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È tempo di un “Patto della solidarietà” tra pubblico, business community e società civile

È tempo di un “Patto della solidarietà” tra pubblico, business community e società civile

Abbiamo davanti a aggredire una crisi che non è tanto sanitaria, sociale ed economica, perché mette a rischio la tenuta stessa del tessuto produttivo, culturale, civile dell’intero Piemonte

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Giovanni Quaglia « La maggiore gloria nella vita non è non cadere mai, ma rialzarsi ogni volta che si cade». Queste parole, tra le più celebri di Nelson Mandela, mi sono tornate più volte alla mente durante le settimane drammatiche del lockdown e, ancora adesso, superata in parte la fase emergenziale, credo possano essere un utile riferimento per affrontare con coraggio e determinazione la più grave crisi globale che abbiamo mai vissuto, costruendo insieme le condizioni perché il Paese possa rialzarsi e andare avanti. Come riscontrano ogni giorno gli imprenditori del territorio, a partire da quelli con le proprie radici saldamente ancorate nel Cuneese, ma con la consueta capacità di guardare verso orizzonti lontani, ci troviamo davanti a una s da colossale: aggredire una crisi che non è tanto sanitaria, quanto soprattutto sociale ed economica, perché mette a rischio la tenuta stessa del tessuto produttivo, culturale, civile dell’intero Piemonte. Ma quale Piemonte? Come emerso appieno durante il lungo percorso di ascolto e confronto partecipato degli “Stati generali” della Fondazione Crt, accompagnati dalla lucida analisi sociologica del professor Aldo Bonomi, la nostra regione stava vivendo già prima dell’emergenza Covid-19 un profondo ripensamento delle proprie vocazioni tradizionali, nel tentativo di consolidare alcuni asset strategici: in particolare, le infrastrutture, il terziario – declinato in turismo, commercio, ristorazione, servizi – la cultura, la ricerca, il social impact, l’agroalimentare, i beni paesaggistici, l’artigianato di qualità, le attività educative e socio-assistenziali. Entrati non senza affanno nella Fase 3, occorre sin da ora lavorare per la Fase 4 nalizzata a rilanciare concretamente il Piemonte, puntando su modelli innovativi di sviluppo sostenibile che richiedono – come ha ben scritto Luigi La Spina su “La Stampa” dell’8 maggio – un’“attenta e lungimirante revisione, sia degli obiettivi,

Le riflessioni di Giovanni Quaglia, presidente della Fondazione Crt e dell’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte

sia degli strumenti”. Abbiamo bisogno di un nuovo “ricominciamento” – termine caro a Mino Martinazzoli, indimenticato protagonista di tre decenni di vita politica e istituzionale italiana – inteso come trasformazione radicale sin dalle fondamenta, dai valori più profondi, dai territori che diventano essi stessi propulsori di percorsi di rigenerazione, rinascita, rinnovamento, all’insegna di una parola-chiave: osare. È questa l’attitudine che ha permesso di avviare la ricostruzione nell’Italia del dopoguerra, e che adesso può generare lo slancio necessario per rialzarci con prospettive reali di futuro. E, pensando al futuro, non posso non sottolineare l’urgenza di una seconda parola-chiave: insieme. Una parola che mi riporta idealmente a quello che era stato il mio auspicio, oltre che il mio personale impegno davanti a circa un migliaio di stakeholder a conclusione dei già citati “Stati generali” della Fondazione Crt il 6 dicembre 2019: collaborare con le molteplici realtà territoriali per affrontare insieme le prossime s de. Mai avrei pensato, allora, che ci saremmo trovati presto di fronte a s de senza precedenti, tali da rendere quanto mai attuale l’aforisma dell’imprenditore e lantropo statunitense Henry Ford: «Trovarsi insieme è un inizio, restare insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo». Serve adesso un’azione di sistema, che coinvolga una molteplicità di attori e abbia una potenza di fuoco commisurata a un momento storico così cruciale. Tale percorso vede coinvolta attivamente Fondazione Crt nel suo ruolo lantropico di “agente di crescita e sviluppo”, terza fondazione di origine bancaria italiana per entità del patrimonio, con un monte complessivo di erogazioni pari a 1,9 miliardi di euro in 28 anni e oltre 40.000 interventi in tutti i Comuni piemontesi. A questo impegno diretto della Fondazione si aggiunge quello mediato dai propri enti strumentali o collegati, veri “bracci operativi” in speci ci campi: dalla Scialuppa Crt Onlus per prevenire il rischio usura tra le imprese, a Ream Sgr Spa, attiva in investimenti immobiliari che mixano la componente di reddito con la componente sociale, sino a Fondazione Sviluppo e Crescita Crt, ente senza ne di lucro focalizzato sull’impact investing. Va in questa direzione, ad esempio, la recentissima operazione di cartolarizzazione “Italianonsiferma”, che abbiamo avviato in partnership con Banca Generali, Credimi e Finpiemonte per “liberare” 40 milioni di euro, provenienti dal risparmio privato, a favore delle realtà produttive locali che fanno più fatica ad accedere ai canali creditizi tradizionali, af nché possano disporre rapidamente della liquidità necessaria per continuare a operare anche dopo il Covid-19. Nella sola provincia di Cuneo, abbiamo stimato che potrebbero rivolgersi a questo servizio di nanziamento digitale oltre 15.000 Pmi, circa un terzo del totale. Più in generale, tutte le undici Fondazioni piemontesi, riunite nell’Associazione che ho l’onore di presiedere, sentono di dover e poter svolgere oggi una funzione ancora più strategica rispetto al tradizionale sostegno al territorio, giocando un ruolo chiave nel guidare il cambiamento attorno ai valori dell’integrazione, dell’inclusione, della sostenibilità, dell’innovazione. Un’azione che rimanda all’identità storica delle Fondazioni quali “soggetti dell’organizzazione delle libertà sociali”, capaci di mettere a disposizione della collettività un patrimonio unico di risorse, know-how, competenze e reti per

Giovanni Quaglia, presidente Fondazione Crt e presidente dell’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte [Foto: Michele D’Ottavio] Occorre un nuovo “ricominciamento”, inteso come trasformazione radicale sin dalle fondamenta, dai valori più profondi, dai territori che diventano essi stessi propulsori di percorsi di rigenerazione, rinascita, rinnovamento, all’insegna di una

riprogettare il domani, non certo in sostituzione ma, come aiuto-registi, al anco delle istituzioni elettive: gli enti locali, le Regioni e la stessa Unione Europea, chiamata, come mai prima d’ora, a superare dif denze e particolarismi e a dare prova di unità, compattezza e capacità di visione per salvaguardare le fondamenta stesse della “casa comune”. Accanto alle Fondazioni e alle istituzioni elettive, anche le rinnovate realtà del Terzo Settore, gli ordini professionali, le università, il mondo della ricerca, delle imprese, del credito, possono governare insieme i processi di crescita, sviluppo e coesione nella Comunità. Quest’ultima rappresenta – per usare la felice espressione dell’economista indiano Raghuram Rajan – il “terzo pilastro” della società, accanto allo Stato e al mercato: ne fanno parte i corpi intermedi come, appunto, le Fondazioni, “ gure del noi sociale”, aperte alla dimensione non dell’“io”, ma del “noi” e del “noi insieme”, capaci di portare avanti un’idea di società in cui l’individuo è una persona e la comunità è al centro, e prendendosi cura del bene comune, che è indivisibile perché è di tutti e di ciascuno, e coinvolge anche le generazioni future, come ricorda Papa Francesco nell’enciclica “Laudato si’”. È tempo dunque di un “Patto della solidarietà” tra pubblico, business community e società civile organizzata attraverso i suoi molteplici corpi intermedi: una vera e propria fase costituente per un sistema socio-economico- nanziario fondato su una diffusa e positiva cultura “molecolare” della responsabilità, in cui ciascuno deve assumersene una parte af nché il necessario incremento della competitività si accompagni al doveroso miglioramento delle condizioni di benessere e dignità per tutti i cittadini, creando quello che Michael Porter e Mark Kramer chiamano “shared value”, valore condiviso. L’onda recente di un neo-umanesimo dell’economia, partita inaspettatamente dagli Stati Uniti – come dimostrano le sollecitazioni per un diverso equilibrio tra business e società provenienti dal Ceo di BlackRock e dall’Associazione Business Roundtable, che riunisce i “numeri uno” di 200 grandi aziende americane – è approdata anche in Italia, con l’introduzione nel Codice di autodisciplina per le società quotate del concetto di “successo sostenibile”. Quest’ultimo si sostanzia nella creazione di valore nel lungo termine, tenendo conto degli interessi di tutti gli stakeholder rilevanti, nel solco di quella che l’economista Stefano Zamagni chiama “responsabilità sociale e civile d’impresa”: una visione più ampia di stampo olivettiano, interiorizzata con lungimiranza da diverse realtà imprenditoriali del Cuneese, nella consapevolezza che l’azienda cresce di più e meglio se crea benessere per il territorio e per la comunità di riferimento in cui è inserita. In sintesi, solo una strategia di sviluppo realmente coinvolgente, capace di attivare competenze, coraggio e capitali “pazienti” per l’innovazione sociale in ogni àmbito – impresa, lavoro, istruzione, cultura, welfare, ricerca, ambiente e green economy – può far germogliare in tutti, a partire dai giovani, la ducia, la speranza, la voglia di continuare a credere e di scommettere, nonostante tutto, in un futuro migliore, per conseguire, insieme, anche con l’apporto delle Fondazioni, il bene comune.

Decenni di autentica passione civile

Giovanni Quaglia, presidente della Provincia di Cuneo dal 1988 al 2004, è docente di economia e direzione delle imprese presso il Dipartimento di management dell’Università di Torino, giornalista pubblicista e revisore contabile. Presiede la Fondazione Crt, l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria piemontesi e Ream Sgr Spa. È componente del Consiglio d’amministrazione e del Comitato esecutivo dell’Acri. In campo amministrativo è stato anche sindaco di Genola e consigliere regionale del Piemonte. Ha all’attivo la presidenza o il ruolo di amministratore e sindaco di società, quotate e no, e di associazioni culturali e di promozione territoriale. È autore di numerose pubblicazioni. Edito da Nino Aragno, il libro “Una passione civile”, dopo l’introduzione di Marco Revelli, presenta una raccolta di scritti, discorsi e ri essioni che hanno accompagnato i vari momenti di impegno politico, amministrativo, formativo e sociale di Giovanni Quaglia. La pubblicazione si articola in tre capitoli che aggregano i vari interventi attorno a speci che tematiche (“Valori culturali e territoriali”; “Società, etica e nanza”; “Nuovi attori del tessuto sociale”). Esse invitano a guardare al futuro, ripartendo dalle comunità e dai territori, con speranza e nella consapevolezza che, nonostante tutte le paure, le divisioni e le contrapposizioni, esistono realtà e comportamenti virtuosi, esempi di altruismo e solidarietà, aggregazioni sociali impegnate per il bene comune e capaci di lavorare insieme con entusiasmo e passione civile. La selezione di interventi, discorsi e testi è stata data alle stampe mesi prima dello scoppio dell’emergenza sanitaria, ma il Covid-19 ne rende ancor più pregnante l’attualità, offrendo spunti di ri essione utili a chiunque voglia ragionare pensando in positivo e nella convinzione che una strada verso la rinascita esista sempre e la si possa imboccare anche in tempi bui.

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