Convegno metas

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14 OTTOBRE 2015

METAS

EDUCAZIONE: NARRAZIONE VS EFFICACIA

PEDAGOGIA E ORGANIZZAZIONI AZIENDALI

METAS SVILUPPA IL TUO RUOLO

ASSALTI AL CIELO un’introduzione Siamo arrivati al Convegno, superati i focus group, le mail, le riunioni al volo, e le assemblee plenarie “fatte” per pensare insieme. Insieme? Già, se ripercorriamo il nostro viaggio, verso il convegno, riusciamo a focalizzare come questo sia stato stato davvero variegato, colorato e imprevisto, durato, per quanto riguarda Metas, circa un anno. Abbiamo incontrato nelle varie stanze dell’università, che ci accoglievano, una pluralità di attori, che arrivano dal nostro mondo educativo e pedagogico, persone che in genere non frequentiamo; o non frequentiamo in questi spazi o per queste tematiche. Eravamo a “casa” dell’università con i suoi docenti, gli assegnisti, i dottorandi, con le sue regole e burocrazie, e le sue imprevedibili aperture. Ci siamo guardati nelle differenze e nelle similitudini, tra università e terzo settore, tra istituzioni e singoli, tra esperienze professionali variegate, tra spazi più ufficiali e confronti informali, aule e corridoi, tra speranze e vincoli. 
 In effetti, il convegno punta molto sulla correlazione tra vincoli e speranze, per cui la domanda che l’assemblea plenaria ha scelto come titolo è sostanzialmente questa: “ma noi, un noi plurale che ci vede tutti coinvolti, noi dell’educazione stiamo assaltando il cielo o ci stiamo strategicamente ritirando?”. Abbiamo lavorato nel corso di quest’anno, per pensare insieme, per tratteggiare una struttura di convegno, che riuscisse a dare valore alla differenza e alla pluralità, alle interconnessioni e alle iperconnessioni; che sapesse far riflettere, a partire dalle pratiche professionali individuali, per giungere ad un pensiero collettivo, disomogeneo e ricco: questo il segno che abbiamo scelto di trattenere come Metas. i n q u e s t e p a g i n e v i p r o p o n i a m o a l c u n e r i fl e s s i o n i p u b b l i c a t e s u l s i t o www.associazionemetas.wordpress.com in occasione del Convegno sul tema Innovazione e due articoli che sono per noi strettamente legati al tema e che guidano i nostri interventi formativi: perchè Comunicare Educazione e possibilità di Lavoro Pedagogico all’interno delle Organizzazioni.

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INNOVAZIONE Come Metas, uno dei nostri fil rouge è lo sguardo al nuovo mondo digitale, che volendo o meno ci troviamo tutti ad attraversare; non foss’altro perché grossa parte dell’informazione, del sapere teorico, dell’economia, della comunicazione viaggia in autostrade digitali. Ci pre-occupiamo di capire come il nuovo mondo (o il nuovo paradigma) ci determina, dove ci conduce, cosa insegna, come impariamo, che segni inscriviamo, come e se i saperi e le professioni educative vengono ridefinite da questo incontro. Da qui all’essere inserite, nella preparazione del Convegno, nel gruppo che ha esplorato il tema innovazione, il passo è stato ovvio e breve. Nei focus group organizzati nella primavera del 2015 ci siamo trovate di fronte ad una pluralità di soggetti del terzo settore (circa 13/14 soggetti provenienti da altrettante associazioni, cooperative sociali, enti pubblici, o presenti in qualità di liberi professionisti) convocati a raccontare il loro pensiero di innovazione.

Metas si occupa di sviluppo dei ruoli

Una sfida non affatto facile, perché attorno a noi c’è già una tessitura culturale, o una narrazione, che definisce cosa potrebbe/dovrebbe essere, per voi e per noi, l’innovazione: • lo fanno i progetti e i bando che la richiedono, • la nominano le politiche e le economie, • lo dice l’incontro con il mondo della multicultiualità, della globalizzazione, della liquidità e del web. Ci vengono continuamente proposte nuove parole che sembrano ridefinire gli ambiti di operatività, o le nuove sfide educative che siamo chiamati a affrontare (esempio scuola e web/scuola e multiculturalità) o indicate le nuove azioni che spingono ad una differente gestione dei servizi educativi o di welfare. Per noi queste parole, definizioni, domande devono cercare un matrimonio, con le prassi educative quotidiane, che ci permettano di individuare le direzioni che stiamo prendendo, di elaborare un sapere condiviso e “raccontabile”, capace di mostrarsi e essere insegnato e questa, ci pare di poter dire, è parte della mission di questo convegno. Il convegno è organizzato Non anticipiamo nulla e restiamo in attesa, che sia proprio il tempo del convegno, nelle forme e negli spazi che sono stati costruiti grazie ad un pensiero condiviso, incominci a elaborare un sapere sapendo che già questo convegno, nella sua forma, è figlio della la complessità che il termine innovazione comporta, o ricerca. Vogliamo però rivolgervi la nostra domanda: è innovativo un incontro complesso tra una pluralità di mondi, che pure ruotando attorno all’atto educativo, di cura e pedagogico, pensa e costruisce reti, genera nuovi pensieri e li condivide tanto in maniera verticale che orizzontale? E’ innovativo proporsi di rilanciarli pensati/pensandoli ad un livello più complesso, mentre si tenta di usare una pluralità di linguaggi trasversali che arrivino agli studenti, ai convegnisti, al terzo settore, alla politica, e all’università stessa?

- Monica Cristina Massola -

dall’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Consiglio di Coordinamento Didattico del Corso di laurea in Scienze dell’Educazione Metas ha partecipato all’organizzazione di Assalti al Cielo e Ritirate Strategiche. Sguardi sul lavoro educativo insieme ad altre 9 organizzazioni.

EDUCAZIONE: NARRAZIONE VS EFFICACIA Partendo dal concetto che scrivere di educazione è necessario, ci interessa in questo articolo soffermare l’attenzione su un altro aspetto: che rapporto c’è tra narrazione ed efficacia delle pratiche educative? Uno degli assiomi fondativi per l’educazione professionale è l’importanza della narrazione di ciò che accade. Questo aspetto viene ritenuto importante perché quando si narra si assolve ad una duplice funzione: a quella autoformativa per chi scrive se ne affianca una formativa che permette, anche a chi legge, di poter

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comprendere, analizzare, sviscerare, rileggere, fare un lavoro di meta-pensiero attorno ai concetti e alle pratiche descritte. Mi viene allora da pensare che la scrittura di ciò che accade dentro i servizi educativi ha una grandissima possibilità: il web sta ancora una volta mostrando che la narrazione è importante perché narrare permette a chi non era in scena di comprendere ciò che accade, permette di sentirsi parte, permette di riconoscersi nelle parole, nelle immagini che i racconti scaturiscono. Affianco allo storytelling che tante aziende attuano perché è “L’arte del raccontare storie impiegata come strategia di comunicazione persuasiva” – Andrea Fontana, l’educazione professionale può, anzi, deve mostrare uno scarto: non narro per persuaderti ma narro perché ciò serve a comprendere. I servizi educativi faticano ad assolvere a questa funzione. Ma è così impossibile raccontarsi restituendo alla comunità almeno l’idea di ciò per cui si è pagati (per la stragrande maggioranza delle situazioni) con soldi pubblici? Se l’efficacia è definita come “la capacità di raggiungere un determinato obiettivo” – diz. Albanesi narrarsi permette di tracciare il percorso, di far vedere le complesse curve, le salite e le discese, della strada che si sta affrontando, a volte permette di mostrare paesaggi inediti. Reportage fotografici fatti di immagini e parole degli operatori, degli utenti, dei partners che vogliono, giustamente capire. Tutta questa narrazione può permettere di rendere evidenti e pubbliche le sfaccettature dell’educazione professionale spesso difficilmente mostrabili in diretta, mentre accadono. L’efficacia dunque richiesta da parte dei committenti e della cittadinanza è la deriva che si è presa per cercare di capire quello che accade nei servizi e nei progetti educativi. Forse è possibile, e maggiormente interessante, mostrare passo passo ciò che si fa, senza “denudarsi”, ma permettendo a chi legge di comprendere meglio le azioni di cura, le strategie educative scelte intenzionalmente e il valore che ha quell’intervento. A seguito di un massiccio uso intelligente della narrazione, forse la smetteranno di chiederci di essere più efficaci e ci chiederanno di raccontar loro delle storie che li rendano partecipi. E noi di storie ne abbiamo da vendere.

- Anna Gatti -

PEDAGOGIA E ORGANIZZAZIONI AZIENDALI Viviamo immersi nei sistemi organizzativi: scuole, ospedali, imprese lavorative, sistemi di compra e vendita, carceri, partiti, Chiese, servizi. E poi quelle informali: famiglia, gruppi di amici, di volontariato, Oratori, movimenti partitici, luoghi dello sport, della cultura, del benessere e del tempo libero. Insomma, grandi categorie dentro le quali ognuno di noi, quotidianamente, è immerso. Da tempo stiamo riflettendo intorno a ciò che il pedagogico può e deve dire alle Organizzazioni. La pedagogia, infatti, veicola saperi che ancora ad oggi rimangono nel sommerso. Un sommerso che non è mentale, inconscio, ma estremamente materiale, corporeo e organizzato. Quando qualcuno mi chiede cosa io faccia di lavoro, sentendomi pronunciare la parola “pedagogista”, la risposta più frequente che fa da eco alle mie spiegazioni si riferisce al fatto che io lavori con i bambini e magari anche con i genitori. Vero, verissimo. Ma non solo. Chi si occupa di pedagogia, infatti, si interfaccia con persone di

Il 29 e 30 gennaio 2016 si terrà la formazione EDUCATORI IN RETE

come e perché un educatore sta nel web? Come e perché lo fa un formatore, un pedagogista, un coordinatore di servizi educativi, un supervisore, un docente, un consulente pedagogico?

INFO SUL SITO

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qualunque età (bambini compresi) e in qualunque ruolo sociale (genitori compresi). Ciò che però il pedagogico guarda e pone sotto la lente di ingrandimento, non sono le persone, ma i processi educativi nei quali queste sono immerse, riferendosi ai contesti di vita di volta in volta da loro frequentati (famiglie, servizi educativi scolastici ed extra-scolastici, luoghi di socializzazione e di compito generici). Ciò che ancora deve prendere piede in campo pedagogico è la possibilità di sondare, conoscere, analizzare, potremmo dire anche scandagliare, i contesti aziendali: anch’essi sono luoghi di compito e di socializzazione, anch’essi sono luoghi organizzativi in cui diversi ruoli sociali si interfacciano con compiti precisi, costruendo esperienze in cui, le persone che li attraversano, imparano qualcosa su di sé e sull’Altro da sé, in rapporto con il lavoro, la professione, gli obiettivi da raggiungere, i prodotti da creare, manutenere, offrire. Non c’è da stupirsi dunque, se la pedagogia ha qualcosa da dire anche in questo campo. C’è forse anzi da stupirsi del contrario. Come è possibile che, ancora ad oggi, il pedagogico non si sia legittimato lo sbarco in questi territori? Mi potrete dire che mi sbaglio, che anche nelle aziende si parla di Formazione. Esiste poi tutto il capitolo di scelta e selezione del personale e gestione delle risorse umane, che io, più propriamente, definirei di orientamento e ri-orientamento organizzativo e professionale. Vero. Ma non è detto che tutto ciò avvenga in un’ottica pedagogica. Questo perché esistano corsi di laurea in Scienze dell’educazione, ad indirizzo Formatori dei sistemi aziendali, la qualità pedagogica di queste professionalità aziendali non ha mai trovato legittimazione. Sistemi di potere, di conoscenza e professionali, avversi? Può essere. La causa principale che si intravede però, si rifà alla poca temerarietà teorica di chi lavora nel pedagogico, aspetto che se affiancato alle derive morali che da sempre l’Educazione porta con sé (“facciamo del bene”, “aiutiamo gli altri”) ha allontanato di netto il sapere pedagogico da ogni ambito pur lontanamente aziendale perché basato e motivato dal profitto. Per noi questo è un grosso errore a cui fa compagnia una scarsa conoscenza epistemologica della scienza pedagogica per cui pare sia ancora necessario ribadire con forza che per aiutare gli altri, non serve una scienza di appoggio. Per aiutare gli altri, per far del bene, serve aver tempo a disposizione e buon cuore, guarda caso caratteristiche afferenti all’ambito del volontariato e non di qualche professione. Dopodiché, molte professioni e mestieri hanno come effetto collaterale il fare del bene. Anche un elettricista che sistema guasti nelle abitazioni, o negli ospedali, fa del bene collateralmente, aiuta. Ma nessuno dice che il suo lavoro consiste nell’aiutare gli altri. Il sapere pedagogico si sostanzia nel governo di processi educativi, attraverso la gestione di setting in cui c’è chi ha la responsabilità di ruolo di insegnare e chi si ritrova nel ruolo di colui o colei che impara. Anche nelle aziende c’è chi insegna e chi impara. Nei corsi di formazione, ma non solo: esistono ruoli predisposti, per definizione organizzativa e per esperienza lavorativa maggiore, a mostrare le pratiche del mestiere e permettere ai sottoposti, o a chi svolge mansioni differenti, di imparare qualcosa di nuovo, arricchendo la propria professionalità. Arricchimento che, tra l’altro, non è solo di chi impara, ma anche di chi insegna. E questo accade durante la pratica lavorativa quotidiana, senza che il tempo produttivo si fermi in qualche aula formativa.

- Manuela Fedeli -

METAS offre consulenza e organizza percorsi formativi

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