4 minute read

Multinazionali, corruzione, povertà e migrazioni /Responsabilità sociale

MULTINAZIONALI, CORRUZIONE, POVERTÀ E MIGRAZIONI

di Marta D’Alia

Advertisement

Si sente spesso ripetere il leit motiv “aiutiamoli a casa loro”, riferito ai migranti che scappano da situazioni di povertà diffusa e guerre in numerosi paesi dell’Africa Sub-sahariana, dalla Siria, dallo Yemen e da altri numerosi paesi. Ma pochi si interrogano su come sia possibile trasformare questo modo di dire generalmente vuoto in un esperimento concreto di cooperazione.

L’esempio di ciò che può accadere è la Costa d’Avorio, paese che dopo un colpo di stato alla fine degli anni ‘90, ha vissuto una spaccatura del paese letteralmente in due (il Nord e il Sud) per otto lunghi anni in cui la linea di demarcazione al centro del paese è stata controllata dalla Forza Licorne francese. Nel 2010, si sono tenute le prime elezioni democratiche dopo undici anni di empasse e governo di unità nazionale. A seguito di tali elezioni, sono però seguite degli scontri post-elettorali terminati nell’aprile del 2011 quando l’attuale Presidente della Repubblica, Alassane Ouattara, economista stimato a livello internazionale, assume legittimamente la presidenza. Il paese da lui guidato vive sin da quel momento una fase di grande espansione economica con un PIL annuo che si è aggirato negli ultimi otto anni intorno alla media annua del +7%. Eppure la Costa d’Avorio è attualmente e già da diversi anni uno dei primi paesi di emigrazione dell’Africa dell’Ovest. Allora la domanda è: perché? Se si analizzano i fenomeni socio-economici ivoriani, è possibile notare un enorme divario tra le condizioni di vita della metropoli Abidjan di una classe media sempre più benestante e tendenzialmente non disposta a migrare, e le condizioni di vita nelle campagne e nella zone più remote del paese, in cui i trafficanti di esseri umani effettuano il recruitment di coloro che diventeranno migranti irregolari, in un percorso che li porterà in Libia prima e solo in caso fortunato, in Europa dopo. E allora se la povertà è un elemento atavico che spinge in tutte le parti del mondo gli esseri umani che ne sono afflitti, a migrare, oggi come nel passato, è pur vero che altre altrettanto rilevanti ragioni possono essere individuate come cause o con-cause del fenomeno migratorio. Tra queste, è indubbio che la corruzione e lo sfruttamento delle terre e delle materie prime da parte di multinazionali abbiano una rilevanza enorme. La responsabilità del

primo elemento, la corruzione, è a mio avviso da attribuirsi in primo luogo alle classi dirigenti degli stessi paesi di emigrazione, i quali, spesso formati ed educati in Europa o negli Stati Uniti, sono sprezzanti verso l’etica politica e il rispetto della cosa pubblica. Il secondo elemento è in qualche maniera una conseguenza del primo e a sua volta una causa indipendente che fomenta la migrazione illegale. Infatti, le multinazionali dovrebbero essere tenute al rispetto dei principi basilari del corporate social responsibility come elemento di guida dell’azione strategica ed economica della stessa società che tenga conto delle ripercussioni economiche, sociali e ambientali del proprio operato. Dall’altro lato, però, se anche le multinazionali, come è chiaro che sia, spesso disconoscono tali principi guida nella strategia da loro adottata per indirizzare le loro azioni, è pur vero che le azioni prive di scrupoli di tali attori dovrebbero incontrare l’opposizione dei dirigenti nazionali, il cui faro a loro volta dovrebbe essere lo sviluppo sostenibile del proprio paese dal punto di vista sociale ed ambientale. E allora che significa “aiutiamoli a casa loro”? Che contenuto positivo è possibile attribuire a questo concetto che di per sé nasconde la volontà di scrollarsi dalle responsabilità nei confronti di esseri umani che hanno la pecca di sperare in un futuro migliore per loro e le loro famiglie?

L’aiuto in loco più pertinente in questo contesto è la cooperazione internazionale, non considerata solo nell’accezione della cooperazione umanitaria, seppur importante e necessaria in alcune aree del mondo. L’elaborare strategie per una cooperazione internazionale nei campi della conoscenza, della ricerca e nello sviluppo, nella formazione è ciò che può servire per modificare la percezione di un’intera generazione di giovani dei paesi emergenti. è solo con una società civile più consapevole, meglio istruita e più critica, che molti malcostumi legati alla corruzione e allo sfruttamento possono essere eliminati o quanto meno notevolmente circoscritti. è solo attraverso la formazione di una società civile attenta, che i dirigenti politici dovranno riflettere prima di agire in maniera sconsiderata, svendendo parti del proprio paese, concedendo autorizzazioni impossibili, o accettando compromessi di qualsiasi tipo. E questo circuito positivo è vero nei paesi emergenti come nei paesi occidentali, come l’Italia, ancora oggi afflitta da povertà e corruzione e incapace di valutare la propria classe politica e dirigente.

Residenti che camminano sotto i cavi elettrici collegati sopra i tetti in un quartiere di Abidjan.

Residenti che camminano sotto i cavi elettrici collegati sopra i tetti in un quartiere di Abidjan.

Abidja, 1 giugno 2019 © SIA KAMBOU/AFP/Getty Images

Un uomo mostra soldi spicci in Franchi CFA in un mercato di Abidjan. In  Costa d’Avorio, così come in molti altri paesi dell’area geografica, la  mancanza di soldi spicci mette freno alle transizioni quotidiane e  incoraggia le popolazioni locali a trovare soluzioni alternative.

Un uomo mostra soldi spicci in Franchi CFA in un mercato di Abidjan. In Costa d’Avorio, così come in molti altri paesi dell’area geografica, la mancanza di soldi spicci mette freno alle transizioni quotidiane e incoraggia le popolazioni locali a trovare soluzioni alternative.

Abidjan, 29 marzo 2019 © SIA KAMBOU/AFP/Getty Images

Marta D’Alia: Esperta di Diritto Internazionale Umanitario. Assistente giuridico nella promozione degli investimenti di imprese italiane nell’Africa dell’Ovest