"Rassegna d'arte contemporanea" Palazzo Zenobio, 58ma Biennale di Venezia luglio 2019

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Ivano Gonzo

Ivano Gonzo vive in un grazioso paesino della provincia vicentina. Spirito pensoso e dotato di forte senso autocritico, è autore di una pittura che definirei non solo essenziale ma addirittura ″sofferta″. Lo confessa lui stesso quando dice: «La mia è sempre stata una pittura sentita più che veduta: ho sempre dipinto adoperando la fantasia, e proprio per questo mi sono sempre sentito libero dai condizionamenti che potevano derivare dall’esterno, senza forzature, provando la libertà del fare e del creare. Il mio inizio è stato una pittura molto romantica, fatta di paesaggi campestri, la vita dei campi, i ricordi della mia giovinezza. Il periodo successivo è stato non meno interessante: ho cercato di eliminare… tutte quelle forzature e particolarità che potevano disturbare l’opera, una volta compiuta. Quindi ho cercato il colore e il suo contrasto in maniera gestuale fino al limite estremo; e devo dire che questo mi è servito molto per le ricerche che stavano maturando nella mia mente: l’abbandono del colore sul finire degli anni ’80, la ricerca di una pittura con pochissimi toni, la gestualità, sono i processi che mi hanno portato a questo astrattismo molto sintetico, ma che per me è quanto di più concreto possa esserci». L’analisi di Gonzo è impeccabile. Infatti il suo itinerario di ricerca ha preso le mosse dalle lezioni di pittura del maestro Giuseppe Punin sino all’illuminante incontro con il critico d’arte Pierre Restany, fondatore del Nouveau Réalisme, per approdare, dopo un’iniziale fase di realismo, ad una severa maturità creativa fondata sulla ricerca del colore e dell’essenza ultima del segno.

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