Prospettiva EP settembre dicembre 2012

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Ricerche

una busta chiusa da portare con urgenza al comando triestino di Distretto militare. Stranamente, commenta Duilio, il capitano inviò per questa incombenza ben tre militari del suo reparto, tutti triestini. Compilò per loro un regolare foglio di viaggio, affinché non incontrassero difficoltà se fermati dalle pattuglie tedesche. Arrivati a Trieste il 1° maggio i giovani soldati si resero conto che in città erano arrivati i partigiani jugoslavi e che ormai non potevano assolvere il loro compito: non restava allora che rifugiarsi in casa e nascondersi, guardandosi bene di qualificarsi come militari della RSI. Duilio riuscì a restare nascosto fino alla fine dei drammatici “quaranta giorni” dell’occupazione jugoslava e poi poté riprendere la sua vita normale, ed il suo insegnamento elementare di ruolo, interrotto a cagione della guerra. Duilio considerava quel capitano un eroe. Di lui, che aveva allontanato i suoi soldati triestini dal reparto in procinto di essere attaccato dai partigiani titini con un pretesto, riuscendo quindi a salvarli da rischi gravi di morte, Duilio mi ha confessato di non aver più saputo nulla di lui. Ma questo gli dispiaceva. Inequivocabile il gesto protettivo nei confronti dei suoi soldati: infatti quella lettera affidata a lui con molta cura, quasi che la consegna di essa fosse stata un’importante missione, non conteneva che un foglio vuoto di scrittura. Forte era rimasto in Duilio il ricordo di questo ufficiale, che, pur militando dalla parte fascista, e magari avendo aderito liberamente al rinnovato esercito della RSI, aveva fatto scattare nel proprio comportamento considerazioni di umanità verso giovani da lui dipendenti, e li aveva salvati. Lui invece, probabilmente, aveva affrontato l’ultimo scontro, forse la prigionia jugoslava, forse la morte in combattimento o per mano dei partigiani. Quell’ufficiale era stato un buon italiano, e il suo esempio era veramente rilevante. Duilio mosse i primi passi della sua ripresa della carriera di educatore nel corso della situazione drammatica del Territorio Libero di Trieste, portando avanti con cura il suo compito educativo, studiando all’Università e lavorando pure nell’associazionismo cattolico, in attesa di tempi migliori, preservando sempre con l’azione e l’esempio l’italianità della sua città e lavorando nel silenzio, ma con efficacia, perché le scuole triestine fossero sempre fedeli alla cultura ed alla lingua italiana, e di silenziosa rivendicazione della necessità di un ritorno della città entro lo Stato italiano. Mi pare significativo il fatto che Duilio abbia allora avanzato proposta di intitolazione di una scuola elementare di quelle che sarebbero state del suo Circolo didattico, la scuola di San Sabba, di cui parla con efficacia nel volume di ricordo a lui Giordano Sattler, ad un pensatore ed uomo di cultura veramente importante, Domenico Rossetti. A questo esponente della cultura irredentistica ante litteram si deve la fondazione della Società Minerva e insieme anche la fondazione della rivista «L’Archeografo triestino»6. A lui si deve la conservazione di sentimenti di vicinanza alla

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