Maria Teresa Moscato – Rita GattiMichele Caputo_Crescere tra vecchi e nuovi dei

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mortali credono che gli dèi siano nati e che abbiano abito e linguaggio e aspetto come loro»; invece «è ugualmente empio tanto sostenere che gli dèi nascono come dire che muoiono»; «ma se i buoi (e i cavalli) e i leoni avessero mani e potessero con le loro mani disegnare e fare ciò che appunto gli uomini sanno fare, i cavalli disegnerebbero figure di dèi simili ai cavalli e i buoi simili ai buoi, e farebbero corpi foggiati così come ciascuno di loro è foggiato»; per lo stesso motivo «gli Etiopi dicono che i loro dèi sono camusi e neri, i Traci che sono cerulei di occhi e rossi di capelli»27. È difficile immaginare una critica più penetrante e “razionale” agli dèi del mito. La tesi del senso religioso come “proiezione” è stata valutata dai teologi in tre diverse maniere. In primo luogo come una tesi sostanzialmente vera per le religioni, cristianesimo compreso. È questa la prospettiva percorsa da alcuni “modernisti” – caduti nel «rischio che una vaga religiosità naturale assorbisse in sé il cristianesimo»28 – e rappresentata con particolare perspicacia da A. Loisy, la cui parabola personale come è noto, passando attraverso la scomunica, sfocia in una sorta di “deismo”. Il punto d’arrivo della riflessione di Loisy è così descritto da uno dei maggiori studiosi del modernismo, E. Poulat: «Il dogma è di essenza religiosa, fuori delle prese della storia, la quale, per converso, urta contro la teologia. La teologia cristiana, in fondo, è stata vittima di un equivoco a cui non è sfuggita la civiltà che l’ha prodotta. Poiché il suo oggetto è lo svolgimento della religione, cioè una storia religiosa che va dalle origini alla consumazione dei secoli, essa si è piegata a materializzare delle rappresentazioni simboliche sotto una forma di eventi che non resiste a un esame di un qualche rigore»29. In effetti Loisy approdò, già nel 1907, ad una concezione “simbolica” del cristianesimo, assimilato semplicemente al fatto religioso universale: «il dogma della divinità di Gesù non è mai stato e non è altro che un simbolo, più o meno perfetto, 27

Cfr. G. GIANNANTONI (a cura di), I Presocratici. Testimonianze e frammenti, Bari, Laterza, 1986, 21 B 11, p. 171; B 14, p. 172; A 12, pp. 150-151; B 15, p. 172; B 16, p. 172. 28 E. DIACO, Il valore della domanda di fronte al mistero di Dio. Senso religioso e percorsi teologici, in «Parola e Tempo», 10 (2011), pp. 209-220; qui p. 211. 29 E. POULAT, Storia, dogma e critica nella crisi modernista, Brescia, Morcelliana, 1967, p. 115.

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