso di studi sui rapporti chiesa-ndrangheta nell’ISSR. Le Parole del Vescovo, amabili nella forma, concrete e impegnative nei contenuti, sono accolte dall’assemblea con il grazie dell’applauso e con la riconoscenza di lode al Signore Gesù. Il Convegno si conclude. Il Vescovo lo affida alla intercessione della Madre della Consolazione.


6 21 Settembre 2013 La Mission

Riconciliare i generi e le generazioni DOMENICO DELLE FOGLIE

La sabbia e la roccia. La sabbia che scivola fra le dita e la roccia sulla quale si può costruire. È felice la scelta del cardinale Angelo Bagnasco per descrivere la crisi dell’umano e della famiglia, per indicare la via d’uscita da quella stessa crisi. Ma ci vuole anche una grande dose di coraggio intellettuale per indicare, senza sconti, l’orizzonte culturale, sociale, antropologico che sta svuotando di senso la differenza tra uomo e donna, sta producendo un’assuefazione progressiva alla teoria dell’equivalenza dei generi a scapito della ricchezza insostituibile della differenza. Dire ai cattolici italiani, ma anche a quella parte dell’opinione pubblica italiana ormai assuefatta alla prospettiva della uguaglianza senza distinzioni, che la comunità cristiana continuerà a fronteggiare con dignità e consapevolezza, ma senza arroganze, la teoria del gender anche nelle sue ricadute legislative (unioni omosessuali e legge contro l’omofobia)... ebbene questo vuol dire amare l’umano che è custodito gelosamente dalla famiglia e dal matrimonio. Ma, al tempo stesso, esprime un amore che non è solo dei cattolici. Anzi, è di tutto un popolo che il calore della famiglia lo sperimenta; da quel calore ricava certezze esistenziali, a quel calore porta ogni giorno un piccolo contributo di energia, in quel calore matura la ricchezza delle personalità individuali e delle relazioni, attraverso quel calore impara ad assumersi responsabilità che si rivelano presto un vantaggio sociale. Affermare tutto questo comporta la consapevolezza di remare controcorrente sul piano culturale, su quello sociale e, infine, politico, soprattutto nel suo riflesso legislativo. E comporta anche la scelta di ripercorrere la strada della riconciliazione tra i generi attraverso “la roccia della differenza”, perché l’essere uomo e l’essere donna non vengano polverizzati “in un indistinto egualitarismo che cancella la differenza sessuale e quella generazionale, eliminando ogni possibilità di essere padre e madre, figlio e figlia”. Il presidente della Cei, forte anche del richiamo di Papa Francesco alla riconsiderazione del ruolo degli anziani, dei

La spina ne nella car

MASSIMO INTROVIGNE

Cattolici Italiani alda A botta c

Da Torino la speranza di un dibattito senza pregiudiziali FRANCESCO ROSSI

Un contributo offerto con “dolcezza” per “aprire un dibattito non pregiudiziale”. È il commento “a caldo” dal sociologo Sergio Belardinelli al termine della prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, alla 47ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, sul tema “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana. Il cardinale Bagnasco delinea una famiglia in crisi, deteriorata dall’individualismo, ma pure “antidoto alla stessa crisi”. Che ne pensa? Queste parole sono estremamente vere: la sociologia da anni parla di crisi dell’istituzione familiare, sottolineandone la drammaticità perché questo è l’unico soggetto sociale in grado di fronteggiare le molte crisi che investono l’uomo. Perciò possiamo dire che la Chiesa mostra quale sia l’unica chiave di accesso per affrontare i problemi del nostro tempo in modo davvero ‘umano’, cioè degno dell’uomo. Lo stesso termine famiglia, però, pare in crisi, messo in discussione da quanti vorrebbero diverse “forme” di famiglia... La famiglia è una relazione eterosessuale sancita da un patto pubblico. Questa è la definizione che l’antropologia e la sociologia per lungo tempo ne hanno dato. Voglio sperare che la dol-

cezza con cui il cardinale ne ha sottolineato le fondamenta serva ad aprire un dibattito non pregiudiziale. Una ‘guerra civile’ sulla famiglia sarebbe devastante per la comunità. La sua grandezza non sta in relazioni da ‘Mulino Bianco’, ma nel fatto che - nonostante le durezze e le asprezze continua a essere un luogo privilegiato nel quale le persone si accolgono, si sentono amate, imparano ad affrontare il mondo, prendono coscienza della loro libertà.... Si è giunti a negare anche il dato di partenza: la persona è sessuata”. Questo ha detto Bagnasco riprendendo il dibattito sul gender. Vi è un’alternativa a questo relativismo esasperato? La prolusione ha inteso dare un impianto antropologico alla Settimana Sociale scegliendo il tema della differenza, declinato su quello che è il vero crinale: il modo in cui negli uomini si combinano natura e cultura, natura e libertà, natura e scelta. Bagnasco ha ricordato un’evidenza antropologica di fondo: c’è un elemento non dipendente da noi. La follia del nostro tempo è aver pensato che nell’uomo, essendo un animale culturale, la natura sia un optional. Non c’è niente di più drammatico di quella che Hegel chiamava ‘dialettica del riconoscimento’. La chiusura nell’individualismo è una delle più grosse follie del pensiero contemporaneo. La posta in gioco non è solo

per i cattolici... Gli altri non sono un limite per la nostra libertà, bensì coloro che la rendono possibile. I cattolici non vogliono andare contro la cultura moderna, ma indicare quella che è l’unica strada per valorizzare la libertà e l’autonomia dell’uomo, che sono proprio i vessilli di questa cultura. Il cristianesimo contiene un messaggio universale, rivolto a tutti gli uomini. È possibile rendere concretamente la famiglia un “soggetto attivo” delle politiche sociali? Se in tanti anni non abbiamo fatto passi avanti nella sussidiarietà delle politiche sociali è perché per molti erano solo chiacchiere di ‘cattolici da sacrestia’. Non è così, queste proposte devono diventare un patrimonio comune e in questo chiediamo l’aiuto di tutti perché la posta in gioco è il bene di ogni persona. Un pensiero, infine, per la “sofferenza di tante famiglie” e in particolare per quelle che hanno fatto esperienza della “lacerazione della vita matrimoniale”. Come la Chiesa può farsi sempre più loro prossima? La Chiesa è già protagonista nella vicinanza e in più circostanze queste famiglie trovano appoggio, parole di conforto, sostegno. Certo, si può fare molto di più, serve una consapevolezza diffusa e in questa direzione vanno anche le parole odierne di Papa Francesco e del presidente della Cei.

Settiman Sociale

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La sintesi dell’appuntamento di Torino

La famiglia non è affare privato “Coraggio, avanti su questa strada con le famiglie!”. È il saluto, pieno di slancio e di affetto, che Papa Francesco, dopo l’Angelus del 15 settembre, ha voluto fare ai milletrecento partecipanti alla 47ª Settimana sociale di Torino, che era iniziata con un suo messaggio e proseguita con la prolusione del cardinale Bagnasco. A conclusione dell’appuntamento domenicale con i fedeli in piazza S. Pietro, il Papa si è unito idealmente alla platea torinese citando il tema della Settimana e rallegrandosi “per il grande impegno che c’è nella Chiesa in Italia con le famiglie e per le famiglie e che è un forte stimolo anche per le istituzioni e per tutto il Paese”. Famiglie e Paese: un binomio che dal Teatro Regio, subito prima di ascoltare le parole di Francesco, si è sentito vibrare con forza: “La famiglia non è un affare privato”. È “la prima conclusione, il punto di non ritorno del nostro cammino”, ha detto tracciando le fila dei lavori Luca Diotallevi, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore. Ma, soprattutto, “ci costringe ad inserire nel dibattito pubblico italiano un elemento scandalosamente scorretto”. L’appuntamento, ha annunciato monsignor Arrigo Miglio, vescovo di Cagliari e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali, è al 2017, per continuare un cammino iniziato più di un secolo fa e che ha visto nella figura di Toniolo e nella città di Torino un significativo avamposto. Protagonisti, oggi come allora, i laici, chiamati a “combattere”, soprattutto in ambito politico, la “buona battaglia” con “l’agonismo della libertà”. Ripercorriamo i momenti salienti della Settimana.

Il Papa e il Cardinale bambini e dei giovani, individua una prospettiva di impegno che va abbracciata dai cattolici con rigore intellettuale, con generosità operativa, con creatività sociale. Si tratta, infatti, di operare una tempestiva riconciliazione tra generazioni che contesti apertamente quella “segregazione

generazionale” che ammorba la relazione fra adulti e giovani, quasi che davvero non si abbia nulla più da dirsi e da darsi. La questione appare così in tutta la sua evidenza educativa. Non sarà possibile per i cattolici italiani piegarsi alla logica della indifferenza tra le generazioni, ma sarà una loro cura creare ponti e spazi

di dialogo. Con la tenacia e la dedizione che i cattolici sanno mettere in campo quando prendono coscienza della sfida storica portata alla capacità dell’uomo di creare relazioni e attraverso queste di costruire comunità. E la prima comunità guarda caso è proprio la famiglia, di cui la relazione è pilastro fondativo.

Demografia: l’Italia non ha un futuro

Alla Settimana Sociale di Torino dedicata alla famiglia nel dibattito dei gruppi di lavoro ha destato grande interesse la relazione del professor Gian Carlo Blangiardo, ordinario di Scienze statistiche all’Università di Milano-Bicocca, sui numeri delle famiglie in Italia. Il mio amico e maestro Rodney Stark ama dire che in sociologia «chi non conta non conta»: chi non parte dai numeri di rado dice cose rilevanti. E la sociologia ai suoi albori ottocenteschi non si chiamava neppure sociologia: il nome usato era «statistica morale», a indicare fin da subito quanto fossero importanti i numeri, cui pure – certo – non bisogna fermarsi. Oggi, però, siamo di fronte piuttosto a statistiche immorali. I numeri di Blangiardo

sono inesorabili. Il numero di residenti in Italia aumenta, sia pure lentamente: dagli attuali sessanta milioni viaggiamo verso i 62 milioni previsti per il 2036. Tuttavia questo aumento è dovuto secondo Blangiardo «interamente» all’immigrazione: pur calcolando la riduzione nel numero d’immigrati dovuta alla crisi economica, nei prossimi cinquant’anni si prevede che essi salgano da quattro a tredici milioni mentre gli italiani presenti sul territorio scenderebbero di nove milioni. Tra qualche decennio un abitante della penisola su cinque sarà uno straniero senza passaporto italiano, e molti detentori di passaporti italiani saranno immigrati nati all’estero e che avranno ottenuto nel frattempo la cittadinanza. Benché, prosegue Blangiardo, il numero degli stranieri che nascono nei nostri ospedali sia «destinato a raddoppiarsi» nei prossimi cinquant’anni, questo dato «non sarà

sufficiente a compensare il forte calo delle nascite italiane: -127mila tra il 2012 e il 2064 (-27%)», e già oggi il nostro tasso di natalità è il più basso del mondo. I bambini italiani diventeranno una specie in via di estinzione, ancorché nelle nostre strade vedremo ancora un certo numero di bambini: stranieri. In compenso, vedremo tanti vecchi. Già nel 2041 «la fascia di età più rappresentata nella struttura degli italiani diventerà quella dei settantenni». Oggi ci sono in Italia più nonni che nipoti; dal 2028 ci saranno più bisnonni – cioè italiani con più di ottant’anni – che pronipoti, cioè bambini di età inferiore a dieci anni. La frazione di Pil destinata alle pensioni dovrà anch’essa raddoppiare, non essendo ipotizzabili senza determinare sconvolgimenti sociali e politici un ulteriore segue a pag. 7

Al Teatro Regio, giovedì 13 i lavori cominciano con il messaggio inviato da Papa Francesco e la prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, entrambi salutati da un caloroso applauso della platea. “Un popolo che non si prende cura degli anziani e dei bambini non ha futuro”, dice il Papa, che traccia subito un ritratto di famiglia partendo dalla Genesi: uomo e donna sono una “unità nella differenza”, che vive della fecondità. Gli fa eco il cardinale Bagnasco, con una prolusione tutta incentrata sulla ”roccia della differenza”, oggi minacciata dalla teoria del “gender”, che rischia di “polverizzare” la famiglia naturale fondata sul matrimonio fino a metterne in questione la stessa sopravvivenza. Altro pericolo avvertito dal cardinale Bagnasco, anche questo in evidente consonanza con quanto contenuto nel messaggio del Papa, la “segregazione generazionale”: l’esperienza della famiglia è messa alla prova dall’”oscuramento della differenza tra generazioni”, e “il livellamento delle generazioni è un problema”, mentre “riannodare i fili del legame generazionale è oggi più che mai necessario”.

Le relazioni e i gruppi di studio La seconda giornata della Settimana è segnata dall’esordio delle otto assemblee tematiche, precedute nella mattinata da una assemblea plenaria con tre relazioni introduttive. A delineare la fisionomia della famiglia a partire dalla Costituzione è Lorenza Violini, ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Milano: “Ogni riflessione sul diritto deve ripartire dalla grande questione di chi è l’uomo”, dice denunciando gli “attacchi” alla famiglia che provengono dal fronte laicista. Una società che invecchia sempre di più, producendo sempre più squilibri, e giovani sempre più “persi”, o meglio in fuga. È la fotografia del nostro Paese scattata da Giancarlo segue a pag. 6


Cattolici Italiani a Campagn oi” “Uno di n LUIGI CRIMELLA

“Il traguardo minimo di un milione di firme è stato superato ieri, ma l’impegno continua. Non possiamo accontentarci di questo risultato, puntiamo a due cose: andare molto oltre il milione e far sì che tutti i 28 Paesi europei raggiungano almeno il loro minimo”: così Carlo Casini, presidente del Comitato italiano “Uno di Noi”, ha sintetizzato oggi a Torino, a margine della Settimana Sociale in corso al Teatro Regio, l’impegno per la tutela dell’embrione umano in atto con la raccolta di firme su scala continentale chiamata “Uno di Noi”. Benché in corso da qualche mese, la campagna di raccolta firme non è molto conosciuta tra l’opinione pubblica, perché - ha notato Casini - “non tutti i mezzi di comunicazione sociale hanno risposto all’appello di far conoscere questa raccolta firme che vuole difendere la vita, tutelando l’embrione umano dal rischio di manipolazioni e distruzioni. Oltretutto il sostegno dei mass media sarebbe dovuto perché si tratta di una libera iniziativa di noi cittadini europei, trasversale e democratica con la partecipazione di tutti coloro che hanno a cuore la vita umana fin dal suo inizio”.

21 Settembre 2013

Superato il traguardo del milione di firme

Avanti con il clic day “Tutto ciò - spiega Casini senza sacrificare gli embrioni umani, anzi tutelandoli ancora di più in quanto sappiamo che sono già ‘uno di noi’, come dice il titolo che abbiamo scelto per la campagna”. Il presidente Casini ricorda ancora che “la Corte europea di giustizia definisce l’embrione umano come l’inizio dello sviluppo dell’essere umano. Quindi a questo riconoscimento dovrebbe fare seguito un analogo disegno di tutela, specie di fronte a usi anomali degli embrioni su scala economica o di ricerca scientifica”. Un altro aspetto che fa da sostegno alla campagna europea è che una volta riconosciuto il valore dell’embrione umano ne potrà venire di conseguenza anche la sua tutela giuridica ai più diversi livelli, delle diverse legislazioni nazionali e della cornice del diritto europeo condiviso a livello delle istituzioni comunitarie.

Come firmare entro il 31 ottobre Durante la conferenza stampa di Torino, sono stati forniti i dati più aggiornati circa le firme raccolte su scala europea. “I dati più significativi degli ultimi giorni - ha detto Casini - riguardano la Germania che ha superato nettamente il proprio minimo raccogliendo oltre 82mila firme. Anche la Grecia sta crescendo e la Romania continua con un impegno considerevole, al 270%. L’Italia mantiene il suo slancio avendo raggiunto i 360mila firmatari, un primato europeo, seguita dalla Polonia che ha toccato quota 165mila”. Dal canto suo, la portavoce del Comitato, Maria Grazia Colombo, ha ricordato la scadenza del 31 ottobre per la raccolta firme e gli appuntamenti in programma in questi ultimi due mesi: dal “clic day” europeo del 22 settembre all’impe-

gno del Forum delle associazioni familiari il 28 e il 29 settembre per la raccolta di firme nelle piazze. Più in là è in programma, con la prima settimana di ottobre, la raccolta-firme nelle scuole statali e paritarie. Altre occasioni di raccolta saranno il 26 e il 27 ottobre col pellegrinaggio a Roma delle famiglie e il pellegrinaggio a Lourdes degli ammalati dell’Unitalsi durante lo stesso mese. Casini ha ricordato di “non sbagliare: gli unici documenti accettati dall’Europa sono la carta d’identità e il passaporto, diversamente la firma è invalidata”. Il sistema per firmare più comodo è quello tramite il sito internet www.firmaunodinoi.it, col quale in pochi passaggi si può far pervenire direttamente alle istituzioni europee la propria firma, autenticata in via diretta grazie all’apposizione dei dati del proprio documento d’identità.

Cosa chiede “Uno di Noi” Essenzialmente “Uno di Noi” chiede alla Commissione europea di farsi protagonista promuovendo la tutela del concepito e la ricerca scientifica a favore della vita, della salute pubblica e dello sviluppo.

Conclusio

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Famiglia e Paese possono (devono) crescere insieme

L’appuntamento è al 2017 - ha annunciato monsignor Arrigo Miglio, presidente delle Settimane Sociali per continuare un cammino iniziato più di un secolo fa e che ha visto nella figura di Toniolo e nella città di Torino un significativo avamposto. Luca Diotallevi: “La famiglia non è un affare privato. È il punto di non ritorno del nostro cammino che ci costringe a inserire nel dibattito pubblico un elemento scandalosamente scorretto”

M. MICHELA NICOLAIS

“Coraggio, avanti su questa strada con le famiglie!” È il saluto, pieno di slancio e di affetto, che Papa Francesco, dopo l’Angelus, ha rivolto ai milletrecento partecipanti alla 47ª Settimana Sociale di Torino, che era iniziata con un suo messaggio e proseguita con la prolusione del cardinale Bagnasco. A conclusione dell’appuntamento domenicale con i fedeli in piazza San Pietro, il Papa si è unito idealmente alla platea torinese citando il tema della Settimana e rallegrandosi “per il grande impegno che c’è nella Chiesa in Italia con le famiglie e per le famiglie e che è un forte stimolo anche per le istituzioni e per tutto il Paese”.

Famiglie e Paese: un binomio che dal Teatro Regio, subito prima di ascoltare le parole di Francesco, si è sentito vibrare con forza: “La famiglia non è un affare privato”. È “la prima conclusione, il punto di non ritorno del nostro cammino”, ha detto tracciando le fila dei lavori Luca Diotallevi, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore. Ma, soprattutto, “ci costringe a inserire nel dibattito pubblico italiano un elemento scandalosamente scorretto”. L’appuntamento è al 2017 - ha annunciato monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari e presidente delle Settimane Sociali - per continuare un cammino iniziato più di un secolo fa e che ha visto nella figura di Toniolo e nella città di Torino un significativo avamposto. Protagonisti, oggi come allora, i laici, chiamati a “combattere”, soprattutto in ambito politico, la “buona battaglia” con “l’agonismo della libertà”.

Un “new deal” sulla famiglia “La famiglia non è un affare privato”, e l’architettura della famiglia “è una parte essenziale, ineliminabile, dell’architettura della civitas”. Nelle conclusioni di Diotallevi è risuonata, dall’inizio, la prolusione del cardinale Bagnasco, che fin dalle prime battute ha esortato la platea a “provare ad ascoltare l’uomo e la donna di oggi, senza pregiudizi o filtri

ideologici”. L’obiettivo: un “new deal” sulla famiglia, auspicato anche da Franco Pasquali, coordinatore di Retinopera. Prima mossa: un esame di coscienza. Diotallevi è volutamente provocatorio: “Cosa abbiamo fatto noi laici cattolici italiani, in questi tre anni nella civitas e nella ecclesia, anni così difficili e talvolta drammatici. E ancora: “È inutile, o ipocrita, che i laici cattolici italiani si pongano la questione della famiglia senza porsi anche con schiettezza lo Stato in cui versa oggi il cattolicesimo politico in Italia”.

I laici in prima fila “Se è vero che la famiglia non è un affare privato, ma pubblico, ciò significa che il caso della famiglia ha molti profili, e sicuramente uno anche politico”. È una vera e propria “chiamata alle armi”, nella direzione pacifica di chi accetta il dialogo e il confronto, quella di Diotallevi. “Bisogna combattere”, e la partita si gioca sul piano politico, è lì che vanno pensate con creatività le “azioni collettive”, che rimandano a una parola che è ricorsa molto di frequente nella Settimana Sociale: “Alleanza”. Quello dei laici cattolici si profila come “un impegno pesante e protratto nel tempo”. Inutile nascondersi, del resto, che “sono decenni che agli italiani viene negato di avere un voto pesante almeno quanto quello che hanno i cittadini delle grandi democra-

DALLA SESTA

La sintesi Blangiardo, ordinario di scienze statistiche all’Università di Milano Bicocca. L’Italia, nei prossimi anni, dovrà fare i conti con “un potenziale produttivo sempre più debole”, ammonisce il relatore, secondo il quale nei prossimi vent’anni il nostro welfare avrà a che fare con “le trasformazioni delle strutture familiari correlate all’invecchiamento della popolazione”. Altro fenomeno tipico del nostro Paese, la “fuga dei cervelli”: “mentre migliaia di persone si spostano verso il suo territorio, un importante flusso di italiani, per lo più giovani, percorre il cammino inverso”. “ La famiglia è destinata a tornare al centro dell’attenzione sia della politiche sociali, sia del processo di sviluppo del Paese”. A fare questa previsione “politicamente scorretta”, data per sicura “non nel breve, ma nel medio termine”, è Stefano Zamagni, ordinario di economia politica all’Università di Bologna, secondo il quale “il vecchio slogan, che si ripete stancamente dagli Anni Ottanta, per cui ‘la famiglia è finita’,

zie”. Vogliamo essere noi, invece, a decidere chi ci rappresenta, ne abbiamo il diritto e il dovere.

L’agonismo della libertà “Bisogna combattere”, con “l’agonismo della libertà” di sturziana memoria e con la capacità di “convergere”. E la prima battaglia è quella di “continuare ad affermare lo spirito e la lettera con cui la nostra Costituzione riconosce i diritti e i doveri di quella particolare formazione sociale che è la famiglia fondata sul matrimonio. Non possiamo spaventarci né tacere di fronte a chi propone o minaccia di trasformare un diritto in un reato di opinione”. Ma sono tanti i temi sul tappeto, come “la valenza pubblica dell’impegno educativo, la contestazione radicale che va portata alla pretesa dello Stato di farsi educatore, la crisi dell’educazione alla laboriosità e all’intraprendere, il carattere ingiusto e inefficiente della pressione fiscale che oggi debbono sopportare i contribuenti italiani e le loro famiglie, la onerosità e gli aspetti sperequativi del modello di welfare State tuttora imperante”. Senza contare lo “sfruttamento” delle famiglie immigrate e il degrado degli spazi urbani che incide sulla qualità della vita, non solo delle periferie. Le Settimane Sociali, ha detto il Papa all’apertura di questa edizione, “sono state provvidenziali e preziose, e lo sono ancora oggi”. Anche per la loro capacità di “affrontare, e se possibile anticipare, gli interrogativi e le sfide talvolta radicali posti dall’attuale evoluzione della società”. “Coraggio, avanti”, il suo invito all’Angelus. Appuntamento, allora, nel 2017.

oggi non ha più senso”. Sabato 14 le assemblee tematiche entrano nel vivo: tra le proposte, avviare un “new deal” italiano partendo dalla famiglia, riconoscere il “contributo sociale” che le famiglie danno allo Stato, rimodulare il fisco al carico familiare, promuovere un’effettiva parità scolastica e favorire il raccordo tra giovani e lavoro, oggi “totalizzante e svilito”, con “strategie integrate” che migliorino i percorsi scolastici e formativi.

DALLA SESTA

Demografia aumento dell’età pensionabile o tagli alle pensioni di chi oggi già fatica a sopravvivere. Blangiardo ritiene che le statistiche correnti rispetto alla sempre maggiore difficoltà di sostenere le pensioni addirittura sottostimino il problema, e che sia un’illusione ottica quella d’immaginare che le pensioni dei nostri vecchi le pagheranno gli immigrati. Infatti non si considera che anche gli immigrati invecchiano, e che esiste quello che lo studioso chiama «invecchiamento importato». I primi immigrati cominciano ad arrivare alla pensione. Tra poco saranno una massa di pensionati, che per di più «ha avuto un lavoro regolare solo in età matura», spesso con salario basso, così che i loro contributi certamente non pagheranno le loro pensioni, che dovranno essere sostenute da altri.?A causa dell’«invecchiamento importato» il numero di pensionati raggiungerà il suo vertice nel 2030, quando andranno in pensione i figli del baby boom degli anni 1960, ma sorprendentemente questo vertice «non sarà seguito dal declino che ci si attenderebbe per via della caduta della natalità sviluppatasi dalla metà degli anni ‘60». Infatti legioni di pensionati immigrati compenseranno la riduzione nel numero di pensionati italiani, mantenendo il numero totale di chi fruisce di una pensione costante. Ma le cattive notizie non finiscono qui. Non bastasse la drastica riduzione, da record mondiale, del numero dei bambini – che, ha rilevato Blangiardo nella sua conferenza stampa, benché sia vietato dirlo deriva ampiamente dagli aborti – anche tra gli italiani che, superando un vero percorso a ostacoli, sono riusciti a nascere, molti rappresenteranno solo un costo per il sistema Paese – occorre mandarli a scuola e curarli quando si ammalano prima di entrare nel mondo del lavoro – ma non daranno poi alcun contributo al Pil perché se ne andranno all’estero. Non si tratta di aneddoti – molti hanno un vicino il cui figlio è andato a lavorare a Londra o in America – ma di centinaia di migliaia di giovani, in gran parte laureati, che segue a pag. 11


8 21 Settembre 2013

La Festa

Morosini : il desiderio della gioia dentro un cammino faticoso, ma consolante ...

La Veglia all’Eremo, la notte e l’alba ...

ANTONINO IANNÒ

Venerdì 14 settembre 2013. Venerdì antecedente la “discesa” del Quadro della Madonna della Consolazione nella Basilica Cattedrale. L’orologio spirituale del popolo reggino segna l’ora della Veglia mariana, l’ora dell’attesa. E come ogni altra attesa, e forse anche di più, anche questa della “calata ra Madonna”, anche quest’anno, come ogni anno, è carica di molteplici significati che nel cuore e nel volto di ciascuno sono diversi, ma che in tutti sono permeati dalla speranza, dalla certezza, cioè, che lo sguardo della

lante per la propria vita, una presenza che riempie il cuore di una speranza e di una gioia umanamente inspiegabili. Per questo ogni anno il popolo di Reggio sale su quel monte. E veglia. E prega. E attende. Veglia, prega e attende perché sa che senza la Madre che dona il Figlio non può avere e vivere quella gioia che ciascuno desidera: la vera gioia, quella della Pasqua, della Risurrezione. E proprio della gioia pasquale ha parlato l’Arcivescovo di Reggio Calabria, Giuseppe Fiorini Morosini, nella riflessione tenuta al termine del Rosario da lui presieduto in una Basilica dell’Ere-

della croce, garanzia sicura per la nostra gioia senza fine, - ha continuato mons. Morosini - è per noi cristiani la chiave interpretativa della nostra vita.” “Se il chicco in grano caduto in terra non muore - ha continuato - non porta frutto: questo è il seme della gioia”. “La gioia - ha poi precisato - si conquista attraverso il sacrificio: l’annunciazione, la visita della Madonna a Santa Elisabetta, la nascita di Gesù, la presentazione al tempio, lo smarrimento e il ritrovamento nel tempio. Noi li chiamiamo misteri della gioia, ma sappiamo che queste esperienze della Vergine Santissima non hanno compor-

mamme lo sapete, meglio di me. La gioia della maternità è la gioia di una vocazione che si compie, ma che passa attraverso il travaglio del parto. Voi sportivi vivete la gioia della vittoria: è la gioia di una vocazione che, se non è preparata con la fatica dell’allenamento, è una gioia irraggiungibile. Voi studenti non raggiungerete mai l’obiettivo di superare le prove, se non passate attraverso la fatica dello studio. Questo è il mistero Pasquale che si deve compiere anche in noi. La gioia cristiana è sempre legata alla fede!». Gioia e vocazione, dunque, hanno un legame inscindibile e tendono entrambe al compimento.

mo gremita di persone, oltre che delle presenze dell’Arcivescovo emerito mons. Vittorio Mondello, di numerosi sacerdoti, di religiosi e religiose che insieme a lui hanno voluto pregare e vegliare per tutta la Diocesi Reggina. «Abbiamo appena pregato ha detto - i misteri della gioia. La gioia verso quale tendiamo non è la gioia illusoria, è la gioia che dobbiamo costruire con il sacrificio. Il messaggio della gioia che ci viene dalla fede non è il messaggio di chi ci dà la garanzia che, stando fermi ed addormentati, otteniamo la gioia eterna. La via

tato una gioia immediata. Pensate allo stato d’animo della Madre quando Gesù si perse. Pensate alla natività: Non c’era posto per loro.... Pensate alla gioia dell’incontro con Elisabetta: partire da casa ed andare a servire la cugina, nonostante la gravidanza. Questo è il mistero Pasquale che comincia già nell’esperienza concreta della Vergine Santissima». Continuando la sua riflessione sulla gioia, l’Arcivescovo l’ha definita come “compimento di una vocazione che scaturisce da un travaglio”, che poi è la dinamica della fede pasquale: «Voi

Di tutto ciò il modello per eccellenza, al quale guardare e dal quale dobbiamo imparare è Maria: «Vogliamo imparare da Maria - ha detto l’Arcivescovo - a guardare alla nostra vocazione come singoli, come famiglia e come società. Guardiamo a Maria - ha ancora esortato - per essere anche noi costruttori di gioia, costruttori di serenità attraverso il sacrificio personale. Miei cari - ha detto con amore, ma con una forza e chiarezza precise - non illudiamoci: il Vangelo non ci garantisce una gioia e una serenità senza la segue a pag. 10

Per ragioni di spazio, offriamo nelle pagine 8-910, tra i tanti possibili, solo alcuni momenti che ci sembrano particolarmente forti relativi alla Festa della Madonna della Consolazione, dalla Veglia all’Eremo alla solenne celebrazione del Martedì nella Basilica Cattedrale. A raccontare tutto ciò che accade, del resto, in un contesto così singolare quale quello delle Feste di Settembre, non basterebbe un grosso volume. Ma anche da questi piccoli squarci al lettore é consentito di entrare in qualche modo nel cuore dell’ evento.

Madre della Consolazione è rivolto verso tutti e benedice chiunque a Lei si rivolge. È questa la sensazione di chi facendosi pellegrino lungo Via Cardinale Portanova sale, a qualsiasi ora della notte e fin dal primo pomeriggio, verso il colle dell’Eremo; di chi si ferma a contemplare lo scorrere di un popolo che, lo si legge nei volti, sa di trovare su quel colle una presenza conso-

servizio fotografico di Adriana Sapone

La Discesa del Quadro

Le tradizioni, il folklore e... la fede! MELINA CIANCIA

E’ tornata “Festa Maronna” con il suo folklore, le sue tradizioni, ma soprattutto la sua religiosità che tocca il culmine nella Processione della Vara che parte all’alba del primo sabato successivo all’8 settembre, giorno della natività della Vergine Maria e giunge nella Cattedrale dopo circa quattro ore, attraversando la città dall’Eremo, lungo via Cardinale Portanova e il cuore di Reggio prima di giungere in Piazza Duomo: un rito, quello della processione, che si ripete, ininterrottamente, dal 1636, un tragitto antico quattro secoli, eppure giovane e fresco di entusiasmo per l’Avvocata del popolo reggino. Più di un centinaio di portatori si alternano sotto le stanghe di legno che devono sostenere la pesante varia d’argento in una gara di orgoglio e di devozione fino all’arrivo. Sembra non manchi nessuno, dalle autorità civili insieme a personalità politiche che hanno atteso la consegna della Vara nella Piazza del Popolo con l’Arcivescovo di Reggio Calabria, Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, i presbiteri, religiosi e religiose, diaconi e tutte le associazioni laiche del reggino. Dopo la consegna da parte del superiore dei Cappuccini, Padre Giuseppe Sinopoli all’Arcivescovo della città, la processione si è zittita in un fiume di fedeli, quasi scivolasse

sulle migliaia di teste che seguivano la sacra Effige: un contrasto tra il frastuono e il rombo dei mortaretti che si sono susseguiti nella discesa dall’Eremo e la compostezza del corteo sul Corso Garibaldi.

Gruppi di fedeli che seguono la Vara intonano il rosario a Maria della Consolazione in una nenia che sa di antico e pur sempre attuale, di profondamente religioso e tradizionale: “Facitammilla Maronna mia, facitammilla pì carità”: è la grazia che si chiede

alla nostra Patrona con quella fede che dà la certezza di ottenere, tra le lacrime che spuntano al grido “Oggi e sempri, viva Maria!”. E mentre il Quadro, tra soste e riprese, attraversa il centro di Reggio, con fermate d’obbligo, di ricordo e di memoria, si alza dagli altoparlanti posti lungo il percorso, il suono dei canti quasi perfetti del coro della cattedrale che inneggiano alla Madre di Dio. Si legge sul viso della gente la gioia di essere alla sequela di Maria, ci si sente fratelli, in quella figliolanza che solo Cristo può creare; è faticoso eppure si segue Cristo, molti a piedi nudi: un sacrificio materiale che vuole essere lo specchio di una vita di privazioni, sì quelle sofferenze che si offrono a Dio in cambio della gioia certa che viene sempre dopo la croce: è il mistero pasquale che si rinnova in chi ha fede in Lui che può tutto! A mezzogiorno la Sacra Effige si fa avanti in

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Il saluto di Mons. Morisini all’accoglienza del Quadro

“Ci siti puru vui!” ... Onorevoli Autorità e Fedeli tutti, E’ la prima volta in assoluto che partecipo a questa solenne manifestazione religiosa, e potete immaginare quale possa essere la mia commozione, anche perché questa prima volta è il primo atto solenne che compio come Vescovo di questa santa Chiesa di Dio di Reggio-Bova. Ringrazio Dio e la Vergine Maria, che mi hanno dato questa gioia, che reputo un grande dono di Dio per un pastore, il quale, oltre che guidare la fede della propria gente, alimenta la propria fede da quella di coloro che gli sono stati affidati. Vedendo giungere in piazza questo straordinario corteo di fede, che grida osannante a Maria, mi sono commosso. E’ commovente vedere anzitutto voi, cari portatori, i quali al grido: e griramulu cu tuttu u cori: ora e sempre viva Maria, ogni anno piegate le vostre robuste spalle sotto questo peso, che voi ritenete dolce e leggero per l’amore che portate a Maria. Voi portate sulle spalle l’immagine di Maria, ma in realtà è Lei che, come tenera Madre, porta tra le sua braccia tutti voi, le vostre famiglie, il vostro lavoro, le vostre speranze; quasi a dirvi: grazie per quel che mi permettete di fare ogni anno, scendendo dall’Eremo in Cattedrale. E’ commovente vedere la folla che segue il quadro della Madonna pregando e piangendo, osannante e implorante allo stesso tempo. Voi cari fedeli portate nel cuore tante sofferenze e tante speranze. Alcuni di voi camminano scalzi, suscitando forse il risolino dei bempensanti per questo gesto che può sembrare arcaico nella nostra società della tecnica e della scienza; un gesto, però, che conserva un grande fascino ed è molto eloquente nel dire la disperazione umana e la speranza divina. Voi, cari fedeli, seguite Maria, ma in realtà, voi lo sapete bene, è Maria che in questo cammino di speranza vi guida e vi conduce, perché Ella con Cristo, viaggia con ciascun uomo nel cammino della vita. E’ commovente vedere qui i rappresentanti delle Istituzioni

civili, a conferma dell’identificazione della nostra Città in questa immagine, dinanzi alla quale si può leggere una parte rilevante della storia di Reggio. Anche per questo aspetto possiamo dire che non sono stati gli uomini a portare il Quadro lungo questi anni a Reggio, ma è stata Maria a guidare il popolo nel suo difficile cammino lungo i secoli. Per il grande significato umano e religioso di questo incontro annuale tra la città e l’immagine di Maria, questa piazza è chiamata proprio Piazza dell’Incontro. L’incontro di amore tra Maria e Reggio, che nessuno mai potrà scalfire. Ancora una volta, o Maria, tu vieni incontro alla città, alla tua Reggio, ai tuoi figli, che ti accolgono sempre con amore e commozione, sapendo di poter riporre in te la loro fiducia e speranza. I tuoi figli di Reggio, o Maria, nei momenti difficili si sono rivolti a te con l’interiore convinzione: sulu a maronna ‘ndhi restau. A portarti su questo trono solenne, o Madre della consolazione, ci sono queste persone che tu conosci nell’animo da anni. Essi rappresentano tutta la gente di Reggio, che si sente onorata di mettere a disposizione le proprie spalle per consentirti di fare il tuo ingresso solenne nella nostra città e mostrarti ancora quale madre e regina di essa. O Maria, in questo momento difficile della vita della nostra città, dall’alto di quel quadro tu sembri dire a tutti noi, quasi come risposta di fede al nostro grido: sulu a maronna ‘ndhi restau, tu sembri dire a tutti, forse con materno tono di rimprovero: Nun sugnu sulu ieu che vi restai, ca ci siti puru vui ccu mia. Si, o Maria, noi accogliamo queste tue parole come richiamo forte alle nostre coscienze di credenti, perché assumiamo nei confronti della nostra città la responsabilità di cittadini. Ci siti puru vui: Con queste parole ci dici che non possiamo rinunciare alla speranza, che ci portiamo dentro come cristiani, e, quindi all’obbligo di annunciarla, secondo le parole di S. Pietro: voi dovete rendere ragione della speranza che è in voi. Ci siti puru vui. Ci esorti a riscoprire il gusto della partecipazione alla cosa pubblica, mettendo il bene comune sopra gli interessi personali. Ci siti puru vui. Ci solleciti a purificare le nostre coscienze dall’apatia, dall’egoismo, dall’invidia. Ci siti puru vui. Ci gridi forte che non possiamo coniugare segue a pag. 10


La Festa

21 Settembre 2013

La solenne Concelebrazione del Martedì - L’Offerta del Cero - L’Omelia di Morosini

ANTONIO MARINO “Soffia un vento a Parigi stasera … un vento che vento non è …” Mentre il palato assapora l’aroma di un buon caffè e il pollice e l’indice della mano destra avvolgono un cornetto al cioccolato appena sfornato, le chiacchiere da bar, nelle prime ore mattutine di un uggioso martedì 17 settembre 2013, catturano l’attenzione delle umane menti che vanno risvegliandosi dopo il torpore notturno. La decadenza di un senatore della Repubblica, le colpe di Atzori nella sconfitta col Trapani, il temporale che puntualmente crea disagi e incidenti, i rincari

che hanno colpito noccioline e pistacchi! Qualcuno sfoglia i quotidiani locali e, inaspettatamente, nelle discussioni che si inerpicano tra zucchero di canna, trecce e cappuccini, s’insinua la curiosità: “Chissà cosa dirà oggi all’omelia l’Arcivescovo … è la sua prima festa Madonna!?” “Pure per il commissario Castaldo è … la prima … a Festa Madonna!” “Hai letto le polemiche riguardanti … “ La chiacchierata prosegue in piazza Duomo, poi sulla scalinata della Cattedrale: s’interrompe di colpo all’ingresso in Basilica. I volti restano ammaliati dalla lucentezza della Venerata Effige della Madonna della Consolazione. Ci si sistema nei banchi; la solenne Concelebrazione Eucaristica ha inizio, è ora di abbandonare i cicalecci per vivere la Messa! La lunga processione di seminaristi, ministranti, diaconi, sacerdoti, vescovi, taglia in due la gran folla stipata nella Cattedrale! Assieme al Padre Arcivescovo, Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, concelebrano l’Arcivescovo Emerito di Reggio Calabria-Bova Mons. Vittorio Mondello, l’Arcivescovo Metropolita

La Città di fronte alla Madre, la Madre nel cuore della Città

collaborazione, la quale, qualora venisse meno, renderebbe impotente anche Dio, sempre pronto a darci la sua consolazione, che è legata, però, alla libertà dell’uomo, il quale, se accoglie il messaggio di Dio consola il fratello,

zia”. Ma, sottolinea, dopo aver elencato vari e gravi casi di ingiustizia, “di quale consolazione possiamo parlare dinanzi alla Madonna, se non lottiamo contro l’ingiustizia e la risolviamo?

vescovo esorta ciascun fedele: “noi che non abbiamo alcuni problemi dobbiamo soccorrere quelli che ce l’anno, affinché questi possano percepire che Dio c’è e li ama”. E ancora: “rivalorizziamo, fino a quando è possibile, uno dei grandi valori della nostra terra: la cura dell’ammalato e dell’anziano in casa. E’ un grande gesto di amore lasciarli al calore delle mura domestiche”. Rammenta, il presule reggino, il gran lavoro svolto dalle associazioni di volontariato e, rivolgendosi agli imprenditori, alle banche e a tutti i più fortunati, li invita ad inserire nei loro bilanci la voce: la consolazione di Maria. Analizza, quindi, il terzo ed ultimo aspetto della Consolazione: la proclamazione della libertà degli schiavi e la scarcerazione dei prigionieri. La nostra Reggio, sottolinea Padre Giuseppe, “non potrà mai rinascere, se non ci liberiamo dalla schiavitù di questa impostazione di vita basata sull’egoismo, se non riscopriamo la bellezza della partecipazione, del dialogo politico, del confronto dialettico, sempre rispettoso del pensiero altrui”. “Da una impostazione egoistica – spiega l’Arcivescovo nasce la schiavitù dello spaccio della droga, dell’usura, del gioco: la logica di questi mali è la stessa: vivere felici, senza lavorare, ma fare soldi alle spalle degli altri. Sono schiavitù dalle quali la nostra città si deve liberare. E sono schiavitù che, a

se non lo accoglie, la consolazione diventa illusoria”. Soffermandosi sulle pagine bibliche appena proclamate, Mons. Morosini afferma che Maria “ci coinvolge nella sua missione di consolare il popolo”. Introduce, Padre Giuseppe, tre aspetti della Consolazione: la giustizia, la solidarietà, la proclamazione della libertà degli schiavi e la scarcerazione dei prigionieri. “La Madonna – prosegue l’Arcivescovo – ci dice che la consolazione dell’uomo passa attraverso il rispetto della giusti-

Dall’altare non possiamo vendere illusioni. Bisogna correre ai ripari e rimediare: chi deve farlo, lo faccia senza indugio; soprattutto i cristiani, per coerenza con la propria fede. Sarà un segnale di rinascita per la città. E questo appello lo rivolgo anche a quelle istituzioni che in qualunque modo dipendono e vengono ricondotte alla Chiesa: diamo l’esempio, se deve essere corretta qualcosa da parte nostra, per non ingannare la gente con discorsi spirituali vuoti e inutili”. Passando al secondo aspetto della Consolazione, Mons. Arci-

loro volta, creano la schiavitù di persone innocenti”. “Ma – ricorda Mons. Morosini – non possiamo non dedicare un’attenzione tutta particolare alla schiavitù dalla criminalità organizzata: intimidazioni, tangenti, estorsioni, violenza, minacce”. “La Madonna – conclude l’Arcivescovo – ci consolerà e ci aiuterà a sconfiggere la criminalità organizzata, se noi lotteremo contro di essa. E la prima arma è la denuncia”. “Denunciate!! Denunciate!! - ha gridato il Presule - I vantaggi economici che

di Cosenza-Bisignano Mons. Salvatore Nunnari, il Vescovo di Oppido-Palmi Mons. Francesco Milito e il Vescovo di MiletoNicotera-Tropea Mons. Luigi Renzo. Subito dopo il Segno di Croce fa il suo ingresso il Cero Votivo, annualmente offerto dalla Civica Amministrazione a Maria SS. Madre della Consolazione. A nome dell’Amministrazione Comunale è il commissario prefettizio dr. Giuseppe Castaldo a prendere la parola. Il commissario Castaldo ripercorre gli undici intensi mesi trascorsi a Palazzo San Giorgio, ricorda il rapporto di collaborazione che si è venuto a creare con gli enti territoriali e regionali, sottolinea la disponibilità e la dialettica democratica

che ha caratterizzato l’atteggiamento del popolo reggino nei confronti del commissariamento, affida, infine, all’Avvocata Consolatrice le sorti, i progetti, la rinascita della società reggina. La Solenne Concelebrazione Eucaristica, resa ancor più suggestiva dalle melodie del Coro “San Paolo”, diretto da Carmen Cantarella, prosegue con la Liturgia della Parola. Alle ore 10,42 Padre Giuseppe Fiorini Morosini, in piedi dinanzi alla Cattedra, detta l’omelia nella sua prima “Festa Madonna” da Arcivescovo Metropolita reggino-bovese! L’Arcivescovo, conscio delle difficoltà e delle amarezze che angosciano il suo popolo, idealmente si pone in ginocchio, accanto ai suoi fedeli, ai piedi di Maria: “siamo qui convenuti a celebrare la nostra festa annuale, che muove tutta la città per farla stringere attorno all’immagine della Madonna della consolazione come non mai, per ricevere da lei quei gesti di consolazione che non siano illusori, ma veri. Ma enuncio subito sinteticamente l’idea di fondo di questa mia omelia: questi gesti veri di consolazione da parte di Maria dipendono dal coinvolgimento dell’uomo, dalla sua volontà di

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Sul nostro sito on line il testo integrale dell’omelia dell’Arcivescovo Morosini

possiamo trarre dalla commistione con il crimine, non saranno mai fonte di gioia e di serenità, perché su di essi pesa la giusta repressione dello Stato”. La Solenne Concelebrazione Eucaristica prosegue il suo corso, sotto la mite guida di don Gianni Polimeni, Prevosto della Basilica Cattedrale e Cerimoniere. Al termine, dopo aver impartito la Benedizione Apostolica, Padre Giuseppe Fiorini Morosini si concede al popolo: sorridente, abbraccia gli ammalati, bacia i bimbi, stringe le manzi degli anziani, benedice i giovani. Lentamente la Basilica Cattedrale si svuota. E’ tempo di rientrare a casa: magari prima una breve sosta al bar per comperare le pastarelle, segno del giorno di festa. E al bar ancora un commento, una riflessione. Mons. Morosini, da buon discepolo di San Francesco da Paola, ha … quasi … con la sua omelia, dato i … “compiti a casa” ai suoi fedeli: facciamo in modo che la fantastica storia della nostra vita sia vissuta con e per gli altri. Soltanto così sarà davvero Festa di Madonna. Soltanto così potremo, senza arrossire, guardare quel Quadro e, con tutto il cuore, urlare: “Eccomi, ci sono anch’io a lottare con Te per il presente e il futuro della nostra Terra, dei nostri figli!”. E alle spalle dei reggini soffia impetuoso un vento, che, come nei versi della colonna sonora del celebre “Commissario Maigret”, vento non è!

E’ il soffio del Concilio, è il respiro sereno di una Chiesa, quella reggino-bovese di Mons. Fiorini Morosini, che, come Maria Madre della Consolazione, si fa pellegrina nelle case, nelle vite degli uomini di oggi, per narrare il Mistero di quel bimbo morto in Croce e risuscitato dopo tre giorni; un Mistero che dà forza e coraggio, ieri oggi e sempre!

servizio fotografico di Domenico Notaro


10 21 Settembre 2013

La Festa La Processione del Martedì

Scenari antichi e nuovi... Dalle 18 alle 21. Sono le tre ore lungo le quali si é snodata la solenne Processione del Martedì. Tre i Vescovi presenti. Oltre il Metropolita Morosini, l’arcivescovo emerito mons. Mondello e l’arcivescovo di Cosenza mons. Nunnari. Fittissima la folla di fedeli che ha accompagnato il passaggio della Madre lungo la tradizionale Via del Corso Garibaldi fino al rientro in Cattedrale. Canti, preghiere, sguardi, lacrime, grida, attese. Come ogni anno, come sempre da tempo ormai immemorabile. Qualcosa di nuovo e di imprevisto comunque, quest’anno, c’è stato. Si tratta di alcuni momenti daella processione particolarmente singolari,

quelli lungo i quali il nuovo arcivescovo si è accostato come aveva già fatto sabato mattina - a fianco dei Portatori della Vara per diventare per un breve tempo “uno di loro” (gesto compiuto stavolta anche dal Commissario Castaldo); ed altri lungo i quali ha sentito il bisogno di essere fisicamente vicino a persone anziane o a bambini ammalati o a ragazzi che stanno per iniziare la scuola: un preciso simbolico aprirsi del nuovo vescovo agli scenari più diversi della vita della città. Fino all’ultimo momento quando - ormai tramontato il sole - davanti alla folla di piazza Duomo, mons. Morosini si é perfino esibito nel canto di un motivo degli anni ’70 che invitava alla speranza, prima di impartire a tutti la benedizione.

DALL’OTTAVA

Ci siti

fede e malaffare. Quante critiche riceve la Chiesa per questa connivenza. O Madre, tu ci chiedi di interrompere questa sciagurata e dannosa connivenza. Ci siti puru vui. Ci spingi, o Maria, ad andare avanti con fede, indicandoci in quella comunione di fede con gli apostoli nel Cenacolo, la tua presenza di speranza e di vita. Allora tu davi coraggio a un manipolo di poveri uomini, distrutti dalla paura, a iniziare la grande avventura della predicazione del Vangelo, che ha cambiato il mondo. Noi non abbiamo il mondo davanti; abbiamo solo la nostra città. Reggio non arrenderti. Dinanzi all’immagine di Maria devi promettere a te stessa che scommetterai sulla speranza, sull’impegno, sulla rinascita, sul superamento delle conflittualità, sulla comunione, sul futuro possibile. E’ un atto di amore alla città, che diventerà atto di amore a Maria. E siccome la speranza cristiana è frutto di impegno di fede, io, come pastore di questa Chiesa, voglio proporvi una breve invocazione, che traggo dalla preghiera dei Vespri del giorno dell’Immacolata: Trahe nos, Virgo Immaculata, post te curremus, in odorem unguentorum tuorum/Attiraci, Vergine Immacolata; dietro di te noi correremo, rapiti dal profumo delle tue virtù. Sì, miei cari, di un cammino dietro alla Vergine, abbiamo bisogno. All’inizio del mio ministero pastorale in mezzo a voi, ve lo ripeto con tutta la forza che ho nell’animo, con tutta la speranza che porto nel cuore. Reggio ha bisogno di ritornare al Signore, ai grandi valori cristiani, ad una grande e rinnovata testimonianza di vita. Miei cari fratelli, in questo momento storico difficile per la città, i cristiani cattolici devono dare una grande prova di coerenza. Maria ci dice: fate quello che Gesù vi dice di fare. Non possiamo gridare in piazza viva Maria, e poi aderire al male; non possiamo sfilare davanti al quadro e inviare baci e poi non purificare la propria condotta di vita: sarebbe il bacio di Giuda. Non possiamo sporcare l’immagine di Maria ponendola accanto alle armi nascoste o ai soldi rubati o estorti. Non possiamo gridare il viva Maria se poi attendiamo alla vita degli altri con la droga, con l’usura, con le intimidazioni. No. Maria vuole da noi purificazione e rettitudine di vita. Mi auguro che durante i pellegrinaggi che verranno fatti in Cattedrale, saranno molti i fedeli che si confesseranno, decidendo di cambiare vita. Un appello particolare faccio: a chi possiede armi, legalmente o illegalmente, dico: in nome di Maria, liberatevene, perché il possesso di un’arma significa rischio del suo uso. La pace non si costruisce sulla paura, ma sulla gioia della vita. Miei cari, in questo momento, simbolicamente, mettiamoci tutti sotto la vara di Maria. La prenderemo simbolicamente sulle spalle, quasi a dirle: O Madre noi accettiamo di camminare sotto la legge di tuo Figlio Gesù, ricordando le sue parole: il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero. O Madre, aiutaci in questo cammino e in questo sforzo di tornare a vivere sotto la legge del Signore. Oggi e sempre, viva Maria! ✝ p. Giuseppe

Il senso della festa

A colloquio con la gente e coi pensieri PALMA ARANITI

‘tuo’… sì! È questa la frase che mi capitò di leggere anni fa su uno striscione all’ingresso di una chiesa. Mi colpì a tal

Una lacrima segna il volto della donna alla mia destra: forse prega, supplica, affida, ringrazia. L’altra lì in fondo sorride e applaude a braccia alzate. Un’anziana di fronte a me sta recitando il Rosario e il giovane accanto a lei intona il canto suggerito dal coro. Una bambina manda bacini verso il Quadro con la mano sulla bocca e intanto quel signore non smette di riprendere col telefonino ogni immagine. Quella ragazza confessa i suoi peccati in ginocchio davanti ad un sacerdote e i portatori urlano ad una sola voce: “Oggi e sempre, Viva Maria!”. E l’eco della chiesa risponde in egual maniera…

M

i trovo dentro la Cattedrale di Reggio Calabria, mentre entra la sacra effige della Madonna della Consolazione, al termine della processione che ogni anno si rinnova partendo dall’Eremo, sempre uguale e sempre diversa. Mi piace scrutare i volti delle persone che mi circondano e intuire i loro sentimenti, forse uguali ma, certo, anche diversi dai miei. Intrattengo una breve conversazione con la donna alla mia sinistra, la quale suggerisce che, forse, tutta la folla ogni anno si riunisce da ogni parte della città per tale occasione perché “c’è tanto bisogno di conforto, coi tempi che corrono..”. Mi fermo a riflettere. Forse è vero, questa è certamente una delle possibili interpretazioni: l’uomo, da sempre e soprattutto nel momento del bisogno, avverte la necessità di chiedere aiuto a Qualcuno più grande... Ma, ecco che ricordo: Dio abita nel

punto che la memorizzai ed oggi mi ritorna in mente.

E

mi fa pensare che quell’applauso scrosciante, forte, duraturo, quasi fatto come con due sole mani da tutta quella folla, sia non solo una richiesta di conforto, ma anche il segno del grazie da tutti rivolto a quella piccola immen-

sa Madre che, più di duemila anni fa, ebbe il coraggio - nella libertà - di pronunciare il suo “sì” a Dio! Senza quel ‘sì’ di Maria, Dio non sarebbe venuto ad abitare in mezzo a noi... Ecco il senso - pensavo - delle processioni religiose tradizionali, a volte criticate (ed anche giustamente) per quel che - in alcuni casi sono diventate, ma che restano pur sempre ‘segno’ di qualcosa che va ‘oltre’: all’inizio di ogni processione vi è la Croce, il simbolo del Cristo, Colui che tutti siamo chiamati a seguire; poi viene la Vergine oppure il Santo venerato, che diventano per noi esempio di vita da imitare; poi viene la folla, che segue appunto l’esempio della Vergine o del Santo portato in processione. Gridiamo, dunque, a Maria la nostra gioia e ringraziamola coi nostri applausi, con le nostre lacrime... ma seguiamola, imitando il suo ‘sì’! Perché, ogni volta che noi diremo il ‘nostro’ piccolo sì, soprattutto se ci costa, Dio continuerà ad abitare in mezzo a noi!

DALL’OTTAVA

La Veglia croce! Vogliamo essere felici nella Società? Questa felicità si paga! Come? Mettendo il bene comune al primo posto. In questo momento miei cari fratelli, mentre guardiamo i problemi della nostra città, mentre noi speriamo che questa città possa superare questo momento difficile, dobbiamo essere disponibili a porre le condizioni perché questa gioia, la gioia di una Reggio che rinasce, che ritrova la strada del progresso sociale, politico, economico, fondato sulla comprensione e sulla riconciliazione, si compia: dobbiamo metterci a disposizione, accettando di pagare quel poco che ci viene chiesto perché il bene comune prevalga sugli interessi personali». Gioia, vocazione e impegno concreto, con Maria e in Maria, sono state le esortazioni dell’Arcivescovo che già all’inizio del suo intervento non ha nascosto la sua emozione nel vedere la fede della gente di Reggio verso la Madre della Consolazione: «Partecipando per la prima volta a questa Veglia in questo Eremo, ho provato questa grande emozione: sentire attraverso la vostra fede la presenza viva e consolatrice della Vergine santissima». Cominciato alle 21 il Rosario presieduto dall’Arcivescovo si è concluso alle 22.15. Ma la preghiera è continuata

fino all’alba quando, al termine della S. Messa presieduta dall’Arcivescovo di Cosenza, mons. Salvatore Nunnari - che, da reggino, ha parlato ai fedeli con il cuore in mano e la capacità di strappare le lacrime della gente - la venerata effige della Madonna fra i canti e le preghiere è stata solennemente posta sulla vara processionale per cominciare la sua discesa verso il cuore della città e verso la madre di tutte le chiese, la Basilica Cattedrale, segno di quel viaggio che la Madonna fa continuamente verso i nostri cuori, dove vuole rimanere per garantirci la presenza del Figlio Gesù e farci gustare il vino della gioia e della festa.

DALL’OTTAVA

Le tradizioni piazza Duomo: uno scroscio di mani, un fragore di voci e, dopo una doverosa sosta per riprendere fiato, al suono della campanella di Don Gianni Licastro, i portatori della vara danno inizio allo spettacolo più emozionante dell’intera processione, la volata: trenta secondi di felicità, ognuno trattiene il respiro e si scatena in un battimani da far bruciare la pelle. È una sensazione che solo i reggini possono provare, un volare in alto con Lei che ci sorride sempre da quel Quadro che amiamo e veneriamo perché lo sentiamo nostro come è nostra la Madonna della Consolazione.


Gemellaggio

21 Settembre 2013

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Il ricordo nella Sala Ferro presenti Morosini, Mondello e Bimenyimana

Il XX° del Gemellaggio tra le Diocesi di Cyangugu e Reggio Calabria-Bova CINZIA SGRECCIA Il giorno 10 settembre alle ore 11,00 presso la sala Mons. Giovanni Ferro, il MO.C.I. (Movimento per la Cooperazione Internazionale) e l’Ufficio Missionario Diocesano hanno organizzato il Convegno dal titolo “Chiesa comunione e comunione tra le chiese”, in occasione del XX anniversario del gemellaggio tra le diocesi di Cyangugu (Rwanda) e Reggio Calabria-Bova. Due comunità ecclesiali che si

sono arricchite nell’arco di vent’anni coltivando la comunione e contribuendo a costruire quelle piccole comunità cristiane auspicate dal Sinodo dei Vescovi (XIII Assemblea generale ordinaria 2012,Instrumentum Laboris, cap.II,80-81) che con la nuova evangelizzazione hanno l’impegno di diventare veri centri di irradiazione e di testimonianza dell’esperienza cristiana. Ospite: S.E. Mons. Jean Damascene Bimenyimana, Vescovo della Diocesi di Cyangugu in Rwanda, che ha presentato l’esperienza del gemellaggio di due chiese, diverse tra loro per lingua, cultura e costumi, ma accomunate dall’unica fede in Cristo Gesù. Di rientro dalla visita nelle carceri, ha aperto i lavori il nuovo vescovo della diocesi, S.E. Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, con i saluti iniziali, una benedizione e l’augurio di un proficuo incontro. Hanno presenziato all’incontro: Mons. Vittorio Mondello, vescovo emerito della Diocesi che ha

- i contatti costanti tra le due Diocesi, alimentati anche da visite frequenti sia da una parte che dall’altra; - L’informazione costante attraverso l’utilizzo dei media, e la comunicazione tra le due Chiese (attraverso la corrispondenza o via computer); - la solidarietà e la condivisione.

DALLA SETTIMA

che queste statistiche sono pericolose, perché possono fare venire in mente a qualcuno «soluzioni non conformi alla dignità umana», cioè l’eutanasia, che proprio in questi giorni è rilanciata a gran voce dai Radicali. Ci sono troppi vecchi? Ammazziamone un certo numero. Ma, a parte ogni ovvia considerazione morale, la «soluzione» sarebbe di breve periodo. Presto arriveranno alla pensione altri vecchi, e altri ancora. Qualcuno proporrà di ucciderli tutti?

Demografia per mancanza di lavoro e soprattutto per sfiducia nell’Italia se ne vanno, e non torneranno più. Tranne pochi ultraricchi, sono costretti a rimanere in Italia invece i pensionati, di cui i figli – che non sono mai nati, o sono pochi a causa del «modello del figlio unico» – si prendono sempre meno cura, così che deve occuparsene lo Stato, con ulteriori costi per i contribuenti. «Va altresì osservato – aggiunge Blangiardo – che la crescita degli ultra85enni soli è più intensa per la componente maschile (+102% per gli uomini rispetto a +62% per le donne), ossia proprio in corrispondenza di quei soggetti che spesso hanno meno capacità, o semplicemente meno consuetudine, nel vivere in autonomia». Blangiardo si rende conto

sporto, in alcune zone, sono estremamente carenti se non inesistenti. Sono facilmente intuibili, pertanto, le enormi difficoltà che ne derivano in tutti gli ambiti per chi vive nelle aree depresse. D’altra parte il Rwanda è reduce dal genocidio che, tra aprile e luglio 1994, ha causato 800.000 vittime, 2 milioni di profughi e sfollati. Un Paese, rimasto

www. (fonte:www.misna.org, nigrizia.it). Il prof. Santo Caserta, presidente del MO.C.I di Reggio Calabria, spiega che la chiesa reggina, dall’avvio del gemellaggio, è stata sempre presente nelle vicende drammatiche della Chiesa rwandese e continua a sostenere, con la preghiera e l’aiuto economico, lo sviluppo di quelle comunità. Tra le

incontro tenutosi, in uno stadio gremito di persone, con i Vescovi di tutte le Diocesi del Rwanda concelebrando una funzione in lingua Kenyota- ruandese, che durò circa sei ore. Una chiesa sicuramente diversa da quella europea, rispetto a costumi e cultura. Ma, ha spiegato Mons. Mondello, la bellezza del gemellaggio tra le due diocesi consisteva e consiste ancora oggi, nello scambio dei carismi che arricchisce la fede: una chiesa giovane, entusiasta e fervente rwandese da una parte; dall’altra, una chiesa occidentale organizzata, con una lunga tradizione alle spalle, sebbene piuttosto stanca, che ha bisogno di riscoprire la propria passione. L’incontro tra la chiesa europea e la chiesa africana, ha proseguito Mons. Mondello, è il modo migliore per collaborare alla testimonianza evangelica in entrambe le realtà, vivendo con maggiore pienezza la fede in Cristo. Ha citato in proposito le parole di S.E. Morosini al Convegno pastorale diocesano tenutosi il giorno precedente: facendo riferimento ai cristiani, che in quanto tali, sono

no a circa tre ore di macchina. Anche in Rwanda esistono le tipiche contraddizioni tra una capitale immersa nella ricchezza con una organizzazione di tipo occidentale, e le periferie, in condizioni di estrema povertà. Inoltre le infrastrutture, i servizi e i mezzi di tra-

devastato, profondamente ferito, e deturpato, che è stato sostenuto nella ricostruzione successiva dalla comunità internazionale, e che ancora oggi fatica a realizzare una democrazia pluralista e completamente libera

Mi capita spesso, in dibattiti pubblici, di spiegare che queste statistiche c’entrano molto con il dibattito in corso sulle unioni omosessuali. Se si diffondono più modelli alternativi di famiglia – non lo dico io ma i numeri – diminuisce il numero di famiglie. Se si diffondono più modelli alternativi di matrimonio, la confusione sociale sull’idea stessa del matrimonio fa diminuire i matrimoni. Meno matrimoni significa meno figli. Trovo quasi sempre qualche cortese oppositore che si alza e, con un sorrisetto ironico, mi fa notare che una donna non sposata è altrettanto capace di fare figli di una donna sposata. Di norma ringrazio l’interlocutore per la straordinaria rivelazione – senza di lui, gli dico, non ci sarei mai arrivato – ma gli spiego anche che sto parlando d’altro. Le donne non sposate hanno la stessa possibilità biologica di fecondità delle donne sposate. Ma hanno un tasso di fecondità molto più basso. Lo dicono i numeri, in tutto il

mondo, e non c’è ideologia che riesca a cambiarli. E il dato statistico non è poi così sorprendente. Fare un figlio non è un semplice fatto biologico. Senza prospettive di stabilità e sicurezza per allevarlo ed educarlo, è più difficile che una donna decida oggi d’intraprendere quest’avventura, ed eventualmente resista alle sirene dell’aborto. Se non aumentano le nascite l’Italia muore. Muore per tutti, cattolici e laicisti, credenti e non credenti, perché saranno i portafogli di tutti a doversi aprire per mantenere legioni di pensionati, italiani e immigrati, e fare fronte a tante crisi economiche determinate dalla denatalità. Ma l’unico modo di far aumentare le nascite è scegliere – nella politica, nella cultura e anche nella Chiesa – la famiglia. Quella fondata sul matrimonio su un uomo e una donna. Altro che mettere in discussione il matrimonio e pensare a introdurre modelli alternativi!

realtà più significative realizzate negli anni, ricorda la ricostruzione dell’ospedale di Mibirizi, ad opera della Caritas, l’accoglienza presso il seminario della Diocesi reggina di quattro giovani, divenuti oggi sacerdoti, la realizzazione del Centro disabili di Nkanka, le opere di assistenza di Mewzi, le cooperative di vedove di Cyangugu, le adozioni a distanza dei bambini poveri, le scuole di Nyabitimbo, che sono coordinate dai volontari del MO.C.I. . Mons. Vittorio Mondello ha ripercorso il cammino realizzato dalle due diocesi fin dal lontano 1993, data del suo primo viaggio in Rwanda, dove ebbe un incontro ristretto con il clero. La scelta di accogliere l’iniziativa del MO.C.I., attraverso il coinvolgimento personale in questo progetto lo aveva entusiasmato particolarmente. Era già stato in Brasile due volte ai tempi del suo governo pastorale a Caltagirone (19831990), e desiderava realizzare una esperienza missionaria nella Diocesi reggina. L’occasione gli fu offerta dal MO.C.I.. Decise pertanto di sostenere l’iniziativa. Nel 2001, in occasione della celebrazione dei 100 anni dall’arrivo dei missionari nel 1901, effettuò il secondo viaggio e partecipò ad un

chiamati a ‘mettere Cristo al centro della propria vita’. Ha concluso il suo intervento impartendo la benedizione finale ai presenti. Tra i presenti Marisa Tripodi, segretaria dell’Ufficio Missionario Diocesano, la quale è rimasta particolarmente colpita dalla drammatica realtà presentata con le slides, in particolare dal problema della carenza d’acqua, per cui tantissimi bambini di diversa fascia di età, scalzi, trasportano a piedi per chilometri, taniche fino a venti litri ciascuno, per poter permettere alle proprie famiglie di accedere a questo bene così prezioso ed essenziale. Difficoltà che sicuramente la civiltà occidentale disconosce. Spesso questo bene primario viene sprecato così facilmente nelle nostre società senza considerare la gravità delle conseguenze che si arrecano anche in quei territori. Chiude i lavori del convegno il prof. Santo Caserta il quale ha ringraziato tutte le persone, presenti e non, che hanno creduto e contribuito al progetto realizzato, perché senza il loro contributo niente sarebbe stato possibile. E’ stata data una testimonianza di fede matura, che ha permesso di sviluppare, insieme, un percorso di speranza. (Cinzia Sgreccia)

avviato il gemellaggio venti anni fa, il Direttore dell’Ufficio Missionario Diocesano, sac. Nino Russo e il Presidente del Moci, prof. Santo Caserta. Sono state proiettate alcune immagini sulla realtà ruandese. Successivamente S.E. Mons. Jean Damascene Bimenyimana ha spiegato in francese, con traduzione simultanea del Direttore dell’Ufficio Missionario, che un vero gemellaggio deve essere basato su quattro pilastri affinché sia proficuo: - la conoscenza reciproca;

L

a realtà sociale vissuta attualmente in Rwanda necessita di molti servizi e di preghiera. Per tale motivo la realizzazione di una parrocchia in questo territorio costituisce un luogo di sviluppo, in quanto permette di realizzare un centro per i bambini, garantendone i servizi essenziali, i dispensari ecc. Pertanto è importante riuscire a completarne la costruzione. Le distanze, spiega il vescovo, sono notevoli: per raggiungere la città da alcune zone, e dalle campagne in particolare, occorrono fino a sette ore a piedi, che corrispondo-

L

’unica soluzione razionale – e morale – è il rilancio della famiglia. Blangiardo invita a segnarsi la data del 2031, quando in Italia il numero degli adulti che vivono da soli (8,7 milioni) supererà il numero delle famiglie. E quando 6,4 milioni di coppie di coniugi italiani non avranno figli, iniziando una pericolosa marcia di avvicinamento al numero di coppie con figli.


12 21 Settembre 2013 Al termine del suo episcopato a Locri, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini ha scritto un’accorata lettera al Presidente della Repubblica, manifestando preoccupazione per il territorio della Locride.

Locride dimenticata Lasciando Locri, prima di prendere possesso della sede metropolitana di Reggio Calabria – Bova, l’arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini ha lanciato il suo ulteriore appello a favore della Locride. Un grido d’allarme indirizzato al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al quale ha scritto che, a conclusione del suo mandato di vescovo di Locri-Gerace, dopo cinque anni, nella Locride la situazione è peggiorata sotto tutti i punti di vista. In un amaro consuntivo, carico di “preoccupazioni per questa terra, che ho amato di vero cuore e che ho cercato di servire nel migliore dei modi”, l’arcivescovo ha evidenziato come “la crisi economica, che ha piegato l’Italia, ha distrutto completamente ogni velleità di rinascita economica della Locride”; e via un elenco di quanto si è perso in termine di servizi e di occupazione: scuole, ospedali e uffici postali chiusi, treni soppressi, piccoli centri abbandonati ed una povertà sempre crescente, come indicano anche i dati delle caritas, parrocchiali e diocesana che “non riescono più a tenere dietro alle richieste di cibi, medicine, viaggi e di altri aiuti sociali”.

Locride Convocazione Diocesana 2013

La Chiesa di Locri-Gerace in ascolto … Presso il Centro Pastorale di Locri si è conclusa la prima fase della Convocazione Diocesana che ha per tema “Chiesa di Locri-Gerace in ascolto…”. Oltre 300 religiosi e laici, rappresentanti delle parrocchie della diocesi, hanno partecipato ai primi due giorni di lavori presieduti dall’amministratore diocesano, monsignor Cornelio Femia.

sini, ha ricordato che la Chiesa di Locri-Gerace è in cammino ed è grata ai Pastori che si sono succeduti negli anni precedenti, portando avanti questo cammino: “le linee pastorali le abbiamo impostate da anni –ha dettoe la linea di fondo rimane quel-

la di costruire comunità cristiane adulte”.

I

l Direttore dell’Ufficio per la Pastorale, don Giuseppe Depace ha messo in risalto il “taglio particolare di questa

Convocazione, così pensata dal vescovo Fiorini Morosini, prima della sua promozione all’arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova. Ci vogliamo mettere in ascolto della gente del nostro territorio -ha detto- per raccogliere suggerimenti, critiche

I

n mancanza del vescovo è toccato a lui guidare la preghiera ed introdurre la Convocazione, sottolineando che:“Per la prima volta celebriamo la Convocazione in assenza del vescovo e ciò rappresenta un’occasione per dimostrare la capacità della nostra comunità di guardare avanti con grande responsabilità”. Monsignor Femia, esprimendo parole di gratitudine verso monsignor Fiorini Moro-

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onsignor Fiorini Morosini riferisce come dato positivo il fatto che nella Locride negli ultimi anni non si sono registrati gravi episodi criminali e come “il tema della legalità viene affrontato con la dovuta attenzione da parte di tutte le agenzie educative”. Poi il grido più forte, il rammarico per la politica che viene adottata nei confronti di questo territorio: “non è una politica di liberazione e di riscatto, perché incentrata prevalentemente sulla repressione”.

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allo Stato si aspetta di vedere un “volto amorevole: se il cittadino non è servito, non ama le Istituzioni, dalle quali prenderà le distanze, ponendosi in una situazione di odio e di conflittualità”. Secondo il presule “alcuni problemi vanno affrontati con coraggio e lungimiranza a livello legislativo”. La lettera si chiude con un pensiero ai giovani costretti ad andare via per costruirsi un futuro: per un vescovo, ha ripetuto ancora una volta, “nella Locride non è difficile parlare di ‘ndrangheta. E’ difficile dare speranza”. (G.L.)

proposte. Per sentire cosa la gente, quella più lontana dalla Chiesa, si aspetta da noi”. Per tale scopo, la prima giornata è stata caratterizzata da una tavola rotonda, moderata dal vaticanista Enzo Romeo,

Ordinazione Diaconale di Giovanni Piscioneri nella Parrocchia “Santa Maria di Portosalvo

Ti Servirò con gioia, Signore, nella tua casa SILVANA STALTERI

“Grazia Amore e Comunione è il dono che vogliamo fare a Giovanni, in questo giorno, per il conferimento del ministero del diaconato; siamo raccolti in questo luogo, Comunità orante perché questi doni dello Spirito possano scendere su di lui, trasformarlo e renderlo idoneo nell’esercizio di questo ministero”. Con queste parole pronunciate da S. E. Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, neo arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, ha avuto inizio, presso la splendida Parrocchia di Santa Maria di Portosalvo in Siderno, la solenne Liturgia per l’ordinazione diaconale di Giovanni Piscioneri, alla presenza dei presbiteri, diaconi, accoliti, religiosi e religiose e con grande partecipazione di fedeli giunti dalla Comunità di Agnana Calabra, paese nativo del giovane candidato. “Ti servirò con gioia, Signore, nella tua casa” è stato l’ardente desiderio di Giovanni che ha lo ha portato fino al diaconato, che non si configura come diaconato permanente, ma come gradino che apre agli altri due gradi del Sacramento dell’Ordine: il presbiterato e l’episcopato. La storia della vocazione di Giovanni Piscioneri, come ha ricordato il Presule

nella sua omelia, è stata caratterizzata dall’attesa. Un’attesa cerchiata dalla sofferenza e segnata da un continuo discernimento, che ha messo più volte in discussione il cammino intrapreso dal giovane, ma come sottolineava S. E. nella sua omelia, gli ha fatto apprezzare maggiormente il tesoro che andava cercando.

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n’attesa che ha bisogno di un contrappeso: la disponibilità di fare di questo tesoro il senso della propria vita. Una vita aperta alla prospettiva del dono ricevuto, affinché questo dono del ministero del diaconato porti frutti primariamente nell’eletto stesso per poi identificarsi nella missione di Cristo che si è fatto uomo per salvare l’uomo secondo il disegno di Dio. Amore e fedeltà a Dio, amore e carità verso i fratelli, nella logica del servizio che parte dal cuore di Cristo, è l‘obiettivo verso il quale bisogna camminare e verso il quale Giovanni si impegna con gioia e trepidazione, promettendo filiale rispetto e obbedienza al vescovo e ai suoi successori. La gratitudine e gli auguri per il neo Diacono don Giovanni, sono stati espressi dall’arcivescovo a tutta la chiesa diocesana, ai genitori dell’eletto, alla Parroc-

chia di origine di Agnana Calabra , il cui parroco, don Ombomi Zephirin ha provveduto personalmente al rito della vestizione degli abiti diaconali all’interno della Celebrazione Eucaristica. Un particolare ringraziamento è stato espresso alle suore Ancelle dello Spirito Santo per la loro calorosa presenza, a quanti hanno contribuito alla formazione di Giovanni e al suo accompagnamento spirituale, un grazie a padre Gino Viscardi presente alla celebrazione e parroco ad Agnana Calabra negli anni di adolescenza del neo Diacono. I ringraziamenti infine, da parte di don Giovanni Piscioneri a tutti coloro che gli sono stati vicini in questo tempo di discernimento e di formazione, in particolare alla famiglia dei Cappuccini, a S. E. Morosini che ha accolto il suo vivo desiderio di entrare in Diocesi, alla sua stessa famiglia, al Vicario generale diocesano, don Cornelio Femia, parroco della chiesa dove è stata celebrata la funzione liturgica e a tutta la Comunità Parrocchiale di Agnana Calabra. La nascita di nuove vocazioni che possano aiutare la Diocesi nel cammino di fede con umiltà e carità a servizio del popolo cristiano, diventi segno visibile dell’amore di Dio che ancora una volta si manifesta nella chiesa di Locri-Gerace.

alla quale hanno partecipato: una famiglia (i coniugi Congiusta, genitori di un ragazzo morto dopo aver vissuto tra le sofferenze essendo stato colpito da distrofia muscolare); una giovane (Concetta Pelle, studentessa presso il Liceo Classico di Locri), un imprenditore (Mario Diano, tra l’altro presidente dell’Associazione Albergatori), una sindacalista (Mimma Pacifici, segretario provinciale della Cgil) e un ex sindaco (Ilario Ammendolia, già presidente dell’Associazione sindaci della Locride). Dai loro interventi sono emerse numerose domande, sintetizzate da Enzo Romeo e don Depace, le quali saranno oggetto degli incontri che si svolgeranno a livello parrocchiali nei prossimi giorni, con l’obiettivo di formulare le proposte per il nuovo anno pastorale.

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er la preparazione di questi incontri si rivela molto prezioso l’intervento del professor Vincenzo Bova, docente di Sociologia delle Religioni presso l’Unical, che ha caratterizzato il secondo giorno della Convocazione. Con molta franchezza il docente ha detto: “Le comunità ecclesiali possono costituirsi attorno all’annuncio che Cristo conosce e salva l’uomo o possono farlo attorno a cento altre, talvolta nobili, ma in ultima istanza secolari prospettive”, in quest’ultimo caso, nella migliore delle ipotesi di tratta di “cultura sociale o sapienza umana”. Il credente sa di avere un compito che gli è stato affidato il giorno del proprio battesimo: “custodire il deposito della fede. Suscitare una speranza vivibile per gli uomini e le donne di questo tempo e di questa terra”. Senza accontentarsi di un surrogato del cristianesimo. Il 30 settembre prossimo saranno presentate le proposte per il nuovo anno pastorale che sarà aperto con una solenne concelebrazione, nella Cattedrale di Locri, presieduta da monsignor Femia.


Locride

21 Settembre 2013

Monsignor Cornelio Femia eletto Amministratore Diocesano Essendo rimasta vacante la sede della nostra diocesi dopo la presa di possesso dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova da parte di mons. Giuseppe Fiorini Morosini, avvenuta ieri 9 settembre 2013, e non essendo pervenuta da parte della Santa Sede nessuna nomina di Amministratore Apostolico, a norma del Diritto canonico, si è riunito il Collegio dei Consultori, per procedere all’elezione dell’Amministratore Diocesano che dovrà reggere ad interim questa Sede. Mons. Francesco Laganà, sacerdote più anziano per ordinazione nel Collegio dei Consultori (composto da mons. Francesco Laganà, mons. Cornelio Femia, don Pietro Romeo, don Antonio Saraco, don Giuseppe Giacobbo, don Bruno Cirillo e don Alfredo Valenti) ha presieduto la seduta, procedendo alla lettura degli articoli riferiti ai compiti dell’Amministratore Diocesano ed alle modalità per la sua elezione. Il Collegio, con voto segreto, ha eletto unanimemente Amministratore Diocesano mons. Cornelio Femia. Il Collegio ha assicurato la preghiera e la piena collaborazione all’eletto, mentre ha espresso gratitudine per l’operato svolto da monsignor Fiorini Morosini durante i suoi cinque anni di Pastore della Chiesa di Locri-Gerace. Dell’avvenuta elezione è stata informata la Congregazione per i vescovi, la Nunziatura Apostolica in Italia, la Conferenza Episcopale Italiana, la Conferenza Episcopale Calabra, la sede metropolitana di Reggio Cala-

bria. Sua Ecc.nza l’arcivescovo metropolita Giuseppe Fiorini Morosini, appresa la notizia, si è rallegrato per tale decisione ed ha offerto la sua disponibilità e vicinanza alla nostra diocesi, suffraganea di quella di Reggio

monsignor Giancarlo Martia Bregantini all’arcidiocesi di Campobasso-Bojano) ha accettato l’incarico e ha ringraziato il Collegio dei Consultori confidando sulla disponibilità ed accoglienza da parte del clero, degli operatori di curia e nella

Calabria-Bova. La deliberazione del Collegio dei Consultori è un segno che va nella direzione della continuità pastorale, in quanto monsignor Femia è stato il vicario generale durante l’episcopato di monsignor Fiorini Morosini. Il neo Amministratore diocesano (aveva ricoperto la stessa carica dopo la promozione di

collaborazione di tutti. ***

Note biografiche Mons. Cornelio Femia è nato a Grotteria il 16.03.1940. Entrato nel Seminario Vescovile di Locri, ha conseguito la Licenza Media presso la Scuola

A Polsi la festa dell’Esaltazione della Croce

La croce, strumento di gloria e di salvezza Quest’anno, per la prima volta a Polsi si è celebrata una festa senza il vescovo. Dopo la promozione all’arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova di monsignor Fiorini Morosini, la sede di LocriGerace è rimasta vacante ed è toccato a monsignor Cornelio Femia, amministratore diocesano, presiedere i riti legati ai festeggiamenti dell’Esaltazione della Croce. Festeggiamenti iniziati con la veglia della vigilia animata, come da tradizione, dalla comunità di Santa Cristina d’Aspromonte con in testa il parroco don Giuseppe Ascone. E’ un privilegio che tocca a loro, per il fatto che la “croce fiorita” di Polsi è stata ritrovata nel 1194, da un pastorello che era proprio di Santa Cristina. La veglia è stata un momento di intensa preghiera e riflessione che ha coinvolto tanti giovani. E i giovani sono stati protagonisti anche durante la festa, portando in spalla la Croce fiorita di Polsi; quella croce che, come ha ricordato il Rettore don Pino Strangio, lo scorso anno era stata consegnata ai giovani di San Luca, come segno di riscatto e di conversione a vita nuova, dal vescovo Fiorini Morosini. Molto partecipata la messa del giorno durante la quale monsignor Femia ha invitato i fedeli a “Guardare con fede alla croce, perché attraverso la croce arriviamo alla luce e alla gloria”. Con parole semplici ha spiegato che “Gesù è riuscito a stravolgere la croce, trasformandola da strumento di pena e di morte a strumento di gloria e di sal-

vezza”. Tutta improntata sul valore della croce per i credenti la sua omelia, ma con un riferimento esplicito a quanti parlano di Polsi in termini diversi da quelli improntati sulla fede: “Questa località ricca di storia, tradizioni, di conversione e di spiritualità –ha detto monsignor Femia- non venga mai turbata da giudizi o da presenze contrarie a questi significati”. Più volte ha fatto riferimento all’arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini, così come ha fatto anche don Pino Strangio il quale ha detto: “Siamo certi che monsignor Morosini in questo momento sta pensando a noi e noi rivolgiamo il pensiero a lui con un applauso”. La gente ha risposto in modo sincero e corale, segno del legame profondo che si è istaurato tra Polsi e il neo arcivescovo di Reggio Calabria-Bova. Il rettore ha avuto parole di gratitudine per monsignor Femia che ha accettato subito l’invito a recarsi a Polsi, così come ha ringraziato tutti i collaboratori del Santuario che lavorano nel silenzio, i procuratori, i sacerdoti che dal mese di luglio hanno garantito la confessione di migliaia e migliaia di fedeli, le forze dell’ordine e, naturalmente, ha ringraziato tutti i pellegrini convenuti a Polsi. E’ calato così il sipario sui festeggiamenti di quest’anno, ci sarà un’appendice la prima domenica di ottobre con la supplica della Madonna di Pompei, poi l’appuntamento al prossimo anno. Giovanni Lucà

Media “Maresca”; poi, dal 1956 al 1962, a Reggio Calabria, presso il Pontificio Seminario “Pio XI”, retto da PP Gesuiti, ha continuato gli studi di Ginnasio e di Liceo con l’anno di Filosofia. A Napoli, presso la Pontificia Facoltà Teologica “S. Luigi” di Posillipo, ha frequentato i corsi accademici, conseguendo la Licenza in Teologia Dommatica. E stato ordinato sacerdote, da mons. Michele A. Arduino, a Grotteria, il 14.08. 1966. I primi otto anni di sacerdozio, dal 1966 al 1974, li ha vissuti presso il Seminario Vescovile di Locri, come vice Rettore e insegnante di lettere nella Scuola Media e nel Ginnasio Parificato “Giovanni XXIII” fino al 1969 e poi come Rettore del Seminario e Responsabile della Pastorale Vocazionale della Diocesi. Dal 1971 al 1991 è stato insegnante di Religione Cattolica presso il Liceo Scientifico Statale “Zaleuco” di Locri e presso l’Istituto Magistrale Statale “G. Mazzini”. Nell’ottobre del 1974 è stato nominato Parroco della Chiesa Matrice S. Nicola di Bari in Mammola. Dall’ottobre 1996 è Parroco dell’Arcipretura S. Maria di Portosalvo in Siderno. E’ stato docente e Direttore della Scuola di Formazione Teologica, successivamente elevata a Istituto di Scienze Religiose, riconosciuto dalla CEI. Dal 1992 dirige l’Ufficio Scuola della Diocesi - Settore Insegnamento della Religione Cattolica. E’ Vicario Giudiziale della Diocesi, membro del Consiglio

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Il Festival della Pace NICOLA CHINÈ

Oltre trecento persone in prevalenza intellettuali hanno vissuto una straordinaria serata sotto le stelle all’insegna dell’amicizia, dell’allegria, della musica e della danza unitamente al dibattito sui temi dell’educazione, del lavoro, delle problematiche giovanili e della salute in occasione del tradizionale Festival della Pace. Al centro della magica Serata una scelta Tavola Rotonda Culturale composta dall’oculista Roberto Polito, dal dr. Consolato Squillace, dal dr. Pasquale Angiò, dal prof. Salvatore Zappia, alla quale è seguito un libero e interessante dibattito all’aperto con gli interventi, tra l’altro, del prof. Sante Squillace, della scrittrice Stefania Fascì, ins. Gabriella Filippone, Giuseppe Siciliano, l’italo-americano Nick Dama venuto da Chicago, della prof.ssa Maria Rocca Pisto, arrivata dagli U.S.A., di Salvatore Lascala, mentre le canzoni della cantante Katia Giordano Ceravolo hanno entusiasmato e allietato la folla presente. Ottima l’organizzazione tecnica di Corrado Fabiano e Peppe Cicciarello. Alla frenetica tarantella e al ballo finale dei Giganti si è scatenata la danza collettiva degli ultimi turisti che si sono stretti in un abbraccio ideale di gioia, immortalando l’Arrivederci all’estate 2014. I problemi del lavoro, dei giovani, della disoccupazione, della droga, della salute, della famiglia, della delinquenza e della corruzione, pubblicamente dibattuti saranno adesso oggetto di un organico Documento-Appello che sarà inviato al Governo, al Parlamento, ai Sindacati, alle Associazioni scolastiche e professionali, alla stampa e alle TV pubbliche e private. Il Festival, condotto dal giornalista e scrittore Nicola Chinè, si è svolto nella gremita Piazza Saverio Montalto di S. Nicola d’Ardore fino alle ore piccole della notte. Hanno, inviato messaggi di compiacimento per l’evento l’arcivescovo di Reggio Calabria, Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, il presidente nazionale dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici, prof. Giuseppe Desideri, l’Arcivescovo Antonio Ciliberti e altre personalità.

Presbiterale e del Collegio dei Consultori. E’ Canonico Tesoriere del Capitolo Cattedrale. Nel 1993 il S. Padre Giovanni Paolo II, su richiesta di mons. Ciliberti, lo ha insignito del titolo di “Monsignore”, come Cappellano di Sua Santità.

Il 22 gennaio del 2008 è stato eletto, dal Collegio dei consultori, Amministratore Diocesano della diocesi di Locri-Gerace. Vicario generale durante l’episcopato di monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, dal 2008 al 2013.


14 21 Settembre 2013

Bagnara Abbazia

E C H I D E L L ' E S TAT E A S A N TA M A R I A E I D O D I C I A P O S T O L I

La Festa Patronale tra devozione, antiche tradizioni, giochi e gioia grande Come ogni anno a Bagnara Calabra il 15 agosto, solennità dell’Assunzione di Maria, si celebra la festa patronale e si porta in processione per le vie principali del paese il veneratissimo quadro della Madonna che rappresenta la Beata Vergine Maria e i XII Apostoli. Il 1 agosto ha inizio la quindicina durante la quale ci si prepara alla festa con le celebrazioni Eucaristiche e la recita serale del Santo Rosario. In questi giorni si svolgono varie iniziative molte delle quali organizzate dall’ Azione Cattolica parrocchiale. I giovani dell’associazione, infatti, si impegnano a creare e vendere delle lampade di carta da appendere nei balconi della parrocchia come segno di devozione alla Madonna e in preparazione alla festa. Questa è un antica tradizione ripresa da alcuni anni che vede i davanzali dell’intera parrocchia addobbarsi e illuminarsi grazie a queste lampade. Organizzano, inoltre, dei tornei di calcio balilla, ping pong e calcetto e gli adoratissimi “Giochi senza Quartiere”. Essi si svolgono nella villa comunale e coinvolgono persone

di ogni età e appartenenti a qualsiasi quartiere. Quest’anno la 4^ edizione di questi giochi per ragazzi ha avuto, come sempre, un grande successo. Queste iniziative richiedono tempo e pas-

sione, ma ci aiutano a trascorrere con serenità i giorni di preparazione alla solennità e permettono

Burrasca a Taizè… Quando in primavera ho deciso di andare a Taizè, non immaginavo che il fatto sarebbe diventato una pietra miliare nel percorso della mia vita. Avevo già vissuto esperienze come i pellegrinaggi, la marcia francescana e il cammino di Santiago... ma da un po’ di tempo sentivo crescere in me l’esigenza di un confronto diverso... volevo vivere dentro uno scenario “ecumenico”. Conoscevo Taizè dai canti che in parrocchia eseguiamo durante le veglie e sapevo anche che si tratta di una realtà che tenta di avvicinare le varie confessioni che si riconoscono nell’unico Padre. Forse è stato proprio questo sentimento di solidarietà tra fratelli e capacità di superare le differenze attraverso lo strumento bellissimo della preghiera ad innestare in me il desiderio di quest’avventura. Così, da sola (anche perché desideravo un’esperienza che mi permettesse di misurarmi con me stessa), ho deciso di partire aggregandomi ad una delle tante corriere che durante l’estate fanno da spola tra una qualsiasi città italiana e Taizè. L’arrivo in questa piccola comunità francese, dove regna sovrano il silenzio, non è stato particolarmente felice. Un temporale estivo stava infatti sconvolgendo i ritmi pacati della preghiera comunitaria che regola la vita del luogo. Unica possibilità per evitare un bagno completo sotto il cielo era rifugiarsi in Chiesa. Era domenica 28 luglio ed in corso si stava tenendo la celebrazione eucaristica. Sono stata subito catapultata così nella dimensione Taizè: una dimensione che a dispetto delle misure reali del luogo è veramente cosmopolita. Fondamentale apparve subito la conoscenza della lingua inglese, la capacità di adattamento a situazioni di vita molto spartane (ma essenziali), la possibilità di fare subito nuove amicizie. Non era infatti ancora terminata la Messa che già due tedeschi, tre polacchi e un’italiana (per fortuna) mi circondavano racchiudendomi in quello che sarebbe stato il mio gruppo di condivisione e altro per una settimana. Dopo la sistemazione nelle mitiche “baracche” capisco subito che il soggiorno a Taizè sarebbe stato intenso! Tre appuntamenti comunitari quotidiani, uno la mattina alle 8.30, uno alle 12.30 e l’ultimo alle 20.30, e poi subito nei gruppi di catechesi, suddivisi per fasce d’età (perché la popolazione di Taizè va dai gruppi famiglia con bambini anche sotto i 5 anni agli adulti over 60). Per noi giovani fino ai 35 le catechesi erano guidate dal fantastico Frere Paul: un monaco in borghese della comunità che parla almeno 4 lingue perfettamente! E dopo le catechesi subito nei gruppi di condivisione dove ci si confronta sugli spunti dati dal Frere. Ma le possibilità per trascorrere la giornata anche solo con se stessi e il Padre sono tante; e la bellissima scenografia del luogo, che si affaccia su una sorgente naturale immersa nel verde della campagna, facilita quest’incontro che si traduce spesso in una preghiera interiore e profonda. Possibili anche i colloqui personali con i Frere o le suore, tra le quali la dolcissima Suor Isabella, con cui mi sono confrontata. Sono contenta di aver vissuto questa esperienza che mi ha permesso di crescere “dentro”, oltre che di conoscere Barbara, Tobias, Jens, Iwona, Kristof e tutti gli altri amici provenienti da luoghi diversi della Terra... e vedere come attraverso vie sconosciute opera il Padre di tutti... Antonella Molinaro

Metti in circolo i tuoi Talenti

AC’got Talent !

a molta gente di partecipare intensamente (anche con un semplice gioco) agli appuntamenti parrocchiali. Lo scopo di queste iniziative è soprattutto stare insieme e con-

dividere la gioia della festa Patronale, facendo soprattutto divertire i bambini per abituarli e avvicinarli alla devozione a Maria. I giovani hanno sempre trovato il modo giusto per accoglierli e farli stare bene con l’aiuto di Gesù unica meta per il loro cammino e quello dell’intera Azione Cattolica parrocchiale. Graziana Musumeci

In occasione dei festeggiamenti in onore di Santa Maria e i XII Apostoli, patrona della città di Bagnara, l’Azione Cattolica ha proposto uno show rifacendosi al celebre evento televisivo Italia’s Got Talent. L’evento, Ac’s Got Talent, è stato pensato sia per far riflettere, attraverso le esibizioni dei concorrenti, sull’importanza di mettere a frutto ogni talento, dono donatoci dall’ alto; sia anche in onore del nostro amico Pippo Gambadoro, uno dei grandi talenti e soci dell’AC, scomparso prematuramente, ma che ha lasciato un segno tangibile all’interno dell’associazione. Lo show si è aperto con la lettura di un celebre brano del Vangelo, la parabola dei talenti, in cui viene messa in evidenza l’importanza di far fruttare ogni talento che ci è stato donato. Durante la serata ognuno dei partecipanti ha mostrato il proprio talento, esibendosi in vari

campi, sotto lo sguardo di una giuria, composta da Loredana Polimeni, Caterina Oliverio e Giuseppe Cacciola, i quali hanno votato ogni singola esibizione per poi infine decretare un vincitore.La vincitrice della serata é stata la giovanissima Martina Alati. La serata é stata molto semplice, ma al contempo ricca di contenuti apprezzati. I ragazzi, giovani e giovanissimi di AC con la loro spontaneità sono riusciti a regalare uno spettacolo degno di questo nome, che sicuramente non sarà l’unico e ultimo ma la continuazione di tante iniziative che l’Azione Cattolica Parrocchiale porterà avanti sempre, guidati dall’unico motore che li spinge. Un ringraziamento particolare lo rivolgiamo al nostro Parroco, don Rosario Pietropaolo, che ci segue, ci incoraggia e ci sprona a mettere i nostri talenti a servizio gli uni degli altri. Martina Alati

Alla scuola di Francesco per ricevere il Perdono del Padre

Chi Crede Cammina La marcia francescana ogni anno da ben 33anni si svolge dal 25 luglio al 4 agosto. Essa non ò una vacanza estiva alternativa ma un pellegrinaggio di penitenza che può segnare l’inizio di un cammino, che ti porta a riconoscere la bellezza e la fragilità della tua umanità fino a donarti il 2 agosto nella piccola chiesa della Porziuncola il perdono. Dono prezioso che San Francesco ha fervidamente desiderato e ottenuto per tutti i pellegrini che quel giorno pentiti si fossero recati in quel luogo. La marcia si svolge in 10 giorni e si rivolge ai giovani dai 17 ai 35anni. I primi 5 giorni ogni gruppo percorre a piedi un tragitto prestabilito nel territorio della propria regione. Quest’anno noi con i Frati Minori di Calabria siamo partiti da Villa S. Giovanni per poi passare da San Roberto, da Sant’Alessio, da Gambarie, da Solano superiore fino ad arrivare il 30 luglio a Bagnara. Tanta l’accoglienza e l’ospitalità che ci hanno riservato nei vari paesi, partecipando alla S.Messa ogni giorno e animando la sera le varie piazze cittadine. Grande l’emozione quando siamo arrivati a Bagnara: commovente l’accoglienza del parroco don Sarino. Mi sono resa conto proprio in quei momenti che in realtà ciò che unisce tutti ò lo stesso desiderio di incontra-

re il volto del Signore Gesù.Terminati i primi 5 giorni dove prevale il cammino fisico, iniziano i 5giorni in cui i piedi si mettono da parte e il cammino lo continua a fare solo il cuore. Il percorso riprende dal monastero delle clarisse a Rende: ogni loro parola mi avvolge come se fossi io l’unica destinataria. Giorno 1agosto siamo arrivati a La Verna luogo carico di spiritualità e di incanto, fino al 2 agosto con l’arrivo alla Porziuncola.

Quest’anno ho fatto la marcia per la seconda volta e ripensando alla fine dell’esperienza diciamo sempre di aver trovato una famiglia, degli amici, dei fratelli ma vorrei far capire che non ò automatico, non ò scontato che accada. Dipende da noi, da quanto siamo capaci di metterci in gioco, di donarci agli altri... Alla marcia non ò tutto semplice, molti sono stati i momenti difficili sia dovuti alla stanchezza per i tanti kilometri da percorrere, il dormire a terra con il sacco a pelo, la mancanza dei confort giornalieri.. sia dovuti al “turbamento“ del cuore, quando ti rendi conto delle tue debolezze, dei limiti tuoi e di chi ti circonda, dell’umanità fragile di chi pensavi fosse indistruttibile. O quando dentro te compaiono domande sul senso della tua vita e sul progetto che Dio ha su di te. In realtà però ò proprio in quei momenti, che Dio non ti lascia solo: ti mette accanto persone che con il loro abbraccio, il loro sorriso, le loro parole, la loro storia personale rendono speciali anche i momenti più faticosi. Saranno giorni importanti nella misura in cui sapremo lasciarci andare all’incontro con Gesú. Il ripercorrere gli stessi luoghi di Francesco d’Assisi, entrare tutti insieme per mano nella Porziuncola diventa un dono incomparabile, se vissuto nella pienezza della coscienza. La marcia ò stata l’esperienza che più ha arricchito il mio percorso spirituale: posso dire di sentirmi amata e cercata da Colui che mi ha creata; ed insieme si ò rafforzata in me la voglia di donare agli altri la mia piccola vita. Concetta Foti


Cronache

21 Settembre 2013

La prima visita di Mons. Morosini ad una Parrocchia della Diocesi

S. Paolo alla Rotonda ha accolto con gioia il neo-Arcivescovo Metropolita Domenica 15 settembre u.s. S.E. Mons. Giuseppe Morosini ha visitato la comunità parrocchiale San Paolo alla Rotonda. Alle ore 17.30 è stato accolto

festosamente sul sagrato della chiesa. Ad attenderlo oltre il Parroco e al gruppo dei ministranti, una larga rappresentanza della comunità stessa. Il neo Arcivescovo li ha salutati uno per uno e poi con loro ha fatto ingresso nell’artistico tempio. Qui tutti insieme hanno sostato per un breve momento di adorazione, in ginocchio davanti al tabernacolo, intonando un canto eucaristico. Subito dopo il gruppo si è trasferito nel salone parrocchiale, dove si è tenuto l’incontro tra il nuovo Pastore e il Consiglio Pastorale Parrocchiale. L’incontro è stato allargato, per l’occasione, anche a tutti i catechisti, educatori ACR, responsabili dei gruppi giovanili ed adulti, capi scout, e numerosi responsabili e rappresentanti delle varie aggregazioni laicali presenti in parrocchia. A prendere la parola per primo il Parroco, che ha rivolto

Esperienz

e

a Mons. Morosini un messaggio nel quale ha dato il benvenuto al nuovo Vescovo e ha presentato se stesso e la comunità a lui affidata ormai da ben 18 anni. In

esso sono state descritte le numerose attività pastorali e spirituali e presentate tutte le realtà che vivono e operano in Parrocchia. Al termine del suo saluto, ha preso la parola Paolo Panella, Segretario del Consiglio Pastorale, che - oltre al doveroso saluto al neo-arcivescovo - ha presentato come il Consiglio opera e le linee direttive che lo stesso segue per svolgere adeguatamente il suo ruolo, in piena collaborazione anche con l’altro organismo di partecipazione, fortemente voluto dal Concilio, che è il Consiglio per gli Affari Economici. Tutti i membri del Consiglio Pastorale sono poi intervenuti, dicendo nome e cognome, incarico ricoperto e le attività che il gruppo rappresentato svolge. Al termine del “consistente” giro, è toccata a Mons. Morosini la parola conclusiva. In essa, con indescrivibile affabilità e chiarezza, ha detto quanto

intende fare nei solo sette anni a sua disposizione per svolgere “pienamente” il suo ministero episcopale e ha dato le linee programmatiche da lui ritenute

Nell’accorata omelia il Presule prendendo spunto dalla liturgia della Parola della XXIV Domenica del T.O. è tornato sulle tematiche tante a lui care e che ormai, nonostante siano passati soli pochi giorni dall’inizio del suo ministero episcopale in Diocesi, suonano alle nostre orecchie come un forte richiamo e un pressante invito a vivere da veri cristiani, a dare coraggiosa testimonianza della propria appartenenza a Cristo e alla Chiesa, senza mai vergognarsi di andare contro corrente, di apparire fuori moda o addirittura fuori dal tempo, e limitandosi non solo a non approvare, denunciare, respingere, qualche volta solo a parole, il male in ogni sua forma, ma a vivere, sempre e comunque, secondo il Vangelo, memori che “o ci salveremo insieme o non ci salveremo mai”!!! Giacomo D’Anna

Lungo la strada

Pensieri per il viandante a cura di

FILIPPO CURATOLA Il cristiano in politica Il credente, oggi più che mai, deve accettare il rischio della carità politica, sottoposta per sua natura alla lacerazione delle scelte difficili, alla fatica delle decisioni non da tutti comprese, al disturbo delle contraddizioni e dei conflitti, al margine sempre più largo dell’errore costantemente in agguato... *** ... Il cristiano, in politica, imbocca in qualche modo la Gerusalemme-Gerico; non disdegna di sporcarsi le mani; non passa oltre per paura di contaminarsi; non si rifugia nei suoi affari privati; non tira diritto per raggiungere il focolare domestico, o la mistica solennità della sinagoga. Fa come fece il buon Samaritano, per il quale san Luca usa due verbi splendidi: “Ne ebbe compassione” e “gli si fece vicino”... ***

indispensabili per il futuro della Chiesa, non ultima, della nostra amata Diocesi. Tale linee si possono riassumere in poche parole chiavi: prima in assoluto la formazione dei laici; quindi la testimonianza di vita cristiana da parte di tutti i cattolici impegnati sia negli ambienti ecclesiali che in

L’ Associazione Japale Laici Maristi per l’Africa

Ho conosciuto la spiritualità marista circa dieci anni fa, e l’ho approfondita nei miei numerosi viaggi in Africa presso le missioni Mariste di Yaoundè e di Dakar. Nel 2009, su idea di Padre Damien Diouf, superiore dei Padri Maristi del Distretto d’Africa, abbiamo fondato l’Associazione Japale per sostenere le opere educative dei Missionari maristi. L’associazione è stata denominata Japale che in lingua wolof del Senegal, significa “aiutare”, proprio l’obiettivo che ci siamo prefissati, allargando e coinvolgendo in questo progetto un gruppo di amici sostenitori dell’iniziativa. Pertanto si è sentita la necessità, una volta denominati Laici Maristi per l’Africa, di fare un cammino di formazione Marista, secondo il carisma del fondatore della Congregazione dei Padri Maristi, Jean Claude Colin. Così abbiamo iniziato un percorso di fede per poter entrare nella spiritualità della Società di Maria: un cammino in tre anni che consta di tre tappe con l’aiuto di Padre Antonio Airò, responsabile del laicato Marista in Italia, e con la supervisione di una responsabile del laicato marista italiano, Maria Grazia Asti. La novità del Gruppo Japale, Laici Maristi di Reggio Calabria, consiste nel fatto che, mentre in ogni parte del mondo, precisamente in tutti i continenti ci sono i Padri Maristi, ci sono le suore missionarie, o le suore mari-

quelli politici e sociali; terza, l’accoglienza piena del Magistero della Chiesa in merito a tematiche di dottrina sociale, giustizia e legalità, così che queste non rappresentino una sorta di “fissazione” del nuovo arcivescovo, ma una vera e propria “coscienza cattolica” accolta, creduta e vissuta, per il bene della Chiesa stessa e dell’intera società nella quale viviamo. Al termine dell’incontro nell’auditorium, durante il quale Mons. Morosini ha calamitato l’attenzione di tutti gli astanti, ci si è trasferiti in chiesa e qui con tutta l’assemblea, raccolta insieme numerosissima, si è celebrata la Santa Messa, all’inizio della quale, Giuseppe D’Agostino, Presidente Parrocchiale dell’Azione Cattolica, ha rivolto a nome di tutta la comunità di San Paolo, l’ultimo “ufficiale” saluto al novello Arcivescovo.

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ste, qui invece a Reggio ci sono solo le laiche mariste ma non c’è nessun consacrato o sacerdote marista, pertanto ci appoggiamo alla parrocchia e ci facciamo seguire anche dai missionari che sono di passaggio dalla nostra città. La spiritualità consiste nel vivere come Maria, affidandosi a Lei e ponendo a fondamento della nostra vita i tre no di Padre Colin (no al potere, no alla cupidigia, no all’orgoglio); vivendo nello spirito di misericordia lo stile dello “sconosciuto e nascosto”, per essere come Maria sostegno della Chiesa. La nostra Associazione Japale, con iniziative e progetti, sostiene le opere educative dei Padri maristi in Africa, aiutando i poveri e adottando a distanza bambini che non avrebbe la possibilità di studiare. Il nostro cammino di formazione è triennale e si concluderà nel mese di marzo 2014 con l’adesione alla famiglia marista. Gli incontri quindicinali dell’anno 2013/2014 inizieranno mercoledì 18 settembre alle ore 17,30 nella mia abitazione sita in Contrada Saracinello 45, Reggio Calabria. Dal mese di febbraio sarà aperto a tutti coloro che vorranno conoscere la spiritualità marista. Melina Ciancia e-mail: melinaciancia@yahoo.it tel. 3404924615 - 3313559054

Nel contesto dei Campionati italiani Junior

Villa Arangea, successo dell’Associazione Bocciofila Si sono svolti a Roma i Campionati Italiani Junior, maschili e femminili presso il Centro Tecnico Federale: la città di Reggio Calabria ha partecipato con quattro formazioni, ovvero coppie di ragazzi per categoria. Anche l’Associazione Bocciofila di Villa Arangea ha partecipato con una coppia di ragazzi che si sono distinti per il loro impegno e per l’alto livelli di prestazione. I seguenti atleti reggini si sono classificati tra il quarto e l’ottavo posto, considerando la presenza ai campionati di oltre duecen-

tosettanta atleti, campioni regionali partecipanti: Ayz Zakaria, Latella Andrea, Santisi Francesca, Zumbo Manuela e Cotroneo Sharon. A parte Francesca Santisi che si può considerare una veterana nella sua specialità, gli altri atleti erano tutti alla loro prima esperienza nazionale. Un grande plauso va rivolto alla società Bocciofila Villa Arangea che si prodiga, con progetti ed attività sportive, a portare in alto il gioco delle bocce. Difatti, è in cantiere da alcuni anni, un progetto per insegnare il gioco delle bocce, come attività sportiva e attività fisica nelle scuole. Ha aderito a tale progetto la scuola media di Gallina e la scuola media di Pellaro e settimanalmente i ragazzi svolgono attività motoria nei campi di bocce, sotto la direzione di Antonino Canale, vice presidente dell’associazione, che, grazie al suo costante impegno, ha creato un vivaio bocciofilo che rappresenta il futuro reggino per questa disciplina sportiva. Melina Ciancia Nella foto i ragazzi campioni regionali e gli accompagnatori Nino Canale e Kety Meduri

... È un mestiere difficile, non c’è dubbio. Non solo perché richiede la coscienza dell’autonomia della politica da ogni ipoteca confessionale e il riconoscimento della sua laicità. Ma anche perché deve evitare la tentazione, sempre in agguato, dell’integralismo: diversamente ridurebbe il messaggio cristiano a una ideologia sociale... *** ... Il cristiano che fa politica deve avere non solo la compassione delle mani e del cuore, ma anche la compassione del cervello. Analizza in profondità le situazioni di malessere. Paga di persona il prezzo della solidarietà. Addita, in termini planetari e senza paure, i focolai da cui partono le ingiustizie, le violenze, le guerre, le oppressioni, le violazioni dei diritti umani... *** ... Sicché, man mano che il cristiano entra in politica, dovrebbe di pari passo uscirne la mentalità clientelare, la spartizione oscena del denaro pubblico, il fariseismo teso a scopi reconditi di potere. Utopie? Forse. Ma così a portata i mano, che possono finalmente diventare “carne e sangue” sull’altare della vita.


16 21 Settembre 2013

Ultimapagina

DALLA PRIMA

Mons. Morosini scrive agli studenti per l’inizio del nuovo Anno scolastico

Cari amici, sono padre Giuseppe...

Un’icona al sorriso, sono carichi di speranza, perché al Figlio e alla Madre non sfugge la stupenda bellezza di anime nascoste, il silenzio di oranti negli spazi d’una piccola casa o nel piccolo angolo d’una chiesa, preti che si alzano all’alba e contemplano il mistero, malati che “soffrono” e “offrono” ad ogni istante, gente che lavora e fatica... bambini che si stringono alle mamme, ragazze che riescono a rimanere “pure” dentro un mondo svergognato...

L

a Madre “scende” per chiamarci a “salire”. Salire lì dov’é il Figlio. Perché é lì in fondo la scelta della vita cristiana. “Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso...”. E’ lì, su quell’aspro sentiero, che la Madre ci invita ad accogliere la “gioia” del Figlio. Pensare che non ci possa essere gioia, se non risolviamo prima i molteplici problemi del mondo, significa trovarsi col pensiero agli antipodi di Cristo. Egli non é venuto per risolvere i problemi del mondo; anzi non aveva dove posare il capo, avvertiva i discepoli che il mondo li avrebbe odiati perché non erano del mondo; ma diceva “Vi dò la mia gioia, perché la vostra gioia sia piena”. Una gioia, che non veniva dunque dalle “cose”, ma da qualcos’altro. Dal silenzio, magari. Dallo sguardo. Dall’incontro con Lui. Le cose quotidiane, i problemi, le fatiche per dare un volto più sereno alla “città terrena” non mancheranno di vederci impegnati. Ma non lo faremo per “trovare” la gioia, ma per diffonderla semmai.

P

erché, non dimentichiamolo, amici!, una croce - piccola o grande sfiora o trafigge la vita di tutti. Ma, se dalla croce togli Cristo, il Risorto, non ti resta che la croce; con Cristo, invece, la tua croce sale sulla sua. E la “gioia”, che nasce dalla croce, non si spegne. Diventa una “piccola fiaccola” che entra nella vita degli altri. Per questo nel cuore della città, dal colle, é discesa la Madre.

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Cari amici, sono padre Giuseppe, il vostro nuovo Vescovo. Mentre stiamo riascoltando il primo suono della “campanella” dopo un’estate di sana distrazione ma “calda” per il clima e per l’incalzare degli eventi mondiali, per la crisi del Paese e della Calabria, arricchita anche dall’incontro e dal dialogo franco di papa Francesco con le nuove generazioni a Rio de Janeiro, auguro di cuore a tutti un vero buon anno scolastico. Provengo dalla vicina terra della Locride e muovo i miei primi passi come padre e fratello in mezzo a voi. Vorrei consegnarvi solo poche parole. Tante sono quelle che dovrete leggere e studiare nel corso dell’anno, e non voglio appesantirvi ulteriormente. È una delle prime lettere che scrivo e sono contento di poterla indirizzare al “mondo della scuola”. Non per rimanere seduto in cattedra, ma per starvi accanto là dove siete.

che nella vita bisogna vincere il male e non l’altro, che è meglio essere insieme che essere primi. Non ti ostacolino le ombre della umanità della Chiesa; ti illumini la fede di tanti credenti semplici, come il nostro papa Francesco che, come vedi, è “straordinariamente” normale. Ti affido tre compiti (non storcere il

perché questa nostra terra non si rassegni mai alla morsa del male. Intelligenze pronte, spalle robuste, gambe che sanno reggere, mani che sanno aiutare i deboli: c’è bisogno di giovani così! Mi auguro di poterti incontrare, non solo nelle parrocchie, o nelle associazioni e movimenti cattolici e nelle tante occasioni pensate per te alle

naso!): 1. vivi lo studio con serietà e impegno: da questo dipende il nostro futuro; 2. crea buoni rapporti con i tuoi compagni e i tuoi insegnanti: lo “stare bene con gli altri” è uno dei respiri dell’apprendimento; 3. prega per la pace nel mondo e

quali ti inviteremo, ma anche nei luoghi dove vivi: nella scuola, nella famiglia, nello sport, nelle piazze e lungo le strade.

C

aro studente, poche parole, da fratello a fratello, per dirti di vivere questo tempo con la fiducia di chi non si scoraggia, perché conosce un Dio che si fida dell’uomo. È una stagione bella la tua, nella quale il tempo che “usi” per lo studio e l’apprendimento ti restituisce la consapevolezza che non c’è sogno che, nella fatica delle piccole cose, non diventi occasione di cose grandi e vita bella. Questo ancor di più se tu credi: in te, nella straordinaria grandezza dell’uomo, nella scelta di un Dio che si fa piccolo e che ci insegna

C

ari docenti, maestri, professori, poche parole anche a voi, per augurarvi un sereno lavoro in questa vigna

faticosa ed entusiasmante che è il “seminare futuro”. Vi auguro di lasciarvi ispirare da figure sante di uomini e donne che ci hanno preceduto nella meravigliosa fatica dell’educare. Ve ne indico due: San Giovanni Bosco, con la sua formula “ragione, religione e amorevolezza”; San Francesco da Paola, mio “ispiratore particolare”, con la sua carità compassionevole ed umiltà. Lo stile di questi maestri dell’educazione sia di orientamento e forza nel vostro servizio ai ragazzi. E, infine una parola a tutti voi, cari dirigenti, operatori scolastici e personale tecnico-amministrativo: il vostro servizio in “trincea” o dietro le quinte sappia dare serenità e stabilità ad ogni azione educativa. Care comunità scolastiche – e adesso una parola per tutti, come se mi rivolgessi ad una sola famiglia – vi auguro di vivere relazioni autentiche, di abbattere ogni finzione e personale protagonismo. Costruite rapporti belli perché in questo passaggio della vita, specialmente voi che “lavorate nel futuro”, possiate costruire Verità. Per quanto mi riguarda, vi garantisco la mia vicinanza e il desiderio di cercare il vostro sguardo, sia nel silenzio della preghiera che nelle occasioni di incontro personale che avremo. Ne sono sicuro: questo mi darà, quale riflesso dello sguardo di Cristo, la formula giusta per esservi padre nello Spirito. Vi benedico di vero cuore, buon anno scolastico ✝ P. Giuseppe

Dal 7 all’11 Agosto 2013 oltre 500 capi scout sulle strade della Calabria

Identità ed appartenenza, l’Agesci progetta il suo futuro GINO ARCUDI

Lasciarsi interpellare dalle urgenze nel contesto che oggi si vive per essere capaci di dare risposte concrete alle speranze (bambini, ragazzi e giovani) della Calabria. E’ questo l’obiettivo di fondo che ha mosso gli oltre 500 Capi scout dell’Agesci calabrese per la

nale dei prossimi anni. Una sfida non certo facile ma possibile da realizzare - e non da soli, ma insieme ai contesti sociali, politici, culturali, e multietnici esistenti - in una terra dove lo scoutismo vuole sempre più e sempre meglio essere voce profetica che propone, attraverso il servizio, la collaborazione con gli uomini e le donne di questo tempo, mettendo al centro le

ha radici nella nostra Storia; 2) Mai senza l’altro e l’Altro: è possibile?; 3) Luoghi e Non Luoghi dell’Educazione: un patto per le nuove generazioni. Temi che sono stati introdotti la mattina del 10 Agosto dai Responsabili Regionali che si sono succeduti nel tempo alla guida dell’Agesci calabrese, da Padre Fabrizio Valletti al Prof. Pietro Fantozzi. Alla Route sono stati presenti il Capo Scout nazionale dell’Agesci e il Presidente del Comitato Centrale a testimonianza della dimensione

associativa e dell’attenzione nazionale verso la Calabria; ma purtroppo - nonostante la rilevanza dell’evento - non è stato possibile avere la presenza di nessun Vescovo calabrese, essendo ciascuno impegnato in altri contesti. “Essere profetici oggi significa essere capaci di dire una parola scomoda e denunciare le ingiustizie e le connivenze che offendono l’uomo e offendono Dio, così come serve spendere la nostra vita nei contesti in cui siamo chiamati. Per fare ciò è

necessario creare uno spazio nuovo di vita e di pensiero, dove la generosità, la dedizione e l’accoglienza sono fili retti dalla speranza, elemento fondamentale per proporre un’educazione che produca cambiamento”. Con queste parole i Responsabili e l’Assistente Ecclesiastico Regionali, Concetta Greco, Fabio Caridi e Don Massimo Nesci, hanno invitato i Capi a vivere la loro vocazione nella profezia, illuminando questo tempo con l’unica Verità che esiste.

Orario delle SS. Messe

La Domenica in Città

Route regionale delle Comunità Capi che si è svolta dal 7 all’11 Agosto 2013 presso la località Cupone. Si sono dati uno slogan, gli Educatori con il fazzoletto al collo, per accompagnare il loro percorso di approfondimento: “Dalle piste ai sentieri sulle strade del domani” e la strada l’hanno vissuta realmente camminando, per i primi tre giorni nel Parco Nazionale della Sila, e vivendo appieno il dono della natura e sul senso del bello e del gratuito sul quale hanno innestato le riflessioni sulla riscoperta della propria identità (associativa ed educativa) per poter costruire il progetto regio-

persone e rispettandone le identità. Testimonianza, appartenenza, identità, ma anche famiglia, lavoro, fede, missione, profezia, corresponsabilità sono solo alcune delle parole che per mesi hanno guidato la preparazione delle Comunità Capi per poter arrivare all’evento con la capacità di confrontarsi con le altre Comunità Capi della Regione e per poter indicare, nel Progetto regionale, la azioni e le scelte di servizio dei prossimi anni dello scoutismo calabrese. Tre indirizzi di riferimento hanno dato vita ad altrettanti “cantieri del pensiero” sui seguenti temi: 1) Il Futuro che

07,30 Chiesa Sales - Cattedrale - S. Sebastiano al Crocefisso - S. Cuore - S. Luca Arangea - S. Caterina 08,00 S. Paolo - S. Maria della Candelora - S. Lucia - S. M. del Soccorso - S. Pio X - S. Bruno - S. Giorgio Extra - S. Elia Profeta (Condera) - S. M. del Buon Consiglio (Ravagnese) - S. Antonio - San Sperato - S. Domenico 08,30 SS. Salvatore - S. Agostino - Eremo - S. Sperato - S. Nicola di Bari (Gallina) Spirito Santo 09,00 S. Giorgio al Corso - S. M. Itria - Chiesa del Carmine - Chiesa Pepe - Chiesa S. Anna - S. Antonio - S. M. di Loreto 09,30 Cattedrale - S. Pio X - S. Cuore - Santuario del Volto Santo - Cappella Ospedali Riuniti - S. Caterina - S. Giuseppe Artigiano - Annunziata - S. Maria della Candelora - S. Sebastiano al Crocefisso 10,00 S. M. della Cattolica dei Greci - S. Paolo - S. Giorgio Extra - S. Francesco da Paola - S. Lucia - S. Giuseppe al Corso - S. Sperato - S. Bruno - S. M. del Soccorso - S. Luca - S. Antonio 10,30 Chiesa Sales (Rito antico) - Arangea 11,00 Cattedrale - S. Giorgio al Corso - Otti-

11,30 12,00 12,30 18,00

18,30 19,00

19,30 20,30

mati - Eremo - S. Cuore - S. M. del Buon Consiglio (Ravagnese) - S. Nicola di Bari (Gallina) - S. Domenico - S. Pio X Giorgio Extra - S. Luca - S. Bruno - S. Paolo - S. Gaetano Catanoso - S. Maria della Candelora - S. Antonio S. M. della Cattolica dei Greci - San Sperato S. Giuseppe al Corso S. Bruno - S. Giorgio Extra - S. Santo (sabato) - Chiesa Sales (sabato) - S. Domenico - S. Nicola di Bari (Gallina) S. Gaetano Catanoso - S. M. del Buon Consiglio (Ravagnese) - Gesù e Maria S. Cuore - S. Luca - S. Elia Profeta (sabato sera a Condera) - Arangea - S. Pio X - S. Sebastiano al Crocefisso Cattedrale - S. Paolo - Eremo - S. Lucia - S. M. del Divin Soccorso - S. Luca - S. Agostino - Pietrastorta (sabato) - S. Antonio - S. Caterina - S. M. Itria SS.mo Salvatore - S. Maria della Candelora - S. M. di Loreto Ottimati - S. M. della Cattolica dei Greci - S. Giorgio al Corso Ottimati

N.B. Per qualsiasi cambio di orario telefonare allo 0965.622005 o scrivere a avveniredicalabria@libero.it


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