ASA Magazine 18 - Dicembre 2021

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ASA Magazine Anno 5 – Numero 18 – Dicembre 2021 – Rivista Quadrimestrale

LA RIVISTA DELL’ ASSOCIAZIONE STAMPA AGROALIMENTARE ITALIANA Registrazione Tribunale Lg. 48/1948 – Tutti i diritti riservati – Dir. Resp. Carmen Guerriero

Sicilia, Comunità e Qualità. Il modello Settesoli Intervista con Giuseppe Bursi, Presidente della cooperativa vitivinicola siciliana Cantine Settesoli, modello virtuoso a livello europeo.


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ASA al servizio della corretta comunicazione

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’Associazione Stampa Agroalimentare Italiana è uno strumento di raccordo e di sintesi, di stimolo e di supporto, di analisi e di costruttiva critica. La nostra mission è offrire supporto e collaborazione a tutti quei giornalisti e/o operatori dell’informazione che hanno nella serietà, nella moralità, nella sensibilità, nel rispetto e della deontologia professionale, le loro principali caratteristiche. Iniziative, progetti, eventi collegati ai nostri associati troveranno il giusto spazio all’interno del nostro sito, nei nostri social, nella nostra rivista e nella nostra newsletter inviata settimanalmente a più di 40.000 iscritti. Sensibile alle tematiche legate alla professionalità degli operatori della comunicazione di settore, ASA è anche uno strumento di formazione per i propri iscritti con un programma di corsi specialistici a loro dedicati in forma gratuita.

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ASA MAGAZINE n. 18/2021 – Dicembre 2021 – Rivista Quadrimestrale Registrazione Tribunale Lg. 48/1948 Direttore EDITORIALE Presidente ASA

N.18 / DICEMBRE 2021 Rivista Quadrimestrale

Direttore Responsabile Carmen Guerriero direttore@asamagazine.it

Redazione Centrale e Editing Enza Bettelli bettelli@asa-press.com

Proprietà - Editore

Associazione Stampa Agroalimentare Italiana Piazza Giuseppe Grandi, 12 – 20135 Milano editore.asamagazine@asa-press.com P. IVA 13391650150

Concessionaria per la Raccolta Pubblicitaria ADV S.r.l.s. - Tel. 335 6063373 pubblicita.asamagazine@asa-press.com

Grafica e Impaginazione Lorenzo Bettelli

Comitato di Redazione e Controllo

Giorgio Colli, Carmen Guerriero, Maria Teresa Bandera e Saverio Scarpino

Hanno collaborato a questo numero

Carmen Guerriero, Federica Anna Guerriero, Massimo Antonino Cascone, Giovanna Turchi Vismara, Maria Luisa Guerriero, Alberto De Rogatis, Andrea Di Falco, Franca Dell’Arciprete Scotti, Francesco Bruzzese, Silvia Donatiello, Clara Mennella, Franco Mioni, Redazione Centrale

Per la fotografia

Carmen Guerriero, Federica Anna Guerriero, Torronificio del Casale, Premiata Fabbrica Torroni Innocenzo Borrillo, Franca Dell’Arciprete Scotti, Comune di Tollo, Antonino Cascone, Ente Turismo Gran Canaria, Silvia Donatiello, Alce Nero, Visitdenmark, Martin Heiberg Copenhagen Media Center, Columbus Leth Copenhagen Media Center, Tanja Berlin Fotograf Sebastian Bielski


Sommario EDITORIALE “Speciale”, l’editoriale del nuovo ASA di Dicembre 2021 a cura di Carmen Guerriero, Direttore ASA Magazine

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IN EVIDENZA Sicilia, Comunità e Qualità: il modello Settesoli di Carmen Guerriero

Tenuta Sant’Antonio, da sogno a progetto imprenditoriale di successo di Carmen Guerriero

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AGROALIMENTARE E TURISMO NAZIONALE Villa Athena, un passo dagli dei di Carmen Guerriero

Alpe Cimbra, dai mercatini di Natale alle piste di Federica Anna Guerriero

Natale, storia e leggende delle dolci specialità napoletane di Massimo Antonino Cascone

Il Trapanese e le isole Egadi durante le feste: natura affascinante, memorie storiche, gastronomia tipica di Giovanna Turchi Vismara

La Grotta di Babbo Natale di Ornavasso di Maria Luisa Guerriero

Torroni d’Irpinia di Alberto De Rogatis

Biscotti, un dolce regalo fatto in casa di Andrea Di Falco

I linguaggi del Prosecco tra arte, design e cinema a cura di Redazione Centrale

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La “pergola”: una peculiarità della viticoltura abruzzese di Franca dell’Arciprete Scotti

Prosecco, istruzioni per l’uso di Francesco Bruzzese

AGROALIMENTARE E TURISMO INTERNAZIONALI

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Bruges, una favola medievale nel cuore delle Fiandre di Massimo Antonino Cascone

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Danimarca, sulle orme di Hans Christian Andersen

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Le tradizioni natalizie di Gran Canaria

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Cappadocia, fiaba d’inverno

a cura di Redazione Centrale

di Silvia Donatiello

di Federica Anna Guerriero

BIO

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I sapori speciali della Romagna-Toscana, una meta stimolante per un fine settimana tutto da gustare di Silvia Donatiello

È buona e fa bene al cuore: la pasta alla vinaccia di Taurasi di Massimo Antonino Cascone

Il salmone selvaggio dell’Alaska: uno straordinario protagonista della tavola di Natale di Clara Mennella

Great Life, un grande progetto europeo a favore dell’ambiente di Franco Mioni


“Speciale”. L’editoriale del nuovo ASA n.18/2021. “Per Aspera ad Astra”

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l Natale è il momento che, più di ogni altro, ama il silenzio. Un silenzio “speciale” che anela luce,quanto più si compiace. Luce e silenzio da contrapporre al buio del consumismo, dell’omologazione globale, della dittatura digitale che opprime quotidianamente. Pregiudizi e convenzioni sociali che ci allontanano dalla vita vera e da noi stessi. “L’uomo ha complicato ogni singolo semplice dono degli Dei”, ammoniva già più di 2300 anni fa Diogene di Sinope, il grande filosofo anticonformista, a tratti cinico, affinchè l’uomo non vivesse una vita artificiale ed ipocrita, ma imparasse ad essere più libero e più se stesso. A chi gli domandava perché, in pieno giorno, girasse con la lanterna accesa, Diogene rispondeva “Cerco l’uomo”: non un uomo qualunque, ma l’“Uomo” che malgrado convenzioni e pregiudizi sociali, è capace di ritrovare la sua autentica natura, vivere conformemente ad essa e, così, essere felice. “Per Aspera ad Astra” da Diogene a Socrate, Seneca, Virgilio, Cicerone, San Francesco d’Assisi: nessun successo è ottenibile senza strenue studio, esercizio, impegno, passione. Speciale è il tema di questo numero di ASA, una dedica alla bellezza delle menti fervide, delle mani operose, all’essenzialità del quotidiano, alla dignità dell’autenticità e della fedeltà a se stessi.


Semplice è Speciale, perché in armonia con la natura. Come Cantine Settesoli, cooperativa siciliana che, con tenacia, valorizza terra, persone e tradizioni, restando fortemente identitaria e fedele alla sua comunità. Come la Famiglia Castagnedi, caparbi visionari di Tenuta Sant’Antonio, azienda vitivinicola altamente all’avanguardia in Valpolicella, capaci di rompere gli schemi dell’amarone classico e trasformare la visione in lungimiranza di successo. Come Villa Athena, splendido hotel di lusso 5 stelle immerso nel Parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, gestione, lavoro di squadra che valorizza storia e risorse del territorio. Come Natale, naturalmente speciale quello fatto di “piccole, grandi cose”, che regalano sorrisi sinceri e fanno fare capriole gioiose al cuore. Magari tra gli incantevoli panorami dell’Alpe Cimbra perla alpina del Trentino, tra mercatini di Natale, piste, laghi, foreste, prodotti tipici ed una cucina ricca di profumi e sapori. Grandi e piccini possono recarsi da Babbo Natale nella Grotta di Ornavasso, per esprimere un desiderio, mentre i più golosi possono fare il pieno di dolcezza tra le specialità della tradizione napoletana, i prelibati torroni d’Irpinia, le tipicità siciliane da Trapani fino a Marsala ed isole Egadi, i vini abruzzesi, dal paesaggio rurale storico con la speciale coltivazione “a pergola”, candidato a Bene protetto dall’Unesco o cimentarsi in casa con la ricetta dei biscotti di Natale. Sulle tavole delle feste, il prosecco è il più iconico degli sparkling. Natale è magìa, ancora più emozionante viaggiando a bordo di una mongolfiera sui pinnacoli innevati dei Camini delle Fate, in Cappadocia o lungo i canali silenziosi della romantica Bruges, in Belgio o, ancora, in Danimarca sulle orme delle bellissime fiabe di Hans Christian Andersen. Gli amanti del caldo potranno, invece, scoprire le tante tradizioni golose al caldo delle Isole Canarie. Inizia un nuovo viaggio di ASA Magazine, particolarmente ricco, che speriamo possa accompagnare i momenti sereni delle prossime festività, fino al nuovo Anno. Ringrazio di cuore chi ha lavorato a questo numero speciale e chi apprezzerà seguirci. Ora, in alto i calici, brindiamo alla vita, con l’augurio che il futuro ci trovi più autentici, più speciali, e, dunque, più FELICI! Prosit! Carmen Guerriero


Sicilia, Comunità e Qualità.

IL MODELLO SETTESOLI Nel sud della Sicilia, Cantine Settesoli è una cooperativa vitivinicola che, da sempre, nel rispetto dell’ambiente e delle tradizioni, valorizza territorio, cultivar e persone, moltiplicando qualità e benessere. Un caso virtuoso di best practices di sviluppo della viticoltura e del turismo, i due settori più vitali dell’economia del territorio e modello di gestione etica per le nuove generazioni. Testo e foto di Carmen Guerriero

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utto parte dalla terra. Ne è certo il dott. Giuseppe Bursi, al secondo mandato di

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presidenza di Cantine Settesoli, la cooperativa vitivinicola siciliana di 2.000 viticoltori che, da 62 anni, intreccia storie di passioni, di fatica e di

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uomini dalla visione comune: la qualità. LA STORIA Valori, presenti fin dal 1958, quando un gruppo di viticoltori con vigneti nell’areale di Menfi, costa della Sicilia sud occidentale in provincia di Agrigento, stanchi di essere sottopagati, si costituirono in cooperativa per tradurre i loro sforzi in bene di maggior valore economico, il vino. Su queste terre Tomasi di Lampedusa ambientò il suo celebre romanzo “Il Gattopardo”, citando l’antico feudo “Settesoli”, da cui la cooperativa ha preso il nome.

Terre antiche, baciate dal sole, con i vigneti che, dall’alto della collina, sembrano precipitare fino alla spuma del mare, tra dune e scogli, lungo oltre 20 km di costa sabbiosa da Porto Palo fino al promontorio dell’Acropoli di Selinunte, sommando straordinari microcosmi di diversità di suoli, culture, biodiversità. Meraviglie di un’isola che, da millenni, affascina e ammalia in ogni piega del suo territorio. Dalla commercializzazione della prima bottiglia del 1974 su impulso dell’allora Presidente Diego Planeta, la cooperativa ha adottato un sistema funzionale di gestione etica di

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campagna e di lavoro, che ha ridisegnato la mappa del territorio, trasformando vigneti con 33 cultivar diverse, dislocati in nove Comuni e tre province, da Menfi a Montevago, Contessa Entellina e Santa Margherita di Belice, in un unico grande vigneto di 6.000 ettari (ben oltre il 7% del vigneto isolano). LA MISSION Oggi, Cantine Settesoli è una delle più importanti cooperative vinicole europee, un modello produttivo e gestionale di successo, con export in oltre 40 paesi nel mondo, proiettata verso innovazione, sostenibilità a

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futuro, cura la vigna nel rispetto dell’ambiente, per garantire valore alle uve, remunerazione ai soci e vini eccellenti ai consumatori”.

360 gradi, tutela ambientale e biologico di cui è stata apripista, ottenendo il riconoscimento Viva, certificazione di sostenibilità del vino. “Grande non è bello, è di più.” - il commento del Pres. Bursi - “Abbiamo tante potenzialità, tra quantità di ettari vitati, terreni diversi, 33 varietà, tutte le esposizioni, territori di tutti i tipi tra mare, colline, montagna. Abbiamo un validissimo enologo, Mimmo De Gregorio, e un consulente internazionale bravissimo Alberto Antonini. Sarà presuntuoso, ma possiamo confrontarci con chiunque, perché c’è tanta poesia nel

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vino, ma ciò che conta è la qualità. Se l’hanno fatto altri, perché non possiamo farlo anche noi?” Col mantra “si può fare”, il Pres. Bursi è alla guida del processo di trasformazione economico e sociale della cooperativa, con vini di altissima qualità e dalla forte identità territoriale, anche biologici, grazie a ricerca ed applicazione di nuove tecniche di gestione del lavoro in vigna come lotta integrata, potatura conservativa con il metodo Simonit & Sirch - ed impiego di risorse locali (98% del totale). ”Siamo un’azienda globale che investe sui giovani, coltiva

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IL MODELLO Un’economia circolare che valorizza tutto il territorio, in cui soci e famiglie hanno la prospettiva di un futuro più sereno. Una scelta d’innovazione, assolutamente inedita in Sicilia, che ha traslato il mondo del vino da una dimensione agricola ad una dimensione di azienda globale, grazie al lavoro di squadra di contadini, gli artigiani del vino, di manager esperti e delle giovani generazioni che, dopo studi universitari e varie esperienze lavorative anche all’estero, sono ritornati a casa per


valorizzare l’intera comunità con il prezioso know-how. “In Sicilia ogni cambiamento ha le sue resistenze, ma è importante parlare in

maniera chiara e diretta.” - sottolinea il Presidente Bursi - ”Ci metto la faccia e tutto l’impegno. Dobbiamo portare avanti questa struttura perché ci sono tutti i presupposti per farlo e chi vuole lavorare seriamente con noi lo può fare”. Best practices mirate a garantire eticità nelle relazioni con i soci, selezione dei fornitori e gestione corretta dei dipendenti, con particolare attenzione alle politiche retributive e contrattuali a lungo termine. “Siamo strutturati da azienda privata, ma invece di remunerare la proprietà, remuneriamo i soci. La nostra missione è I N E VI DE NZ A

migliorare la qualità delle uve e soddisfare le esigenze dei soci. Dico sempre che si può fare una grande impresa da una cooperativa.” continua il Presidente “Abbiamo molti progetti, è importante che non solo i soci, ma anche i punti vendita, i 54 dipendenti, i 90 agenti plurimandatari, i 200 stagionali, siano partecipi: l’organizzazione commerciale dev’essere funzionale rispetto ai progetti che stiamo mettendo in atto.” - precisa il Presidente. I PROGETTI Ad oggi sono tanti i progetti già realizzati anche

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sull’Etna, con i vini vulcanici, “Vini di Contrada”, due prestigiose etichette, Bertolino Soprano e Terre del Sommacco, sintesi della migliore combinazione tra varietale e terroir. “Settesoli sostiene Selinunte”, progetto legato all’importante sito archeologico di Selinunte, il più grande parco

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archeologico d’Europa, che ha consentito, attraverso una raccolta fondi, di poter finanziare i lavori di alcune aree archeologiche. Sustain Sicilia marchio di sostenibilità, realizzato con il Consorzio Doc Sicilia, prima cantina siciliana a produrre vini col marchio di sostenibilità. Alta qualità bio, progetto a salvaguardia, valorizzazione

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del territorio, comunità agricola e qualità dei prodotti, prima cooperativa di settore, a livello nazionale, ad applicare tale modello virtuoso. In cantiere anche il progetto Vermentino di Sicilia “400 ettari di Vermentino e una ricerca selettiva di anni.” precisa il Pres. Bursi “Quest’anno usciremo con due novità: restyling di tutte


le etichette monovarietali Mandrarossa, e, tra gli innovativi, lanceremo anche il Vermentino, come nuovo prodotto”. Vini di qualità che segmentano il mercato e soddisfano diverse fasce di prezzo e di consumo, apprezzati per l’ottimo rapporto qualità/prezzo. “Sui Mercati attuiamo un cambio di strategia, nel

senso di non subirli, ma di proporre i nostri vini nel target di qualità. Dobbiamo puntare ad ottenere altro, non possiamo inseguire il mercato a ribasso dei prezzi”. Dal 1999 “Mandrarossa” è il brand di vini premium, autentica espressione della biodiversità dell’isola, dedicati al canale Horeca “una linea sartoriale dai 500

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ettari vitati più importanti, nata dopo 20 anni di mappatura del territorio per la migliore combinazione tra varietà e terroir”- precisa Roberta Urso, Responsabile p.r e Comunicazione. ”Quest’anno Mandrarossa ha conquistato “Tre Bicchieri” con Santannella Terre Siciliane IGT 2020, un bianco strutturato e

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moderno, blend di Fiano e Chenin Blanc, che premia la sfida coraggiosa di questi anni di creare vini innovativi da nuove varietà viticole.” Dall’alto della collina, di fronte all’isola di Pantelleria, dove Mandrarossa produce Passito, la grande winery, inaugurata quest’anno, è un gioiello di tecnologia e design, una struttura polivalente interrata, in legno e cemento, con un giardino varietale di fiori e piante locali, grandi Tulip in

cemento per migliorare la qualità dei vini, un vigneto didattico, 4 filari ed una mappa delle terre Sicane per guidare i winelovers nella scoperta del territorio. All’interno, dopo il banco di degustazione dei vini in abbinamento a piatti tipici locali, una galleria fotografica conduce alla bottaia e alla sala di degustazione affacciata su una grande vallata, ricca di vigneti che corrono fino al mare.

Carmen Guerriero

“C’è tanta strada ancora per fare ciò che la Sicilia non è mai riuscita a fare veramente bene: valorizzare i suoi vini.” - conclude il Presidente ”Ripeto sempre che “si può fare”. È una sfida continua, ci vuole grande impegno e anche coraggio, dovremo essere positivi, propositivi, Settesoli ha grandi prospettive di crescita, attraverso il confronto e l’impegno di tutti”. ▣ www.cantinesettesoli.it

Giurista, è Giornalista dal 1995. Ambasciatore Emerito Ass. Naz. Città del Vino, si occupa di diritto vitivinicolo e di progetti speciali per la valorizzazione e la promozione di territori e realtà imprenditoriali. È componente del tavolo Tecnico - Scientifico della “Fondazione Sistema Irpinia” Ente Provincia di Avellino nonchè membro AIC (Accademia Italiana della Cucina) e AIS (Ass. Italiana Sommelier).

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TENUTA SANT’ANTONIO, da sogno a progetto imprenditoriale di successo La storia della Famiglia Castagnedi è un sogno, lungamente accarezzato. Armando, Tiziano, Paolo e Massimo Castagnedi, quattro fratelli, studi ed esperienze diverse, 30 ettari di vigne paterne a San Zeno di Colognola ai Colli (VR), un territorio vocato, un unico sogno: dare vita a una nuova interpretazione dei terroir storici del Valpolicella DOC e Soave DOC. Testo e foto di Carmen Guerriero

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enuta Sant’Antonio non è l’azienda classica di Amarone che ci si potrebbe aspettare. Equilibrio, freschezza e

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longevità sono l’impronta graffiante dei fratelli Castagnedi che ha ridefinito il volto della Valpolicella attraverso un processo evolutivo di innovazione e tecnologie all’avanguardia.

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“Volevamo fare qualcosa che ci piacesse anche bere, non siamo solo produttori ma anche consumatori. All’epoca i produttori erano un paio, ma era difficile trovare un Amarone che avesse


equilibrio tra alcol, acidità e residuo zuccherino. Era uno stile che non ci piaceva.” - esordisce Armando Castagnedi, il maggiore dei fratelli - “Volevamo dare una nostra impronta al vino, con vini puliti e bilanciati in piacevolezza ed equilibrio.” – continua Armando - “Ci siamo resi conto che bisognava rivalutare il Valpolicella perché è quello che beviamo spesso, piuttosto che l’Amarone. Se non fai del Valpolicella un vino importante del territorio, quel territorio non sarà mai valorizzato.” La Valpolicella, una delle aree vitivinicole più

prestigiose d’Italia, tra Verona e il Lago di Garda, è un ventaglio morfologico di suoli alluvionali, calcari marnosi e a matrice di roccia vulcanica, con declivi e vallate pettinati da lunghi filari ordinati di vigneti e uliveti. Esposizioni a sud, brezze e maggiore vicinanza al lago determinano diversi microclimi, specie a ridosso delle colline, dove l’azienda ha i vigneti. “Negli anni ’80, i terreni sui Monti Garbi, dorsale collinare che divide le vallate d’Illasi da quelle di Mezzane, erano considerati poveri, tant’è che il luogo era chiamato terra di Sant’Antonio,

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il Santo protettore dei poveri” - così ricorda Armando Castagnedi, ripensando agli esordi dell’azienda - “E’ stato un colpo di fulmine, ce ne siamo innamorati subito e così nel ’89 li abbiamo acquistati! La voglia era di fare qualcosa di diverso, di livello, di qualità importante, nella zona più a est della Valpolicella. Nel 1995 è nata ufficialmente Tenuta Sant’Antonio, dedicata al nostro papà che si chiamava Antonio e a Sant’Antonio”. Una scelta coraggiosa e lungimirante che in trent’anni è diventata punto di riferimento per la produzione enologica della Valpolicella. “All’epoca

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eravamo 6/7 cantine, oggi siamo 42.” - sottolinea con orgoglio Armando “Inoltre, essendo l’area dell’est di matrice calcarea, il vino ha note speziate e una complessità che, specie nel tempo, amplifica caratteristiche non da meno a Pinot nero e vini di Borgogna” precisa Tiziano Castagnedi.

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Il successo della denominazione è nella storia produttiva della Valpolicella e dei suoi vitigni autoctoni, Corvina, Corvinone e Rondinella in primis, capaci di dare un’impronta speciale alle varietà del territorio: Valpolicella, Valpolicella Ripasso, Amarone della Valpolicella e Recioto

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della Valpolicella che, ogni anno, muovono un giro d’affari di oltre 600 milioni di euro. L’Amarone, specie negli ultimi anni, è molto apprezzato in tutto il mondo per struttura, complessità aromatica, elevata gradazione alcolica, dati dal particolare metodo di appassimento delle uve (in appositi “fruttai” per 100


giorni), per una maggiore concentrazione di zuccheri e polifenoli. “Sull’Amarone abbiamo applicato la regola del “tutto meno” per cercare di fare qualcosa di diverso dal classico Amarone da formaggio o da meditazione.” precisa Armando - “Meno alcool, meno sentore di

appassimento, meno residuo zuccherino, più leggerezza, più equilibrio, più finezza, più eleganza, perfetto anche per avvicinare i giovani alla degustazione di un Amarone classico”. La produzione di vini eccellenti parte dalla cura della vigna nel rispetto dell’equilibrio naturale, in

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tandem con un ambizioso progetto di strategie di sviluppo e di investimenti su ricerca, tecnologia e digitalizzazione in tutti i settori produttivi, con importanti ampliamenti del magazzino logistico, di stoccaggio e degli uffici, innovative tecnologie di automazione in cantina e tecniche di agricoltura

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sostenibile nei vigneti. “La nostra scelta è sempre mirata verso una crescita sostenibile, a favore dell’eccellenza produttiva e della massima espressione dell’identità dell’azienda” precisa Tiziano. Il successo di un’azienda è, però, anche il successo

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delle risorse umane che la costituiscono, creando un valore speciale al di là di quello economico. Con questa filosofia l’azienda ha puntato sui giovani del territorio e incrementato il suo team fino a 50 dipendenti. Oggi la tenuta vanta 140 ettari vitati,

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quattro centri di produzione, stoccaggio, affinamento e logistica all’avanguardia e una produzione di 1,6M di bottiglie l’anno apprezzata in tutto il mondo per l’eccellenza dei grandi classici, tra cui Valpolicella Superiore La Bandina, Valpolicella


Ripasso Monti Garbi, il prestigioso Amarone Tenuta Sant’Antonio Castagnedi. “Le complessità affrontate nell’ultimo anno hanno rafforzato la nostra convinzione che, per poter

operare al meglio, occorra fare delle scelte, difficili ma necessarie.” - conclude Armando Castagnedi “E’ il momento di prendere il futuro nelle nostre mani, perché ogni investimento

realizzato oggi sarà ciò che ci permetterà, domani, di poter continuare a portare alti i nostri valori nel mondo.” ▣ www.tenutasantantonio.it

Carmen Guerriero

Giurista, è Giornalista dal 1995. Ambasciatore Emerito Ass. Naz. Città del Vino, si occupa di diritto vitivinicolo e di progetti speciali per la valorizzazione e la promozione di territori e realtà imprenditoriali. È componente del tavolo Tecnico - Scientifico della “Fondazione Sistema Irpinia” Ente Provincia di Avellino nonchè membro AIC (Accademia Italiana della Cucina) e AIS (Ass. Italiana Sommelier).

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V I L L A AT H E N A , un passo dagli dei Nel cuore del Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, in Sicilia, Villa Athena è più che un lussuoso hotel luxury. E’ il sogno di ognuno di poter accarezzare, almeno una volta, l’illusione di viaggiare nel tempo. 2500 anni di storia, tra templi magnifici, panorami mozzafiato e una Sicilia preziosa. Una meta speciale, per un Capodanno da sogno. Testo e foto di Carmen Guerriero

Oltre il bosco, sul lungo ciglione sorgevano i famosi templi superstiti che parevano collocati apposta, a distanza per accrescere la meravigliosa vista della villa principesca”

(“I Vecchi e i Giovani”, Luigi Pirandello) Se mai esiste un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, è qui. Al centro del Parco Archeologico della Valle

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dei Templi di Agrigento. Villa Athena è un’antica villa principesca del Settecento, oggi un esclusivo hotel di lusso 5 stelle, dai dettagli architettonici preziosi e i materiali esclusivi originali della fondazione, in posizione frontale al meraviglioso Tempio della Concordia che, insieme al Partenone di Atene, è considerato il più bello e meglio conservato al mondo. Un luogo magico, uno spettacolo nello spettacolo, adrenalina

pura! Dal 1997 inserita nella World Heritage List dell’UNESCO, la Valle dei Templi è uno straordinario Parco monumentale e paesaggistico di circa 1300 ettari, che annovera 8 templi dorici, tutti costruiti tra il 510 ed il 430 a.C., tra le più significative testimonianze mondiali della cultura greca, qui iniziata nel VI secolo a.C. con la fondazione dell’antica colonia di Akragas, oggi area

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della bellissima città di Agrigento. Le possenti fondamenta del Tempio di Zeus testimoniano la sua imponenza di tempio dorico più grande d’Occidente, in origine sorretto da una serie alternata di colonne e statue gigantesche, di circa 10 metri, in posizione di sudditanza, a eterna memoria della sconfitta dell’odiata Carthago e dei suoi prigionieri. Di grande suggestione anche il Tempio di Eracle, il più antico di Akràgas, parzialmente ricostruito nelle sue nove colonne AG R O A L IM E NT ARE E T U RI S M O NAZ I ONAL E

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(sulle originarie 38) con il sistema dell’anastilòsi, insieme di pezzi originali rinvenuti nell’area antistante. Da Villa Athena parte un percorso riservato che, attraverso una comoda passeggiata tra ulivi e mandorli, consente di raggiungere il Parco archeologico in maniera più rapida. Poco oltre, l’unico pistacchieto della Valle, circa 40 ettari, è esclusiva risorsa produttiva di pregio della proprietà, tipologia Raffadali, Denominazione d’Origine Protetta (DOP), impiegata largamente nelle golose proposte gastronomiche della tradizione. “Villa Athena, conosciuta anche come Villa Melisenda, fu acquistata negli anni settanta dall’Avv. Francesco D’Alessandro come residenza personale.” – spiega il Direttore, General Manager di Villa Athena, Dott. Roberto Principato – “Successivamente fu restaurata e convertita in albergo, una struttura esclusiva oggi considerata tra le più incantevoli e suggestive del mondo”. Un’eccellenza tutta siciliana che, per le sue strategie di gestione aziendale e la personalizzazione dei servizi, è entrata nella rosa dell’hotellerie di lusso in Europa grazie all’ambito AG R O A L IM E NT ARE E T U RI S M O NAZ I ONAL E

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riconoscimento E.H.M.A., European Hotel Managers Association, associazione di albergatori illustri che, dal 1974, è impegnata a tutelare l’etica della professione alberghiera, promuovere l’amicizia e il rispetto, mantenere gli standard di eccellenza e di qualità, veri segni distintivi del lusso. Un grande motivo di orgoglio per il dott. Principato e per il suo staff che premia il costante impegno di anni alla guida di Villa Athena. “Rappresentare il mondo del Luxury della Sicilia nel più ampio panorama europeo

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dell’hotellerie, oltre che un onore, è un’occasione importante di confronto proficuo e continuo tra le diverse realtà aziendali di prestigio”. Dalla Terrazza degli Dei, il raffinato ristorante di Villa Athena, la vista del Tempio della Concordia, immerso

nella lussureggiante macchia mediterranea, è un caleidoscopio di emozioni, che sublimano le creative proposte gourmet e territoriali dello Chef Valentino Palmisano. “Il vero lusso è l’emozione di una meta esclusiva, dove il panorama,

l’atmosfera, l’accoglienza impeccabile, la capacità di rappresentare il nostro territorio in tutte le sue eccellenze, fa davvero la differenza e rende l’esperienza indimenticabile”. ▣ www.hotelvillaathena.it

Carmen Guerriero

Giurista, è Giornalista dal 1995. Ambasciatore Emerito Ass. Naz. Città del Vino, si occupa di diritto vitivinicolo e di progetti speciali per la valorizzazione e la promozione di territori e realtà imprenditoriali. È componente del tavolo Tecnico - Scientifico della “Fondazione Sistema Irpinia” Ente Provincia di Avellino nonchè membro AIC (Accademia Italiana della Cucina) e AIS (Ass. Italiana Sommelier).

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ALPE CIMBRA, dai mercatini di Natale alle piste Arte, cultura, gastronomia, storia. Ma anche silenzi, cime innevate, sci, ciaspole, rifugi, masi. L’Alpe Cimbra ha tutto il fascino della forza della montagna, tra cultura, tradizioni e divertimento invernale. Tantissimi i motivi per visitare questa parte Speciale del Trentino, soprattutto a Natale. Dal 4 dicembre fino al 9 gennaio 2022 le Feste natalizie accendono di magia l’Alpe Cimbra, con tradizionali mercatini colorati e magiche atmosfere, tutte da scoprire. Testo e foto di Federica Anna Guerriero

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olgaria è una delle incantevoli mete del Trentino sulla montagna dell’Alpe Cimbra (1.170 m s.l.m.), meglio conosciuta come la Magnifica Comunità, per la sua lotta plurisecolare in difesa degli antichi privilegi di comunità libera e indipendente. La foresta è ricchezza collettiva condivisa con i centri di Costa, Serrada, Guardia, Mezzomonte, San Sebastiano, Carbonare e Nosellari. L’avvento delle prossime feste è l’occasione per visitare queste deliziose località ed i tanti mercatini di Natale, per inebriarsi dei profumi della tradizione, trovare regali particolari, green ed ecosostenibili, legati all’artigianato locale, degustare i dolcezze e tipicità secondo le ricette antiche, degustare una bevanda calda a base di succo di mela cotogna, sidro di mela, spezie, zenzero. A partire da venerdì 10 dicembre e per i due fine settimana seguenti di dicembre nel paese di Bosentino, sull’altipiano della Vigolana, i “Mercatini di Natale di Bosentino” affolleranno il parco e la piazza con casette di prodotti artigianali, fatti rigorosamente a mano, squisiti prodotti tipici della gastronomia AG R O A L IM E NT ARE E T U RI S M O NAZ I ONAL E

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i giochi di luce e gli intermezzi musicali.

locale, musica e laboratori per bambini. A Centa, famosa per la produzione del “Marone Trentino” DOP, l’11 e 18 dicembre, visite guidate per ciaspolare sulle rive del torrente Centa, tra chiacchiericcio delle acque e paesaggi mozzafiato. A Lavarone, le vie del caratteristico borgo storico dei Bertoldi, dalle deliziose case in pietra ed angoli

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molto suggestivi, saranno animate dal Mercatino di Natale, con artigianato locale, prodotti a km zero del Trentino e dell’Alpe Cimbra e specialità tipiche dell’Alpe come canederli, tortel di patate, vin brûlé e sciroppo di mele. In programma numerosi eventi, anche a misura di bambino, come la lanternata lungo il percorso delle sorgenti, lo spettacolo delle farfalle luminose,

La gastronomia è ricca di profumi e di sapori che valorizzano natura e antiche tradizioni culinarie, con menù di eccellenza e stagionali contraddistinti dal marchio identitario dell’Alpe, “La Dispensa dell’Alpe Cimbra” a tutela delle tipicità e degli oltre 40 produttori trentini impegnati dall’allevamento all’agricoltura di montagna, dai formaggi, al miele, ai piccoli frutti, alle conserve, agli ortaggi. Un lavoro prezioso per la salvaguardia dell’ecosistema alpino e per la sostenibilità oltre che una ristorazione green di assoluto valore che fa la differenza e trasforma l’esperienza anche in un viaggio nel gusto e nella

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storia di questa splendido “angolo” di Trentino. Il centro di Folgaria corre lungo un viale pedonale, ricco di botteghe storiche, negozi di artigianato locale e specialità trentine, bar, pasticcerie e ristorantini dove gustare le prelibatezze dell’enogastronomia trentina. Un caleidoscopio di emozioni tra comignoli fumanti, profumi balsamici dei pini dei boschi circostanti, tepore dei camini accesi, ricordi d’infanzia, tazze di cioccolata calda. Una magia

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che a Natale si rinnova con più forza, tra suoni, suggestioni luminose, addobbi colorati ed un ricco calendario di eventi musicali, intrattenimenti, laboratori natalizi per i bambini, spettacoli itinerari che renderanno il centro di Folgaria un magnifico villaggio di Natale open air. Nel centro di Folgarìa, Da Giorgio, è un tradizionale ristorante della famiglia Tomasi, con piatti trentini a base di prodotti freschi, stagionali e locali come salumi e formaggi

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dell’Altopiano, pane rigorosamente fatto in casa, una discreta carta di vini delle cantine locali trentine e varie tipologie di grappe del territorio. A pochi passi, La Molinela, nome antico dell’arcolaio, è un caratteristico B&B per un soggiorno confortevole e romantico, poche camere arredate con mobili in legno riciclato e tessuti naturali, un caminetto centrale ed una grande parete in legno antico che rievoca l’atmosfera delle baite di montagna. La colazione ha torte fatte in casa, prodotti a Km 0 ed il mugo, una sorta di sciroppo ricavato, secondo una vecchia usanza del luogo, dalla macerazione delle punte

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di pino mugo nello zucchero di canna, un ottimo calmante della tosse. Immerso nella pineta, Maso Mittereck è un bel locale, ben frequentato, dagli interni curati ed una cucina attenta ai prodotti del territorio ed alla stagionalità delle materie prime disponibili, con un pizzico di creatività. Ottima carta e selezione di vini, anche internazionali.

Folgaria - 18 buche a 1200 m di quota - e la Bike Area sono il paradiso degli sportivi. Qui, Maso Spilzi è un particolare complesso edilizio risalente alla prima metà del 700, mix tra maso rurale ed una residenza nobiliare fortificata di grande suggestione. Il raffinato Ristorante ha tavoli all’aperto, una cucina innovativa ed una bella selezione di vini e spumanti trentini.

L’Alpe Cimbra è una rinomata località turistica, ottimamente attrezzata tanto per la vacanza estiva che per la vacanza sulla neve, con oltre 100 km di piste, sia per lo sci alpino che per lo sci nordico, mentre d’estate il Golf Club

Appena fuori da Folgaria, immerso nel silenzio dei boschi, Alla segheria è un rifugio caratteristico che fino agli anni ’60, funzionava ancora come segheria. L’atmosfera è intima e raccolta, piatti

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territoriali e prodotti di qualità, come crostini con crema di baccala’, salumi di selvaggina, petto d’anatra affumicato, salame di cervo e prosciutto di capriolo, bigoli, freschi fatti a mano con finferli e, tra i dolci, il più iconico strudel di mele, rigorosamente in pasta matta. Buona anche la carta dei vini. Silenzi preziosi e romantiche atmosfere intorno al lago di

Lavarone, perla dell’Alpe Cimbra, Bandiera blu, buen retiro di Freud e degli aristocratici della Belle Epoque. Qui, Bazzarrio è l’indirizzo prezioso di panini creativi gourmet, a base di eccellenze locali che, da quest’anno, propone anche bellissime camere ecosostenibili, dagli arredi di legni profumati e grandi vetrate panoramiche sul Lago di Lavarone.

Poco distante, il Respiro degli Alberi è un sentiero sull’Altopiano di Lavarone, località Lanzino, con una speciale esposizione permanente d’arte che, ogni anno, si arricchisce di nuove opere che, poi, vengono lasciate “vivere” sul posto, realizzate con varie essenze legnose per raccontare, come in una fiaba, il bosco ed i suoi alberi, “guardiani silenziosi della vita”. ▣

Federica Anna Guerriero Milanese, giornalista iscritta all’OdG Lombardia, è laureanda in Marketing e Comunicazione presso l’Università La Bicocca di Milano. Appassionata di viaggi, ha padronanza di diverse lingue e scrive di turismo ed enogastronomia.

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Natale, storia e leggende delle dolci specialità napoletane Natale, in Campania, è tradizione dolciaria raffinata, tramandata nei secoli attraverso antiche ricette custodite presso monasteri di clausura. Struffoli, Raffioli, Roccocò, Susamielli, Sapienze, Mostaccioli, Divino Amore, Pasta reale e Cassata napoletana, ogni dolce ha il suo monastero e la sua storia, intrisa di profumi, di spezie e di leggende. Tutte da scoprire e, soprattutto, da assaporare. di Massimo Antonino Cascone

È

vero, le vetrine di questi giorni abbondano di panettoni, variamente decorati e farciti che i pasticcieri più tradizionalisti compongono utilizzando prodotti del territorio campano, possibilmente a chilometro zero, con risultati creativi e sorprendenti. Ma il Natale napoletano è diverso! E’ un cantico d’amore che intreccia secoli

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di dolcezze con il profumo dell’incenso delle chiese e i vapori inebrianti delle vaste cucine dei monasteri, unici custodi di preziose ricette che, diversamente, sarebbero andate perse. Miele, spezie, frutta secca, come mandorle e nocciole, agrumi anche canditi, glassa di zucchero, confettini colorati di semi di finocchietto, sono alla base delle specialità della tradizione dolciaria

napoletana, dove cardini fissi restano, in ogni ricorrenza, Pastiera, Babà e Sfogliatelle. Gli Struffoli, piccole palline di pasta fritta mescolate a miele, scorzette d’arancia e “riavulilli”, piccolissimi confettini colorati, così simili ai Loukoumades che si mangiano in ogni angolo della Grecia, anche nel nome, tradiscono le origini greche di questo dolce (στρόγγυλος, rotondo).

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In San Gregorio Armeno, la strada più famosa del mondo per la sua Arte presepiale, la leggenda attribuisce alle Clarisse del Convento omonimo la creazione del Divino Amore, una sorta di biscotto di pasta di mandorle, con canditi, una spennellata di confettura di albicocche e finito con glassa di zucchero in onore di Beatrice di Provenza, madre del re Carlo D’Angiò. Alle stesse monache la memoria popolare attribuisce l’invenzione pure dei Raffioli o cassatine napoletane a base di

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ricotta lavorata con fiori d’arancio e zucchero e poi la nasprata, ricetta forse mutuata dalla versione salata dei ravioli. Ancora alle Clarisse del Convento di San Gregorio Armeno è attribuita la creazione della Pasta Reale, una versione molto simile alla pasta di mandorle della frutta di Martorana siciliana, ma senza l’aggiunta dell’albume, ad imitare alla perfezione fiori e frutta e anche pesci e cacciagione, come raccontano le cronache dell’epoca di Re Ferdinando IV di Borbone,

A pagina 37, Babà napoletano e, in basso, Sfogliatelle e Pastiera. In questa pagina, Struffoli. A pagina 39, Cassatina napoletana e Divino Amore. A pagina 40, Susamielli.

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secco”. Perso nel tempo l’ingrediente principale del mosto, oggi i mostaccioli sono realizzati con miele, cacao, pisto e glassa di cioccolato. Alle suore del Convento di Santa Maria della Sapienza, a Napoli è attribuita, invece, la creazione dei Susamielli, o “Sapienze”, un particolare biscotto a forma di “S” cosparso di semi di sesamo, donde il nome, la

Re delle due Sicilie, dunque non stupisce l’analogia tra le due specialità dolciarie. Alle Monache del Real Convento della Maddalena, zona popolare a ridosso dell’antico Tribunale di Castel Capuano, uno dei sette castelli di Napoli, si deve nel 1320 l’invenzione dei Roccocò, un biscotto a forma di ciambella, a base di mandorle, buccia d’arancia e “pisto”, un mix di spezie che caratterizza quasi tutta la pasticceria secca del Natale. Il nome pari derivi dal francese rocaille, che significa “roccia”, ad indicare la particolare durezza di questi biscotti pensati per essere intinti, come i cantucci toscani, nel marsala o nel vermut. Simpaticamente, sono anche conosciuti come “spaccadenti”... Altro dolce iconico della tradizione natalizia, i Mustaccioli affondano la

loro origine addirittura in epoca romana. E’ lo storico Catone che riporta la memoria di piccole focacce a base di mosto di vino, anice e miele chiamate mustacei. A fine Medioevo è il cuoco Vaticano, Bartolomeo Scappi che cita, nel suo ricettario, due versioni di questo particolare biscotto che chiama “piccolo pasticcio

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cui origine pare sia legata –addirittura!- al culto della dea Demetra nei Misteri Eleusini. Le brave monache ne inventarono di tre tipologie diverse a seconda del destinatario: con la glassa di zucchero e aroma di arancia per i nobili, con marmellata per il clero, con gli scarti per gli zampognari che, ancora oggi, durante

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le feste, girano di casa in casa riempendo le strade di suoni delle loro cornamuse. Last but not least, la “Cassata napoletana”, una (sedicente) versione light della più famosa Cassata siciliana. La differenza tra le due versioni è nei

dettagli: la napoletana prevede pan di Spagna a dischi interi (non a pezzi), ricotta vaccina (anziché di pecora), gocce di cioccolato (anziché frutta candita) e finitura con glassa di zucchero (anziché pasta di

mandorle). C’è poi, anche la “cassata infornata”, una torta di pastafrolla con stesso ripieno ma cosparsa di zucchero a velo. Qual è la specialità più buona? Non c’è che un modo per scoprirlo: venite a NAPOLI! ▣

Massimo Antonino Cascone Giornalista, laureato in Giurisprudenza. Esperto di geopolitica e cultore dell’agroalimentare ecosostenibile, è cofondatore di “KairosTV” e membro di “Come Don Chisciotte”. “È sempre l’occasione giusta per cambiare la realtà”.

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Il Trapanese e le isole Egadi durante le feste: natura affascinante, memorie storiche, gastronomia tipica La Sicilia, crogiuolo di arte, culture e miti, è una meta affascinante per i viaggi di fine anno. E nella parte occidentale dell’isola, da Trapani fino a Marsala e alle isole Egadi, le Saline offrono uno spettacolare tramonto, tra i primi quattro più belli al mondo. di Giovanna Turchi Vismara

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a Trapani, città ricca di palazzi barocchi e stupende chiese, si arriva a Marsala, affascinante con le strade lastricate di marmo, le piazze eleganti, gli edifici barocchi

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e un rinomato mercato del pesce. Marsala è indissolubilmente legata al nome dei Florio, illuminati imprenditori che tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento hanno dato lustro al territorio e prodotto il famoso vino bianco liquoroso

denominato “Marsala”. Per raggiungere Marsala si percorre la Via del Sale, attraverso un itinerario di un candore accecante che contrasta con l’azzurro del mare. Sono le saline che danno vita a un paesaggio caratterizzato da grandi specchi d’acqua, canali

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a scacchiera, alti cumuli di sale e mulini a vento, molti dei quali sono stati perfettamente restaurati e all’interno mostrano con vecchi macchinari e foto d’epoca il duro lavoro dell’uomo. Tutt’oggi il sale di questo territorio è tra i più apprezzati al mondo. Lungo il percorso si costeggia la laguna dello Stagnone che avvolge l’isola di Mozia, sito archeologico estremamente interessante, legato alla civiltà fenicio-punica del Mediterraneo. Dimenticata per secoli, fu riportata alla ribalta nei primi anni del Novecento

da Joseph Whitaker, un ricco imprenditore che decise di verificare se l’isolotto ove andava a caccia di uccelli rari fosse l’antica Mozia. Diede così il via a una campagna di scavi che durò circa un ventennio e nel 1920 fondò il museo che porta il suo cognome. In esso sono esposti reperti di notevole interesse, gioielli, monete, vasi, e una statua in marmo bianco a grandezza naturale di giovinetto con tunica, probabilmente ispirato alla scuola greca di Fidia. Girando per la piccola isola che vanta alberi secolari e ampie zone di verde si possono

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vedere in spazi ben circoscritti giovani studiosi intenti a recuperare e ripulire dal terreno pezzi di antichi mosaici. Dal porto di Marsala si raggiunge Favignana, la più grande delle isole Egadi e denominata da Salvatore Fiume negli anni ‘70 “la grande farfalla del mare” per la sua forma simile a una farfalla con le ali spiegate. L’isola nella sua parte centrale, intorno alla zona del porto, è piena di vita ma in altre parti è ancora brulla e selvaggia e base di più di cinquecento specie diverse tra flora e fauna

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tipicamente mediterranea. Nel caratteristico centro dell’isola, oltre alla casa dei Florio, la grande famiglia che diede lustro al territorio, si trova la Tonnara Florio, oggi importante museo legato alla pesca e alla lavorazione del tonno. E’ un maestoso complesso, vero gioiello di archeologia industriale, che conserva dentro la sua maestosa architettura dai grandi archi e dai soffitti altissimi le antiche attrezzature, le ancore e le barche della mattanza e testimonia contemporaneamente non solo quella che fu una delle più fiorenti industrie

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di lavorazione del tonno, ma anche il costante lavoro degli isolani e la loro fonte di sussistenza economica. Oggi l’isola vive prevalentemente di turismo e affascina i visitatori con le sue strade piene di piccoli ristoranti ove si gustano i prodotti di mare e di terra accompagnati dall’ottimo vino del territorio, con le sue piccole spiagge di sabbia bianca, tra cui spicca la spiaggia di Lido Burrone, con gli spettacolari colori del mare di Cala Rossa, Cala Azzurra, Bue Marino, e la scenografica Grotta del Cavallo.

A pagina 43, il porto di Favignana. In questa pagina, le Saline di Marsala. A pagina 45, Mozia: il museo, e, a destra, il Giovinetto. In basso, Casa Florio. A pagina 46, il mercato del pesce di Marsala.

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Affascinante isola, in parte ancora selvaggia è Marettimo che deve il suo nome forse alla fusione delle due parole maretimo, per la notevole abbondanza di timo presente da sempre sul territorio. L’interno dell’isola è segnato da una montagna impervia mentre la costa è ricchissima di grotte sia emerse che sommerse, frutto del lavoro secolare della natura.

Molte sono visitabili in barca e attraggono per l’aspetto spettacolare come la Grotta del Tuono o del Presepe, ricca di stalattiti e stalagmiti. Sono poche le piccole spiagge che si possono raggiungere via terra, ma tra queste spicca la bellissima Cala Bianca con la sua spiaggia di sassi alle pendici del promontorio di Punta Troia. La più piccola delle

Egadi è Levanzo, ancora incontaminata. La sua costa frastagliata alterna la macchia mediterranea a boschi di pini di Aleppo ed è segnata da caratteristiche calette. Di fronte a Cala Minnola si trova un importante sito archeologico che a 27 metri di profondità trattiene il relitto di una nave romana con i suoi resti di vasellame e anfore antiche. ▣

Giovanna Turchi Vismara Giornalista freelance, laureata in lettere, filosofia e storia dell’arte, scrive articoli di turismo, arte, moda. È stata in Giappone per un viaggio studio, dietro invito dell’Ambasciata, in rappresentanza dell’Associazione Europea degli Insegnanti.

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La Grotta di Babbo Natale di Ornavasso Ornavasso è un comune di circa 3.500 abitanti, sulla sponda piemontese del lago Maggiore, nella bassa Val D’ Ossola, ed è qui che ogni anno è possibile immergersi in un mondo incantato in uno dei contesti più scenografici d’Italia, meta non solo di un pubblico italiano ma anche straniero. di Maria Luisa Guerriero

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d Ornavasso si trova una grotta sotterranea, ricavata all’interno di una cava contenente il marmo che fu utilizzato per la costruzione del Duomo di Milano, in cui ha deciso di mettere su casa niente meno che Babbo Natale. I bambini qui possono coronare il sogno di immergersi in un mondo incantato, un parco tematico di 20 mila metri quadrati che accoglie non solo i bambini, qui per la prima volta i visitatori potranno incontrare il vero Babbo Natale mentre sfila con le proprie renne.

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Otto trenini “Renna Express” collegano il centro di Ornavasso con il Parco di Babbo Natale, il grande Presepe, il Paese dei Balocchi con i mercatini natalizi al coperto, il Teatro di Babbo Natale, un presepe allestito in un’area di circa 600 metri quadrati, con statue e attività a grandezza naturale. Varcato l’ingresso, si percorre un tunnel lungo circa 200 metri, nel quale risuonano canzoni natalizie. Lungo il percorso si incontrano nicchie addobbate con alberi di Natale, elfi,

palline e luci colorate. E al centro di questa stanza, lui: Babbo Natale. Ci si può avvicinare e ovviamente consegnare le letterine direttamente nelle sue mani e scattare un paio di foto ricordo seduti sulla sua slitta. L’autenticità ha reso unico questo evento, che richiama a ogni edizione visitatori da tutta Europa: i sentieri nei boschi, dove corrono gli scoiattoli, i cunicoli sotterranei del Parco, i twergi, gli gnomi della montagna di Ornavasso, aiutanti di Babbo Natale,

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che accolgono i bambini e consegnano personalmente il “Diploma di Bravo Bambino”. Un mondo a dimensione di bambino dove non possono mancare i giocattoli, dal Paese dei Balocchi alla Fabbrica dei Giocattoli. La tradizione racconta che i Twergi sono dispettosi folletti della montagna, depositari di antiche saggezze, si nascondono all’interno delle cavità dei faggi o nelle gallerie delle miniere. Si tramanda che queste creature di discendenza germanica, descritti nelle favole di Ornavasso, sono

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benevoli e simpatici e si divertono a fare scherzi a pastori e boscaioli. Il loro nome potrebbe derivare dal tedesco medioevale Twerg e si presume che sarebbe giunto con le popolazioni Walser

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che emigrarono dal Canton Vallese nella Val D’Ossola, Valle Gressoney e Val Sesia nel XII e XIII secolo. Quest’anno la Grotta di Babbo Natale si sposta a Stresa, dove è possibile incontrare Babbo Natale

a bordo del Piroscafo Piemonte, una delle navi a vapore più famose con lampade e arredi originari inizio Novecento, e navigando il lago sarà possibile assistere anche allo spettacolo di Natale.

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Ma è solo uno dei momenti in mezzo a tanti altri appuntamenti elettrizzanti. Sarà possibile visitare i presepi dell’Isola dei Pescatori, negozi e bancarelle sparse per la città, divertirsi sulle giostre di Natale con la ruota panoramica sul lago e la slitta volante. Il territorio offre anche spunti per conoscere opere di arte e antichità. Infatti, nella zona di Ornavasso è possibile vistare Il Santuario della Madonna dei Miracoli (Santuario di Boden) nota per l’immagine della Beata

Vergine dipinta sul muro che veniva venerata dagli abitanti della zona. Il Santuario della Madonna della Guardia si trova lungo la strada che conduce al Santuario del Boden. La sua costruzione iniziò nel 1674, ma venne completata solo un secolo dopo nel 1774. Abbandonata e chiusa nel 1965, nel 1991 iniziarono i lavori per il suo recupero. La Torre di guardia, antica torre di segnalazione, edificata nei primi anni del XIV secolo per potere avvertire, mediante l’accensione di fuochi, le popolazioni ossolane

di eventuali attacchi da parte degli Svizzeri che imperversavano in tutta la valle. La Cava di marmo che si trova a circa 1,5 km dal centro. La cava è famosa per avere fornito la materia prima per la costruzione della facciata della Certosa di Pavia, del rivestimento dei pilastri nell’Ottagono del Duomo di Pavia, oltre ad altri importanti monumenti, come l’Arco della Pace di Milano e una piccola parte del Duomo di Milano. ▣ www.grottadibabbonatale.it www.comune.ornavasso.vb.it

Maria Luisa Guerriero Architetto, vive e lavora a Milano, con interesse per design e architettura sostenibile. Sviluppa progetti di interior residenziale, con ricerca di studio di materiali e tecniche e attività di consulenza in sicurezza del lavoro.

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TORRONI D’IRPINIA Campania Felix, l’antica splendida denominazione attribuita all’area che va dalle pendici del monte Massico fino alla zona dei Campi Flegrei, e che pertanto all’epoca era riferita solo a una parte della regione prospiciente la costa, oggi può valere per l’intero territorio regionale. Specialmente nell’ambito della produzione dolciaria, e in periodi di festività imminenti, il Sannio e l’Irpinia sono vere protagoniste con la magia e l’unicità delle loro tradizioni e dei maestri artigiani. di Alberto De Rogatis – Foto Alberto De Rogatis, Torronificio del Casale, Premiata Fabbrica Torroni Innocenzo Borrillo

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on solo fascia costiera, ma anche le aree interne della Campania possono definirsi, con

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autorevolezza, gelose custodi di un preziosissimo scrigno di prelibatezze. Iniziamo dalla provincia di Benevento, la terra delle streghe e dei torroni, dove

regna incontrastato da oltre due secoli il “feudo del croccantino” San Marco dei Cavoti, borgo ricco di storia situato nell’Appenino sannita. Nel corso dei secoli

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si sono alternate presenze di varie popolazioni, tra cui i Gavots, gli abitanti di un tempo delle montagne di Gap in Provenza, definiti anticamente “de Gavotis” termine a cui corrisponde l’attuale “dei Cavoti” che si unisce a San Marco, patrono del paese. Più recente la storia del

prodotto dolciario simbolo del luogo, il tradizionale torroncino denominato “croccantino”. Risale al 1891 quando il cav. Innocenzo Borrillo, all’epoca molto giovane ma già formatosi nelle migliori pasticcerie di Napoli, creò nel suo piccolo laboratorio artigianale un delizioso croccantino di

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mandorle e nocciole ricoperto di finissimo cioccolato. Con straordinaria maestrìa e passione diede vita, quindi, ad una serie di gustosi dolci e fu valido esempio per altri produttori che contribuirono a rendere San Marco dei Cavoti una località rinomata del torrone in Italia. Presso l’azienda guidata da Innocenzo Borrillo, nipote e omonimo del famoso cavaliere sammarchese che prosegue con elevate capacità l’arte di famiglia, si effettua un’attenta selezione di mandorle e nocciole per ottenere una granella di ottima qualità che dà vita al croccantino; lo stesso viene poi immerso e rivestito di cioccolato fondente. Nascono così i prelibati Baci per i

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quali diversi decenni fa il cav. Borrillo coniò lo slogan “Sempre imitati, raggiunti mai!”. Anche in Irpinia esiste una consolidata tradizione nella produzione dei torroni, principalmente a Dentecane, frazione del comune di Pietradefusi, e a Ospedaletto d’Alpinolo, paese situato ai piedi di Montevergine, celebre per l’omonimo Santuario. Una miriade di aziende danno lustro a questo tipico prodotto delle feste; alcune sono diventate vere e proprie realtà industriali, altre invece hanno conservato la dimensione

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familiare e un’autentica identità artigianale, con una produzione contenuta e di qualità. A Ospedaletto d’Alpinolo, Stella Ambrosone, con le sorelle Paola e Carmela, porta avanti un’antica storia di famiglia nel proprio torronificio artigianale, con grande dedizione e professionalità. “Il torrone classico della nostra tradizione è friabile, aromatico e dal colore bianco che è frutto del miele millefiori che lo compone e di una accurata lavorazione. – ci spiega Stella - E’ molto leggero e ricco di frutti tostati, in particolare di nocciole che

abbondano in Campania e soprattutto nelle campagne dell’avellinese, oltre che di pregiate mandorle provenienti da Puglia e Sicilia. La dolce vaniglia contribuisce a creare l’aroma inconfondibile di questo torrone”. Altro indiscusso protagonista delle festività natalizie è da sempre il panettone, celebrato negli ultimi anni in tantissime varianti dai più rinomati pastry-chef. Una evidente metamorfosi per cui lo stesso ha di fatto abbandonato ogni stagionalità; oggi il panettone interpreta

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sovente, nella sua lavorazione artigianale, le principali eccellenze di un territorio. Tra le specialità del panettone “a trazione meridionale” spicca in Campania il pan babà. E precisamente ad Avellino, da produttori forti del notevole bagaglio di esperienza pasticcera campana, nasce uno dei panettoni più apprezzati e innovativi, farcito con crema al gusto tipico del babà. “È il gioiello della

produzione di panettoni di cui andiamo particolarmente fieri – afferma Roberto de Pascale, tra gli artigiani che meglio interpretano questa caratteristica lavorazione natalizia – il pan babà è dal sapore delicato, soffice e profumato e per la sua lavorazione viene dedicata massima cura all’intero procedimento, dall’incordatura degli impasti all’infornatura, utilizzando ottimi ingredienti solo italiani.” ▣

A pagina 52, Pan Babà. A pagina 53, Torrone classico friabile e, in basso, Croccantino Borrillo. A pagina 54 e 55, Ospidaletto D’Alpinolo e, in basso, Avellino: Piazza Libertà.

Alberto De Rogatis Giornalista, appassionato di turismo, enogastronomia e arte, esperto di comunicazione. Ha al suo attivo campagne in Italia e in Estremo Oriente ed è cofondatore del Premio Spot School Award per giovani creativi.

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Biscotti, un dolce regalo fatto in casa In contrasto al freddo invernale, dei biscotti appena sfornati scalderanno l’animo e il cuore di chi li mangerà durante la festa più emozionante dell’anno. Che sia in famiglia o tra amici, la speranza è che si possa passare un Natale pieno di felicità e armonia, dove il cibo sia un mezzo per accentuare ancor di più il senso di comunità e di condivisione. di Andrea Di Falco

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l Natale è forse la festa più rappresentativa dell’anno, in cui l’amore si manifesta anche nella familiare convivialità a tavola. La scelta

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su cosa mangiare è legata soprattutto alla tradizione familiare, ogni famiglia è legata a consuetudini differenti, che si identificano in diverse preparazioni. I dolci

richiamano fortemente il clima natalizio. Panettone, pandoro e torrone sono solo alcuni dei tradizionali protagonisti, ma forse quest’anno dei biscotti natalizi potrebbero

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autoinvitarsi alla festa. Un prodotto da forno perfetto per l’atmosfera natalizia, che unisce il bouquet aromatico della pasta frolla ai classici profumi dei dolci di Natale. La ricetta è semplice e ideale per gli intolleranti al lattosio; per la preparazione occorrono solo una frusta e una bowl. La cottura sarà breve e ad alta temperatura, così da avere una consistenza morbida e scioglievole al palato. Per iniziare, ci sarà bisogno di: 180 g di zucchero semolato, 130 g di olio di girasole o mais, 85 g di miele, 2 uova, 1 cucchiaino di sale fino, 2 cucchiaini di lievito in polvere, 4 cucchiaini di cannella in polvere, 2 cucchiaini di zenzero in polvere, la scorza di 1 arancia grattugiata, 440 gr di farina

00, 100 g di cioccolato fondente a pezzetti, 60 g di uvetta sultanina, 60 g di nocciole tritate. Inserite gli ingredienti all’interno di una bowl, tranne farina, cioccolato, uvetta e nocciole, e miscelate il tutto per circa un minuto con una frusta. Una volta ottenuto un composto omogeneo, inserite i restanti ingredienti e amalgamate fino a completo assorbimento. Al termine del procedimento la massa potrà risultare difficile da lavorare immediatamente, poiché è essenziale dare tempo alle polveri di reidratarsi uniformemente. Quindi, mettete l’impasto tra due fogli di carta da forno e appiattitelo leggermente con le mani in modo da formare un rettangolo alto circa 3

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cm. Riponete il tutto in frigo almeno per 3 ore, meglio ancora se per tutta la notte. Dopodiché togliete l’impasto dal frigo, staccate il primo foglio di carta da forno a contatto con la pasta e, con un coltello, tagliate dei piccoli rettangoli di circa 2 x 3 cm. Arrotolateli con le mani formando delle palline che disporrete, ben distanziate, su una teglia ricoperta di carta da forno. Mettete a cuocere i dolcetti: modalità statica per 9/10 minuti a 200 °C. Una volta cotti, lasciateli raffreddare, preferibilmente su una griglia. Stendendo invece l’impasto allo spessore di circa 4-5 mm, ritagliandolo con formine a tema e decorando infine con una glassa, i biscottini diventeranno del tutto natalizi. Per la glassa, miscelate 200 g di zucchero a velo, 1 albume d’uovo e 1 cucchiaino di succo di limone fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Per dare un tocco di colore, aggiungete 3 g di colorante alimentare solubile alla glassa. Ora date sfogo alla vostra creatività decorando i biscotti già freddi dopo aver inserito la glassa in un sac à poche, oppure con l’aiuto di un cucchiaino. Terminate le decorazioni, infornate i biscotti allineati su una teglia ricoperta da carta forno: 180 °C modalità statica per 4/5 minuti. Una volta sfornati potrete abbellire ulteriormente i biscotti con

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IL TOCCO DA CHEF Potete porzionare l’impasto e tenerlo in freezer all’interno di sacchetti alimentari, così da infornare poi direttamente i biscotti da congelati (il tempo di cottura sarà prolungato fino a 15 minuti circa). Per aumentare

codette colorate, mandorle a lamelle oppure spolverandoci sopra delle spezie. Per trasformare i biscotti in piccoli regali natalizi inseriteli all’interno di un sacchetto di cellophane, cercando di

la percezione del cacao, sostituite uvetta e nocciole con pari quantità di cioccolato e, per un contrasto dolce salato, all’uscita dal forno cospargete un po’ di fiocchi di sale su ogni biscotto.

eliminare più aria possibile, subito dopo chiudete la confezione con l’aiuto di un nastrino colorato in tessuto o di carta, al quale attaccherete il bigliettino di auguri. In alternativa, adoperate dei barattoli in vetro, anche

riciclati, e applicate sul coperchio, con del nastro biadesivo, un ritaglio orlato di carta regalo e passate attorno alla circonferenza il nastro colorato. Molto adatte anche delle piccole scatole colorate. ▣

Andrea Di Falco Laureando in Scienze dell’amministrazione e delle relazioni internazionali presso l’Università Tor Vergata di Roma, è appassionato di gastronomia e letteratura culinaria. Ha occupato vari ruoli in cucina specializzandosi in pasticceria.

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I linguaggi del Prosecco tra arte, design e cinema Cosa accomuna l’inaugurazione di una mostra a San Pietroburgo, il Carnevale di Venezia tra le calli misteriose, e una rassegna cinematografica in cantina? E quale filo d’oro fresco unisce l’ADI - Museo del Design di Milano al Teatro Stabile del Veneto? Risposta univoca a due domande generiche: l’Italian Genio del Prosecco DOC. A cura di Redazione Centrale

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a quintessenza nazionale dell’eccellenza del vino spumante, il simbolo primigenio dell’enologia italiana, è il partner privilegiato per raccontare ed esaltare le forme di arte, cultura, spettacolo e design che hanno reso celebre l’Italia nel mondo. Italia e fatto in Italia, il made in Italy sinonimo di qualità e attenzione massima dal primo grammo di terra che

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accoglie il seme fino alla bottiglia (in questo caso) che viene stretta tra le mani dal cliente finale. Fili d’oro, viticci che si intrecciano, legami forti che si cementano tra il Prosecco DOC e il mondo della cultura italiana in tutte le sue espressività, in Italia e fuori dai confini nazionali. In espansione, la galassia di sostegno e dialogo tra il vino spumante italiano più famoso al mondo e le arti

sembra non esaurirsi mai. Anzi, come una sorgente di bollicine fresche, continua ad essere alimentato con nuovi incontri, viaggi, partnership. Lì dove si riconfermano rapporti stretti come con il Carnevale di Venezia, ritornato agli antichi splendori di mistero e storia dopo il necessario stop dell’anno pandemico, nell’anno della ripresa tanto desiderata si torna a godere della freschezza delle bollicine mentre si

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(ri)scoprono sale, dipinti, sculture, rassegne. Nella mappa geografica delle collaborazioni, una bandierina sventola dall’alto del Museo Hermitage di San Pietroburgo, dove dal 2016 il Prosecco DOC è Vin d’Honneur per accompagnare le principali celebrazioni ed eventi del museo, e una particolare attenzione è dedicata alle esibizioni e temporanee dedicate ad artisti italiani. Il rapporto stretto ha portato anche ad una speciale attività

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di mecenatismo verso il recupero di opere dell’arte veneto-friulana a rischio, e ad uno scambio culturale tra l’Hermitage e i musei delle due

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regioni del Prosecco DOC. Emblematico è il caso dell’opera del Lotto Ritratto di coniugi, custodita all’Hermitage e restaurata con il contributo

del Consorzio. Ma l’arte, in Italia, non è solo quella figurativa. Lo sono l’enologia e la cucina, lo è il cinema (non

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a caso definito “settima arte”), lo è la moda. Proprio il Prosecco DOC è il viatico alla divulgazione del fashionbiz, uno dei comparti più importanti

nel tessuto economico e sociale del nostro Paese. E l’Italian Genio si declina tra bottiglie e cuciture nel rapporto tra Prosecco DOC e Apritimoda, il

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primo appuntamento dedicato alla scoperta dell’universo delle case di moda: la possibilità di entrare nelle botteghe di firme prestigiose e farsi svelare i segreti degli stilisti, sorseggiando le bollicine per celebrarne la professionalità. Nel 2021 la collaborazione si ripeterà con l’ADI Design Museum – Compasso d’Oro, sede della collezione storica dei prodotti premiati con il riconoscimento di design più prestigioso al mondo, Il Compasso d’Oro, nato da un’idea di Giò Ponti nel 1954, gestito da ADI attraverso la sua fondazione. La partnership con Prosecco DOC è cominciata con l’inaugurazione del museo e una bottiglia in edizione limitata realizzata appositamente dal Consorzio di Tutela, ed è proseguita con il Prosecco quale Official Sparkling Wine di ADI Design Museum e con un corner dedicato nella caffetteria all’interno del museo. D’altronde non si manca si ricordarlo: laddove arte, artigianato, maestria e territorio incontrano l’orgoglio, c’è il Prosecco. E dove c’è il Prosecco, c’è il migliore rappresentante della cultura e del saper fare tricolore, l’Italian Genio che non limita mai i suoi stimoli. ▣

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La “pergola”: una peculiarità della viticoltura abruzzese Un convegno a Tollo, nel chietino, ha messo in evidenza le caratteristiche uniche della coltivazione “a pergola” e del paesaggio rurale storico abruzzese, possibile candidato a Bene protetto dall’Unesco. di Franca Dell’Arciprete Scotti – Foto Franca Dell’Arciprete Scotti, Comune di Tollo

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unga è stata l’evoluzione della viticoltura abruzzese nel corso degli ultimi settanta anni. Diffusa soprattutto nella provincia di Chieti, che comprende, tra il mare Adriatico e i massicci della Majella, il 75% del territorio vitato e 32 su 35 cantine cooperative abruzzesi, rende l’Abruzzo una delle zone viticole più importanti d’Italia, insieme con il Trapanese e il Veronese. Negli anni, dunque, si è verificato il passaggio

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dalla produzione di uva da tavola a uva da vino, e poi il passaggio dalla produzione in quantità di vino destinato alle grandi aziende vinicole del Nord Italia, alla produzione di vino di qualità, valorizzando negli anni ’90 i vitigni autoctoni, soprattutto Montepulciano, Trebbiano, Passerina e Pecorino, e le etichette abruzzesi. Un percorso di qualificazione che ha contribuito al ripopolamento delle campagne ed è arrivato al riconoscimento della Tullum Docg, la denominazione locale istituita nel 2008 ed

elevata a Docg nel 2019. Molto importante, in questo percorso, la forza della cooperazione, che si identifica soprattutto nella grande Cantina Tollo e nella Cooperativa di Coltivatori Diretti. www.cantinatollo.it Ma nel corso degli anni è rimasto costante, al di là dei campanili, delle proprietà private e dei confini, il peculiare sistema di allevamento della vite, detto popolarmente “a tendone” o “a capanna”, e tecnicamente “a pergola”.

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Ma che cosa rende così peculiare il sistema della “pergola abruzzese”? A questo sistema è stato dedicato un convegno molto interessante, “La pergola abruzzese: un patrimonio da tutelare e valorizzare”, promosso da Angelo Radica (foto), sindaco di Tollo e neo Presidente Nazionale delle Città del Vino, che guiderà per i prossimi tre anni le nuove sfide dei 460 Comuni a vocazione vitivinicola all’insegna dello sviluppo enoturistico del Belpaese, delle buone pratiche di gestione ambientale, della sostenibilità e della

transizione digitale. Alla sua tenace e volitiva passione si deve l’organizzazione del convegno con l’adesione di responsabili del Consorzio di Tutela “Vini d’Abruzzo” e Consorzio di Tutela “Tullum DOCG”, enologi e agronomi, sindaci dei comuni della zona, i docenti universitari Giuseppe Festa e Lia Giancristofaro. Dal convegno sono emerse le caratteristiche fondamentali del sistema a pergola: protezione dei grappoli dall’irraggiamento diretto, maggiore distanziamento dei grappoli da terra, migliore idratazione

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del terreno, ottima ventilazione in vigna. Lo svantaggio è l’obbligo di una lavorazione solo manuale in tutte le fasi, dalla potatura alla legatura, alla defoliazione alla raccolta. Il convegno ha quindi contribuito anche a sviluppare consapevolezza e orgoglio negli operatori della viticoltura abruzzese, forti di lunga esperienza e competenze inconfondibili. La viticoltura abruzzese si caratterizza anche per una grande varietà orografica che comporta la coltivazione di numerosi vitigni autoctoni e no. Da qui una splendida

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varietà del paesaggio che, soprattutto da ottobre in poi, assume colorazioni suggestive, dal verde al giallo, all’arancio al rosso, in un affascinante “foliage”. Sono emerse, dunque, anche le potenzialità davvero rilevanti per

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l’enoturismo abruzzese, che vanta già una bella storia. Alcune cantine sono state all’avanguardia nell’accoglienza degli enoturisti, come la cantina Dora Sarchese di Ortona, famosa per la Fontana del vino, il cammino dei

Vignandanti, la Vendemmia dei bambini in settembre, oppure la splendida nuovissima cantina Antico Feudo, che, con un progetto di archeo-enologia, sorge sul sito di una villa romana di epoca imperiale, già attiva nella viticoltura, oppure la Vigneti Radica aperta a degustazioni e visite in cantina, per conoscere la storia aziendale. www.dorasarchese.it, www.feudoantico.it, www.vignetiradica.it Dal convegno svolto a Tollo sono emerse, dunque, insieme con le peculiarità del sistema “a pergola”, anche le tipicità di paesaggio rurale storico, di tradizioni sociali e culturali

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che rendono identitario questo territorio, non solo con gli elementi naturali che lo delimitano, ma anche per l’opera dell’uomo con i suoi saperi e la sua

cultura. Quindi, possibile candidato a bene nel Patrimonio dell’Umanità protetto dall’Unesco. Dal convegno di Tollo

comincia dunque l’elaborazione di un dossier che può condurre a questo prestigioso obiettivo. ▣ www.vinidabruzzo.it

Franca Dell’Arciprete Scotti Giornalista dal 1991, è laureata in Lettere Classiche. Ha mille interessi, curiosità a 360° e passione per i viaggi che narra con precisione e metodo. Dedica molto tempo a vivere in giro per il mondo.

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PROSECCO,

istruzioni per l’uso Le prime citazione della coltivazione del Prosecco nelle colline di Conegliano Valdobbiadene risalgono alla fine del ‘700 e già alla metà dell’800 il vitigno viene vinificato in purezza. di Francesco Bruzzese

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l XX secolo conferma il trend di crescita della viticoltura nell’area di Conegliano Valdobbiadene, con la prima etichetta che riporta la data del 1924 del Prosecco dei Colli di Conegliano. Il riconoscimento del “Prosecco dei Colli di Conegliano Valdobbiadene” (DOC) è del 2009 con l’attribuzione della DOCG Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, dando risalto non più al vitigno (Glera) ma ai Paesi che lo identificano come territorio di produzione. Il territorio dell’area di produzione del Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG è diventato da qualche anno Patrimonio Unesco.

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Le denominazioni La denominazione Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG comprende inoltre le seguenti tipologie: 1. Conegliano Valdobbiadene Prosecco superiore DOCG Rive (43 sottozone); 2. Conegliano Valdobbiadene Prosecco superiore DOCG Cartizze; 3. Conegliano Valdobbiadene Prosecco Frizzante DOCG; 4. Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG (Tranquillo). La denominazione “Conegliano – Valdobbiadene” può essere utilizzata in etichetta anche

indicando “Valdobbiadene – Conegliano” oppure indicando soltanto una delle due denominazioni. I vini della denominazione Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG sono ottenuti dalle uve del vitigno Glera in purezza e fino ad un massimo del 15% di Verdiso, Bianchetta trevigiana, Perera e Glera lunga. L’area della DOCG Conegliano Valdobbiadene Prosecco presenta una serie di rilievi collinari separati da valli percorse da piccoli corsi d’acqua. Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore è uno spumante DOCG

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PRODUZIONE ANNUA AMMESSA D A I VA R I D I S C I P L I N A R I D I P R O D U Z I O N E TIPOLOGIA DI VINO DOCG CARTIZZE DOCG RIVE DOCG CONEGLIANO VALDOBBIADENE DOCG ASOLO DOC PROSECCO

RESA PER ETTARO 120 q.li/ha 130 q.li/ha 135 q.li/ha

N° BOTTIGLIE 1.2 milioni 2 milioni 90 milioni

SUPERFICIE VIGNETI 108 ettari 249 ettari 8.089 ettari

135 q.li/ha 180 q.li/ha

17 milioni 500 milioni

2.000 ettari 24.450 ettari *

* Per la vendemmia 2021 Il Consorzio Tutela DOC Prosecco ha chiesto di aggiungere l’idoneità temporanea di 6.250 ettari dalle superfici a Glera bloccate. Con una previsione di poter superare oltre 600 milioni di bottiglie in un anno.

proviene da una sottozona disciplinata fin dal 1969 di soli 108 ettari di vigneto, a forma di pentagono, compresa tra le colline più Conegliano Valdobbiadene scoscese di San Pietro di Barbozza, Santo Stefano Prosecco Superiore Rive e Saccol, nel territorio di DOCG Valdobbiadene. Il termine “Rive” indica, nel Il vino Conegliano dialetto locale, le pendici Valdobbiadene Prosecco delle colline scoscese DOCG viene prodotto che caratterizzano il anche nella versione territorio. Questa tipologia frizzante, sempre di spumante mette in luce mediante fermentazione in le diverse espressioni del autoclave. Conegliano Valdobbiadene. Il Rive è ottenuto spesso dai vigneti più ripidi e vocati Asolo Prosecco DOCG Altra DOCG vicina con uve provenienti da un alla zona della DOCG unico Comune (N.15 sono Conegliano Valdobbiadene i Comuni della DOCG) o è la denominazione “Asolo frazione di esso. – Prosecco” riservata ai vini che corrispondono Conegliano Valdobbiadene Prosecco ai requisiti stabiliti dal Superiore Cartizze DOCG disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie: Il Cartizze spumante prodotto esclusivamente nelle colline di Conegliano Valdobbiadene, a partire dal vitigno Glera.

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“Asolo - Prosecco”; “Asolo - Prosecco” spumante, accompagnato dalla menzione superiore; “Asolo - Prosecco” Frizzante. Prosecco DOC Oltre la tipologia di Vini a DOCG, sopra indicati, esiste anche la tipologia Prosecco DOC che in comune hanno l’utilizzo della stessa uva Glera e il medesimo sistema di spumantizzazione (metodo charmat o Martinotti). Prosecco DOC Rosé Alla tipologia Prosecco DOC, sopra descritta, dobbiamo aggiungere, da quasi un anno, la tipologia dello spumante “Prosecco Doc Rosé” che vede il Pinot Nero (vinificato in rosso) aggiungersi al Glera nella

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misura compresa tra il 10% ed il 15%, solo in versione millesimato. I requisiti commerciali Tutti i vini sopra descritti, nelle varie tipologie, possono essere commercializzati esclusivamente in bottiglie di vetro. Diffidate quindi del falso Prosecco alla spina e del prodotto che viene spacciato in lattina, non è Prosecco DOC. Anche al ristorante non può essere

offerto come Prosecco uno spumante generico: la presenza delle bollicine non è sinonimo di Prosecco. Occorre pretendere che al ristorante i vini imbottigliati vengano stappati davanti ai clienti, previa visione dell’etichetta. Assicuratevi sempre della presenza del contrassegno di Stato sul collo della bottiglia che ne accerti l’autenticità e la qualità. Le bottiglie non vanno lasciate a lungo in frigo,

ma devono restare per il tempo necessario a una temperatura di + 6°C e quindi servite a tavola con l’utilizzo di un cestello con ghiaccio o altre piastre refrigeranti per mantenere costante la temperatura. Le indicazioni DOCG e DOC, in etichetta, possono essere accompagnate o sostituite dalla sigla DOP, che definisce a livello europeo, i vini a denominazione di origine. ▣

Francesco Bruzzese Enologo, Commissario degustazione oli e vini Regione Veneto e socio SINU Società Nutrizione Umana con laurea in Scienze Alimentari. Già funzionario MIPAF, ha l’Onorificenza di Ufficiale al Merito su nomina del Presidente della Repubblica.

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Bruges, una favola medievale nel cuore delle Fiandre Tra canali, edifici merlettati, birrifici e cioccolato la romantica cittadina belga di Bruges è una meta imperdibile. Specie a Natale, quando luci e profumi si moltiplicano e rubano i sensi. di Massimo Antonino Cascone – Foto A. Cascone

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ruges, Brugge in fiammingo, deve il suo nome all’antico termine germanico ‘brugj’, che

significa ‘ormeggio’, segno del suo speciale legame con il mare del Nord cui, fin dall’epoca romana, è collegata grazie a una fitta rete di canali e corsi d’acqua.

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Non a caso è chiamata anche la Venezia del Nord. Da qualsiasi parte la si guardi, Bruges è sempre uno spettacolo che lascia senza fiato! Dall’alto della cattedrale

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di St. Sauveur, la più antica chiesa in mattoni del Belgio, lo sguardo si distende sul mare di tetti rossi delle case, le guglie e le alte torri che sembrano grattare il cielo. Bruges si apprezza soprattutto in barca, tra l’intreccio di canali, ponti ed edifici che sembrano toccare l’acqua. Rozenhoedkaai, Quay del Rosario forse è il luogo più fotografato della città, per l’eleganza dei palazzi e l’atmosfera magica che avvolge questo luogo, specie di sera. Immerso in parchi e giardini lussureggianti di flora e fauna, il Minnewaterpark, meglio noto come Lago

dell’Amore, è l’incantevole porta d’accesso al Begijnhof, detto anche Beghinaggio, un quadrilatero di casette bianche affacciato su un piccolo parco circondato da lunghi filari di alberi. Prima abitato dalle beghine, donne laiche accomunate da una sorta di sorellanza, poi suore, sin dal ‘500 il Begijnhof è stato famoso per i suoi ricami e i merletti raffinati che hanno reso Bruges la capitale più importante d’Europa. Nel 1970 è stato creato il Kantcentrum, il Centro del merletto, che custodisce la storia e le opere delle Merlettaie delle Fiandre, con percorsi espositivi ed esperienziali.

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Bonifaciusbrug, il ponte di San Bonifacio, è un altro degli scorci più amati e fotografati della città, sia da terra che dall’acqua, con le barche che sfilano, silenziose nel canale insieme ai cigni, simboli di Bruges, offrendo scorci inattesi, come SintJanshospitaal, l’Ospedale, oggi museo, fondato nel 1150. Passeggiando tra i vicoli acciottolati, è facile essere avvolti dalle meravigliose melodie di un’arpa quanto dall’intenso profumo dell’aroma di cioccolato: ogni passo è una tentazione continua tra laboratori artigianali e negozi di cioccolatini di tutti i gusti

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e con diversi ripieni. Un paradiso per i golosi, impossibile resistere! Bruges è giustamente famosa anche per la speciale birra trappista, così chiamata perché prodotta dai monaci trappisti. La Brouwerij De Halve Maan, è lo storico birrificio del 1856 della famiglia Maas che offre percorsi degustativi guidati, un museo della birra e un ristorante dove gustare formaggi e specialità locali in abbinamento alla classica Brugse Zot, biondo-dorata, e alla

Brugse Zot Dubbel, scura e forte, nomi che richiamano l’antico soprannome degli abitanti di Bruges, Brugse Zotten, i matti di Bruges. A pochi passi il Grote Markt

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è la grande Piazza del Mercato, piena di caffè, bar, cioccolaterie e palazzi dai tipici tetti merlettati, su sui si affacciano il Palazzo di Giustizia e il Belfort,

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l’altissima torre civica, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, che diffonde melodie con le sue quaranta campane. Qui dal 26 novembre al 9 gennaio 2022 si svolge uno dei mercatini di Natale più famosi del Belgio, tra bancarelle,

prodotti tipici, artigiani del legno e del ferro, vetrine traboccanti di cioccolato, sciarpe e cappelli, cibo da strada. Curiosando in cerca del regalo ideale, si giunge al Burg, l’elegante piazza quadrata alle spalle del Markt, sede del Palazzo

Comunale (Municipio), il più antico palazzo pubblico del Belgio, tra i massimi esempi di stile gotico brabantino. Su tutto, l’intenso profumo speziato del Glühwein, il vino caldo profumato di cannella e arancia. Benvenuto Natale! ▣

Massimo Antonino Cascone Giornalista, laureato in Giurisprudenza. Esperto di geopolitica e cultore dell’agroalimentare ecosostenibile, è cofondatore di “KairosTV” e membro di “Come Don Chisciotte”. “È sempre l’occasione giusta per cambiare la realtà”.

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DANIMARCA, sulle orme di Hans Christian Andersen Luci, luoghi incantati, mercatini, gastronomia, design, tradizioni. La Danimarca è una meta davvero speciale, ancor di più nel periodo delle feste natalizie, quando la magia del Natale diventa protagonista dell’inverno e rivivono le favole più belle. Testo e foto di Federica Anna Guerriero

Quando sarò morto tornerò a Napoli a fare il fantasma, perché qui la notte è

indicibilmente bella.” Così scriveva il famoso scrittore danese Hans Christian Andersen al culmine delle sue visite nella città

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partenopea, la cui bellezza gli aveva rapito il cuore e riempito gli occhi. Originario di Odense, terza città più grande della

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Danimarca che, invece, specie d’inverno, vanta solo poche ore di luce naturale al giorno, Andersen è l’autore di tante romantiche fiabe, da oltre due secoli nel cuore di lettori di ogni età. È proprio nella sua terra natia, la Fionia, che si può vivere il Natale più fiabesco della Danimarca. Nel centro storico, circondato da vicoli ed edifici ottocenteschi, il 4-5 dicembre e l’11-12 dicembre si svolgerà il Mercato Natalizio di H. C. Andersen, tra luminarie, bancarelle, artigiani locali, le immancabili æbleskiver, i dolcetti di Natale danesi, giocolieri, giri in carrozza, giostre, organi a manovella e, naturalmente, i personaggi delle fiabe di Andersen. Meta imperdibile la casa natale di Andersen e la Casa Museo a lui

dedicata, con inedite rivisitazioni delle favole classiche, un bellissimo intaglio di carta originale, attualmente in prestito al Museo della Carta di Blokhus, e un meraviglioso giardino tutto da esplorare. Oltre a essere uno scrittore straordinario, Andersen era anche un maestro nell’arte dell’intaglio della carta. Pare addirittura che sia lui l’artefice del cuore di Natale o “Julehjerter”, il cuore pieghettato di Natale intrecciato più antico del mondo che, tradizionalmente, si pone in cima all’albero, seguito a ruota dalla Stella di Natale d’argento o d’oro, bandiere danesi e altre decorazioni. Il castello di Egeskov è un luogo incantato, quintessenza dell’atmosfera natalizia tra

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A pagina 80, Canale di Nyhavn. In questa pagina, Scultura Andersen di Louis Hasselriis, Odense - credit photo: Visitdenmark.

casette, specialità locali, canti di Natale, folletti dispettosi, giochi di luci e di suoni nel bellissimo giardino rinascimentale. Custodisce una delle

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bambole di carta ritagliate a mano di Andersen e un guardaroba con 44 abiti. Copenaghen, capitale della magia di Natale Andersen ha trascorso la maggior parte della sua vita a Copenaghen, considerata tra le città più vivibili del mondo per la sua moderna efficienza, i musei, gli spazi verdi, gli edifici all’avanguardia e innovativi che si mescolano a grandiosi palazzi reali, strade armoniose, parchi, giardini. A Natale la città è

rilucente di luci, mercatini, chioschi con ottimo cibo da strada e caffetterie che propongono i profumatissimi Pepparkakor (biscotti allo zenzero) a base di zenzero, cannella, buccia d’arancia e altre spezie. Nyhavn è il famoso e caratteristico canale di Copenaghen, costellato di locali, bar e antiche case colorate che a Natale si riempie di bancarelle e golosità. Un tempo considerato un luogo malfamato, crocevia di traffici di merci e di genti da Paesi lontani, oggi è uno dei

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A pagina 84, Odense - credit photo: Visitdenmark. In basso, Museo della Carta di Blokhus, credit photo: Visitdenmark. In questa pagina, Copenaghen, la Sirenetta. A pagina 86 e 87, Copenaghen, Palazzo Reale. A destra, i Giardini di Tivoli, credit photo: Martin Heiberg, Copenhagen Media Center.

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luoghi più suggestivi e visitati della città. Qui Andersen ha vissuto a lungo e in tre case diverse, contribuendo con i suoi racconti, a ridare dignità al Nyhavn. A breve distanza, la Sirenetta, personaggio indimenticabile di una delle fiabe più amate dello scrittore, è l’attrazione simbolo della capitale danese, accoccolata sullo scoglio, a scrutare l’orizzonte del mare, in attesa del suo

principe azzurro. Attraverso il dedalo di canali si giunge al Palazzo Reale di Amalienborg, una delle più grandi opere di architettura danese in stile rococò, nel centro di Copenaghen. Prima di essere residenza reale fu un’accademia navale dove una volta lo scrittore trascorse il Natale. Quando la Regina è nella residenza, ogni giorno sulla piazza di Amalienborg, si svolge la suggestiva

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cerimonia del cambio della guardia (Vagtparade). I Giardini di Tivoli, dal 19 novembre al 2 gennaio, diventano un vero paese delle meraviglie, tra luci, più di 15 alberi di Natale e dolci melodie suonate dalla Guardia Giovanile di Tivoli e lo spettacolo di illuminazione ispirato a “Lo Schiaccianoci” con giochi di suoni, laser, fuoco, fumo e acqua al ritmo della musica di Tchaikovsky. Qui Hans

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Christian Andersen ha trovato l’ispirazione per la famosa fiaba “L’usignolo”, ispirata dalla suggestione dei giardini dell’imperatore cinese. Specialità delle feste natalizie La tradizione di Natale è molto ricca, com’è facile intuire. Il Natale è annunciato dalla produzione della

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“Julebryg”, la birra di Natale, più scura e più forte della lager tradizionale, prodotta ogni anno, solitamente il primo venerdì di novembre, dai birrifici. La tavola delle feste è un tripudio di piatti di maiale arrosto, patate bollite, cavolo rosso e salsa, salmone, aringhe, pâté di fegato con pancetta e funghi, tagli di carne vari. Dolci e biscotti seguono le ricette segrete di famiglia, tramandate di generazione in generazione, tra frutta, spezie, canditi, caramello, marzapane e cioccolato. Sono speciali

le Æbleskiver, dolci e gustose frittelle di mele, e la Kransekage, il tipico dolce danese di marzapane, a forma di cornucopia, dai golosi decori di zucchero. Immancabili gli Smørrebrød, i fantasiosi panini aperti, must della gastronomia tradizionale danese “mordi e fuggi”, a base di fette di pane di segale imburrate, solitamente guarnite con aringa, salmone, anguilla o maiale e condite con cipolla o rafano. Una gioia per gli occhi e per il palato! ▣

A pagina 88, Julehjerter, credit Tanja Berlin Fotograf Sebastian Bielski. In basso, Pepparkakor. In questa pagina, Kransekage, credit Pixbay, e, a destra, Aamanns Smørrebrød - photo: Columbus Leth, Copenhagen Media Center.

Federica Anna Guerriero Milanese, giornalista iscritta all’OdG Lombardia, è laureanda in Marketing e Comunicazione presso l’Università La Bicocca di Milano. Appassionata di viaggi, ha padronanza di diverse lingue e scrive di turismo ed enogastronomia.

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Le tradizioni natalizie a Gran Canaria Le tradizioni delle Isole Canarie presentano caratteristiche simili, ma anche delle differenze rispetto a quelle di qualsiasi altra regione spagnola. di Silvia Donatiello – Foto Ente Turismo Gran Canaria

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a detto che, anche se negli ultimi decenni il Natale è diventata una festa sempre più popolare, in Spagna la tradizione vuole che la vera “festa” sia l’Epifania, giorno in cui i Tre Magi arrivano dal lontano Oriente per portare i regali a grandi e piccini. Inoltre, per gli Spagnoli è normale usare il nome Pasqua riferendosi all’avvento. Tra le usanze più vissute e apprezzate a Gran Canaria durante le feste natalizie troviamo: “Rancho” di Pasqua I Rancho di Pasqua sono dei gruppi musicali, figli delle tradizioni peninsulari con un accenno di eredità moresca. Inizialmente si chiamavano Rancho di Anime o Rancho di Natale. Nacquero intorno al XVI secolo ed eseguivano canti accompagnati da strumenti a corda e a percussione. Questi musicisti vagavano per i paesi durante il mese di novembre per raccogliere le elemosine destinate a celebrare le messe per i defunti (aiutandoli così ad uscire dal Purgatorio). Questa usanza dei Rancho di Anime durava fino a Natale e per questo furono ribattezzati Rancho di Pasqua. Danze popolari Le danze popolari come i

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In questa pagina, Presepe di sabbia, spiaggia di Las Canteras. A pagina 93, Piazza di Cairasco, Triana - Las Palmas. A pagina 94, coniglio in Salmorejo. A pagina 95, le Trucha.

Balli della Culla e i Balli del Bambino sono un’altra delle tradizioni natalizie delle isole. Non sono così diffuse come i Rancho di Pasqua, ma sono ancora molto in voga in alcune città di Gran Canaria e Tenerife. Il Ballo della Culla è tipico di Santa María de Guía, a Gran Canaria, e viene eseguito il giorno di Natale nella piazza del paese dove viene sistemato un presepe con quattro coppie che vi danzano attorno. L’Avvento La rappresentazione dell’Avvento e della

nascita di Gesù è un’altra delle tradizioni principali di questo periodo. Molte famiglie mantengono la tradizione di incontrarsi a casa e preparare insieme il presepe, rappresentando le scene più tipiche dell’adorazione di Gesù Bambino (la mangiatoia,

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l’asino e il bue, i pastori, l’arrivo dei Magi ecc…). Nelle piazze principali di molti paesi e città vengono create delle vere e proprie opere d’arte che reinterpretano i presepi e altre rappresentazioni legate alla tradizione e alla

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cultura locali. Un classico, a Las Palmas de Gran Canaria, è lo spettacolo del presepe di sabbia, unico in Europa, che si svolge sulla spiaggia di Las Canteras e si avvale della partecipazione di rinomati scultori di prestigio internazionale che, anno dopo anno, si superano per abilità ed estro. I Re Magi Come già detto, nonostante negli ultimi decenni si sia iniziato a festeggiare il Natale in Spagna, la festa più importante resta sempre l’Epifania.

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Oltre alle classiche sfilate dei Re Magi, in molte località delle Canarie è consuetudine rappresentare in pubblico l’Adorazione dei Re Magi in cui viene ripercorso il lungo viaggio che essi compirono dall’Oriente a Betlemme per adorare il Bambino Gesù e consegnargli l’oro, l’incenso e la mirra in dono. Questa rappresentazione ha diverse varianti a seconda della località in cui viene celebrata: all’interno di una chiesa, nella piazza principale della città, o anche in vari ambienti distribuiti in tutta l’area

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urbana, come accade nella città di Agüimes di Gran Canaria a cui ogni anno partecipano più di 300 figuranti. Golosità Natalizie La gastronomia tradizionale e le ricette natalizie non possono mancare in questo periodo nelle case delle famiglie canarie. La

cernia e il baccalà sono piatti frequenti a Natale sulla tavola, come anche il capretto e il coniglio in salmorejo. Tuttavia, i veri protagonisti di queste feste sono, senza dubbio, i dolci. Ogni isola ha le sue usanze, ma il dolce natalizio preferito da tutti è la trucha: frittelle solitamente di pasta sfoglia, ripiene di patate

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dolci o zucca, di pasta di mandorle o di Cabello de Ángel, una confettura a base di zucca molto diffusa in Spagna. Non c’è niente che identifichi di più il Natale alle Canarie dell’odore di pasta sfoglia calda, cannella e patate dolci. ▣ www.grancanaria.com

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L A R I C E T TA D E L L E “ T R U C H A” Ingredienti ½ kg di farina 1 kg di patate dolci 750 g di zucchero 100 g di mandorle pelate Scorza di limone grattugiata 3 cucchiai di burro per la pasta sfoglia Olio di oliva Cannella in polvere Sale Preparazione Impastare mescolando la farina con l’acqua, il burro, un bicchierino di olio d’oliva e un po’ di sale, lentamente affinché non si formino grumi. Lasciare riposare per 30 minuti. Questo impasto si userà in seguito

per le “trucha”. Stufare le patate dolci con acqua e sale, scolarle e schiacciarle. Il ripieno: mescolare le patate dolci con le mandorle tritate, lo zucchero, il limone grattugiato e la cannella in polvere fino ad ottenere una massa compatta e densa. Cospargere di farina la tavola, stendere l’impasto con un mattarello e formare dei cerchi di circa 8 o 10 cm di diametro. Mettere un po’ di ripieno all’interno e piegare con cura, unendo i bordi, schiacciandoli con una forchetta Friggere in olio molto caldo. Una volta tolto dal fuoco, spolverare con lo zucchero a velo. Lasciare raffreddare e servire.

Silvia Donatiello Giornalista, da 26 anni si occupa di marketing, comunicazione, organizzazione eventi e ufficio stampa di enti pubblici e aziende nazionali e internazionali. Scrive di turismo, turismo outdoor, viaggi, food in Spagna ed in Italia.

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CAPPADOCIA, fiaba d’inverno Non si può dire di conoscere la Turchia senza aver visitato l’Anatolia Centrale. A poco più di un’ora da Istanbul, Goreme è il cuore della Cappadocia, mitica terra degli Ittiti: un museo open air dai paesaggi incantati, città sotterranee, villaggi rupestri, piccole chiese scavate nella roccia, splendido artigianato di culture millenarie, una gastronomia ricca di profumi e sapori e un’atmosfera di grande pace. Una meta ideale anche in inverno, quando la neve trasforma il viaggio in un’esperienza quasi onirica. Testo e foto di Federica Anna Guerriero

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uante storie potrebbe raccontare… una moneta! Non una comune, ma una

tetradracma speciale, del II secolo a.C., la moneta più usata nel mondo greco fino ad Alessandro Magno, ritrovata nell’antica città di Priene, Turchia. “Il volto

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che è qui sulla moneta e sembra quasi che sorrida, è il volto bello e fine di Oroferne, figlio di Ariarate” (“Oroferne”, Kavafis 1915). Il poeta greco Costantino

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Kavafis allarga l’orizzonte di quel ritratto restituendoci la memoria di Oroferne Niceforo, re della Cappadocia, mitica terra degli Ittiti, un tempo ricoperta di fitta vegetazione. Oggi la regione, famosa per le particolari conformazioni rocciose di origine vulcanica chiamate romanticamente “Camini delle fate”, è uno spettacolo della natura che ben vale un viaggio! Goreme, in provincia di Nevşehir, è il più bel parco naturale- museo open air, Göreme Milli Parklar, dal 1985 inserito tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Qui, le antiche case-

rifugio scavate nella roccia porosa a forma di cono sono hotels di lusso e ristoranti tipici dove poter gustare la ricchissima offerta gastronomica locale, come gli irresistibili sigara böreği, involtini di pasta yufka, peynir (formaggio bianco), prezzemolo e aneto fresco tritati, e il tasti kebab, un kebab di pollo o agnello con verdure miste cotto nella brace in una specie di “vaso canopo” di argilla che viene rotto al momento di portarlo a tavola.

percorso paesaggistico all’interno di un profondo canyon lungo 100 metri, cui si accede scendendo 360 gradini, costeggiando il piccolo fiume Melendiz suyu, tra fitta vegetazione, tombe rupestri e chiese scavate nella roccia con affreschi suggestivi. Sicuramente non è per

La Valle di Ilhara offre un bellissimo

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claustrofobici ma è molto interessante la visita alle città sotterranee autonome ed efficienti che, durante le persecuzioni e non solo cristiane, tra Nevsehir e Kayseri, furono scavate fino a oltre 200 metri. Tra queste, Derinkuyu

è quella più profonda e più grande, a oltre 75 metri di profondità dalla superficie, l’equivalente di circa 8 piani! Vanta numerosi tunnel, sale, stanze per riunioni, chiese, pozzi e passaggi, molti dei quali stretti e ripidi, da

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attraversare soltanto stando con la schiena curva. E’ bene sapere che entrata e uscita sono a senso unico. A poca distanza c’è Avanos, antica città ittita. Un antico detto recita: “Kör de bilir Avanos’un yolunu, testi bardak kırığından

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bellidir” (anche un cieco sa la strada di Avanos, si riconosce dai cocci di bicchieri e caraffe). Nei secoli gli artigiani del posto hanno tramandato l’arte delle ceramiche dipinte a mano, dagli eleganti motivi floreali, geometrici e naturalistici come l’albero della vita” yaşam ağacı. Tra Avanos e Ürgüp, si distende la valle di Devrent, un panorama unico, quasi surreale, con le pietre di tufo modellate dal vento a forma di animali. La Cappadocia è l’area vitivinicola più importante della Turchia. Malgrado le attuali leggi sulla vendita e

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A pagina 97, Göreme Milli Parklar e, in alto, l’Oroferne. A pagina 98, la Valle di Devrent. In questa pagina, Uchisar. A pagina 100 e 101, la strada di Avanos.

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consumo di alcolici abbiano introdotto restrizioni e tasse elevate, la Turchia vanta una lunghissima tradizione vitivinicola che risale a circa 8.000 anni fa. Fu introdotta proprio dalle popolazioni anatoliche, Ittiti e Hatti, per le quali il vino aveva una funzione culturale centrale nella vita sociale, tant’è che era tutelato con apposite leggi e l’inizio della vendemmia festeggiato ogni anno. A Ürgüp si trova l’antica cantina Turasan che, grazie al suolo vulcanico,

alle importanti escursioni termiche e all’elevata acidità delle uve, produce importanti vini come l’Emir bianco e Dimrit rosso, le varietà più diffuse. Un enorme picco di tufo perforato da mille cavità avvisa che ci si trova nel villaggio di Uchisar, uno dei luoghi più suggestivi della regione, che vanta l’antica arte tessile. Qui, infatti, c’è la produzione più importante di kilim, i semplici tappeti colorati tessuti a “fessure” che, a differenza dei

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tappeti annodati, non erano apprezzati in passato né dagli Ottomani e né, prima, dai Selgiukidi, ritenendoli merce più adatta alle tende che alle abitazioni signorili. La loro estetica fu rivalutata agli inizi del Novecento grazie a segni e colori fortemente evocativi dell’astrattismo di Kandinsky. In Turchia se ne trovano ovunque, ma disegno e colori cambiano a seconda del villaggio di origine della tessitrice: se di montagna, il kilim avrà

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In questa pagina, a destra: sigara böreği. In basso, Uchisar, produzione tessile di tappeti Kilim.

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colori che richiamano la natura e disegni di animali, alberi, scene contadine; se di mare, avrà i colori del mare e disegni di pesci, conchiglie, onde. Il modo più seducente per visitare le spettacolari vallate della Cappadocia è, però, dall’alto. Alle quattro del mattino, nel silenzio

quasi surreale dell’alba nascente, appena rotto dal rumore sordo dello stantuffo dell’aria, la visione delle mongolfiere che, lentamente, guadagnano il cielo è uno spettacolo senza uguali. Ancor di più dal cielo, i pinnacoli innevati dei Camini delle Fate. ▣

Federica Anna Guerriero Milanese, giornalista iscritta all’OdG Lombardia, è laureanda in Marketing e Comunicazione presso l’Università La Bicocca di Milano. Appassionata di viaggi, ha padronanza di diverse lingue e scrive di turismo ed enogastronomia.

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I sapori speciali della Romagna-Toscana, una meta stimolante per un fine settimana tutto da gustare Alla scoperta delle eccellenti specialità tradizionali che arricchiscono la tavola delle feste con i loro sapori autentici, botteghe artigiane di quelle che pensi esistano ormai solo nei film italiani del neorealismo degli anni ’50, ma anche colline, roccaforti, antichi borghi, campi di lavanda, boschi e cascate, art déco e terme. Testo e foto di Silvia Donatiello

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arà il territorio conteso per secoli, sarà il mix delle rispettive culture così diverse e così simili allo stesso tempo, ma un weekend in questi luoghi è un’esperienza sensoriale indimenticabile. Ecco alcune proposte, soprattutto gastronomiche ma non solo:

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Degustare l’olio, ma seriamente La Tenuta Pennita di Gianluca Tumidei, è un’azienda agricola situata sulle colline romagnole nel comune di Castrocaro, provincia di Forlì-Cesena. Pluripremiata per i suoi prodotti, la storica tenuta produce olii extra vergine d’oliva, vini e grappe. Lo stesso olivicoltore racconta sul suo sito che

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produrre vino e olio è come narrare delle storie, e fare una degustazione con lui corrisponde ad ascoltare antichi cantastorie, lasciandosi ammaliare dalle sue parole sulla natura, sul reale e sul magico. Il magico perché il territorio racconta, attraverso le piante secolari, una propria storia fatta di segreti, persone, guerre, battaglie viste e vissute nel


corso dei secoli. Il segreto del suo grande olio: olive eccellenti appena raccolte, massima attenzione nel frantoio ai tempi di gramola e alle temperature, filtrazione del prodotto appena fatto e conservazione a temperatura costante e sotto azoto.

Varietà: Correggiolo, Nostrana e Ghiacciola. Dal 2003 ad oggi la Tenuta Pennita ha sempre ricevuto premi e riconoscimenti dalle più importanti guide del settore enogastronomico e alimentare, annoverandosi tra i primi 10 migliori produttori in BI O

Italia, sia per il livello qualitativo sia per il suo modo di operare in armonia con ambiente ed ecosistemi, custodendo il patrimonio del proprio territorio e le tradizioni locali. Una chicca? Assaporare il

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gelato fior di latte con un filo di questo profumato oro verde sopra. Provare per credere! La Lavanda Al Casale, a pochi chilometri da Castrocaro, percorribili in bicicletta - meglio se a pedalata assistita per i neofiti - troviamo un antico podere ristrutturato e trasformato in azienda agricola e agriturismo. Il podere, interamente destinato ad agricoltura biologica certificata produce olio di “Correggiolo” e coltiva lavanda vera, la lavandula angustifolia. Parliamo di circa 7.000 piante da cui si estrae un olio essenziale

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bio e un’acqua aromatica rigenerante. Va detto anche che con il delicato e profumato fiore lilla i padroni di casa preparano, inoltre, dolci e biscotti: un vero e proprio toccasana per il palato in un ambiente idilliaco, circondati dalla natura rigogliosa del luogo. I prodotti da portarsi assolutamente a casa sono l’olio (di nuovo), ma anche gli olii essenziali e l’acqua di lavanda. Il Pane, anzi “Nel nome del pane”. Cosa sarebbe un

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pasto senza il pane? Fabio Cappelletti, proprietario a Dovadola di questo forno il cui solo nome richiede un rispetto ‘religioso’, vanta ben Tre Pani Gambero Rosso. Dopo anni di studi e professione legati alla gestione aziendale ha scelto

di portare avanti ciò che i suoi genitori avevano avviato nel 1979, seguendo una direzione ben precisa che tutela le persone e l’ambiente. Il suo forno lavora soltanto materie prime biologiche di provenienza locale. Le farine sono tutte di cereali “antichi”

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panificate in purezza, senza mischiare i cerali se non per un motivo preciso. Normalmente, panificano 100% Farro, 100% grano Cappelli, 100% miscela di grani teneri antichi, 100% segale, 100% Timilia. L’origine del loro pane è

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sempre tracciabile. I forni sono alimentati a legna raccolta nel Parco delle Foreste Casentinesi, sempre assecondando i ritmi della natura: scegliendo gli alberi giusti, non irrorando i boschi con sostanze chimiche ma lasciando

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che l’ecosistema badi a se stesso, preservandosi e sviluppandosi secondo natura. Anche il trasporto dai monti al paese segue dei ritmi e dei tempi naturali: quelli dei muli. Dal 1979 si utilizza la provenienza come criterio per

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la valutazione delle materie prime utilizzate, certi che il 100% delle farine provenga da agricoltura italiana, laddove un buon 60% è di origine romagnola. Anche il 95% della frutta e verdura utilizzata in laboratorio per farcire focacce, pizze e pani


speciali è a km 0 e dalla filiera locale proviene il 100% dei grani teneri antichi e del farro che si utilizza per la panificazione e per tutti gli altri prodotti da forno. Chi ci lavora garantisce di conoscere i volti, i nomi, le storie dei coltivatori e degli agricoltori, nonché del mugnaio. E dalla gola al culto del corpo il passo è più breve di quel che sembra: a Castrocaro le terme sono quasi d’obbligo. Nel

bellissimo Gran Hotel Castrocaro Terme è possibile compensare gli eccessi della tavola facendosi coccolare nel centro termale e dalla sua magnifica struttura, un esempio di art déco a 360 gradi. L’Health Spa offre molteplici servizi al suo interno come la piscina con acqua termale salso-bromoiodica con estensione open air a 36°, i lettini Zerobody, le docce emozionali e il Kneipp Verticale. Inoltre, per una vera e propria

mise en forme, il centro propone il “long life formula”, un metodo certificato per affrontare la stagione fredda in piena forma. Per conoscere il territorio e le sue eccellenze in modo slow affidatevi a Bikesplus, tour operator specializzato in percorsi su due ruote che offre guide e biciclette anche a pedalata assistita per scoprire e vivere questa regione in ogni suo dettaglio. ▣

Per maggiori informazioni: https://castrocarotermeterradelsole.travel

Silvia Donatiello Giornalista, da 26 anni si occupa di marketing, comunicazione, organizzazione eventi e ufficio stampa di enti pubblici e aziende nazionali e internazionali. Scrive di turismo, turismo outdoor, viaggi, food in Spagna ed in Italia.

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È buona e fa bene al cuore: la pasta alla vinaccia di Taurasi Il Dipartimento di Farmacia dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” ha messo a punto un nuovo prodotto ristoceutico a base di Taurisolo®, un particolare estratto di vinaccia di Taurasi, ricco in polifenoli ed efficace nella prevenzione di patologie cardiovascolari. di Massimo Antonino Cascone

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i parla sempre più dei benefici della Dieta mediterranea, un modello virtuoso di sana e corretta alimentazione apprezzato in tutto il mondo scientifico, basato sull’equilibrio e sulla varietà dei prodotti alimentari, in primis il consumo di cereali sotto forma di pasta e pane. La pasta, oltre che alimento sano e nutriente, è un prodotto “comfort” e “pacificante”, in quanto capace di produrre endorfine

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e, dunque, farci sentire appagati e soddisfatti. Ovviamente, senza mai perdere di vista la misura, ovvero il consumo moderato, soprattutto in soggetti diabetici e/o in sovrappeso. Recenti studi condotti presso il Dipartimento di Farmacia dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, coordinati dal prof. Ettore Novellino, pubblicati sulle riviste scientifiche internazionali Nutrients e Frontiers, dimostrano che il Taurisolo® , estratto da

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vinacce di Taurasi, ricco in polifenoli - in particolare, resveratrolo e catechine - opportunamente resi biodisponibili, è in grado di influire positivamente sul sistema vascolare consentendone il ripristino della normale funzionalità, di ostacolare la formazione dei radicali liberi e di contrastare o prevenire il deficit cognitivo. Accanto alla forma di integratore alimentare, il Taurisolo®, è stato utilizzato nell’ambito della Ristoceutica, la disciplina preposta allo


studio e ricerca del binomio più efficace tra alimenti e prevenzione primaria, mediante la messa a punto di uno speciale tipo di pasta, non solo gustosa ma anche salutare. In collaborazione con l’azienda Pastai Sanniti, artigiani della pasta dal 1928,

in collaborazione con NGN Healthcare New Generation Nutraceuticals, azienda specializzata in formulazione di nutraceutici innovativi, è stata, così, realizzata una pasta alla vinaccia, trafilata in bronzo e realizzata con metodologie artigianali tipiche di produzione, come la lenta essiccazione, che consente di mantenere inalterate le proprietà sia della pasta che della vinaccia.

Tali metodi, insieme alle caratteristiche peculiari del Taurisolo®, si sono dimostrati efficaci nel preservare i principi attivi contenuti per oltre il 90%, superando sia la fase di cottura che quella della digestione gastrica, consentendo un assorbimento nell’intestino quasi totale dei polifenoli contenuti. Prevenzione e nutrizione non sono mai stati così vicini. ▣

Massimo Antonino Cascone Giornalista, laureato in Giurisprudenza. Esperto di geopolitica e cultore dell’agroalimentare ecosostenibile, è cofondatore di “KairosTV” e membro di “Come Don Chisciotte”. “È sempre l’occasione giusta per cambiare la realtà”.

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Il Salmone Selvaggio dell’Alaska: uno straordinario protagonista della tavola di Natale È uno straordinario dono della natura capace di rendere regale la tavola di ogni giorno ed è immancabile su quella delle Feste, è anche un alleato della salute, grazie al contenuto altissimo di acidi grassi Omega3. La sua pesca è quanto di più sostenibile per l’ambiente e la specie, grazie alle rigorose leggi che la regolamentano… Scopriamone tutte le qualità. di Clara Mennella

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uono, naturale, sostenibile e prezioso per la salute. Il Salmone Selvaggio dell’Alaska cresce e vive nel Pacifico, in acque incontaminate e ricche di organismi naturali di cui si nutre, quali il plancton, i gamberetti e i piccoli pesci. L’Alaska, è bene ricordarlo, è situata nell’estremità più a nord del continente

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nordamericano. La pesca è da sempre la sua fonte principale di sostentamento e la Costituzione dello Stato la regolamenta con particolare rigore, a tutela di questo ambiente così prezioso per la popolazione locale. I pesci e tutta la fauna ittica in Alaska devono essere utilizzati, sviluppati e conservati secondo i principi dell’ecosostenibilità; questo significa che i pescatori sono

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obbligati per legge a limitare, i luoghi, i periodi e le quantità del pescato. Il ciclo vitale del salmone I pesci vivono secondo natura con un’alimentazione naturale e la possibilità di nuotare liberamente in mare aperto. Le uova di salmone vengono deposte e si schiudono nel letto dei torrenti di acqua dolce all’inizio della primavera.


Alcune specie di salmone migrano direttamente a valle verso l’oceano, mentre altre passano da uno a cinque anni nelle acque dolci di fiumi e laghi. A seconda delle specie i salmoni impiegano da uno a tre anni per diventare adulti, quindi ritornano verso gli stessi corsi di acqua dolce in cui sono nati. Le femmine depongono 2.000 - 5.000 uova nel letto ghiaioso del torrente, e il BI O

maschio le feconda. Dopo la deposizione, i salmoni adulti muoiono e le carcasse forniscono importanti nutrienti al torrente e all’ecosistema circostante. L’utilizzo etico del pescato L’industria si impegna ad usare tutto il pesce, sfruttando al massimo i benefici di questa risorsa selvaggia in modo sostenibile. Dopo la prima lavorazione vengono utilizzati anche la pelle, le lische e altre parti del pesce con le quali si fanno farine di pesce, mangime per l’acquacoltura e fertilizzanti. Dalle ghiandole si ricava il prezioso olio di pesce e vengono estratte le

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uova di salmone selvaggio, l’Ikura che è diventato un must nelle preparazioni più raffinate e nella cucina giapponese stellata. La lavorazione e il trasporto Il Salmone Selvaggio dell’Alaska viene pescato in mare aperto. I pesci vengono quindi trasportati negli impianti di trasformazione presso piccole comunità di pescatori dove il personale lavora a mano ogni pesce, preparandolo per

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la distribuzione. I prodotti ottenuti dal salmone dell’Alaska vengono trasportati con navi, aerei o camion verso i rivenditori e i ristoranti di tutto il mondo. Da giugno a settembre/ ottobre il Salmone Selvaggio è disponibile in versione fresca, per il resto dell’anno è reperibile nella versione surgelata e affumicata, procedimenti che vengono fatti con la massima cura in modo tale da preservarne intatte qualità e bontà. In Italia ci sono alcune aziende che acquistano

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le pezzature eviscerate e abbattute a -50 °C, temperatura che ne garantisce la freschezza e le qualità nutrizionali oltre a una sicurezza igienica ineccepibile, per poi trasformarle in prodotti di altissima qualità. Il Salmone dell’Alaska e la salute Questo pesce proveniente da acque incontaminate è ricchissimo di acidi grassi polinsaturi Omega3 che vengono sintetizzati dal corpo umano in piccole


quantità. Consumare anche una sola porzione a settimana di prodotti ittici di qualità favorisce la riduzione del rischio di contrarre malattie cardiache, contribuisce alla salute del cervello, è un eccellente componente dell’alimentazione delle donne in gravidanza e durante l’allattamento, in quella dei bambini in fase di sviluppo, degli anziani e degli sportivi.

L’uso in cucina

affumicata per carpacci e tartare. Le sue carni, sode e gustose, In Italia si trova nei rivenditori di gastronomia e nella Gdo di sono perfette per tantissime qualità, facendo attenzione preparazioni, da quelle al logo originale che ne più semplici a quelle più elaborate e creative, studiate garantisce la provenienza. e realizzate dai più famosi Per saperne di più chef stellati. È un piatto forte della cucina dell’estate, www.alaskaseafood.it è l’organizzazione di tutela. come in quella delle Feste Sul sito ci sono storia, Natalizie e delle cerimonie. curiosità e notizie nutrizionali Oltre ai filetti decongelati oltre a tantissime ricette da cucinare, è ad altissimo creative. ▣ gradimento la versione

Clara Mennella Giornalista professionista fin da giovanissima. Appassionata di storie professionali e imprenditoriali del food&wine, ha lavorato sulla sua indole gourmet perfezionando la conoscenza dei prodotti con degustazioni e workshop.

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Great Life, un grande progetto europeo a favore dell’ambiente L’obiettivo è promuovere e adottare misure che mitighino l’impatto ambientale e le sue ricadute socio-economiche. Qualità, Ricerca e Sviluppo: una missione per sostenere il biologico anche mediante l’agricoltura “resiliente”, come quella di sorgo e miglio. di Franco Mioni – Foto Alce Nero

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n una prestigiosa sede dell’Università di Bologna si è recentemente svolta la presentazione di un concreto risultato di un importante progetto europeo rivolto alla tutela e al rispetto dell’ambiente; ciò mediante uno studiato utilizzo di coltivazioni biologiche alternative, frutto di un’agricoltura che rispetta la terra e la sua fertilità, portando così al miglioramento qualitativo dell’alimentazione. Sono intervenuti eminenti

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docenti e ricercatori universitari dell’Alma Mater, importanti funzionari e dirigenti del progetto europeo Great Life e di LIFE European Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency, esperti di marketing e amministratori locali delle zone agricole in cui si sono realizzate le colture. Di grande interesse e attualità l’esposizione tecnica e l’analisi socioeconomica dell’intera filiera, fino alla trasformazione nel

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prodotto oggetto della presentazione. La notizia è di particolare interesse per il mondo del biologico, volta a suscitare grande attenzione non solo nei giornalisti, uffici stampa, siti web, giornali online e testate del comparto agroalimentare, ma anche negli enti e istituzioni pubbliche, associazioni e operatori del settore, nonché nei cultori della tutela dell’ambiente e del territorio. Una novità interessante si appresta ad arrivare


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sugli scaffali della grande distribuzione: sono i “Frollini Biologici al Sorgo e Miglio con gocce di cioccolato” prodotti da Alce Nero, una nota azienda bio bolognese, presentati nel corso della conferenza stampa succitata. Alce Nero è il marchio di agricoltori e trasformatori biologici impegnati dagli anni ’70 nel produrre cibi buoni, frutto di un’agricoltura che rispetta la terra e la sua fertilità. Tutto nasce in seno al progetto Great Life, cofinanziato nell’ambito del Programma europeo LIFE, con capofila il Dipartimento di Scienze e Tecnologie AgroAlimentari dell’Università di Bologna ed avente come partners Comune di Cento, LCE-Life Cycle Engineering e Kilowatt.

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Qual è l’anello di congiunzione? Great Life promuove popolazioni evolutive di miglio e sorgo quale soluzione per ridurre

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l’impatto del cambiamento climatico sulle attività agricole della Valle del Po e più in generale dell’Italia e dell’Europa. Alce Nero si


è occupata di produrre e distribuire i primi prodotti a base di miglio e sorgo coltivati dalle tre aziende agricole dell’Emilia-Romagna inserite nel progetto. Inizialmente testato su un campione di consumatori della Community Great Life, poi distribuito nelle mense del comune di Cento (in provincia di Bologna) per un intero anno scolastico, grazie ai feedback raccolti in questo lungo arco di tempo si è deciso di destinare alla

vendita il prodotto. I nuovi frollini, oltre a essere golosi, sono fonte di fibre e minerali, come il fosforo e il rame; rappresentano un cibo espressione di consapevolezza e attenzione all’ambiente e al clima, un cibo che valorizza il lavoro dell’agricoltore e rispetta il consumatore, perfettamente in linea con quello che il progetto chiama Great Food. Perché la scelta è andata su miglio e sorgo? Dopo le

sperimentazioni in campo nell’ambito del progetto Great Life, il sorgo e il miglio sono stati eletti quali simbolo del nostro contributo all’adattamento e alla mitigazione del cambiamento climatico, in quanto colture resilienti. Entrambe, infatti, tollerano bene lo stress, resistono ai climi caldi e secchi, si adattano anche ai terreni aridi, richiedono un ridotto fabbisogno idrico e sono resistenti a parassiti e malattie: dal campo alla tavola sono cereali dalle incredibili caratteristiche, presentando un elevato profilo nutrizionale ed essendo naturalmente privi di glutine. L’agricoltura resiliente oggi rappresenta la strada verso un agroecosistema stabile nel tempo, sostenibile e fonte di reddito, in grado di garantire benessere e futuro per la collettività; modello quindi di produzione e di consumo per contribuire in prima linea al cambiamento e coinvolgere attivamente i consumatori, dagli adulti ai più giovani. ▣

Franco Mioni Laureato in Storia e in Sociologia, poi Tour Operator e Chef professionista per approfondire la conoscenza dei territori e delle tradizioni. Una passione che ha trasferito nella comunicazione e nella divulgazione della cultura del cibo.

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