“Opere in Memoriam di Ludwig van Beethoven” Vicenza febbraio – marzo 2022

OPERE IN MEMORIAM DI LUDWIG VAN BEETHOVEN RASSEGNA D’ARTE CONTEMPORANEA

RASSEGNA D’ARTE CONTEMPORANEA

OPERE IN MEMORIAM DI LUDWIG VAN BEETHOVEN

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Il mondo esteriore di Beethoven si spense con la sua sordità.

Un musicista sordo!

Possiamo noi immaginare un pittore cieco?

Il musicista sordo somiglia ora a Tiresia che, cieco sul mondo fenomenico, contempla con l’occhio dell’anima il centro da cui muovono tutti i fenomeni.

Allora egli comprende la foresta, il prato, l’azzurro cielo, la folla lieta, la coppia amorosa, il correre delle nuvole, lo strepito della bufera, la beatitudine di una pace interiore.

Il musicista è divenuto un grande pittore!

Richard Wagner, 1866

OPERE IN MEMORIAM DI LUDWIG VAN BEETHOVEN

24 febbrio - 6 marzo 2022 VICENZA Galleria ART.U’.

Contà Piancoli 14

A cura di:

ALDO MARIA PERO

Clementina Almeida de Moura Franca Bandera Paola Bradamante Eleonora Brianese Raffaella Cavallini Angela Chiassai Mauro Filippini Tiziano illiano Ivan iliev Elisa Macaluso Silvana Mascioli Guglielmo Meltzeid Denise Mingardi Gianguido Pastorello Edoardo Stramacchia Domenica Vecchio Anna Zaramella d’Este Bernardino Zavagnin Grafica e impaginazione Licinia Visconti

© Edizioni Arte del XXI Secolo MOVIMENTO ARTE DEL XXI SECOLO

OPERE IN MEMORIAM DI LUDWIG VAN BEETHOVEN Rassegna d’arte contemporanea A cura di ALDO MARIA PERO

VICENZA Galleria ART.U’.

24 febbraio - 6 marzo 2022

PRESENTAZIONE

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Il Movimento Arte del XXI Secolo inaugura la prima Mostra del 2022 a Vicenza, nelle eleganti sale della Galleria ART.U’ gestita, come avrebbe detto Blaise Pascal, avec esprit de finesse.

La Mostra è dedicata alla memoria di Ludwig van Beethoven e si propone di rievocare il grande compositore non attraverso ritratti, per quanto almeno uno sia presente, ma con opere che rimandino alla sua produzione o, meglio ancòra, che rievochino lo spirito che le informa.

Pianista straordinario, forse il più grande del suo tempo, ottimo direttore d’orchestra e compositore geniale, Beethoven non può essere considerato solo tenendo conto del corpus delle sue opere, non molto esteso ma di qualità eccelsa, tale da dividere nettamente la storia della musica in un prima e in un dopo di lui.

Occorre infatti considerare anche i valori del suo pensiero e della sua personalità: come Aristotele, Dante, Bach ed Hegel egli ha concluso un’epoca e un’altra, luminosa e feconda, ne ha aperta. Aristotele ha concluso la filosofia antica proiettandola con la sua logica verso il futuro, un futuro che non si è ancòra concluso.

Studiare i predecessori dello Stagirita significa soltanto compiere un esercizio di archeologia filosofica, mentre la sua logica ha dominato l’esercizio del pensiero speculativo sino ad Hegel, senza peraltro essere mai stato accantonato, dopo aver fornito a San Tommaso d’Aquino gli strumenti che gli consentirono di donare a Santa Romana Chiesa i suoi fondamenti teologici.

Dante Alighieri, con una radicata consapevolezza che non seppero condividere i suoi immediati successori Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, compì l’immane impresa di dare all’Italia la sua lingua oltre ad elaborare uno dei massimi poemi dell’umanità.

Johann Sebastian Bach affrontò con uno sforzo poderoso tutti i generi musicali elaborati prima di lui sublimandoli al loro livello più alto e perfetto, ma la sua opera non si proiettò verso il futuro, un futuro che sarebbe appartenuto non a Wolfgang Amadeus Mozart né a Franz Joseph Haydn, ma al loro fuggitivo allievo, Ludwig van Beethoven nella mente del quale, secondo la suggestiva espressione del Conte Ferdinand Ernst von Waldstein «lo spirito di Mozart passò attraverso le mani di Haydn». Accogliendo i principi filosofici dell’Illuminismo, degli ultimi echi dell’Irenismo e tenendo conto della estetica di Georg Friedrich Hegel, suo contemporaneo essendo nato anche lui nel 1770, distillandolo da una vita sostanzialmente infelice e senza amore, l’uomo di Bonn ha regalato all’umanità il più nobile, complesso e profondo legato musicale della storia, quello che avrebbe condizionato per sempre l’esercizio musicale, non solo in termini tecnici ma anche sul versante superstizioso, tanto che alcuni grandi musicisti, ad esempio Anton Bruckner, Gustav Mahler e oggi Philip Glass esitarono a farlo o non vollero comporre più di nove Sinfonie. Il primo non riconobbe due Sinfonie giovanili per non superare il numero fatale, il secondo morì mentre stava componendo la Decima, il terzo definisce altrimenti le proprie sinfonie.

Detto della grandezza del compositore tedesco, rivolgiamo il nostro interesse alle diverse maniere con le quali gli artisti che hanno affrontato il tema proposto. Fra i diciotto artisti riuniti a Vicenza annoveriamo una finissima portoghese residente a Bruxelles, Clementina Almeida de Moura, che ha impegnato i suoi eccellenti mezzi tecnici in una vaga fantasia, La Pastorale, e un bulgaro residente a Vienna, autore di un’elegante composizione, Paragone, con la quale rievoca la tradizione pittorica delle terre originarie degli avi di Beethoven e più in generale dell’Europa centrale, in particolare la ricca tradizione culturale del Ducato di Borgogna.

Clementina Almeida de Moura si abbandona con brivido intellettuale ad un’opera di pura fantasia il cui sognante equilibrio, giocato sull’incontro di tinte forti, si articola nella descrizione dei sentimenti provati dall’artista nei confronti della Sesta Sinfonia di Beethoven, la Pastorale, che costituisce anche il titolo del quadro nel quale vengono accomunati valori simbolici e spunti onirici. L’albero che domina la scena vuol essere la metafora del bosco sul quale si scatena la tempesta musicale, tempesta dell’atmosfera e dell’anima, che occupa parte rilevante della Sinfonia mentre, elegante come quelle delineate da Albrecht Dürer, una mano impugna una bacchetta direttoriale e la musica pare discendere come pacificato rivolo dalla brillante elaborazione della squisita pittrice.

Ivan Iliev con Paragone ha dipinto una sorta di sintesi delle varie esperienze pittoriche che si sono succedute in Europa dalle sorgenti borgognone, al Rinascimento italiano, alle floreali magnificenze dell’Olanda secentesca sino ad alcuni brillanti modismi, quali ad esempio la pittura nella pittura o la disinvolta introduzione di una sorta di oggetto misterioso nel contesto descrittivo. In senso lato questo lavoro può essere considerato la rappresentazione grafica della lunga ricerca effettuata da Beethoven nel quadro della musica a lui contemporanea per superarla e proiettarla nel futuro.

Accanto ai due ospiti stranieri, gli italiani hanno inviato alla Galleria ART.U’. tele in vario modo riconducibili alle composizione del grande Maestro tedesco.

Franca Bandera, mente pensosa e mano severa, ha espresso in Tempo sospeso e in Ieri, Oggi, Domani, le proprie preoccupazioni morali ed esistenziali con la stessa accorata partecipazione del musicista che in un lungo percorso ha esaltato la propria potenza creativa in molti episodi drammatici per affidarsi in ultimo alla speranza di un domani migliore, cantato nell’Inno alla gioia che conclude l’ultima Sinfonia.

Paola Bradamante ha espresso in una pittura libera da ogni forma descrittiva la stessa concezione della musica pura che informa i mirabili Quartetti per archi, anche se ha conferito un titolo, titolo volutamente evasivo, alle tele presentate, Diagonale verde 2, dove quel “verde” sta al suo quadro come la tonalità ad un Quartetto beethoveniano, e Serie Serenità 10 per il quale valgono le stesse considerazioni.

Con Luce di Elodia e Venezia in maschera la brillante Eleonora Brianese compie un rapsodico accenno al lato mondano della produzione beethoveniana, quella delle Danze e Contradanze tedesche, in parte rifiutate dal compositore, ma che pure espressero gli aspetti più lievi ed amabili del suo carattere secondo le testimonianze di alcuni sodali.

Armonia di Raffaella Cavallini, con il puro profilo della giovane donna raffigurata ci coinvolge nella disperata ricerca d’amore dell’uomo facendoci per un momento obliare il compositore e ci induce a rievocare 7

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la Immortale Amata, quella ignota fanciulla destinataria della lettera famosa. Di lei Beethoven conservava gelosamente un ritratto in stile Biedermeier, fosse essa Teresa von Brunswick (com’è più probabile) o la contessa Giulietta Guicciardi, un’allieva cui dedicò la Sonata per pianoforte, quasi una fantasia, Al chiaro di luna.

Angela Chiassai ha onorato la mostra con due lavori, Shalom e Ragazza in fiore che si riferiscono allo spirito di apertura e di solidarietà verso tutti gli uomini e all’alto concetto della donna che trovò altissima celebrazione in Fidelio o dell’amor coniugale, la più tormentata ed amata delle sue creazioni.

Mauro Filippini ha affrontato in maniera diretta il tema della mostra e ha presentato l’unico ritratto di Beethoven, un Beethoven colto nell’irruenza dello spirito creativo, quasi esaltato dai temi e dalle concezioni che urgevano nell’animo suo.

Tiziano Illiano con i suoi riferimenti al pensiero greco si allontana in apparenza da Beethoven; in realtà Katà Métron e La nascita della follia riconducono, almeno il primo dei due quadri, ad una delle preoccupazioni essenziali del Maestro viennese, ossia il senso della misura che lo tormentò nella composizione di molte opere. Egli si era trascritto e meditava spesso, come confida in una lettera al dotto amico Zmeskall Nikolaus von Domanovecz, un’espressione di Democrito il quale, dopo aver affermato che essenziale per il ben vivere è la capacità di dominare gli eccessi, concludeva dicendo che infatti felicità e infelicità sono fenomeni dell’anima, che prova piacere o dispiacere a esistere a seconda che si senta o non si senta realizzata.

Con Inno alla gioia Elisa Macaluso ha dato fondo all’affascinante allusività del proprio stile, fatto di levità e di trasparenze così come lo è la gioia, un sentimento che invade l’animo senza essere esattamente definibile, ma che può essere efficacemente impiegato per indicare non tanto l’essenza quanto piuttosto le ragioni che lo provocano e così dipingendo riesce a cogliere i motivi che indussero Beethoven a definire con questa espressione il tempo conclusivo della Nona Sinfonia.

L’opera di Silvana Mascioli, sostanzialmente senza titolo, è indicativa del faticoso e sofferto processo creativo compiuto da qualsiasi artista, nella fattispecie anche dal compositore tedesco, per raggiungere la perfezione cui aspira. Tratto dopo tratto, tutti accumunati in un tormentato percorso, gli elementi della composizione vanno accumulandosi sino a concludere il processo, un processo circolare perché il cerchio, come già insegnava il musico e matematico Euclide, è simbolo di perfezione.

Rapsodia e Lara e la Paganiniana sono le opere da cui Guglielmo Meltzeid si è fatto precedere a Vicenza.

Il rapporto con Beethoven nel suo caso non è volto alla rievocazione dell’animo o delle composizioni del compositore, ma alla pratica musicale in genere ammiccando alla consuetudine del grande Maestro di avere giovani allieve delle quali, da corteggiatore discreto, spesso si innamorava di passioni non dichiarate. Le due delicate modelle, delineate con lo splendore stilistico proprio al pittore torinese, rievocano una l’omonimo Divertimento per violino di Alfredo Casella, un altro illustre torinese, e l’altra la pratica pianistica nel fulgore cromatico della loro seducente bellezza, quasi circonfuse dalla malia della musica.

La musica è impalpabile, svanisce nel momento stesso in cui risuona e così, nella sua consapevolezza, Denise Mingardi rievoca la più sfuggente e delicata delle creature beethoveniane, la Elisa di Per Elisa, e la immaterialità di Simphony in due derive sentimentali delineate con straordinario fervore cromatico in al

trettante creazioni astratte che trascinano lontano la fantasia e permettono di sognare perché l’arte è, come sosteneva Miguel de Unamuno, prima di tutto sogno, un sogno capace di sollevare l’uomo dalla banalità del quotidiano e dalle tristezze dei giorni che passano senza possibilità di ritorno. Ecco perché la pittura astratta è più di ogni altra prossima alla musica e perché con questa condivide capacità consolatorie. La vita è un dramma secondo il pensiero di Arthur Schopenhauer, il quale però, riprendendo anni dopo quanto aveva scritto in una stagione di profondo pessimismo in Il mondo come volontà e rappresentazione, temperò le precedenti affermazioni ammettendo che musica e pittura, esse sole, potessero almeno in parte fungere da elementi consolatori.

Gianguido Pastorello offre ai visitatori due fantasie ellenico-musicali con Apollo citaredo e Giasone & Argonauti. La creatività di Pastorello va oltre il mito greco e la produzione pianistica e sinfonica di Beethoven per unificare le due istanze in miti contemporanei che gli fanno avvertire nella battute conclusive della Terza Sinfonia i dubbi e le speranze che animarono l’avventurosa navigazione di Giasone verso la Colchide alla ricerca del vello d’oro e nella cetra di Apollo, l’olimpico interprete, il dio presago del grande destino di Beethoven fanciullo, lo strumento che, esposto al sole, si sarebbe trasformato in un pianoforte, sulla cui tastiera sarebbe stato composto l’ineguagliabile corpus delle trentadue Sonate.

Edoardo Stramacchia si accosta a Beethoven percorrendo un cammino periglioso e infatti tanto Caso per caos che Caos in blu, due preziose versioni dei suoi stilemi caratteristici, sembrano lontani dalla sensibilità del grande sinfonista. Eppure, se si indaga con la dovuta attenzione, appare evidente che il caos, inventiamo un neologismo, “stramacchiano” presenta per linee costruttive un ordine che prevale sul disordine imponendo una regola, una propria logica. Questa constatazione è molto interessante perché riconduce al capitolo delle Annotazioni alle Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime cui Immanuel Kant, per la prima volta nella storia dell’Estetica, indaga non solo sui criteri di giudicare l’arte ma anche sul modo in cui il genio crea il capolavoro; e lo fa partendo da un’espressione latina, e pluribus unum, ossia il percorso dalla pluralità all’unità, dal molteplice alla sintesi, e questo vale per tutte le arti. Anzi, è il concetto che le unifica e le rende uguali non nell’esito finale ma nel processo che conduce a tale esito. Così Kant ci giustifica se istituiamo un rapporto dinamico –sia chiaro che qui non si tratta di valori ma semplicemente di metodo- tra un quadro di Stramacchia e una Sinfonia di Beethoven: ambedue sono frutto della selezione compiuta su una pluralità d’idee sino a raggiungere l’Idea (maiuscola di Kant).

Domenica Vecchio ha mostrato il proprio romanticismo in due ritratti di Musicista che non raffigurarono Beethoven ma un ideale musicista che nell’insieme dell’atteggiamento e negli abiti è facilmente riconducibile alla Vienna del primo Ottocento e ai tormenti di una professione difficile e spesso incompresa. Tratteggiati con mano morbida e tratto leggero i due lavori s’impongono per l’intensità espressiva che li anima.

Anna Zaramella d’Este ha scelto per l’evento vicentino una tela, Rondò veneziano, che si direbbe senza peso tanto le due aggraziate ballerine sembrano volare sul pavimento lasciando addirittura una scia dietro di loro mentre le diagonali contro le quali sono avviate accentuano il ritmo della danza.

Anche Beethoven, ad onta dell’espressione austera o addirittura corrucciata attribuitagli dai pittori che lo ritrassero, era in molte occasioni uomo salottiero, a suo agio negli ambienti della mondanissima Vienna

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dei suoi tempi, quella in cui per merito di Joseph Lanner, da lui molto apprezzato, e della famiglia Strauss prese avvio la gloriosa storia del Walzer. In particolare Beethoven seguì l’evoluzione dai Ländler ai Walzer e scrisse con piacere diversi minuetti nel tempo ternario dei valzer e Valzer definì almeno una dozzina di brevi ma graziose composizioni per pianoforte, mentre proprio dei Rondò, non veneziani ma viennesi, impiegò come terzo tempo di tutti i suoi Concerti.

Bernardino Zavagnin, interessato più ai contenuti che agli aspetti esteriori, ha affrontato con Mutazione 1 e Mutazione 2 il tema della trasformazione, dei cambiamenti, situazioni simili che si verificano nel mondo delle cose come in quello delle idee. In musica esistono addirittura quali strutture tecniche e prendono il nome di Variazioni. Beethoven compose molte Variazioni per pianoforte e forse le più famose della storia della musica sono le 33 variazioni sopra un valzer di Diabelli in Do maggiore, op. 120.

Aldo Maria Pero

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INTRODUCTION The XXI Century Art Movement opens the first Exhibition of 2022 in Vicenza, in the elegant halls of the Gallery ART.U’ managed avec esprit de finesse as Blaise Pascal would have said.

The Exhibition is dedicated to the memory of Ludwig van Beethoven and aims at evoking the great composer not by means of portraits, only one of them is there, but with works recalling his production or, even better, recalling the spirit informing them.

Extraordinary pianist, maybe the greatest of his time, excellent conductor and gifted composer, Beethoven cannot be valued only for the corpus of his works, not very extensive but of excellent quality, so much as to clearly divide the history of music in before and after him. We need infact to consider also the values of his thinking and of his personality: just like Aristotle, Dante, Bach and Hegel, he ended an era and opened another one, bright and productive.

Aristotle concluded the ancient philosophy projecting it with his logic into the future, a future which has not been completed yet. Studying the predecessors of the Greek philosopher is just to carry out an exercise of philosiphical archeology, while his logic has dominated the practice of the speculative thought up to Hegel, never having been set aside by the way, and after providing St. Thomas Aquinas with the means allowing him to offer the theological principles to the Holy Roman Church.

Dante Alighieri with a rooted awareness which his immediate successors Francesco Petrarca and Giovanni Boccaccio were not able to share, accomplished the huge task of giving Italy its language, apart from working out one of the greatest poems of mankind.

Johann Sebastian Bach tried with a mighty effort any music genre processed before him, exalting them at their highest and perfect level, but his work did not project towards the future, a future never belonged to Wolfgang Amadeus Mozart or to Franz Joseph Hayd, but to their fleeing disciple Ludwig van Beethoven, in whose mind “ Mozart’s spirit passed through Haydn’s hands”, according to the suggestive expression of Count Ferdinand Ernst von Waldstein.

Accepting the philosophical principles of the Enlightenment, of the last echoes of Irenicism, and considering Hegel’s aesthetics, his contemporary as both born in 1770, distilling him from a basically unhappy and loveless life, the man from Bonn has given humanity the noblest, more complex and profound musical legato in history, the one which would influence for ever the musical practice, not only technically but also on the superstitious side, so much that some great musicians, like Anton Bruckner, Gustav Mahler and today Philip Glass, did not want or hesitated to compose more than nine Symphonies.

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The fisrt did not acknowledge two of his youth Symphonies not to exceed the fatal number, the second died while composing his Tenth, the third one defines his Symphonies otherwise.

Having said of the great German composer’s greatness, let’s turn our interest to the different ways used by the artists to address the proposed issue. Among the eighteen artists reunited in Vicenza we can count a very refined Portuguese residing in Brussels, Clementina Almeida de Moura, who has committed her excellent technical means to a vague fantasy, La Pastorale, and a Bulgarian residing in Vienna, author of an elegant composition, Paragone, which evokes the pictorial tradition of the original Beethoven’s ancestral lands and more generally of central Europe, in particular the rich cultural tradition of the Duchy of Burgundy.

Clementina Almeida de Moura indulges with intellectual thrill to a work of pure fantasy whose dreamy balance, played on the confluence of strong colours, is structured in the description of the artist’s feelings towards the Sixth Symphony of Beethoven, The Pastoral, which is also the title of the picture where symbolic values and dreamlike hints are combined.

The prevailing tree is meant to be the metaphor of the wood the storm rages on, storm of the atmosphere and of the soul, which occupies a large part of the Symphony while, as elegant as the ones outlined by Albrecht Dürer, a hand is holding a conductor’s baton and the music seems to derive like a pacified trickle from the brilliant output of the exquisite painter.

Ivan Iliev with Paragone ( Comparison ) has portrayed a kind of synthesis of the various painting experiences that, since the Burgundian sources, have followed the Italian Renaissance, the floral splendours of seventeenth-century Holland, some brilliant style researches, such as painting within painting or the confident introduction of a sort of mysterious object in the descriptive context. In a broad sense, this work can be considered as a graphical representation of the long search carried out by Beethoven in the context of the music of his time to take it over and project it into the future.

In additino to the two foreign guests, the Italians sent to the Gallery canvas ses more or less traceable to the compositions of the great German Maestro.

Franca Bandera, thoughtful mind and severe hand, has conveyed in Tempo sospeso (Suspended Time) and in Ieri, Oggi, Domani (Yesterday, Today, Tomorrow) her own moral and existential concerns with the same sympathy of the musician who in a long process exalted his own creativity in many dramatic episodes to finally rely on the hope of a better tomorrow, sung in Ode to Joy which concludes the last Symphony.

Paola Bradamante has conveyed in a painting free from any descriptive form the same concepts of “pure music”informing the admirable String Quartets, even if she has given her canvasses evasive titles Diagonale verde 2 (Green Diagonal) where “green” is to her picture as the tonality to a Beethovian Quartet, and Serie Serenità 10 , for which the same remarks are valid.

With Luce di Elodia and Venezia in maschera the brilliant Eleonora Brianese executes a rhapsodic reference to the wordly side of the Beethovian production, the one of German Dances and Contradances, partly rejected by the composer, but which indeed expressed the mildest and more amiable aspects of his personality, according to the testimonies of some of his fellows.

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Armonia by Raffaella Cavallini, with just the profile of the young woman depicted, involves us in the despairing search for love by man making us forget the composer for a while and leading us to evoke the Immortal Beloved , the unknown girl recipient of the famous letter. Beethoven jealously kept a portrait of her in Biedermeir style, wheter she was Teresa von Brunswick, quite likely, or Countess Giulietta Guicciardi, a disciple to whom he dedicated Piano Sonata, Quasi una fantasia, Moolight Sonata.

Angela Chiassai has honoured the exhibition with two works, Shalom and Ragazza in fiore (Girl in Bloom), which refer to the spirit of openess and solidarity towards all men and to the high concept of women most celebrated in Fidelio or the Triumph of Marital Love , the most tormented and loved of his creations.

Mauro Filippini has addressed directly the exhibition and presented the only portrait of Beethoven, a Beethoven caught in the impetuosity of his creative spirit, almost exalted by the themes and concepts required by his soul.

Tiziano Illiano, with his references to the Greek thinking, apparently distances himself from Beethoven; actually Katà Métron and La nascita della follia (The Birth of Madness) connect, at least the first of the two pictures, to one of the essential concerns of the Viennese Maestro, that is the sense of measure tormenting him in the composition of many works. He had transcribed and often meditated, as he cofides in a letter to his learned friend Zmeskall Nikolaus von Domanovecz, a saying by Democritus who, after stating that essential for il ben vivere is the ability to master excesses, concluded that in fact “ happiness and unhappiness are phenomena of the soul whether it feels fulfilled or not “ With Inno alla gioia (Ode to Joy) Elisa Macaluso has made full use of the fascinating allusiveness of her style , made of levity and transparences , as joy is, a sentiment invading the soul not being exactly definable but that can be effectively used to mean not so much the essence but rather the reasons causing it and, by painting in that way, she manages to catch the motives inducing Beethoven to use this phrase to define the final tempo of the Ninth Symphony.

The work of Silvana Mascioli, basically with no title, is revealing of the laborious creative process carried out by any artist, in this case by the German composer too, to reach the perfection which he longs for.

Stroke after stroke, all of them accumulated in a tormented creative process, they cumulate until they conclude the process itself, a circular one because the circle, as already taught by the musician and mathematician Euclid, is symbol of perfection.

Rapsodia and Lara e la Paganiniana are the works sent to Vicenza by Guglielmo Meltzeid. His connection with Beethoven is not aimed at evoking the soul and the compositions of the composer, but at the musical practice in general, alluding to the great Maestro’s habit to get young disciples with whom, as a discreet suitor, he used to fall in love with undeclared passions.

One of the two models, outlined with the stylistic splendour typical of the painter from Turin, evokes the painting with the same name Divertimento per violino (Violin Amusement) of Alfredo Casella, another eminent Turinese, and the other one the piano practice in the chromatic radiance of their seductive beauty, almost bathed by the magic of the music.

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Music is impalpable, it vanishes the very moment it resounds and so, aware of that , Denise Mingardi evokes the most fleeting and delicate of the Beethovian creatures, the Elisa of Per Elisa, and the immateriality of Symphony in two emotional drifts conveyed with extraordinary chromatic fervour in as many abstract creations which drag the fantasy away and allow to dream because, as stated by Miguel de Unamuno, art is first of all dream , a dream capable of relieving man from the banality of daily life and the sadness of the passing days with no return. That is why abstract art, more than any other kind, is closer to music and shares with it consolation capacities. Life is a drama according to Arthur Schopenhauer, who however years later, taking up what he had written in The World as Will and Representation in a period of deep pessimism, toned down his previous statements admitting that music and painting, they only, could at least partially act as consolitary elements.

Gianguido Pastorello offers visitors two Hellenic-musical fantasies with Apollo citaredo and Giasone&Argonauti. Pastorello’s creativity goes beyond the Greek myth and Beethoven’s symphonic and piano production to merge the two instances into contemporary myths which in th final beats of the Third Symphony make him feel the doubts and hopes animating the adventurous sailing of Jason towards Colchis in search of the Golden Fleece and of the cithara of Apollo, the olympian interpreter, the God presaging the great destiny of young Beethoven, the instrument that, exposed to sunlight, would turn into a piano on whose keyboard the incomparable corpus of the thirty-two Sonatas would be composed.

Edoardo Stramacchia approaches Beethoven taking a dangerous path and in fact both Caso per caos and Caos in blue, two valuable versions of his characteristic stylistic features, seem far away from the great symphonist’s sensitivity. Yet, if we examine with due attention, it becomes evident that that chaos presents by means of compositional lines an order prevailing over the disorder, imposing a rule, its own logic. This is a very interesting remarks because it leads back to the chapter of the Observations on the Feeling of the Beautiful and the Sublime where Immanuel Kant, for the first time in the history of Aesthetics, examines not only the criteria of the Art evaluation but also the way a genius creates a masterpiece; and he does that starting from a Latin phrase, e pluribus unum, that is the process from plurality to unity, from multiplicity to synthesis, and this applies to all arts. Indeed, it is the concept unifying them and making them alike, not in the final outcome but in the process leading to such an outcome. So Kant will justify us if we establish a dinamic connection¬ – being clear that it is not a matter of value but simply of method – between a picture of Stramacchia and a Beethoven Symphony: both are the result of a selection made on a multiplicity of ideas up to reach the Idea (capital letter by Kant).

Domenica Vecchio shows her romanticism in two portraits of Musicista ( Musician ) which do not represent Beethoven but an ideal musician who in the whole of his attitude and clothes can easily be linked to early 19th-century Vienna and to the torments of a difficult and often unappreciated profession. Outlined with soft hand and light stroke, the two works stand out for the expressive intensity animating them.

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Anna Zaramella d’Este has chosen for this event a canvass, Rondò veneziano, we would say weightless as the two graceful dancers seem to be flying on the floor even leaving a trail behind them, while the diagonals which they are directed to, emphasize the dancing rhythm. Beethoven, too, despite his austere or even frowning expression ascribed to him by the painters who portrayed him, used to be in many occasions man of leisure, at ease in the social circles of the fashionable Vienna of his time where, thanks to Joseph Lanner, highly esteemed by him, and to the Strauss family, the glorious history of Waltz started.

In particular Beethoven followed the evolution from Ländler to Waltz and with pleasure wrote several minuets in ternary waltz time and defined Waltz at least a dozen short but graceful piano compositions, while he employed as third time of all his Concerts the typical tempo of the Viennese Rondò, not the Venetian one.

Bernardino Zavagnin, interested more in contents rather than in external aspects, addressed with Mutazione 1 and Mutazione 2 the issue of transformation, of changes, similar situations occurring in the world of things as well as in the world of ideas. In music they are present even as technical structures and are named Variations. Beethoven composed many piano Variations and maybe the 33 Variations on a Waltz by Diabelli in C major, op. 120 are among the most famous in the history of music.

Aldo Maria Pero

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CLEMENTINA ALMEIDA DE MOURA

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La Pastorale, 2020 - olio e grafite su tela di lino - 70x60

FRANCA BANDERA

Ieri, oggi, domani, 2020 - olio su tela - 60x75

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Tempo sospeso, dittico 2020 - olio su tela - 50x70, 25x35

PAOLA BRADAMANTE

Serie Serenità 10, 2021 - tecnica mista su tela - 60x80 19

Diagonale verde 2, 2021 - tecnica mista su tela - 60x80 20

ELEONORA BRIANESE

Luce di Elodia, 2017-19 - acrilico su tela - 90x65

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Venezia in maschera, 2019 - acrilico su tela - 60x120

RAFFAELLA CAVALLINI

Armonia, 2019 - tecnica mista su tela - 80x90 23

ANGELA CHIASSAI

Ragazza in fiore, 2015 - olio su tela - 70x50 24

Shalom, 2017 - olio su tela - 60x50

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MAURO FILIPPINI

Beethoven, 2021 - tecnica mista su tela - 70x50 26

IVAN ILIEV

Paragone, 2009 - olio su compensato - 71x63 27

TIZIANO ILLIANO

La nascita della follia, 2022 - acrilico su legno - diam. 90 28

Katà Metron, 2019 - acrilico su legno - diam. 100 29

ELISA MACALUSO

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Inno alla gioia, 2011 - olio su tavola - 70x50

SILVANA MASCIOLI

PS001, PS002, PS003, PS004, 2016 - tecnica mista su tela - 40x30 ciascuno

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GUGLIELMO MELTZEID

Rapsodia, 2015 - acrilico su tela - 100x100 32

Lara e la Paganiniana, 2015 - acrilico su tela - 100x70 33

DENISE MINGARDI

Symphony, 2021 - fluidart, tecnica mista su tela - 50x50 34

Per Elisa, 2021 - fluidart, tecnica mista su tela - 50x50 35

GIANGUIDO PASTORELLO

Apollo Citaredo, 2020 - tecnica mista su tavola- 60x80 36

Giasone & Argonauti, 2019 - tecnica mista su tavola - 60x80 37

EDOARDO STRAMACCHIA

Caso per Caos, 2020 - tecnica mista su tela - 80x80 38

Caos in Blu, 2019 - tecnica mista su tela - 80x80 39

DOMENICA VECCHIO

Musicista 1, 2022 - tecnica mista su tela - 60x40 40

Musicista 2, 2022 - tecnica mista su tela - 60x40 41

ANNA ZARAMELLA D’ESTE

Rondò Veneziano, 2019 - tecnica mista su tavola - 80x60 42

BERNARDINO ZAVAGNIN

Mutazione 1, 2020 - tecnica mista su tavola - 60x120 43

Mutazione 2, 2020 - tecnica mista su tavola - 60x120 44

© Edizioni Arte del XXI Secolo MOVIMENTO ARTE DEL XXI SECOLO E-mail artedelxxisecolo@gmail.com Cell. 348 5103772