Lavoro, Diritti, Salute. Quattro anni di Anaao Piemonte

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Le agghiaccianti parole sugli hospice “Personalmente, poi, sono contrario agli Hospice: mi pare una crudeltà mandare lì i pazienti dicendo loro “sei morto”. Ma questo è un parere personale” Paolo Monferino, Assessore alla Sanità della Regione Piemonte Credo che l’Ingegnere forse volesse essere solo provocatorio. Immagino che egli intendesse affermare che mandare un paziente in un hospice sia una implicita dichiarazione di fallimento del sistema che “manda a morire” i pazienti in una specie di “cimitero degli elefanti”. Non che questa interpretazione apparentemente edulcorata sia meno dura, ma cerco di capire perchè possa aver detto una tale bestialità. Forse sarebbe meglio gestire la malattia incurabile a casa, tra i famigliari e gli amici, con infermieri adeguatamente formati, psicologi, medici esperti in cure palliative e la possibilità di avere il materiale sanitario necessario per tutte le esigenze. Ma forse, anche in quest’ultimo caso, il peso di un malato terminale non sarebbe comunque sostenibile: perchè le famiglie sono già in difficoltà per altre problematiche, perchè in quella casa ci sono già malati o anziani, perchè ci sono bambini piccoli da accudire o da portare a scuola o perchè i famigliari lavorano e debbono sbarcare un difficile lunario o perché, semplicemente e comprensibilmente, il carico emotivo per i famigliari può diventare (magari dopo mesi e mesi) praticamente intollerabile e psichicamente destruente. Le famiglie facoltose si costruiscono l’Hospice in casa, o ne attrezzano uno in una struttura privata. Chiunque lo farebbe, se avesse grandi spazi e grandi risorse economiche. Chi non può (ovvero la maggioranza, quelli che, per intenderci, per far dare l’estrema unzione chiamano il parroco più vicino e non direttamente l’Arcivescovo di Torino) utilizza l’Hospice pagato dalla collettività. Le condizioni dei malati terminali gestiti a domicilio sono tutt’altro che idilliache. L’assistenza territoriale è in grave difficoltà, quasi in condizioni terminali (prendendo a prestito la infelice esternazione di cui sopra: qualcuno la sta mandando a morire). Ecco perchè il ricovero in un hospice è l’unica alternativa al ricovero ospedaliero e al molto più frequente accesso al pronto soccorso dove si somma il dolore di attendere fuori da una porta, accanto al proprio caro, che venga impostata una terapia antidolorifica più efficace o inserito un sondino per l’alimentazione, un catetere per un globo vescicale o una cannula per la terapia endovenosa. E’ terribile gestire un familiare che alle 3 di mattina supplica di avere più morfina o che piange e si dispera perchè non ha saputo trattenere le proprie feci ed urine. Non è piacevole nemmeno chiamare il 118 per un trasporto d’urgenza nel pieno della notte fino al girone infernale dei nostri pronto soccorsi già oberati di pazienti che non si sa più dove ricoverare. Scelta dettata dalla disperazione, dalla paura, dalla speranza di poter alleviare le sofferenze di chi non si sopporta di veder soffrire. Ci dica Ingegnere, come e dove dobbiamo gestire questi esseri umani, badando innanzitutto a controllare il loro dolore fisico e spirituale, a consolare i famigliari e a garantire dignità a tutto questo. Oppure, con le sue parole Ingegnere, ci dica come e dove “mandarli a morire”, perchè purtroppo è pur vero che molti di loro non ce la faranno, ma sicuramente a nessun medico o infermiere o a nessuno dei suoi predecessori sarebbe mai venuto in mente di usare questa frase tremenda e vergognosa. E’ sicuramente una crudeltà dire una frase del genere ad un paziente. Siamo d’accordissimo. Credo che i kapò dei campi di concentramento dicessero più o meno cose simili prima di far entrare donne, vecchi e bambini nelle camere a gas. Ma sappia che non siamo nazisti della ultima ora. Abbiamo un codice deontologico. Un senso della morale. Siamo Medici e Infermieri. Mica Ingegneri. Della sua dichiarazione condivido solo l’ultima parte, quella in cui Lei afferma: “Ma questo è un parere personale”. Peccato che sia il parere personale dell’Assessore alla Sanità in persona. Avrei preferito sentirlo dire a 1.000 o 10.000 cittadini ignoranti piuttosto che al responsabile della sanità regionale. Ma questo è un parere personale.

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