A scuola di salute Luglio 2017
Malattie rare,
frequenti e frequentissime Istituto per la Salute del Bambino e dell’Adolescente
Indice
01 02 03 04 05 06
Non solo malattie rare...
Cosa c’è da sapere sulle malattie rare Una lunga estate‌calma: come proteggersi dalle intossicazioni alimentari Caldo e disidratazione: come evitarla e quando preoccuparsi
Dalla dermatite alla dermatite atopica
5 cose da sapere su bambini e sole
Coordinamento editoriale: A.G. Ugazio, N. Zamperini Comitato di redazione: G. Morino, A. Reale, A. Tozzi, A. Turchetta, S. Vicari Segreteria: M. Mathieu
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Non solo malattie rare.... di ALBERTO G. UGAZIO
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Malattie rare, frequenti e frequentissime. Questo il titolo del numero di luglio di A scuola di salute, sul quale trovano spazio due argomenti molto differenti, che hanno in comune l’importanza per genitori e famiglie. Nella prima parte del magazine, trovate un importante approfondimento sulle malattie rare. L’articolo vuole essere una guida per cominciare a conoscere queste patologie, con tutte le informazioni sul perché vengono definite in questo modo, quanti bambini colpiscono e cosa
può fare un genitore. Luglio, però, significa estate. Ed è per questo che nella seconda parte del nostro magazine abbiamo deciso di accompagnare – come lo scorso anno – genitori e bambini alla stagione calda. Lo abbiamo fatto mettendo a fuoco alcune tra le questioni più dibattute tra mamme a papà, dalla disidratazione alla dermatite, fino alle regole per prendere il sole. Buona lettura e buone vacanze da A scuola di salute!
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02
di ANDREA BARTULI
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Cosa c’è da sapere sulle malattie rare Perché vengono definite in questo modo, quanti bambini colpiscono e cosa può fare un genitore: una guida completa La richiesta di assistenza sanitaria in età pediatrica è molto cambiata negli ultimi 20 anni. Una serie di evoluzioni di natura scientifica e tecnologica hanno, tra le altre cose, permesso di diagnosticare e assistere Malattie Rare (MR) prima sconosciute. Queste condizioni, per definizione, per essere considerate “Rare” devono comparire al massimo in 1 bambino ogni 2000 nati. Quelle conosciute sono attualmente oltre 8mila, ma il miglioramento continuo degli strumenti diagnostici, ne aumenta costantemente il numero. Se consideriamo solo l’età pediatrica, in Italia sono presenti tra cinquecentomila e 1 milione di pazienti affetti da una Malattia Rara. Si tratta di bambini con patologie generalmente progressive, multiorgano, invalidanti e, nell’80% dei casi, causate da fattori genetici.
taria e sociale in quanto: • la loro diagnosi presuppone competenze e tecnologia disponibili solo in alcuni centri per cui le famiglie sono costrette a spostarsi in regioni diverse da quella di residenza; • mediamente l’intervallo di tempo che decorre tra la comparsa dei sintomi e la diagnosi, è di 2 anni; • circa il 30% dei pazienti, pur riconosciuti come affetti da Malattia Rara, resta senza una diagnosi definita; • sono disponibili linee guida assistenziali solo per le Malattie Rare più frequenti; • l’esiguità del numero di pazienti affetto da ogni singola MR limita lo sviluppo della ricerca e la produzione di farmaci; • la maggior parte di queste condizioni è caratterizzata da una progresUN’EMERGENZA sione di sintomi associati SANITARIA E SOCIALE a disabilità; Queste malattie costitui- • sono generalmente colscono per le loro caratteripiti più organi per cui un stiche un’emergenza sanipaziente, nell’arco della
sua vita, ha mediamente bisogno di ricorrere a 5 diversi specialisti; • i costi assistenziali sono mediamente coperti socialmente per una quota del 33% (dal 60% nel nord Italia al 22% al sud) così da costringere uno dei due genitori al ruolo di “badante” (care giver) care giver del bambino con necessità di abbandono del lavoro; • per molte MR, i progressi assistenziali permettono solo da pochi anni la sopravvivenza dei pazienti fino all’età adulta con la necessità di prevedere una transizione di questi pazienti dal Pediatra all’Internista dell’adulto. Questo insieme di fattori fa comprendere il senso di solitudine dei pazienti e delle loro famiglie costrette ad affrontare disagi e a sostenere costi gravosi.
I numeri delle Malattie rare SOS In Italia sono presenti tra i 500.000 e 1 milione di bambini affetti da MR. Costituiscono un’emergenza sanitaria e sociale
Colpiscono al massimo un bambino ogni 2000 nati
Attualmente ne sono conosciute 8000
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La lotta alle malattie rare Ecco come la Sanità Pubblica ha risposto all’emergenza derivante da questo tipo di patologie: dalla rete nazionale alla definizione delle MR
La Sanità Pubblica ha risposto a questa emergenza con una mobilitazione che ha coinvolto prima il mondo occidentale e poi tutte le principali nazioni: nel 1997, negli Stati Uniti, sono stati raccolti tutti gli organismi impegnati nelle MR in un’unica organizzazione: il NORD (National Organization for Rare Disorders). In Europa, due anni dopo, il Parlamento ed il Consiglio Europeo hanno adottato un Programma d’Azione Comunitaria sulle MR nel quadro dell’Azione della Sanità
Pubblica per il quadriennio 1999-2003 e, nel 2000, è stato pubblicato il Regolamento n. 141/2000, che riguarda i medicinali orfani (quelli destinati alla cura delle Malattie Rare) con l’istituzione della procedura comunitaria per l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano istituendo l’EMA (European Medicines Agency) e il COMP (Committee for Orphan Medicinal Products). In Italia, il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 indicava, per la prima volta, fra
le priorità la tutela dei soggetti affetti da MR. In particolare, si parlava della realizzazione di una rete nazionale delle MR. A tale scopo il 18 maggio 2001 veniva emanato il Decreto Ministeriale 279/2001 che indicava, come risposta istituzionale alle problematiche correlate alle MR, la realizzazione di una rete nazionale costituita da Presidi, appositamente individuati dalle Regioni, per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle MR.
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FOCUS ON L’Italia vanta oggi una rete di quasi 200 centri accreditati per le malattie rare, variabilmente distribuiti tra le regioni, che rappresenta una delle migliori organizzazioni diagnostiche-assistenziali in Europa, come documenta la loro massiccia presenza nelle Reti di Riferimento Europee delle malattie rare.
Nell’ambito del decreto venivano, inoltre, definiti 47 gruppi di MR comprendenti 284 diverse patologie congenite e acquisite, ai fini dell’esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie correlate. LA RETE REGIONALE E NAZIONALE PER LE MR L’applicazione del Decreto ha determinato il riconoscimento in ogni regione dei Centri di Riferimento e dei Presidi per ogni singola patologia rara costituen-
do così la Rete Regionale e Nazionale per le MR, sotto il coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità. Recentemente sono stati emanati i nuovi Lea (DPCM 12/01/2017) che prevedono ulteriori integrazioni e correttivi tesi a migliorare la diagnosi, la presa in carico e l’assistenza ai pazienti con MR. L’Italia vanta oggi una rete di quasi 200 centri accreditati, variamente distribuiti tra le regioni, che rappresenta una delle migliori organizzazioni diagnosti-
che-assistenziali in Europa, come documenta la loro massiccia presenza nelle Reti di Riferimento Europee delle malattie rare.
Malattie rare: gli strumenti utili Ogni singola Regione ha una sua rete integrata all’interno del Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità
Sul sito (http://www.iss.it/cnmr/) è possibile, tra le altre cose, consultare i dati del Registro Nazionale alimentato dalle singole Regioni, consultare l’elenco dei Farmaci Orfani e consultare l’elenco delle Malattie Rare esentate e i relativi Centri di Riferimento a cui rivolgersi
Numerosi sono i portali nazionali e internazionali dedicati a pazienti e sanitari, per i pazienti da segnalare quelli di UNIAMO (http://www.uniamo.org/) e di Hopen (http://www.fondazionehopen.org/home), per pazienti e sanitari Orphanet che vanta redazioni nelle principali nazioni mondiali tra cui l’Italia (http://www.orpha.net/consor/cgi-bin/index.php?lng=IT).
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Arriva l’estate: leggi gli approfondimenti di A scuola di salute! Visita il sito www.ospedalebambinogesu.it per scoprire tutti i prodotti editoriali OPBG. Sostieni le Vite Coraggiose del Bambino Gesù. Aiutaci a trasformare la ricerca in cure migliori per i bambini malati rari. Dona il tuo 5 X Mille all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù CF 80403930581 (sezione Ricerca Sanitaria).
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INTOSSICAZIONE ALIMENTARE: LA PREVENZIONE Prevenire è sempre meglio che curare, quindi è consigliabile lavarsi le mani spesso, evitare di consumare cibi crudi o poco cotti, refrigerare tempestivamente qualsiasi cibo non sarà mangiato a breve, non mangiare carne, pollame o pesce che sia stato in frigorifero per più di 2 giorni, non mangiare cibi vecchi, prodotti alimentari mal confezionati, non utilizzare alimenti che hanno un odore insolito o un gusto sgradevole.
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Una lunga estate…calma Come proteggersi dalle intossicazioni alimentari
di ANDREA CAMPANA
Consigli per prevenirla e, se capita, come riconoscerla, possibili rimedi e quando preoccuparsi L’intossicazione alimentare è una malattia più frequente nei mesi estivi, provocata dall’ingestione di cibi contaminati da tossine per possibili errori nella conservazione degli alimenti (tenuti fuori dal frigorifero per troppo tempo) o preparati senza tenere conto di semplici norme igieniche. Tra le cause più comuni ci sono l’assunzione di pesce crudo, carne poco cotta, prodotti caseari, maionese o alimenti che contengono uova. I responsabili più frequenti sono batteri (Escherichia coli, Campylobacter, stafilococco), ma anche virus, parassiti o le loro tossine. I SINTOMI Tra i sintomi ci sono crampi addominali, nausea, vomito, debolezza, cefalea, talvolta diarrea e febbre, che possono comparire a distanza di pochi minuti o anche giorni, ma che di solito si manifestano dopo 2-6 h dall’assun-
zione dell’alimento. Il più delle volte l’intossicazione alimentare non è grave e tende a risolversi spontaneamente, talvolta però può richiedere l’ospedalizzazione, pertanto quando la si sospetta è bene condurre il bambino in pronto soccorso. L’intossicazione alimentare viene diagnosticata sulla base del recente consumo di alimenti crudi, di sintomi analoghi in altri commensali o di possibili viaggi in paesi a rischio. COME SI CURA Nel trattamento, l’obiettivo è far sentire meglio il bambino ed evitare complicanze la più comune delle quali è la disidratazione. Sarà pertanto importante ripristinare i liquidi e i sali persi con il vomito e la diarrea somministrando soluzioni glucosaline orali o per via endovenosa in ospedale, qualora non fosse possibile l’assunzione di quantità adeguate per bocca.
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04 Caldo e disidratazione: come evitarla e quando preoccuparsi
Riconoscere e prevenire la disidratazione è facile… tipo bere un bicchiere d’acqua!
CALDO E DISIDRATAZIONE: I SINTOMI Crampi, astenia, sensazione di malessere, vertigini, sonnolenza o riduzione dello stato di coscienza, mucose asciutte, lingua impaniata, riduzione della lacrimazione, occhi alonati, fontanella depressa, riduzione della diuresi, calo ponderale, tachicardia e nei casi più gravi collasso cardio circolatorio.
di ANDREA CAMPANA
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Riconoscere e prevenire la disidratazione è facile… come bere un bicchiere d’acqua! Il corpo normalmente disperde il calore attraverso la sudorazione, quando la temperatura dell’ambiente è più elevata di quella della pelle: è l’unico meccanismo di raffreddamento a sua disposizione. Condizioni di caldo estremo, ridotta ventilazione o affollamento possono quindi favorire la disidratazione. I bambini, specialmente i più piccoli, sono particolarmente a rischio per il loro rapido metabolismo e per la particolare distribuzione dei liquidi corporei. La disidratazione può essere lieve, moderata o grave, a seconda della quantità di liquidi persi, cui si accompagna perdita di sali. La diagnosi è clinica: per sospettarla e definirne l’entità bisognerà osservare i possibili segni e sintomi.
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fisica nelle ore più calde della giornata, utilizzare abiti leggeri, refrigerare e areare le abitazioni tenendo chiuse le finestre esposte al sole o utilizzando tende, garantire un giusto apporto di acqua durante la giornata, bevanda ideale per una corretta idratazione, evitando quelle zuccherate e gasate il cui effetto dissetante dura solo pochi minuti. Qualora nonostante tali accorgimenti il bambino vada incontro a disidratazione va condotto presso il pronto soccorso dove un semplice prelievo permetterà di valutare le perdite e la concentrazione degli elettroliti nel sangue con le quali si deciderà per la reidratazione migliore. Da preferire sempre quella con soluzioni reidratanti fredde per bocca, a piccoli sorsi riservando la correzione per via endovenosa solo ai casi più gravi che richiedono l’oCome difendersi dal caldo spedalizzazione. nei mesi più a rischio? Evitare l’esposizione diretta al sole e limitare l’attività
di ANDREA DIOCIAIUTI
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Dalla dermatite alla dermatite atopica
Come distinguere una comune dermatite da una vera dermatite atopica e quali consigli seguire
I CONSIGLI DEL MEDICO Per la cura della pelle del bambino colpito da eczema sono consigliati: •• Un bagno quotidiano e rapido con detergente syndet (non schiumogeno) oppure oleoso. •• L’applicazione di crema idratante più volte al dì. •• L’impiego di indumenti di cotone e non sintetici. •• Tagliare le unghie corte per evitare lesioni da grattamento e quindi infezioni. •• Esporre il bambino al sole rispettando le indicazioni specifiche per l’età. •• Non applicare le terapie locali quando il bambino è esposto al sole.
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La dermatite che colpisce i bambini è sempre dermatite atopica? No. La dermatite atopica è un tipo di dermatite e nei bambini si possono osservare altri tipi di dermatite. Le più frequenti sono: • La dermatite irritativa causata da sostanze che vengono a contatto con la pelle; • La dermatite allergica da contatto; • L’eczema disidrosico. Le dermatiti si manifestano allo stesso modo? Come si fa a distinguere l’una dall’altra? La manifestazione clinica delle altre dermatiti è molto simile, ma differente è la distribuzione e la storia delle lesioni. Nella dermatite atopica, la pel-
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le inizialmente è arrossata, tumefatta e trasuda. Nella fase successiva si fa secca e desquamante, spesso con intenso prurito. La sede delle lesioni cambia in base all’età e tende a ritornare nel tempo. Tendenzialmente sono interessate le regioni intorno alla bocca e delle palpebre, le pieghe delle braccia e delle gambe. Nella dermatite irritativa da contatto il rossore è immediato e localizzato con precisione nella sede di contatto con la sostanza che l’ha causata, mentre in quella allergica si estende oltre il contatto e si manifesta a distanza di 2-3 giorni. L’eczema disidrosico si manifesta solitamente a livello dei piedi e delle mani, in particolare negli interstizi tra le
dita e più frequentemente nei cambi di stagione. È vero che bisogna evitare il cortisone ad ogni costo perché pericoloso? No, il cortisone topico (per uso locale) è la terapia di prima scelta. L’eczema è un’infiammazione della pelle e il cortisone è l’antinfiammatorio per eccellenza. L’importante è seguire le indicazioni del pediatra o del dermatologo. Inoltre, è necessario ricorrere all’uso di creme emollienti per ripristinare la barriera cutanea e prevenire le recidive, specialmente nel caso della dermatite atopica, in cui la pelle è generalmente molto secca e pruriginosa.
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di MAY EL HACHEM
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5 cose da sapere su bambini e sole È dannoso per i più piccoli? Che danni può provocare? Ecco alcune risposte per un’estate sicura Il sole è così dannoso per i bambini? Il sole ha molti benefici per i bambini. Fa molto bene alle ossa in quanto attiva la vitamina D e all’umore per il suo effetto antidepressivo. L’inadeguata esposizione al sole è nociva. La pelle dei bambini deve essere protetta accuratamente. I bambini vanno esposti al sole in particolari ore della giornata (mai dalle ore 11,30 alle 16,00). L’applicazione dello schermo ad altissima protezione non autorizza il bambino ad esporsi al sole nella fascia oraria ad alto rischio. Inoltre la crema protettiva va applicata ripetutamente, ogni 2 ore circa e dopo ogni bagno. Bisogna prediligere i filtri fisici per l’assenza di rischio di tossicità (ossido di zinco e biossido di titanio) anche se talvolta sono cosmeticamente meno gradevoli di quelli chimici. Non esistono “protezioni totali”, la protezione massima dichiarata è di 50+ per gli UVB mentre per gli UVA non ci sono ancora metodi standardizzati.
Da quale età si può esporre il bambino al sole e come deve avvenire l’esposizione? Bisogna evitare l’esposizione diretta al sole nei lattanti di età inferiore a 6-8 mesi. Oltre all’uso di crema protettiva, si può ricorrere, qualora necessario a indumenti protettivi. L’esposizione al sole deve avvenire in modo graduale, aumentando progressivamente la durata di esposizione. Una volta che il bambino ha sviluppato un’abbronzatura sufficiente, si può ridurre il fattore protettivo a 30. È importante ricordarsi di proteggere anche gli occhi con adeguati occhiali da sole e di applicare una protezione efficace anche nelle giornate nuvolose e sotto l’ombrellone (sabbia e acqua riflettono i raggi UV).
ni effettuano molta attività sportiva e/o ludica all’aperto, pertanto le stesse precauzioni vanno applicate regolarmente in queste circostanze e quando si va in montagna.
Questi consigli valgono solo per il sole che si prende in spiaggia? Assolutamente no. Sono validi tutte le volte che il bambino è esposto al sole. Non bisogna dimenticare che fortunatamente i bambi-
È vero che i nei vanno protetti dal sole? Assolutamente no. Tutta la pelle va protetta allo stesso modo. Non è corretto applicare la protezione solo sui nei.
Quale danno può provocare il sole alla pelle? In età pediatrica, il danno è limitato all’ustione di vario grado in base all’intensità e durata di esposizione e alla comparsa di efelidi. Purtroppo il danno maggiore e irreversibile si manifesta in età adulta: invecchiamento precoce della pelle e comparsa di tumori cutanei anche gravi. Queste ultime complicanze sono dovute ad un effetto accumulo. Pertanto un’adeguata protezione va applicata sin dai primi mesi di vita.
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Oltre all’uso di crema protettiva, si può ricorrere, qualora necessario a indumenti protettivi. L’esposizione al sole deve avvenire in modo graduale, aumentando progressivamente la durata di esposizione. Una volta che il bambino ha sviluppato un’abbronzatura sufficiente, si può ridurre il fattore protettivo a 30.
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