Anestetizzati - Aniello Cinque

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ANESTETIZZATI

ANESTETIZZATI


TRAC


ACCE




ANESTETIZZATI radici

L’idea nasce sulla base di un ritrovamento di sette camicie maschili di cotone bianche lasciate in un vecchio baule di famiglia. Mi incuriosiva sia la loro strana foggia, sia che risalissero ad un’epoca passata. Sulla parte bassa compariva in due esemplari anche una sigla numerica. Dopo un’attenta ricerca durata diversi mesi, viaggiando in rete ho trovato una camicia uguale a quelle che avevo in possesso. Ho scoperto che facevano parte del vestiario dei giovani chiamati alla prima guerra mondiale e venivano indossate sotto le divise grigioverdi. Successivamente, ho scoperto che mio nonno materno nel 1915 ne ha preso parte. Giuseppe è il suo nome. Cercando notizie su di lui all’Archivio di Stato di Salerno, risalgo ad una serie d’informazioni che lo riguardano. Nasce il 13 novembre del 1893 a Positano. Parte per la guerra all’età di 22 anni. Sa leggere e scrivere e alla voce “arte e professione” viene classificato come falegname. Arruolato alle armi il 12 marzo del 1913, il 1° ottobre dello stesso anno svolge il carro e, quindi, termina

l’addestramento. Viene arruolato nel 2° Reggimento Artiglieri Sa Fortezza (falegname). Il 5 settembre del 1919 è congedato. All’età di 50 si ammala agli arti superiori e inferiori. Soffre di un perpetuo tremore che lo accompagnerà fino alla morte, sopraggiunta nel 1963 all’età di 70 anni. Portato a Napoli per una visita medica, gli diagnosticano tremore psicosomatico da stress. Nel 1980, da uno studio sui reduci di guerra, scopro che ai soldati veniva spesso diagnosticato e riconosciuto dal punto di vista psichiatrico il “disturbo post-traumatico da stress”, definito dagli inglesi shell shock. In Italia è conosciuto come il vento degli obici, strumento dell’artiglieria simile ad un cannone. I disturbi che venivano riscontrati, e questo non solo per i soldati italiani, erano di varia natura: palpitazione, tremori in tutto il corpo, paralisi, incubi, insonnia, a volte perdita momentanea della parola, infine la pazzia.



ANESTETIZZATI 40mila

Solo in Italia di feriti nella mente se ne contarono allora 40mila, secondo stime per difetto. Quei volontari della classe medio-colta cittadina, che diedero luogo alla “generazione del 14” erano partiti con l’idea che la guerra rappresentasse la possibilità di riscatto per ribaltare la moderna società industriale, ormai segnata da una caduta di valori a tutti i livelli. Il desiderio di cambiamento aveva stranamente gli occhi del passato, in un diretto rapporto con la natura e con l’idea di ricostituire una grande fratellanza. A questo sentimento si aggiunse la propaganda dei governanti. La Patria fu identificata nella figura femminile. Donna, Madre, Sposa, Fanciulla. La Patria nel suo corpo-territorio venne percepito come possibile preda del nemico, che in qualsiasi momento poteva violentare. Se la Patria era femmina, l’esercito doveva per forza essere maschio. Virilità uguale violenza uguale guerra. Si fece molto leva sulla virilità, una vera e propria esaltazione del ruolo maschile. L’eroe disposto a sacrificare la propria vita in nome del patriottismo. Soprattutto le donne, quelle con un acceso spirito nazionalista, spinsero in questa direzione, ad esempio quelle londinesi regalavano una piuma bianca come simbolo di codardia agli uomini che non si erano arruolati. A questo si aggiunse e si diffuse l’idea del nemico, un mostro, un’entità estranea pari agli zingari, agli ebrei, ai deviati sessuali. Ma al desiderio si sostituì la realtà.

Si reclutarono giovani che in un secondo momento furono fiondati nell’amara realtà delle trincee, costruite in un numero di tre, il tre diventa il numero simbolico, il numero magico. Una fitta rete di labirinti, di muri di terra e di acqua, gelidi, soffocanti e puzzolenti abitati da ratti e pidocchi. L’unico colore era quello del cielo, che sovrastava le loro teste. Questa costante vicinanza della morte da eccezione divenne una routine, paradossalmente e atrocemente normale una brutalizzazione della sensibilità. Al fronte cresceva giorno per giorno la consapevolezza che la guerra fosse un pretesto voluto dai governanti per rafforzare gruppi di potere e che la propaganda, utilizzata per il convincimento di intere masse, fosse soltanto una grande menzogna. Da qui si intensificò sempre più nei soldati l’odio per gli stati maggiori e l’immagine della Patria cadde rovinosamente. Quindi, molti ufficiali vennero uccisi dagli stessi soldati. Loro stessi iniziarono ad avere un atteggiamento “antipatriottico” dove alla demonizzazione del nemico si sostituì la fraternizzazione con il nemico, che venne riconosciuto come vittima e fratello. La guerra, una volta terminata, apparve come un orrendo omicidio di massa. Gli uomini pagarono un prezzo altissimo. Quelli che fecero ritorno a casa erano oramai diventati uomini diversi da quelli che erano partiti. Aspri, bizzarri, depressi, imprevedibili, non erano più gli stessi, qualcosa in loro si era irrimediabilmente e definitivamente alterato, tanto da spaventare.



ANESTETIZZATI persuasione occulta

ANESTETIZZARE letteralmente è rendere insensibile o meno sensibile al dolore, alla sofferenza o anche altre sensazioni e percezioni.

la legittimazione avviene facendo leva sui sentimenti delle masse per giustificare l’azione di una nazione. Si adottano parole come “operazioni militari” o “missioni umanitarie”.

Il primo conflitto mondiale è nella storia moderna l’espressione della STRUMENTALIZZAZIONE ANESTETIZZANTE delle masse, che vengono condotte al macello, indistintamente per i due sessi, in particolar modo per il genere maschile. Giovani sottoposti quotidianamente alla violenza, finivano per impazzire. Mandati negli ospedali psichiatrici, subivano gli elettroshock e poi di nuovo rispediti nell’inferno delle trincee.

Il comune denominatore era ed è il binomio “bene e male”.

PATRIA - VIRILITÀ’ - EROE e il nemico un macellaio senza scrupoli. La PERSUASIONE OCCULTA avvenne attraverso i mezzi di comunicazione: manifesti, giornali, cartoline, francobolli, e più tardi la radio. In questa politica anestetizzante le grandi potenze riuscirono, attraverso i mezzi di comunicazione, a legittimare addirittura una guerra. Oggi, utilizzando sistemi ancora più sofisticati,

Sullo sfondo c’è una delle menzogne più grandi partorite dagli interessi economici delle grandi potenze. Edulcorare la verità per tutelarsi e giustificarsi perché la guerra in fondo è soltanto un grande business. Kubrik nel suo film “Orizzonti di gloria” del 1957 fa dire al colonnello Dax: “IL PATRIOTTISMO E’ L’ULTIMO RIFUGIO PER LE CANAGLIE”. Immaginare che dietro questa MENZOGNA, ci siano milioni di giovani morti, come nel caso della prima guerra mondiale e in tutte le guerre che si sono succedute, nel nome del profitto e del vile denaro, è qualcosa di assolutamente aberrante e umanamente inaccettabile.



ANESTETIZZATI conseguenze

Il progetto ANESTETIZZATI è il tentativo di risvegliare la coscienza e di fare memoria. La memoria è la pelle, il sorriso, il pensiero, il sentimento, noi stessi siamo memoria. La realtà oggi ci pone di fronte ad un altro dramma sociale che riguarda le guerre batteriologiche, non hanno più Obici come nella prima guerra mondiale, ma sono ancora più pericolose e devastanti come, purtroppo, abbiamo dovuto constatare. La globalizzazione, la difesa dell’ambiente, le gerarchie sociali, i poteri forti, l’immigrazione, la diversità, la povertà, sono temi di cui si è smarrito il significato, coinvolti come siamo nel trambusto contemporaneo. L’uomo in questo contesto risulta anestetizzato, l’uomo vittima delle convenzioni, dei ruoli codificati, dei pregiudizi, degli schemi, delle maschere, l’uomo reso oggetto omologato, l’uomo imbrigliato in un processo sociale che limita la sfera delle libertà individuali e del suo più intimo sé. Il focus dell’installazione è nelle CONSEGUENZE prodotte dalla guerra sull’individuo sia dal punto di vista psichico che fisico. L’installazione è un fermo immagine, non c’è riscatto, non c’è possibilità di fuga, tutto si consuma nella constatazione bruciante che alla guerra non c’è scampo, anche per i sopravvissuti. È un dolore sordo, un urlo che non ha suono, ma di cui si percepisce tutta la tragicità di una follia perpetrata da pochi a discapito dei tanti. Andando oltre quella che è l’analisi di un evento specifico, la denuncia si amplia comprendendo anche la nostra contemporaneità con le sue patologie e le sue vittime. Il numero sette è un numero che ricorre costantemente nella vita del protagonista: sette sono gli anni anagrafici che lo separano dalla moglie, sette sono i figli che ha generato, il sette compare anche nella data del suo anno di morte. Numero 16 (6+1=7) riquadri compongono un quadrato di 273 cm x 273 cm. Sette camicie ripiegate su se stesse nel numero di sette volte, compresse tra due vetri che si sovrappongono, si alternano a nove riquadri che contengono invece nove sagome di volti anonimi.

Di questi, sette sono realizzati con le pietre di pomice lasciate nel suo colore naturale. La pomice come materia ha un significato identitario del luogo d’origine e uno spirituale, più intimo, dell’anima perché nasce dalle radici più profonde del Vesuvio. Ogni volto è riposto come le camicie sotto un doppio vetro, rimando simbolico alle reliquie, il secondo che si sovrappone riporta simboli matematici negativi: NON ESISTE, MINORE, DIVERSO, MENO, DIVISO, e sono collocati sulla parte celebrale di ogni singolo viso e sottintendono dal punto di vista psicologico l’annientamento totale dell’individuo da parte del potere. All’interno dell’istallazione sono inserite due sagome di volti concepiti in acciaio specchiante e sono posizionate all’altezza dell’osservatore. Ogni qual volta lo spettatore si riflette è come se l’intera installazione recuperasse delle identità rispetto a quelle annullate, in quell’azione dello specchiarsi il testimone, suo malgrado, diviene protagonista della storia, entra nella memoria per riflettersi e riflettere. A questa installazione è associata anche una parte video. Quattro cavi neri partono da ogni singolo riquadro nella parte bassa dell’installazione. Cordoni ombelicali che si collegano a quattro ipad, oggetti del contemporaneo. Le immagini che scorrono a ripetizione non raccontano di una genesi, ma, al contrario, l’inferno della pazzia dei reduci di guerra. Una mostruosità degenerata che affonda le sue radici in quella parte malata di quegli esseri che appartengono, nostro malgrado, al genere umano. Oggi, questo fermo forzato ci spinge alla riflessione, a guardare alla luce, siamo in bilico come funamboli sul futuro, forse mai come in questo momento del COVID si necessita di raccontare ciò che è stato e di ritracciare una nuova rotta senza ricadere nel vecchio e mostruoso tritacarne.



MUTAZ


ZIONE



ANESTETIZZATI INSTALLAZIONE 273 x 273


TENS


SIONE








ANESTETIZZATI riflessioni

ANESTETIZZATI è una condizione, è la perdita del senso critico, è la perdita dell’essere vigile, è la perdita della consapevolezza, è la perdita della dignità e dell’unicità dell’individuo.

ANESTETIZZATI è la manipolazione consumistica, essere schiavi di un sistema che induce persuadendo a consumare, omologando e annullando qualsiasi piacere alla scelta senza condizionamenti.

ANESTETIZZATI è una sorta di limbo, di sospensione, di assenza della coscienze, un appiattimento della ragione e del sentimento.

ANESTETIZZATI è racchiudere il valore dell’esistenza umana dentro l’accumulo spasmodico di un conto corrente.

ANESTETIZZATI è non riconoscere la verità, accettando passivamente la menzogna che continuamente viene edulcorata dai sistemi d’informazione per restituirci qualcosa d’inverosimile.

ANESTETIZZATI è non riconoscere e non accettare la diversità in tutte le sue manifestazioni.



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