Anno XLIX nr. 191 - trimestre 3/2025
ANACNA ASSISTENZA AL VOLO
191
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ASSISTENZA AL VOLO
Pubblicazione trimestrale
Organo ufficiale di ANACNA
Associazione Nazionale Assistenti e Controllori della Navigazione Aerea
Anno XLIX nr. 191 - trimestre 3/2025
Commissione Comunicazione e Stampa: Giacomo Dusi
Direzione Editoriale: Giacomo Dusi
Progetto grafico: Sara Manca
Hanno collaborato a questo numero: Giacomo Dusi
Roberta Mascherotti
Gianluca Del Pinto
Andrea Ciasternino
Ilaria Morganti
Silvia Della Bruna
Oliver Barsanti
Gabriel Proietti
Sergio Velotto
Andrea Poti
La rivista è aperta alla collaborazione di professionisti, studiosi ed esperti del controllo del traffico aereo e dell’assistenza al volo.
Gli articoli, pubblicati come contributi indipendenti di documentazione e critica, possono non esprimere il punto di vista di ANACNA.
Direzione, redazione e pubblicità:
Via Camilla 39 00181 Roma, tel. 067842963
www.anacna.it


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VOCI DA VIA

THE ITALIANS ARE COMING
Prendete nota di queste date : 14, 15 e 16 ottobre 2025
Prendete nota del luogo:
BOLOGNA
In questi giorni estivi un gruppo coeso di associati si sta impegnado per organizzare ERM2025 (erm2025.com) EUROPEAN REGIONAL MEETING di IFATCA anno 2025.
CAMILLA
Ospiteremo le delegazioni di 42 paesi che fanno parte della regione europea per il consueto confronto annuale. Si prevedono circa 120 delegati.
La nostra Associazione è stata scelta come attestazione di stima per tutto il lavoro svolto: siamo membri con Poti (LIPP) nella Commissione Professional and Legal (PLC) e con Barduani (LIPP) nella Commissione Technical and Operational (TOC). Inoltre Barsanti (LIRR) presiede il panel su Flight Operatin (FLTOPSP) mentre Diotalevi(LIPP) il panel su Remotely Pilot Aircraft Sistem (RPASP). In aggiunta partecipiamo a quasi tutte le task force di IFATCA.
Farvi sempre più conoscere queste attività internazionali, non sempre facili da spiegare, molte volte tortuose, è tra i nostri obiettivi, visto che comportano energia intellettiva ed economica dell’Associazione.
Abbiamo coinvolto tutte le realtà con cui spesso ci interfacciamo per proporre loro un momento di visibilità a fronte di un supporto economico. E’ un occasione per tessere e rafforzare rapporti, molto importante per lo sviluppo dell’atttività associativa.

Quest’anno il meeting sarà particolarmente speciale , primo perchè lo organizziamo NOI (viva la modestia), secondo perchè coinciderà con l’elezione del nuovo European Vice President. Nella giornata conclusiva avremo quindi diversi panels con ospiti internazionali di massimo rilievo.
L’agenda finale è in eleborazione, la trovate sul sito, ma sappiamo già che avremo un confronto serrato sul tema “The perfect storm” tra compagnie aeree (Ryanair), Eurocontrol e IFATCA.
Sarà nostra cura trasmettere agli associati tutti gli spunti interessanti, i lavori e le considerazioni generati dal meeting.
Abbiamo scelto Bologna, potevamo scegliere una qualsiasi città italiana, tutte belle e interessanti, ma doveva avere diversi requisiti logistici, pratici ed economici per permettere a tutte le delegazioni di raggiungerci facilmente. Vogliamo ricordare che Guglielmo Marconi ha inventato la radio sulle colline bolognesi? Un “piccolo” strumento essenziale per il nostro lavoro.

Il nostro impegno è focalizzato sulla logistica e sull’intrattenimento: abbiamo il compito di affascinarli con la nostra italianità e abbiamo preparato diverse sorprese... niente spoilers per il momento.
Nella serata del 15 ottobre faremo una festa aperta anche ai soci ANACNA (vedi comunicazione) così che questo momento internazionale possa essere vissuto da tutta l’Associazione. Vogliamo stupirli, vogliamo che ANACNA rimanga nel loro cuore.

FREQUENZA OPERATIVA

Quando il silenzio è d’oro:
La gestione della frequenza nelle emergenze operative
Di Giacomo Dusi

In aeronautica, la comunicazione è tutto. Ma ci sono momenti in cui, paradossalmente, la cosa più utile da dire… è niente. Durante le situazioni di emergenza, il silenzio in frequenza non è solo buona educazione operativa:
È UN ATTO DI RESPONSABILITÀ COLLETTIVA.
Chi lavora in torre di controllo sa bene cosa significa trovarsi a gestire un’emergenza aeroportuale. È un equilibrio delicato tra l’ordine e il caos, tra il bisogno di informare e l’impossibilità, spesso, di fornire risposte certe.
E non sempre l’emergenza riguarda un aeromobile in difficoltà. Può accadere che ad andare in emergenza sia l’infrastruttura aeroportuale stessa, a seguito, ad esempio, di un incendio nelle immediate vicinanze del sedime, di un vasto sversamento di carburante sul piazzale,

o persino di un incendio che coinvolge direttamente infrastrutture aeroportuali come edifici tecnici, centrali elettriche, terminal passeggeri o depositi di carburante.
In questi casi, può essere attivato il piano di emergenza aeroportuale, non per un problema a bordo, ma per una situazione che coinvolge l’intero sistema aeroportuale.

Le condizioni operative possono rapidamente diventare critiche: fumo sul piazzale, visibilità ridotta, accesso impedito a zone fondamentali per la movimentazione, aumento delle temperature, gestione dei passeggeri a terra. In questi momenti, il lavoro in torre di controllo non si limita più alla sola gestione della frequenza.
Il controllore è contemporaneamente coinvolto in coordinamenti telefonici, comunicazioni con le autorità, scambi rapidi con colleghi e supervisori. Ogni secondo è prezioso, e ogni parola in fre-
Ogni secondo è prezioso, e ogni parola in frequenza deve essere misurata.
quenza deve essere misurata. È comprensibile che, nei momenti di tensione, i piloti vogliano avere informazioni. Ma è importante ricordare che la torre di controllo, per quanto centrale, non detiene ogni risposta. E domande come “Avete uno stimato per la riapertura?” sono spesso impossibili da evadere, e occupano inutilmente la frequenza. Come può un controllore prevedere quando sarà domato un incendio da parte dei vigili del fuoco? O stimare con precisione quanto tempo servirà per bonificare un’area contaminata da carburante?
IN EMERGENZA, NON ESISTONO PREVISIONI ATTENDIBILI.
Si lavora minuto per minuto, con il solo obiettivo di ripristinare la sicurezza operativa nel minor tempo possibile. E le scelte che vengono adottate non sono frutto dell’inventiva del singolo controllore: le decisioni sono prese in stretto
Il controllore è l’interfaccia attiva, IL BRACCIO CHE RENDE OPERATIVE DECISIONI CONDIVISE.

accordo con la Direzione ENAV locale, in coordinamento con la Direzione ENAC e con il Gestore Aeroportuale. Il controllore è l’interfaccia attiva, il braccio che rende operative decisioni condivise.
In questi scenari, non esistono preferenze. Le priorità vengono stabilite in base a criteri tecnici, a necessità operative e alla tutela della sicurezza. Dall’esterno, alcune scelte possono non essere immediatamente comprensibili, ma sono sempre orientate a ottenere il miglior risultato collettivo nel tempo più breve.
Un aspetto spesso sottovalutato è la movimentazione a terra in condizioni critiche. Se il fumo invade il piazzale o se un’area del sedime diventa inaccessibile, ogni minuto conta per spostare gli aeromobili già imbarcati e pronti al rullaggio. Farli partire significa anche alleggerire il carico gestionale dell’aeroporto, ridurre il numero di persone a terra e riportare ordine in una situazione complessa.
È in questi momenti che si misura la collaborazione tra controllori e piloti. La precisione nella comunicazione diventa fondamentale.
Dichiararsi “pronti al pushback” significa esserlo davvero, con il trattorino attaccato e l’equipaggio operativo. Di-
chiararsi pronti senza esserlo genera ritardi nella sequenza, crea attese inutili e danneggia anche altri traffici realmente pronti a muoversi. In uno scenario operativo ordinario, un piccolo ritardo può generare al massimo un cambio di sequenza. Ma in un contesto emergenziale, anche un solo minuto può fare la differenza, alterando i margini di sicurezza, aumentando l’esposizione al rischio e rallentando la risoluzione complessiva della situazione.
Va anche detto che nella maggior parte degli addestramenti e simulazioni svolti da piloti e controllori, si immaginano emergenze a bordo degli aeromobili. È molto raro trovarsi ad affrontare, anche solo in simulazione, un evento in cui a entrare in crisi è l’aeroporto stesso. Questo può generare disorientamento, frustrazione, senso di impotenza anche in chi è formato per affrontare situazioni complesse. Ma è proprio in quei momenti che serve massima lucidità e fiducia reciproca. In queste circostanze, i ruoli tradizionali si invertono: è il controllore a gestire l’emergenza, e al pilota si chiede ciò che di solito viene chiesto al controllore: mantenere il silenzio radio, comunicare solo se strettamente necessario e una sola volta, senza insistere con richieste come “quando riapre?”, “dov’è l’incendio?”, “perché non possiamo spostarci?”. Sono domande comprensibili, ma in quel momento non costruttive, e rischiano solo di ostacolare chi è impegnato a risolvere la crisi.
LA GESTIONE DI UN’EMERGENZA AEROPORTUALE NON È UNA
COMPETIZIONE.
È un esercizio di squadra, dove ognuno deve fare la sua parte, comprendendo che il bene collettivo prevale su quello individuale.

È un esercizio di squadra, dove ognuno deve fare la sua parte, comprendendo che il bene collettivo prevale su quello individuale. Ogni comunicazione superflua è tempo sottratto a una decisione importante. Ogni azione imprecisa rallenta la macchina operativa.
Il silenzio radio, in questi momenti, non è passività. È collaborazione attiva. È fiducia. È responsabilità condivisa.
PERCHÉ, QUANDO LA FREQUENZA È SGOMBRA, LE DECISIONI ARRIVANO PRIMA. E IN EMERGENZA, ARRIVARE PRIMA SIGNIFICA USCIRE PRIMA DAL PERICOLO.


A NORMA DI CIELO

Norme, rischi e responsabilità: il birdstrike mette a confronto cielo e torre

La gestione degli avvicinamenti in caso di birdstrike rappresenta un tema operativo complesso, in cui si intrecciano considerazioni tecniche, normative e di valutazione del rischio. Quando un aeromobile segnala un impatto con fauna selvatica in fase di decollo o atterraggio, il traffico successivo si trova ad affrontare una situazione che richiede decisioni rapide, ma anche una cornice regolatoria chiara e condivisa. In questo numero della rivista, proponiamo due contributi distinti ma complementari sul tema: il position paper dell’Associazione Nazionale Professionale Aviazione Civile (ANPAC) e lo studio redatto dall’Associazione Nazionale Assistenti e Controllori della Navigazione Aerea (ANACNA)
ANPAC pone l’accento sull’opportunità di lasciare al comandante dell’aeromobile la decisione finale circa la

prosecuzione dell’avvicinamento o l’esecuzione di una riattaccata, alla luce del rischio operativo connesso alla manovra stessa e dei riferimenti forniti da costruttori e compagnie aeree. Dal canto suo, ANACNA evidenzia come l’attuale impianto normativo, sia nazionale che internazionale, non consenta al controllo del traffico aereo di autorizzare l’utilizzo della pista in presenza di potenziali ostruzioni, quali carcasse di animali. I due documenti giungono a una comune constatazione: esiste un vuoto normativo che, allo stato attuale, impedisce un pieno allineamento tra le esigenze operative dei
piloti e le responsabilità giuridiche e regolatorie dei controllori. È proprio da questa consapevolezza che nasce l’opportunità di un confronto costruttivo, volto a chiarire ruoli, margini decisionali e possibili aggiornamenti procedurali.
In quest’ottica, ANACNA esprime la piena disponibilità a sedersi a un tavolo di confronto aperto e costruttivo con tutti gli stakeholder coinvolti – ANPAC, ENAV, ENAC e Gestori Aeroportuali – per promuovere una revisione condivisa delle attuali disposizioni, nella consapevolezza che solo attraverso il dialogo interprofessionale è possibile garantire il mas-
simo livello di sicurezza delle operazioni. Il nodo centrale resta la posizione di garanzia che accomuna comandante e controllore, ciascuno con le proprie prerogative e limiti normativi. Una posizione che richiede chiarezza, equilibrio e strumenti adeguati per consentire decisioni rapide, efficaci e soprattutto sicure.


















CONTROLLO

Just Culture in ATC e IA
di Gianluca Del Pinto
JUST CULTURE IN ATC E IA
Al momento attuale degli sviluppi legati al mondo ATC l’intelligenza artificiale appare essere uno degli attori chiave sul quale puntare, candidata questa ad affrontare i più importanti colli di bottiglia di un sistema oramai giunto ad un punto di saturazione strutturale. Le capacità fisiche dei settori, in particolari periodi dell’anno, non riescono più ad assorbire la domanda di traffico, dovendo pertanto far ricorso a delay non procrastinabili. Ritardi dovuti a mancanze previsionali attendibili relativamente alle condizioni meteo future di una determinata aerea portano a settorizzazione logiche immantinenti. Così come la carenza di personale impedisce di ottimizzare le risorse umane, dando adito a controindicazioni operative come stress, fatigue, alterazione del rapporto lavoro-casa, performance sottodimensionate alle esigenze dei provider. A sintesi di ciò si pensi che Eurocontrol stima il valore di un singolo giorno di ritardi per la summer 2025 a circa 20 milioni di euro.
Allora a corollario di ciò si possono riportare le assunzioni principali dell’IA, vista questa come una famiglia di tecnologie in rapida evoluzione il cui sviluppo vorrebbe contribuire al conseguimento di un’ampia gamma di benefici a livello economico, ambientale e sociale nell’intero spettro delle attività ATC. L’uso dell’IA, garantendo un miglioramento in merito a previsioni, ottimizzazione delle operazioni, assegnazione delle risorse e personalizzazione delle soluzioni digitali disponi-
bili per i singoli CTA, potrebbe fornire vantaggi competitivi fondamentali.
Si pensi al progetto MAHALO, Modern ATM via Human-Automation Learning Optimisation, che sviluppa un agente artificiale in grado di individuare e risolvere conflitti. Attraverso simulazioni di scenari operativi ai controllori del traffico aereo è richiesto di valutare la bontà e l’efficacia delle soluzioni individuate dall’IA e di valutare le motivazioni fornite per aver applicato determinate soluzioni. Si valutano aspetti quali la fiducia, l’accettazione, il carico di lavoro conseguente, la performance ottenuta. L’impatto sulla complessità e l’eventuale degrado delle operazioni. Il Progetto AISA, AI Situational Awareness Foundation for Advancing Automation, usa informazioni di alto livello (utilizzando i modelli di scambio di informazioni aeronautiche) per creare grafici che descrivono la situazione del traffico a livello di settore. Il sistema gestisce ed esegue conoscenza fattuale tramite un motore di ragionamento mentre i grafici sono integrati in moduli di apprendimento automatico per la valutazione di eventi probabilistici (rilevamento di conflitti). Il sistema dovrebbe quindi essere in grado di valutare interazioni e prevedere gli stati futuri del sistema Ancora, il progetto HAAWAII, Highly Automated Air Traffic Controller Workstations with Artificial Intelligence Integration, intende addestrare algoritmi in grado di riconoscere ed interpretare il linguaggio degli operatori. Addestrando l’intelligenza artificiale si potranno individuare possibili errori nelle azioni di


readback e hearback e valutare il carico di lavoro a cui è soggetto l’operatore.
Queste future integrazioni e interazioni dell’IA con il sistema ATC vedranno mutare radicalmente il ruolo del CTA. Sarà primamente rivisto lo stesso ruolo ricoperto, in ragione di spazi decisionali all’interno dei quali la collaborazione tra esseri umani e agenti artificiali sarà incline a creare una nuova consapevolezza situazionale condivisa. Le risorse mentali degli operatori saranno libere da compiti secondari di elaborazione che richiedono alti livelli di complessità computazionale ma in ragione di ciò dovrà essere ceduta parte della stessa situational awareness sopradetta.
Questo comporterà un ruolo sempre più preponderante del CTA a livello di supervisione e monitoraggio dei flussi di traffico, lasciando le normali operazioni in capo all’agente artificiale e intervenendo in caso di anomalie o scenari emergenziali.
Un’attività supervisiva che però esacerba il problema delle prestazioni Out Of The Loop, quando cioè l’operatore subisce un calo delle prestazioni a seguito dell’interazione con l’automazione, rendendolo incapace di agire manualmente in caso di eventi per una ridotta comprensione del sistema. Tali problematiche sono purtroppo solo parzialmente affrontate nel Reg. EU 2024/1689 … che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale. Scopo del cosiddetto AI ACT è quello di migliorare il funzionamento del mercato interno europeo istituendo un quadro giuridico uniforme in particolare per quanto riguarda lo sviluppo, l’immissione sul mercato, la messa in servizio e l’uso di sistemi di intelligenza artificiale in conformità ai valori dell’Unione, promuovendo la diffusione di un’IA antropocentrica e affidabile, garantendo un livello elevato di protezione della salute, della safety e dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tale Reg. 1689, all’art. 51, afferma che l’intera progettazione, costruzione, implementazione di sistemi intelligenti deve essere basata sul rischio e sul suo contenimento. Tale approccio identifica a d’uopo livelli progressivi di rischio, fino all’i-

naccettabilità del compromesso riguardo la salute, la safety, il diritto alla vita degli esseri umani. Sempre lo stesso regolamento evidenzia la necessità di trasparenza, resilienza e supervisione umana nella progettazione e sviluppo di sistemi di IA ad alto rischio, in particolare in ambienti critici per la safety.
Tutto questo solleva allora molti interrogativi sulla responsabilità e sul processo decisionale delle operazioni condotte in ambienti complessi, sottospecificati e ad alto rischio. Chi, in pratica, potrà essere chiamato a rispondere di un evento scaturito dalle decisioni prese da un agente artificiale che co-opera con un operatore umano? Se quest’ultimo, ad esempio, è stato generatore di un evento in ragione di decisioni di alto livello basate però sull’analisi e produzione di input di un’IA?
Tali interrogativi, allo stato attuale della scienza giuridica, richiedono allora un cambiamento di paradigma; per condividere la responsabilità tra esseri umani e macchine, evitando di porre un onere eccessivo esclusivamente sugli operatori umani.
A d’uopo, si può affermare che l’introduzione dell’IA sfida i tradizionali test di intenzione e causalità, riconosciuto ciò dalle sperimentazioni, suggerendo la necessità di un sistema scalabile per la responsabilità penale che divida equamente gli oneri della prova.
Ancora, a maggior ragione in previsione della futuribile e futuristica introduzione dell’IA Generale (AGI), concetto questo che si riferisce a un sistema di intelligenza artificiale in grado di svolgere qualsiasi compito intellettuale che un essere umano può compiere.
Il diritto penale dovrà allora estendere le sue propaggini analitiche intorno all’argomento, perché un agente artificiale che opera all’interno di un sistema complesso interagisce, in modi imprevedibili, con altri componenti, a volte attraverso interazioni impreviste e non immediatamente osservabili, soprattutto quando il sistema è anche strettamente connesso.
Pertanto la risposta che la giustizia penale sarà tenuta a fornire, quando un evento disastroso dovuto all’IA impatterà sulla società contemporanea, rap-

presenterà certamente uno dei maggiori significanti sociali della contemporaneità, perché verrà posta alla prova dei fatti l’accettazione di agenti artificiali che collaborano con gli esseri umani. Se questi ultimi saranno oggetto di condanna tout court, senza la necessaria interpretazione dei costrutti artificiali che avranno co-operato all’evento, difficile sarà continuare sulla strada delle implementazioni dell’IA in contesti quali il controllo del traffico aereo.
Purtroppo il diritto penale, per sua costruzione ontologica, arriva sempre in ritardo, quando una nuova tipologia di reati si affaccia alla società umana. Perché appunto esso non può agire su comportamenti che non siano già previsti come reati. Per tale ragione, a riguardo dell’argomento qui trattato, dovrà rivedersi il brocardo della cosiddetta machina delinquere non potest. Questo principio, non scritto ma vigente in ogni ordinamento giuridico, afferma che un soggetto artificiale non può essere considerato responsabile di un reato. Tradizionalmente, infatti, una macchina è considerata soltanto un possibile stru-
mento attraverso cui un agente umano può commettere un illecito penale. Ma la crescente diffusione e complessità di soggetti artificiali induce a interrogarsi se tale principio sia destinato a essere ridiscusso, con la problematica della ovviamente necessaria azione penale; in un contesto però dove un operatore sarà chiamato a rispondere di un possibile evento dopo che avrà basato le proprie determinazioni su decisioni prese dall’IA.
Queste decisioni saranno infatti fondamentalmente viziate innanzitutto da un item molto importante, cioè il fatto che l’intelligenza artificiale non è oggettivamente contenuta in dei parametri fissi, che restano tali e quali a quelli previsti all’inizio dell’inserimento della stessa nel sistema considerato. Perché un agente artificiale impara man mano che opera, quindi le sue decisioni cambieranno nel tempo portando l’operatore a non aver certezza assoluta del comportamento dell’agente artificiale.
Quando allora l’operatore prenderà una decisione sulla base delle considerazioni dell’IA la sua responsabilità penale sarà in qualche modo legata a quelle che sono state le considerazioni dell’agente artificiale?
Questa domanda risulta pacificamente accettabile, perché tra le istanziazioni operative dell’IA c’è senz’altro la (parziale) perdita di controllo dell’operatore umano (dell’utilizzatore, così come del produttore, del programmatore, dello sviluppatore, etc.) sul processo decisionale e sul comportamento dell’algoritmo.
Può questo allora scardinare i classici meccanismi imputativi del diritto penale, comportando un’attenuazione, se non un totale annullamento, delle istanze punitive? Oppure il diritto penale manterrà strenuamente le sue considerazioni sulla responsabilità penale così che il sistema giuridico diventi più stringente, opaco, accusatorio?
Anche queste domande risultano legittime se si pensa ad esempio che scientificamente, quando un agente artificiale collabora con un essere umano, è acclarata la presenza del cosiddetto bias dell’automazione, ovvero la propensione umana a favorire i suggerimenti provenienti da sistemi decisionali automatici ignorando le informazioni ottenute da fonti non automatiche (input ambientali, decision making umano, ecc.) anche se queste risultano corrette. La presenza cioè di ausili automatici diminuisce la probabilità che i decisori facciano lo sforzo cognitivo di cercare altre informazioni diagnostiche o elaborino tutte le informazioni disponibili in modi cognitivamente complessi.
Bias dell’automazione particolarmente cogente in quelle attività supervisive che sempre più saranno prerogative del controllore del traffico aereo, lasciando la raccolta di informazioni e il trattamento grezzo dei dati ai meccanismi automatici sopra descritti.


Ma che ruolo svolge, rectius potrebbe svolgere, questo obbligo sul terreno della responsabilità penale?
Attività supervisiva ricordata nell’AI Act all’art. 14 comma 2 dove è riportato che (essa) deve mirare a prevenire o ridurre al minimo i rischi per la salute, la sicurezza o i diritti fondamentali che possono emergere quando un sistema di IA ad alto rischio è utilizzato conformemente allo scopo previsto o in condizioni di uso improprio ragionevolmente prevedibile, in particolare quando tali rischi persistono nonostante l’applicazione di altri requisiti stabiliti nella presente sezione.

Ma che ruolo svolge, rectius potrebbe svolgere, questo obbligo sul terreno della responsabilità penale? Più schiettamente, l’art. 14 dell’A.I. Act fonda una posizione di garanzia in capo al soggetto utilizzatore oppure rivolge a questi una regola cautelare?
Nel primo caso, in virtù dell’art. 40, co. 2, c.p., l’uomo-supervisore risponderebbe dell’evento dannoso non solo quando lo ha cagionato, ma anche quando non lo abbia impedito, cioè ove non sia intervenuto su una catena causale innescata da altri interrompendola prima della verificazione del danno; ove invece si intenda la norma quale fonte di una regola cautelare, lo human in the loop sarebbe responsabile solo se è parte della catena causale che ha portato alla verificazione del danno, cioè se ha fornito un contributo materiale alla causazione dell’evento con una condotta commissiva colposa.
Quindi, a stringere, l’introduzione di agenti artificiali nel controllo del traffico aereo sta mettendo in crisi il modello nomologicodeduttivo del diritto penale, perché non di così semplice acclarazione sarà l’accertamento dell’elemento soggettivo del reato in presenza di una decisione dell’IA.
Forse un giorno
l’ipotesi di una responsabilità
diretta dell’IA
diventerà realtà
In concreto e a corollario di ciò, gli eventi lesivi scaturenti dai sistemi di IA possono considerarsi prevedibili per quanto concerne l’an, cioè il fatto che si verificheranno, ma imprevedibili con riferimento al quantum e al quomodo, ovvero al quando e al come. Forse un giorno l’ipotesi di una responsabilità diretta dell’IA diventerà realtà, ma fino ad allora il problema del responsability gap, nutrito da una difficile explainability del modo in cui operano i sistemi di IA caratterizzati dal machine learning, continuerà a rappresentare un vulnus nel giudizio di attribuzione della responsabilità penale.
Ci si deve chiedere allora quando l’IA sarà operativa nel controllo del traffico aereo, con i CTA che si formeranno, lavoreranno e collaboreranno con essa, condividendo giudizi, decisioni e diversi gradi di responsabilità:
Chi sarà l’EXE e chi il planner?
Chi sarà il supervisore?
Chi sarà il decisore finale?
L’IA dovrà solo accelerare le prestazioni umane o dovrà avere un’influenza più profonda sul processo decisionale?
Soprattutto, in termini di attribuzione della responsabilità penale, chi sarà il responsabile di un potenziale evento legato alla sicurezza?


VITA DI SALA
Roma ACC:
una nuova
settorizzazione tra razionalizzazione e resilienza operativa
di Andrea Cisternino
RIORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO AEREO DI ACC ROMA

Dal 15 maggio 2025, Roma ACC ha avviato una riorganizzazione della propria settorizzazione, un cambiamento che ha interessato l’area settentrionale della FIR, coinvolgendo i settori OV, NE, NW, EW e ND (Brindisi Nord). A seguito di questa operazione, le specializzazioni di unità operativa sono state rinominate secondo una nuova logica definita dal CTC “Riorganizzazione dello Spazio Aereo di ACC Roma”, edito da ENAC a livello di minor change.
Nello specifico, i settori NE e NW sono stati accorpati nella specializzazione UE, che accoglierà presto anche l’avvicinamento di Firenze; il settore OV è stato spostato dalla specializzazione AD e unito a EW nella specializzazione EN; infine, il settore ND è confluito con US nella specializzazione UC.
L’iniziativa è stata presentata da ENAV come una misura per garantire una maggiore razionalizzazione delle risorse e una migliore distribuzione dei carichi di lavoro tra i settori. Il confine con la FIR di Milano ora viene gestito da personale con le stesse competenze migliorando il grado di consapevolezza nelle interazioni. Anche i settori arrivi e partenze sono stati razionalizzati per competenze e risorse. Tuttavia, non tutto è stato lineare.
È stato sicuramente un lavoro imponente per il Reparto Addestramento, chiamato a costruire percorsi formativi mirati, sviluppati in un tempo estremamente compresso ed esclusivamente in ambiente simulativo. Una scelta che ha lasciato perplessi molti controllori, i quali, nei fatti, si sono trovati a completare l’addestramento “sul pezzo”, direttamente in sala operativa.

Un impegno considerevole è stato richiesto anche alla struttura del rostering, costretta a trovare nuovi equilibri in un contesto caratterizzato da anni di personale limitato. Nonostante le legittime osservazioni legate alla rapidità dell’implementazione e alla natura esclusivamente simulativa dell’addestramento, la sala operativa ha risposto, come sempre, con professionalità, affrontando il cambiamento con spirito di sacrificio e senso di responsabilità.
Un plauso particolare va ai giovani colleghi provenienti dai centri FIC, recentemente abilitati come CTA radar. Hanno affrontato un percorso addestrativo complesso, con tempistiche serrate e spesso in condizioni operative sfidanti. L’estate 2025 ha infatti segnato numeri da record in termini di traffico, con giornate in cui si è raggiunta una densità operativa senza precedenti. In questo contesto, i neo-abilitati hanno dimostrato resilienza, capacità di adattamento e una maturità professionale fuori dal comune.
È innegabile che si siano verificati alcuni episodi di servizio non ottimale: situazioni comprensibili, che dovrebbero rappresentare un’occasione di riflessione.
RIORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO AEREO DI ACC ROMA

L’auspicio è che le esperienze di questa riorganizzazione vengano analizzate a fondo, con spirito critico, per trarne insegnamenti utili in vista di future modifiche settoriali e nella pianificazione delle risorse.
Il bilancio della nuova configurazione, a pochi mesi dalla sua entrata in vigore, è ancora in fase di consolidamento. Alcuni vantaggi in termini di flessibilità gestionale iniziano a emergere, ma i costi umani e organizzativi del cambiamento sono stati significativi. E proprio mentre il picco estivo sembrava superato, le previsioni indicano un settembre ancora “caldo” sul fronte operativo, richiedendo ulteriore attenzione nella gestione delle risorse e nella definizione delle prossime mosse strategiche.
Una cosa è certa: Roma ACC ha dimostrato ancora una volta di saper reagire con forza e professionalità alle sfide più impegnative, confermandosi un presidio fondamentale per la safety e l’efficienza del traffico aereo nazionale.

MANUALE APERTO

I MOMENTI DI STALLO
Di Ilaria Morganti

È Settembre, ed un’altra estate lavorativamente intensa si è da poco conclusa.
I voli da gestire sono stati tanti, a volte troppi,e la stanchezza inizia a farsi sentire nonostante la pausa delle ferie.
Quasi ogni turno ha portato con sé qualche imprevisto da affrontare, mai un attimo di tregua con pause che sembrano durano sempre troppo poco.
La stanchezza si fa sentire ma… Non è solo stanchezza fisica, c’è qualcosa di più sottile e profondo.
La tensione rimane alta anche se i ritmi sono cambiati ed il calo repentino dell’adrenalina stona, generando confusione, destabilizzazione e irritazione.

Questi sono tutti sintomi dello stress.
È utile notare che spesso mentre si è immersi in una routine ad alta intensità, Non ci si rende conto di essere sotto stress. La consapevolezza arriva solo dopo, quando la pressione cala e ci si ritrova con più spazio per se stessi. Più spazio, più tempo e meno stimoli, e di conseguenza meno adrenalina. Queste assenze possono creare un vuoto ed proprio in questo vuoto che qualcosa si spezza e si entra in stallo.
Proprio come un aeromobile che perde la rotta, e bussola e sestante da soli Non sono
più sufficienti per ritrovarla e rimettersi in pista. Diventa necessario trovare una strategia per ritrovare equilibrio e stabilità, per ridurre – od almeno contenere – i fattori di stress.
COSA E’ LO STESS?
Lo stress è la risposta fisica e fisiologica, psichica ed emotiva ad uno “stressor” e che ci fa cambiare il modo in cui reagiamo, pensiamo e percepiamo la situazione e la realtà che ci circonda. Lo stressor, o fattore di stress, può essere endogeno od esogeno, ovvero interno od esterno.
Lo stress può essere causato da un sovraccarico di lavoro ma anche da altri fattori apparentemente innocui quali: una discussione con un collega o con il partner, in un momento di maggiore fragilità - fisica, psichica od emotiva – anche il trigger apparentemente più insignificante può agire da stressor.
Esistono due forme principali di strss: Acuto e Cronico
Stress Acuto
Lo stress acuto è di breve durata e si manife-

sta come conseguenza, naturale e fisiologica, quando si è esposti ad un evento od ad una situazione emotivamente intensa, come ad esempio una scadenza importante ed impegnantiva, una difficoltà finanziaria od un divorzio, ma anche situazioni piacevoli e desiderate come il matrimonio, la nascita di un figlio o la programmazione di un viaggio, nonché la promozione che si attendeva da tempo.
Da un lato questa forma di stress può essere benefica perché genera motivazione e mantie-
ne alti i giri del motore. Dall’altro può portare sintomi fisici sgradevoli, quali: mal di testa, mal di stomaco e cattiva digestione, incremento della sudoraazioine (calda o fredda), palpitazioni, respiro corto,vertigini e dolori al petto.
Durante un episodio di stress Acuto il fisico rilascia gli “ormoni dello stress”; Adrenalina e Cortisolo, che inondano il corpo per far battere il cuore più rapidamente ed aumentare così il livello di energia. Una volta superata la crisi, l’evento, il corpo

Il corpo rilascia adrenalina e cortisolo
riequilibra il livello di Adrenalina e Cortisolo, lo stress diminuisce e si inizia a riprendersi.
Stress Cronico
Lo stress Cronico è molto diverso: è innaturale e si manifesta quando l’organismo Non riesce a gestire il processo di rilascio del cortisolo e la conseguente e naturale produzione di endorfine. Lo stress Cronico è di lunga durata ed è la conseguenza di un’esposizione continua e prolungata ad uno o più fattori di stress.
Questa forma di stress incide su quattro dei sistemi principalo del corpo:
• il sistema Cognitivo
• Il sistema Nervoso
• Il sistema Endocrino
• Il sistema Immunitario Il permanere di un alto livello di Cortisolo nel corpo per un periodo prolungato può portare diversi sisturbi di salute quali:
• La compromissione della memoria e dei ragionamenti
• Pressione alta dovuta al restringimento dei vasi sanguigni
• Bruxismo: una condizione che colpisce la mandibola ed i muscoli circostanti e
che consiste nel serrare e digrignare i denti, specialmente durante il sonno.
• Eccesso di perdita di capelli
• Aggravamento di problemi cutanei pre-esistenti tra cui: psoriasi, rosacea, acne ed eczema
• Dolori muscolari, principalmente a schiena, collo e spalle
• Alto rischio di malattie cardiovascolari
• Ipertensione
• Aggravamento di condizioni mediche e malattie pre-esistenti
• Soppressione della neurorasmissioine nel cervello, che può causare depressione
• Indebolimento del sistema immunitario ed aumento del rischio di
infezioni e malattie
• Ripercussioni sul sistema digerente con conseguente nausea, colon irritabile e diarrea
• Aumento di peso dovuto ai diversi ormoni coinvolti nel processo di stress che entrano in conflitto tra loro, come: cortisolo e Serotonina
• Impatto sul desiderioi sessual, possibili infezioni, impotenza ed – in alcuni casi- infertilità
• Complicazioni psico-emotive come ad esempio: insonnia, mal di testa, irritabilità, ansia, cambiamenti di umore e di personalità.

Riconoscere lo stress Non è un segno di debolezza, ma un atto di intelligenza, coraggio e cura di sé.

Conclusioni
Analizzare tutte le sfaccettature dello stress in un solo articolo sarebbe come voler raggiungere “Proxima Centauri” in una notte: impossibile.
Ci sono tanti aspetti da esplorare: dai diversi aspetti che assume a seconda del contesto nel quale si sviluppa al come poterlo gestire, dalle reazioni primordiali di congelamento/combattimento/fuga al funzionamento del circolo dello stress.
Riconoscere di stare attraversando un periodo di (anche forte) stress – e per questo cercare supporto Non è un segnale di debolezza, anzi. È un atto di Intelligenza, Coraggio e Cura di sé.
È fondamentale imparare a leggere i segnali che il corpo e la mente ci mandano, prima che diventino urla,
soprattutto quando si svolgono lavori ad alta responsabilità e professionalità.
Lo stress esiste, ma Non deve, e Non può, dominare le nostre vite.
Possiamo imparare a gestirlo, ad attraversarlo ed ad uscirne più resilienti.
Anche nei momenti di stallo, esiste sempre una Nuova rotta da ritrovare. Sta a noi cercarla, con attenzione, coraggio e fiducia.


IL BENESSERE MENTALE E LE NOTTI DI LAVORO
di Roberta Mascherotti

PERCHÉ IL FATTORE UMANO È COSÌ
IMPORTANTE NEL CONTROLLO DEL TRAFFICO AEREO
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, insieme alla Federazione Mondiale per la Salute Mentale e ad altri partner, chiede a governi ed aziende che la salute mentale sul lavoro sia considerata una priorità.
LA SICUREZZA DEVE ESSERE LA PRIORITÀ

Il lavoro è un ambiente che influenza la nostra salute mentale.

IFATCA ed ANACNA riconoscono che il lavoro è un ambiente che influenza la nostra salute mentale. In condizioni buone e sicure, il lavoro può fornire uno scopo, una connessione e una stabilità, svolgendo un ruolo fondamentale nella protezione della nostra salute mentale. Tuttavia, dobbiamo anche riconoscere che ambienti di lavoro malsani o non sicuri possono costituire un fattore che influisce negativamente sulla salute mentale.
La sicurezza deve essere la priorità assoluta per tutti i controllori di volo e deve essere compito di ognuno impegnarsi a essere al 100% nell’ambiente di lavoro. Ciononostante a volte non lo siamo: il primo passo fondamentale è riconoscerlo, far sentire la propria voce e chiedere aiuto. Uno dei fattori che più inficiano il benessere psicofisico è il turno di notte, assieme ai correlati disturbi del sonno come la mancanza di sonno, la narcolessia alla guida o al radar, le poche ore

a disposizione per il sonno, l’insonnia.
TRASFORMA IL SONNO IN UNA PRIORITÀ PER LA SALUTE
Nell’aviazione, settore attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ai lavoratori vengono richiesti sforzi psicofisici per soddisfare le esigenze di un settore attivo 24 ore su 24. Non si pensi solo ai piloti e agli assistenti di cabina, ma altresì agli assistenti di terra, agli addetti alla sicurezza, alla dogana e a molte altre figure professionali.
Anche i controllori del traffico aereo lavorano a orari prolungati, su turni notturni e con orari di lavoro a rotazione.
Il momento più critico e a maggiore rischio durante il turno di notte è tra le 3 e le 5 del mattino, fascia in cui si riducono al minimo le prestazioni fisiche e psichiche. È proprio in quelle ore che aumentano gli errori, la sonnolenza involontaria.
Il sonno è importante tanto quanto l’alimentazione o l’esercizio fisico per il corpo e la mente.
In queste condizioni, dormire bene la notte può essere molto difficile. Ecco perché la salute del sonno dovrebbe essere una priorità. I controllori del traffico aereo hanno bisogno di un sonno di buona qualità per essere pronti per il servizio.
Il sonno è importante tanto quanto l’alimentazione o l’esercizio fisico per il corpo e la mente.
Il legislatore italiano ha ritenuto opportuno definire e normare il concetto di turno notturno.
Il Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n.66 definisce periodo notturno una prestazione di lavoro svolta in orario notturno per almeno 7 ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le 5 del mattino.
Il decreto identifica il lavoratore notturno come colei o colui che svolge almeno una parte del proprio orario di lavoro durante il periodo notturno, secondo le norme dei
Il ritmo sonno-veglia, cioè l’abitudine a svegliarsi
con il sorgere del sole e riposarsi dopo il tramonto, è alterato col turno notturno.

Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro specifici.
Vi sono alcune categorie, che la legge italiana protegge, per le quali è vietato il lavoro notturno: trattasi di categorie di lavoratori che rientrano in fasce protette per motivi di salute e famigliari.
Non possono mai svolgere il turno di notte il lavoratore minorenne, con meno di 18 anni e la lavoratrice in stato di gravidanza e per tutto il primo anno del bambino.
IL RITMO CIRCADIANO
Il ritmo sonno-veglia, cioè l’abitudine a svegliarsi con il sorgere del sole e riposarsi dopo il tramonto, è alterato col turno notturno. Nel dettaglio, a essere alterato è il ritmo circadiano. Per ritmo circadiano è intesa la variazione delle attività biologiche del corpo che si verificano nell’arco di 24 ore, ciclicamente. La regolazione di queste oscillazioni è affidata a quello che comunemente è chiamato orologio biologico. Sul funzionamento di questi meccanismi influiscono fattori genetici, ambientali o dipendenti dallo stile di vita, come ad esempio l’alterazione del ciclo sonno-veglia. Quando si è impiegati su lavori notturni e turni non tradizionali, i meccanismi richiedono adattamento e, in alcuni
casi, possono comportare conseguenze negative sulla salute. Il completo adattamento circadiano al lavoro notturno, inoltre, non è semplice da ottenere a breve termine.
La conseguenza più immediata del lavoro notturno si subisce a livello ormonale. Se si interrompe il collegamento tra l’orologio biologico e l’ambiente esterno, si possono verificare cambiamenti fisici e mentali e può peggiorare la qualità del sonno. Si altera il livello di ormoni come il cortisolo, che aiuta a mantenerci svegli ed energici, e la melatonina, l’ormone regolatore del sonno che viene rilasciato in grande quantità dal corpo in assenza di luce.
INSONNIA E MALATTIA
Nel lungo termine il lavoro notturno espone a rischi sulla salute. Numerosi studi su queste patologie hanno dimostrato che: aumenta il rischio di sviluppare obesità, diabete, malattie metaboliche, malattie cardiache. Raddoppia il fattore di rischio per i livelli di colesterolo, per l’ipertensione, per patologie gastrointestinali Le donne che operano nei turni notturni, inoltre, potrebbero avere una maggiore incidenza e prevalenza di cancro al seno; l’ipotesi avanzata sostiene che l’esposizione alla luce artificiale, impedendo il rilascio di melatonina, stimoli una produzione eccessiva di estrogeni, ovvero fattore di crescita del tumore al seno.
La conseguenza più immediata del lavoro notturno si subisce a livello ormonale.

Una recente meta-analisi britannica, che ha sintetizzato i risultati su studi con oltre 200mila partecipanti impiegati su turni negli ospedali, per ricerche epidemiologiche che attestassero la correlazione tra il lavoro su turni e il diabete di tipo II, ha rilevato un rischio di diabete maggiore del 9% in individui con una storia di lavoro su turni rispetto a chi segue orari tradizionali.
Un rischio simile hanno attestato altri studi sulla probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari in coloro che lavorano di notte: i turnisti avrebbero un rischio maggiore del 17% di eventi legati a patologie cardiovascolari e un rischio maggiore di quasi il 20% di mortalità per le stesse cause.
PICCOLI E GRANDI PASSI
Ogni lavoratore notturno può curare il proprio stile di vita con semplici regole:
*dopo il turno di lavoro dare priorità al sonno. Se necessario con tende scure e tappi per le orecchie.
*al risveglio uscire il prima possibile ed immergersi nella luce: ciò riallinerà i ritmi circadiani.
*un breve sonnellino di 20 minuti prima di uscire per il turno notturno aiuta a mantenere dopo lo stato vigile.
*svolgere attività fisica con costanza, almeno tre volte a settimana, tutto l’anno È inconcepibile che nel XXI secolo si costringa l’organismo alla sedentarietà, ben sapendo che il fisico è concepito per il movimento, la tonicità muscolare, il dispendio energetico. È lungamente attestato dalla ricerca medica che la sedentarietà è causa del 40% delle malattia moderne, in taluni casi anche dei tumori.
La serotonina, la dopamina e le endorfine prodotte dal sistema nervoso centrale sono dei regolatori naturali dei ritmi circadiani e degli eccellenti ansiolitici naturali: calmano gli stati d’ansia, placano l’irritabilità.
*seguire una sana alimentazione, che limiti il più possibilità grassi saturi e zuccheri.
*evitare di mangiare durante il turno notturno, limitarsi a spuntini leggeri e salutari escludendo gli zuccheri.
*curare la vita sociale, coltivare l’impegno.
*nella gestione del ritmo sonno-veglia, ricordare che la caffeina ha effetto non prima di 20 minuti.
*se si soffre di insonnia si può ricorrere ad integratori come i Fiori di Bach o la melatonina.
*evitare l’uso di dispositivi elettronici prima di addormentarsi, ma prediligere la lettura di un libro o la conversazione, telefonica o in presenza

IL BURNOUT
Di Ilaria Morganti
Lo scopo di questo articolo è quello di integrare le conoscenze sulla “sindrome del Burnout” come base di chiarimento in modo da potersi orientare con maggiore consapevolezza.
CHE COSA E’ IL BURNOUT
Il termine “Burnout” – in italiano “scoppiato, bruciato, esaurito” – fu introdotto da Freudenberger nel 1975. Esso individua una condizione di stress cronico che si sviluppa nell’ambito lavorativo, rilevato in prevalenza tra i soggetti impegnati in attività professionali che comportano un elevato grado di
responsabilità e capacità di risposte rapide, efficienti e conformi al ruolo professionale.
La sindrome del burnout rappresenta il risultato di uno squilibrio tra le richieste professionali e le risorse individuali utili per affrontarle – nonché tra aspettative e realtà oggettiva: è dunque una condizione che esercita uno stimolo emotivo di frustrazione e demoralizzazione, associate a comportamenti poco adattativi. È inoltre una sindrome multifattoriale ed è quindi originata da diverse componenti: fattori oggettivi e socio-ambientali, legati al contesto lavorativo e fattori
soggettivi legai alle caratteristiche personali ed alla percezione della realtà lavorativa.
ELEMENTI DISTINTIVI
Esaurimento Emotivo
Depersonalizzazione
Ridotta Realizzazione Personale

IL BURNOUT
Esaurimento Emotivo
La persona si sente svuotata, sfinita: le risorse emozionali sono “esaurite”. Vengono a mancare le energie necessarie per affrontare il lavoro, le relazioni con gli altri e perfino la realtà quotidiana.
Compare la perdita di motivazione, di scopi e di ideali, finanche di speranza. Prevalgono infatti sentimenti di apatia, di scarsa efficacia professionale e di indifferenza e distacco emotivo nei confronti del lavoro.
È importante notare come a volte la passione, la dedizione e lo spirito di sacrificio creano un’interferenza nella visione oggettiva dei limiti e delle risorse personali nel contesto operativo, che costituisce una parte rilevante nel processo con cui sviluppa il burnout.
Depersonalizzazione
Questo è un atteggiamento caratterizzato da distacco ed ostilità, principalmente nei confronti della professione, che viene vissuta con freddezza, fastidio e cinismo.
In conseguenza il soggetto tende ad evitare coinvolgimenti, limitando la quantità e la qualità dei propri interventi professionali. Fino al punto di rispondere in maniera evasiva alle richieste e sottovalutare, finanche a negare, i problemi che si presentano quotidianamente.
Questa modalità si presenta anche nei
confronti delle relazioni personali, le quali vengono considerate sempre con minore interesse e trattate con indifferenza.
Ridotta Realizzazione Personale
Si riferisce ad una sensazione di “fallimento professionale” a causa della percezione della propria inadeguatezza al lavoro, che lascia trasparire la consapevolezza del disinteressa e dell’intolleranza verso il lavoro stesso ed eventuali conseguenze.
A valle di ciò si evidenziano: la perdita di fiducia nelle proprie capacità e competenze, nonché la sensazione di essere inefficaci nella propria professione.
Le emozioni che si associano a questo aspetto sono: senso di colpa per le modalità relazionali divenute impersonali e disumanizzate che, nel contempo, stanno andando a sostituire l’efficacia e le competenze nel trattare con altri esseri umani.
Come precedentemente accennato, all’insorgere del burnout contribuiscono sia fattori oggettivi che fattori soggettivi.
Fattori Oggettivi
Sono, come si può facilmente intuire, tutti quegli elementi legati alle condizioni dell’ambiente lavorativo.
Quali: l’eccessivo carico di lavoro, una definizione dei ruoli nebulosa o poco

accurata che crea ambiguità e malintesi, mancanza di autonomia, presenza di conflitti interpersonali, mancanza di supporto ed in ultimo – ma Non per importanza – mancanza di reciprocità tra il lavoratore e l’organizzazione di appartenenza, la quale è fondamentale che sia una strada a doppio senso di marcia.
Quando questi elementi compaiono in un contesto professionale (e dunque anche sociale) nel quale sono necessarie competenze di alto livello, tendono anche a svilupparsi dinamiche individualistiche, di motivazione al successo e di alta competitività.
Tutto questo ha una notevole influenza sull’insorgenza della sindrome del burnout.
Fattori Soggettivi
Giocano un ruolo importante le qualità personali del soggetto.
La letteratura scientifica ha infatti individuato alcune caratteristiche che pos-
sono influenzare l’originarsi del burnout. Quali: la tendenza a rimuginare, aspettative eccessive, una personalità perfezionista, nonché una certa difficoltà nella gestione dello stress.
Sono inoltre da prendere in seria considerazione: il significato personale attribuito al lavoro e le scelte effettuate generate da motivazioni di tipo Non valoriale ma da bisogni conflittuali, finanche da sentimenti di onnipotenza o da idealizzazione di tipo narcisistico.
A valle di tutto ciò, proprio come farebbe una biglia su un piano inclinato, si inizia a precipitare in un abisso nel quale il calo – sempre più rilevante – dell’autostima, porta inevitabilmente verso la tendenza all’impulsività ed ad un eccessivo bisogno di approvazione, che possono condurre fino alla negazione della realtà che si sta vivendo.
In un circuito che può facilmente diventare un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.

DALLO STRESS AL BURNOUT
Pertanto, a seconda delle circostanza individuali, le condizioni nel contesto lavorativo possono essere percepite sia come una sfida da affrontare, sia come un pericolo da evitare.
In entrambi i casi, le persone si trovano a dover ampliare le proprie competenze ed abilità di azione, impiegando una notevole quantità di risorse: fisiche, mentali ed emotive, così da realizzare i propri obiettivi ed evitare conseguenze negative.
Difatti la perdita progressiva di risorse, finanche al loro esaurimento, necessarie per un buon adattamento sul lavoro, ha un notevole impatto emotivo e genera l’attivazione di processi psico-fisiologici fondamentali per regolare stabilità ed equilibrio. Questo impegno può portare ad esiti positivi, neutri o negativi.
Lo Stress in sé può dunque diventa esso stesso un “fattore di rischio” per la sindrome del burnout qualora numerosi riscontri negativi si traducono in una vi-
sione di impossibilità, blocchi operativi e freddezza motivazionale.
INTERVENTI INDIVIDUFALI
Diagnosticare autonomamente il burnout sarebbe poco affidabile poiché servono strumenti professionali.
Ad ogni modo avere consapevolezza di attraversare un forte periodo di stress è importante così da poter agire preventivamente.
Esistono tecniche per la gestione dello stress e molti percorsi da utili per affrontarlo.
Ed è qui che entra in campo il Coraggio di ammettere ed accettare di poter chiedere quel aiuto che può fare da ponte verso il ritrovamento del proprio equilibrio e della propria stabilità. Perché – ricordiamolo sempre – gli aerei sono fatti per volare e non per stare chiusi in un hangar.

La mia esperienza come facilitatrice per lo SpeakEnglishProgram
di Silvia Della Bruna
Quando ho scoperto l’esistenza delprogramma SEP di IFATCA nel2023, grazie alla Newsletter di ANACNA, ho chiesto immediatamente come fare per iscrivermi. Ero entusiasta: finalmente un’iniziativa che poteva aiutarmi a mantenere e migliorare le mie competenze in inglese. Come partecipante avrei avuto fino a tre sessioni al mese per poter praticare l’inglese (quello vero! Non la fraseologia aeronautica...) in un contesto rilassato e stimolante.
Dopo un po’ di tempo la segreteria del SEP mi ha proposto di diventare facili-
tatrice, ovvero la persona che “facilita” le sessioni del programma. All’inizio non ero convinta di accettare, avevo paura di non essere all’altezza di ciò che mi si chiedeva e che il mio inglese non fosse abbastanza buono per guidare gli altri. Alla fine, ho deciso di provarci, e sono davvero felice di averlo fatto. Ho scoperto presto che essere una facilitatrice non significa avere un inglese perfetto, ma piuttosto creare l’atmosfera giusta: incoraggiare gli altri a parlare, mantenere viva la conversazione e far sì che tutti si sentano a proprio agio.
Ogni mese posso inserire in un calendario Google i giorni e gli orari i cui sono disponibile per il programma. Posso inserirne quanti voglio:unosoltanto oppure anche dieci. Non ci sono obblighi, perché i facilitatori partecipano al SEP su base volontaria. Una sessione dura mediamente un’ora. Ci s’incontra su Meet, CTA e Piloti, si comincia con una breve presentazione personale, “per rompere il ghiaccio” in cui ciascuno può dire di sé ciò che preferisce. Poi chi facilita, proponedegliargomenti,professionaliodivitaquotidiana,doveciascunopuòesprimereleproprieideeediscuternecon gli altri. Spesso capita di ritrovare persone già incontrate in precedenti sessioni ed è bello riprendere qualche conversazione lasciata in sospeso, magari si parla di una vacanza o di un matrimonio che nel frattempo ci sono stati: è come ritrovare dei vecchi amici. Altre volte, magari con persone più timide, serve più impegno per mantenere viva la conversazione.In questi casi il facilitatore deve cercare con delicatezza punti di contatto e spunti interessanti, senza risultare invadente.
Con il tempo ho visto colleghi, inizialmente molto timidi, acquisire fiducia e parlare con maggior libertà e sicurezza, trasformando la sfida di esprimersi in inglese in amicizia e condivisione. Per me questa è la ricompensa più grande: osservare la crescita delle persone e sapere di aver contribuito a quel percorso.
Il programma è molto più di una semplice conversazione in lingua inglese: connette persone di culture completamente diverse, provenienti da ogni parte del mondo, aiutandole a costru-
ire relazioni oltre che competenze comunicative. Spesso sento di imparare anch’io tanto quanto i partecipanti.
Per questo, sono grata di aver superato i miei dubbi iniziali e di aver accettato questo ruolo. Diventare facilitatrice è un’esperienzagratificante,chemioffrel’opportunitànonsolodisupportareglialtri,maanchedicrescerepersonalmente e professionalmente.

Esperienza SEP
Di Gabriel Proietti
Una lodevole e interessante iniziativa dell’IFATCA (agevolata in Italia da ANACNA), che continua oramai da qualche anno, aperta alle colleghe e ai colleghi di tutto il mondo.
Parliamo del SEP (Speak English Program), una possibilità concreta e reale, di poter praticare ogni tanto (3 sessioni al mese) la lingua inglese, come forse non siamo abituati bene a conoscerla.
Una tipologia di lingua parlata, in certi casi ben lontana dalla pratica fraseologica standard (più o meno) alla quale siamo abituati.
L’accesso avviene tramite la piattaforma di Google Meet (che a inizio sessione presenta l’opzione di decidere di far prendere appunti all’IA, per poi avere una trascrizione dei dialoghi), di facile utilizzo, ma limitato a una sola ora per ciascuna sessione.
La mia esperienza personale, nelle prime sessioni è stata abbastanza positiva, i facilitatori sono motivati e disponibili, mi sono trovato tutto sommato a mio agio, nella libertà di poter parlare di diversi argomenti piacevoli: viaggi, musica, film e tanto altro.


Alla fine di ogni sessione si dovrebbe compilare un modulo valutativo (con risposte chiuse e aperte), al di là di quanto ho riportato nel modulo, direi che un punto critico potrebbe essere la presentazione professionale (che personalmente non ho mai amato in particolare), che và fatta ad inizio sessione, mentre un punto di forza potrebbe essere proprio nella possibilità data di poter interagire in modo informale con persone di culture diverse, un’occasione da cogliere, anche se ci duole dirlo, al momento ci sono solo 5 partecipanti italiani, speriamo che nelle prossime sessioni, questo numero possa aumentare…!!!
Il Programma “Speak English” (SEP) di IFATCA:
Connettersi. Comunicare. Crescere.
Vuoi migliorare il tuo inglese parlato in modo naturale?
Unisciti ad altri controllori del traffico aereo e piloti da tutto il mondo nel SEP, dove si impara praticando — attraverso conversazioni reali.
Cos’è il SEP?
È un programma gratuito, amichevole e divertente in cui piccoli gruppi di professionisti dell’aviazione si incontrano online per parlare di aviazione, della vita e di tutto il resto.
Nessuna pressione, nessun giudizio! Solo conversazioni autentiche che ti aiutano ad aumentare sicurezza, vocabolario e fluidità.
Perché partecipare?
• Esercitarsi con l’inglese in un ambiente rilassato e accogliente
• Incontrare e comunicare con colleghi da tutto il mondo
• Imparare da facilitatori esperti
• Accrescere la tua sicurezza nelle operazioni quotidiane e nei requisiti linguistici ICAO
Le iscrizioni sono aperte ogni mese dal 1° al 5.
Pronto a partecipare?
Contatta il coordinatore Anacna della tua sezione, oppure scrivi al team SEP all’indirizzo: collaborazioni@anacna.it.
Maggiori informazioni sul sito: ifatca.org/sep
Costruiamo ponti attraverso una comunicazione migliore.

S PEAK E NGLISH P ROGRAM

FUORI FIR
Automazione e AI: Il sentiero del Sesar
Master plan per l’innovazione ATM
di Sergio Velotto e Andrea Poti
Anche quest’anno il Sesar Master Plan 2025, ha ridefinito e confermato nuovamente le tappe dell’efficienza e sviluppo dell’ATM.

In un settore in cui sono richieste precisione e sicurezza, l’integrazione di sistemi AI, Machine Learning e di automazione in generale potrebbero permettere l’ottimizzazione e lo snellimento dei processi del dominio ATM. Questa impostazione di fondo ha dato vita da alcuni anni a diversi progetti che concorrono in maniera convergente alla definizione di un nuovo concetto di ATM. Alcuni di questi progetti riescono a farsi più strada rispetto ad altri suscitando più interesse nella platea degli stakeholders che intendono sfruttare i vantaggi che l’AI potrebbe offrire ed è il contributo che deriva da questi progetti che sta delineando gradualmente un quadro sempre più definito e dettagliato. Questo processo di sviluppo e di integrazione tende ad una visione di elevata tecnologia e di innovazione nel controllo del traffico aereo identificando anche nuovi scenari con temi e argomenti ancora in evoluzione.
Più in generale potremmo definirci spettatori della “Quarta rivoluzione industriale” e della trasformazione del sistema ATM, sebbene parlare di integrazione e di interoperabilità multisettoriale ci rende anche protagonisti del cambiamento. La gestione ed il controllo degli spazi aerei si sta aprendo velocemente a nuovi mercati che richiedono maggiore integrazione e compattezza tra gli ANSP europei, maggiore flessibilità nelle procedure, innovazione tecnologica ed ottimizzazione dei sistemi esistenti. Il futuro dell’ATM prevede nuovi scenari ai quali la gran parte di noi non era ancora abituata.
L’integrazione di nuovi partners e stakeholders, che non saranno esclusivamente dell’ambiente aeronautico, sarà un valore aggiunto di miglioramento per l’impatto ambientale del trasporto aereo e per una governance di ampio spettro che ha la prerogativa di rimanere altamente competitiva e che viene oggi richiesta dalle continue sfide del mondo ATM. In questo panorama di continua innovazione ed evoluzione tecnologica, ANACNA, in partnership con IFATCA (International Federation of Air Traffic Controller Associations), è uno degli attori principali che, con grande responsabilità e impegno nelle sue attività internazionali, contribuisce alla crescita e definizione di questi nuovi scenari.

È grazie all’impegno e al costante aggiornamento delle professionalità al suo interno che ANACNA è tra i protagonisti della realizzazione di un percorso di ricerca e sviluppo importanti. E come tutte le attività che vengono portate avanti dall’associazione, l’ambizione e un approccio di grande sfida, rimangono il denominatore comune, assieme alle politiche di transizione digitale e di integrazione con i sistemi che rendono le evoluzioni del nostro settore di grande fascino, mettendo a disposizione le competenze e le esperienze, di cui ANACNA gode.
Nell’ambito di questa attività si è partecipato nel mese di giugno al Progress Meeting dell’ATC Automation Working Group di Eurocontrol, tenutosi presso l’ACC di Ginevra e che ha visto oltre alla partecipazione di Eurocontrol anche di IFATCA e di vari ANSP europei come Skyguide, DFS, Pansa e Skysoft ATM, in un clima di grande collaborazione e di opportunità di crescita professionale.
Il “Concept Automation 2035”
Il “Concept Automation 2035” ha messo le basi a tutto lo svolgimento del programma e del concetto di automazione nell’ATM sottolineando la visione di un suo sviluppo sulla base di un modello incentrato sul Controllore del Traffico Aereo (Human Centric). Questo modello di automazione così progettato consente la gestione e l’interazione con l’automazione nei suoi diversi livelli, tenendo in considerazione i diversi scenari, le contingenze e la situational-awareness percepita.
Questo modello descrive l’importanza del ruolo dell’automazione nell’ATM come fattore mitigante del carico di lavoro percepito a parità di volumi di traffico gestito. Questo modo di operare trova fondamento nel voler mantenere alto il livello di skill e di attenzione dei Controllori del Traffico Aereo con la possibilità di mantenere limitato l’intervento dell’automazione in presenza di valutazioni più complesse rispetto a quelle che potrebbe fornire il sistema di automazione stesso.
Il modello così presentato si arricchisce di altri tools di integrazione di informazioni e di miglioramento della predizione. Tali sistemi, basandosi sull’acquisizione di informazioni provenienti da tutte le fonti accessibili, mettono a disposizione dati che ottimizzano l’integrazione con i Controllori del Traffico Aereo e l’analisi effettuata da essi, rendendo più accurato il ricalcolo delle traiettorie e la predizione dei conflitti con un forte eco su quello che sarà il nuovo scenario ATM e l’interoperabilità tra i vari ANSP. La visione del futuro dell’ATM che viene percepita vede, in sintesi, un cambio di ruolo e di responsabilità del Controllore del Traffico Aereo. Stiamo assistendo e saremo i protagonisti di una trasformazione del sistema ATM che prevederà un cambio di rotta nel quale l’integrazione con l’AI sarà la base di un connubio tra l’operatore ed il sistema in un clima di reciproco adattamento.


Stiamo assistendo e saremo i protagonisti di una trasformazione del sistema ATM che prevederà un cambio di rotta nel quale l’integrazione con l’AI sarà la base di un connubio tra l’operatore ed il sistema in un clima di reciproco adattamento.

PERFORMANCE - BASED AIRPORT OPERATING MINIMA (PBAOM):
il (possibile) futuro delle operazioni aeroportuali
Di Oliver Barsanti
Il mondo di oggi è sempre più votato ad uno schema di competitività e performance che si esprimono in termini di costi da abbattere per economizzare tutto, anche, ovviamente, il mondo dell’aviazione.
E qui non parliamo di compagnie lowcost, delle loro pratiche aggressive nei confronti della concorrenza, dei servizi e, a volte anche dei provider, ma della continua ricerca di soluzioni per permettere le operazioni anche in presenza di limitazioni.
Finora i provider mettevano in campo, con notevole dispendio economico, le innovazioni tecnologiche necessarie all’esecuzione delle operazioni di volo per le svariate situazioni. Si pensi all’impiego dei radar che ha permesso l’aumento
del numero di aeromobili gestibili da un singolo controllore, o lo sviluppo della navigazione d’area o infine l’impiego dei sistemi di terra per l’atterraggio strumentale più complessi come l’ILS di categoria II e III.
L’impiego di risorse economiche però richiede un tornaconto, e non vivendo più nell’epoca del cost-recovery, se non dell’aziendalismo di Stato, ogni implementazione tecnologica deve essere cost-efficient
Ma la progressiva privatizzazione di strutture e servizi fa si che alcune implementazioni più moderne non vengano messe in campo perché troppo onerose. Si pensi ad esempio all’implementazione dell’ILS di categoria II o III su aeroporti regionali. Una tale infrastruttura richie-

derebbe personale tecnico e hardware dedicato in loco per un utilizzo effettivo che potrebbe essere di pochi giorni l’anno. Ecco perché sempre meno aeroporti impiegano tali tecnologie e si affidino maggiormente alle procedure GNSS-based come, ad esempio, gli avvicinamenti RNP.
Il gioco si sta spostando sempre di più all’interno dei cockpit dove, grazie all’uso della navigazione satellitare e al monitoraggio della performance di navigazione si riesce ad ottenere una prestazione simile a quella ottenuta con gli strumenti di terra.
Da qui nasce il Performance-Based Airport Operating Minima (PBAOM), un concetto di certificazione che permette la navigabilità di alcune procedure partendo dalle caratteristiche dell’equipaggiamento del velivolo piuttosto che dell’infrastruttura al suolo. La combinazione delle caratteristiche della strumentazione di terra e di volo concorre a definire le minime aeroportuali definendo, di fatto, il PBAOM come un uso più flessibile delle procedure di avvicinamento.
Da quattro anni il Flight Operations Panel (FLTOPSP) di ICAO presso il quale rappresento IFATCA e ANACNA discute dell’implementazione del concetto PBAOM e gli studi e gli incontri proseguono a ritmo serrato per questo che è diventato un argomento tra i più seguiti da parte dell’Air Navigation Commission (ANC) di ICAO.
Del resto, avere la possibilità di poter effettuare procedure di atterraggio anche al di sotto della minima aeroportuale grazie ad un piccolo investimento tecnologico fa gola a tutti: ai provider che non si vedono più costretti ad implementare costose risorse tecnologiche, e agli utilizzatori che, grazie ad un equipaggiamento avanzato, possono atterrare senza dover effettuare un costoso dirottamento verso un altro aeroporto con minime più alte o con equipaggiamento al suolo più sofisticato. Un bel guadagno, quantomeno in termini economici.

Come abbiamo detto il concetto PBAOM si sviluppa incrociando le caratteristiche dell’infrastruttura al suolo per l’avvicinamento strumentale e l’equipaggiamento dell’aeromobile.
Quest’ultimo viene da questo momento definito in due modi:
Basic Aircraft: an aircraft with the minimum equipment required for the type and/ or category of approach and landing operation intended) operation intended.
Advanced Aircraft: an aircraft with equipment in addition to that required for the ‘basic aircraft’, as e.g. auto-flight systems capable of coupled approaches and/or autoland, HUD or equivalent displays, Enhanced Flight Vision System (EFVS), combined vision systems (CVS) and synthetic vision guidance systems (SVGS).
Il centro della “Rivoluzione” è quindi il sistema di bordo quali i sistemi per la visione notturna come i night vision goggle e gli HUD. Questi, associati ad equipaggiamento di ultima generazione, permetterebbero di superare alcune li-
mitazioni poste dalla strumentazione di terra.
Un esempio, come riportato nelle due figure che seguono, è la possibilità data ad un aeromobile equipaggiato di Enhanced Vision System (EVS) di abbassare la MDA/MDH di un valore X rispetto a quanto prescritto per la procedura di Categoria in uso.
Ciò permette in definitiva di aumentare la capacità aeroportuale nonostante l’infrastruttura al suolo non sia la più “performante”.
La tecnologia ha raggiunto traguardi tali che, integrando correttamente la strumentazione EVS con la tecnologia di navigazione ed avvicinamento SBAS o GLS, si ipotizza la possibilità di effettuare un avvicinamento con tali device fino all’atterraggio per completare infine il rullaggio direttamente attraverso la “visione aumentata” come nell’immagine che segue.
La Visione aumentata infatti non fa altro che utilizzare una strumentazione elettronica per integrare la normale vista del pilota con i dati necessari al prose-

guimento del volo laddove la condizione di visibilità non lo consentirebbe.
Il lavoro in seno all’ICAO non si ferma e l’enorme interesse che tale procedura sta suscitando, in virtù proprio dei possibili ritorni in termini di economia d’esercizio ed efficienza aeroportuale, sta richiedendo sempre più risorse per lo studio della normativa di riferimento.
E qui i nodi vengono al pettine.
In effetti tutt’oggi manca una definizione chiara ed univoca di pista strumentale e non strumentale, e le varie certificazioni esistenti fanno una commistione di valori a seconda se si parla di procedure di avvicinamento di precisione o meno, di tipo A o B, 3D o 2D e via dicendo.
Per questo molto dell’effort espresso dai membri del FLTOPSP di ICAO verte proprio nel normare queste procedure cercando di dare le opportune definizioni per le piste.
Attualmente, con lo scopo di supportare le operazioni PBAOM, sono state proposte definizioni per Pista Strumentale e Pista Non Strumentale che riflettano
le caratteristiche di procedure possibili così come la qualità del servizio. L’utilizzo delle lettere A, B, C, ad esempio, per definire la combinazione tra non-instrument, non-precision approach e/o precision approach runways potrebbe essere una soluzione, ma per ora manca il consenso unanime.
La figura che segue mostra chiaramente come la situazione esistente sia piuttosto eterogenea.
Dallo studio in corso nascono quindi le necessità di definizione per pista strumentale e non strumentale.
Pista Strumentale (Instrument Runway): Nella sua forma attuale, la definizione di pista strumentale si riferisce al tipo di avvicinamento e ai criteri di visibilità, che devono essere modificati alla luce dei principi PBAOM. La categorizzazione Type A o B dovrebbe pertanto essere rimossa in quanto collegata alla ridefinizione degli avvicinamenti PBN, rendendo questa distinzione irrilevante. Le specifiche dei criteri di visibilità per le piste di avvicinamento non di preci-

sione è attualmente incoerente con le norme relative alle operazioni aeree e pertanto dovrebbe essere rimossa. Tuttavia, i criteri di visibilità per le piste di avvicinamento di precisione rimangono adeguati, in quanto esiste una correlazione diretta tra gli elementi infrastrutturali e gli aiuti visivi da un lato e gli Airport Operating Minima (AOM) dall’altro.
Pista Non Strumentale (Non-Instrument Runway): Nella sua forma attuale, la pista non strumentale è quella che, per definizione, consente di proseguire gli avvicinamenti strumentali in condizioni meteorologiche a vista oltre un “punto” non ulteriormente specificato. Poiché non vi è alcuna specifica su questo punto, ciò richiede che tutti gli avvicinamenti continuino in VMC al di sotto delle minime stabilite, indipendentemente dalle regole operative (VFR, IFR).
Per risolvere l’involontaria incoerenza e facendo riferimento alle regole dell’aria all’interno della definizione, la ICAO State Letter 2018/103 ha proposto di includere un criterio MDH di 500 piedi nella
definizione di pista non strumentale. La proposta è stata rinviata e la definizione di pista non strumentale è rimasta incompleta, poiché non specifica alcuna limitazione relativa al punto oltre il quale l’avvicinamento può proseguire in condizioni meteorologiche a vista (“point beyond which the approach may continue in visual meteorological conditions”). Il riferimento agli aiuti visivi e non visivi esiste solo nella definizione di pista strumentale e pertanto potrebbe portare a supporre che, se una qualsiasi pista è servita da aiuti visivi o non visivi, debba essere automaticamente considerata come pista strumentale.
Ulteriori studi sono quindi necessari ma la strada è stata imboccata.
La forte presenza associativa presso gli stakeholder internazionali fornisce sempre una finestra sul futuro dell’ATC ai propri associati e anche quest’argomento viene seguito con attenzione.
Quindi Stay Tuned!
Cari Associati, in occasione dell’European Regional Meeting 2025, che si terrà a Bologna dal 14 al 16 ottobre 2025, siamo felici di invitarvi alla Serata Rock del 15 ottobre presso la Scuderia Future Food Living Lab – P.za Giuseppe Verdi, 2, 40126 Bologna (BO).
La serata sarà animata dai Mommy’s Little Monsters, la rock band formata da controllori del traffico aereo. In programma: musica live e open bar per una notte di energia e divertimento!
Dettagli importanti:
ANACNA offre la partecipazione gratuita a 40 iscritti. I posti verranno assegnati in ordine di prenotazione. Accompagnatori: €55 (a persona).
Prenotazioni entro il 30 settembre 2025.
Viaggio e alloggio a carico dei partecipanti.
Chi prima si prenota, prima avrà il posto garantito!

Per iscriversi inviare una mail a info@erm2025.com indicando come oggetto: “Serata Rock – Iscritto ANACNA”
Maggiori informazioni sulle attività di ERM 2025 le trovi sul sito: www.erm2025.com


123.450 MHz

Voce ai volti del Direttivo. Essere soci significa partecipare di Giacomo Dusi

Care colleghe, cari colleghi, mi presento — per chi ancora non mi conosce, e sarebbe impossibile conoscervi tutti, vista la bellezza e la varietà della nostra comunità.
Sono Giacomo Dusi, controllore del traffico aereo e, da quest’anno, Segretario Generale di ANACNA. Ho iniziato la mia attività in ENAV nel 2012 ad Alghero. Negli anni ho lavorato in varie realtà operative: supporto a Treviso tra il 2016 e il 2017, Venezia Tessera dal 2021, quindi nuovamente Treviso dal 2024, con una parentesi estiva a Olbia nel 2025. Oggi sono rientrato a Treviso, dove opero anche come OJTI e istruttore teorico.
Nel tempo libero amo viaggiare e, nel 2025, ho ottenuto l’attestato di sommelier AIS — perché dopo certi turni, distinguere un Barolo da un Tavernello è questione di sopravvivenza.

Il mio impegno in ANACNA è iniziato nel 2015 come rappresentante locale, e sono entrato per la prima volta nel Consiglio Direttivo Nazionale nel 2019, poco prima di dover reinventare tutto a causa della pandemia. Durante il mio primo mandato sono stato referente nazionale per ARST (ANACNA Runway Safety Team) e per la medicina aeronautica, tessendo nel tempo contatti e collaborazioni con realtà come ANPAC (Associazione Nazionale Professionale Aviazione Civile), DeepBlue, AIMAS (Associazione Italiana di Medicina Aeronautica e Spaziale),
Sonnomedica e molti altri interlocutori qualificati del settore. Grazie ad ANACNA ho avuto anche l’opportunità di collaborare con l’Università di Messina, con il Politecnico di Milano e di partecipare a diverse attività internazionali, tra cui la Just Culture Conference di Roma nel 2017 e il meeting degli ANSP a Eurocontrol in Lussemburgo nel 2019, dove si discusse dell’introduzione del Regolamento Europeo 373/2017.

Nel secondo mandato ho ricoperto il ruolo di Vice-Segretario, occupandomi del coordinamento delle attività associative e, negli ultimi due anni, mi sono attivamente dedicato all’organizzazione del Congresso Nazionale, cercando di farne un momento di confronto professionale ma anche di vera partecipazione collettiva. Sono anche peer ANACNA, attività che mi ha arricchito molto dal punto di vista umano. Oggi, con l’inizio del nuovo triennio, mi piacerebbe che sempre più soci si sentissero davvero parte dell’Associazione.
Vorrei un’ANACNA più vicina agli associati, più coinvolgente, dove non ci sia distanza tra il Direttivo Nazionale e chi vive il lavoro ogni giorno, nelle torri, nei centri radar, negli enti piccoli e grandi d’Italia. Siamo semplici CTA anche noi, colleghi come voi, che hanno scelto di mettersi a disposizione per portare avanti con passione le attività associative.
Ci impegniamo — e continueremo a farlo — per costruire qualcosa che sia utile e concreto per tutta la comunità dei controllori. Non promettiamo la perfezione: può capitare di sbagliare. Ma, come canta qualcuno: “we are only human after all.”
Quello che è davvero importante è che gli associati ci facciano sapere quando qualcosa non funziona, o quando c’è un’idea, un’esigenza, un’opportunità da cogliere. Siamo pronti ad ascoltarvi e a migliorarci. Insieme.
Questa rivista è uno spazio che potete riempire anche voi.
Se avete voglia di mandare un contributo — un articolo, una riflessione, un’idea — scrivete a redazioneav@anacna.it. Vale sia per rubriche più leggere che per quelle tecniche, se avete esperienze o competenze da condividere.
Un caro saluto, Giacomo Dusi
Segretario Generale ANACNA
✉️ secretarygeneral@anacna.it
123.450 MHz: la rubrica e il contest
Chiunque abbia indossato le cuffie almeno una volta la conosce: 123.450 MHz, la leggendaria “frequenza bla bla”. Quella dove si tira il fiato, si chiacchiera tra voli… e dove, spesso e volentieri, si sentono anche i segreti dei piloti che — forse — era meglio non sentire ��.
Ecco perché abbiamo deciso di chiamare così la nostra nuova rubrica. “123.450 MHz” vuole essere la frequenza di relief della rivista: una zona franca, defaticante, ma sempre collegata alla nostra vita operativa.
Qui troverete:

- racconti di vita quotidiana, - aneddoti da ente, - riflessioni semiserie, - viaggi e gadget ANACNA in giro per il mondo, - storie di turni, radar, caffè e colleghi da ricordare. Se avete voglia di mandare un contributo — una foto, un episodio, una battuta o un racconto — scrivete a redazioneav@anacna.it
Contest fotografico – ANACNA in viaggio (e non solo)
Per inaugurare la rubrica, rilanciamo un idea di qualche anno fa: il contest fotografico!
Qualche giorno fa, su Vinted, è apparso uno zainetto ANACNA del Natale 2020, “mai usato”. E allora ci siamo detti: portiamolo in viaggio, almeno ora!
Vi invitiamo a mandarci una foto con i nostri gadget ufficiali in viaggio, nel tempo libero o al lavoro con voi:
- �� zaino
- �� borsone
- �� sacco a pelo
- �� borraccia
- �� coltellino
- �� ecc.

ANACNA siamo noi.
Tutti. Anche tu. E da oggi… anche un po’ fotografi.


�� Diteci dove è stata scattata
✍�� E, se vi va, aggiungete una frase o battuta che racconti il momento
Scatenate la vostra fantasia…siate creativi!
Le foto più originali saranno pubblicate nella rubrica “123.450 MHz”.
�� Inviatele a: redazioneav@anacna.it
Vi ricordiamo anche che potete ricevere le notizie ANACNA direttamente sul telefono!
È attiva la community WhatsApp riservata ai Soci ANACNA: non è una chat interattiva, ma un canale informativo rapido ed essenziale per ricevere comunicazioni, eventi, aggiornamenti tecnici e novità associative.
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ANACNA siamo noi. Tutti. Anche tu. E da oggi… anche un po’ fotografi.

Pubblicazione trimestrale
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