Piemonte, profondo rosso

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Numero speciale - anno 2012

PIEMONTE

PROFONDO ROSSO

Regione indebitata: l’assessore alla sanità , Paolo Monferino, la dichiara tecnicamente fallita. Intanto lo scandalo dei rimborsi che ha coinvolto il Lazio si allarga anche al Piemonte e la guardia di finanza indaga su palazzo Lascaris


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editoriale

INDICE

La bella vita del dottor Zoccolante

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Finanza “creativa”. La Regione pensa agli ospedali per fare cassa Monferino: l’assessore che non piace alla maggioranza Se non ci fosse stato Batman

pagina 6 pagina 7 pagina 8

Aso San Luigi trasformato da “Hub” in “Pub” Le agghiaccianti parole di Paolo Monferino sui malati terminali e gli hospice Convenienze politiche e sanità Riorganizzazione dell’assistenza ospedaliera: i numeri Regione per Regione

pagina 9 pagina 11 pagina 13 pagina 14

I bilanci farlocchi delle aziende sanitarie piemontesi Piemonte, sanità a perdere Farmaci generici: Italia indietro nel consumo

pagina 15 pagina 21 pagina 22

Violazioni contrattuali all’Aso di Cuneo L’arroganza della To1, dopo Massa un altro pessimo direttore La lettera dei sindacati dopo il piano “Bricarello” Ricorso 5 e 15 anni patrocinato da Anaao Piemonte

pagina 24 pagina 25 pagina 26 pagina 28

primo piano

politica sanitaria

approfondimento attività sindacale

ANAAO sui media

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O

editoriale

LA BELLA VITA DEL DOTTOR ZOCCOLANTE di Gabriele Gallone

re 9.00. La sveglia suona. Il medico Paolo Zoccolante si alza stancamente dal suo letto e si avvia verso il bagno. In casa tutti sono già usciti, chi a scuola, chi al lavoro. Anch’egli deve andare in ospedale ma senza tanta fretta. Doccia, barba, funzioni corporali, denti e poi, lentamente, il rito della vestizione. Scelta della camicia, della cravatta, l’abbinamento dei calzini. E poi via verso il nosocomio. Ma non quello dove abitualmente lavora (per modo di dire) ma verso un altro ospedale, situato molto più lontano, a circa 150 km da Torino (diciamo Domodossola) perché deve salutare il responsabile della struttura semplice del day hospital di medicina interna. Quattro chiacchiere tra colleghi, scambi di vedute, una sana immersione nella scienza pedemontana. Un pranzo insieme e poi, un giretto su per le valli soprastanti e una sosta rilassante alle terme di Premia, sopra Crodo. Sauna, bagno turco, cromoterapia, massaggi. Al “lavoro” il nostro medico è atteso domani, con un turno mattutino, dalle 10.00 alle 16.00 (inclusa pausa di un’ora e mezza) per discutere della utilità della firma elettronica per le richieste di esami nella sua struttura. Tutti i colleghi partecipano al consesso e la discussione, come potete immaginare, sarà gravosissima. Il mattino dopo però il Dott. Zoccolante passa dall’ufficio personale presentando una “autocertificazione” in cui attesta di essere stato nel paese dei “Non

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so chi” nella provincia di “Chi non so” a curare alcuni extracomunitari con la lebbra nella locale sede della Caritas. Poi “autocertifica” di essersi spostato nella località “seconda stella a destra” per deporre una corona di rose al Santuario di Oropa a nome dell’Ospedale. Solertissima, l’impiegata accredita, con un ampio sorriso, 122 euro per la fatica improba e altri 800 di rimborso chilometrico. Sono 1.600 km “autocertificati” dato che al ritorno Peter Pan e Capitan Uncino si fronteggiavano davanti ad un cantiere della TAV e il Dott. Zoccolante ha dovuto fare il giro lungo. Alle 13.50, in ampio ritardo rispetto all’inizio della riunione “conoscitiva” sull’uso della firma elettronica, il Dott. Zoccolante firma il registro delle presenze e dopo aver salutato alcuni sodàli, cincischiato sul cellulare, cazzeggiato sull’Ipad, assentatosi per un caffè e sbuffando per la noia, esce dalla sala riunioni firmando alle 15.30 il registro con l’ora di uscita. Il suo pensiero va subito al fardello intellettuale che ha dovuto sorbirsi e che è pure malcompensato: «Che palle ste’ riunioni. Per 122 euro di misero gettone. Ora parlerò al Direttore Generale per aumentarcelo». Il giorno dopo il Dott. Zoccolante dovrebbe fare il giro visita, ma, fortunatamente, gli sovviene che è giorno di udienza papale a Roma. Visto che ogni anno l’Azienda ospedaliera paga 8 viaggi aerei per Roma e 3 per Ginevra alla sede dell’OMS, organizza una bella carovana di cardiologi, oncologi e internisti per omaggiare il Santo Padre. Comu-

nica all’OSRU l’attività formativa autocertificando che trattasi di “momento di somma contrizione per le fragili anime dei medici dell’Azienda commisurato al gravame etico-deontologico della professione”. La solerte e sempre sorridente impiegata dell’OSRU, attesta che la motivazione è addirittura commovente e prenota 30 posti sull’Airbus Alitalia delle 14.30, fermando 30 camere doppie all’Hotel Villa Pamphili. Arrivo a Roma alle 16.00, aperitivo, cena tipica al ristorante trasteverino “Franza o Spagna, purchè se magna” e, il mattino successivo, trasfert verso il Vaticano per contrirsi, di fronte al soglio di Pietro, del mal di panza della pantagruelica cena della sera prima. Il giorno dopo, rientrati in ospedale, i 30 medici portano le ricevuta del ristorante, dei taxi e delle camere d’albergo ricevendo un pronto accredito sui conti correnti relativo ai rimborsi (oltre ai 122 euro cadauno di gettone), tramite una sorridentissima addetta dell’Ufficio ragioneria. Quattro giorni dopo il viaggio in Valle d’Ossola, il Dott. Zoccolante ha un giro visita. I turni dei medici nell’Azienda Ospedaliera mista “MCMC” (acronimo di MaCheccefrega MaChecceimporta” sono circa 8 al mese (gettonati beninteso) ma non è obbligatorio per nessuno di loro. Si può entrare in ritardo, interrompere le visite, uscire prima del previsto, decidere di leggere il giornale oppure non andarci per niente. Tanto lo stipendio arriva ugualmente, ed è un bello stipendio, e piuttosto che fare la visita uno può sempre farsi


un giro per le amene località delle valli piemontesi, “autocertificando” che ha partecipato ad un “congresso sull’uso dei fiori di Bach nel dolore perineale” e prendendo magari il treno che costa meno e “autocertificando” che ci si è smazzati 1.000 km in macchina. Il Dott. Zoccolante ricorda sempre con piacere anche quando fu ospite di un collega del Ministero della Sanità per una settimana a Sestriere “autocertificando” per cinque giorni consecutivi che egli era in missione presso l’ambulato-

rio territoriale di Oulx e intascando, tra una pista rossa e una nera (e magari anche una “bianca” alla sera), una bella cifretta. Oppure quando “autocertificava” di essere all’incontro “Esegèsi della iconografia anatomica nella Calabria del Cinquecento” mentre sguazzava a Stintino pubblicando le foto su Facebook. Che figata! Insomma, è un bel vivere, l’unico problema è che il contratto è quinquennale e non rinnovabile automaticamente. Però c’è anche la buonuscita, il vi-

talizio, gli inchini dei funzionari, i baciamani dei turiferari, un orario comodo, libertà di scegliere come passare le giornate, insomma una pacchia. E poi il Primario è uno di noi, ci blandisce, ci aumenta i gettoni, i viaggi, non ci rompe le palle se usciamo prima dal giro visita (come è giusto che sia perdio!). I pazienti? …Machissenefrega. I riferimenti a persone o avvenimenti, Consiglieri Regionali, Presidenti di Consiglio Regionale è puramente casuale (anche se fortemente voluta).

Votantonio, votantonio, votantonio

In Piemonte un Consigliere Regionale ha: - stipendio netto: da un minimo di 6.500 fino a 8.700 euro; - indennità netta di fine mandato da 85.000 fino a 257.000 euro vitalizio mensile (fino a un massimo di 4.590 euro netti al mese); - gettoni di presenza di un consigliere regionale=122 euro solo per il fatto che si presenta a lavorare; - gettone di presenza per attività fuori sede = 122 euro; - rimborso forfettario chilometrico annuale pari a 1.500 euro (a prescindere dall’utilizzo); - possibilità di non presenziare, se non episodicamente, alle attività istituzionali (al massimo si perde il gettone) senza alcuna penalizzazione.

I medici (e in generale tutti gli operatori sanitari e dipendenti pubblici di varia qualifica e funzione): - non possono assentarsi dal lavoro senza una richiesta preventiva che deve essere approvata; - non possono recarsi in missione, a convegni e/o incontri di varia natura senza dimostrare giustificativo della avvenuta presenza; - non possono chiedere rimborsi senza approvazione preventiva di cui ai due punti precedenti; - non possono in generale farsi i fatti propri, assentarsi, dormire, leggere il giornale, durante la attività lavorativa; - non hanno diritto a rimborsi forfettari anche se lavorano a 50 km di distanza, che prendano il treno, l’auto, moto o mezzi pubblici; - non hanno un gettone di presenza se vanno a lavorare, ma hanno invece una decurtazione sulla busta paga se non ci vanno; - non hanno la possibilità di stare a casa per una influenza senza avere la decurtazione di parte dello stipendio; - guadagnano molto meno di chi pone perennemente il suo grugno nella “greppia” dei soldi facili; - chi riporta condanne penali, confermate in appello, rischia concretamente il licenziamento.

Ricordiamoci di alcune delle “chicche” dei nostri rappresentanti: - Giovine, l’uomo delle firme false, del partito “Pensionati per Cota”, condannato in primo e secondo grado, fu mandato nel 2007 dal Consiglio Regionale a rappresentare il Piemonte alla festa per la legalità in Calabria, organizzata dalla organizzazione Libera di Don Ciotti. Nel 2005 si era presentato con la Lista “Consumatori con Ghigo” a sostegno dell’allora candidato di centrodestra, aveva raccolto firme false (processo caduto in prescrizione) ed era stato eletto. Ideale rappresentante della legalità. Alle prossime elezioni ha già pronta la lista “Pregiudicati per….” - Tiramani, leghista, doveva rappresentare il Piemonte alla rassegna teatrale “Voci dei luoghi” organizzata dal Comitato per la Resistenza e l’antifascismo di Palazzo Lascaris. Invece proprio in quelle ore su Facebook avvisava i suoi amici di essere a Trieste pronto a cominciare la sua vacanza marina in Slovenia. Tiramani è il sesto nella lista dei recordman dell’autocertificazione con oltre 16 mila euro nel 2011. - Bresso e i finanziamenti ai suoi due gruppi “monoconsigliere”. Bresso è l’unico consigliere regionale a cui fanno capo due “monogruppi”, uno capeggiato da lei stessa e l’altro dal consigliere Stara. Uno chiamasi “Insieme con Bresso” l’altro “Uniti con Bresso”. Dal sito del Consiglio Regionale. Gli uffici risultano in piani diversi e ovviamente ogni monogruppo bressiano moltiplica (raddoppia) i finanziamenti, spese per funzionamento ecc. (89.533,02 euro nel 2012 per il gruppo monocellulare capeggiato da Bresso, altrettanti all’incirca per l’altro. - Reschigna e il viaggio papale “a sua insaputa”. La trasferta romana di 25 consiglieri tra l’8 e 9 marzo del 2011 in Vaticano per l’udienza papale. Partenza in aereo da Torino nel pomeriggio, cena e pernottamento nella capitale e la mattina dopo l’incontro nel Salone Nervi alla presenza del Santo Padre. Reschigna, consigliere del PD, afferma che: “l’udienza non fosse riservata ai consiglieri piemontesi, come ci era stato detto, ma era quella pubblica che il Papa fa ogni settimana. Certo, eravamo in prima fila, ma se l’avessi saputo non ci sarei andato”. Seimila euro di rimborsi per andare dal Papa e, secondo Reschigna, del tutto legittimi se fosse stata una udienza riservata. Anche la fede ha il suo prezzo (di rimborso).

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primo piano

FINANZA “CREATIVA” LA REGIONE PENSAAGLI OSPEDALI PER FARE CASSA Il Piemonte vende i pezzi. E il governatore Roberto Cota si affida ancora a un fuoriuscito da Fiat. Per risanare i dieci miliardi di debito che affossano la Regione, infatti, la giunta ha pensato all’istituzione di due fondi immobiliari, la cui pianificazione e realizzazione sono affidate a Ferruccio Luppi. Dopo Monferino, dunque, un ex manager di Casa Agnelli approda a palazzo Lascaris. Niente deleghe, questa volta, ma una consulenza del valore di 100 mila euro. L’obiettivo dichiarato è la valorizzazione del patrimonio della Regione e, per farlo, la giunta ha pensato all’ingresso di capitali privati. L’asticella è fissata intorno ai 400 milioni di euro entro il 2013. Il primo fondo (Fir), del valore di 1 miliardo, riguarderebbe il patrimonio immobiliare della Regione. Agli investitori privati andrebbe il 66%, mentre il 33 rimarrebbe a gestione regionale. Nel secondo fondo, invece, entrerebbero i beni immobili della rete sanitaria. Si tratterebbe quindi di cedere parte del patrimonio degli ospedali a investitori privati: in questo caso il 33%. In altri termini, il patrimonio immobiliare del servizio sanitario regionale verrebbe racchiuso in un unico fondo di investimenti (Fis). I proprietari dei beni sarebbero, per un terzo, i privati e, per i restanti due terzi, la Regione stessa. Il tutto verrebbe, infine, gestito da una società esterna di gestione del risparmio (Sgr). Il compito di questa società è massimizzare il valore degli immobili, affittarli o venderli, procedendo ad anticipare parte del valore alla Regione. Dal canto suo la Regione ha la possibilità di indebitarsi con la Sgr per un valore pari alla sua quota di partecipazione. In sostanza, si indebita per coprire i debiti. La creazione del Fis, inoltre, potrebbe tradursi in una vera e propria svendita degli ospedali. E gli scenari all’orizzonte preoccupano gli addetti ai lavori. Il patrimonio immobiliare, infatti, non consta solamente di ospedali,

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di Andrea Dotti

poliambulatori o uffici, ma anche dei servizi, in parte già esternalizzati e che perderebbero ulteriormente di qualità, e delle macchine per la diagnosi e la cura. Il rischio è, in buona sostanza, la privatizzazione di fatto del sistema sanitario regionale. A lanciare l’allarme, in questo senso, sono i sindacati confederali, che in un documento unitario denunciano i rischi potenziali di questa scelta. «Appare evidente come, per soddisfare le aspettative degli investitori privati, si intenda procedere alla esternalizzazione di pezzi pregiati del sistema sanitario, senza curarsi dell’importanza strategica che strutture diagnostiche e CUP, rappresentano per le attività legate a degenza e cura – si legge in un comunicato congiunto -. Si rischia di perdere professionalità e posti di lavoro e di avere un servizio di minor qualità e con costi maggiori». Secondo i sindacati, inoltre: «La creazione del Fondo Immobiliare Sanità, comporterà la perdita di titolarità nella gestione degli immobili cosiddetti non disponibili, da parte delle Aziende Sanitarie, con evidenti complicazioni riguardanti i processi e i costi di manutenzione e ristrutturazione degli stessi e sarà inevitabile la cessione di servizi fondamentali per i processi di cura dei pazienti». Qualità del servizio e privatizzazione, dunque, sono le maggiori preoccupazioni che gravitano

intorno al Fis, ma non sono le uniche. Carlo Manacorda, economista dell’Università di Torino, non esita a bollare le scelte della giunta regionale come finanza creativa. La paura più grande, in questo senso, è l’allargamento del debito e la creazione di una nuova voragine nelle casse della Regione. Per Manacorda, infatti, le promesse di Cota, ricordano quelle dell’ex ministro del tesoro Giulio Tremonti e, a chi promette di creare soldi dal nulla, risponde con una serie di interrogativi: «La Regione pagherà alla società di gestione un affitto per consentirle di chiudere in positivo il conto economico e, conseguentemente, remunerare gli investitori, compresa se stessa? E come restituirà alla Sgr le somme inizialmente anticipatele? Non c’è dubbio che sono un debito che, prima o poi, va onorato. Per un groviglio di norme finanziarie e patrimoniali, la questione diventa dunque complessa. Saranno le aziende sanitarie a pagare un affitto per poter occupare gli immobili e consentire alla società di gestione, analogamente a quanto detto prima, di chiudere in nero il conto economico?».

Suwww.anaaopiemonte.info/anaaopiemonte/?p=8109 la determina ufficiale dell’8 agosto e la relazione sui fondi immobiliari del 16 ottobre


primo piano

MONFERINO: L’ASSESSORE CHE NON PIACE ALLA MAGGIORANZA

L’ASSESSORE

ALLA SA-

NITÀ MESSO SOTTO IN CONSIGLIO

REGIONALE.

MAGGIORANZA E OPPOSI-

ZIONE VOTANO INSIEME

GLI EMENDAMENTI SULLA

CHIUSURA DELLE EMODI-

NAMICHE. INTANTO IL

PDL CHIEDE LA CHIUSURA DELL’ARESS, L’AGENZIA GUIDATA DA ZANON. «Chi tocca Monferino muore». È il monito di Roberto Cota alla sua coalizione, anche se si tratta di dichiarazioni che ricordano sempre più una lancia spuntata, soprattutto alla luce delle recenti controversie esplose in consiglio. L’assessore alla sanità, infatti, è stato bersaglio, lo scorso 29 ottobre, di forti critiche da parte dell’opposizione – e c’era da aspettarselo - e dalla sua stessa maggioranza. Durante la seduta l’ingegnere ha assistito, inerme, all’approvazione degli ordini del giorno presentati da maggioranza e opposizione sulla chiusura delle emodinamiche. Pd e Pdl, dunque, hanno votato insieme. Potrebbe trattarsi di un antipasto della fine di Cota, sempre più alla corda: già impegnato a resistere ai colpi della magistratura sul caso delle firme false e ora costretto a difendere l’assessore dalla sua stessa maggioranza. Che l’intesa all’interno della coa-

lizione di governo si stesse allentando era trapelato anche già dichiarazioni di fine estate dello stesso Monferino, quando tuonava categorico: «La Regione è tecnicamente fallita». Parole talmente forti che avevano fatto tremare le poltrone di palazzo Lascaris, tanto che l’assessore fu costretto a riavvolgere il nastro, smentendo le sue stesse parole dopo pochi giorni. Ora, però, la giunta vacilla su quattro emendamenti, due per parte, votati da Pd e Pdl sulla chiusura delle emodinamiche. Emendamenti che, di fatto, mettono in discussione l’intera riforma sanitaria piemontese e che hanno mandato Monferino su tutte le furie. Il consiglio regionale, in quell’occasione, si è concluso con la sfuriata dell’ingegnere e con il governatore che prendeva le sue difese. Ma dopo neanche 15 giorni è arrivato un altro colpo da parte dei critici di Monferino. Il 9

novembre il gruppo del Pdl ha infatti chiesto la chiusura di Aress, l’agenzia regionale della salute guidata da Claudio Zanon. Al fianco del Pdl anche Progett’Azione e Verdi-Verdi, prima vicini ad assessore e governatore. Ufficialmente la richiesta sarebbe in linea con la volontà dichiarata dalla regione di razionalizzare le società partecipate. O almeno questo è quanto dichiarato: «L’assessore Elena Maccanti ha presentato il piano di dismissione delle partecipate, tracciando un quadro drammatico della situazione. Riteniamo che in questo momento, in cui il debito della Regione è così ingente, si parla di 10 miliardi di euro, sia necessario riflettere anche sui costi dell’Aress. Che pesa sui conti della Regione quattro milioni e mezzo all’anno. Se si deve risparmiare lo si faccia su tutto». L’agenzia costerebbe troppo, dunque, ma nei fatti si tratta di un altro messaggio per nulla velato a Cota da parte della stessa maggioranza che sostiene il Presidente. L’insofferenza verso la coppia Monferino-Zanon cresce a livelli altissimi. Lo scontro avvenuto in consiglio regionale e l’approvazione di ordini del giorno anti-assessore sono un segnale inequivocabile di scollamento tra i vertici della politica sanitaria e il Pdl. E pare che altri missili siano in arrivo. Andrea Dotti e Gabriele Gallone

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primo piano

SE NON CI FOSSE STATO BATMAN di Gabriele Gallone

DOPO LO SCANDALO NEL LAZIO E LE INDAGINI SU FIORITO, DETTO BATMAN, LA GUARDIA DI FINANZA INDAGA SUL PIEMONTE. COMMENTO DEL SEGRETARIO

REGIONALE

DI

ANAAO ASSOMED, GABRIELE GALLONE, ALLE

VICENDE

LEGATE

Nello stesso comunicato viene

ALLO anche annunciato che sono stati SCANDALO DEI RIMBORSI messi on-line tutti gli emolumenti DEI CONSIGLIERI IN

GIONE.

RE-

Diciamoci la verità. Leggere le notizie sui giornali di questi giorni è paragonabile ad una lavanda gastrica. Viene da vomitare. Un peccato non farlo sugli scranni dei consiglieri. L’aspetto più rivoltante è però la strenua difesa di molti di questi “arraffoni” che pretendono anche di avere ragione. E per difendersi diffondono bugie a piene mani. Il 28 settembre, la Presidenza del Consiglio Regionale del Piemonte diffonde un comunicato stampa in cui si afferma: «l’Ufficio di presidenza ha licenziato la proposta di legge per ridurre i costi della politica in Consiglio regionale. Il provvedimento prevede l’abolizione delle dichiarazioni dei consiglieri regionali riguardanti i rimborsi spese e le indennità per le attività svolte sul territorio, l’abolizione dei viaggi in ambito Ue e la riduzione di quelli nazionali. Inoltre stabilisce la certificazione dei bilanci dei gruppi consiliari». Ovviamente è solo un caso che questo comunicato venga diffuso a pochi giorni dai fatti dei maialiboys laziali e poco prima dell’arrivo della finanza.

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e i rimborsi economici dei consiglieri. Ed è lì, al link trattamento economico dei consiglieri, che faccio un salto sulla sedia. Non perché gli emolumenti sono altissimi (come in effetti sono) ma perchè ci prendono ancora per un branco di rincoglioniti a cui diffondere le loro bugie. Nella pagina viene scritto: «L’indennità di carica da corrispondere ai Consiglieri regionali, al netto delle ritenute fiscali e delle trattenute per l’assegno vitalizio, per la reversibilità del vitalizio e per l’indennità di fine mandato, ammonta ad € 2.735,72 mensili». Ma come? Ma così poco? Citiamo Repubblica che invece fa questi calcoli: «Per ogni consigliere una indennità lorda di 8600 euro (qualcosa in più se è capogruppo o fa parte dell’Ufficio di presidenza o guida una commissione). A questo si aggiungono 1500 euro fisse di rimborsi chilometrici (più 0,50 euro a chilometro per la distanza che separa la residenza da Palazzo Lascaris) e 976 euro di gettoni a forfait. L’equivalente di 8 sedute consiliari. Il resto è «variabile»: ci sono i gettoni di presenza in Consiglio o in commissione (122 euro l’uno, ma qui bisogna firmare) oppure le attività istituzionali esterne: anche qui il gettone è di 122 euro il

giorno (con l’aggiunta del relativo rimborso chilometrico) ma non è richiesta appunto nessuno certificazione». Parrebbe che anche partendo da una indennità lorda, mangia mangia, non si arriva alla miseria (per modo di dire) di 2.700 euro circa. Sbaglieremo? Allora andiamo a vedere quello che abbiamo linkato nella nostra pagina web, una bella cartina d’Italia, tratta dall’Espresso, con gli “stipendi” dei nostri beneamati nostrani consiglieri insaziabili.

LO SAPPIAMO CHE STATE CAMBIANDO IL SISTEMA DI RIMBORSI E LE RETRIBUZIONI, MA AVETE PRIMA ASPETTATO CHE ARRIVASSE BATMAN. Numero consiglieri: 63

Stipendio netto (in euro): - min. 6.453 -max. 8.788 Rimborsi netti (in euro): - min. 2.482 -max. 10.176

Indennità netta fine mandato (in euro): - min. 85.770 - max. 257.312

Massimo vitalizio mensile: 4590

*Dati pubblicati sul sito de L’Espresso


politica sanitaria

ASO SAN LUIGI TRASFORMATO DA “HUB” IN “PUB”

NONOSTANTE SIA SEDE DI HUB, LA CARDIOLOGIA DEL SAN LUIGI VIENE PRIVATA

DELLA POSSIBILITÀ DI FARE

ANGIOPLASTI-

CHE E SI TRASFORMA

IN REPARTO A BASSA

COMPLESSITÀ

Apprendiamo che, nella cintura di Torino, a chiudere non sarà piú l’emodinamica di Rivoli, ma quella dell’ospedale San Luigi di Orbassano (oltre a Moncalieri). L’ennesima giravolta ai piani alti dell’assessorato e dell’Aress é la riprova della totale mancanza di programmazione, di analisi preventiva e di raziocinio. La dimostrazione della inettitudine dei latori della riforma sanitaria attualmente in vigore é il semplice fatto che, dello stesso piano socio-sanitario, costoro non ne conoscono neppure i contenuti oppure, afflitti da una precoce demenza, se ne sono già dimenticati. La grande idea “aeroportuale” della sanità prevedeva infatti i famosi “hub”, dove i pazienti avrebbero trovato un concentrato di complessità sanitaria, con tutte le specialità mediche possibili, mentre, a raggiera, avremmo trovato ospedali via via meno complessi per gestire casi a minore intensità assistenziale (abbiamo studiato vedete?). L’ospedale San Luigi era, secondo le intenzioni, l’ospedale “hub” della federazione ovest.

Costruzione di un nuovo Dea di II livello, riposizionamento dell’eliporto da poco dismesso per far posto al Dea nuovo in costruzione, il potenziamento del laboratorio analisi anch’esso in costruzione e via discorrendo. Ora peró la notizia che, sulla base di valutazioni mutevoli e volubili come i capriccetti di una starlettina, tutto cambia. La cardiologia del San Luigi, sede di “hub”, diventa una cardiologia a bassa complessità in quanto, privata della possibilità di effettuare angioplastiche, diventerà un satellite di emodinamiche “politicamente” più corazzate. In effetti ad agosto, malgrado il blocco di tutti i concorsi e nomine, il Dott. Cosenza, Direttore della ASL TO3, fa passare i concorsi di tre pri-

mari, tra cui quello di cardiologia che era senza responsabile da diversi anni. Nomine molto singolari, che non avrebbero dovuto essere effettuate, vista la prossima riorganizzazione dei servizi. L’ingegnere parlerà di “incomprensioni”, evidenziando così l’incapacità dei suoi uffici di monitorare quello che fanno i Direttori Generali in barba alle sue disposizioni. Ma forse tali “incomprensioni” sono una foglia di fico per coprire vari maneggi che dovevano portare al rovesciamento delle parti. Quindi l’Hub perde l’emodinamica a scapito di chi era invece stato inizialmente indicato come oggetto di riconversione (Aress). In coda alla questione emodinamica un’altra novità. Il famoso “robottino”, acquistato non senza qualche polemica per effettuare interventi di chirurgia generale e specialistica non rimarrà al San Luigi ma dovrà essere spostato al Mauriziano. Anzi no, alle Molinette. Perché? La spiegazione in questo caso é piú semplice ma inconfessabile: una guerra tra bande che vede protagonisti primari e primarietti con la complicità di qualche Direttore Generale. “Il robottino è mio”, “no è mio perchè tu non sei capace”. Lo spostamento di questa apparecchiatura costerebbe, tra logistica e formazione, circa 300 mila euro. Ma la brama di avere l’apparecchio piú figo della Regione

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passa sopra a tutto, anche al fatto che si potrebbero pagare centinaia di giornate di degenza presso un hospice o l’inserimento di qualche anziano in Rsa. Ci ricordiamo anche le dichiarazioni dell’Ingegnere a proposito di tale acquisto fatto a suo tempo dall’ospedale San Luigi. Il direttore Generale che firmò la delibera é attualmente il suo Direttore Generale in Assessorato. Lo stesso che, in accordo con l’Ingegnere e per potenziare l’ASO San Luigi nella funzione di “hub” cercarono di trasferire la centrale operativa

politica sanitaria

del 118 da Grugliasco anche se in un modo talmente raffazzonato che è dovuto intervenire il Ministero per farli rinsavire. L’acquisizione della apparecchiatura “robochirurgica” era necessaria, secondo l’Assessore, e faceva parte di un piano di investimenti accuratamente studiato. L’acquisizione della apparecchiatura da parte dell’ASO San Luigi seguiva ad una sperimentazione autorizzata dalla Regione, valutata da una commissione, avvalorata da un giudizio positivo. Un’altra figuraccia dell’Ingegnere? Non si ricorda nemmeno piú delle sue azioni e delle sue

parole? Se non sarà più un “hub” potremmo farne un “pub”. Una birreria artigianale con vendita al dettaglio. Forse ai piani alti avevano sbagliato le consonanti. Ovviamente il reparto di cardiologia del San Luigi è retto da un primario ospedaliero. Se fosse stato retto da un universitario apriti cielo. E infatti l’Università tace. Così si ritroverà poco a poco un’azienda “mista” in disarmo. Gabriele Gallone

Dibattiti politici e nomine sospette. Il caso della Emodinamica di Rivoli

Apprendiamo che la riunione a ott’occhi (Ghigo, Ghiglia, Monferino, Cota) si é conclusa con vigorose strette di mano. Tutto chiarito, solo incomprensioni ormai superate. Insomma, il solito teatrino a cui siamo abituati. Chissà se il PdL ha fatto presente a Cota che per esigenze elettorali non bisogna pensare sempre e solo a Novara e Domodossola ma anche ad altri feudi ospedaliero-elettoralistici territoriali. Sicuramente sì, dato che si é parlato di emodinamiche (tema caro al PdL fin dai tempi della Ferrero e Gambarino – vedi Chivasso – anche se poi l’interessamento, in quel caso, era di rilevanza penale). Eppure io sono convinto che sia Ghigo né Ghiglia non ne capiscano nulla di Emodinamiche ma capiscano invece molto bene le coliche proto-demagogiche di alcuni loro fidati scudieri sparsi nei vari collegi elettorali. E allo stesso modo il PD che presenta interrogazioni e convoca consigli comunali sulla chiusura ventilata delle emodinamiche, dovrebbe chiarirsi le idee dato che, quando esse aprivano a raffica ed erano piú numerose dei bar degli ospedali, criticava, salvo poi bearsi del fatto che a capo di quelle strutture, alcune indifendibili, erano state piazzate persone di loro gradimento. E infatti nessuna emodinamica mi risulta sia stata chiusa durante la gestione Bresso. In questo contesto, quando esisterebbero plurimi atti che vietano concorsi per responsabili di struttura complessa, con tanti “facenti funzioni” che non sono diventati primari in quanto senza “padrini” e in una situazione di grande dibattito su cosa chiudere e non chiudere tra le cardiologie di Rivoli e del San Luigi (distanti una manciata di chilometri) , guarda caso, il primariato di cardiologia di Rivoli é stato coperto, confermando che né Monferino, né Zanon né Cota hanno il minimo controllo sui loro Direttori Generali. «Incomprensioni» ha dichiarato Monferino. Monferino e Cosenza “non si sono capiti” sulla nomina di tre Primari alla ASL TO 3. Monferino ha sempre scritto e detto che tutto era bloccato ma poi, guarda caso, proprio quando si parla di accorpare, riconvertire, unificare, transaziendalizzare, qualcuno il deretano lo mette sempre al sicuro. E guarda caso sempre ad agosto, quando l’Ingegnere è in ferie. Chiamale se vuoi “incomprensioni” direbbe Battisti. O forse sarebbe meglio dirla alla Vasco Rossi: ognuno in fondo era perso per i cazzi suoi. Noi invece vorremmo capire tramite TAR e/o Procura se: - si possono annullare le delibere di nomina in quanto illegittime; - perché Monferino non ha chiesto il ritiro di tali bandi di concorso e le delibere di nomina; - cosa c’é dietro a queste nomine primariati e soprattutto “chi”; - se é vero che a causa di questa “incomprensioni” saranno chiesti maggiori tagli ai costi del personale (parola dell’Ingegnere). E dato che siamo curiosi presenteremo le nostre istanze alla Autorità Giudiziaria.

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G.G


politica sanitaria

LE AGGHIACCIANTI PAROLE DI MONFERINO SUI MALATI TERMINALI E GLI HOSPICE “PERSONALMENTE, POI, SONO CONTRARIO AGLI HOSPICE: MI PARE UNA CRU-

DELTÀ MANDARE LÌ I PAZIENTI DICENDO LORO: SEI MORTO.

MA QUESTO È UN PARERE PERSONALE”

PAOLO MONFERINO - ASSESSORE ALLA SANITÀ, REGIONE PIEMONTE

Apprendo con sollievo che non sono stato l’unico a trovare agghiaccianti le parole dell’Ingegnere quando, nella intervista a firma di Marco Accossato (20 ottobre su La Stampa), egli ha dichiarato: «Personalmente, poi, sono contrario agli Hospice: mi pare una crudeltà mandare lì i pazienti dicendo loro “sei morto”. Ma questo è un parere personale». Credo che l’Ingegnere forse volesse essere solo provocatorio. Immagino che egli intendesse affermare che mandare un paziente in un hospice sia una implicita dichiarazione di fallimento del sistema che “manda a morire” i pazienti in una specie di “cimitero degli elefanti”. Non che questa interpretazione apparentemente edulcorata sia meno dura, ma cerco di capire perchè possa aver detto una tale bestialità. Forse sarebbe meglio gestire la malattia incurabile a casa, tra i famigliari e gli amici, con infermieri adeguatamente formati, psicologi, medici esperti in cure palliative e la possibilità di avere il materiale sanitario necessario per tutte le esigenze. Ma forse, anche in quest’ultimo

caso, il peso di un malato terminale non sarebbe comunque sostenibile: perchè le famiglie sono già in difficoltà per altre problematiche, perchè in quella casa ci sono già malati o anziani, perchè ci sono bambini piccoli da accudire o da portare a scuola o perchè i famigliari lavorano e debbono sbarcare un difficile lunario o perché, semplicemente e comprensibilmente, il carico emotivo per i famigliari può diventare (magari dopo mesi e mesi) praticamente intollerabile e psichicamente destruente. Le famiglie facoltose si costruiscono l’Hospice in casa, o ne attrezzano uno in una struttura privata. Chiunque lo farebbe, se avesse grandi spazi e grandi risorse economiche. Chi non può (ovvero la maggioranza, quelli che, per intenderci, per far dare l’estrema unzione chiamano il parroco più vicino e non direttamente l’Arcivescovo di Torino) utilizza l’Hospice pagato dalla collettività. Le condizioni dei malati terminali gestiti a domicilio sono tutt’altro che idilliache. L’assistenza territoriale è in grave difficoltà, quasi in condizioni terminali (prendendo a prestito la infelice ester-

nazione di cui sopra: qualcuno la sta mandando a morire). Ecco perchè il ricovero in un hospice è l’unica alternativa al ricovero ospedaliero e al molto più frequente accesso al pronto soccorso dove si somma il dolore di attendere fuori da una porta, accanto al proprio caro, che venga impostata una terapia antidolorifica più efficace o inserito un sondino per l’alimentazione, un catetere per un globo vescicale o una cannula per la terapia endovenosa. E’ terribile gestire un familiare che alle 3 di mattina supplica di avere più morfina o che piange e si dispera perchè non ha saputo trattenere le proprie feci ed urine. Non è piacevole nemmeno chiamare il 118 per un trasporto d’urgenza nel pieno della notte fino al girone infernale dei nostri pronto soccorsi già oberati di pazienti che non si sa più dove ricoverare. Scelta dettata dalla disperazione, dalla paura, dalla speranza di poter alleviare le sofferenze di chi non si sopporta di veder soffrire. Ci dica Ingegnere, come e dove dobbiamo gestire questi esseri umani, badando innanzitutto a controllare il loro dolore fisico e

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spirituale, a consolare i famigliari e a garantire dignità a tutto questo. Oppure, con le sue parole Ingegnere, ci dica come e dove “mandarli a morire”, perchè purtroppo è pur vero che molti di loro non ce la faranno, ma sicuramente a nessun medico o infermiere o a nessuno dei suoi predecessori sarebbe mai venuto in mente di usare questa frase tremenda e vergognosa. E’ sicuramente una crudeltà dire una frase del genere ad un paziente. Siamo d’accordissimo. Credo che i kapò dei campi di concentramento dicessero più o meno cose simili prima di far entrare donne, vecchi e bambini nelle camere a gas. Ma sappia che non siamo nazisti della ultima ora. Abbiamo un codice deontologico. Un senso della morale. Siamo Medici e Infermieri. Mica Ingegneri. Della sua dichiarazione condivido solo l’ultima parte, quella in cui Lei afferma: «Ma questo è un parere personale». Peccato che sia il parere personale dell’Assessore alla Sanità in persona. Avrei preferito sentirlo dire a 1.000 o 10.000 cittadini ignoranti piuttosto che al responsabile della sanità regionale. Ma questo è un parere personale. Credo però assai condiviso.

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Gabriele Gallone

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Monferino non ha visto Mary Poppins

«Siamo falliti. “Tecnicamente” falliti». Parola dell’Ing. Monferino. Alla audizione presso la commissione Bilancio della Camera la frase dell’Assessore alla Sanità fa scalpore. Il 19 dicembre tutti i giornali, anche il Sole 24 Ore, si buttano a babbo morto sulla notizia. Serpeggia il panico. Le smentite arrivano ma non convincono. «Ma gli stipendi non sono a rischio». Il che vuol dire che lo sono. Lo sanno tutti che le aziende vanno avanti solo grazie alle anticipazioni di cassa delle tesorerie gestite dalle banche. E questo é un brutto segno. Ma lo é da diverso tempo. «L’ho detto in un contesto particolare, la situazione era molto vivace». Cosa voglia dire “vivace” non si sa. Forse in commissione c’era un happy hour e musica a tutto volume. Fondamentalmente l’Ingegnere avrebbe sostenuto la tesi che se i fornitori, contemporaneamente, vantando crediti per 1,8 miliardi, chiedessero alla Regione di saldare i debiti, non vi sarebbe altra conseguenza che l’accartocciamento finanziario del Piemonte e dei piemontesi. L’Ingegnere non ha evidentemente compreso la dinamica delle poste finanziarie attive e passive. O piú semplicemente non ha mai visto Mary Poppins. In una scena famosissima, a causa della riluttanza del piccolo protagonista del film a sganciare al vecchio bavoso proprietario della banca il suo scellino, si diffonde il panico. I risparmiatori, credendo che le urla del bimbo che grida «ridatemi i miei soldi», presagisca una mancanza di liquidità, chiedono contemporaneamente di ritirare i loro risparmi scatenando il caos. Gli sportelli chiudono e chiudono anche i portoni della banca con centinaia di persone furenti che vogliono indietro i loro soldi. Scene cosí si sono viste nel ‘29 a Wall Street, in Argentina e in tutti i casi in cui una crisi di liquidità improvvisa fa collassare il sistema finanziario. Dovrebbe essere noto all’Ingegnere che neppure Intesa San Paolo, Unicredit, Deutsche Bank e qualsivoglia azienda (inclusa la Fiat) o Stato (compresa Germania, Francia e Inghilterra), si salverebbero dal collasso finanziario se contemporaneamente tutti i creditori o titolari di titoli di stato chiedessero di riavere indietro i loro soldi o non intendessero piú investirne. L’ipotesi, come ipotesi, ha una certa veste di intelligibilità ma, dal punto di vista razionale assomiglia molto alla nota e sgangherata ipotesi “se mia nonna avesse le ruote sarebbe un tram”. In via “teorica” é sufficiente quello che si afferma nella aule della facoltà di Economia agli studenti o che si vede oggigiorno in Grecia. In pratica sarebbe meglio attivare sempre il “servofrenulo” ovvero quel sistema logico-meccanico che garantisce il blocco della lingua, tenuta alla base della bocca dall’omonimo frenulo per l’appunto, senza prima aver elaborato, non solo pensieri, ma anche la opportunità di sillabarli in pubblico. Quello che é accaduto dopo lo avete letto dai giornali e sul nostro sito (vedere rassegna stampa regionale). Conferenza stampa di Cota e Monferino e dichiarazioni tranquillizzanti: il Piemonte non é fallito. Mi sono ricordato del film “La leggenda di Al, John e Jack” dove Aldo Baglio faceva la parte di un poveraccio affetto da una amnesia a breve termine la quale determinava la totale scomparsa di ogni ricordo se egli si addormentava. Dalla dichiarazione di “fallimento tecnico” a quella opposta é passata effettivamente una notte. Terra florida di casi eccezionali. Dallo smemorato di Collegno allo smemorato di Corso Regina Margherita. Siamo comunque fortunati. Pensate se l’Ingegnere avesse avuto il ruolo di Mario Monti. Conferenza stampa del Presidente del Consiglio Ing. Monferino, spread a 540, investitori istituzionali in fibrillazione, speculatori e fondi predatori pronti a puntare sulla insolvibilità del paese, agenzie di rating con i cannoni carichi di triple B e tripli “meno”: «In un contesto cosí vivace voglio comunicare che l’Italia é tecnicamente fallita». Sarebbe stata una genialalta. O no?


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CONVENIENZE POLITICHE E SANITÀ. UNA NUOVA EMODINAMICA A DOMODOSSOLA CON GLI ORARI DI UNA SCUOLA ELEMENTARE

Si chiudono le emodinamiche per risparmiare, ma se ne aprono di nuove completamente Inutili. Il testo del documento del DG di Verbania ai Capi Dipartimento, inviato il 23 ottobre dal Direttore Generale Giacoletto, evidenzia chiaramente la schizofrenia programmatoria prona a interessi di bottega (o meglio di bettola pre-elettorale). Leggendo il documento riservato ai Capi Dipartimento e di cui siamo venuti in possesso, emerge chiaramente lo scambio: riconvertiamo il punto nascita e vi facciamo l’emodinamica. Anche se non serve a niente, se non ce l’avete mai avuta e tutti dicono (tra cui gli “eminenti cardiologi” citati ieri da Monferino in Consiglio Regionale) che é altamente sconsigliabile aprirla. Basta andare a pagina 19 di questo documento per verificare che l’emodinamica nuova costerebbe (udite udite) 4 milioni e duecentomilaeuro tra personale e attrezzature. Che sarebbe “inizialmente” in funzione in orario 8-16 dal lunedi al venerdi (obbrobrio). Quindi la stessa apertura della scuola elementare dove va mia figlia. Che peró non fa angioplastiche perché ora é troppo impegnata nella comprensione dell’alfabeto. Ma che a regime sarà aperta h24 (l’emodinamica, non la scuola di mia figlia). Ovviamente a regime non ci andrà mai dato che é sufficiente che apra prima delle elezioni politiche in un territorio caro ad alcuni consiglieri regionali (Cattaneo per la Lega e Reschigna per il PD, mica bruscolini: il primo é Presidente del Consiglio Regionale, il secondo é capogruppo del PD). A Domodossola é sindaco Cattrini per il PD andato al ballottaggio con una fortissima Lega. In cambio si chiude il punto nascita (che non si capisce perché sia ancora aperto). Mi ricordo quando l’Assessore Ferrero passó un guaio (uno tra i tanti…) per il caso della emodinamica di Chivasso (Direttore Generale Secreto, indagato anche lui). Caso molto simile. La DGR sui requisiti delle emodinamiche fu modificata appositamente per permettere a Chivasso di poter aprire una emodinamica totalmente fuori dagli standard europei e dall’impianto generale della DGR stessa, la quale raccomandava assolutamente una funzionalità H24. Anche in quel caso i motivi erano una semina elettorale. O altri, chissà. Attendiamo fiduciosi che le persone coinvolte lo spieghino al collegio giudicante durante il processo che si svolgerà a Torino. In questo caso, molto molto simile, si preannuncia l’apertura di una emodinamica al di sotto di tutti gli standards, soprattutto quelli di buon senso. L’Ingegnere

e i suoi fidati corazzieri dell’Aress, ci vogliono spiegare il senso di spendere altri soldi per aprire una emodinamica con queste caratteristiche? In una zona che non consentirebbe di trattare un numero sufficiente di casi per garantire parametri di sicurezza? Per fare campagna elettorale é necessario buttare i soldi dei contribuenti cosí? E se veramente venisse aperta, non vi sarebbero delle analogie troppo evidenti che potrebbero indurre la Procura di Verbania ad indagare un po’? (speriamo). Ma no! É zona disagiata, si sa. Zona montana. Allora apriamo emodinamiche anche in Val di Viú già che ci siamo. E perché no anche in Valle Argentera. Ecco cosa si intende per costi della politica. Ecco invece cosa dichiarava Cattaneo lo scorso 25 maggio:

«Il presidente del consiglio regionale piemontese Valerio Cattaneo annuncia ufficialmente la decisione, scritta, della Regione, di installare un reparto di Emodinamica anche nel Vco, reparto che verra’ posizionato in via sperimentale a Domodossola. La comunicazione arriva tempestivamente prima della riunione dei sindaci ossolani proprio sul tema sanita’: “Emodinamica per il Verbano Cusio Ossola era un punto del mio programma elettorale per il Vco – spiega Valerio Cattaneo- e un preciso impegno che mi ero assunto con gli elettori. La promessa è stata mantenuta! La Regione Piemonte infatti, in data 21 maggio 2012, ha ufficialmente autorizzato il Direttore Generale dell’Asl Vco ad avviare l’iter per la realizzazione del laboratorio di emodinamica presso l’ospedale S.Biagio di Domodossola. La buona politica si riconosce dai fatti concreti e dal mantenimento delle promesse; oggi, anche grazie al mio impegno a quello dei colleghi De Magistris, Marinello e Reschigna, rappresentanti del territorio del Verbano Cusio Ossola a Torino, la Giunta Cota, in deroga a tutti gli standard minimi previsti per questa tipologia di servizio, ha già invitato la direzione generale della nostra Asl, a procedere con tutte le azioni necessarie per l’adeguamento dei locali e l’acquisizione delle tecnologie finalizzate all’organizzazione del servizio di emodinamica, attraverso una gara ad evidenza pubblica. Ringrazio l’Assessore regionale Paolo Monferino e il Direttore Generale della Sanità Sergio Morgagni per questo impor-

tante e tempestivo segnale di attenzione che assume ancora maggior importanza, considerando il clima attuale improntato alla razionalizzazione delle risorse a livello nazionale e alla riorganizzazione dei servizi socio-sanitari. Nonostante le difficoltà del momento si è deciso di dotare il territorio del Vco, difficile e prevalentemente montano, di un servizio salvavita indispensabile come emodinamica. A questo punto mi auguro che tutte le forze politiche, ed in particolare quelle che hanno governato la Regione Piemonte nei 5 anni precedenti a questi ciclo amministrativo durante i quali non è stata riconosciuta la necessità di predisporre il laboratorio di emodinamica nel Vco, accantonino le polemiche, prediligendo gli interessi della nostra comunità locale; dobbiamo lavorare tutti insieme, politicaoperatori-asl e cittadini, affinché si possa avviare il servizio di emodinamica al più presto possibile, nell’interesse della collettività e per la tutela della salute dei cittadini”. Ora bisognerà vedere se i tempi della burocrazia combaceranno con quelli della politica, e come si risolverà il problema riguardante il Punto Nascite domese, ben piu’ sentito dai cittadini ossolani».

É evidente pertanto che a nessuno interessi se l’emodinamica abbia un senso dal punto di visto clinico, di efficacia, di appropriatezza, di efficienza (Ingegnere! Sveglia! A parte la prima parola, le ultime 3 forse in FIAT non le applicava?). É fondamentale che questa apertura abbia un senso politico. Conviene a tutti questi signori meno che a noi e alle nostre tasche. Terribile la affermazione: la Giunta Cota, in deroga a tutti gli standard minimi previsti per questa tipologia di servizio, ha già invitato la direzione generale della nostra Asl, a procedere con tutte le azioni necessarie per l’adeguamento dei locali e l’acquisizione delle tecnologie finalizzate all’organizzazione del servizio di emodinamica”. In deroga anche al buon senso per l’appunto. Il documento per la riorganizzazione dei servizi è consultiabile sul sito w w w. a n a a o p i e m o n t e . i n f o A pagina xx la rassegna stampa sull’argomento

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politica sanitaria

RIORGANIZZAZIONE DELL'ASSISTENZA OSPEDALIERA: I NUMERI REGIONE PER REGIONE I posti letto ospedalieri in Italia diminuiranno di almeno 7.389 unità per effetto dell’art. 15 comma 13 del decreto sulla spending review. E’ quanto prevede lo schema di regolamento sulla"Definizione degli standards qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, inviato alla Conferenza Stato-Regioni dal Ministro della Salute Renato Balduzzi di concerto con il Ministro dell’Economia Vittorio Grilli. Il Regolamento indica il metodo di calcolo per la riduzione delle Unità operative complesse e la riconversione delle strutture ospedaliere. Al 1 gennaio 2012 in Italia erano presenti 231.707 posti letti (3,82 ogni mille abitanti) di cui 195.922 per acuti (3,23 ogni mille abitanti) e 35.785 per post-acuti (0,59). La legge 135/2012 indica come obiettivo una media complessiva di 3,7 posti letto per mille abitanti, di cui 0,7 deve essere dedicato a

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riabilitazione e lungo-degenti e i restanti 3 per gli acuti. Le Regioni che ad oggi presentano un numero di posti letto superiore a quello previsto dai nuovi standard dovranno provvedere alla riorganizzazione. Laddove, invece, il numero dei posti letto attuali fosse inferiore, le Regioni avranno la facoltà di aumentarli fino alla soglia indicata dal Regolamento. I posti letto devono quindi arrivare in totale a 224.318. Di questi 181.879 dovranno essere per acuti (- 14.043) e fino a 42.438 per post- acuti (+ 6635). I calcoli si basano sulla popolazione generale di ogni Regione pesata e corretta in base alla percentuale di anziani e ai flussi di mobilità ospedaliera tra Regioni. Il correttivo tiene conto del fatto che alcune Regioni registrano una mobilità attiva, in quanto i propri ospedali attraggono pazienti residenti altrove. In cinque Regioni (Lombardia,

Provincia autonoma di Trento, Emilia Romagna, Lazio e Molise) si riscontrerà una diminuzione dei posti letto di entrambe le tipologie. L’Umbria è l’unica Regione che potrà aumentare i posti letto in entrambe le tipologie. In Piemonte diminuiranno i posti per post-acuti e potranno aumentare quelli per acuti. Le Regioni rimanenti (Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) al contrario potranno aumentare i posti per post-acuti e dovranno diminuire quelli per acuti. In sei di queste Regioni (Liguria, Toscana, Abruzzo, Campagna, Puglia e Sicilia) il numero dei posti letto, per effetto del gioco dei saldi, potrà complessivamente aumentare. Da www.salute.gov.it


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I BILANCI “FARLOCCHI” DELLE AZIENDE SANITARIE PIEMONTESI. LE GRAVI IRREGOLARITÀ CONTABILI CADONO NEL SILENZIO

ABBIAMO EREDITATO UNA SITUAZIONE DI DISSESTO. È COLPA DI GHIGO, É COLPA DI BRESSO, È COLPA DI CHI LI HA VOTATI. NOI ABBIAMO RISANATO, NOI STIAMO RISANANDO. È COLPA DELLA CONGIUNTURA. IN FONDO LA DITTA “FUMO NEGLI OCCHI” É SEMPRE IN PIENA ATTIVITÀ: RICORDATEVI L’INSEGNAMENTO DEL LIBRO DI ERIC AMBLER.

Il modo migliore per nascondere la verità é inondare l’opinione pubblica di notizie distorte, dichiarazioni contraddittorie, dove gli elementi fattuali scompaiono di fronte alle roboanti dichiarazioni che riempiono i giornali e le agenzie di stampa. Lo sperimentiamo tutti i giorni e spessissimo durante le campagne elettorali. Ricordate quella che contrapponeva Bresso e Cota 3 anni fa sul bilancio delle aziende sanitarie? Ognuno sparava la sua, capovolgendo a piacimento grafici e tabelle ed era incredibile constatare l’assoluta irrilevanza dei fatti che veniva soverchiata solo dallo scandire delle conferenze stampa, dai toni, piú che dai dati, quelli veri. In questa gara tra chi la sparava (e la spara) piú grossa, giganteggia per la sua adeguatezza una frase che si ritrova su un libro di Eric Ambler (Una sporca storia) che ho ritrovato questa estate in uno scritto del com-

pianto Giuseppe D’Avanzo. In questo libro c’e’ un personaggio che ricorda uno degli insegnamenti ricevuti dal padre quando era un bambino: “mai dire una bugia se puoi cavartela a forza di stronzate” Quello che invece troverete sinteticamente riassunto qui é semplicemente la analisi di un colossale abisso contabile nei bilanci delle aziende sanitarie (e del bilancio regionale), che la Corte dei Conti territoriale ha evidenziato nella delibera n. 283/2012/SRCPIE/PRSS del 18 luglio 2012. La delibera non mi é stata data sottobanco, é pubblica, é scaricabile da internet dal sito della Corte dei Conti ma é stata totalmente ignorata dai politici, dai loro portaborse, dai giornali malgrado documenti una situazione di GRAVI IRREGOLARITÀ, NONCHÉ DISFUNZIONI DEL SISTEMA E CRITICITÀ GESTIONALI. Il maiuscolo é esattamente quanto riportato a pag. 2 del dispositivo della delibera a cui segue la relazione sui “bilanci dell’esercizio 2009 delle aziende sanitarie del Piemonte, ai sensi dell’art. 1, comma 170, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”. RITARDI NELLA ADOZIONE DEI BILANCI Verrebbe subito da obiettare che la Corte dei Conti se l’é presa comoda, dato che stiamo parlando dei bilanci di quasi 3 anni fa e che nel frattempo l’equilibrio dei conti potrebbe essere precipitato. Un controllo decisamente fuori

tempo massimo e assai poco utile ai fini di pronti correttivi delle criticità gestionali. Ma la colpa non é certamente dei magistrati contabili. La legge finanziaria del 2006 (sopra citata) ha previsto l’obbligo di trasmissione alla sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, da parte dei collegi sindacali dei predetti enti, di una relazione sul bilancio di esercizio. Questo adempimento, dovuto evidentemente al fatto che lo Stato, impotente e incapace, non sa piú come porre un freno alla spesa pubblica, obbliga i revisori dei conti delle aziende sanitarie a inviare immediatamente tale relazione dopo l’adozione del bilancio di esercizio da parte del Direttore Ge-

LA CORTE DEI CONTI RILEVA “GRAVI IRREGOLARITÀ, NONCHÈ DISFUNZIONI DEL SISTEMAECRITICITÀGESTIONALI”

nerale. Viene ricordato che il ritardo o l’omissione da parte dei collegi sindacali ostacola il controllo delle sezioni, con conseguenti responsabilità dell’organo inadempiente. Nel caso , dopo l’esame delle relazioni, si evidenzino gravi irregolarità la Corte dei Conti trasmette alla Regione interessata una segnalazione per l’approntamento delle misure correttive. Ma allora perché la Corte dei Conti non ha potuto esaminare i bilanci 2009 in un tempo ragionevole? Perché il male italico fondamentale diffusissimo nelle amministrazioni

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pubbliche é sempre lo stesso: ci sono le leggi ma chissenefrega. E cosí, per giustificare la violazione delle norme, inizia lo scaricabarile ovvero il caravanserraglio delle stronzate in cui regione, direttori generali, collegi sindacali sguazzano giustificandosi l’un l’altro perché alla fine cane non mangia cane e tra stipendi, convenienze politiche e gettoni non vale la pena di essere troppo rigorosi. A pagina 11 la relazione ricorda come la legge 502/92 imponga che il termine per l’adozione del bilancio da parte del Direttore Generale é fissato al 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento. Stesso termine é previsto dalla legge regionale 18 gennaio 1995 n. 8 (pag. 11). Il bilancio 2009 é stato invece adottato da tutte le aziende sanitarie regionali con oltre un anno di ritardo rispetto al termine prescritto. La Corte rileva peraltro che anche i controlli sui bilanci 2008 erano stati effettuati il 17 dicembre 2010 per lo stesso motivo. Le conseguenze di tali ritardi sono facilmente immaginabili (pag. 11).

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La tabella 1 a pag. 12 evidenzia impietosamente le gravi inadempienze sulla adozione dei bilanci con ritardi che vanno da 388 giorni (Cto) a 591 giorni (Mauriziano). La sistematica violazione della legge é garantita dalla stessa Regione la quale ha emanato le indicazioni per l’adozione del bilancio il 15 aprile 2011. Quindi, la giunta Bresso se ne é ampiamente infischiata e la giunta Cota se le é presa bella comoda. Solo i collegi di cinque aziende hanno dichiarato di aver sollecitato piú volte l’azienda di adottare il bilancio (Alessandria, To3, To4, Oirm Sant’Anna e Mauriziano) mentre due collegi sindacali (che andrebbero solo per questo sollevati dall’incarico per la loro incompetenza e ignoranza) hanno addirittura affermato che che non vi era uno specifico termine per l’adozione del bilancio 2009. Altri collegi si sono barcamenati nell’addurre scuse puerili (pag. 12, nota 10) e inspiegabilmente hanno anteposto altre incombenze invece che risolvere tale

questione anche dopo la emanazione della circolare suddetta. Infatti, anche dopo la circolare regionale di aprile 2011, le aziende se la sono presa comoda (tabella 2 pag. 13) accumulando ritardi vergognosi che arrivano a 229 giorni per il Mauriziano , 231 per Asti, 198 per la To3 (guarda caso proprio alcune di quelle che hanno dichiarato di aver sollecitato le direzioni ad adottare il bilancio stesso, excusatio non petita…) La Corte dei conti rileva che tali ritardi sono assolutamente da stigmatizzare, pongono seri dubbi sulla efficacia della programmazione sanitaria, impediscono una valutazione adeguata e tempestiva dei Direttori , procrastinando gestioni inefficienti senza mettere in atto adeguate sanzioni. Quindi, in definitiva, gli stessi obiettivi dati ai Direttori erano praticamente fittizi dato che indicare finalità di contenimento della spesa quando non si conosce neppure la situazione economicofinanziaria aggiornata ha semplicemente del ridicolo. A pag. 14 si ritrova una delle affermazioni piú dure di tutta la relazione. La Corte infatti afferma che tali ritardi incidono negativamente “sul circuito di programmazione e controllo posto a base del piano di rientro sottoscritto dalla Regione Piemonte in data 29 luglio 2010” aggiungendo che i dati trasmessi apparivano ancora parziali come si desume dai verbali delle riunioni tra Regione e MEF dell’11 aprile 2011 e del 28 marzo 2012 con “documentazione insufficiente, mancanza di visione comples-


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siva degli interventi in corso, mancanza della tempistica pattuita e una continua riformulazione dei programmi che rende difficile il monitoraggio”. E pare ovvio che la Corte dei Conti faccia rilevare la pessima figura che la nostra Regione ha fatto di fronte ai tecnici del Ministero. Una approssimazione sulla programmazione che non é solo figlia di tante indecisioni politiche ma figlia di una totale assenza di conoscenza della situazione contabile delle aziende sanitarie. O forse una conoscenza fin troppo chiara da richiedere una necessaria opacità. La conclusione di questi durissimi rilievi viene chiosata in questo capitolo affermando che tali ritardi configurano l’addebito di grave irregolarità suscettibile di arrecare pregiudizio alla gestione delle aziende e paragonandoci alla non certo eccelsa situazione già evidenziata dalla Corte dei Conti di Molise e Calabria. PESSIMI RISULTATI DI ESERCIZIO A pag. 15 la lapidaria affermazione dei magistrati contabili: “si evidenzia come, nel sistema piemontese, tutte le aziende sanitarie registrino un risultato economico negativo, tanto a preventivo, quanto a consuntivo”. La Corte elenca una serie di norme che avrebbero dovuto evitare questa situazione (anche qui tutte disattese). Il risultato del 2009 é peggiore del 2008. Nel senso che praticamente raddoppia il rosso. Si passa da una perdita globale di quasi 72 milioni di euro sui bilanci 2008 a 122 milioni di euro circa nel 2009. In realtà ci avvi-

ciniamo a 125 milioni e oltre dato che sono state successivamente effettuate delle rettifiche. La tabella 2 di pagina 16 dà contezza del disastro. La Corte dei Conti afferma che le perdite di esercizio non sono state autorizzate dalla Regione. Anzi, le aziende tendono a considerare la copertura anticipata dei disavanzi come una implicita autorizzazione alla perdita. Imbarazzante, per non usare una espressione piú pesante é la litania di giustificazioni addotte dai collegi sindacali in merito alla coperture delle perdite ed alla loro attendibilità. Vi sono anche tre collegi sindacali, che evidentemente si ritengono superiori alla legge, alla Corte dei Conti e all’onnipotente, che non hanno neppure ritenuto di dover allegare una relazione sulle cause della perdita o dare spiegazioni in merito alle modalità di copertura della perdita (asl VCO, ASO san luigi e ASO Cuneo, To5, Novara, Aso san Giovanni, Aso Mauriziano). Il

fatto piú incredibile é che i contributi regionali non sono destinati a coprire le perdite economiche complessive ma solo quelle monetarie. Malgrado ció i trasferimenti regionali non sono stati in grado, per quasi tutte le aziende, di coprire il pareggio finanziario il che produce inevitabilmente una continua ed inarrestabile erosione del patrimonio netto (pag. 18). Come a dire che le aziende sono attaccate ad una canna del gas dalla quale continuano a inalare il venefico contenuto. Infatti ció che incide maggiormente su questo grave effetto sono debiti pregressi (2001-2010) sui quali la Regione ha fornito spiegazioni assai poco convincenti e che avvalorano perplessità piú che fondate. L’atteggiamento delle aziende sanitarie regionali secondo la Corte dei Conti é quello di gestire la spesa non correlandola alle risorse esistenti ma affidandosi alla speranza di successivi ripiani regionali e statali tipica di una

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mentalità a pié di lista e quanto di piú lontano da una gestione “aziendalistica”. Fatto ancora piú grave se si considera che la Regione Piemonte é sottoposta a Piano di rientro. In questa ottica di colpevole deresponsabilizzazione il migliore risultato della gestione

LA CORTE DEI CONTI RILEVA CHE TALI RITARDI SONO ASSOLUTAMENTE DA STIGMATIZZARE, PONGONO SERI DUBBI SULL’EFFICACIA DELLA PROGRAMMAZIONE SANITARIA, IMPEDISCONO UNA VALUTA-

ZIONE ADEGUATA E TEMPESTIVA DEI DIRETTORI , PROCRASTI-

NANDO GESTIONI INEFFICIENTI

SENZA METTERE IN ATTO ADEGUATE SANZIONI.

ordinaria non é dovuto ad una riduzione dei costi ma ad un incremento del valore della produzione. In altre parole i maggiori trasferimenti regionali (i contributi in conto esercizio) inquinano la corretta dinamica dei bilanci di previsione disattendendo norme che la stessa Regione si era data con la legge 18 gennaio 1995. La previsione annuale di costi e ricavi di gestione in pareggio é stata disattesa, come la norma di adottare un bilancio di previsione in pareggio entro il 31 ottobre di ogni anno. La conclusione del capitolo di pag. 20 é una sassata: deresponsabilizzazione, scarsità di controlli, inadeguata

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programmazione sanitaria. Da rilevare due aspetti di inadeguatezza gestionale: sulla appropriatezza prescrittiva dei farmaci a parole tutte le aziende dichiarano (eccetto Sant’anna e Aso Cuneo) di aver adottato misure specifiche; in pratica trattasi solo di intenti senza alcun risultato tangibile come dimostrano i dati. Poi, sulla attività intramoenia si evidenzia la assenza di una contabilità separata in alcune aziende (ed é una violazione grave). Suscita invece ilarità ed é spia delle incapacità contabili dei nostri amministratori quello che la Corte rileva sulla mobilità intraregionale ovvero sulla valorizzazione delle prestazioni relative a pazienti che usufruiscono di prestazioni in aziende diverse da quelle dove risiedono. Tale saldo dovrebbe essere pari a zero come anche uno studente di media inferiore capirebbe: se tizio va alle Molinette e risiede a Rivoli, Rivoli paga 2.000 euro a Molinette (-2.000 per rivoli) e Molinette incassa 2.000). Il saldo é zero. Ed é sempre zero anche se i pazienti che si spostano fossero migliaia (il bello della matematica é la sua generalizzabilità). Invece in Regione, nelle aziende e nelle stanze del CSI, questa regola é stravolta. Il saldo della mobilità intraregionale ammonta a 21 milioni di euro nel 2008 e addirittura a 31 milioni di euro nel 2009. Significativo il commento della Corte: “questo pone dubbi sulla attendibilità dei bilanci”. Eccome se ne pone….forse in Regione pen-

sano che la partita doppia sia un match di tennis? SITUAZIONE DEBITORIA DELLE AZIENDE Ma il dato piú drammatico di

NEL

SISTEMA PIEMONTESE,

TUTTE LE AZIENDE SANITARIE

REGISTRANO UN RISULTATO ECONOMICO TANTO

A

NEGATIVO,

PREVENTIVO,

QUANTO A CONSUNTIVO

tutta la relazione é quella del capitolo 8 a pag. 40 ovvero l’analisi della situazione creditoria delle aziende. In sintesi, malgrado vi siano molte tabelle approfondite che meritano di essere visionate, le aziende vantano verso la Regione crediti ammontanti a 2.859 milioni di euro. Quasi 3 miliardi di euro che le aziende continuano a mettere a bilancio e che la Regione praticamente ignora, dato che , come già ricordato, la Regione ha scelto di non coprire le perdite economiche delle aziende. Questo sistema porta ad una situazione paradossale che apre le porte ad un default catastrofico: ovvero l’accumularsi di perdite risalenti a molti anni addietro che depauperano il patrimonio delle aziende e che non hanno alcuna speranza di essere sanate. Impressionante é la tabella 18 di pag. 45. I quasi 3 miliardi di tali crediti sono distinti, azienda per azienda, a seconda degli anni di provenienza. Oltre 500 milioni di euro sono riferiti a periodi temporali risalenti a 10 anni prima e oltre. Tale squilibrio finanzia-


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rio determina conseguenze nefaste sulla liquidità delle aziende ed il ricorso a finanziamenti che di fatto assorbono risorse che potrebbero essere destinate alla assistenza sanitaria. Altra conseguenza é che le aziende si rivalgono sui fornitori ritardando i pagamenti (vedi pag. 48 – tabella 19). Ció porta a interessi di mora (oltre a gravi difficoltà economiche per i fornitori) e rischia di aggravare ulteriormente la sostenibilità finanziaria delle aziende (su questa conclusione vedasi le pesanti considerazioni dei revisori di Alessandria – nota 57 pag. 48). Pertanto le aziende tendono ad utilizzare l’indebitamento verso i fornitori come una impropria forma di finanziamento. Altra spia della compromessa capacità delle aziende di far fronte alle proprie obbligazioni é il ricorso delle anticipazioni di tesoreria. L’azienda non ha i soldi per pagare gli stipendi o per pagare i fornitori e fa ricorso alle banche che anticipano il contante. La banca ovviamente chiede interessi su tali anticipazioni e cosí altri soldi vengono sottratti alla assistenza sanitaria. Cosí volano via altri 30 milioni di euro (interessi passivi) per anticipazioni di cassa che arrivano nel 2009 a un miliardo e 300 mila euro! (tabella 20 pag. 50). A pagina 51-52 viene invece descritto il metodo seguito dalla Regione (giunta Bresso) per “taroccare” il bilancio regionale e contestualmente ridurre impegni di spesa a carico delle aziende sanitarie che non fossero scadute al 31 dicembre 2009. Sembra incredibile ma é cosí. Trattasi di una operazione

“creativa” che ha portato alla “cancellazione” dal bilancio regionale di un impegno di 509 milioni di euro anticipato da Unicredit (questione sollevata ancora dalla Corte dei Conti recentemente dopo l’analisi sul bilancio regionale) causato da un “ritardo” in trasferimenti di cassa attesi dallo Stato relativi (udite udite) a finanziamenti della spesa sanitaria per gli anni 2001 e 2004 (!) stabiliti con 2 Decreti ministeriali del 2006 e del 2007. Praticamente ecco cosa sarebbe successo. La Regione é a corto di liquidità e chiede un bel pó di milioni

TRATTASI DI UN’OPERAZIONE “CREATIVA” CHE HA PORTATO ALLA “CANCELLAZIONE” DAL BILANCIO

REGIONALE DI UN IMPEGNO DI

509 MILIONI DI EURO, ANTICIPATO DA UNICREDIT

(509) da Unicredit. Tanto i soldi prima o poi arriveranno…Riduce pertanto gli impegni di spesa delle aziende (arriva un pó di ossigeno potete respirare) e attende fiduciosa i soldi che lo Stato da 4 anni aveva promesso. Peccato che la cifra non viene iscritta nel bilancio regionale nel 2010 pur dovendo, a fronte di tale anticipazione, pagarne gli interessi e creando di fatto un “debito sommerso” non piú evidenziato. Trattasi, molto semplicemente, di un FALSO. Esiste pertanto nel bilancio farlocco della Regione un debito occulto e consolidato (i soldi da Roma non sono arrivati) per il quale si stanno pagando interessi con rischio di esposizione ad eventuali penali per la mancata restituzione del capitale prestato (difficile credere che Unicredit mantenga tale esposizione indefinitivamente). La Corte considera inoltre “singolari” le riduzioni imposte alle

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conclusioni della Corte dei Conti (da pag. 59 a pag. 64) schianterebbero qualsiasi amministratore delegato costringendolo alle dimissioni. Nessuna azienda seria, quotata o meno in borsa, potrebbe passare indenne da una disamina cosí impietosa. A dire la verità nessuna azienda potrebbe continuare a reperire capitali ed a essere credibile se producesse un bilancio consuntivo 2 anni dopo la scadenza. Se poi l’azienda paga in ritardo i fornitori, chiede continuamente prestiti alla banca, ha il bilancio sempre in perdita,

aziende sanitarie sugli impegni di spesa. Evidentemente il maquillage dei bilanci aziendali era un corollario della spericolata operazione di cui sopra. Traduciamo per i meno esperti: ho una ventina di aziende piene di debiti sparse sul territorio che vendono carbonella da barbecue e pellet per le stufe. La sede principale per il Piemonte (la ditta si chiama “fumo negli occhi”) attende dalla capofila con sede a Roma 500 milioni promessi a suo tempo per modernizzare gli impianti di produzione. La capofila peró tarda a erogare quanto promesso e allora la sezione piemontese decide di andare con il cappello in mano dalle banche garantendo che il prestito (oneroso) é a breve in quanto é prossima la tranche proveniente da Roma. La banca, fidandosi, sgancia. Nessun rischio, i soldi arriveranno e Unicredit si fa dei bei soldi con gli interessi. La sede regionale della ditta fa sparire

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dai bilanci delle controllate un bel po’ di debiti e nel bilancio consolidato regionale non imputa l’onere verso le banche. In altre parole alcuni debiti delle aziende si “volatilizzano” e il debito verso la banca non c’e’ piú. Sulla carta perlomeno. Se uno studente in economia avesse costruito un bilancio cosi lo avrebbero segato all’esame, mentre, in epoche in cui il falso in bilancio esisteva ancora, l’autore di questa pensata sarebbe stato forse arrestato. Il capitolo delle perdite non coperte e l’assenza di un fondo rischi e oneri sono altri capitoli dolorosi della gestione delle aziende. La Corte rileva l’assenza di criteri prudenziali nella redazione del bilancio (pag 58) ovvero la violazione dell’art. 2423 bis del codice civile. Ribadisce che i nuovi dettati legislativi (in particolare il dl 23 giugno 2011, n. 118) impongono un ruolo alle Regioni e ai collegi sindacali che é stato evidentemente disatteso. Le

SE UNO STUDENTE IN ECO-

NOMIA AVESSE COSTRUITO UN BILANCIO COSÌ LO AVREB-

BERO SEGATO ALL’ESAME,

MENTRE, IN EPOCHE IN CUI IL

FALSO IN BILANCIO ESISTEVA

ANCORA, L’AUTORE DI QUESTA

PENSATA

SAREBBE

STATO FORSE ARRESTATO

ha crediti risalenti al giurassico (forse neanche piú esigibili), ha le casse vuote e infine, tarocca anche i bilanci, credo che la definizione migliore potrebbe essere quella di una azienda decotta, da liquidare, da commissariare. L’elenco delle gravi irregolarità che si trovano in allegato non riguarda una ma tutte le aziende del nostro sistema sanitario. Leggere per credere. Ad oggi, per la cronaca non si ha notizia del bilancio delle aziende degli anni 2010, 2011 e 2012. Gabriele Gallone


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PIEMONTE, SANITÀ A PERDERE

LA REGIONE HA UN BITO DI 4,2 MILIARDI

DE-

Un buco di 4,2 miliardi scavato nel corso degli ultimi 15 anni. È questa la condizione in cui si trovano le casse della sanità piemontese, fotografata dall’assessore regionale Paolo Monferino. Si tratta di un debito sedimentato nel tempo, che rappresenta più di un terzo di quello complessivo della Regione e che coinvolge le aziende sanitarie. DEBITO RADDOPPIATO. Circa 2,4 miliardi riguardano il debito commerciale nei confronti di aziende private e fornitori. La parte restante, invece, è di natura finanziaria: soldi che la sanità piemontese deve a banche e istituzioni. Non male, considerando che il costo annuale del settore ammonta a 8 miliardi l’anno. Il dato che preoccupa maggiormente Palazzo Lascaris, tuttavia, è l’aumento del debito nel corso degli ultimi anni. Dal 2004 al 2010, infatti, sarebbe praticamente raddoppiato. «Queste cifre derivano in parte da trasferimenti alle Asl, di anno in anno inferiori alle necessità, ma anche da riduzioni di impegni verso le aziende, che mantengono iscritti tali crediti nei confronti della Regione Piemonte», ha spiegato Monferino in commissione. Uno scenario apocalittico, che allarma soprattutto le aziende creditrici nei confronti della pubblica amministrazione, confermato dall’assessore al Bilancio Giovanna Quaglia: «La fotografia presentata si deve tradurre nella consapevolezza che non ci sia stato un allineamento dei bilanci delle Asl con quello della Regione. Nel percorso di recupero, l’attenzione resta alta verso i fornitori che attendono i pagamenti da parte delle aziende sanitarie». Le cause del deficit sono sotto gli occhi di tutti: scarsa programma-

zione, sperpero di risorse e mancanza di una classe dirigente preparata alla gestione del sistema sanitario. AMMINISTRAZIONI MIOPI. Il debito si è accumulato nel corso degli ultimi 15 anni, mettendo in luce la miopia delle amministrazioni che si sono alternate. Mentre il Palazzo cambiava dirigenti e amministratori il debito cresceva, come un fiume in piena che raccoglie i detriti lungo la strada. La crisi economica e i tagli del governo hanno fatto il resto. Eppure, nelle intenzioni dalla giunta di Roberto Cota c’era proprio la creazione di un sistema sanitario più sostenibile. Per questo motivo, con il piano è stata introdotta un’unica rete ospedaliera centralizzata, spostando le funzioni gestionali e amministrative a organismi sovraterritoriali. Si tratta delle neonate federazioni: sei società consortili che avrebbero il compito di controllare e gestire le risorse, soprattutto quelle indirizzate agli acquisti. UN ESCAMOTAGE POLITICO. Se per Cota il sistema delle federazioni dovrebbe garantire un risparmio, per le opposizioni è l’ennesimo escamotage per distribuire posti e poltrone di natura politica. Ma i dati sul debito sembrano aver colpito i vertici regionali come un fulmine a ciel sereno e sono stati illustrati due mesi dopo l’approvazione del piano. Ora, però, le condizioni disastrate delle casse lasciano presagire nuove misure in programma c’è una spending review alla piemontese, fatta di tagli alle spese degli assessorati e risparmi sul personale, misure che potrebbero portare al rastrellamento di centinaia di milioni all’anno. E che si aggiungono al piano di rientro imposto dal governo, che prevede il blocco del turn over almeno per 12 mesi. In pratica, i piemontesi saranno chiamati a stringere ancora di più la

cinghia. A rischio, anche il patrimonio delle Asl: è possibile che venga creato un fondo immobiliare per inserire a bilancio l’importo del loro valore. Nel frattempo, la politica piemontese gioca allo scarica barile. Dall’assessorato si cerca di accollare tutte le responsabilità alle precedenti giunte che hanno amministrato la Regione. E così la pensa anche la Lega. PD: «RISANAMENTO IN 10 ANNI». Il Partito democratico (Pd), per bocca del consigliere Aldo Reschigna auspica, invece, una Regione più leggera e sostenibile, da costruirsi sul lungo periodo. «Occorre una programmazione seria di 10 anni per rientrare dal debito e il bilancio deve riflettere davvero la reale situazione patrimoniale della Regione, cosa che evidentemente non fa», ha detto. Andrea Buquicchio, capogruppo dell’Italia dei valori (Idv), ha paventato la possibilità di un commissariamento. «Al di là delle responsabilità, che dovranno comunque essere accertate», ha detto, «se i numeri presentati sono reali sarebbe meglio commissariare la sanità regionale e, di conseguenza, tutta la politica piemontese». È tiepido invece il commento del gruppo del Popolo delle libertà (Pdl), che resta a guardare il tonfo degli alleati leghisti e sembra già calato in clima di campagna elettorale. Se da un lato, infatti, non vi è una condanna per l’operato di governatore e assessore, dall’altro non c’è neanche una difesa convinta. «Nessuna caccia alle streghe e alle responsabilità, la sfida che il centrodestra si pone per i prossimi anni è la riduzione dell’esposizione debitoria», ha affermato Carla Spagnuolo. E ha chiesto spiegazioni a giunta e assessore: «Riteniamo essenziale un approfondimento in maggioranza per valutare le possibili proposte». Andrea Dotti Lettera43, 17 giugno

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FARMACI GENERICI: L’ITALIA INDIETRO NEL CONSUMO. MA SI POTREBBERO RISPARMIARE RISORSE IMPORTANTI SULLA SPESA SANITARIA NAZIONALE di Andrea Dotti

L’Italia arriva in ritardo, accade molti stati europei hanno iniziato a spesso. E l’approccio al tratta- seguire questa strada. Secondo mento farmaceutico non fa ecce- una ricerca condotta da Ims Hezione. A dimostrarlo è la alth, gli equivalenti porterebbero un legislazione: l’obbligo di prescri- risparmio compreso tra il 20 e zione del principio attivo, a scapito l’80% sulla spesa totale dei fardella marca del farmaco, è in vi- maci. Un risparmio tangibile diretgore solamente dall’ultimo provve- tamente sul portafoglio del dimento sulla spending review, consumatore che acquista il provarato dal governo l’estate scorsa. dotto, ma soprattutto sui conti delMa a parlare sono soprattutto i nu- l’intero sistemo sanitario: si stima, meri: il consumo di farmaci equiva- infatti, che il potenziale risparmio lenti in Italia è fermo al 15 %, sarebbe di 100 miliardi di euro. mentre la media europea supera il L’abbattimento dei costi, sempre secondo Ims Health, avrebbe, inol60. Un approccio alla farmaceutica fo- tre, la conseguenza di aumentare tografata da Assogenerici, che ha la concorrenza, che in un sistema messo in luce le abitudini consoli- dominato dal mercato è linfa vitale. date nel nostro Paese. Abitudini In un sistema di monopolio non riche hanno contribuito, tra l’altro, sulterebbero possibili sviluppo e inall’aumento della spesa sanitaria novazione, qualità fondamentali nazionale, a scapito dei cittadini e per aziende che si affacciano sul a vantaggio dell’industria farma- mercato del farmaco. Oltre a competere sul fronte dei prezzi, le ceutica. Al netto degli sprechi e dello sper- aziende farmaceutiche saranno inpero di risorse, infatti, è necessaria centivate a investire in termini di riuna riflessione socioeconomica del cerca e sviluppo, con un vantaggio nostro tempo e sulla spesa per lo complessivo anche dal punto di stato sociale. Uno dei paradossi, vista qualitativo. infatti, è rappresentato da un au- Francia, Germania e Regno mento sostanziale dello stato di be- Unito: gli equivalenti assorbono nessere,chesitraducenell’allungamento il mercato dell’aspettativa di vita e condizioni Non è un caso che i Paesi dove il di salute migliori, mentre in auto- consumo di farmaci equivalenti è matico aumenta la spesa per il wel- tra i più alti, si registra anche il più fare, di cui quella sanitaria è la parte alto tasso di innovazione. E, in quemaggiore. Il risultato è il collasso sto senso, anche la nascita di della sostenibilità economica del si- nuove start-up farmaceutiche sono indicatore importante. Negli Stati stema. Uniti, in Giappone e in Germania, Un risparmio di 100 miliardi Come fare, dunque, per venirne a ad esempio, sono presenti il magcapo? Una delle soluzioni po- gior numero di aziende Top Pharm trebbe essere incentivare il con- del mondo. In Gran Bretagna, insumo di medicinali equivalenti. E vece, gli equivalenti soddisfano la

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metà del mercato del farmaco, garantendo, ogni anno, un risparmio di oltre il 20% sul totale della spesa sanitaria. In Francia, infine, secondo le statistiche Cnamts l’80% dei farmaci prescritti è un farmaco equivalente, con un aumento di 8 punti percentuali all’anno. Il farmaco equivalente, infine, risulterebbe efficace anche in termini di lavoro e occupazione. In questo senso, sarebbero presenti, stando ai dati forniti da Ims Health, circa 700 aziende europee che operano in questo settore, all’interno delle quali sarebbero occupati 150 mila lavoratori. Solamente in Germania, nel 2008, il numero dei lavoratori impegnati nell’industria farmaceutica equivalente sarebbero aumentati di 3.500 unità.

PRESCRIZIONE DEL PRINCIPIO ATTIVO: LE POLEMICHE E L’OPINIONE DEGLI ESPERTI Le possibilità di risparmio e sviluppo, però, possono esserci anche per il nostro Paese. «Finalmente i medici potranno allenarsi ad imparare i nomi dei principi attivi. Come ai vecchi tempi. Quando studiando medicina si imparavano i composti e non le marche. Ovviamente questo non fa comodo a lobby, industrie farmaceutiche, farmacisti ed interessi assortiti. Cari colleghi, se passa l’emendamento saremo molto più autonomi», aveva dichiarato il segretario regionale di Anaao Assomed Gabriele Gallone l’estate scorsa. E secondo l’associazione Altroconsumo, in Italia con i farmaci equivalenti, ogni cittadino potrebbe risparmiare 30%


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in più ogni anno. Le potenzialità, inoltre, ci sarebbero anche sul fronte dell’occupazione e dello sviluppo economico: stando a quanto riportato da Assogenerici, gli occupati in questo settore sarebbero 10 mila. La nuova norma, però, ha scatenato polemiche e contrapposizioni. Alcune associazioni di categoria di medici e industriali hanno manifestato il loro disappunto. Le maggiori critiche, in questo senso, sarebbero orientate alla qualità dei medicinali. Secondo alcuni medici, infatti, è compito del dottore stabilire quale farmaco prescrivere: è opinione diffusa che tra i medicinali branded ed equivalenti vi sia un gap sostanziale in termini di efficacia terapeutica. Stesso punto di vista degli operatori dell’industria che, ovviamente, si barricano su posizioni orientate a difendere il marchio: per loro la marca sarebbe sinonimo di garanzia. In altre parole, il farmaco di marca sarebbe migliore e più efficace, rispetto al corrispettivo equivalente. Farmaindustria ha palesato preoccupazione per l’intera industria farmaceutica, ipotizzando, addirittura, il rischio di chiusura per molte realtà. Il suo presidente, Massimo Scacarabozzi, ha lanciato nel corso dell’ultima estate parole di fuoco nei confronti del governo. «E’ vergognoso – ha dichiarato al quotidiano Repubblica il 17 agosto –, si tratta di un attacco all’industria farmaceutica. Ha vinto la demagogia e l’ideologia anti-industriale e saremo costretti, a questo punto e per effetto di tali norme, a chiudere le nostre aziende». Sulla stessa linea anche il presidente Fimmg Silvestro Scotti, che dalle stesse pagine del quotidiano accusa: «non si produce alcun risparmio per lo Stato. Si fa passare il messaggio che il comportamento

dei medici non era limpido. Hanno minato la nostra professionalità. Ma non ci sono strumenti che permettano a noi e ai cittadini di conoscere la reale sostituibilità tra farmaci equivalenti». Ma le nuove norme non sono state oggetto solamente di contestazioni. Il dibattito sugli equivalenti ha portato a galla opinioni che remano in altre direzioni e che salutano con piacere le regole introdotte dal governo. L’obiettivo è quello di uniformare l’Italia agli altri Paesi europei e portare il sistema sanitario nazionale sulla rotta della sostenibilità economica. Una delle voci più autorevoli, in questo senso, è quella di Silvio Garattini, farmacologo e direttore del centro Mario Negri. Secondo Garattini, infatti, non vi è nessuna differenza sostanziale tra i medicinali equivalenti e quelli marchiati. Quello che conta, per il farmacologo, è il principio attivo: i due prodotti contengono la stessa tipologia e la stessa quantità. La differenza, semmai, sta negli eccipienti, che determinano la capacità di assorbimento e stabilita nel farmaco. «È vero che tra farmaco di marca e generico queste sostanze possono essere diverse, ma l'importante è che la presenza di eccipienti non alteri l'assorbimento del farmaco. È vero anche che alcuni eccipienti possono essere allergizzanti, ma ciò vale sia per i farmaci griffati sia per i generici», ha dichiarato Garattini al Corriere della Sera. Stesso ragionamento

per le interazioni tra diversi medicinali: «Se i due farmaci sono equivalenti non possono esserci differenze nelle interazioni, dal momento che è il principio attivo a determinarle». Stessi effetti e stessa efficacia terapeutica, dunque. Non ci sarebbe nessuna differenza di rendimento tra farmaco griffato e medicinale generico. I due tipi di prodotto, infine, sarebbero sottoposti allo stesso tipo di controllo: l'Istituto superiore di sanità sceglie prodotti da controllare. Allo stesso tempo, è attivo il sistema di segnalazione di reazioni avverse comunicate all’Agenzie del farmaco. Nessun rischio, quindi, nell’assumere medicinali equivalenti. Questi farmaci, infatti, possono essere commercializzati solamente dopo aver presentato una documentazione che riguarda purezza del prodotto e velocità di dissoluzione. Si tratta di parametri sovrapponibili a quelli del corrispettivo farmaco griffato. Minor prezzo non sarebbe, quindi, sinonimo di minor qualità. Il prezzo più basso sarebbe solamente la conseguenza della scadenza del brevetto.

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attività sindacale

VIOLAZIONI CONTRATTUALI ALL’ASO DI CUNEO

Dopo accurata valutazione della proposta fatta dalla amministrazione sulla gestione dei fondi contrattuali e sulla singolare applicazione di norme contrattuali inequivocabili, la Segreteria Regionale, in accordo con la Segreteria Aziendale dell’Aso S. Croce e Carle di Cuneo, ha inviato questa lettera che prelude ad una causa davanti al giudice del lavoro. Non possiamo consentire che i Direttori Generali abbelliscano il bilancio delle aziende svuotando le nostre tasche. Attendiamo poco fiduciosi una lettera di risposta che crediamo non arriverà. Torino, 5 novembre 2012

Prot. n. 34/2012 Alla c.a. Dr.ssa Giovanna Baraldi Direttore Generale Dr. Gian Paolo Tamagno Direttore Amministrativo Dr. Guglielmo Bracco Direttore Sanitario ASO S. CROCE E CARLE CUNEO

OGGETTO: Rendiconto delle somme pertinenti i fondi contrattuali pre-consuntivo 2011 e preintesa anno 2012 del personale dell'area della Dirigenza Medica. In merito al documento di cui all'oggetto intendiamo far rilevare quanto segue: • Nella proposta manca una corretta ricostruzione dei fondi fino al 2010, in particolare per quanto riguarda il valore della RIA 2009-2010 caricata sull'anno 2010, che risulta essere quello di riferimento per il blocco dell'ammontare dei fondi. • Nelle "Premesse", al comma 1, si parla di un poco comprensibile "equilibrio su due anni" assai poco comprensibile, in cui si ipotizza un "risparmio prevedibile per mancato raggiungimento di obiettivi 2012 ", come se l'azienda sapesse già prima della fine dell'anno che alcuni obiettivi non saranno raggiunti. • Nella ricostruzione del fondo 2012 vengono detratte le quote per riduzione stabile di dotazione organica, ed aggiunte le quote da RIA, salvo poi praticamente cancellarle per adeguamento del fondo alla quota 2011. Delle due l'una: o la RIA proviene dai cessati 2010, allora deve essere versata, almeno in parte nel fondo 2010, con aumento conseguente anche dell'ammontare del fondo 2011, oppure questa viene dai cessati 2011, allora non deve essere sommata, ma soltanto evidenziata per l'eventuale recupero a partire dal 2014. • Al punto 2 la prima tabella dimostra chiaramente che l'azienda, poiché nel 2011 ha un risparmio derivante sia dal fondo di posizione che di risultato, non lo ribalta sul risultato del 2012 integralmente, ma lo utilizza per ripianare il fondo accessorio del 2011, cosa assolutamente illegittima. Infatti se il fondo accessorio è incapiente, questo deve essere integrato stabilmente con fondi aziendali, oppure bisogna cambiare l'organizzazione del lavoro che porta al suo sforamento. Non è possibile alcuna compensazione di questo tipo tra i fondi. • Nella tabella 2 non si comprende come l'azienda preveda di utilizzare per il 2012 una quota di risultato superiore a quella disponibile, anche ipotizzando di sommare al fondo sia il residuo di posizione-risultato dell'anno precedente, sia la quota non distribuita della posizione 2012, visto che la disponibilità si conosce solo a consuntivo. • La differenza risorse-utilizzo evidenzia inoltre uno sbilanciamento tra le risorse disponibili e quanto si vorrebbe spendere pari a circa 94 mila euro. • Appena sotto (2012) si cita ancora una previsione di mancato raggiungimento di risultato. E' possibile che in una azienda sanitaria il management possa già preventivamente stabilire che i suoi obiettivi non verranno raggiunti? • Nessuna menzione inoltre viene fatta della quota regionale distribuita con il risultato e su come questa viene addebitata ai medici dato che essa è quota definita a livello sovra-aziendale. • Tutto il ragionamento sull'orario negoziato è, oltre che incomprensibile, da rigettare in toto, in quanto notoriamente questo deve essere previsto solo per obiettivi aggiuntivi a quelli definiti nel budget, e non deve esserne parte integrante. Lo scopo dell'azienda è fondamentalmente di costringere i medici a lavorare oltre l'orario contrattuale remunerandoli con una retribuzione di risultato che dovrebbe essere invece commisurata al raggiungimento degli obiettivi e non alla mera effettuazione di "ore" in più. Tale perversa metodologia ha sicuramente un effetto positivo per l'azienda: riduce le ore di straordinario effettive e ne impedisce di fatto il recupero con una sterilizzazione ex ante • Dobbiamo far rilevare a questo proposito che la cancellazione della parte relativa alla questione del recupero ore non solo è contro il CCNL ma anche contro il vigente contratto integrativo regionale • La definizione di un monte ore pari a 23.500 x 60 euro porta ad un totale di 1.410.000 euro, a fronte di fondo risultato di 2.111.000, ben oltre quindi quel 30% previsto dal CCNL come possibile destinazione per obiettivi strategici aziendali. • Al punto 6 poi afferma inoltre che la quota incentivante dei Responsabili di Struttura deve essere mediamente non superiore al doppio degli altri medici, ipotizzando quindi che questi ultimi avranno una quota ben maggiore rispetto a tutti gli altri, cosa che non riteniamo più accettabile. Tutto ciò premesso, la proposta di cui all'oggetto non è condivisibile e presenta diversi aspetti di illegittimità. Per tale motivo l'ANAAO non firmerà tale proposta in modo da poter effettuare, sulla base di giurisprudenza consolidata, specifici ricorsi in altre sedi.

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Cordiali saluti Il Segretario Regionale Dr. Gabriele Gallone


attività sindacale

L’ARROGANZA DELLA TO1. DOPO MASSA UN ALTRO PESSIMO DIRETTORE

«Pregasi far pervenire osservazioni entro Lunedì 29 ottobre». Recita così la mail inviata dal Dott. Nalesso (Direttore Amministrativo della ASL TO 1 , già noto alle cronache in quanto indicato da alcuni, non pochi a dir la verità, come privo di titoli). La mail arriva giovedì pomeriggio 25 ottobre e allega una delibera di riorganizzazione che la Direttrice Briccarello (a proposito, alla To5 ancora non sono finiti i

festeggiamenti per il suo trasferimento…) intende adottare prima ancora che siano definite linee guida regionali e indicazioni da parte dell’Assessorato. Nessun confronto con i sindacati che dovrebbero, tra sabato e domenica, far pervenire le osservazioni. Perchè una mail? Bastava un editto. Si mandava un palafreniere con un ciambellano di corte a comunicare le decisione della Direttrice. La

Torino, 26 ottobre 2012 Prot. n. 33/2012

quale pare abbia la irrefrenabile tentazione di tagliare soprattutto le strutture a capo delle quali siedono persone poco allineate o secondo lei “inutili”. Esperienza in sanità: nessuna. Ovviamente. La lettera della segreteria regionale è stata ammorbidita. I pensieri che serpeggiano tra gli operatori sono ben peggiori. E faremo in modo di andare in causa se necessario. G.G

Alla c.a. Direttore Generale ASL TO1 Dr.ssa Giovanna Briccarello Direttore Amministrativo ASL TO1 Dr. Flavio Nalesso Direttore Sanitario ASL TO1 Dr. Paolo Giovandomenico Simone

In merito alla nota inviata via mail con allegata una delibera di pesante riorganizzazione della ASL, si ravvisa che solo la totale mancanza di rispetto delle controparti e di conoscenza delle piú elementari norme contrattuali (per rinfrescarle la memoria: leggasi relazioni sindacali), puó farle affermare che tale messaggio costituisca informazione preventiva, imponendo per di piú osservazioni in merito entro lunedí 29. Contrariamente a quanto l'Amministrazione pensa, i rappresentanti sindacali non sono complementi d'arredo della azienda da Voi diretta. Per quanto fastidioso possa sembrarvi, le OO.SS. hanno numerosi iscritti a cui tali informazioni vanno trasmesse per ricavarne pareri e osservazioni, anche tramite momenti assembleari, che verrebbero infine sintetizzate ed esposte alle SS.VV. Ció si chiama democrazia rappresentativa e consentirne l'esercizio darebbe l'impressione che in questa azienda "pubblica" non regni un monarca assoluto che rifugge il confronto e pone frettolosi diktat per una malcelata pavidità. In considerazione del termine dato, delle modalità intraprese e della arroganza delle SS.VV. comunico che adiremo senza indugio le vie legali in modo che possiate rinfrescarvi adeguatamente la memoria in tema di diritto del lavoro. Formali saluti Il Segretario Regionale Dr. Gabriele Gallone *L’intera documentazione è scaricabile dal sito www.anaaopiemonte.info

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attività sindacale

LA LETTERA DEI SINDACATI CONTRO IL PIANO “BRICCARELLO”

I sindacati, unitariamente, hanno preso posizione contro la riorganizzazione "avanti tutta" del DG della ASLTO1. Tale riorganizzazione è incomprensibile sia per i tempi che per i contenuti. Alcuni interventi violano addirittura normative specifiche. Vedere un magistrato che le ignora risulta decisamente paradossale. Chiederemo all'Assessorato ed eventualmente ad altri magistrati se vi siano profili di illegittimità.

Torino, 06/11/2012

Al Direttore Generale Dott.ssa G. Briccarello

OSSERVAZIONI ALLA BOZZA DI DELIBERAZIONE “RIDEFINIZIONE TIPOLOGICA DI STRUTTURE ORGANIZZATIVE AZIENDALI. PROVVEDIMENTI ULTERIORI

CONSIDERAZIONI GENERALI: La delibera proposta costituisce indubbiamente una variazione di atto aziendale, molto consistente, non preceduta da tutta una serie di passi necessari per garantire trasparenza e condivisione con gli organismi aziendali ed extra aziendali (non solo le OO.SS., ma anche il Consiglio dei Sanitari, peraltro mai convocato da questa Direzione, e la Conferenza dei Presidenti di Circoscrizione…) nè da una analisi puntuale e partecipata delle possibili conseguenze della eliminazione di strutture sanitarie sulla produttività aziendale e quindi sulla salute dei cittadini. Va sottolineato che l’azienda sta vivendo una situazione di forte stress lavorativo, e che l’attività sta già subendo una progressiva riduzione sia per la sospensione delle prestazioni aggiuntive effettuate dagli ospedalieri, sia per la diminuzione dell’attività ambulatoriale determinata dalle guardie notturne effettuate dal 1° ottobre dai medici Dipendenti (situazione ancora in attesa di nuovo accordo con la Direzione). Nella premessa alla delibera si giustifica la necessità dell’atto con l'attuazione del nuovo assetto organizzativo così come delineato dal Piano Socio Sanitario Regionale, per la concretizzazione della messa in rete degli Ospedali all’interno delle rispettive Federazioni sovrazonali di afferenza; ma in mancanza di un disegno organico delle reti ospedaliere e del territorio e dell’esplicitazione dei criteri utilizzati per la selezione delle strutture da cancellare, sembra che l’impegno di questa Direzione sia rivolto all’eliminazione indiscriminata (salvo eccezioni..) di strutture complesse e semplici, per la maggior parte territoriali, per il solo fatto di essere temporaneamente non coperte, senza una valutazione della reale complessità della attività svolta, né dell’impatto sull’organizzazione e sulla salute pubblica, e alla riconduzione dell’organizzazione territoriale alle due Federazioni, che in base agli atti regionali vigenti dovrebbero avere solo funzioni amministrative (acquisti, logistica, informatica) e non di gestione clinico-sanitaria. Sottolineando che il maggior onere delle posizioni di responsabile di s.s. e direttore di s. c. è sostenuto dall’apposito fondo contrattuale, sicuramente capiente al momento, e non dal bilancio aziendale, se comunque le strutture eliminate non sono coperte, dalle cancellazioni non deriverà alcun risparmio, e comunque l’urgenza non è giustificata da motivi di spesa. Andrà infine esplicitato, per ognuna delle strutture eliminate, se il personale riallocato si continuerà ad occupare delle attività precedenti, o se queste verranno eliminate come le strutture.

Pur essendo strettissimi i tempi a disposizione per una disamina completa della bozza, di seguito elenchiamo, in grassetto, alcune prime osservazioni specifiche:

1. Soppressione della S.C. Unità Valutazione e Organizzazione degli Screening (UVOS) con conseguente riallocazione delle risorse umane e dei compiti istituzionali alle dipendenze del Dipartimento Integrato della Prevenzione; - N.B: si occupa degli screening di Prevenzione Serena per tutta Torino – in collaborazione con le Molinette 2. Soppressione della S.C. Anestesia Ospedale Valdese con conseguente riallocazione delle risorse umane e dei compiti istituzionali alle dipendenze della S.C. Anestesia del Presidio Ospedaliero Oftalmico “Sperino”; sembra prematura una riallocazione di strutture dell’Ospedale Valdese al di fuori di un contesto di riorganizzazione generale dell’Ospedale; 3. Soppressione della S.S. Senologia Ospedale Martini: insieme alla soppressione del service di senologia del Valdese, elimina completamente in azienda le strutture che si occupano di tumore della mammella; 4. Ridenominazione della S.C. Neuro Psichiatria Infantile Torino 1 Est in Neuro Psichiatria Infantile Asl Torino1, soppressione della S.C. NPI Torino 1 Ovest, soppressione della S.S. Rischio Psicoevolutivo e e contestuale istituzione della S.S. Neuro Psichiatria Infantile Ospedaliera e del Rischio Psicoevolutivo: la

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attività sindacale

NPI e’ struttura a valenza medica, il rischio psicoevolutivo è un PDTA regionale di competenza psicologica; 5. Soppressione della Struttura Semplice Dipartimentale Allergologia Ospedale Martini e contestuale riconduzione delle funzioni alla SSD Pneumologia: Le funzioni espletate dall’allergologia non possono essere ricondotte ad una disciplina che non è nemmeno equipollente; 6. Soppressione della S.S. Igiene degli Alimenti e bevande con riconduzione delle relative funzioni alla S.C. Igiene degli Alimenti e Nutrizione: la soppressione risulta in contrasto con la specifica normativa di settore (D. M. Ministro Sanità 16 ottobre 1998); 7. Riconduzione della S.S. Promozione della Salute alla S.C. Igiene e Sanità Pubblica disciplina diversa da quella di primitiva origine – OSSB – non vacante; 8. Riconduzione della S.S. Medicina dello Sport alla S.C. Igiene e Sanità Pubblica contrario a quanto previsto dalla DGR 1-8611/2008 e DCR 167–14087/2012, che prevede la sua collocazione in staff al dipartimento; 9. Riconduzione della S.S. Igiene Edilizia Urbana alla S.C. Igiene e Sanità Pubblica: vista la complessità delle funzioni svolte potrebbe configurarsi come s.s.d; 10. Soppressione delle SS.CC. Distretto 1-8, Distretto 2; Distretto 3; Distretto 9-10 e contestuale istituzione delle SS.CC. Distretti 1-2-3 e Distretti 8-9-10 – Ambiti territoriali non rispondenti all’attuale normativa, sia per n. di residenti, sia per corrispondenza con Enti gestori dei servizi socio-assistenziali (circoscrizioni) 11. Trasformazione S.S. Geriatria Territoriale in Struttura Semplice a valenza Dipartimentale: è l’unica “valorizzata” dal provvedimento; 12. Istituzione della S.S. Percorsi di cura Ospedale/Territorio afferente alla S.C. Geriatria: è contraria a quanto previsto dalla DGR 27-3628/2012 che ne prevede l’afferenza alla Direzione Sanitaria di presidio 13. Ridenominazione della SSD Gestione Emergenza Interna in SSD Gestione della Sanità Penitenziale e dell’Emergenza (difficile capire la ratio dell’unificazione di queste due funzioni.

Area Veterinaria: La proposta presentata risulta complessivamente inadeguata, in riferimento alla recentissima normativa (D.L. 185/2012 – decreto Balduzzi-) che prevede l’istituzione della nuova area denominata “Area di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza alimentare”, nella quale devono essere allocate strutture organizzative intese come centri di responsabilità e di costo, dotati di autonomia tecnico-funzionale e organizzativa, e che rispondono di obiettivi dipartimentali e aziendali. In materia si allega parere pro veritate dello Studio Legale Zuccarello – Monacis. Da considerare inoltre il peculiare contesto operativo dei quattro servizi veterinari dell’ASL TO 1, che assicurano in modo sovrazonale articolate attività di prevenzione estese ad un bacino d’utenza che equivale a circa ¼ della popolazione regionale. In conclusione: - alcune strutture, ancorchè vacanti e duplici, non sono state né “ricondotte” né eliminate: perché? (es. Med. Legale ); - è evidente il diverso livello di attenzione della Direzione per i minori (penalizzati con l’eliminazione di una SC – NPI e l’istituzione di una ss a valenza ibrida clinico-psicologica ), per le donne (eliminazione di entrambe le strutture che si occupano di senologia, una ss del Martini e il service del Valdese, oltre che dell’UVOS – Prevenzione Serena del Ca Mammella e Cervice uterina) rispetto agli anziani, con la “valorizzazione” delle strutture che se ne occupano (una ss che diventa ssd; istituzione di una nuova ss che si occupa di percorsi di cura ospedale/territorio che anziché essere articolazione della Direzione Ospedaliera, è inserita nella geriatria: si occuperà anche dei percorsi inerenti le altre unità operative, diventando di fatto una seconda direzione sanitaria?); - è altrettanto evidente un disegno complessivo rivolto alla progressiva riduzione/ depauperamento del servizio pubblico, con conseguente dirottamento della popolazione verso le strutture private convenzionate, che erogano le prestazioni richieste dall’utenza non più effettuabili dall’Azienda.

Le scriventi OO.SS. Dirigenza Medica chiedono formalmente di sospendere l’iter di approvazione del provvedimento presentato, in attesa delle emanande linee guida regionali sull’organizzazione aziendale, ritenendolo non rispondente alle vigenti norme in materia di sanità regionale e nazionale, e di attivare i necessari percorsi di discussione/condivisione sia a livello aziendale, che extra aziendale ( circoscrizioni, regione, altri stakeholders ) per la predisposizione di un nuovo piano di organizzazione rispondente sia a criteri di economicità e valorizzazione delle risorse umane aziendali, sia di risposta corretta e appropriata alla domanda di salute dei nostri cittadini. Distinti saluti.

CIMO ASMD Dr. Francesco Zurlo e Dr. Roberto Remondino (firmato in originale) ANAAO ASSOMED Dr. Giuseppe Avogliero e Dr.ssa M. Antonella Arras (firmato in originale) F. V.M. Dr. Riccardo De Luca e Dr. Guido Massimello (firmato in originale) FESMED Dr.ssa Marinella Fammartino (firmato in originale) CISL Medici Dr. Raffaele Massimo De Caro (firmato in originale) CGIL Medici FP Dr. Roberto Dosio e Dr. A. Colzani (firmato in originale)

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attività sindacale

RICORSO 5 E 15 ANNI DI ANZIANITÀ PATROCINATO DA ANAAO PIEMONTE – DIFFIDE ALLE AZIENDE

E’ possibile aderire al ricorso, patrocinato dall’Anaao, per l’adeguamento delle voci stipendiali connesse al raggiungimento dei 5 e 15 anni di anzianità con valutazione positiva. Il ricorso è gratuito per tutti gli iscritti ANAAO anche se iscritti da meno di 3 mesi.

Al ricorso puo’ aderire:

1) chi ha già raggiunto i 5 e 15 anni di anzianità entro il 15 gennaio 2013, data presumibile in cui verranno chiuse le adesioni; 2) chi raggiungerà i 5 e 15 anni di anzianità nel 2013, ovvero anche chi non è stato ancora valutato, visto che proporremo comunque un’azione per l’accertamento del diritto e per il suo adempimento. E’ fondamentale seguire pedissequamente quanto specificato nel file “documentazione da allegare” in quanto trattasi di dati fondamentali sia per potervi contattare sia per istruire la vostra pratica. I segretari aziendali sono a disposizione per ogni chiarimento

Emolumenti che si dovrebbero percepire al raggiungimento dei 5 e 15 anni di anzianità. Per gli arretrati basta fare un semplice calcolo in ragione di frazioni di anno.

Indennità di esclusività Anzianità di servizio ruolo sanitario-medico (misura lorda annua) Fino a 5 anni

Euro 2.325,41

Da 5 a 15 anni

Euro 9.385,84

Oltre 15 anni

Euro 12.791,61

Collegandosi alla pagina www.anaaopiemonte.info/anaaopiemonte/?p=8145, è possibile scaricare i testi delle diffide e la documentazione ufficiale da allegare e il link al video che illustra le modalità del ricorso

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Da don Gallo alle femministe tutti in piazza per il Valdese Domani protesta trasversale con le note degli Statuto

Questa volta non solo sitin e proteste. Per l’ospedale Valdese domani ci saranno musiche e parole, un microfono per i tanti interventi e il service per il concerto degli Statuto. L’appuntamento è alle 19 in piazza Madama Cristina, cuore di San Salvario, teatro della mobilitazione di tutto il quartiere, che per la difesa del suo ospedale insiste promettendo battaglia fino al giorno della riconversione voluta dall’assessorato. Condizioni meteorologiche permettendo, la festa andrà avanti fino alle dieci di sera. Parleranno don Piero Gallo e il pastore valdese Eugenio Bernardini, che non ha alcuna intenzione di smettere di sgolarsi, ricordando che l’accordo all’epoca della cessione dell’ospedale prevedeva che la Tavola Valdese fosse consultata. Le sigle che hanno aderito sono oltre trenta, impossibile citarle tutte. La locandina che le elenca è da giorni comparsa per le vie di San Salvario. L’organizzazione dell’ospedalefa riferimento a due medici dell’ospedale del sindacato medici Anaao (presente sarà anche il segretario regionale Gabriele Gallone) e il primario di radiologia Roberto Dosio, iscritto alla Cgil. La richiesta all’assessore regionale Paolo Monferino è di avere chiarimenti precisi sulla riconversione e che ogni iniziativa sia discussa all’interno della commissione sul Valdese che include anche l’assessorato comunale al welfare. «Il messaggio di

questa manifestazione — spiega Avogliero — è che sul futuro del Valdese è necessario un confronto serio e una condivisione ampia». In piazza anche la Uil, mentre la Cisl non ha rappresentanti nella struttura di via San Pio V. Per la categoria dei professionisti anche Aarooiemac, anestesisti rianimatori ospedalieri italiani, e la Fvm dei medici veterinari. Saranno presenti molte associazioni femminili, dalla Casa delle donne ad Alma Mater a Se non ora quando, ma anche sigle come Gados, il gruppo donne operate al seno, e il Movimento Consumatori di Torino. Ampia la rappresentanza dei commercianti e degli esercenti di

San Salvario. Partecipano anche diversi gruppi consiliari dell’opposizione in Regione, dal Pd al Gruppo Insieme per Bresso e Uniti per Bresso, da Sel alla Federazione della sinistra all’Idv, partito a cui appartiene anche il presidente dell’ottava circoscrizione Mario Levi, uno dei registi delle manifestazioni a difesa dell’ospedale. I consiglieri dei partiti della maggioranza regionale, Pdl in prima linea, che in circoscrizione avevano manifestato il loro forte dissenso sulle scelte della Regione, saranno in piazza Madama Cristina come liberi cittadini e non come rappresentanti di partito. Sara Strippoli, Repubblica 19 aprile 2012

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Sanità, i dubbi dietro la riforma La Facoltà di Medicina parla di un “piano di pura economia sanitaria che continua a escludere l’Università” I sindacati della dirigenza e dei medici ospedalieri sono perplessi sulla nascita dei sei enti super-manager

«Più che una vera riorganizzazione dei servizi, questo è un Piano di economia sanitaria». Il professor Ezio Ghigo, preside di Medicina, ribadisce le proprie perplessità sul progetto della giunta Cota e dell’assessore Monferino. Dopo aver letto il dossier pubblicato ieri dalla «Stampa», commenta: «Siamo d’accordo sul fatto che sia necessario risparmiare ed evitare sprechi, e siamo anche d’accordo sulla necessità di riconvertire alcuni ospedali. Ma i contenuti sanitari che dovrebbero caratterizzare il cambiamento sono e restano davvero poco chiari». I sindacati Rimangono dunque incertezze sul futuro della riforma regionale, ma il giudizio non è un «no» assoluto. Al contrario: Anaao e Cimo, i sindacati della dirigenza medica e degli ospedalieri, insieme al collegio infermieri Ipasvi, non bocciano il Piano, pur sottolineando alcuni dubbi. «Si tratta di capire - è il commento di Gabriele Gallone, segretario regionale Anaao-Assomed - come i responsabili delle sei Federazioni coordineranno tutti gli amministrativi che giuridicamente dipendono ancora dai direttori generali di Asl e Aso». Secondo Gallone, inoltre, «se Monferino intende organizzare la logistica tramite federazioni, è ovvio che l’Scr deve scomparire, anche alla luce delle ultime polemiche». E ancora: «Se, come ha detto Monferino, all’Iveco gli bastavano tre magazzini per gestire il mondo, perché in Piemonte ha bisogno di ben sei Federazioni, tre delle quali solo a Torino?». I dipendenti Più della rete ospedaliera e del di-

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lemma Mauriziano-San Luigi-San Giovanni Bosco, è la riorganizzazione del personale a preoccupare maggiormente. «L’elemento più delicato - dice Maria Adele Schirru -, ma prima di definire se il personale è tanto o poco sarebbe necessario definire “per fare che cosa”. Dai documenti che ho letto non si comprende». Se sul fronte della mobilità il preside di Medicina è in linea totale con l’assessore Monferino («Se occorre spostare il personale si deve poter spostare, al di là della logica della nicchia inamovibile»), la presidente del collegio infermieri Ipasvi fa un altro ragionamento: «Non si possono spostare le persone come pedine. La mobilità richiede un percorso di formazione e di inserimento, soprattutto quando c’è un passaggio da un’azienda all’altra. E perché questo percorso sia realizzabile è necessario coinvolgere anche le istituzioni delle varie categorie, non solo il sindacato. Se i percorsi sono condivisi tutto è più facile». Paolo Trovato, segretario regionale Cimo, sostiene che «il principio della riforma è corretto», ma riferito alle Federazioni - «quando si fa una riforma si punta a semplificare, nonsi fa un altro castello sopra». Le Federazioni «sembrano più qualcosa per creare nuovi posti». Sulla rete ospedaliera «siamo sempre stati d’accordo», e sul destino del Mauriziano «meglio la complementarietà con il San Luigi». Pericoloso, invece, il trattamento «ad personam» in caso di mobilità tra Asl o ospedali: «Non si possono creare due tipologie di lavoratori che fanno le

stesse cose. Pensiamo che la Regione possa investire per risolvere questo nodo». Il 118 Di organizzazione del 118 la Cimo parlerà durante un convegno in programma il prossimo 16 aprile al Cto («Il medico proprofessionista dell’emergenza: modelli regionali a confronto»). Nel frattempo Trovato giudica positivo il fatto «che non sia nata l’annunciata azienda 118». Capitolo Valdese. Il dottor Francesco Del Tetto, responsabile col dottor Marco Camanni del Gin Team che gestisce in service la senologia, plaude all’idea di creare una «Breast Unit» con Molinette e Sant’Anna: «Sarà un’esperienza unica che permetterà all’amministrazione pubblica di mettere a confronto le diverse efficienze cliniche e gestionali nel trattamento della patologia mammaria», sostiene. Unico punto interrogativo: a fine 2012 sarà rinnovata la gestione in service della Senologia che dal Valdese traslocherà alle Molinette? Marco Accossato, La Stampa 7 aprile 2012


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I sindacati medici si schierano con Cota “Sì alla chiusura” “Ma basta annunci, adesso lo faccia sul serio” Sul destino dei piccoli ospedali, Anaao e Cimo, il sindacato della dirigenza e medica e il coordinamento nazionale dei medici ospedalieri, stanno con Cota e Monferino. «Il caso Cuorgnè concordano - è emblematico». Ciò che Gabriele Gallone, presidente Anaao Piemonte, semmai si domanda «è perché ci voglia tutto questo tempo a chiuderli o a riconvertirli: sono due anni che sentiamo parlare di strutture da ridestinare, di pericolosità sotto un certo numero di interventi, ma non è ancora capitato nulla». La questione riguarda Cuorgnè, ma anche altre strutture troppo piccole secondo i parametri considerati dalla regione: Venaria, Avigliana e Giaveno in primis. «La storia di chilometri da percorrere per raggiungere un pronto soccorso - sostiene il dottor Gallone - è un falso problema: un ospedale da 20 posti letto, con cento dipendenti e sette medici come ad Avigliana deve essere chiuso. Ma al di là delle intenzioni e delle dichiarazioni ripetute, ci risulta che un anno fa l’assessore Monferino abbia detto all’ex direttore generale Rabino esattamente il contrario, cioè che Avigliana, Venaria e Giaveno dovevano restare com’erano fino all’approvazione del nuovo piano sanitario. E adesso che il piano è stato approvato? Che cosa si aspetta ancora?». Nessun alleato, insomma, con il sindaco di Cuorgnè, Beppe Pezzetto, che aveva espresso un

altro desiderio: non solo non chiudere, ma anzi potenziare il «suo» ospedale: «Credo sia arrivato il momento che la Regione decida di investire anche sui piccoli ospedali - ha detto Pezzetto -. Va bene razionalizzare le spese, ma servono sforzi economici per rendere più efficienti le strutture del territorio». Favorevole a chiusure e riconversioni, Gabriele Gallone pone però una questione da risolvere immediatamente: «Chiudere un reparto o un ospedale significa dare risorse altrove, perché i ricoveri che non si possono fare in alcune strutture più piccole andranno comunque garantiti negli altri ospedali più grandi». La risposta al sindaco Pezzetto del presidente della Regione Cota è stata addirittura provocatoria: «Il sindaco di Cuorgnè sa benissimo che ci sono casi conclamati di amministratori piemontesi che in passato hanno protestato per mantenere l’ospedale sotto casa, ma che poi sono andati alle Moli-

nette per sottoporre se stessi a interventi». Anche Paolo Trovato concorda sul fatto che nella medicina moderna «piccolo vuol dire pericoloso». «Se la magistratura accerterà una responsabilità dell’ospedale nei casi di Cuorgnè è evidente che la conclusione non può che essere una: quando si commettono errori su pratiche abbastanza semplici e consolidate la responsabilità non può che essere la mancanza di esperienza». In ogni caso, «il destino dei piccoli ospedali è comunque quello di restare alla lunga senza grandi professionalità, perché i migliori medici tendono ad andare nei centri maggiori dove c’è più possibilità di crescita professionale e quindi di carriera». Bene chiudere e riconvertire, dunque. «Ma a patto che si potenzi come promesso il 118». Marco Accossato, La Stampa 10 luglio 2012

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Tre nuovi primari nonostante i blocchi Il sindacato: “Deroghe solo per alcuni”

In epoca di blocchi totali sulle assunzioni ci sono tre nuovi primari all' Asl To3, territorio di Rivoli, Collegno, Pinerolo, Susa. Pochi giorni prima dell' arrivo della comunicazione dell' assessorato alla sanità che a metà agosto ha comunicato il divieto di assumere e stoppato tutti gli atti aziendali in attesa delle linee guida di corso Regina (un summit con i direttori è previsto per il 14 e 15 settembre a Pianezza), Gaetano Cosenza, nuovo direttore generale dell' azienda in sostituzione di Giorgio Rabino (ora amministratore di federazione) all' inizio di agosto ha nominato un nuovo primario di cardiologia all' ospedale di Rivoli (Ferdinando Varbella) e due primari a Pinerolo, il chirurgo Mauro Garino e per l' ostetricia Nicola Ghione. Nomine accolte con molte perplessità nel mondo sanitario piemontese, dove sono numerosissimi i medici che ricoprono da anni posti di responsabilità senza avere alcun riconoscimento per il ruolo realmente svolto. Gabriele Gallone, segretario regionale del sindacato medici Anaao attacca: «Davvero incredibile che a qualcuno siano state concesse delle deroghe, quando ci sono posti come il pronto soccorso delle Molinette, dove da anni ormai lavora coma facente funzione Corrado Moiraghi dopo la morte di Valerio Gai. Ma gli esempi si sprecano, l' elenco è interminabile. Non possiamo non ritenere che ci sia qualcosa di torbido». Per il direttore generale Gaetano Cosenza nulla di anomalo: «Il bando era stato già predisposto da chi mi ha preceduto spiega - e il via della Regione è arrivato a maggio. Noi ci siamo li-

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mitati a ripubblicare la gara predisposta da Rabino. La deroga richiesta all' assessorato riguardava cinque nuove nomine, ma quando è arrivata la nota dell' assessore abbiamo fermato il bando per gli altri due incarichi. Le altre nomine erano già fatte e non abbiamo potuto fermarle». Ogni situazione viene valutata singolarmente, è la replica dell' assessorato: «Non ci sono eccezioni, la situazione indicata dal direttore generale evidentemente giustificava l' autorizzazione ad alcuni nuovi incarichi ritenuti indispensabili». Giorgio Rabino chiarisce intanto che il bando da lui predisposto risale a cinque anni prima, quando di blocchi non si parlava affatto. «A Pinerolo la situazione dei primari era davvero complicata, con una serie di pensionamenti fuori dalla norma. Quando abbiamo potuto abbiamo inviato all' assessorato la richiesta di deroga. Arrivata però solo dopo il cambio alla direzione dell' azienda».

Sara Strippoli, Repubblica 31 agosto 2012


ANAAO sui media Gallone, segretario dell’Anaoo: l’assessore Monferino dice che la situazione è migliorata, ma non può dimostrarlo

“Le regole vengono ancora ignorate e soprattutto c’è poca trasparenza”

Gabriele Gallone, l'Anaao pubblica sul sito il documento della Corte dei Conti. Quali conseguenze trae il sindacato medici dai contenuti che emergono in quella relazione? «L'impressione inevitabile è che la gestione dei conti della sanità sia totalmente in mano all'improvvisazione. Non è possibile programmarecorrettamentel'organizzazione e le spese se si conosconoi bilanci delle aziende oltre due anni dopo». L'assessore alla Sanità Paolo Monferino denuncia da tempo la situazione dei debiti delle aziende. Non crede che ci sia stato un correttivo con l'arrivo della nuova giunta? «Sinceramente credo di no. Per avere fiducia nelle affermazioni

che sentiamo di recente bisognerebbe avere sotto mano i bilanci 2010, 2011 e 2012, eliminando tutte le opacità che la Corte dei Conti denuncia in quest'ultima relazione: i debiti attuali delle aziende, secondo le dichiarazioni di Monferino, ammontano a 4 miliardi e 200 milioni. È verosimile in realtà siano aumentati rispetto a quelli del 2009, magari non così rapidamente come accadeva in passato. Il problema è che continua a non esserci trasparenza». Quale aspetto considera più negativo in quella relazione per il futuro della sanità? «Ritengo scandaloso che si violino norme regionali e statali con tale spregiudicatezza senza che nessuno ne paghi mai le conseguenze. E mi fa ridere che si con-

tinui a fissare obiettivi per i direttori generali quando le verifiche arrivano con quei ritardi. La Corte dei Conti paragona la situazione fotografata in Piemonte a quella di regioni come Molise e Calabria. Forse sarebbe il caso di cedere le armi e far arrivare il commissario». Sara Strippoli, Repubblica 3 settembre 2012

Il sindacato dei medici dirigenti

“Si tagliano i posti ma così mancheranno letti per i malati”

Dottor Gabriele Gallone, lei rappresenta il sindacato dei medici dirigenti:come giudica la riforma degli ospedali? «Non abbiamo mai avuto problemi a sostenere espressamente che i piccoli ospedali andassero chiusi, neppure all’epoca della giunta Bresso. E lo ribadiamo. È vero che con certi volumi di attività non si può garantire al malato l’esperienza e quindi la sua sicurezza». Però? «Però ci sono alcune domande a cui non sono state date ancora risposte. Risposte che bisogna avere, prima di procedere con una riforma simile.Ad esempio: in Regione come pensano di ridistribuire il personale che sarà in esubero nelle strutture e nei reparti chiusi o accorpati? Non solo: se chiudi una struttura, per quanto inefficiente sia, significa comunque togliere letti

che erano occupati da malati. Dove andranno a farsi curare quei malati che occupavano i letti? Le altre strutture sono pronte a riceverli senza ulteriormente allungare le liste d’attesa?». È un rischio non calcolato, a suo parere? «Mi risulta che il dottor Cosenza, direttore dell’Asl To3 abbia ricevuto l’input di tagliare duecento letti fra Venaria, Giaveno, Avigliana e Pomaretto. Significa che i malati che avrebbero occupato quei letti si riverseranno sugli ospedali di Rivoli, Pinerolo e il San Luigi. Chiedo: c’è il posto per loro?». Non si tratterà solo di chiudere reparti e attività ritenute non sicure. Si tratterà anche di spostare il personale. L’assessore Monferino ha sostenuto in conferenza stampa che i sindacati abbiano compreso gli obiettivi della riforma e non si met-

teranno di traverso.Conferma? «Ci sono primariati che faticosamente si sono costruiti le loro strutture, e ci sono strutture e dipartimenti, anche universitari, che non sono all’onore del mondo. Se ci saranno primari e dipartimenti da ridurre spero che sia fatto con obiettività, e che nessuno “si salvi” solo perché fa parte della cabina di regia. C’è un’altra cosa che va detta». Quale? «Ci sono molti, troppi ingiustificabili responsabili di struttura complessa di ruolo amministrativo e tecnico, e anche dipartimenti amministrativi con pochissime persone alle dipendenze. Mi auguro che la riforma riguardi anche loro». Marco Accossato, La Stampa 22 ottobre

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ANAAO sui media Ospedale a Savigliano rischia di perdere l’Emodinamica L’ospedale «Ss. Annunziata» di Savigliano «perderà» il reparto di Emodinamica, a favore dell’Asl Cn2. Almeno secondo le intenzioni della Commissione consultiva che ha inviato un documento finale (titolo: Rete per l’infarto e laboratori di emodinamica) all’assessorato regionale. Il documento (non pubblico) è stato reso noto ieri dall’Anaao Assomed, il maggiore sindacato indipendente dei medici. I «parere» indica che, nel Cuneese, «i laboratori di Savigliano e Alba devono confluire in un centro unico. Con l’apertura dell’ospedale di Verduno il Centro di emodinamica dovrà poi trasferirsi in quella sede». L’altra Emodinamica è a Cuneo, all’ospedale «S. Croce»: la maggiore per attività della Granda. Secondo i parametri della commissione «è possibile ridurre i centri di emodinamica della regione da 22 a 17» per «avere una

distribuzione di un Centro ogni 260 mila residenti». Cioè due nella Granda, a Cuneo e Alba. Non solo: la commissione raccomanda di potenziare e ridisegnare la mappa del «118 perché i centri vengono a ridursi». Gabriele Gallone, segretario regionale del sindacato: «Abbiamo pubblicato quel documento perché saranno ridotte le emodinamiche, cancellando quelle che hanno meno attività ». Francesco Morabito, direttore generale dell’Asl Cn2: «Mantenere l’emodinamica ad Alba? Scelta su cui l’assessorato era già orientato. Siamo soddisfatti: un riconoscimento ulteriore per la nostra specificità territoriale. L’Albese è il territorio della Granda più lontano dal capoluogo». Il direttore generale dell’Asl Cn1, Gianni Bonelli: «La commissione ha espresso un parere in base a parametri tecnici, ma all’assessorato spetta la deci-

Il servizio forse sarà trasferito nel complesso di Verduno

sione finale. Resta il dubbio su cosa accadrà in attesa che l’ospedale di Verduno sia terminato, tra un anno e mezzo secondo l’assessore regionale Monferino». Fra i punti a favore dell’ospedale albese, ci sono le apparecchiature (più moderne e di proprietà, mentre a Savigliano le strumentazioni sono in regime di «service », cioè in affitto, e in scadenza a dicembre). L’Emodinamica è la struttura che studia il comportamento del sangue, con diagnosi e trattamento della malattia delle coronarie e, soprattutto, gli interventi per infarto acuto, intervenendo anche su pazienti in urgenza e emergenza. La logica della riforma regionale: centri specializzati e facilmente raggiungibili da chi è stato colpito da infarto. E nella Granda dai tre attuali diventeranno due. La Stampa, 30 ottobre 2012

Moncalieri

Santa Croce, il primario di Cardiologia dice sì al trasloco dell’emodinamica Mentre in Consiglio regionale il destino delle emodinamiche spacca la maggioranza e fa uscire dall’aula un imbufalito assessore Monferino, a Moncalieri - dopo le proteste dei cittadini per l’annunciata chiusura del servizio - la dottoressa Maria Teresa Spinnler, responsabile della Cardiologia, comunica ai responsabili della Sanità piemontese la sua adesione al progetto di chiusura dell’emodinamica a Moncalieri: «Fermo restando che la sottoscritta e la sua équipe restano assolutamente convinti della necessità di un laboratorio di emodinamica per l’area di competenza del Santa Croce - premette - la scrivente aderisce al progetto del dottor

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Zanon (responsabile dell’Aress» n.d.r.)». Con una condizione: il trasferimento in blocco di 15 medici, 27 infermieri e 10 oss, e il mantenimento dell’autonomia della struttura sotto la sua direzione. «Provocazione o illusione?», scrive Gabriele Gallone, segretario regionale dell’Anaao, il sindacato dei medici dirigenti che ha reso nota sul sito la lettera datata 16 ottobre. «Vi sono poi altre richieste singolari, scorrendo la lettera, che lasciano molto perplessi - sostiene il dottor Gallone -. Certo è che lo spostamento in toto, assolutamente impraticabile, di tutta la struttura, non determinerebbe alcuno dei risparmi alla base della

possibile decisione dell’assessorato». Aperta nel 2007 e rinnovata con un investimento da un milione e 100 mila euro per la nuova apparecchiatura e l’adeguamento dei locali, «ha sempre avuto - ricorda nella lettera la dottoressa Spinnler - risultati in termini di mortalità al di sotto della soglia richiesta», e procedure positive al di sopra. Se trasferimento ci sarà, conclude il primario, dovrà comunque avvenire solo «quando la Città della Salute sarà strutturalmente in grado di accogliere l’intera Cardiologia e i pazienti». La Stampa, 31 ottobre


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ANAAO sui media “Emodinamica a Domodossola è solo un contentino elettorale” L’associazione dei primari contesta la scelta: “Allora portiamola anche in Val di Viù”

Il laboratorio di emodinamica a Domodossola è soltanto un escamotage elettorale. Zona disagiata? Allora portiamo il servizio anche in Val Viù o in Valle Argentera. A Chivasso per una storia analoga era intervenuta la magistratura». Gabriele Gallone, segretario regionale dell’Anaao, l’associazione dei medici dirigenti (i primari), non ha dubbi: «Non ci sono gli standard europei e nemmeno quelli definiti dalla Regione per aprire emodinamica nel capoluogo ossolano». Gallone critica, innanzitutto, la relazione con la quale il direttore generale dell’Asl del Vco Adriano Giacoletto illustra le motivazioni della richiesta: «Il documento evidenzia chiaramente gli interessi di bottega o meglio di bettola pre elettorale. Dalla lettura emerge anche lo scambio: vi togliamo il punto nascite e vi diamo emodinamica. Anche se non serve a niente e tutti dicono, tra cui eminenti cardiologi, citati dall’assessore regionale alla Sanità,Monferrino, che è altamente sconsigliabile aprirla». Il laboratorio di emodinamica costerà

alla Regione 4,2 milioni di euro compresa la formazione del personale. Nella fase iniziale dovrebbe funzionare dalla e 8 alle 16 e non 24 ore su 24 come raccomandato dagli standard. Ed è per questo che per Gallone l’operazione è elettorale: «A regime non ci andrà mai. E’ sufficiente che apra prima delle elezioni politiche. Questo è un territorio molto caro ad alcuni consiglieri regionali come Valerio Cattaneo e Aldo Reschigna, il primo è presidente del Consiglio regionale, l’altro è capogruppo del Pd, mica bruscolini». Non si sono fatte attendere le risposte dei due politici interessati. «Sono scandalizzato - sottolinea Cattaneo dal fatto che il capo dei primari del Piemonte dica che nel Vco emodinamica non serve. La richiesta è stata fatta sulla base delle esigenze emerse dal territorio. Mi meraviglio della posizione assunta dall’associazione dei medici dirigenti dato che i primari competenti del Vco hanno richiesto questo laboratorio a gran voce. In ogni caso se dovrò andare in galera per difendere un servizio es-

senziale per il Vco, sono pronto a pagare di persona». Allibito per le espressioni di Gallone Aldo Reschigna: «E’ legittimo che il segretario dell’Anaao Piemonte esprima tutte le critiche che vuole, respingo, però, l’accostamento di emodinamica che viene fatta a me e a Cattaneo per questioni elettorali. Questa è stata una decisione condivisa da tutto il Vco. Abbiamo chiesto emodinamica, non ora ma alcuni anni fa, per la particolarità del nostro territorio, che altrimenti per questi trattamenti cardiologici ha come riferimento soltanto Novara. Condivido con Gallone che il laboratorio non può aprire soltanto alcune ore al giorno». Ancora Cattaneo: «A questo punto mi piacerebbe conoscere l’opinione dei primari, soci dell’Anaao, che lavorano nel Vco. Erano d’accordo su emodinamica, hanno cambiato idea o sconfessano il loro segretario?» La Stampa, 2 novembre

a e 8 aallee 16” soloo dalle camente non haa senso: sarà aperta so “Tecnicamente e ’Anaao-Assome : “Tecn ’accusa dell’Anaao-Assomed: L’accusa

“A Domodossola apre l’emodinamica E’ inutile, ma ha il sostegno bipartisan”

Sanità e politica, scelte tecniche o campagna elettorale sul territorio? Gli effetti dell'eterno dilemma si sono visti martedì pomeriggio in Consiglio regionale, quando l'assessore alla sanità Paolo Monferino è uscito furente da Palazzo Lascaris dopo la bocciatura del piano di riorganizzazione delle emodinamiche. Alla fine una riduzione contenuta: da 21 a 17. Momenti ad alta tensione: consiglieri accusati di difendere gli orticelli piemontesi, assessore criticato peri suoi atteggiamenti irrispettosi della democrazia politica. La discussione sulle emodinamiche, in attesa che sia la giunta a pronunciarsi, è destinata a proseguire. La questione questa volta si sposta a Domodossola, già protagonista della battaglia delle mamme incinte che protestavano contro la chiusura del punto nascite. Dopo un periodo di indecisione, adesso il piano di riorganizzazione della rete ospedaliera conferma la

chiusura, con le mamme indirizzatea Verbania per il parto. In compenso, in tempo di riduzione delle emodinamiche e aspre proteste per la scomparsa del centro del San Luigi, una nuova emodinamica apre proprio a Domodossola. Ad annunciare la buona novella è, già a maggio del 2012, il presidente del Consiglio regionale Valerio Cattaneo. Il quale ricorda che l'emodinamica per Domodossola era un cavallo di battaglia della sua campagna elettorale per il Vcoe dice: «Promessa mantenuta...Anche grazie al mio impegno e a quello dei colleghi De Magistris, Marinelllo e Reschigna, la giunta Cota, in deroga a tutti gli standard minimi ha già invitato la direzione della nostra asl a procedere con tutte le azioni necessarie». A ricordare l'episodio è il sindacato medici Anaao-Assomed, che ha pubblicato sul sito anche il documento integrale inviato ai direttori: il piano di riorganizzazione in cui si legge che l'emodinamica di

Domodossola in via sperimentale sarà disponibile soltanto dalle 8 alle 16, per un costo complessivo di circa 4 milioni. Una scelta assurda, per il segretario regionale Gabriele Gallone. Che spiega: «Che senso ha aprire una emodinamica che chiude alle quattro del pomeriggio? Peraltro la commissione tecnica dei cardiologi si era espressa sostenendo che l'emodinamica a Domodossola non aveva i numeri per giustificare un'apertura. Diranno che si tratta di un territorio difficile da raggiungere, ma questo principio sarebbe valido a questo punto per tutte le valli sperdute del Piemonte». «A nessuno interessa se esiste un senso dal punto di vista clinico, di efficienza e di appropriatezza aggiunge - pare del tutto evidente che questa apertura abbia un senso dal punto di vista politico». Sara Strippoli, Repubblica 2 novembre

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R O M A 27 OTTOBRE 2012

MEDICI IN PIAZZA CONTRO I TAGLI


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