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Il palazzo Giusti a San Quirico

per una vera da pozzo ottagona e due centenari per olio in pietra bianca. Sono a questi anni e, con ogni probabilità, a queste maestranze, che risalgono il portale ogivale d’ingresso su via Mazzini, le finestre trilobate e l’esafora.

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Il 13 luglio 1488, sei anni dopo la morte di Lelio, i figli Giusto e Zenovello sciolgono la fraterna per dividersi il patrimonio paterno. La divisione non deve essere stata priva di difficoltà se il 6 ottobre 1490 una sentenza arbitrale sancisce la divisione dell’immobile di San Quirico in due entità distinte con la demolizione delle scale esistenti e la messa in opera di due ingressi separati con relative scale. Viene anche costruito un portico a ridosso dell’ingresso da via Mazzini. Uno dei due fratelli, forse Giusto, tra il 1488 e i lustri successivi, interviene sulla facciata di via Scala, angolo vicolo Scala. Edificio non finito (adiacente palazzo Sambonifacio rimodernato su progetto di Adriano Cristofoli) che conserva l’impaginatura a tre piani con fasce marcapiano, nove finestre su tre assi e un poggiolo angolare con parapetto in pietra. Le finestre centinate del primo piano presentano stipiti scanalati desinenti in capitelli con rosetta, ghiere con perline e una palmetta a rafforzare la chiave di volta. Le finestre del secondo piano rettangolari sono concluse da timpani triangolari. Più originali le finestre del piano terreno, rettangolari e munite di inferiate a museruola. In particolare, le due centrali, concluse dalla prima fascia marcapiano sopra la quale è scolpito un fastigio con due delfini con le code in aderenza che sostengono una palmetta. Il motivo del delfino è ripreso da una scultura romana collocata tra le pietre angolari della fabbrica medesima.

Il complesso ha subito molteplici variazioni per essere adattato a esigenze diverse, dal commerciale all’alberghiero, per cui risulta difficile comprendere la consistenza degli interni, di cui sopravvivono due colonne su piedistallo concluse da capitello ionico, che Stefano Lodi riconduce al linguaggio di Francesco da Castello (1486-1570). Inoltre, dall’atto di divisione del 1488 apprendiamo l’esistenza di una “sala vechia” e di una “sala longa”. Il fuoco del primogenito Giusto si estinguerà con la discen- dente Isabella, nata intorno al 1581. Isabella sposa Ludovico Sambonifacio e questi beni passano ai Sammbonifacio, i cui discendenti risultano risiedere in San Quirico nelle anagrafi del 1625 e del 1633, mentre nelle anagrafi dal 1652 al 1692 (quelle ancora esistenti) non appare più alcun membro dei Sambonifacio, ma solo loro inquilini. Per altro dal 1618 al 1717 parte degli immobili di San Quirico, vengono affittati dai Sambonifacio all’Accademia dei Filotimi. Uguccione, figlio del secondogenito Zenovello, lascia quattro figli: Giulio sposato alla vicentina Flaminia Pagliarini, da cui avrà Giulio

Cesare marito di Chiarastella Marogna, genitori di Cassandra, Laura e Fulvia; Ascanio che testa nel 1564 lasciando eredi i fratelli; Francesco sposo di Valeria Beroldi, dalla quale avrà Claudio, e Cesare, scapolo, che testa nel 1596. Il 6 marzo 1604, in base a una sentenza arbitrale, avviene la divisione dei beni di Cesare tra il nipote Claudio e le cugine Cassandra, Laura e Fulvia. Dopo la morte di Claudio Giusti (testamento 1608), la moglie Ippolita Allegri si trasferisce nelle case degli Allegri in contrada San Nazzaro.

Nelle anagrafi del 1614 risultano abitare a San Quirico Francesco de Montis, sarto, e Antonio de Menegatis, artigliere, con le loro famiglie, inquilini delle sorelle Cassan- dra, Laura e Fulvia; e Francesco de Landrinis inquilino della contessa Vittoria figlia di Claudio. Nelle anagrafi del 1652, invece, risultano risiedere a San Quirico tre distinti nuclei Giusti: Francesco, secondogenito di Claudio, vedovo con due figli, due serve, un cocchiere, un fattore; Giovan Battista con la moglie Laura Mandelli una figlia, cinque servi e un cocchiere; la sorella Caterina vedova Mutti con quattro figli e nessun servo. Giovan Battista e Caterina dovrebbero essere figli di Gaspare, primogenito di Claudio, morto intorno al 1625. Nelle anagrafi del 1675 viene censito Cesare (fu Uguccione di San Pietro in Carnario, terzogenito di Claudio) con la moglie Margherita legittimata Sambonifacio, con quattro figli, una balia, due servi, uno staffiere e un cocchiere. Così nelle anagrafi del 1681 però con sei figli e solo due servi, indice di ristrettezze economiche. Le anagrafi del 1692, le ultime consultabili per San Quirico, non riportano più nessun Giusti.

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