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C’è sempre un modo per superare i problemi

#limpresacontinua «C’è sempre un modo per superare i problemi»

Abbiamo chiesto a Giorgio Rolfo un ricordo del nonno omonimo, scomparso nelle scorse settimane, e abbiamo ricevuto un testo che rispecchia come meglio non si potrebbe il carisma di un uomo che per tutta la vita ha perseguito un obiettivo, un sogno molto concreto che ha contribuito alla crescita di un intero territorio. Come si legge in questo coinvolgente intervento, che parla anche di cuore, oltre che di genialità imprenditoriale, l’esistenza e l’esempio di Giorgio Rolfo sono ancor più importanti oggi, quando il Paese intero si trova ad affrontare un’emergenza mai veri catasi.

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Giorgio Rolfo

Per tutti era il commendator Giorgio, patriarca di una famiglia di imprenditori, punto di inizio e riferimento di un’azienda fondata nel 1885 da suo nonno e divenuta industria nel dopoguerra quando, dopo la morte prematura del padre Antonio, lui e suo fratello Bernardo si trasformarono da carradori in carrozzieri. Giorgio Rolfo ha concluso la sua vita terrena il 21 luglio alla veneranda età di 97 anni e ha lasciato un patrimonio umano e professionale che tanti hanno onorato e che rappresenta una grande eredità per tutta la sua famiglia. Con la sua gura imponente, lo sguardo sornione che ti capiva prima che aprissi bocca, il carisma di uomo che aveva vissuto tante esperienze, da raccontare e tramandare, Giorgio Rolfo ha rappresentato per l’azienda e la famiglia un capitano coraggioso, un imprenditore infaticabile, ma sempre profondamento umano. Lui come altri industriali ha contribuito alla rinascita dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale: il lavoro era la sua ragione di vita.

Simboleggiava per molti l’ultimo baluardo di quell’Italia del dopoguerra e del boom economico che con nostalgia tanti ancora guardano... e ambiscono. L’incontro con Michele Ferrero gli aprì la strada alla costruzione dei primi furgoni e poi, seguendo il progresso nel settore dei trasporti, progettò le prime bisarche che oggi percorrono le strade dell’Europa e non solo. I racconti nei giorni del cordoglio scorrono a umi... gli incontri con Giovanni (zio) prima e Michele Ferrero alla domenica mattina («Il giorno delle trattative, perché il resto della settimana si lavorava») per parlare di furgoni per portare il cioccolato... o ancora dell’incontro con Enzo Ferrari (all’inizio il rapporto era molto riservato, ma poi si nì a parlare di come si potevano scegliere gli uomini giusti in azienda e che era importante conoscerne la moglie per non sbagliare) o ancora i suoi memorabili “cicchet” (sgridate) in of cina: attenzione, arrivava Giors... bisognava mettersi tutti in riga... non si scherzava. Tanti racconti di un’Italia del boom, della voglia di fare, e delle possibilità, dei rapporti umani duri, ma veri e semplici. Con i gli diceva spesso «Fai come vuoi, ma sai come la penso...» e, quando affermava «Io ho le spalle larghe», dimostrava non superbia, bensì l’umiltà e la riservatezza dei signori di una volta che uscivano di casa sempre con giacca, cravatta e gilet, che si erano fatti da soli. Conosceva personalmente tutti i dipendenti e loro gli chiedevano consigli, lo stimavano e in tanti lo hanno dimostrato nei giorni della veglia funebre. Sostenuto da una grande fede, ringraziava ogni giorno il Signore per le grazie ricevute e per la bella famiglia che aveva costruito con Rita, la compagna di vita per più di 70 anni. Amava tremendamente la vita resa piena, lunga e intensa con il pudore e la riservatezza tipica dei piemontesi, superando una malattia negli anni ’80 che ancora oggi i dottori non sanno come. Un uomo buono, un vero piemontese e cuneese, un imprenditore illuminato e geniale, rigoroso nei suoi princìpi, profondamente legato alla famiglia, all’azienda, fondamentale nella sua vita come l’aria, alla fede in Dio e all’amata Bra. Ricorda un ex dipendente il suo dare la mano con un gesto ampio che partiva da lontano quasi a volerti simbolicamente abbracciare e trarre a sé ed era sempre accompagnato da un sorriso; la sua voglia di guardare avanti nella nebbia espressa in piemontese «se spetuma d’esi prunt fra des agn suma ancura si» che riassumeva la sua certezza che la sapienza sta nel lasciarsi condurre, dalla storia anche quando è ancora nebulosa nel signi cato. Ancora negli ultimi anni scendeva

Giorgio Rolfo ha concluso la sua esperienza terrena a 97 anni, durante un esempio di vita, oltre che di imprenditore alla guida dell’azienda fondata dal nonno

Il commendator Giorgio, deceduto il 21 luglio all’età di 97 anni, stringe la mano all’allora presidente del Consiglio dei ministri Aldo Moro, in visita nella Granda. Sotto: uno dei primi furgoni griffati “Ferrero” realizzati dalla “Rolfo” a Bra

in guardiola (portineria) con il suo bastone che immancabilmente perdeva nei consueti giri. Sì, perché lui in of cina si perdeva tra i suoi camion e le sue persone... ringiovaniva di colpo a parlare delle amate bisarche. Dal sarto si era fatto fare un taschino nei pantaloni e aveva sempre il metro a portata di mano... di notte sognava progetti e misure e di giorno li metteva in pratica con non pochi grattacapi dei progettisti. Tanti sono i racconti di pensionati ed ex dipendenti, ma anche di professionisti che grazie a lui hanno aperto un’attività propria. «Lui era un grande. Lavoravo da lui, ma avevo un sogno nel cassetto... e mi disse: “Tu provaci e poi al massimo ritorni”. Mi ha dato ducia come un padre quel giorno, e me lo ricorderò per tutta la vita». Nel discorso che ha scritto per i suoi 90 anni, ha lasciato un lucido e commovente testamento in cui diceva: «Ho imparato che, per essere soddisfatti di se stessi ed essere felici, bisogna tenersi sempre occupati e, soprattutto, essere curiosi di tutto, amare il prossimo e il creato che Dio ci ha donato. Qualunque lavoro un uomo svolga, deve farlo con impegno e umiltà, avendo sempre ducia nelle proprie capacità. Le situazioni che ho vissuto mi hanno insegnato che bisogna essere realisti, ma mai pessimisti. C’è sempre un modo per superare i problemi: dobbiamo crederci e impegnarci perché il nostro futuro sia migliore, i giovani possano costruirsi un avvenire e i vecchi possano un giorno lasciare questa vita contenti di quello che hanno realizzato». Siamo sicuri che Giorgio Rolfo sia morto contento di quello che ha fatto in tanti anni di vita e di lavoro. Le sue parole risuonano profondamente attuali, in questo dif cile momento storico per il nostro Paese.

In alto: Giorgio Rolfo accanto al presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, e altre autorità. Sopra: un allestimento per la scuderia “Ferrari” af dato all’azienda braidese dal “patron” dell’industria di Maranello. Sotto: l’imprenditore mancato poche settimane fa durante un’edizione della “Motorfest”, manifestazione di grande richiamo organizzata sotto la Zizzola che ha sempre potuto contare anche sugli spazi messi a disposizione dalla “Rolfo”, e ritratto nell’ampio piazzale dell’industria di cui per decenni è stato “capitano coraggioso” portandola alla ribalta nazionale

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