"L'eden dell'arte" Firenze, settembre 2022

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L’EDEN DELL’ARTE rassegna d’arte contemporanea

Un uomo dice ad un direttore di circo: “Voglio lavorare nel tuo circo” il direttore replica “Che cosa sai fare?” l’uomo risponde “ So imitare gli uccelli” il direttore non è affatto colpito e dichiara che non gli interessa

“Chiunque sa imitare un uccello”. L’uomo non discute.

Apre la finestra e vola via. (Ogni artista ha opere che sono solo imitazioni di un uccello. E poi ha dei pezzi rari in cui riesce veramente a volare)

Dalla tradizione orientale

L’EDEN DELL’ARTE

Rassegna d’Arte contemporanea

dal 17 al 30 settembre 2022

FIRENZE

ROCCART GALLERY

Via delle Ruote 6R

A cura di: ELISA MARIA BERGAMINO

Movimento Internazionale CABERTA ARTE

Testi di: ALDO MARIA PERO

Grafica e impaginazione Licinia Visconti

© Edizioni Arte del XXI Secolo

In copertina:

Konrad Vilhelm Mägi (Estonia 1878-1925) Ritratto di Lady Alide Asmus (1912-13) olio su tela 95x74,5 Tartu Art Museum

Lilliana Barberis Francesca Bellu

Patrizia Bonazelli Costantino Castellotti Patrizia Cavazzuti Fabio Colussi Daniela Conte “Anice”

Francesco Crocoli Liliana Di Pasquale “Lyli” Fiorenza D’Orazi Nicola Gasbarro “Nic” Paolo Iantaffi

Kasa Ejona “Elona” Andrea Magni

Giuseppe Piacenza Elisa Politi

Antonio Scarpelli Maurizio Setti

Alessandro Siviero “Mr. Payne’s Grey” Anna Sabina Tedone Sandra Trabacchi Francesca Witzmann

L’EDEN DELL’ARTE

Rassegna d’arte contemporanea A cura di ELISA MARIA BERGAMINO FIRENZE ROCCART GALLERY 17 - 30 SETTEMBRE 2022

PRESENTAZIONE

Approdando a Firenze, il centro degli storici splendori rinascimentali, Elisa Bergamino, curatrice còlta e di riconosciuta sensibilità artistica, si è immersa negli spiriti edenici della storia culturale fiorentina e li ha trasferiti alla sua mostra facendola diventare, con la complicità degli artisti dai quali si è fatta ac compagnare, in un Eden contemporaneo di varie bellezze che non si contrappongono ma si dispiegano e armonizzano in un ricco giardino di stimolanti sollecitazioni estetiche e sentimentali. Spesso mi sono sentito chiedere che senso abbia una collettiva oggi. Non certo quello delle rassegne degli Impressionisti, nate nel 1874 e precedute dalle esibizioni a carattere mondano dei Salons. Sino agli anni immediata mente precedenti la Seconda Guerra mondiale, pur essendo tramontata da tempo la stagione degli Im pressionisti, le collettive avevano un elemento unificatore che andò successivamente perdendosi, ossia quello di presentare al pubblico un gruppo di artisti legati agli stessi criteri estetici. La collettiva diventava in tal modo una dichiarazione d’intenti, un manifesto, spesso accompagnato da formulazioni teori che, come clamorosamente avvenne nel caso dei Futuristi. Più tardi esse rappresentarono lo strumento messo in atto dai galleristi con finalità prevalentemente (ed inevitabilmente) speculative. Oggi invece esse rispondono pienamente alla quarta Regola del gusto elaborata da David Hume. Secondo il filosofo inglese, infatti, l’elemento fondamentale che permette di esprimere un giudizio consiste nell’aver visto e confrontato vari tipi di bellezze tenendo conto che le opere d’arte nascono o dall’uso dell’intelligenza o dall’abbandono al sentimento. Analisi e confronti che valgono, in diverso modo, tanto per i fruitori che per i creatori dell’arte. L’Eden fiorentino di Elisa Bergamino dimostra che la curatrice torinese è ben con sapevole di queste non facili regole e che si è prodotta nell’ammirevole sforzo di presentare un gruppo di artmakers (dirlo in inglese fa moda anche se è un po’ provinciale) capaci di riprodurre in immagini il fascino dell’Eden, fatto di profumi e di colori. Gli artisti che espongono nella Roccart Gallery di Firenze sono ventidue e presentano oltre trenta opere che corrispondono ai criteri cui sopra si è accennato. Si possono adottare vari criteri per coinvolgerli in un discorso di presentazione, ma l’ordine alfabetico non urta nessuna sensibilità.

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Liliana Barberis

Cediamo quindi la parola alla torinese Liliana Barberis, una pittrice che ha affinato gli stimoli vocazio nali con severi studi condotti presso il Liceo artistico di Torino e più tardi sotto la guida del maestro Raffaele Pontecorvo con il quale ha studiato in particolare la figura per orientare in seguito la sua attività verso i più vasti orizzonti dell’espressionismo astratto che la figurazione non poteva permetterle. Liliana ha dipinto sotto molti cieli, in Italia, in Europa e oltreoceano mostrando una sicurezza tecnica di primo piano e affrontando i temi prediletti con una disinvoltura che Parmigianino, come disse di una pittrice a lui coeva, «avrebbe mosso l’invidia di un uomo». Un po’ maschilista, ma significativo. A Firenze la pittrice presenta due lavori che ben rappresentano il suo stile forte, fondato su colori compatti e scelti in una palette piuttosto scura che sembrano conferire un peso materico alle sue meditazioni sull’umano destino e sulla grevità dell’esistenza. Tali considerazioni valgono tanto per la dialettica potenza espressiva che emana dalle Interconnessioni che per la suadente ricchezza della ricerca cromatica offerta da La danza delle idee.

Francesca Bellu

La sarda Francesca Bellu ha raggiunto una caratura internazionale trasformando una tradizione gallure se in una straordinaria operazione artistica. Platone affermava che c’è nella materia un fondo di divino, che occorre cogliere e separare dal resto della materia per passare, così operando, dalla terrena volgarità alla celeste armonia. A questa armonia esistente nelle piccole cose si ispirano gli eleganti gioielli inven tati da Francesca, capace con mani e cuore eccezionali di elaborarli in forme inaudite nelle quali la pura materia si trasforma in scintillante piacevolezza che sa trasferire in acconciature uniche per originalità e splendore. Si tratta dei Folardi di cui presenta in mostra uno straordinario esemplare, così scintillante da sembrare l’esposizione di gioielli della corona di un antico sovrano.

Patrizia Bonazelli

Patrizia Bonazelli, bolognese di nascita e torinese di adozione, è una pittrice dalle vicende professionali particolarmente ricche di tappe, vincolate a scelte personalissime, perseguite con accanita dedizione per essere poi superate da nuovi stimoli creativi man mano che se ne esauriva l’intensità. Negli anni dell’Ac cademia Albertina conosce le lotte e le speranze di una generazione permeata da grandi illusioni. Alla fine degli Anni ’80 è attratta dalla pittura messicana, sedotta dai lavori su seta avendo negli occhi l’ener gia straordinaria dei grandi muralistas, Rivera, Siqueiros, Orozco. Dopo la parentesi araldica durante la quale si è interessata a far rivivere non solo le immagini ma anche il significato dei vecchi stemmi, delle memorie materiali di un mondo tramontato per sempre, l’inesausta ricerca di Patrizia ha conosciuto altre prove di originale creatività per approdare agli attuali Colori dell’anima. In mostra ha portato un piccolo, delizioso e curioso lavoro, Radiografia zebrata caotica; un lavoro nel quale trovano perfetto equi librio fantasia e tecnica.

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Costantino Castellotti

Costantino Castellotti è uno dei non pochi architetti attratti in pari misura non solo dalla grevità del ce mento e dell’acciaio ma anche dalla levità del segno pittorico. Un segno che a lui giunge arricchito dalle molte esperienze del Novecento, che parte dall’impressionismo per approdare all’annullamento della figura e alla negazione del sentimento in favore di una fredda analisi del reale e della sua consistenza ma terica nella quale possono però aprirsi i varchi di una meditazione asettica, senza speranza, ma signifi cativa nella sua presa di posizioni nei confronti dell’esistenza. In questo senso assume pieno significato il Senza titolo in mostra a Firenze: una grata grigia nella quale si aprono tante piccole e non perfettamente regolari finestrelle blu e rosse, ognuna delle quali allude ad una scelta e ad un destino possibili. L’autore osserva curioso e chiede al passegger solingo di foscoliana memoria: «E tu, quale scegli?».

Patrizia Cavazzuti

Patrizia Cavazzuti si accosta alla tela con la mano e con il cuore uniti in un unico slancio creativo nel quale, appunto, la tecnica e la generosità d’animo sono in grado di produrre un quadro come Bimbo. Seguendo un’abitudine (o un difetto?) dei critici sempre alla ricerca dei precedenti mi chiedo come per un’opera di tanta triste intensità se ne possano trovare. Ne vengono parecchi alla memoria, ma tutti in capaci di trasmettere la pena che fa l’anonimo ragazzino di Patrizia se non, forse, i tristi scugnizzi dipinti da Bartolomé Esteban Murillo nel Siglo de oro di Spagna. La Spagna era ricca per l’oro e l’argento prove nienti dall’America, eppure il ceto popolare viveva in una drammatica povertà nella quale si cominciava a lavorare a sei anni guadagnando più ceffoni che denaro. Anche il bimbo, il cui viso tormentato ci com muove vive in un’Italia ricca, ma non priva di sacche di povertà; in un’Italia di bimbi viziati e di povere creature umiliate. Un quadro di drammatica dialettica esistenziale.

Fabio Colussi

Fabio Colussi con il suo Vele al tramonto invita il visitatore ad abbandonare gli intellettualismi richiesti da certa pittura contemporanea per affidarsi ad una serena contemplazione della natura. Una scena che sarebbe piaciuta ad Immanuel Kant, che nella sua Estetica pre-romantica celebrava appunto la natura tanto nella sua serenità che nello scatenamento delle sue forze tempestose. La natura, secondo il grande filosofo tedesco, era una delle maggiori, forse la più importante, fonte d’ispirazione dell’artista. Qui la scena è mirabilmente delineata nel suo rosseggiante preludio all’occaso del sole. Nel vasto orizzonte che Colussi delinea in una tela di grande profondità c’è una progressiva scansione dello spazio, dominato, su una superficie senz’onde, da una grande imbarcazione a due alberi, circondata da altre di minori dimen sioni. Sullo sfondo un sole occiduo manda gli ultimi raggi del giorno. Un lavoro di notevole tecnica e di coinvolgente capacità attrattiva.

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Daniela Conte (Anice)

Daniela Conte apprezza l’incisività dell’inglese e per i suoi titoli lo preferisce alla melodiosità dell’italia no. Abbiamo in mostra tre quadri i cui titoli sono infatti Queen of the Night, Hope e Wild. Detto che le tre opere sono servite da una notevole tecnica, sono attratto dalla misteriosa Regina della notte, che si presenta come una slanciata figura femminile con le braccia alzate verso il cielo che si apre per illuminarla di luce stellare. L’interesse nasce dall’opera di Wolfgang Amadeus Mozart, Il flauto magico, nel quale c’è una strega malvagia, la Regina della notte, appunto, che segna il contrasto fra il bene e il male e reca con sé molti accenni della simbologia massonica, cara al musicista austriaco. Hope (la speranza) costituisce un simbolo e ai simboli è molto legata la pittura di Daniela, che nasconde dietro un tratto naturalistico profumi misteriosi e importanti associazioni di idee; forse in questo caso una speranza d’amore rappre sentata dai due fiori incrociati, fiori invece di persone. Wild (il selvaggio) è la metafora della tempesta che, su una forte stratificazione cromatica, si scatena travolgendo due miseri alberelli. Opere di rilevante interesse per lo stile e per i contenuti.

Francesco Crocoli

Francesco Crocoli è nato a Bagnoregio in provincia di Viterbo e vive a Roma. La serenità che esprime nei suoi dipinti fa pensare che in lui riviva una memoria di San Bonaventura, qui nato e uno dei massimi teologi della Chiesa, costantemente impegnato, oltre che dal suo grandioso lavoro filosofico, ad esortare all’irenismo, cioè alla pace, al rifiuto dei contrasti. Due sono le piccole opere dai titoli assai evocativi cui Crocoli ha affidato la rappresentazione della sua arte, una forma colta e quasi sintetica di un maturo impressionismo: Ponte Sisto e Giardino di Villa Sciarra. Si tratta di un ponte ricco di storia, costruito nel 12 a.C., regnante Ottaviano Augusto, ricostruito da papa Sisto IV tra il 1473 e il 1479 e poi ancòra ristrutturato nel 2000 fra mille polemiche. Splendida, Villa Sciarra, o almeno l’area sulla quale sorge, ha duemila anni di storia che comprendono le vicende degli Sciarra, una famiglia di nobiltà papalina. La ve dova dell’ultimo proprietario, George Wurts, nel 1932 regalò la villa a Benito Mussolini a condizione che fosse trasformata in parco pubblico, come avvenne. I due lavori sono di ammirevole resa paesaggistica con un’interpretazione dei particolari che si avvicina ad un discreto espressionismo. Sono opere in cui si avverte una mano delicata e consapevole, capace di far rivivere gli echi della storia.

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Liliana Di Pasquale (Lyli)

La torinese Liliana Di Pasquale (Lyli) è autrice di un piccolo ma intenso lavoro, Il tempo, l’evoluzione e il sole sulla mia città, una tela nella quale si concentrano le esperienze fatte durante il suo breve percorso artistico che le ha consentito di consolidare una maturità di segno che si rivela in risultati significativi come quello portato in mostra a Firenze. Si tratta di una tela che sfugge ad una precisa collocazione di campo. Non si può definire figurativa ma neppure astratta. Risolve in un miracoloso equilibrio le esigen ze di un pensiero che si cela dietro la rutilante immagine e questa viene posta al servizio di un contenuto che si precisa come una grave preoccupazione sul futuro dell’umanità, riscaldata da un sole che potrebbe rivelarsi nel tempo un nemico mentre l’autrice, simbolo dell’umanità, è posta al centro di un’evoluzione di cui nessuno conosce gli sviluppi.

Fiorenza D’Orazi

La laziale Fiorenza D’Orazi affida le sue istanze artistiche, molto poetiche, ad uno stile di grande impatto visivo, come si può apprezzare in Percezione immanente. Siamo di fronte ad una pantera nera, che osser va davanti a sé, pronta a scattare per una caccia o per sfuggire ad un pericolo imminente. La perfezione tecnica con la quale è stata rappresentata la belva può competere con i quadri dei grandi animalisti del passato, compresi gli olandesi del Seicento. Come molti altri artisti, Fiorenza è interprete di una carriera segnata in età giovanile da un’irresistibile attrazione per la pittura, un’attrazione che deve poi sacrificare alle ragioni pratiche di lavoro e alle esigenze di famiglia con una ripresa in età matura, di solito cor rispondente alla quiescenza. Ma in linea di massima il fuoco dell’arte, che non subisce il dominio del tempo, si risveglia ed è capace di produrre meraviglie.

Nicola Gasbarro (Nic)

Nicola Gasbarro (Nic) si presenta con quattro tele che costituiscono una prova di ironica intelligenza: Calcestruzzo, Martello pneumatico, Casco di banane, Macinare chilometri. Inutile parlare della tecnica, capace di rappresentare in tutta disinvoltura qualsiasi cosa e di suggerire addirittura dei movimenti. Da garbato enigmista, Nic gioca con le parole e non dipinge, prediligendo piuttosto illustrare situazioni con un complice sorriso. Il suo calce-struzzo è ameno: si divide la parola nei due emistichi che la compongo e poi, tocco del grande fantasista, si disegna uno struzzo trasformato in betoniera, nel senso di sostituire la sua deiezione in cemento. Il martello pneumatico è meno arguto, limitandosi a proporre una semplice addizione: un martello a forca che, se non sbaglio, estrae un chiodo da un pneumatico. Con il casco di banane si gioca sull’assurdo. Le banane si trasformano in un casco da sportivo e il ragazzo che lo indossa mostra uno sguardo di allucinata sorpresa. Sapido è l’impiego di un’espressione di uso comune come ma cinare chilometri per ispirare una sorta di straordinaria macchietta: una strada in salita sormontata da un macinino da caffè che, appunto, macina i chilometri percorsi dalle auto in ascesa. Sono i divertissements di un artista notevole dotato di raffinata arguzia.

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Paolo Iantaffi

Il bergamasco Paolo Iantaffi ha tratto dal suo vasto repertorio di temi e di immagini una sorta di omag gio al tango e all’Argentina, culla di questa danza a lungo ritenuta scandalosa. Se si guardano le opere di Iantaffi, Notturno argentino e Tango e seduzione non si può negare che l’anatema gettato su questo ballo abbia qualche ragione di esistere e infatti Benito Pérez Galdós, cito perché si tratta del giudizio di un grande scrittore, lo definì «Il ballo delle puttane». Iantaffi, se ha peccato, lo ha fatto con mano leggera conferendo alle due scene porteñas un’aria di sospensione del tempo che assolve la materialità dei corpi che si accostano con grande sensualità. La consueta bravura tecnica ha consentito all’artista di delineare due ambienti dal fascino esotico fermando l’attenzione sui diversi atteggiamenti tenuti dalle due coppie di ballerini. Sotto certi aspetti Iantaffi fa rivivere gli ambienti della Parigi début de siècle e le brasseries nelle quali dominavano gli apaches con le loro donne sfrontate e dove si poteva mangiare, bere, ballare e morire.

Ejona Kasa (Elona)

Ejona Kasa (Elona) è una romana di origine albanese che ha compiuto gli studi artistici all’Accademia Albertina di Torino e queste sono le uniche informazioni biografiche di cui dispongo, completate dalla foto e dal titolo di un quadro. È vero che Pierre Restany ha scritto che «era molto più riposante fare il cri tico nell’Ottocento piuttosto che ai suoi tempi: bastava descrivere e giudicare l’opera che si aveva davanti. Ora invece non sono più il critico ma il socio al 50% degli artisti: loro buttano giù qualcosa sulla tela e io sono costretto ad inventare quello che loro intendevano dire, ma a volte si ha l’impressione che gli artisti ci attribuiscano poteri ed intuizioni da stregoni». Il titolo dell’opera di Ejona è Angiomi e occorre ricono scere che si tratta di un lavoro interessante sul piano tecnico, capace com’è di delineare con interessanti trasparenze un volto sul quale si può pensare che esiste qualche forma di malattia. Il lavoro risulta molto intenso con le sottili linee ordinate in un preciso progetto che determinano un volto collocato tra la vita e la morte.

Andrea Magni

Il lombardo Andrea Magni ha presentato un lavoro di antica sapienza pittorica che tiene conto di tutti gli elementi che completano la geometria e il progetto di un’opera: il tema, ovvero la coppia formata dal sommelier e dal suo assistente, il pieno utilizzo dello spazio nel quale le vesti scure dei due uomini si perderebbero nel nero dello sfondo se non fossero illuminate dal bianco delle camice. Siamo di fronte ad una scena di pacata intimità vissuta da due signori di mezza età e di sereno carattere che compiono il loro lavoro come un rito. Magistrale l’intervento di una sorgente frontale della luce che illumina la scena occupando con sapiente disegno tutta la superficie di un quadro che esprime l’usualità dei gesti e la sod disfazione di compiere bene il proprio lavoro.

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Giuseppe Piacenza

Giuseppe Piacenza, ovvero l’astronauta, un appellativo che gli attribuisco con tutto rispetto ammirando le perfette simmetrie delle sue macchine dello spazio. La flottiglia è composta da una Sideronave rotonda e da due astronavi: Astronave Anita e Astronave Elisabetta ed è caratterizzata da smaglianti colori com’è logico per chi si avventura nella notte del cosmo e nei siderei splendori delle stelle, ai milioni di gradi che affuocano la superficie del sole. Perfette nelle loro linee slanciate, le astronavi di Giuseppe Piacenza, oltre al loro splendore formale, esprimono l’ansia di chi, volgendo lo sguardo sul mondo, si chiede quale sarà il nostro prossimo futuro, se un futuro ci sarà. Nel dubbio trae sollievo dai sogni, fantasie nelle quali le astronavi sembrano garantire un futuro al genere umano trasportandolo in altre terre esistenti nella im mensità del cielo. La sua è una pittura di cristallina trasparenza, basata sull’uso di colori chiari distribuiti con ducrus sicuro dei propri mezzi per conferire all’insieme la luce di un universo pieno di promesse.

Elisa Politi

Elisa Politi è una peruviana residente a Boschi Sant’Anna, un paesino di antico splendore in provincia di Verona, e presenta Come sospesa, il delicato, aereo ritratto della deliziosa bellezza di una fanciulla sospesa tra la realtà e il sogno. Gli occhi sono chiusi su un segreto pensiero che domina un volto dai tratti per fetti, resi con il sapiente impiego di una tecnica mista che affida al candore del rilievo centrale il còmpito di delineare una forma che trova rispondenza nei tratti oscuri che lo avvolgono e ne esaltano la finezza. Inevitabile il raffronto con i grandi ritrattisti di fine Ottocento e dei primi anni del secolo scorso, Sargent e Boldini per intenderci, con i quali Elisa Politi rivaleggia per leggerezza di tratto, che conferisce fascino inimitabile ad un lavoro di grande levatura nel quale l’alto magistero tecnico cede ai valori sentimentali, che definirei, se il termine fosse tuttora in uso, romantici. La fronte alta che scende al nasino perfetto sot to il quale emerge il rosato di labbra dal regolare disegno, il tutto concluso con la rotondità di un mento di giovanile freschezza. Non faccio mai considerazioni sul prezzo delle opere, ma in questo caso mi sento di fare un’eccezione per dire che il lavoro vale molto più di quanto indicato dall’autrice.

Antonio Scarpelli

Antonio Scarpelli, partito da San Pietro in Guarano, un paese di ascendenza romana, passando per il borgo di Lusernetta in provincia di Torino, è pervenuto agli onori che gli sono stati resi quest’anno come «Ospite illustre in campo artistico» a Cuba. Legittimo chiedersi su quali presupposti si sia fondato l’im portante riconoscimento resogli in un Paese che vanta nel Novecento una considerevole storia artistica tanto in campo pittorico che letterario. Possiamo partire da una dichiarazione dello stesso Scarpelli, il quale ha affermato che il suo modus operandi è fondato sulla ricerca e l’impiego del colore appresi duran te gli studi condotti presso l’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino e sullo studio attento delle tele di Cézanne. Verifichiamo queste dichiarazioni su Shorts, il quadro che ha fatto pervenire a Firenze nell’àmbito della mostra organizzata da Elisa Bergamino.

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Un lavoro realista, forse addirittura iperrealista, in blu che si immerge in una vera sinfonia di blu, che dallo sfondo ai particolari offre effettivamente una fioritura di nuances in àmbito monocromatico. Un pittore che con tecnica rappresentativa sicura riesce ad impostare un lavoro di così grande impatto usando un solo colore merita non solo il riconoscimento cubano.

Maurizio Setti

Maurizio Setti da Carpi in provincia di Modena fonda il proprio lavoro sui buoni studi condotti presso il Centro Arti Figurative della sua città e ha fondato il suo lungo percorso su vari momenti di esplorazione nei quali le sue capacità di grande disegnatore sono state fine o mezzo dell’itinerario di ricerca. Una ricerca che, dopo essersi molto interessata alle chiese, soprattutto quelle romaniche, del territorio è pervenuta a tematiche che lo accomunano alle riflessioni condotte a suo tempo da Claude Debussy circa gli elementi di consentaneità che uniscono le due arti. Il nostro pittore e il compositore francese sono sostanzialmente d’accordo che i due mondi possano compenetrarsi e che le affinità sono più marcate delle differenza di linguaggio. La tela presentata in esposizione è Il flauto magico, che è anche il titolo di una delle opere più famose di Mozart, un’opera simbolo del credo massonico. Anche Setti sembra voler ricorrere a simboli e ad atmosfere ricche di un particolare pathos con il suo flautista dallo strano copri capo. Circola in questo lavoro oscuro un clima del tutto particolare nel quale si avverte qualche magico significato nascosto fra i suoi opachi colori.

Alessandro Siviero (Mr. Payne’s Grey)

Alessandro Siviero (Mr. Payne’s Grey) ha fatto giungere anche a Firenze la sua ormai leggendaria bici cletta, rossa come l’aereo del Barone rosso, Manfred von Richthofen, l’asso degli assi dell’aviazione tede sca durante la Prima guerra mondiale. La bicicletta di Siviero non ha distrutto ottanta biciclette come i velivoli abbattuti dal Der rote Baron, ma occupa un suo posto nelle attuali vicende dell’arte perché è un semplice oggetto che rivendica un ruolo come opera d’arte, una pretesa resa possibile da un’importante rivoluzione culturale che convergendo da due settori diversi ha modificato in misura radicale i nostri punti di vista culturali. All’inizio del secolo scorso l’antropologia culturale elaborata da Bronislaw Ma linowski e il ready-made proposto da Marcel Duchamp hanno sconvolto e arricchito il mondo dell’arte. Lo studioso polacco ha sostenuto che cultura è tanto la più ardua speculazione filosofica quanto il modo di vivere dei selvaggi; il francese ha attribuito virtù taumaturgiche agli artisti, che con la loro semplice firma possono trasformare qualsiasi oggetto in un prodotto artistico. Ecco perché una rossa bicicletta è oggi un’opera d’arte e può far parte della nostra cultura.

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Anna Sabina Tedone

La sposa bambina di Anna Sabina Tedone è insieme un quadro e un documento sulla condizione della donna, sul sottosviluppo culturale e sulle aberrazioni religiose e delle tradizioni. Il soggetto della tela è posto in piena evidenza: una ragazzina dall’aria tristissima grottescamente vestita con un bianco abito nuziale reca in mano un bouquet di rose e sul volto, sulla bocca deformata dalla sbavatura del rossetto, porta il segno della prima violenza. Dall’area oscura che si apre alle sue spalle emerge la figura demo niaca di un vecchio che attende per cogliere quella giovinezza in fiore, composta nello sguardo spento di un’immensa tristezza. Il quadro è doppiamente interessante, in primo luogo per la notevole capacità tecnica messa in mostra dall’autrice e in seconda istanza per il tema affrontato, che costituisce un’aperta denuncia di mondi che ci sono vicini e che impongono le loro assurde ragioni al mondo civile che non può o non vuole intervenire.

Sandra Trabacchi

Sandra Trabacchi è una piacentina trapiantata a Varese che dipinge con antica sapienza e con una tavo lozza a colori quietamente opachi la cui pacatezza molto contribuisce a creare un’atmosfera gozzaniana di malinconico buon tempo antico. E questa considerazione vale tanto per il cézaniano Cipolle che per Estate a Varese che con i suoi toni smorzati e il senso di sospensione e di mistero richiama la Scuola ro mana degli Anni Trenta. In ambedue i casi si tratta di una sensibilità matura e di una mano capace di do minare con sicurezza due temi non facili, in particolare la natura morta fuori epoca ma splendidamente fatta rivivere con sensibilità contemporanea. Quanto alla villetta dell’estate varesina, so che è assurdo, ma mi sembra di respirare lo stesso senso di attesa che doveva gravare sul giardino dei Finzi-Contini. La stessa inquadratura appare inquietante con il suo campo lungo che si posa di lontano sulla cancellata che circonda la casa sovrastata da alberi e da un edificio molto più grande. Un esito malinconico ma molto intenso per la straordinaria capacità di riportare indietro nel tempo.

Francesca Witzmann

Francesca Witzmann rappresenta con la sua vasta attività un modo particolarmente attento di interpretare il mestiere del fotografo, uno stile di sicura discrezione e nobiltà, quello che non mira a documentare le magnificenze estetiche delle signore o curiosi atteggiamenti dei signori, ma a fissare per i tempi futuri le gioie e le tristezze dei grandi personaggi e degli umili ospiti del pianeta, anche loro degni di interesse e di considerazione. Francesca Witzmann è molto equilibrata nelle sue scelte, non insegue, come molti suoi colleghi, il disperato della vita o al contrario i superficiali splendori di attrici, registi, miliardari e spesso si dedica a dei montaggi d’immagini, dei collages, come quello offerto con I Toscani, dove compa iono uomini politici e personaggi di origini toscane.

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LILIANA BARBERIS

16
La danza delle idee,
2012 -
tecnica mista su tela
- 60x80
17
Interconnessioni,
2015 - olio su tela - 90x70

FRANCESCA BELLU

18
Fulardo Amura, 2020 - stampa su seta di Como - 85x85

PATRIZIA BONAZELLI

19
Radiografia
zebrata caotica, 2022 - grafica e acquerello con graffiti su radiografie - 36x50
20 COSTANTINO CASTELLOTTI Senza titolo, 2021 - olio su tela - 40x50

PATRIZIA CAVAZZUTI

21
Bimbo, 2021 - pastelli morbidi su pastelmat - 70x50

FABIO COLUSSI

22
Vele al tramonto, 2022 - olio su tela- 50x70

DANIELA CONTE “ANICE”

23
Wild, 2022 - acrilico su tela - 30x60
24 Hope, 2022 - acrilico su tela - 30x30
25 Queen of the Night, 2022 - acrilico su tela - 50x35

FRANCESCO CROCOLI

26
Ponte Sisto, 2020 - olio su tavola - 40x30
27
Giardino di villa Sciarra, 2020 - olio su tavola - 40x30

LILIANA DI PASQUALE “LYLI”

Il

28
tempo, l’evoluzione e il sole sulla mia città, 2022 - acrilico su tela - 40x40

FIORENZA D’ORAZI

Percezione

29
immanente, 2022- tecnica mista su tela - 50x90

NICOLA GASBARRO “NIC”

30
Calcestruzzo, 2014 - acrilico su cartone telato- 40x30
31
Casco di banane, 2013 - acrilico su cartone telato - 40x30
32
Martello pneumatico, 2017 - acrilico su cartone telato - 40x30
33
Macinare chilometri, 2022 - acrilico su cartone telato - 40x30

PAOLO IANTAFFI

34
Tango
e seduzione, 2017 - olio su tela - 50x40
35
Notturno argentino, 2017 - olio su tela - 50x40

EJONA KASA “ELONA”

36
Angiomi,
2017 - olio su tela - 80x60

ANDREA MAGNI

37
Sommelier, 2020 - olio su tela - 80x60

GIUSEPPE PIACENZA

38
Sideronave rotonda, 2013
-
acrilico su tela
- 50x70
39
Astronave Elisabetta, 2010 - acrilico su tela - 70x50
40
Astronave
Anita, 2003 - acrilico su tela - 50x70

ELISA POLITI

41
Come sospesa, 2021 - olio su tela - 70x50
42 ANTONIO SCARPELLI Shorts, 2022 - olio su tela - 45x70

Flauto

MAURIZIO SETTI

43
matto, 2022 - tempera su carta fissata su legno - 56x70 e 3 elem. 12x12

ALESSANDRO SIVIERO

44
“MR. PAYNE’S GREY” Barone Rosso, 2022 - bicicletta - 180x35x100

ANNA SABINA TEDONE

45
La sposa bambina,
2021
- olio su tela di colore -
80x60

SANDRA TRABACCHI

46
Cipolle, 2010 - olio su tavola - 22x35
47 Estate a Varese, 2010 - olio su tavola - 56x37

FRANCESCA WITZMANN

48
I toscani, 1985 - fotografia B/N su tela- 40x50
49 Movimento Internazionale CABERTA ARTE Elisa Bergamino cell.347 542 9535 elisabergamino@gmail.com

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