l'Artugna 89 - Aprile 2000

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Una corsa nella memoria

Correvano gli ultimi decenni dell’Ottocento, quando – anche per le nostre genti – la Merica era un mito, somma di desiderio di benessere, di emancipazione, di libertà. Tanti dei nostri scelsero gli States per riscattarsi da un mondo di miserie, di stenti, di privazioni, optando per lavori artigianali, commerciali o per umili attività legate al territorio. Tra coloro che seguirono il miraggio della terra facile ci fu anche il giovanissimo Domenico Bravin Caselut, classe 1866, figlio di Antonio di Domenico e Teresa Marcandella, nato a Budoia in via Lunga, in te la Ciasinela de Soela, emigrato nell’ultimo decennio dell’Ottocento, e, nei primissimi anni del ‘900, sposatosi ad un’inglese, era già proprietario di un’impresa edile per la progettazione e la realizzazione di pavimenti alla veneziana. Nei primi anni del ’900, chiamò in quella terra anche il fratello Pietro Stefano (1871) con precedenti esperienze di emigrazione a Trieste, città in cui nacquero i tre figli, Vittorio, Umberto e Maria. E fu proprio la quindicenne Maria (1908) a seguire il padre, nel 1923, dopo il rifiuto del fratello Umberto di emigrare in terra transoceanica. La famiglia si smembrò: i figli maschi rimasero con la madre Teresa Zanolin e la zia Caterina a Budoia, in attesa di fortuna del capofamiglia e dalla giovanissima Maria. Maria ebbe fortuna: incontrò un giovane siciliano che la sposò ed ebbe tre figli, mentre Pietro ritornò in famiglia nella seconda metà degli anni Trenta. Oggi, il richiamo della terra degli avi invita

Quattro note sul cognome Bravin Bravin ha subito probabilmente il processo di trasformazione del nome proprio o dell’appellativo bravo, bravino in cognome: dal sostantivo bravo con significato di «sgherro, assoldato dai signorotti di un tempo», dal latino barbarus, barbaro, selvaggio, attraverso il provenzale brau, aspro, feroce; oppure dall’aggettivo con significato di «coraggioso, onesto, aspro, selvaggio», dal latino pravus incrociato con barbarus. Bravin è presente nella realtà locale in qualità di personale, nel secolo XVII e in quello successivo: «1697, Ant.o di Fran.co di Do.go e di Paula di Bravin di Bravin di Coltura» (Registro dei Battesimi) e «Osvalda, figlia di mistri Bravin Carlon, morta nel 1732 a 60 anni» (Registro dei morti). Sempre nel ’600 ci giunge come cognome nella versione Bravino e in quella tronca Bravin, citato in una pergamena della Pieve di Dardago nel 1590 «Tommaso q. Paolo de Bravino». Sicuramente l’origine del cognome proviene da Coltura come attestato nel registro dei battesimi della Pieve di Dardago, della seconda metà del ’600: «Menega di Pol Bravin di Coltura» e «Paola di Fran.co Bravino di Coltura». In tale paese pedemontano il cognome è diffuso già alla fine del 1400, secondo attestazioni di Alessandro Fadelli: «1492 Ckesco de Bravin; 1497 Tonin de Bravin». Nel 1700, si diffonde la versione con funzione di soprannome: «Cattarina, moglie di Giomaria Carlon d.o Bravin», morta nel 1736. E per concludere queste brevi note antroponimiche, negli ultimi decenni del ’700 e nella prima metà del 1800 il cognome Bravin viene spesso aggiunto a Carlon: «1847, Francesco, figlio di Giovanni Carlon Bravin morì a 60 anni». (Ricerca presso l’archivio della Pieve di Santa Maria Maggiore di Dardago)

Nelle due foto: Joan e Rosa con le cugine Maria Teresa, Adriana Bravin ed una conoscente nel cortile della casa dei loro avi. (Foto a sinistra di Angelo Varnier)


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