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La “strategia della notorietà” scelta obbligata

Silvio

La vera “forza della società” sta nel fare squadra La “strategia della notorietà” scelta obbligata

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«Dopo il Covid-19, è arrivato il momento di cambiare e bisogna curare la “patologia” del non apparire, senza esagerare, come la cuneesità impone» molto vivace, attiva, partecipata e le aziende si sentono ben rappresentate, lo dico guardando Mario Rosa al futuro ma anche al passato, Il colloquio con uno dei “maghi” della pubblicità italiana (vi dice nulla, ad esempio, lo spot del Fiat Doblò con la nazionale giamaicana di bob?) è sempre un’emozione fonte di utili spunti di ri essione. Il Covid-19 ha cambiato tutto, probabilmente per sempre, dall’economia agli animi umani. Anche la pubblicità è cambiata. Un esperto come te come considera questo particolare aspetto del “mondo nuovo”? «Il Covid-19 ha sorpreso un mondo impreparato e ha messo in crisi la nostra presunzione antropocentrica di gure superiori, quasi “ulteriori” alla natura, della quale invece siamo parte. Ci siamo rifugiati in casa e ancora fatichiamo a uscirne. La pubblicità, un tempo era lo specchio, anticipatore talvolta, delle tendenze. La pubblicità, quella intelligente, s dante, che voleva costruire un mondo di consumi, però migliore, non è più. Oggi la pubblicità è soprattutto la sequenza senza ne di intromissioni nel nostro smartphone; informatissime sui nostri usi e costumi, sospette come mani viscide che si in lano sotto gli abiti. Il linguaggio è quello di Vanna Marchi, la lingua italiana è approssimativa, l’inglese spesso fuori luogo, le narrazioni spunti buttati lì. Alcune aziende hanno provato ad adeguare il messaggio televisivo, secondo i tempi e il loro sentire, e abbiamo assistito a una serie notevole di cadute di stile, di tricolori banali, di messaggi scontati, di applausi insulsi, di mascherine esibite, di “Andrà tutto bene”. Vorrei segnalare due spot che hanno fatto eccezione: Bmw con il povero Alex Zanardi, e, inaspettatamente, “Poltrone e sofà”. Devo delle spiegazioni: la marca tedesca di automobili (ma qui c’è una gestione italiana del messaggio) ha, attraverso l’eloquio suggestivo e coinvolgente di Alex, suggerito agli automobilisti di prendersi una pausa. Toni rassicuranti, intelligenti, inaspettati dal grintoso marchio bavarese, ma proprio per questo sorprendenti e suadenti. “Poltrone e sofà” ci ha stupito per il distacco: una marca che si fonda sulla continua promozione e, invece, ci dice di prendercela con calma. Due episodi di qualità del pensiero creativo, e, credetemi, non è facile essere precisi e puntuali in circostanze così inaspettate. Per il resto si sono visti ancora per giorni, se non settimane, con angoscia crescente, parecchi spot anacronistici». La Granda, che tu conosci bene, ha sempre avuto come tratto distintivo la riservatezza anche in campo imprenditoriale. È capitato spesso che nulla si sapesse di aziende che, pur piccole, sono state capaci di ricavarsi uno spazio signi cativo sui mercati internazionali. È giunto il momento di cambiare, e come? «Il momento di cambiare è arrivato. Ma prima di passare alle “ricette” vorrei permettermi una lode a questa riservatezza. L’Impresa in provincia di Cuneo è un affare di famiglia. Si pensa a noi e a chi ci succederà. Che se ne parli è cosa che può far piacere, ma preoccupa al tempo stesso, perché ci pone sotto i ri ettori. Approvo. Esiste però anche una vera patologia del non apparire, e questa, a meno che si producano apparati per la Cia o per le Forze armate, mi appare insensata. Un’Impresa è sulla piazza, dalla sua notorietà trae contatti e nuove opportunità. Rimanere anonimi, con nati in un universo circoscritto non mi pare coerente con un destino che dovrebbe, invece, aspirare alla reputazione internazionale. Esiste un modo corretto di fare le cose e una “strategia della notorietà” s’impone. Con chi metterla in piedi, atteso che il miglior regista è l’Imprenditore stesso, quando ne possiede l’inclinazione, è altra cosa. Non è facile individuare persone fattive che, nel medesimo tempo, possie-

Nelle foto: momenti del premio “Ancalau” di Bosia, concorso che mette a confronto i giovani progettisti di start-up innovative nanziandone la fase di avvio. Fra le iniziative dell’associazione culturale omonima presieduta da Silvio Saf rio vi è la realizzazione ogni anno di un murale, realizzato dall’artista Silver Veglia, che ritrae un grande personaggio di Langa (nell’immagine: Cesare Pavese). I ritratti nora realizzati sono sette e stanno trasformando il dinamico paese guidato dal sindaco Ettore Secco in una pinacoteca a cielo aperto

dano orizzonti culturali e sociologici. Un altro suggerimento che mi sento di dare è di mettere a bilancio un valore percentuale del fatturato da investire in comunicazione in base a un piano che dovrebbe essere immaginato su basi pluriennali. Così si faceva quando eravamo “moderni”, allora piani cavamo. Adesso che siamo “post-moderni”, invece improvvisiamo». Il territorio, negli ultimi lustri, ha dimostrato un’ottima capacità comunicativa e i risultati in campo turistico ne sono la cartina al tornasole. Quali possono essere i nuovi (o vecchi) canoni comunicativi utili a confermare l’appeal della Granda ora che si tratta di ricostruire uno dei comparti più disastrati? «Il fascino della Granda è grande come lei. Non lo arresterà neppure il Covid-19. Sono i risultati, la ricchezza rara e sorprendente di capacità, di produzioni in fondo tanto diverse, dalla enologia alla tecnologia. A questo si collega la magni cenza dei paesaggi, l’ampiezza “americana” della pianura, la bellezza della montagna, e le Langhe, paradiso enogastronomico ambizioso, spregiudicato e insieme perennemente teso alla ricerca. La Granda (è bello chiamarla così) ha tutto: ricchezze culturali, paesaggistiche e monumentali, alle quali vorrei aggiungere la ricchezza dell’intraprendenza. Hanno e avranno presto un grande fascino anche queste doti n qui non considerate attrazioni turistiche. Al turismo, ben dosati, devono giungere tutti questi messaggi e anche qui vale la regola di poc’anzi: varare strategie pluriennali, investire con metodo e veri care i risultati con le cadenze dei tagliandi automobilistici. Trovo che le Atl lavorino con impegno. Dimenticavo: scovare i collaboratori strategici e creativi. Non è impossibile. La Granda oggi offre anche questa risorsa. Va cercata, un po’ come i tartu . Che ci sono». Considerando anche la tua esperienza professionale, piccolo è davvero bello, considerando gli effetti già visibili e quelli intuibili sull’economia dell’emergenza sanitaria? «Piccolo è bellissimo. Per cominciare. E per ritenere di quella cultura che ha dato luogo al decollo di un’Impresa quei “Comandamenti” (non più di 10) che costituiranno in futuro le sue leggi fondamentali. Occorre avere dei princìpi; meglio se li distilliamo da quelli che ci hanno portati al successo. Ma il destino di ogni Impresa è di perseguire la propria crescita. A volte si investe semplicemente per non perdere terreno. Ma bisogna farli crescere “cum juicio”, ma crescere. Altrimenti qualcun altro si affaccerà sul nostro mercato e prima o poi lo prenderà. Crescere è un destino. Scomodo talvolta, ma ineluttabile. Quanto all’emergenza sanitaria i guasti erano immaginabili e iniziano a essere percepibili. Rappresenterà, mi duole dirlo, un salasso e una ruvida selezione». Che opinione hai del tessuto economico di una provincia come la nostra che, accanto ad alcuni colossi internazionali, dispone di una rete di Pmi che ha pochi eguali nella penisola non solo come numeri assoluti, ma anche come inventiva e diversi cazione? «Rimango incantato (e ero) ogni volta che da Torino vengo nel cuneese. E mi domando se quella distanza un tempo incolmabile non sia stata... invece

Un “nome” della pubblicità innamorato della Granda

Silvio Saf rio è uno dei “nomi” della pubblicità italiana. La sua è stata un’infanzia vagante al seguito dei genitori, pubblici funzionari, tutta in provincia di Cuneo: Moretta, Alba, Cherasco, Cortemilia, Bosia, il luogo delle memorie familiari. L’Agenzia che fondò nel lontano 1968 e che assunse poi il nome di “BGS-Barbella Gagliardi Saf rio”, divenne una delle maggiori del mercato italiano, con una riconosciuta reputazione di eccellenza creativa anche in campo internazionale. Presidente e amministratore di società del mondo della comunicazione, è stato docente al Master di marketing e pubblicità della Facoltà di economia di Torino e ha collaborato per più anni come consigliere di comunicazione delle Nazioni Unite. È autore di saggi, tra i quali “Gli anni ruggenti della pubblicità” (Instar libri), testimonianza viva di una generazione di pubblicitari colti; della raccolta di poesie “Galaverna” e di “Graf ” (Yume edizioni). È presidente dell’associazione culturale “Ancalau” che organizza ogni anno a Bosia, in alta langa, con crescente successo, il premio “Ancalau”, evento imperniato sul “Torneo delle idee”, emozionante s da tra giovani creatori di start-up.

che un limite, un fattore di successo. Vedo campagne rigogliose e stabilimenti che fanno chissà cosa (non sempre reso chiaro dalle insegne). Belli, lindi, verniciati di fresco, dove si intuisce l’orgoglio dell’Imprenditore. E penso ogni volta che si tratti di gente speciale. Gente che escogita soluzioni e le produce. Penso il meglio anche delle grandi Imprese e quelle esistenti lo sono comunque “alla cuneese”. Che signi ca ef cienza e rispetto, del cliente e del lavoratore; in fondo i due veri soci di una partita, insieme all’Imprenditore. Il tessuto delle Pmi è la forza di un’area. Altra cosa è coalizzare i distretti; lì la piemontesità scettica non è sempre di aiuto». In tema di nuove generazioni: è evidente che si abbia il dovere di con dare in esse, perché altrimenti l’umanità non avrebbe futuro. Ciò non toglie che, come accade da centinaia di generazioni, molti adulti non credano affatto nelle qualità dei giovani. «Provo due atteggiamenti perfettamente contradditori nei confronti dei giovani attuali: da un lato li trovo belli, alti, simpatici, anglofoni come si deve oggi, informatizzati, ossequienti in misura gradevole. Dall’altro mi domando quale esperienza formativa abbiano avuto che sia paragonabile a noi che vedemmo il dopoguerra, le sue miserie, le nostre speranze e anche i sogni. Non sono mancati a molti di loro i traumi come le separazioni familiari che a molti di noi vennero invece risparmiati, ma sento che la morbidezza li ha forgiati meno grintosi e che la consistenza che si forma in certi periodi della vita e non in altri mancherà loro. Spero di essere cattivo profeta e di scatenare la reazione di qualcuno di essi che mi dimostri il contrario». I social: secondo te è quella la destinazione dell’umanità, nel senso che soppianteranno ogni altra fonte di informazione e anche di colloquio interpersonale? E anche il mondo della pubblicità sarà inglobato? «Le più fosche previsioni di futuro (da rileggere attentamente) sono i testi fondamentali di Aldous Leonard Huxley e di George Orwell. Titoli: “Il Mondo nuovo” e “Ritorno al Mondo nuovo” di Huxley e “1984” e “La fattoria degli animali” di Orwell. Due talenti socio-scienti ci che immaginarono il futuro più lucidamente di quanto si presenti oggi a noi. Quanto ai social, gli odierni saranno soppiantati da altri, ma la musica cambierà poco e non credo in meglio». Pensi che l’epidemia ci abbia cambiato in meglio? «No, questa è una profezia facile. E perché poi dovrebbe farlo? Cosa abbiamo capito? Che siamo sotto il cielo? Che la nostra scienza ha i suoi limiti? Che i nostri scienziati sono fragili ed esibizionisti, esattamente come noi? Che chi ha perso il reddito non aveva mai pensato a fare scorta di eno? Abbiamo osservato, avevamo niente da fare, ma i fondamentali sono persi, è un mondo smarrito e senza pilota. Troppo pessimistico? È quello che non vorrei anch’io, ma, se qualcuno arrivasse n qui a leggere questa intervista, penso che purtroppo condividerebbe. La grande lezione al “Paese precario” può partire da qui, da gente fattiva, poco propensa alle esaltazioni, ma grintosissima, acuta e all’occorrenza maliziosa. In Italia conosco poco che sia meglio o pari alla gente della mia provincia. Proclamarlo mi fa un enorme piacere e non provo nessun timore di sbagliare».

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