Agnetti, fra evocazione e logica19
La materia luminosa del Macro20
Ha costruito nei secoli la propria attitudine alla riflessione, all’analisi, alla “lentezza”, la terra di San Francesco, San Benedetto e Santa Chiara. Predilige indugiare sui valori certi e universali, piuttosto che rincorrere freneticamente gli sviluppi del pensiero, l’Umbria, terra lontana da grandi strade, ferrovie, aeroporti. Per questo il Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno, bello spazio inaugurato nel 2009, centra la sua mostra più azzeccata - in una programmazione altalenante - con la retrospettiva dedicata a Vincenzo Agnetti (Milano, 1926-1981), titolo L’OperAzione concettuale. Pensatore prima che artista, autore di opere “di complessa concezione spazio-temporale, la cui necessità d’assoluto ha richiesto una disponibilità di vocazione avventurosa e un’attitudine epistemologica aperta, se non analoga alla sua, almeno sicuramente non divagatoria”, come scrive Bruno Corà, che cura la mostra assieme a Italo Tomassoni. Contesto ideale, “non divagatorio”, per un personaggio la cui ricerca sui meccanismi del linguaggio e della comunicazione richiede appunto meditazione e metabofino al 9 settembre lizzazione. E la mostra, che ha il pregio di a cura di Bruno Corà e Italo Tomassoni CIAC contribuire a rivalutare un teorico e artista Via del Campanile 13 - Foligno per troppo tempo in disparte, rivalutazio0742 357035 ne già iniziata dal Mart nel 2008, la docuinfo@centroitalianoartecontemporanea.it menta con grande esaustività, questa ricerwww.centroitalianoartecontemporanea.com ca, con oltre cinquanta opere rappresentative di tutto l’arco creativo. Che del resto si limita a pochi anni, dal 1967 al 1981, anno della prematura scomparsa di Agnetti. Concettuale anomalo, agli esordi. Perché se i maggiori esponenti del movimento, da Kawara a Kosuth (con il quale non mancano legami stretti, come in Tutta la storia dell’arte è in questi tre lavori, del 1973) puntavano sulla centralità dell’idea, Agnetti - nota Tomassoni - “si preoccupa di rendere possibile un equilibrio tra supporto e superficie, lingua e parola”. Fin dalle prime opere, emerge la dualità di un linguaggio concepito tanto come mezzo quanto come fine, in oggetti che finiscono per privilegiare esclusivamente la comunicazione di un’elaborazione teorica sulla “fisicità” (o nei quali anche la fisicità diventa pensiero, come in Libro dimenticato a memoria, 1970, un grande libro aperto nel quale il vuoto sostituisce la parte del testo). Ed emerge un’attitudine post-duchampiana a mettere in cortocircuito forma e contenuto, come nell’Autotelefonata del 1972. Il limite? Laddove si scrive la chiave, quand’anche di non-lettura, si confina l’evocazione alla sfera della logica.
Rigore e poesia. Modernità liquida della luce e poetiche d’artista, a intermittenza. È Neon, la materia luminosa dell’arte, che inaugura la seconda fase importante, il rodaggio del nuovo Macro, quello rosso e nero progettato da Odile Decq e diretto da Bartolomeo Pietromarchi. Lo spazio è dinamico, contaminato dall’arte anche dove non te lo aspetti, nel foyer, all’ingresso, negli angoli apparentemente più nascosti. In questo caso, a contaminare è il neon. Scritte e figure che si accendono e si spengono, tracciano un percorso divertito e colorato che accompagna il visitatore fino alla Sala Enel (il progetto della mostra, curato da David Rosenberg e Pietromarchi, è realizzato con il sostegno di Enel, che festeggia i cinquant’anni) per lasciarlo poi entrare in un ambiente asettico, rigoroso, in equilibrio perfetto tra poetica d’artista e modernità liquida luminosa. Quel sapore industriale e di strada del neon, che nacque proprio cent’anni fa con la prima insegna di un barbiere parigino, si perde nella sala del fino al 4 novembre museo e, attaccata alla parete, come a cura di David Rosenberg e Bartolomeo Pietromarchi sulla pagina di un catalogo, esce MACRO l’opera. E si fa notare. Così come Via Nizza 138 - Roma le firme degli artisti presenti, che 06 0608 ripercorrono la storia del materiale macro@comune.roma.it www.museomacro.org attraverso i decenni. Ecco Dan Flavin, Joseph Kosuth, Maurizio Nannucci, Mario Merz, Bruce Nauman con War in rosso acceso, Maurizio Cattelan con il celebre Br, Alfredo Jaar con il suo M’illumino d’immenso. Per arrivare al lavoro iper-contemporaneo, in cui il neon continua a essere reinventato anche dai giovani come Flavio Favelli, Piero Golla e Riccardo Previdi. Al secondo piano, l’atmosfera cambia. Gregorio Botta presenta Rifugi: un tuffo nell’infinito, nell’orizzonte dell’acqua, nel mare. Un infinito che l’uomo cerca di incasellare come fa Botta, con 23 sculture in ferro, i “rifugi” appunto, che sembrano cabine, palafitte incerte. Il mormorio dell’acqua che sgorga su un’installazione di cera al centro e la luce che illumina solo scorci di mare suscitano sensazioni di pace e aprono nuove prospettive di visione. Sala bianca. Altro spazio, altra mostra, sempre nel contenitore rosso e nero. È una retrospettiva dedicata a Claudio Cintoli, che esplora in una quarantina di opere il lavoro dell’artista e le sue declinazioni in scultura, pittura e installazioni. Opere surreali e iperrealiste che illuminano i temi di costrizione e libertà. Spicca tra i lavori murali degli Anni Settanta la scritta del Piper, storico locale notturno romano.
Massimo Mattioli
Geraldine Schwarz
Luci e riflessi. La croce secondo Pirri21
Alfredo Pirri (Cosenza, 1957; vive a Roma) trasporta il suo spazio personale di via del Mandrione all’interno della Galleria Giacomo Guidi di Roma, fino al 7 settembre e lo fonde. Non solo allegoricamente. GIACOMO GUIDI Un universo metafisico dai colori tenui Corso Vittorio Emanuele II e luminosi: quasi un paesaggio dell’a282/284 - Roma nima. E così il movimento naturale delle sue scatole/croci viene fissato in fotogrammi stabili, apparentemente fragili. 06 68801038 Magicamente fluidi, tendono a nascondere il sapiente lavoro info@giacomoguidi.it di cristallizzazione che li fissa in una posa plastica gioiosa, www.giacomoguidi.it liricamente poetica e tecnicamente perfetta come il loro gioco di luci. Elementi semplici, lineari, facilmente reperibili in uno studio pittorico. Ricettori di senso con infinite possibilità interpretative. Un minimalismo concettuale appassionato, con un ritmo musicale e una cadenza sempre ben definita. Michele Luca Nero
Paradisi traditi23
Il Paradiso è congelato. Quello che si sperava fosse calore e vita è morte ibernata. Così Mat Collishaw (Nottingham, 1966) cristallizza illusioni, desideri, aspettative, pronti a svanire lasciando l’amarezza del sordo rispecchiarsi nel reale, inquafino al 20 luglio drati, proprio come le più belRAUCCI / SANTAMARIA le e tristi disillusioni, da una Corso Amedeo di Savoia 190 - Napoli cornice tanto più attraente e pericolosa quanto più 081 7443645 fake. Sgonfiata da cupidigia e insipienza, anche la bolla finanziaria, e i meccanismi del potere, nell’ininfo@raucciesantamaria.com terpretazione semiotico-umana di Danilo Correale www.raucciesantamaria.com (Napoli, 1982; vive a Londra) si accasciano colpiti alle viscere sulla rivelazione della disarm ante, e imbarazzante, fragilità di ogni uomo. Confusione, inanità, menzogna si stemperano e riassorbono. Resta è la struggente inconoscibilità di mani che non si sa se tese ad afferrare rapaci, o a offrire veritiere. Diana Gianquitto
Il giorno perfetto22
Video, fotografia e la documentazione di una performance che unisce l’etico all’estetico, il politico al sociologico e all’antropologico. La personale di Milica Tomic (Belgrado, 1960) fino al 28 luglio curata da Eugenio Viola per gli spaa cura di Eugenio Viola zi della Galleria Z2O di Sara Zanin Z2O GALLERIA - SARA ZANIN presenta un progetto, One Day (2009-12), che si incentra Via della Vetrina 21 - Roma su Roma per costruire una bruciante geografia creativa 06 70452261 (Tomic) di stampo sovraterritoriale che manifesta lo stato info@z2ogalleria.it delle cose attuali. Figlia di “un’azione pubblica e non auwww.z2ogalleria.it torizzata” attivata nel 2009 a Belgrado (con una seconda puntata su Copenaghen), la produzione scelta per Roma sottopone oggi il fruitore a una revisione formale del reale che, in linea con i lavori precedenti realizzati dall’artista, “indaga […] la violenza politica e mediatica filtrata”, questa, “attraverso” la centralità di una “esperienza individuale e collettiva”, scrive Viola. Antonello Tolve
Le parole per dirlo24
Pop. Postmoderni. Neoconcettuali. Ma soprattutto gotici. E non a caso: il paesaggio urbano delineato da Gilbert & George (San Martino in Badia, 1943; Plymouth, 1942. Vivono a Londra) in London Pictures è medioevale e ossianico non solo TIZIANA DI CARO nell’allure oscura - quasi di ascendenza fumettistica Via delle Botteghelle 55 - Salerno dei cupi pannelli infestati dalle immagini fantasmati 089 9953141 che dei loro autori, ossessivamente ripetute fino all’einfo@tizianadicaro.it sautoramento warholiano. Ancor più profondamente, www.tizianadicaro.it alla tensione enciclopedica dei secoli bui richiama il tentativo di sistematizzare la complessità cosmopolita di Londra nei lemmi più ricorrenti del suo rispecchiamento mediatico, i titoli dei giornali. Autistica ossessione del dire, per non soccombere all’insostenibile marea del sentire l’esplosa violenza e contraddittorietà del reale. Diana Gianquitto
RECENSIONI 67