GiornAli_6_Gioco e Rischio_inverno2020

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A cura di

n°6rno 2020 inve

Tema del sesto numero:

Gioco e

Solo chi gioca è v ivo!

Rischio In questo numero hanno scritto con noi: - Anna Oliverio Ferraris - Gianfranco Staccioli - Antonio Di Pietro - Renzo La Porta

Fanzine ludica sul Gioco e sul Giocare

il GiornAli IN QUESTO NUMERO:

«In giro giocando...» «Tracce dalle Regioni» «I consigli del Riccio»

«Ludospunti tra libri e film» «Oroscopo ludico» «Articoli vari a tema» new entry: «GenitoriBus»


Gioco e

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DALLA REDAZIONE Care lettrici e cari lettori, siamo giunti ad un nuovo anno e un nuovo numero del nostro GiornAli.

Il tema scelto per questo inverno 2020 riguarda un argomento che ci ha interpellato tutti, sotto molti punti di vista, come non mai, in questo anno appena terminato: la sicurezza. Angela Hanscom, terapista occupazionale pediatrica e fondatrice di TimberNook, un programma per l'età evolutiva fondato sul contatto con la natura, scrive nel suo libro Giocare all'aria aperta , proprio in un capitolo dedicato alla sicurezza: Quando mia figlia era ancora ai primi passi la rincorrevo dappertutto per assicurarmi che non incappasse in qualche pericolo. Ogni millimetro di casa nostra era a prova di bambino e reso sicuro. Quando camminava ero la sua ombra per paura che inciampasse. Con le salviettine igienizzanti, sempre a portata di mano, disinfettavo ogni possibile superficie su cui avremmo mangiato; le facevo sempre indossare cappellini parasole e crema solare. [ ] Non ricordo di averla mai portata molto fuori a giocare. Se pure l'ho fatto, è stato al parco giochi vicino casa. Non mi balenò mai per la testa di portarla a esplorare i bellissimi 48.000 metri quadrati di bosco del nostro giardino. È stato solo molto più tardi che ho capito di aver commesso un grosso errore. Quando ha iniziato a manifestare ansie, tendenze aggressive, problemi sensoriali, ho realizzato che ci eravamo allontanate dall'unica cosa che avrebbe potuto aiutarla: tempo da trascorrere da sola nella natura. [ ] I timori si manifestano in diversi modi, gli adulti temono che i bambini vengano rapiti, che si perdano, si facciano male. Esistono anche paure minori,

come le punture d'insetto, l'incontro con animali selvatici e le piante velenose Quante volte sono balenate nella testa di ogni genitore queste paure Abbiamo cercato come sempre di raccogliere diverse riflessioni e punti di vista, differenti spunti e idee per affrontare un tema ricorrente nel nostro lavoro. Nomi illustri hanno fornito il loro contributo in questo numero, ma più di ogni altra cosa ci porremo, come sempre, delle domande. Che cosa ha a che fare il gioco con la sicurezza? Quando (noi adulti) possiamo ritenerci tranquilli e sicuri nel far giocare i nostri bambini? Che cosa ha a che fare la sicurezza con temi più ampi, come la fiducia, l'autostima, la paura, il riconoscimento di sé? Perché correre qualche rischio può essere aspetto cruciale per la crescita del bambino? Da sempre noi di Ali per Giocare siamo i promotori del gioco libero, indipendente, all'aria aperta, del gioco fatto con pochi materiali, spesso di recupero, siamo i piccoli custodi di un mondo in cui i bambini e i ragazzi possono sperimentarsi anche con strumenti che solitamente sono loro vietati, o possono correre per strada, in piazza o in un bosco e da sempre abbiamo a che fare con l'argomento sicurezza . Speriamo di fornire qualche spunto e di aiutare anche voi lettori a porvi domande sull'argomento, soprattutto in questo anno in cui davvero abbiamo avuto a che fare con il tema anche sotto il punto di vista sanitario. Vi auguriamo buona lettura e vi invitiamo a scriverci commenti, riflessioni, domande su questo e altri argomenti legati al gioco, alla mail: redazionealipergiocare@gmail.com, per tenerci in contatto, nonostante tutto, per creare una rete educativa allargata e generativa. Buona lettura! La Redazione


Fanzine ludica sul Gioco e sul Giocare

INDICE «In giro giocando...» .................................pag.3 Resoconto delle ultime novità ludiche sul panorama nazionale e internazionale:

- Play in Lockdown..................................................pag. 3 - L'animazione ludica ai tempi del coronavirus.......pag. 4 - Manifesto contro la discriminazione nel gioco delle bambine e dei bambini con disabilità...........pag. 5 - Gioco-Cultura-Educazioe....................................pag. 8 - Cartoline...Virtuali......................................pag. 15

«Tracce dalle Regioni».............pag. 16 Racconti e spunti provenienti dalle Regioni e dai territori in cui sono presenti i soci di Ali per Giocare:

Alchimia Coop. Sociale...................pag. 16 Coop. Sociale Energicamente............pag. 18

«I consigli del Riccio» .....................pag. 19 Consigli e segnalazioni sulle imperdibili novità dal mondo dei giochi da tavolo

«Ludospunti tra libri e film» ..........pag. 22 Rubrica ludo-cine-letteraria a Tema

«GenitoriBus» ..........................................pag. 24 Nuova rubrica dedicata ai ludoGenitori

«Articoli a tema» ....................................pag.25 - Oroscopo ludico........................................pag. 25 - Giochi e rischi.........................................pag. 27 - Infanzia e sicurezza.............................pag. 29 - Rischi da giocare......................................pag. 33 - Giocare all'aria aperta: un rischio da correre... senza sudare?.........................................pag. 36 - I giochi dei bambini e le paure degli adulti....pag. 38 - Luis e il rischio misurato..........................pag. 40

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In giro giocando... Resoconto delle ultime novità ludiche sul panorama nazionale e internazionale

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PLAY IN LOCKDOWN 24 Agosto 2020 Giocare in lockdown: Uno studio internazionale sulle risposte dei governi e della società civile al Covid-19 e il loro impatto sul gioco e sulla mobilità dei bambini SINTESI DELLO STUDIO Il presente rapporto espone i risultati di uno studio globale sull'impatt o delle misure indotte dalla pandemia di Covid-19 sul gioco e la mobilità dei bambini. Lo scopo dello studio è quello di fornire informazioni di base, per permettere un confronto internazionale, e per raccogliere le buone prati che emergenti su come queste misure (che hanno conseguenze negati ve significati ve per la salute e il benessere dei bambini) possono essere mitigate. Il rapporto inizia con alcuni aspetti contestuali, tra cui una panoramica delle prove cliniche ed epidemiologiche, e una disamina degli elementi e delle tesi che stanno emergendo sui danni collaterali ai bambini dovuti alle misure di isolamento. Lo studio uti lizza un "Indice di lockdown per bambini" appositamente creato per consenti re confronti significati vi tra i vari Paesi. E' evidente che il rischio da parte dei bambini di contrarre la malattia è molto ridotto. Di conseguenza, l'attuazione di misure che li danneggiano è una scelta - implicita o esplicita – che accetta questo danno collaterale, e che sia un prezzo che vale la pena pagare per il bene comune. Questo rapporto non commenta tale scelta, anche perché il quadro è ancora incompleto. Tuttavia, lo studio è importante per portare alla luce i sacrifici che i bambini sono stati chiamati a fare, e le potenziali conseguenze per i loro diritti , la loro salute e il loro benessere. I garanti dei diritti dei bambini di tutt o il mondo devono collaborare con i governi per trovare soluzioni che affronti no la privazione del gioco e riducano al minimo l'impatt o sullo sviluppo dei bambini. SCARICA LO STUDIO IN VERSIONE INTEGRALE: http://www.alipergiocare.org/images/IPA%20Covi d%20report%20-%20ITA.pdf

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L'ANIMAZIONE LUDICA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS Una piccola ricerca fra i soci ALI sull'estate ludica 2020 La fine dell'anno è il momento in cui ci si ferma a riflettere su come sono andate le varie attività e su come ripartire. A maggior ragione se ne sente l'esigenza alla fine di questo 2020 così difficile e doloroso. ALI ha voluto esplorare come l'esperienza della pandemia ha toccato l'attività dei propri soci con un breve questionario sulle attività di ludobus e ludoteche nel periodo primavera-estate. Hanno risposto 17 realtà di 9 regioni italiane: 8 associazioni, 7 cooperative, 1 società e un ente pubblico. Un piccolo spaccato del mondo dell'animazione ludica e delle difficoltà che si è trovato ad affrontare. La pandemia e il conseguente lockdown della primavera 2020 ha colpito duro: 2 realtà hanno cessato definitivamente la loro attività, la maggior parte delle rimanenti ha avuto una riduzione totale o quasi delle loro iniziative. L'attività dei ludobus è stata quella più penalizzata: delle 16 realtà che propongono attività di ludobus, 5 non hanno effettuato alcuna uscita e altre 8 meno di 10 uscite durante tutto il periodo marzo-settembre. Solo tre realtà sono riuscite ad effettuare un numero significativo di uscite, comunque però con una riduzione molto importante rispetto agli scorsi anni. Per quanto riguarda le ludoteche, la maggior parte delle realtà hanno riaperto da giugnosettembre con varie modalità che ne hanno ridotto le normali attività: solo prestito giochi, oppure senza la presenza dei genitori per cui solo per i bambini/e della primaria, con numeri contingentati e orari di presenza ridotti, oppure solo negli spazi esterni. Le attività dei ludobus sono state svolte sulla base di protocolli specifici per la prevenzione della diffusione della pandemia, spesso sulla base del protocollo definito da ALI, anche in questa occasione prezioso luogo di riflessione ed elaborazione condivise. Questo ha permesso di operare in sicurezza, portando alcune difficoltà di ordine logistico-organizzativo: tempi più lunghi di montaggio, regole più rigide da spiegare, gestione dei turni, tempi dedicati alla disinfezione. Emergono dalle risposte però alcuni elementi di senso interessanti per future riflessioni: il ruolo dell'animatore ludico che in molte situa-

zioni scade in quello del controllore delle regole o dell'igienizzatore; il rapporto conflittuale fra le regole e il bisogno di espressione ludica, in particolare da parte degli adolescenti; il dover far condividere il senso della preoccupazione con il desiderio di mettersi in gioco e a giocare; il senso dell'attesa a fronte del desiderio di appagamento immediato, anche negli adulti. Una domanda specifica ha riguardato i centri estivi: sostanzialmente sono stati attivati da quasi tutte le realtà che hanno risposto al questionario, con numeri inferiori agli scorsi anni, ma non in misura molto preoccupante. Gruppi ristretti, molta attività all'aperto, protocolli di prevenzione più rigidi, ma complessivamente un'attività che si è svolta in modo soddisfacente per operatori, ragazzi/e e famiglie. In particolare nelle famiglie sembra sia prevalso il desiderio di trovare proposte animative per i propri figli/e più che la preoccupazione per eventuali contagi: molti nostri soci sottolineano come le preoccupazioni sulle attenzioni preventive siano state molto meno presenti nei genitori rispetto all'espressione di un ringraziamento molto forte per le opportunità offerte di gioco e di animazione. Gigi Riva

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IL MANIFESTO CONTRO LA DISCRIMINAZIONE NEL GIOCO DELLE BAMBINE E DEI BAMBINI CON DISABILITÀ: Un impegno che ci riguarda tutte e tutti

“Disabilità: la discriminazione non si somma, si moltiplica. Azioni e strumenti innovativi per riconoscere e contrastare le discriminazioni multiple” questo il tema chiave del progetto promosso dalla Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap (FISH), finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, nell'ambito del quale è nato il Manifesto contro la discriminazione nel gioco delle bambine e dei bambini con disabilità. Prima di approfondire le caratteristiche di tale documento pare doveroso inquadrare il tema generale, sottolineando l'importanza della scelta di un attore importante qual è Fish, di affrontare il tema della multidiscriminazione creando un contesto nel quale diverse organizzazioni, con background differenti e operatività talvolta lontane, hanno potuto confrontarsi e lavorare insieme con un unico obiettivo: porre l'attenzione sul tema delle discriminazioni multiple cui sono ancora troppo spesso soggette quelle persone che assommano alla disabilità ulteriori fattori di rischio – quali età, genere, cittadinanza, orientamento sessuale/identità di genere – e diffondere la cultura dell'inclusione e delle pari opportunità. Un'azione centrale del progetto è stata la creazione e animazione di cinque comunità di pratica, una per ciascun fattore di rischio che può sommarsi alla disabilità, per favorire la circolazione delle conoscenze, la costruzione condivisa di saperi e l'identificazione di strumenti per il riconoscimento e il contrasto alle discriminazioni multiple. Proprio nell'ambito della comu-

nità di pratiche che ha affrontato il tema dei minori con disabilità è nato il Manifesto contro la discriminazione nel gioco delle bambine e dei bambini con disabilità, frutto del lavoro di Laura Borghetto, Presidente dei L'abilità Associazione Onlus, Milano, con la collaborazione di Stefania Pedroni, Uildm; Fabio Amanti – Parent Project; Luisella Bosisio Fazi – Ledha; Nicola Tagliani – Aipd. È parso fin da subito importante circoscrivere il tema concentrando l'attenzione del gruppo di lavoro ad un ambito che potesse essere emblematico e rappresentativo della discriminazione per le bambine e i bambini con disabilità: il gioco. Proprio l'impossibilità di godere del diritto al gioco, infatti, racchiude in sé tutti gli elementi della discriminazione che vede penalizzati i bambini e le bambine con disabilità: nella carenza di opportunità di gioco si concretizza lo stigma che questa società attribuisce alla condizione della persona con disabilità, determinandone l'allontanamento se non addirittura la segregazione. Ancora, il fatto che un bambino con disabilità possa e debba giocare ancora troppo spesso non è riconosciuto come bisogno, dagli operatori e dai contesti sociali, quali ad esempio la scuola e, talvolta nemmeno dalle famiglie: si riscontra una sottovalutazione del tema e in generale una carenza di visione rispetto alle necessità del mondo dell'infanzia, ancor più grave quando si parla di bambine e bambini con disabilità. Sono altresì carenti le politiche culturali nel nostro Paese.

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Quando si parla di minori troppo spesso si enfatizzano attività legate agli apprendimenti, al gioco digitale o ancora allo sport: tutte attività di interesse indiscusso, ma che sono strutturate su obiettivi e percorsi di performance che poco hanno a che fare con il gioco. E non è più possibile attribuire tali carenze alla scarsità di risorse, che pure è ovviamente parte del problema. È necessario, infatti, riconoscere che ancor oggi è scarsa la formazione e la consapevolezza degli operatori, che troppo spesso vedono il gioco unicamente come occasione di terapia e abilitazione e non come opportunità di piacere e divertimento per i bambini o che ancora non hanno le competenze necessarie ad accompagnare e facilitare nel gioco i minori con disabilità. Come altresì è scarsa l'informazione rispetto a questi temi.

È sembrato importante inserirsi in un contesto così problematico e che presenta ampi margini di miglioramento con un approccio che fosse dirompente e di rottura: proprio per questo si è scelto di strutturare un Manifesto contro la discriminazione, per sottolineare tutti gli ambiti di incertezza e carenza ma al tempo stesso delineare possibili linee di azione che vedano coinvolti

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quanti credono che il gioco sia un diritto per tutte e tutti, e non solo sulla carta. Il documento, consultabile sul sito di Fish Onlus (https://www.fishonlus.it/progetti/multidiscrim inazione/azioni/digital-talk.html) si basa sulla consapevolezza che la discriminazione nel gioco nasce dalla mancanza di precise condizioni ambientali, nell'accezione che dà di ambiente la Classificazione Internazionale del Funzionamento, e a partire da tre parole chiave fondamentali - responsabilità, azione e partecipazione. Responsabilità perché chiunque non garantisca l'universalità del diritto al gioco, nell'esercizio delle proprie funzioni come decisore politico, amministratore, specialista nell'ambito sanitario, sociale e scolastico, organizzazione del terzo settore, genitore, imprenditore discrimina la bambina e il bambino con disabilità e chiunque pensi che il gioco sia futile e secondario, impossibile o inutile in condizioni di disabilità compie un atto di discriminazione: siamo quindi tutti coinvolti e tutti possiamo impegnarci in azioni per combattere la discriminazione. Come? Nel Manifesto si propongono alcune azioni che, dai rispettivi presidi e ruoli, ciascuno di noi può mettere in pratica: Ÿ costruire luoghi che siano accessibili e fruibili a tutti Ÿ lottare contro i pregiudizi e lo stigma culturale e sociale Ÿ sensibilizzare la famiglia, i servizi, la scuola Ÿ implementare percorsi di formazione specifica Ÿ favorire connessioni e scambi di know how tra imprenditori, laboratori di ricerca tecnologica e pedagogica e esperienze sul territorio per creare e produrre giochi inclusivi Ÿ incentivare le aziende che sviluppano e producono giochi inclusivi seguendo le linee guida del design for all Ÿ aumentare le risorse e gli investimenti pubblici su progetti specifici legati al gioco e a contrastare fenomeni di povertà educativa nell'ambito dell'infanzia Ÿ implementare campagne di sensibilizzazione Chiunque come cittadino e membro della società civile ha il dovere di combattere l'idea che il gioco sia futile e secondario, impossibile o inutile e ingaggiarsi laddove coglie i segni e gli effetti della discriminazione.

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L'impegno può esprimersi in diversi ambiti: Ÿ sostenendo e aderendo a associazioni e gruppi di advocacy che si adoperano per i diritti delle bambine e dei -bambini con disabilità Ÿ aderendo a campagne di sensibilizzazione Ÿ testimoniando sui media buone prassi Ÿ denunciando inefficienze e carenze Ÿ collaborando come volontario a organizzazioni che operano nel settore.

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nell'ambito di un seppur interessante progetto, ma trovi concretezza e implementazione? La sfida lanciata è ambiziosa e individua già tre possibili linee d'azione per combattere la discriminazione nel gioco: 1) Il Manifesto deve giungere all'attenzione delle Istituzioni affinché sia messa in agenda la creazione di una legge per la promozione e il finanziamento di spazio gioco, ludoteche, parchi accessibili e inclusivi; 2) È indispensabile avviare una mappatura degli spazi, dei luoghi, dei servizi che siano inclusivi e al tempo stesso costruire dati certi, sia quantitativi che qualitativi, che possano descrivere il tema del gioco nella vita del bambino con disabilità – per denunciare carenze e al tempo stesso per sottolineare best practice; 3) È di fondamentale importanza portare all'attenzione dell'opinione pubblica questi temi, avviando una campagna di sensibilizzazione e comunicazione che attivi il pensiero e con esso l'azione. È necessario fare quindi, ma ancor più importante è necessario fare insieme, perché questa battaglia ci riguarda tutte e tutti e non può essere vinta se non con l'impegno di ciascuno. Per informazioni e approfondimenti www.labilita.org progetti@labilita.org

Nessuno si senta quindi escluso: la battaglia contro la discriminazione nel gioco per le bambine e i bambini con disabilità necessita della partecipazione e dell'impegno di ciascuno, perché in definitiva si tratta di una battaglia di civiltà, per garantire un diritto fondamentale di tutte le bambine e di tutti i bambini. Ma come dare concretezza al Manifesto, affinché non rimanga unicamente esercizio di stile

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GIOCO – CULTURA – EDUCAZIONE attivo in Udine dal 1924 al 1971. CONVEGNO GIOCO E EDUCAZIONE – [FAR] GIOCARE APRE SPAZI, FISICI E MENTALI

Il 30 settembre 2020 Udine ha ospitato tre incontri sui temi del gioco, della cultura e dell'educazione. Organizzati dal Comune di Udine, gli incontri sono stati dedicati alla figura del giornalista, scrittore ed esperto di giochi Giampaolo Dossena e alla collezione Ida Sello. L'occasione è stata offerta dal compleanno di Dossena, che avrebbe compiuto in tale data 90 anni. Il giornalista, che ha curato delle seguitissime rubriche di giochi sulle maggiori testate nazionali (La Stampa, La Repubblica, L'Espresso, Il Sole 24 Ore, L'Europeo, Linus, ), ha anche descritto, nel delizioso libro Abbasso la pedagogia (pubblicato nel 1993 da Garzanti e recentemente riedito da Marietti 1820) il patrimonio di giochi, giocattoli e strumenti didattici presenti nel negozio di Ida Sello,

Gli incontri sono stati aperti nella mattinata dal convegno Gioco e educazione – [far] giocare apre spazi, fisici e mentali, patrocinato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, dall'Università degli Studi di Udine, da Ali per Giocare, Associazione Italiana dei Ludobus e delle Ludoteche e dalla LUNGI, Libera Università del Gioco. Ha portato il saluto dell'Amministrazione Comunale l'Assessore all'Istruzione Elisa Asia Battaglia. Ha inaugurato i lavori Roberto Farné, con un intervento su Cosa si impara quando si gioca. Professore ordinario in Didattica generale, Farné insegna Pedagogia del gioco e dello sport nel corso di laurea in Scienze motorie presso il dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita dell'Università di Bologna. Nel suo intervento ha sottolineato che il gioco è a tutti gli effetti parte della cultura, al pari della letteratura, della scienza e del teatro. La ricerca scientifica ci dice che le (buone) esperienze ludiche determinano in misura considerevole la qualità della vita di ogni individuo. Educare al gioco significa mantenere viva la dimensione del gioco nelle diverse età della vita (long life playing). Il gioco educa di per sé, sempre e comunque. È importante recuperare la dimensione spontanea, naturale e libera del gioco. Bisogna capire che il gioco può/sa essere un'occasione di sviluppo, di crescita, di apprendimento e di cultura non meno di quanto lo sia il materiale di una biblioteca. Gianluca Daffi, psicologo, docente presso l'Università del Sacro Cuore di Milano e Brescia,

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ha parlato di Game Training: è possibile sviluppare i network delle funzioni esecutive attraverso il gioco? C'è un modo per rendere i bambini sufficientemente competenti dal punto di vista esecutivo per gestire compiti che sono loro quotidianamente richiesti nei loro ambienti di vita, in particolare a scuola? Partendo da questa domanda Daffi ha sviluppato un metodo, il Game Training, che utilizza il gioco come occasione di stimolazione cognitiva in grado di promuovere competenze esecutive. Il Game Trainer può intervenire nell'ambito scolastico come formatore, supervisore e motivatore di insegnanti e bambini. Il gioco è un magnifico strumento per aiutare il cervello del bambino a crescere e adattarsi alle richieste dell'ambiente e forse di più!

Didattica ludica è l'argomento trattato da Andrea Ligabue, del Game Science Center dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e direttore artistico di Play-Festival del gioco di Modena, con una lunga esperienza nell'utilizzo dei giochi da tavolo e di ruolo moderni in ambito scolastico. Il gioco è un'attività esperienziale attraverso la quale i partecipanti apprendono o sviluppano competenze. Per gioco si intende “un sistema al cui interno i giocatori scelgono di impegnarsi in un conflitto artificiale, ben definito da regole, che porta a un risultato quantificabile” (M. Bertolo, I. Mariani). Il Game Based Learning è la disciplina che studia e applica il gioco in campo educativo, come strumento per l'apprendimento (R. Nesti). Gli aspetti importanti da considerare nella didattica ludica sono spazi e tempi ade-

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guati e la progettazione. Sono altrettanto rilevanti le fasi della formazione dei gruppi, della spiegazione delle regole e del debriefing finale. Ligabue conclude ricordando la figura di Roberto Flaibani, recentemente scomparso, eminente personaggio del mondo ludico, editore della rivista Agonistika News, che nel suo primo numero ospitò un articolo di Giampaolo Dossena. È seguito un brioso intervento su Giocare con niente a cura di Antonio Di Pietro, pedagogista ludico, docente a contratto presso l'Università di Firenze, Presidente del Cemea Toscana. Attento osservatore del gioco dei bambini con materiali non strutturati, Di Pietro chiede che venga assegnata la stessa dignità del gioco guidato al gioco libero, che spesso passa sotto-

traccia e inosservato e che può essere favorito dall'atteggiamento ludico dell'adulto nell'apprezzare le idee spontanee del bambino e grazie alla qualità degli oggetti presenti nell'ambiente educativo. Maggiori sono le esperienze sensoriali dei bambini, maggiori saranno le connessioni dei neuroni. Ecco l'invito a offrire e utilizzare oggetti “impertinenti” per l'uso fantasioso e su misura da parte dei bambini. Giocare con niente vuol dire: guardare i bambini con uno sguardo diverso quando stanno facendo qualcosa che non ci aspettiamo; valorizzare lo spirito di iniziativa; raccontare le loro scoperte; ricordarci che i bambini pensano; accogliere il loro modo di vedere il mondo; ricordarci che sono cittadini qui e ora; attivare contrattazioni; permettere

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loro di progettare; attivare progetti di inclusione. Questo ed altro è giocare con niente e… scusate se è poco! È seguita un'incursione circense di Claudio Madia, saltimbanco e autore di testi sul gioco e sul piccolo circo, che ha proposto giochi di destrezza con il corpo e con la fantasia, come cavalcare uno stendipanni! Ci ha ricordato che il gioco è rivoluzionario.

Beniamino Sidoti, scrittore, giornalista e autore di giochi, ha parlato di Giocare per stare insieme. In tempi in cui è necessario osservare la distanza sociale, il gioco è, paradossalmente, un luogo, anche astratto, in cui si può stare insieme. Il gioco è uno spazio di libertà, definito da regole che i giocatori hanno scelto di rispettare (Spartaco Albertarelli). I buoni giochi sono inclusivi, a prescindere dai giocatori. Anche i giochi scemi , quelli facili da fare, immediatamente coinvolgenti, che diventano virali (i “giochilli”) ci permettono di stare bene insieme. Il Direttore della Biblioteca Civica di Udine Romano Vecchiet ha parlato di Adolfo Pick e il lascito alla Biblioteca Joppi. Adolfo Pick, pedagogista, nasce nella Boemia meridionale nel 1829. Fu divulgatore delle teorie di Frőbel (1782-1852). Visse e insegnò per gran parte della sua esistenza a Venezia. Attento alla cultura popolare, promosse l'istituzione di diversi giardini d'infanzia. Scrisse: “Lasciate che i vostri fanciulli corrano, saltino, si arrampichino, tocchino e vedano e giochino con i loro coetanei, abbiano balocchi atti ad essere

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osservati, sconnessi, composti e trasformati, e voi agevolerete in modo naturale il loro sviluppo”. Fu amico di Gabriele Luigi Pecile, deputato, senatore e sindaco di Udine. Con il suo appoggio, Pick promosse l'istituzione nel capoluogo friulano di diversi giardini dell'infanzia, tra cui il più noto, tuttora funzionante, è quello dedicato a Marco Volpe. Alla biblioteca udinese donò il suo ricco patrimonio librario. Morì a Venezia nel 1894. Anche il filosofo Pier Aldo Rovatti è intervenuto rispondendo a due domande. La prima: “È possibile insegnare e apprendere senza chiamare in causa l'esperienza del gioco?” Risposta: L'insegnamento non può essere autoritario, ma deve lasciare dei margini, sia in chi apprende sia in chi insegna, deve esserci un gioco, appunto. Il buon insegnante deve essere capace di mettersi in questione, deve mettersi in gioco. Se i bambini non sanno più giocare (perché i genitori non sanno più giocare), l'apprendimento ne risente. Seconda domanda: “È meglio essere più lucidi o più lucidi?” Risposta: Questo gioco di parole è interessante, perché svela due tipi di pregiudizio: “se sei ludico non sei lucido” e “per essere lucido non devi essere ludico”. Entrambe le affermazioni sono criticabili e non veritiere.

L'ultimo intervento, su Gioco e educazione tra una generazione e l'altra, è stato quello di Davide Zoletto, professore associato di Pedagogia generale e sociale presso l'Università degli Studi di Udine, che ha portato il saluto del Magnifico Rettore prof. Roberto Pinton, il quale, nell'apprezzare l'iniziativa, ha sottolineato il valore del gioco e della cultura ludica. D'inciso, Zoletto ricorda che secondo Huizinga (autore di Homo ludens) il sapere e l'università hanno un'importante ma-

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trice ludica e nascono dal gioco e dal giocare. Cos'è il gioco oggi nella cultura contemporanea? Cos'è il gioco nelle pratiche degli adulti di oggi? Dal punto di vista antropologico è interessante osservare come si gioca e si giocava altrove, sia nel tempo che nello spazio. Una delle cose più importanti che emerge è che il gioco è sempre caratterizzato fortemente dal rapporto tra le generazioni, in cui è l'adulto che influenza il gioco e mette a disposizione il materiale ludico. Nei diversi modi di giocare c'è sempre una partecipazione guidata che presenta caratteristiche di relazione educativa. Attualmente è prevalente il modello dell'educazione formale, contrapposto a quello che si svolge in contesti non formali. I bambini hanno sempre meno occasione di giocare in situazioni non organizzate. Zoletto ritiene necessario procedere ad una mappatura di tutti i luoghi dove si gioca, che spesso non conosciamo. Da questi potrebbero emergere delle pedagogie del gioco che ancora non trovano spazio nei libri e nei convegni. L'incontro è stato seguito e commentato in diretta dalle vignette di Andrea Mori, fondatore della coop. Progetto Città di Bari e presidente emerito dell'Associazione Italiana dei Ludobus e delle Ludoteche. In queste pagine riportiamo alcune opere del “convignettista”.

PRESENTAZIONE DELLA RIEDIZIONE DI ABBASSO LA PEDAGOGIA DI GIAMPAOLO DOSSENA Nel pomeriggio sono ripresi i lavori con la presentazione del libro Abbasso la pedagogia di Giampaolo Dossena, riedito da Marietti 1820. L'incontro è stato moderato dal giornalista Gianpaolo Carbonetto, che ha presentato i tre protagonisti della conversazione. Primo: il libro, ristampato a 27 anni dalla prima edizione, a testimonianza di un testo che non risente della moda del momento, ma che affronta argomenti di piena attualità; secondo: l'autore, che

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avrebbe compiuto ora 90 anni, che per decenni, praticamente unico in Italia, ha cercato di far capire, con le sue opere, che il gioco è una cosa seria; terzo: la collezione Ida Sello, curata con amore e abnegazione dalla pronipote Maria, definita da Dossena una scoperta archeologica e tipico esempio di tesori non valorizzati come meriterebbero.

È intervenuto Roberto Alessandrini, direttore editoriale della casa editrice Marietti 1820. Ci sono libri nuovi che invecchiano subito e libri meno recenti che non invecchiano, ma diventano introvabili. Per questo Marietti ha ripubblicato il libro Abbasso la pedagogia di Giampaolo Dossena, un testo brillante e piacevole che continua ad offrire importanti spunti di riflessione. Ne cita alcuni: la capacità del gioco di aprire spazi di novità e di creatività dando forma al desiderio di vivere esperienze diverse da quelle della vita ordinaria; la relazione tra gioco e potere, dove il potere tende a disciplinare e circoscrivere lo spazio e il tempo dell'amore e dell'allegria del gioco, che sono imprevedibili e quindi attenuano i rapporti gerarchici, sfidano i sentimenti morali e le convenzioni; i ricordi (siano alfabetieri,

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astucci o giocattoli) visti come un libro aperto che non è la pietrificazione della memoria, ma una macchina per produrre interpretazioni, capace di creare interiorità, di moltiplicare il sapere e di inventare in modo divertente nuovi mondi. Roberto Farné, autore dell'introduzione al libro Abbasso la pedagogia, ha ricordato come Dossena fosse stato un attento filologo del gioco; con lui il gioco diventa testo e linguaggio di cui esplorare i significati collaterali e nascosti. Ha raccontato di come all'uscita della prima edizione del libro il titolo gli suonasse come una provocazione che il maestro dei giochi faceva a lui, pedagogista. Dossena aveva la straordinaria bravura di scrivere di cose complesse con un linguaggio accessibile, con una capacità icastica di far vedere le cose che scriveva. La riedizione del libro di Dossena rappresenta il miglior omaggio che si possa fare alla collezione Ida Sello, uno straordinario deposito di cultura ludica che va assolutamente rivalutato. É stata quindi proiettata la video-intervista a Maria Sello, pronipote di Ida, che ha condotto i presenti in un fantastico viaggio alla scoperta della collezione di giochi, giocattoli, strumenti didattici, libri e cancelleria custodita nella casa di via Portanuova a Udine. Maria Sello ha raccontato, con dovizia di particolari, l'incontro con Giampaolo Dossena da cui ha avuto origine la stampa del libro Abbasso la pedagogia. Andrea Ligabue ha parlato dell'archivio personale di Giampaolo Dossena (lettere e documenti) che la famiglia ha donato al Dipartimento di Educazione e Scienze Umane dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e dell'importanza di detto materiale per ricercatori e studiosi del gioco in Italia. Il legame tra Modena e Giampaolo Dossena è nato nel 2019 quando il Festival del Gioco-PLAY, UNIMORE e la Libera Università del Gioco hanno istituito il Premio Giampaolo Dossena per la cultura ludica, che intende essere un riconoscimento a chi si è dedicato con particolare impegno alla cultura ludica, sia attraverso lo studio e la ricerca sul gioco nelle sue molteplici espressioni, sia facendo del senso del gioco un tratto qualificante della propria professionalità. In tale occasione si è creato un rapporto con la famiglia Dossena che si è concretizzato nell'importane lascito archivistico. L'impegno dell'Università sul tema del gioco è testimoniato anche dalla sottoscrizione, con il Comune di Modena, del Protocollo d'Intesa per Modena capitale del

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gioco, allo scopo di coordinare, diffondere, valorizzare e sviluppare le azioni già esistenti e ulteriori esperienze da intraprendere basate sul gioco, favorendo le innovazioni didattiche, di studio e ricerca, di formazione e sperimentazione, oltre che di prevenzione.

È intervenuta anche Giovanna Dossena, figlia del giornalista, che ha ricordato che nel 1993, all'uscita del libro Abbasso la pedagogia, ci fu una presentazione a Torino alla presenza degli scrittori Fruttero e Lucentini. Fruttero disse: “È un racconto bellissimo, camuffato da ricerca, da elzeviro e da saggio.” Prendendo spunto dall'immagine di copertina della riedizione di Marietti, e rifacendosi alla Enciclopedia dei giochi di Dossena, Giovanna disserta di palei e trottole attraverso la storia e la mitologia. Conclude con una citazione tratta dal libro: “Inventare un gioco è una gran bella cosa. Aver voglia di farlo giocare è un pensiero allegro, generoso. Far divertire gli altri, quando ci siamo divertiti noi, è meglio che amare il Prossimo, la Patria e il Progresso.” Gianpaolo Carbonetto, ricordando che attualmente la collezione Ida Sello non è accessibile al pubblico, auspica la realizzazione di un museo che, al pari di illustri esempi all'estero (Monaco di Baviera, Salisburgo e Praga), potrebbe rivestire un indiscutibile interesse culturale, turistico ed economico.

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RILEGGERE GIAMPAOLO DOSSENA ATTRAVERSO LE SUE RUBRICHE SUI GIOCHI Cosimo Cardellicchio, in collegamento da Bari, ha presentato la raccolta degli articoli scritti da Giampaolo Dossena e apparsi su quotidiani e periodici (La Repubblica, La Stampa, Il Sole 24 ore, L'Europeo, L'Espresso, …) digitalizzati e ora resi disponibili online grazie all'Archivio Italiano dei Giochi. Dario De Toffoli, direttore dell'Archivio Italiano dei Giochi, ha illustrato il sito archiviodeigiochi.it, accessibile a tutti gli interessati, all'interno del quale, attraverso il portale di catalogazione, si può consultare schede relative a giochi, libri, periodici, rubriche e articoli. Dossena ha avuto il merito di sdoganare il gioco come fatto culturale in Italia, anche attraverso i suoi articoli, di cui oltre un migliaio sono ora disponibili online. Marco Donadoni, autore di giochi, ha ricordato che Giampaolo Dossena possedeva una scrittura con caratteristiche uniche, immediatamente riconoscibile. Inoltre aveva una cultura smisurata. Era noto per il suo carattere difficile: bilanciava una generosità incredibile con una veemenza impulsiva verso chi gli stava antipatico. Era proprio un personaggio . Giovanna Dossena ha ringraziato, anche a nome della famiglia, chi ha reso possibile la consultazione gratuita degli articoli del padre che riguardano vari argomenti relativi al gioco: suggerimenti di libri da leggere o da evitare, giochi di parole da provare, sfide con i lettori, curiosità, provocazioni, scherzi e rimandi letterari.

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CONSIDERAZIONI FINALI Innanzitutto una grande soddisfazione per essere riusciti a organizzare un convegno in tempo di coronavirus, in presenza e online, nel rispetto di tutti i protocolli di sicurezza, con la partecipazione dei massimi esperti di gioco. Purtroppo è mancata la parte laboratoriale, ma è un appuntamento solo rimandato. Parlare di gioco, cultura e educazione e praticare il gioco come strumento di agio e benessere, è un'attività di estrema attualità in questi tempi che impongono una riflessione sul nostro modo di vivere e una riconsiderazione sulle priorità dei nostri bisogni. Udine deve preservare e coltivare le sue eccellenze ludiche: l'esperienza ventennale del ludobus, la ludoteca che vanta oltre centomila presenze in otto anni di vita, l'offerta ludicoeducativa per le scuole, gli eventi quali la Giornata Mondiale del gioco e l'Archivio Italiano dei Giochi, che pongono la città tra i modelli virtuosi in Europa, come dimostra il progetto URBACT Playful Paradigm. La collezione Ida Sello, custodita amorevolmente dalla pronipote Maria, è un giacimento culturale di inestimabile valore, che è stato fino ad ora incredibilmente ignorato dalle istituzioni pubbliche e private locali. Meriterebbe di essere reso accessibile a visitatori e studiosi, attraverso la realizzazione di un museo moderno, dinamico e interattivo, con evidenti ricadute positive in ambito culturale, sociale ed economico. Chi saprà raccogliere la sfida?

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Le registrazioni integrali degli incontri sono disponibili sul canale YouTube del Sistema Bibliotecario del Friuli (SBHU), nella playlist Ludoteca. Alcuni oggetti della Collezione Ida Sello sono visibili al seguente link: https://archiviodeigiochi.it/2020/09/mostrafotografica-la-collezione-ida-sello/ Per chi volesse approfondire alcuni temi trattati dai relatori rimandiamo ai seguenti testi: Ÿ Andrea Ligabue, Didattica ludica. Competenze in gioco, Erickson, 2020 Ÿ Antonio Di Pietro, Giocare con niente. Esperienze autonome con oggetti e cose “impertinenti”, Edizioni Junior, 2020 Ÿ Davide Zoletto, Gioco, infanzie e complessità socioculturale: intrecci antropologici e pedagogici, in Donatella Savio, Bambini e gioco. Prospettive multidisciplinari per una pedagogia ludica, Edizioni Junior, 2020 Ÿ Pier Aldo Rovatti, Davide Zoletto, La scuola dei giochi, Bompiani, 2005 Hanno scritto sulle tematiche relative al convegno: Ÿ Roberto Farné, La "ludoteca" di Giampaolo Dossena. Una nuova edizione per i tipi di Marietti 1820 offre l'occasione per ricordare il maestro della cultura dei giochi e il suo personale e complesso rapporto con la pedagogia, in Liber, settembre 2020, pp. 74-75 Ÿ Giulia Villoresi, Qui si mette in gioco il futuro dei bambini. Sempre meno liberi di stare all'aperto, organizzarsi, litigare, i nostri figli sono i più pigri d'Europa. Intervista al pedagogista Roberto Farné partendo da un libro cult: contro la pedagogia, in Il venerdì supplemento de La Repubblica, 25 settembre 2020, pp. 58-61 Ÿ Barbara Caffi, Dossena. La vita è un gioco. Udine ricorda lo scrittore cremonese, che oggi avrebbe compiuto 90 anni. Si inventò il mestiere di `giocologo', in La Provincia,

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30 settembre 2020, p. 53 Gianpaolo Carbonetto, Avere un tesoro e non curarsene. La collezione Sello attira attenzione da ogni dove ma non da Udine, in Lo Scatolino, n. 29, Autunno 2020, pp. 14-18 Martina Del Piccolo, Una giornata dedicata ai giochi per riscoprire una parte di noi. Il convegno, in Messaggero Veneto, 29 settembre 2020, p. 31 Martina Del Piccolo, Tombole, bambole e soldatini. A Udine il paese dei balocchi. La riscoperta, in Messaggero Veneto, 20 ottobre 2020, p. 42 Gabriella Bucco, Giocattoli, tesoro udinese, in La Vita Cattolica, 18 novembre 2020, p. 29 Stefano Salis, Bei passatempi d'altri tempi. Ritorna Abbasso la pedagogia , un delizioso libello di Giampaolo Dossena: dalla storia di una commerciante di Udine un'indagine su natura e storia del gioco, Il Sole 24 ore domenica, 22 novembre 2020, p. 17 Romano Vecchiet, A Udine 150 anni educazione, giochi e letture, Biblioteche oggi, gennaio-febbraio 2021, p. 43-50. Paolo Munini

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CARTOLINE VIRTUALI A causa della pandemia da Covid 19, l'incontro dei membri di ETL (European Toy Libraries) che si doveva tenere a Graz lo scorso marzo 2020 è stato cancellato. Poiché è stato impossibile riunirsi in presenza, sono stati fatti due incontri virtuali, il primo a Luglio e il secondo a Novembre 2020. Presenti i rappresentanti di Svizzera, Scozia, Grecia, Lussemburgo, Inghilterra, Francia (Bretagna), Olanda, Portogallo, Tenerife, Austria, Belgio, Turchia e Italia. E' stato inoltrato un sondaggio on line tra le varie realtà europee sul Covid-19, che ha dato una panoramica molto interessante di come le ludoteche stanno operando in diversi paesi durante questa crisi.

In tutti i paesi rappresentati, le ludoteche hanno chiuso al pubblico, solo alcune hanno mantenuto il prestito dei giochi, seppur con difficoltà in quanto mancavano dei protocolli condivisi per la sanificazione e la quarantena dei giochi, siano essi giocattoli o giochi da tavolo. In compenso, il prestito giochi ha avuto un grande successo con le famiglie in lockdown per la possibilità di usufruire di giochi differenti e stimolanti per i loro bambini. La maggior parte delle ludoteche è riuscita a mantenere un contatto con le famiglie attraverso l'uso delle piattaforme digitali, attraverso laboratori on line, corsi, appuntamenti di gioco virtuale e supporto genitoriale. Nell'ultimo incontro si è parlato anche dei rapporti con ITLA (International Toy Libraries Association): è stata mandata una lettera con richieste di chiarimenti su alcuni punti tra cui l'opzione di riunire ETL e ITLA sotto un unico nome. La risposta di ITLA si è fatta attendere a lungo, e conferma la volontà di proseguire sulla sua strada senza troppi coinvolgimenti con ETL.

Quando la fine della pandemia lo permetterà, ETL ha nel cassetto la proposta del rappresentante austriaco di incontrarci a Graz.... nel frattempo, ci ritroveremo on line in primavera. Covegno Internazionale dei Ludobus “Spielmobile auf APPwegen”

8 – 9 Ottobre 2020 Il convegno si è svolto interamente in formato digitale, ed è stato concepito come piattaforma per guidare la discussione tra i ludobus anche in tempi difficili. I partecipanti si sono confrontati su vari punti: I ludobus come affrontano la pandemia? Cosa si è dimostrato vincente in questo periodo? Quali sfide dobbiamo affrontare? Come stanno i bambini? Tutte le realtà hanno formulato delle strategie per rimanere in contatto con le famiglie e i bambini: incontri e laboratori virtuali, borse da gioco con kit laboratori e proposte di giochi da distribuire alle famiglie, collaborazioni con media (radio e televisioni locali)... Il congresso è stato sostenuto da numerosi relatori provenienti dalla Germania e da tutto il mondo - tra cui Lussemburgo, Italia, Giappone e Australia. Dai vari incontri emerge che la pandemia ha avuto e tuttora ha ripercussioni profonde sulla fascia dei bambini e degli adolescenti, in alcuni paesi completamente dimenticati, supportati solo da enti e realtà private che si sono inventate modalità innovative e sperimentali per mantenere contatti e dare supporto emotivo e ludico. Chiara Nascetti

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Cooperativa Alchimia – Bergamo (BG)

Alchimia è una Cooperativa Sociale nata a Bergamo nel 1986. Sviluppa progetti e servizi di promozione sociale e culturale attivando processi di coinvolgimento e condivisione, grazie all'impegno, alla passione e alla professionalità dei suoi soci e lavoratori, contribuendo allo sviluppo delle comunità locali. Alchimia si occupa di progetti e servizi per persone con disabilità, politiche giovanili, tutela dei minori, prima infanzia, sostenibilità ambientale, formazione, promozione della cultura del gioco, animazione ed eventi. Opera prevalentemente nel territorio cittadino e provinciale, in particolare nei comuni degli ambiti di Bergamo, Dalmine, Isola BergamascaBassa Val San Martino e Valle Imagna-Villa d'Almè.

Alchimia conta ad oggi 82 soci e oltre 270 lavoratori. L'esperienza di lavoro all'interno dell'area DISABILI ha inizio a metà degli anni novanta e si caratterizza nella gestione di servizi individualizzati di assistenza scolastica, territoriale e domiciliare, servizi di

formazione all'autonomia e esperienze di vita autonoma a sostegno dei minori disabili e delle loro famiglie, con interventi che pongono al centro il progetto di vita delle persone. L'area delle POLITICHE GIOVANILI rappresenta la dimensione storica della nostra cooperativa; da sempre la maggior parte dei nostri servizi si rivolge a minori ed in particolare a preadolescenti ed adolescenti, coinvolgendo agenzie, istituzioni e associazioni che si occupano di educazione, formazione, lavoro e tempo libero degli adolescenti e dei giovani. I nostri progetti nascono come punto di incontro tra sistemi diversi, per aiutarli ad interagire al meglio, per facilitare la comunicazione intergenerazionale valorizzandone le potenzialità, per crescere insieme in un contesto dinamico. Questi prevedono: spazi di Incontro, centri aggregazione giovanile, punti informagiovani, attività di impegno civile, spazi compito, animazione territoriale, organizzazione di eventi, progetti mirati alla prevenzione di problematiche specifiche quali la dispersione scolastica, l'esclusione sociale e l'uso di sostanze psicoattive.

L'area INFANZIA E FAMIGLIE si rivolge a famiglie con bambini da 0 a 6 anni. I progetti e i servizi dell'area offrono ai bambini proposte di gioco, esplorazione e socializzazione, mentre costituiscono, per agli adulti di riferimento, un ambito di incontro e confronto sull'esperienza della crescita e della genitorialità. Protagonisti di quest'area sono i bambini e le bambine che animano i nidi, gli spazi gioco, i laboratori e i centri per l'infanzia, e che devono essere considerati soggetti attivi, con proprie risorse, bisogni e domande che richiedono risposte complesse, diversificate e personalizzate. Attualmente gestiamo 2 scuole dell'Infanzia, 2 asili nido,

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Racconti e spunti provenienti dalle Regioni e dai territori in cui sono presenti i soci di Ali per Giocare vari spazi gioco direttamente o in collaborazione con altre cooperative. Gli interventi dell'area TUTELA e FAMIGLIA si connotano prevalentemente come interventi promozionali, preventivi e di sostegno rivolti ai nuclei familiari in situazione di fragilità e difficoltà: l'intento principale è quello di evitare degenerazioni sociali del contesto familiare, situazioni di allontanamento e/o di istituzionalizzazione dei minori considerati a rischio di emarginazione. Il lavoro a favore dei nuclei familiari in difficoltà ha un taglio pedagogico e si concretizza in una dimensione di attivazione e/o di recupero delle risorse e potenzialità presenti al loro interno. Gli attuali servizi dell'Area Tutela sono frutto di un lavoro di co-progettazione con gli Enti Locali e con altre Cooperative: Ÿ Centro Educativo Diurno per minori "Una Porta Aperta"; Ÿ Coprogettazione e gestione del Servizio Minori e Famiglie in due ambiti territoriali della Provincia di Bergamo; Ÿ Servizio di assistenza domiciliare minori e incontri protetti in un ambito territoriale e in un comune.

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tà attraverso il gioco è il motore propulsivo dell'Area ANIMAZIONE ED EVENTI e si esprime attraverso proposte adatte ai diversi contesti di vita di adulti e bambini: la Bottega del Gioco di Ponteranica un luogo per scoprire il piacere di giocare; CRE ARTI e MESTIERI, una piccola città dove si gioca ad essere grandi; animazione di eventi, feste di compleanno, cerimonie; laboratori ludici e creativi; percorsi formativi rivolti a diversi target (animatori dei Cre, educatori di Servizi Tutela Minori, educatori che interagiscono con la disabilità, insegnanti). Da circa 15 anni la cooperativa Linus prima e la Cooperativa socia Alchimia poi stanno proponendo una modalità di animazione e di riappropriazione di modalità di gioco che rimettano al centro il corpo, la relazione diretta con gli altri, il rapporto con l'ambiente, l'uso di materiali semplici e a basso impatto inquinante, il rapporto intergenerazionale, la memoria. Tutto questo si riassume nel LUDOBUS GIOCHINGIRO, un furgone attrezzato con il più svariato materiale, realizzato per la maggior parte attraverso il riciclo di oggetti e materiali, utilizzabile per giocare in mille modi diversi: una vera e propria ludoteca viaggiante, gestita da animatori professionisti, che offre la possibilità a tutti, piccoli e grandi, di giocare ovunque, nelle piazze, nelle strade, nei parchi, nei cortili, e che è anche un progetto educativo con l'obiettivo pedagogico di restituire spazio e tempo al gioco. In questi anni il LUDOBUS GIOCHINGIRO ha fatto più di 700 interventi soprattutto in comuni della provincia di Bergamo, ma anche in varie parti d'Italia. Gigi Riva

L'Area AMBIENTE propone progetti e attività di educazione alla sostenibilità ambientale che coinvolgono scuole, famiglie, territorio nello sviluppo di buone pratiche per migliorare la qualità della vita in materia di tutela ambientale con il Centro Parco Ca' Matta, di turismo sostenibile con la gestione di un Ostello della gioventù e di Settimane verdi, di promozione del risparmio energetico e di corretta gestione dei rifiuti e del riciclo con proposte per le scuole ed eventi per la cittadinanza, di riqualificazione di aree verdi con i progetti: La Porta del Parco, Parco Agricolo Ecologico Madonna dei Campi, Progetto Europeo ETRES. La promozione del benessere e della sostenibili-

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Cooperativa Sociale Energicamente - Castellanza (Va) Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana.... Più precisamente l'anno scorso, data stellare 303913.3561643836, all'interno della Cintura di Gould situata nei pressi del Braccio di Orione, sul terzo pianeta dal Sole, nei dintorni di una colonia locale, conosciuta come Castellanza: nasce il LUDOBUS di SATURNINO.

pezzi; riuscendo così ad affrontare la stagione e le orde schiamazzanti di bambini-genitorinonni del Varesino e oltre; con ottimi risultati! (Tanto che stiamo già accarezzando l'idea di un secondo furgone!) Tutti i giochi sono realizzati da noi e sono tutti rigorosamente in legno. La maggior parte di questo materiale proviene da vecchi mobilibacheche-pallet riciclati e trattati a regola d'arte con l'aiuto degli appositi strumenti e prodotti, per garantirne l'atossicità, la sicurezza e, non meno importante, la longevità. Il nostro obbiettivo principale è quello di accrescere e promuovere la cultura ludica del nostro territorio, riconoscendo nel Gioco lo strumento sociale-didattico ideale e necessario, se non indispensabile.

Seriamente... ENERGICAMENTE è una Cooperativa Sociale di tipo A con sede a Castellanza (Varese), intenzionata a soddisfare i bisogni della collettività a sostegno, principalmente, della famiglia e dell'infanzia. Il nostro metodo di lavoro trova le sue radici nell'esperienza quotidiana all'interno dei servizi didattici, educativi, culturali e sportivi. La Cooperativa cerca di arricchirsi di professionalità differenti, provenienti da diversi percorsi formativi: pedagogisti e psicologi, sociologi, educatori laureati in Scienze dell'Educazione, ma anche psicomotricisti, tecnici sportivi e laureati in Scienze Motorie; per un approccio multidimensionale e globale. A febbraio 2019, raccogliendo parte dell'eredità di Dire Fare Giocare, per non lasciare disadorna di giochi e attività ludico-educative la nostra provincia, abbiamo attivando il servizio di SATURNINO. Per chi ancora non lo sapesse, Saturnino è un robot spaziale appartenente alla razza dei Facciadaschermo, che sì è prodigato a portare il Gioco a tutti, per tutti e dappertutto, prendendo spunti e idee dalla nostra tradizione ludica, ricercando nuovi modelli di giovo e nuove applicazioni. Nonostante la giovane età, già nella sua prima Estate, SATURNINO vantava un parco Giochi totalmente restaurato ed arricchito di nuovi

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Rubrica di Giochi da Tavolo a Tema Nei GdT il rischio è un elemento importante che spesso si associa al concetto di Alea e in molti giochi è con il lancio dei dadi che si cerca di esperirlo. Giochi storici come il Giuoco dell'Oca e Monopoly si basano semplicemente sul lancio ripetitivo dei dadi, e quindi sono giochi al 100% Alea, che tristemente ricordano il meccanismo dei giochi d'azzardo. Non a caso la parola Azzardo viene dall'arabo "az-zahr", che significa dado ed esiste anche un gioco di dadi del periodo elisabettiano che si chiama Hazard.

forte tensione, riscontrabile più frequentemente in giochi di complessità medio-bassa, in cui la componente aleatoria rimane comunque forte. In fondo il Push your luck è il risultato di due elementi: un incentivo ad accumulare un punteggio alto coi dadi mescolato con ingegnosi sistemi di vincoli e limitazioni che pongono il giocatore di fronte a scelte sempre interessanti. Tra i più famosi mi piace ricordare lo storico Can't Stop del 1980 e due giochi di Reiner Knizia, Excape e Heckmeck. Inoltre ci tengo a sottolineare come questi giochi permettano di provare sulla propria pelle il senso della sconfitta: nel tentativo di raggiungere combinazioni di dadi sempre più vincenti, spesso i giocatori sono puniti dalla cattiva sorte e si abituano al concetto di fallimento come un viaggio alla scoperta di sé, dei propri limiti e dei propri talenti.

Per i più piccoli vi segnalo il semplicissimo Fuchs & Fertig: ad ogni giocatore viene dato un mazzetto di 12 carte coperto e una carta viene posta scoperta in mezzo al tavolo, su ogni carta è rappresentato un animale.

Ma nei GdT moderni il rischio e l'azzardo sono sempre combinati con altre meccaniche più complesse e interessanti che limitano il fattore aleatorio e aumentano i processi decisionali dei giocatori. Una di queste meccaniche è il cosiddetto Push Your Luck ovvero la possibilità di spingere all'estremo una determinata condotta di gioco, rischiando il più possibile e sfidando la sorte per tentare di massimizzare la vincita. Più si rischia e più si rischia di vincere, ma anche di perdere. Si tratta di una meccanica in grado di generare una

Al suo turno il giocatore, prima di scoprire la carta in cima al proprio mazzetto, dovrà dire se

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Rubrica di Giochi da Tavolo a Tema l'animale su quella carta è più grande, più piccolo o uguale all'animale sulla carta in mezzo al tavolo: se si indovina si procede con la carta successiva, altrimenti ci si ferma e si mette la carta in fondo al proprio mazzetto. Vince il gioco colui che per primo finisce il suo mazzetto; senza una buona dose di memoria non si riuscirà a vincere: dopo un po' di turni diventa necessario memorizzare la sequenza di carte del proprio mazzo. Ciò è interessante perché si parte da un gioco di mera fortuna ad uno in cui vincere dipende dalle proprie capacità. Altri GdT basati sul Push Your Luck mi piacciono molto perché, oltre a mascherare questa meccanica con ambientazioni affascinanti, inseriscono delle dinamiche di gioco semi-cooperativo, come ad esempio Celestia.

dovranno condividere l'ossigeno a disposizione sul sottomarino. Ciò fa si che i giocatori debbano rischiare in gruppo, altrimenti non riusciranno a portare in superficie i tesori sommersi; spesso le prime partite terminano senza nessun vincitore perché non vi è sufficiente ossigeno per il ritorno.

Altri giochi basano il loro successo su tematiche relative ai giochi d'azzardo, ma poi per vincere conta di più una buona tattica che tanta fortuna: eccone alcuni. Anni fa ho avuto modo di presentare, tra molti altri giochi, Camel Up ad un gruppo di insegnanti e una di loro esclamò stizzita: "Ma qui insegniamo ai bambini a scommettere!". E in effetti in ogni turno di gioco bisogna scommettere su corse di cammelli nell'antico Egitto.

Qui i giocatori sono viaggiatori a bordo di un vascello volante alla scoperta di mirabili tesori e il vincitore sarà quello che ne otterrà di più. Ad ogni turno un giocatore diverso interpreta il ruolo di Capitano e deve guidare il vascello superando diverse avversità; gli altri giocatori, i passeggeri, devono decidere se rimanere sulla nave fidandosi del Capitano per raggiungere tesori più grandi o scendere dalla nave e ottenere un tesoro minore. Questo meccanismo fa si che il rischio (di precipitare con la nave) diventi condiviso tra i giocatori e permette al singolo di mettere le sue speranze di vittoria nelle mani di altri, stimolando così relazioni ludiche interessanti. Un gioco simile che ho preso allo scorso Festival du Jeoux di Cannes (l'ultima fiera ludica in presenza del mondo .) è Deep Sea Adventure. In questo gioco (contenuto in una piccola scatolina azzurra) i giocatori sono sub alla ricerca di tesori sommersi che, per riemergere ciascuno con i propri tesori,

Ma vincere una partita significa saper contare molto bene e prevedere la posizione dei cammelli prima degli altri giocatori in base alle probabilità e quindi ottenere più punti vittoria. Il gioco è rapido, gira bene fino a 8 giocatori e per tirare i dadi bisogna capovolgere una piramide tridimensionale! Horse Fever è invece un gioco di scommesse ippiche: sia dalla grafica che da alcune azioni di gioco si capisce subito che il tema delle scommesse viene quasi ridicolizzato. Anche qui c'è una parte di alea nel risultato della corsa, la quale però può essere "truccata" dalle azioni dei giocatori, che in questo modo cercano di vincere la scommessa.

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Rubrica di Giochi da Tavolo a Tema Il gioco prevede una modalità family più semplice e un'altra più complessa in cui giocatori più esperti oltre alle scommesse hanno una scuderia di cavalli da gestire.

Per ulteriori informazioni riguardo questi giochi potete consultare il sito: boardgamegeek.com. Per recensioni più dettagliate in italiano potete consultare il sito La Tana dei Goblin (goblins.net) oppure il blog Giochi sul nostro tavolo (pinco11.blogspot.it) o Gioconauta.it

Las Vegas porta i giocatori direttamente ai tavoli dei casinò della nota città del Nevada e ad ogni turno si devono tirare molti dadi e il vincitore sarà il più ricco. Chissà cosa ne direbbe l'insegnante di prima? In realtà si tratta di un gioco di piazzamento e maggioranze, ma anche di bluff. In altri giochi il rischio è oggettivo, nel senso che viene concretizzato tridimensionalmente sul tavolo. Per gli amanti del vintage sto parlando di giochi tipo Brivido, in cui non si sapeva mai da quale parte sarebbe caduto il teschio maledetto. Quando si rischia una caduta di qualche cosa, i pilastri di Villa Paletti o le canoe di Niagara o i meeple di Rio d'Oro, si crea al tavolo di gioco molta suspence. Da qualsiasi parte lo si voglia vedere il rischio è ben presente in qualsiasi gioco da tavolo: anche nei cosiddetti "german" (ovvero con zero o poca alea) bisogna comunque azzardare una strategia che non sapremo se sarà vittoriosa fino alla fine della partita. Giocare con i GdT permette di entrare a stretto contatto con il rischio, ma giocando si impara a gestirlo, in un luogo protetto, a valutarne la pericolosità e a vivere il fallimento davanti ad una sorte avversa come una tappa della propria crescita. «La grandezza — diceva Confucio — non si raggiunge non fallendo mai, ma rialzandosi ogni volta che si cade». JEAN PIERRE PASCHETTA aka JEPPO info@ludorespiro.it

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Ludospunti tra Film e Libri Rubrica ludo-cine-letteraria a Tema

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Il rischio in gioco Fare un pensiero su gioco e rischio è rischioso: la tendenza del pensiero comune è quella di parlare dell'azzardo. È infatti il principale tema trattato da molti film che hanno queste due parole nel titolo o nella trama. Basti pensare a Molly's game (2017) di Aaron Sorkin, il (lungo ma piacevole) racconto di una signora delle scommesse del blackjack, oppure a Rounders – il giocatore (1998) di John Dahl, che racconta di un giocatore di poker e dai debiti alla grande occasione di riscatto. Non è, tuttavia, di questi approcci al rischio nel gioco che vogliamo parlare. Ci affascina di più soffermarci su quei libri e quei film che affrontano il tema del rischio nel gioco visto come limite, come linea di confine intorno alla quale bisogna necessariamente porsi. Vista sotto quest'ottica, il concetto di gioco si apre ad una più ampia visione: quando il gioco è eccessivamente rischioso smette di essere gioco? Oppure, soltanto il gioco il totale sicurezza è gioco? O ancora: esiste davvero un gioco sicuro? Sappiamo che il rischio, in una sua percentuale, fa parte del gioco, e anzi spesso la sensazione del rischio ne è l'essenza.

Uno degli esempi più significativi del gioco e del rischio la vediamo nel film La vita è bella (1997), ed è rappresentata dalla poetica versione che il personaggio interpretato da Roberto Benigni dà al proprio figlio Giosuè della vita nel campo di concentramento. Il protagonista racconta al figlio che la prigionia è in realtà un gioco e che non bisogna farsi scoprire perché il rischio è quello di perdere il premio finale, un vero carro armato. Un gioco davvero rischioso, che papà Guido (Benigni) fa con il figlio per salvarlo dall'orrore che li circonda. Cambiamo climax e attitudine citando Palle di neve (2016) di Jean-Francois Pouliot e Francois Brisson, un film di animazione a firma canadese che racconta le vicende di un gruppo di ragazzini

che, nelle vacanze di Natale, decide di creare una dignitosa battaglia di palle di neve: non una tradizionale, bensì sotto forma di “assalto alla fortezza”. I ragazzi perciò costruiscono un forte di neve e si dividono in due squadre: il tutto senza la presenza di adulti e giocando con la massima serietà possibile. Dalla mattina alla sera, con micidiale dedizione, i ragazzi si sfidano senza esclusione di colpi, sfidando il limite di ciò che consente loro di distinguere ciò che è gioco da ciò che è la realtà. Si arriva così ad un finale agrodolce che esprime però il senso stesso del giocare, ma anche del crescere.

Un altro spunto cinematografico arriva dal film Giochi d'estate (2011) di Rolando Colla. La trama apparentemente “estiva” (una famiglia conflittuale che va in campeggio) si dirige verso orizzonti più profondi e intensi, fornendo lo spunto per pensare e riflettere sia agli adulti, sia ai ragazzi: che cosa succede quando nessuno educa i ragazzi al senso del limite, al rispetto protettivo dei confini? Legato a questo, quanto, invece, il gruppo dei pari può esporre al rischio e alla trasgressione, ma quanto, altrettanto, può essere in grado di proteggere e sostenere nel

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disagio e nella sofferenza chi una famiglia solida non ce l'ha? Attraverso i “giochi d'estate” i protagonisti troveranno la loro strada per affrontare i loro demoni e diventare grandi. Da ultimo, uno spunto ce lo offre Il gioco di Ripper, il romanzo di Isabel Allende (2013) che vede Amanda, la protagonista adolescente giocare ad un gioco di ruolo online insieme ad una serie di complici , tra cui suo nonno, il cui tema è l'indagine legata ad omicidi reali. Quando la madre di Amanda scompare, il gioco assume dei risvolti inaspettati e giocare bene diventa l'unico modo per non perdere tutto. È ora di salutarci: non ci resta che metterci in gioco e rischiare la visione e la lettura di queste opere. Massimo Motta

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Rubrica dedicata al rapporto Famiglie-Ludobus

In viaggio tutti insieme Genitori sul ludobus, assieme agli educatori. Quanto è importante esserci per collaborare, per sentirsi più forti, per permettere ai figli di riprendere il loro posto nel mondo. Questa è una rubrica minima, sussurrata, per favorire quell'intesa tra genitori e educatori che ci apre il futuro. L'attuale è un mondo che non vuole la genitorialità, fondato sul sospetto, la medicalizzazione, il consumo e il profitto. Non favorisce neanche l'educazione adultizzando i bambini e infantilizzando gli adulti. Abbiamo bisogno di voi educatori, non per imparare, ma per collegarci su basi oneste, reali. Una mamma giamaicana (Ah, Bob Marley Woman don't cry ) con figlia gravemente cerebrolesa, che ha avuto il coraggio di impegnarsi e arrivare ad insegnare all'università, parla di Posture of cultural reciprocity, Atteggiamento di reciprocità culturale. È quanto vorremmo utilizzare in questa rubrichetta, sottolineando il rispetto e l'amore per gli educatori, quelli che vanno in piazza a mani nude e regalano a tutti una grande gioia. E i privilegiati sono i bimbi che si staccano dalla playstation, dai cartoni e reimparano a diventare loro stessi, riprendendo la fantasia e l'immaginazione per cui uno stecchino diventa una persona, una foglia una farfalla . Rispetto e amore anche per la famiglia, descritta debole, incapace, bisognosa di sostegno: deve imparare da manuali o da corsi tenuti da chi spesso non sa cosa significa esser genitori. Questo può esser luogo in cui

intrecciare storie di educazione e genitorialità, magari con qualche pillola di scientificità che ci renda più sicuri della nostra identità e della necessità di metter insieme conoscenze e competenze. Cercando qualche amico che ci renda più forti. Come Bob Marley: volle che i diritti della canzone fossero intestati a Vincent Ford, direttore della mensa dei poveri di Trenchtown, il ghetto di Kingston in Giamaica dove egli era cresciuto. Le entrate provenienti dai diritti di questa canzone che parla di piedi nudi e polenta giamaicana hanno assicurato la sopravvivenza della mensa sino ad oggi. Beth Harry, questo è il nome della madre professoressa. Insegna Pedagogia speciale all'Università di Miami. Solo molti anni dopo aver scritto con l'indiana Maya Kalyanpur Culture in Special Education. Building Reciprocal Family – Professional Relationship, edito nel 1999 da Paul Brookes Publishing di Baltimora, pubblica le vicende della figlia, morta a quattordici anni: Melanie, Bird with a Broken Wings. A Mother Story. Il libro termina con queste parole: “Inizio ogni corso con un'introduzione personale che include la lezione che ho imparato da mia figlia e incoraggio gli studenti a credere nel messaggio dei loro cuori quando assumono decisioni di carattere professionale”. A. Moletto R. Zucchi

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ARTICOLI TEMATICI OROSCOPO LUDICO

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Compiti per tutti: scegli un giorno dell'anno e dichiaralo Natale 2020. Invita tanti amici, mangiate e divertitevi.

ARIETE 21 marzo - 19 aprile Marvin Neil Simon è uno sceneggiatore e drammaturgo statunitense. Le sue opere vengono tradotte e rappresentate in tutto il mondo, facendo di lui uno dei commediografi più rappresentati. Ha iniziato la sua carriera come autore televisivo ed ha al suo attivo più di 40 commedie rappresentate a Broadway. È sua la frase: “Se non si rischiasse mai nella vita, Michelangelo avrebbe dipinto il pavimento della cappella Sistina.” Forse non arriverai a produrne 40, ma il mio consiglio per questo 2021 è inventare un gioco, dal titolo “Risate al 23° piano”, una commedia di Neil. Buon Lavoro!

TORO 20 aprile - 20 maggio “Se non ti arrampichi, non puoi cadere. Ma vivere tutta la vita sul terreno non ti darà gioia.” Pensiero anonimo altamente opinabile, soprattutto se uno soffre di vertigine. Ma la metafora è potente. Se non approfittiamo di questo stop forzato per frenare con la vita di tutti i giorni e pianificare una grande impresa, mi sa che in futuro potrebbe non ricapitare. Il problema è capire qual è la propria impresa. Personalmente ritengo un bel obiettivo imparare a perdere. Hai mai perso apposta ad un gioco? Perché?

GEMELLI 21 maggio – 20 giugno Peter F. Crucker è stato un pezzo da 90. Ha inventato il concetto noto come gestione per obiettivi e autocontrollo ed è stato descritto come "il fondatore della gestione moderna". I suoi scritti hanno predetto molti dei principali sviluppi della fine del ventesimo secolo, comprese la privatizzazione e il decentramento. “Nella vita ci sono rischi che non possiamo permetterci di correre e ci sono rischi che non possiamo permetterci di non correre.” Visto che ora la nostra vita prevede di poter correre solo intorno alle nostre case o in un supermercato, visto che i rischi devono essere azzerati completamente, pianifica una mossa “azzardata” per quando uscirai dalla pandemia. P.S. i soldi è meglio che li tieni sotto il materasso, azzarda su altre cose...

CANCRO 21 giugno – 22 luglio “Qual è l'uomo più felice, colui che ha sfidato la tempesta della vita ed ha vissuto o chi è rimasto saldamente a terra ed è semplicemente esistito.” Hunter Stockton Thompson è famoso per aver creato il cosiddetto gonzo journalism, uno stile di scrittura che combina il giornalismo convenzionale, le impressioni personali e gli artifici narrativi del racconto per produrre un personale punto di vista sugli avvenimenti e le situazioni. Di questi tempi lo facciamo tutti, no? La sotto domanda è: può un lockdown renderci felici? Se si, condividi subito su tutti i tuoi social come hai fatto. Un po' di felicità e speranza ci serve. Usa per cortesia lo pseudonimo di Hunter, il dr Gonzo!

LEONE 23 luglio – 22 agosto Gary Edward "Garrison" Keillor è un autore, narratore, umorista, doppiatore e personaggio radiofonico americano. Le sue parole “È una vita superficiale quella di una persona che non ha almeno un paio di cicatrici.” fanno pensare ad una persona che ha avuto una vita difficile. Invece ha avuto una vita assolutamente normale. Questo mi fa pensare ad una cosa: “E' una vita superficiale quella di una persona che non gioca”, tu che ne pensi?

VERGINE 23 agosto – 22 settembre Non si sa chi l'abbia detto, e quindi potresti anche essere stato tu allo specchio questa mattina. Ecco le tue parole: “Voglio l'avventura, l'adrenalina, le emozioni, l'ignoto, il rischio, le nuove esperienze. E quando viene a mancare tutto questo, vengo a mancare anche io. Io voglio solo vivere a 360 gradi. Niente di più Niente di meno.” Cara/o Vergine, tutto questo è il gioco. Visto che siamo in tema, consiglio Pandemic Legacy. E se vinci (...) potrai puntare ad un posto in una task-force per risolvere la pandemia. Se perdi, ti sarai divertito. Ottimi risultati in entrambi i casi.

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BILANCIA 23 settembre – 22 ottobre André Gide è stato uno scrittore francese, premio Nobel per la letteratura nel 1947. I temi centrali delle sue opere e della sua vita sono stati affermare la libertà, allontanarsi dai vincoli morali e puritani, ricercare l'onestà intellettuale che permette di essere pienamente sé stessi. Apprezzo queste sue parole “L'uomo non potrà scoprire nuovi oceani a meno che non abbia il coraggio di perdere di vista la spiaggia”, oggi traducibili con il concetto di uscire dalla zona di comfort. Ma se non ti fanno uscire di casa? Allora forse possiamo scoprire oceani dentro di noi. Sogni di imparare a suonare uno strumento? Di avere gli addominali scolpiti? Di imparare a cucinare come una grande Chef? Bilancia è il tuo momento.

SCORPIONE 23 ottobre – 21 novembre Roberto Gervaso è morto a giugno 2020. Non di Covid. Nella sua vita conobbe tre grandi crisi depressive: a 23, 43 e 71 anni. Giornalista, ha lavorato per testate nazionali e scritto numerosi libri. Pensa un po', si è iscritto alla loggia massonica della P2 solo perché: “mi piaceva la massoneria e volevo farci un libro”. Un po' come uscire dalla zona rossa per vedere se c'è bel tempo, o togliere la mascherina per scoprire di respirare ancora. Su una cosa aveva ragione: “Che rischio, la routine!”. Qualche consiglio pratico: 1. puoi cambiarla, non è un dogma. 2. Se hai bisogno, chiedi pure. 3. Giocare aiuta sempre. 4. Goditela, perché d'ora in poi si correrà come matti!

SAGITTARIO 22 novembre – 22 dicembre Katherine Mansfield è nota soprattutto come autrice di racconti brevi, che iniziò a scrivere fra il 1906 e il 1908. “Rischia! Rischia tutto! Non ti preoccupare più delle opinioni degli altri, per quelle voci. Fai la cosa per te più difficile nella terra. Agisci per te stesso. Affronta la verità.” Le sue parole sono figlie del suo contesto storico e della sua vita. Mi ci ritrovo nelle partite giovanili di Risiko. Siccome non mi piaceva il gioco, dopo cinque minuti (in cui provavo a giocare seriamente), mandavo letteralmente al diavolo il mio obiettivo e mi divertivo in tattiche kamikaze verso tutti. Tranne la kamcatha. Dovevo assolutamente conquistarla. Non so perché. Perdevo, ma quanto mi divertivo. Da allora nessuno vuole più giocare a Risiko con me. Hai anche tu un gioco o parte della tua vita in cui agisci così'? Ti fa stare bene?

CAPRICORNO 23 dicembre – 19 gennaio Abraham Maslow è un mio personale Totem. “La vita è un processo in cui si deve costantemente scegliere tra la sicurezza (per paura e per il bisogno di difendersi) e il rischio (per progredire e crescere). Scegli di crescere almeno dieci volte al giorno.” Considerato che è stato uno psicologo di fama mondiale e che è principalmente noto per la sua teoria sulla gerarchizzazione dei bisogni, pensiero su questo concetto lo dedicherei. Partendo dai giochi da tavolo, che spero abbiano allietato i lunghi e diversificati lockdown. Quali e quante mosse di un tipo e dell'altro ti hanno portato alla vittoria? Crea la tua metafora ludica della vita.

ACQUARIO 20 gennaio – 18 febbraio La vita è un'avventura, rischiala! . A pronunciare queste parole è stato Arnold Schwarzenegger. No scusa, è stato Tom Cruise. Mi viene un dubbio, forse Jean Claude Van Damme. La verità? Nessuno di loro. È stata Madre Teresa di Calcutta. Se l'avesse pronunciata uno dei tre nominati avremmo risposto: “Per te è facile!”, ma forse li avremmo invidiati un po'. Le sue parole possono avere due significati: rischia la vita o rischia l'avventura. Personalmente non so se rischierei la vita, ma se fossi in te pianificherei una bella avventura non appena possibile. Se hai dubbi sappi che Madre Teresa probabilmente avrebbe vinto, come allenatore, il campionato del mondo con la squadra dell'India. Non vuoi sfigurare davanti al tuo coach, vero?

PESCI 19 febbraio – 20 marzo “Vivere nel rischio significa saltare da uno strapiombo e costruirsi le ali mentre si precipita.” Sai che Ray Bradbury aveva proprio ragione. Hai perso il lavoro? Hai dovuto inventarti qualcosa per stare a galla. Hai perso soldi? Hai cambiato la tua vita. Hai perso una vita? L'hai pianta e salutata e un giorno gli racconterai cosa hai fatto in sua assenza. Sai qual è la cosa positiva in tutto questo? Le risorse che stai mettendo in campo. Se riesci a farlo mentre precipiti, figuriamoci cosa potrai fare quando sarai in cima ad una montagna. DAI DAI DAI. Vogliamo tutti vederlo. A cura di Alberto Segale Illustrazioni di Luigia Galante

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GIOCHI E RISCHI: Esperienze pratiche Nel corso di 20 anni di lavoro a contatto con bambini e ragazzi nelle attività ludiche proposte da me come dalla mia Associazione sono sempre stato piuttosto tranquillo riguardo i rischi e i pericoli. Ho sempre pensato e poi sperimentato, che i bambini difficilmente si smarriscono e che difficilmente si fanno seriamente male nelle attività ludiche e/o laboratoriali. Questo avviene anche grazie ad un'attenta osservazione dello spazio in cui vado ad operare, dal corretto utilizzo di giochi e strumenti spiegato ai bambini in modo chiaro e motivato e dal non perdere mai la concentrazione sul singolo e sul gruppo. Negli ultimi anni molti studi hanno messo in evidenza come l'esperienza del rischio e del pericolo sia anch'essa fondamentale per la crescita e l'autonomia dell'individuo e quindi vi racconterò 2 esperienze pratiche di gioco libero "rischioso". Bagno al Fiume Dal 2007 creiamo a Piozzo (CN), nel mese di luglio, la Città dei Bambini e delle Bambine riscontrando molto successo tra i minorenni e le loro famiglie. Quest'anno, a causa della pandemia e delle norme stringenti imposte ai centri estivi, non è stato possibile organizzarla e quindi, con un numero ristretto di utenti, abbiamo messo in piedi un normale centro estivo.

Ovviamente ci siamo concentrati su attività all'aperto cercando di sfruttare al massimo il Paese e il suo territorio con passeggiate, giochi nei boschi, avventure nei noccioleti e altre esperienze outdoor. Non potendo poi organizzare gite in piscina o al mare come di consueto, elencando le risorse del territorio abbiamo pensato di portare i bambini in riva al fiume Tanaro per giocare con acqua, sassi e sabbia. Così siamo andati a fare un

sopralluogo, ma il fiume era ancora grosso e non vi erano spiaggette raggiungibili. Quindi abbiamo rimandato e giocato più di una volta con giochi d'acqua nel cortile delle scuola o per strada, approfittando della fontana. Notando che ormai non pioveva da diversi giorni e visto il caldo torrido di luglio abbiamo fatto un secondo sopralluogo al fiume: il livello dell'acqua era sceso notevolmente e forse era possibile raggiungere una piccola spiaggia con alcune accortezze.

Così uno degli ultimi giorni del centro estivo, dopo un'ora di cammino siamo arrivati al Tanaro: per accedere alla spiaggia è stato necessario tirare una corda per far scendere in sicurezza i bambini più piccoli che avevano 6 anni. Una volta scesi in acqua è stato subito un gran divertimento!!! Un animatore in perlustrazione ha trovato un pietrone perfetto da cui era facile e sicuro tuffarsi e poi la debole corrente trasportava i bambini direttamente verso l'acqua bassa e la spiaggia. Siamo stati in acqua circa un'ora e mezza, e dopo la merenda, siamo tornati ala sede del centro estivo. Durante il cammino tanto i bambini più piccoli come quelli più grandi hanno raccontato di aver vissuto un'esperienza avventurosa, entusiasmante e gratificante: emozioni condivise anche dai tre animatori adulti che li hanno accompagnati. Giochi di Neve Durante il periodo scolastico mi occupo, sempre a Piozzo, del doposcuola che si svolge nei locali della Scuola Primaria, dove c'è un cortile pavimentato che naturalmente utilizzo tutti i giorni dell'anno tranne quando piove per giocare con i bambini; cosa che purtroppo non fanno le insegnanti portandoli solo durante la bella stagione. Dopo le vacanze natalizie, in cui la neve è stata

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ARTICOLI TEMATICI abbondante, siamo tornati a scuola e il cortile, non essendo stato spalato, era ricoperto da uno strato di neve ghiacciata di 20 cm.

Osservando il cortile bianco e riflettendo sulla necessità di continuare ad utilizzare quello spazio così importante per il gioco del gruppo, ho pensato di portare una pala e in circa un'ora e mezza ho pulito parte del cortile. Naturalmente si sono creati molti blocchi di neve ghiacciata e, mentre io spalavo, i bambini hanno iniziato a giocare insieme usando i grossi blocchi di neve ghiacciata per costruire case, castelli, igloo e persino una torta di compleanno multi-piano. La settimana successiva il cortile è cambiato e il gioco si è trasformato: si erano formate lunghe strisce di ghiaccio su cui i bambini provavano a scivolare che divertimento, nonostante qualche sederata. Dopo qualche giorno di caldo la neve ha cominciato a sciogliersi trasformando nuovamente i giochi: la scomparsa del ghiaccio ha reso possibile i giochi di corsa e di presa o il nascondino.

Con il passare dei giorni la neve è tornata ad essere morbida e quindi le montagnole in cui l'avevo ammucchiata spalando sono diventate scalabili. Così è stato il momento di una mitica battaglia di neve tra castelli!!!

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Entrambe queste esperienze si sono concluse senza incidenti e senza lamentela alcuna da parte dei genitori, anzi sono rimaste impresse indelebilmente nelle memorie dei bambini che le hanno vissute. Questo è stato possibile grazie all'approccio mio e dei miei colleghi: avvertiamo i bambini dei possibili pericoli insiti nell'esperienza, in questi esempi la corrente del fiume e il ghiaccio, poi diamo loro fiducia invitandoli a sperimentare; ci impegniamo a non trasmettere loro alcun senso di ansia incoraggiandoli, se serve, ad andare un po' oltre la comprensibile paura per ciò che non si conosce. Resi consapevoli di cosa non si deve fare e del perché è meglio non farlo, i bambini fanno quello che sanno fare: scoprono il mondo! Dapprima si muovono con prudenza esplorando il territorio, poi provano a misurare i propri limiti stabilendo dei confini e infine cominciano a giocare in un ambiente ormai conosciuto. Per muoversi nel fiume con il fondale sassoso ho visto bambini adottare soluzioni differenti a seconda delle loro capacità fisiche ed emotive: c'era chi preferiva nuotare sempre, anche quando l'acqua era bassissima perché si sentiva sicuro nel nuoto, chi preferiva camminare e chi gattonare, poi c'era chi mescolava le diverse tecniche imitando un po' un compagno un po' l'altro. Per concludere tengo a sottolineare l'importanza del gioco libero all'aperto: in entrambe le situazioni non abbiamo organizzato giochi, ma semplicemente dato ai bambini un contesto sicuro dove poter giocare liberamente. Proprio questa libertà di gioco, seppur lievemente vigilata, permette ai bambini di percorrere sentieri rischiosi affinando la loro conoscenza non solo dell'ambiente esterno, ma anche del proprio spazio interiore, connettendo capacità ed emozioni. Il fatto poi che queste esperienze siano vissute in un gruppo di pari dove tutti sono pronti a collaborare, permette loro di condividere, ricordare ed elaborare questo insieme di nuove conoscenze e nuove emozioni direttamente con i coetanei creando una narrazione condivisa dal gruppo che favorisce il nascere spontaneo di relazioni di gruppo e di memorie collettive positive. Infine non dobbiamo dimenticare che giocare all'aperto permette ai bambini di capire i cicli della natura e di sfruttarne le caratteristiche, sia la secca del fiume o la diversa consistenza della neve, ristabilendo un rapporto anche ludico con la stagionalità. JeanPierre Paschetta Roberta Olivero

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INFANZIA E SICUREZZA - Osservazioni sul modello tedesco

Negli ultimi anni mi é capitato spesso di fermarmi ad osservare i parchi gioco tedeschi e provare ad immaginare quale potrebbe essere la reazione dei genitori italiani di fronte a queste strutture. Credo che dopo lo stupore iniziale e l´ammirazione che questo tipo di parchi generalmente suscitano, la prima domanda che i genitori molto probabilmente si porrebbero, sarebbe quella relativa alla sicurezza, o meglio alla pericolosità della struttura. Secondo l´immaginario comune italiano, a prima vista i parchi gioco tedeschi, possono dare l´impressione di non essere in grado di garantire la totale sicurezza per i bambini che le utilizzano; in realtà sono frutto di uno studio e di una progettazione estremamente accurati. Quando ci si trova ad utilizzare questo tipo di attrezzature, ci si rende conto che esse sono pensate in base ai diversi livelli di sviluppo dei bambini e le parti che tendenzialmente danno una maggiore impressione di pericolosità sono sempre in qualche modo precluse ai bambini che non sono in grado di raggiungerle. Il principio é esattamente questo: un bambino può arrivare ad affrontare un percorso solo nel momento in cui le sue capacità cognitive e motorie siano sufficientemente sviluppate per poter affrontare le difficoltà che il percorso stesso propone. E in realtà sono proprio la difficoltà e la sfida che questi percorsi offrono a renderli particolarmente attraenti e stimolanti. Gli spazi previsti per la fascia di età da 0 a 3 anni, sono aree del tutto sicure e prive di rischio, dopo di che i livelli di difficoltà aumentano in base allo sviluppo fisico e motorio di chi ne usufruisce. Cosa avviene nel concreto quando i bambini si avventurano in questi parchi gioco? L´utilizzo si differenzia a questo punto in base alla consapevolezza dei genitori nel saper guidare i bambini con giudizio all´interno di queste strutture. É chiaro che ogni bambino ambisca a

raggiungere i percorsi piú alti e difficili e di conseguenza mi sono trovata spesso ad osservare situazioni da un certo punto di vista ironiche se non addirittura grottesche. Alcuni genitori cercano in tutti i modi di accompagnare il proprio figlio seguendo da terra il percorso e provando ad aiutarlo nei passaggi piú difficili, creando condizioni spesso di disagio prima di tutto per i bambini e ovviamente anche per il genitore stesso. Oppure situazioni in cui gli adulti si avventurano all´interno di percorsi strutturati per una corporatura fisica di bambini e ragazzi di al massimo 12/14 anni, che per soddisfare il volere dei propri figli piccoli finiscono con l´incastrarsi all´interno delle strutture stesse. Anche in questo contesto si va a creare una condizione non solo ironica ma soprattutto pericolosa, poiché il bambino, avendo tutt´altra agilitá rispetto all´adulto, prosegue lungo il percorso con una velocitá maggiore ed arriva da solo a dei passaggi dove non sarebbe mai dovuto arrivare, con il genitore impossibilitato ad intervenire perché rimasto incastrato indietro.

Questa problematica si verifica tendenzialmente nei primissimi anni di età dei figli, dopo di che, un po' attraverso l´osservazione delle dinamiche che avvengo in questi spazi, un po' attraverso il dialogo con gli altri genitori si tende a capire qual é il principio che sta alle spalle di queste strutture e i genitori inesperti o ansiosi imparano con il tempo ad accompagnare i propri figli nella maniera adeguata. Dal punto di vista emotivo, un´aspetto fondamentale è la soddisfazione che il bambino raggiunge dopo mesi, se non addirittura anni di tentativi, nel riuscire ad affrontare un percorso a lungo ambito da solo con le proprie capacità. Il trionfo é ineguagliabile e non ha nulla a che vedere con lo svolgere il percorso grazie all´aiuto di un adulto. La frustrazione iniziale

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ARTICOLI TEMATICI del non poter raggiungere ogni obiettivo viene completamente compensata dalla soddisfazione finale nel momento in cui il bambino, dopo continui tentativi, riesce a raggiungere da solo il proprio traguardo. Proprio questo é il punto forte di queste strutture: esse sono quindi, da un punto di vista dello sviluppo non solo motorio ma anche cognitivo ed emotivo, delle offerte ideali a tutti gli effetti. In questi spazi gioco il bambino ha l´opportunitá di sviluppare la propria capacità di tolleranza delle frustrazioni, di mettere alla prova e riconoscere le proprie capacità e meglio ancora di imparare ad accettare i propri limiti. Tutti elementi fondamentali del percorso di sviluppo verso l´etá adulta, che queste strutture non fanno altro che favorire. Devo ammettere che dopo l´esperienza tedesca il confronto con gli spazi gioco italiani risulta spesso per forza di cose alquanto deludente. Ciò che dal mio punto di vista andrebbe messo in discussione é l´approccio che sia ha in Italia nei confronti degli spazi dedicati all´infanzia. Prima di tutto l´idea che le strutture debbano garantire la massima sicurezza di chi ne usufruisce va a discapito dell´interesse e del divertimento dei bambini e dei ragazzi. Contemporaneamente non va dimenticato che i fondi a disposizione per questo tipo di investimenti risultano essere da tempo pressoché minimi.

Trovo interessante riportare un esempio a riguardo, relativo alla mia zona di origine in Piemonte, dove l´amministrazione comunale di una cittadina di provincia ha fatto negli anni scorsi una scelta innovativa. Come prima cosa si é deciso di rendere il centro cittadino zona pedonale, poi parallelamente si é scelto di inserire all´interno di quest´area un parco giochi di tipologia nordeuropea. Questo genere di strutture, proprio a causa

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dell´accurata e difficile progettazione che sta a monte, hanno costi decisamente superiori rispetto alle classiche strutture basiche che si incontrano in qualsiasi parco cittadino. Per questo motivo, la cittadinanza al tempo rispose in modo piuttosto negativo al progetto, considerando la spesa del tutto superflua se non addirittura inutile. Nonostante critiche e movimenti contrari il progetto é stato fortunatamente portato avanti e risulta per me sempre una piacevole sorpresa, ogni volta che torno da quelle parti, osservare come la struttura sia spesso affollata di bambini e ragazzi.

Ovviamente nonostante il successo del progetto non sono mancate critiche sulla pericolosità del parco giochi, e qui si ritorna al discorso precedente, cioé al fatto che non é una struttura in sé a essere pericolosa, ma l´utilizzo che se ne fa! Qual è l´effetto osservabile che queste strutture hanno su bambini e ragazzi? Partendo dal presupposto che ovviamente anche ai bambini tedeschi piacciono sia i cartoni animati, i videogiochi, sia le varie proposte che la realtà digitale offre all´infanzia, posso però dire che, partendo dal mio quotidiano, la prima richiesta, dopo l´asilo o la scuola materna o elementare che sia, che viene fatta ai genitori non é „mamma/papá per favore posso guardare i cartoni...“ ma piuttosto „per favore andiamo al parco giochi così posso giocare con i miei amici!“ Di fronte all´opzione divano, televisione, computer o giochi all´aperto con gli amici, vince quasi sempre, soprattutto grazie a queste strutture, la seconda opzione! E questo credo sia un traguardo che in Italia le nostre amministrazioni debbano porsi se vogliono davvero scegliere di investire sui diritti, sullo sviluppo e non di meno sulla salute delle nuove generazioni. A tutto ciò trovo importante aggiungere il tema dell´approccio che in Germania si ha nei

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ARTICOLI TEMATICI confronti delle condizioni atmosferiche. Dal mio punto di vista i paesi nordici credo abbiano una visione più realistica di quello che é il rapporto causa-effetto tra condizioni ambientali e diffusione di influenze e raffreddori. Un modo di dire molto diffuso tra i tedeschi è: „Non esiste il cattivo tempo, esiste solo il cattivo abbigliamento!“ In altre parole, per stare all´aperto non importa quali siano le condizioni meteorologiche, l´importante è indossare un abbigliamento adeguato. Partendo da questo principio risulta normale, sia per i genitori, che per le altre figure educative, il fatto di lasciar giocare i bambini all´aperto indipendentemente dalla stagione e dal meteo. Ogni bambino usa abitualmente, per le stagioni primaverili e autunnali, stivali di gomma, giacche e pantaloni da pioggia. Mentre per il periodo invernale più freddo si esce semplicemente con l´abbigliamento da neve. Per fare un´esempio diretto, una delle prime domande che i genitori della scuola materna in cui lavoro mi pongono quando vengono a prendere i loro figli, indipendentemente che si tratti di luglio o gennaio, è: „Oggi siete andati un po’ al parco giochi?“

La famosa credenza, che i bambini si ammalino per il freddo, ha in Germania, e credo anche in molti altri paesi nordeuropei, molta poca rilevanza. La maggior parte degli studi a riguardo, dimostrano che la diffusione di virus e batteri che causano raffreddori e influenze aumenta a dismisura nei mesi invernali proprio perchè durante questi periodi si tende a passare la maggior parte del tempo all´interno di spazi chiusi, riscaldati, spesso affollati e con poco ricircolo dell´aria. L´attuale situazione sanitaria mondiale credo sia la più chiara dimostrazione di questo principio. Un altro tema importante se si parla di infanzia e sicurezza é quello che riguarda gli spazi cittadini. La tendenza che si é osservata negli

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ultimi anni o meglio decenni é di un constante aumento del controllo e della reclusione da parte degli adulti nei confronti di bambini e ragazzi.

In special modo in Italia si é sviluppata una situazione, che oserei definire quasi opprimente, nella quale le generazioni piú giovani si trovano a vivere sotto un controllo a vista praticamente continuo da parte di figure adulte e per la maggior parte del tempo all´interno di spazi chiusi. Vivo e lavoro ormai da anni in una metropoli di quasi 4 milioni di abitanti, nella quale a partire già dalla scuola materna si affronta un percorso di educazione stradale che viene poi proseguito nella scuola elementare, al fine di supportare i bambini e le rispettive famiglie, affinchè si incentivi la scelta di permettere ai minorenni di andare e tornare da scuola da soli, già a partire dalle elementari, non solo a piedi, ma spesso addirittura anche con le biciclette. Da qui nasce prima di tutto, da un lato un´organizzazione della viabilità che possa garantire percorsi sicuri per i bambini e dall´altro un´educazione della cittadinanza affinché impari ad essere consapevole e rispettosa delle zone limitrofe agli istituti scolastici. Il fulcro di questo progetto resta comunque

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l´educazione graduale dei bambini all´autonomia, tema a tutti gli effetti fondamentale nel percorso di formazione del sistema scolastico tedesco. Un discorso di questo genere apparirebbe, in relazione alla maggior parte delle città italiane, pressoché improponibile, mentre, in una metropoli come Berlino, si verifica quotidianamente. Contemporaneamente un altro aspetto del dibattito pubblico relativo all´infanzia é quello dell´assenza nelle città e addirittura nei paesi di spazi pubblici sicuri in cui bambini e ragazzi possano giocare liberamente. In Germania si é cercato di ovviare a questa problematica attraverso la realizzazione delle cosiddette „Spielstraße“, cioé „Strade del gioco“. Si tratta di parti di strade secondarie, tendenzialmente non adiacenti alle grosse arterie del traffico, quasi sempre delimitate da rallentatori di velocità e identificate da cartelli stradali specifici, i quali informano i cittadini di come quel determinato tratto di strada rimanga comunque percorribile per le auto, ma contemporaneamente sia principalmente riservato come spazio di gioco per bambini e ragazzi. Il limite di velocità lungo questi percorsi è di 10 Km orari. I diversi aspetti sopra trattati hanno come filo

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comune il tema della sicurezza e benché risulti chiaro e palese che bambini e ragazzi debbano avere a disposizione spazi e strutture che garantiscano la loro incolumità, quest´ultima deve essere però valutata con spirito critico e non intesa come concetto assoluto. L'aspetto fondamentale rimane la necessita di fornire le nuove generazioni degli strumenti critici e delle capacità, sia dal punto di vista dello sviluppo motorio, che di quello cognitivo e soprattutto emotivo, per poter raggiungere autonomia e consapevolezza nel saper valutare lo spazio nel quale vivono ed agiscono e nel saper riconoscere gli ostacoli ed i pericoli che la realtà quotidiana porta con sé. Si tratta ovviamente di un progetto educativo a lungo termine che i paesi nordici hanno già iniziato da tempo ad affrontare e che spero possa venir identificato anche in Italia come condizione basilare per uno sviluppo sano e completo nell´infanzia e nell´adolescenza. Una nuova concezione di spazi pubblici a misura di bambino deve essere riconosciuta non solo come diritto fondamentale dei bambini, ma soprattutto come responsabilità e dovere imprescindibile delle generazioni adulte. Eva Nari

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RISCHI DA GIOCARE Nel pensiero comune il gioco è sinonimo di piacere, di divertimento, di allegria. Ma non è proprio così. I bambini giocano da sempre, perché è il modo più adeguato per crescere. Facendo così, si esercitano su come funziona l'organizzazione del mondo nel quale sono capitati. Lo fanno per imparare a gestire le proprie emozioni, per riconoscere che ci sono modi diversi per relazionarsi con gli altri, per scoprire le potenzialità ed i limiti delle proprie azioni. La piacevolezza del gioco serve a questo: è una modalità coinvolgente alla quale nessuno può sfuggire. Chi non gioca nell'infanzia avrà qualche problema...

rischiare anche da un punto di vista relazionale, con l'esclusione dal gioco o dalla squadra; si può rischiare sul piano emozionale, nel constatare la propria fragilità o soffrire per il proprio orgoglio ferito In questi ultimi anni abbiamo imparato a conoscere il termine che indica l'importanza di essere capaci di sostenere i rischi. La parola è resilienza. La resilienza è la capacità che una persona deve possedere per superare in maniera positiva gli eventi traumatici che gli possono capitare. Per un bambino è doloroso farsi male nel giocare, ma lui sente anche male quando viene allontanato dal gruppo, quando viene deriso perché non è stato capace, quando viene dimenticato nel corso di un nascondino… Giocare il rischio Il gioco è il luogo relativamente protetto dell'esercizio al rischio. Ed il rischio è il risvolto imprescindibile di ogni azione ludica, sia che essa porti al successo o a subire un danno. Si tratta di un'esperienza di maturazione importante, perché il giocatore deve costantemente valutare le proprie azioni scegliendole o rifiutandole, secondo la loro efficacia o meno. L'effetto delle azioni ludiche non può essere controllato in anticipo. Nel gioco occorre agire, anche quando queste azioni potrebbero essere potenzialmente pericolose. Gli adulti tendono comprensibilmente a vietare azioni ludiche rischiose (arrampicarsi su un albero, lasciarsi da una certa altezza, scalare uno scivolo, usare oggetti appuntiti, fare la lotta ). I bambini per imparare devono però provare. Altrimenti la loro conoscenza rimane monca, priva di realtà e di memoria vissuta. Naturalmente consentire ai bambini di esercitarsi al rischio, non significa esporli ai pericoli o addirittura provocarli. La funzione degli adulti è quella di proteggere l'esperienza dei bambini. Molti studi recenti hanno rilevato come la privazione dell'esperienza del rischio, si associ ad un aumento delle paure e ad una percezione di disagio nei confronti dell'ambiente naturale (fenomeno presente anche in molte insegnanti).

Giocare l'incertezza Oltre ad essere un luogo di piacere, il gioco è anche il luogo dell'incertezza. Un gioco senza rischio non è un gioco. Nel giocare, il rischio può essere di tipo fisico, quando ci si fa male. Ma si può

Giochi tradizionali all'aperto I giochi più interessanti dal punto di vista dell'esercizio rischio, sono i giochi motori Lo psicologo Jerome Bruner, che li ha studiati fra i primi, li ha chiamati giochi rischiosi . In particolare si è riferito ai giochi motori della tradizione. Una serie di studi recenti ci dicono che il modo più adatto per esercitare bambine e bambini al rischio (il termine che viene usato è

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risk-taking) sia quello di giocare all'aperto (outdoor education, adventure education). Giocare all'aperto, giocare in contatto con l'ambiente naturale, era proprio “il sale” che i bambini avevano a disposizione per i loro giochi. Oggi è possibile ricreare queste condizioni, ma con maggiore fatica. Spazi aperti e tipologie di giochi tradizionali, sono gli ingredienti principali per esercitare il rischio. I giochi che provengono dalla tradizione infantile sono pieni di esempi. Naturalmente, poiché i giochi rappresentano anche il tempo/spazio nel quale vivono i bambini, i giochi della tradizione ci offrono personaggi che non suscitano più immaginazione e partecipazione (mugnai, ambasciatori, streghe o quant'altro). Il loro aspetto esteriore fa pensare ad un passato che non ci riguarda più. Eppure, dentro a questi giochi si ritrovano proprio forme diverse di esercizio al rischio. Giocare in età diverse L'esercizio del rischio nelle attività/gioco dei bambini piccoli (2/4 anni) è riconosciuto da tutti come un fatto naturale . Le divergenze avvengono semmai nel modo in cui si comporta l'adulto. Emily Pikler o Maria Montessori hanno molto insistito perché un bambino fosse lasciato sperimentare (salire/scendere gradini, lanciarsi da un dislivello ), sotto l'occhio vigile, ma non invasivo di un adulto. Loro ci consigliano di dire no , solo quando il rischio sta tramutandosi in pericolo. Anche i giochi di finzione consentono ai bambini di misurarsi con rischi o pericoli reali o immaginari, attraverso territori fittizi non privi di incertezza. Con i bambini più grandi sono i giochi di regole che consentono di gestire l'ignoto, di avere un esito incerto e di riflettere su un eventuale fallimento. In questi giochi, come in molte altre forme ludiche, appaiono esperienze sfidanti, dove il rischio non è solo di tipo fisico, ma anche emotivo, relazionale, cognitivo. Attenti al leone! Anni fa un amico africano mi raccontava il gioco preferito della sua infanzia. I bambini lo chiamavano Il leone dei Uruba. Per prima cosa sceglievano un leone. Tutti gli altri si mettevano a coppie, in cerchio. Uno fingeva di essere la madre, l'altro il figlio. Il leone cominciava a cantare una melodia e tutte le coppie si nascondevano. Poi il leone le andava a cercare e cercava di mangiarle . Le coppie cercavano di ritornare al cerchio di partenza, senza essere prese. Apparentemente il gioco sembra essere un normale nascondino a coppie, ma qui - al termine del gioco - i bambini si mettevano nel cerchio e decidevano chi sarebbe stato il leone successivo.

Nella scelta venivano privilegiati quei giocatori che avevano svolto meglio il proprio ruolo. Si erano nascosti bene? Le madri scoperte avevano raggiunto la salvezza prima del figlio? Il figlio era stato abbandonato? La madre si era fatta mangiare per difendere il suo bambino? Come si vede, alla fine veniva valutato il comportamento delle madri rispetto al rischio (preso o fatto prendere) nei diversi momenti gioco: nel nascondersi, nel fuggire, nel difendersi, nel lasciarsi mangiare per consentire al figlio di sopravvivere. Anche il comportamento dei figli (erano indifesi e non potevano aggredire il lupo, ma potevano aver trovato una strategia di salvezza), veniva soppesato fino a scegliere chi sarebbe stato il leone successivo. Accogliere il rischio Un gioco tradizionale come questo, che prevede una valutazione da parte dei giocatori (e ce ne sono molti in tutte le culture), mette in primo piano il tema del rischio. Il giocare viene considerato, non solo dal punto di vista di chi ha vinto o di chi ha perso, ma comprende tutti gli eventi (corporei ed

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emotivi) vissuti dai giocatori. Si tratta di una modalità riscoperta (viene chiamata infragioco) e si ritrova spesso nei giochi tradizionali. Prevedere il rischio, vedere se le ipotesi funzionano, imparare a prendersene le conseguenze, abituarsi al confronto con altri e ad accogliere l'incertezza. C'è da riflettere su quanto le abitudini ludiche dei bambini del nostro tempo, si siano impoverite ed abbiano ridotto il tema del rischio all'attenzione di non farsi male fisicamente. Chi non gioca nell'infanzia avrà qualche problema, si diceva all'inizio di questo scritto. Potremmo anche dire che: chi non rischia giocando, problemi ne avrà qualcuno di più. Gianfranco Staccioli

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GIOCARE ALL'ARIA APERTA: Un rischio da correre... senza sudare? «Chiudi il giubbotto... che fa freddo. Apriti il giubbotto che fa caldo. Corri un po'... che ti sfoghi. Corri pianino... che inciampi». Queste sono alcune frasi raccolte in un “sabato qualunque” in un giardino pubblico. Da una parte esprimono l'importanza di giocare all'aria aperta, dall'altra il tentativo di difendersi dalle insidie dello stare fuori. A partire da due frasi tipiche più una, vediamo come andare incontro al senso d'avventura dei bambini.

Proprio di lì dovevi passare Con tutto il posto che c'è, spesso i bambini cercano di passare nei punti più “particolari”, più faticosi e, talvolta, rischiosi. È lecito chiedersi perché un bambino che cammini in una strada pedonale preferisca salire su tutti gli scalini e poi saltare giù, anziché passeggiare in modo lineare.

Crescere è un continuo misurarsi con sé stessi, anche dal punto di vista motorio. Il bordo di un marciapiede, gli scalini, un muretto sono un'ottima occasione per giocare con le proprie abilità, ma anche con il proprio senso del limite. I bambini osservano con molta attenzione l'ambiente circostante, ricercano stimoli ambientali che possono rispondere ad alcuni desideri di crescita. Confermare a sé stessi che si sa saltare con tranquillità uno scalino e provare a saltarne uno un po' più alto sono occasioni importanti per alimentare l'autostima. Gli occhi brillano di fronte a sfide simili. Di certo, le sfide sono sempre al rialzo . Sia per i bambini che per gli adulti la giusta misura si può cercare insieme, perché questo permette di imparare a valutare quali avventure affrontare e come. La vita all'aria aperta offre infiniti “dislivelli” di questo tipo. E anche se siamo in una città perfettamente livellata, i bambini sapranno sicuramente trovare il modo per rischiare un po'.

Non nasconderti sennò non ti vedo Il nascondino è uno di quei giochi che si fa per tutta la vita. Lo si fa con le mani (il “cucù”), in casa (dietro le tende, dentro l'armadio...), ma soprattutto all'aperto. Per i bambini il nascondino è un modo per prendere possesso dell'ambiente circostante. Una volta conosciuti i diversi nascondigli, possono sentirsi più sicuri nel posto dove sono. Il nascondersi (anche senza giocare a “rimpiattino”) è anche un modo per avere un momento in cui ritrovarsi rannicchiati, in intimità. Più la vita è “sovra esposta” e “strutturata” e più abbiamo bisogno di rifugiarci. Ed ecco che all'aperto i bambini possono mettersi dietro (o sopra) un albero, dentro una siepe, in qualche pertugio... D'altronde, uno spazio aperto è ancor più interessante se offre l'occasione per nascondersi, dove stare a tu per tu con sé stessi o con pochissimi intimi. Per motivi vari, gli spazi pensati per i bambini (giardini pubblici, cortili delle scuole...)

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ARTICOLI TEMATICI offrono poche occasioni per rintanarsi. Ma i bambini non demordono, giocare a nascondersi è troppo importante per crescere. Allora, lo fanno sotto i giubbotti, dietro i genitori... Quando siamo all'aperto con i bambini, seguiamoli con lo sguardo per vedere dove si rannicchiano, dove giocano a nascondino. E se viene da chiedersi «Ma pensa te... anche se non c'è neanche un posto per nascondersi, si nascondono lo stesso!» cerchiamo un luogo all'aperto dove ci sono veramente dei nascondigli, dove è possibile fare un gioco che fa battere forte il cuore.

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Che pazienza! Un bambino che gioca all'aperto (in una situazione di “rischio calcolato”) è un bambino soddisfatto. Questo perché giocare all'aria aperta porta benefici alla coordinazione corporea, all'apprendere, al pensare, al conoscere sé stessi, all'autostima, all'autonomia... È sotto gli occhi di tutti il fatto che i bambini, dopo un po' di tempo trascorso all'aperto, si mostrino più capaci di riconoscere i pericoli. Per far sì che il pericolo (da evitare) non sia confuso con il rischio (da valutare), agli adulti occorre pazienza con sé stessi, almeno quanto quella dei bambini che mentre corrono gioiosi per lanciarsi in qualche nuova avventura ludica... si sentono dire: «Corri, ma non sudare!». Antonio Di Pietro, pedagogista ludico

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I GIOCHI DEI BAMBINI E LE PAURE DEGLI ADULTI In un saggio sul gioco nell'infanzia dal titolo “Lasciateli giocare” (Einaudi ed.) lo psicologo americano Peter Gray citava i dati di uno studio longitudinale - condotto su un vasto campione raccolto in vari Stati degli USA e durato vent'anni - da cui emergeva che quegli adolescenti che durante la loro infanzia avevano giocato poco a nulla all'aperto e con altri bambini erano in media più soggetti ad ansia, depressione, sensazioni di impotenza, narcisismo; erano anche più isolati, troppo centrati su di sé, più dipendenti da ricompense esterne, meno capaci di interagire con gli altri, più impacciati nei movimenti, più inclini agli incidenti, spesso sovrappeso. Al contrario, i loro coetanei che nel corso dell'infanzia avevano avuto modo di fare i classici giochi sociali di movimento apparivano più sicuri di sé, più autonomi, meno dipendenti dagli altri, più ottimisti e intraprendenti, più capaci di divertirsi senza dove ricorrere ai videogiochi o agli animatori, più disinvolti nell'organizzarsi e naturalmente meno inclini all'obesità e più sciolti nei movimenti.

Come si spiega questo divario? Lo si spiega se si considerano da un lato l'infanzia sedentaria degli uni e, dall'altro, le potenzialità che hanno i giochi di movimento e con i coetanei. Questi giochi non sono soltanto scarico di energie, come molti pensano, ma sono la via attraverso cui i bambini hanno l'opportunità di fare esperienze importanti per la loro crescita in una età in cui non possono ancora affrontare le complessità e i rischi del mondo adulto, ma possono organizzarsi, collaborare, inventare e prendere iniziative in ambienti a loro portata. Il tutto in modi lievi e divertenti. Ecco qui di seguito alcuni dei pregi di questi giochi: socializzazione, acquisizione di abilità motorie, imparare ad affrontare gli imprevisti e gestire la paura, sviluppare il coraggio, acquisire sicurezza ed esercitare l'autocontrollo, vivere sensazioni di libertà e di benessere, dare libero sfogo alla fantasia, sviluppare l'intelligenza. Sono molti ad esserne

consapevoli tant'è che una associazione ambientalista inglese (“National Trust”) ha pubblicato un manifesto in cui tra le cose da fare prima dei dodici anni consiglia le seguenti attività: pescare con il retino, fare una torta di fango, andare sullo slittino, costruire una diga su un ruscello, cucinare in campeggio, far volare un aquilone, una passeggiata nel bosco di notte, correre a braccia aperte facendo l'aeroplano. Il gioco spontaneo che potenzia l'intelligenza?

Ecco un aspetto poco considerato. Alcuni pensano che siano i giochi elettronici quelli che sviluppano l'intelligenza e invece, siccome la mente del bambino è concreta, è impegnando i cinque sensi, muovendosi, spostandosi, facendo attivamente le cose, che i bambini dinamizzano il pensiero e sviluppano le loro risorse mentali. I più recenti studi di neurofisiologia hanno

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ARTICOLI TEMATICI evidenziato come lo sviluppo del gioco in età evolutiva vada di pari passo con lo sviluppo cerebrale, toccando il culmine nella fase che precede l'adolescenza. Nella fanciullezza si formano un gran numero di contatti sinaptici tra i neuroni e il cervello prende forma : il gioco attivo, di movimento e sociale fa aumentare notevolmente una proteina che è una spia della stimolazione della crescita delle cellule nervose, la proteina C-Foss. Nei giochi di movimento è tutto il cervello a essere attivato (si vivono sensazioni, emozioni, percezioni, movimenti, si affrontano gli imprevisti, si risolvono problemi) e questa proteina stimola il metabolismo e la crescita cerebrale. Eppure molti bambini e ragazzi vengono tenuti dentro casa davanti agli schermi o all'interno delle classi scolastiche anche nell'orario della ricreazione, come emerge da queste due testimonianze: Ÿ Genitore - Trovo assurda la regola di non correre durante la ricreazione che vige in molte scuole. Le paure di insegnanti e genitori rendono i bambini sempre più insicuri e stressati. Ritengo sia davvero utile una seria riflessione su questo argomento. Ÿ Insegnante - Pur avendo un bel cortile i ragazzi sono costretti a fare la ricreazione dentro le mura scolastiche, accanto alla propria classe, perché la dirigente teme le denunce dei genitori. Come si spiega tanto timore da parte di molti genitori? Questi timori per eventuali incidenti, ma anche per la paura che i propri figli possano essere bulleggiati dai compagni di gioco, sono dovuti sia a fattori oggettivi che ad un allarmismo eccessivo dei genitori, spesso inconsapevole. Tra i fattori oggettivi c'è al primo posto il traffico che, invadendo le città invece di essere contenuto e deviato come sarebbe stato opportuno, ha contribuito a restringere drasticamente gli spazi gioco dei bambini e a creare un allarme diffuso e permanente. Un altro timore è legato alla paura di molestatori, pedofili o adescatori: un timore quasi sempre ingigantito da ciò che gli adulti vedono e sentono in tv o che leggono nelle cronache dei giornali. Molti genitori contemporanei hanno delle paure infondate o eccessive perché loro stessi da bambini hanno giocato poco, come quei bambini televisivi di cui parla Peter Gray nel suo libro. Non avendo giocato, ma avendo trascorso troppo tempo fermi e passivi davanti agli schermi, non si rendono conto né di ciò che hanno perduto loro stessi da bambini, né di ciò di cui hanno realmente bisogno i loro figli.

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Rischio Che fare per contrastare questi timori? Da un lato sensibilizzare i genitori sui pregi del gioco e dall'altro recuperare spazi in cui i bambini possano muoversi liberamente senza correre pericoli per la loro incolumità. Fondamentale è comprendere che i bisogni fisici e psicologici dei bambini sono diversi da quelli degli adulti, che sono diverse la loro visione del mondo e il loro approccio alla realtà. E siccome i bambini percepiscono le emozioni e gli stati d'animo degli adulti, l'apprensione e le paure dei genitori possono tramettersi per osmosi ai più piccoli creando insicurezza e bloccando sul nascere il loro bisogno di esplorare e conoscere l'ambiente che li circonda. Anna Oliverio Ferraris Autrice con Albertina Oliverio del libro “A piedi nudi nel verde. Giocare per imparare a vivere” (ed. Giunti) Prof. Emerito di Psicologia dell'età evolutiva alla Sapienza di Roma

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LUIS E IL RISCHIO MISURATO Di Luis, il bambino più giovane e tenero del gruppo, mi sono subito fatto un'idea che fosse anche quello più caparbio e curioso. Per cui niente che avrebbe ostacolato le sue volontà, lo avrebbe fermato. Quella volta si era messo in testa di copiarmi nel taglio del turacciolo. Con lui c'era quasi sempre il fratello di tre anni più grande, molto attento a fargli da accompagnatore, con deliziosa dote di gentilezza e responsabilità verso il più piccolo. A quel tempo vivevo stabilmente a Londra, e di professione facevo “il toymaker”, colui che costruisce giocattoli e anche insegna a costruirli ed a giocare con essi in modo creativo, recuperando riciclando materiali accessibili a tutti, solo risorse materiali che sono facili da trovare in casa e intorno a dove si vive. Quella era stata una precisa scelta che mi aveva permesso di vivere in modo dignitoso nella dispendiosa, frettolosa, seppur altamente stimolante, metropoli, potendo regalare a me stesso e ad altri momenti di svago acculturato a teatro, cinema, musei e nei bei parchi tra forme ossessivamente curatissime a quelle più selvatiche, un po' meno spesso nel provare le molteplici cucine del mondo che li facevano casa. Luis l'ho incontrato alla scuola francese che occupava una vecchia chiesa non più consacrata alla religione ma solo all'educazione. Alla conduzione della Bilingual school di St Mary's, c'era una coppia di francesi e alle cui dipendenze restava un piccolo gruppo di altri giovani francesi desiderosi di fare esperienza a Londra, mantenendosi come insegnanti. Io facevo parte dello staff che arricchiva l'esperienza degli studenti/esse dai 3 ai 10 anni, con ciò che faceva parte del curriculum trasversale, che non si trova sui libri ma più nell'esperienza di relazione. Con me i bambini e le bambine di un gruppo misto - e mai superiore alle 10 unità - costruivano giocattoli, giocavano e venivano stimolati nella loro creatività, in modo dinamico, inter-attivo. Gli incontri duravano 90 minuti, ripetuti due volte la settimana al pomeriggio, dopo la scuola – nell'attesa che arrivassero i genitori a riportarli a casa. Se c'era bel tempo si stava fuori (allestendo un laboratorio volante portando qualche sedia e tavolo dall'interno), se c'era brutto tempo si stava tutto l'incontro dentro. Durante quegli anni ho avuto modo di documentare molto bene i processi che presiedevano alla costruzione del giocattolo con i bambini/e, ed anche all'invenzione di modi di giocare con questi giocattoli, e/o con i materiali che si usavano per la loro costruzione. Una bella “scuola di riflessione” sulla didattica e sulla metodologia

di insegnamento e apprendimento, ogni volta vincendo la sfida di proporre qualcosa di nuovo al gruppo.

Questo bambino al tempo delle foto che riporto nell'articolo aveva 4 anni. E quel giorno avevo predisposto il laboratorio per costruire ominidi ricorrendo prevalentemente a turaccioli, filo di ferro e spiedini di legno, e pochi altri materiali di contorno alla decorazione e personalizzazione, al dettaglio e all'espressività a partire da una base standard. Per questo gruppo misto avevo accertato che era forte il desiderio di costruire piccoli guerrieri, da ingaggiare in dialogate e fantasiose battaglie, a cui si sarebbero aggiunti scenari e altri pupazzi di corredo della scuola. Avevo già notato che Luis voleva utilizzare tutti gli strumenti (non elettrici) che portavo a scuola, copiando quello che per primo mostravo per preparare e trasformare i materiali facendovi buchi, intagli, torsioni, giunture di altri cambi di forma. Nonostante le piccole mani, la forza ridotta, l'abilità allo stadio iniziale, Luis procedeva con grande ricorso alla volontà nell'uso di questi accessori per modificare la materia, piegarla alla volontà, restando nei limiti delle qualità che la materia e gli strumenti stessi rivelavano. Questo era anche oggetto di insegnamento specifico. Cioè rendere il più possibili autonomi i partecipanti, in grado di fare buone scelte ottenendo effetti anticipati dal pensiero. Ma sinceramente non mi aspettavo che Luis prendesse su con vera maestria ed in un batter d'occhio anche la competenza ad usare il seghetto nel taglio del turacciolo. Con estrema confidenza l'ho visto operare nell'intento di ottenere delle “fette” di sughero. La sua postura era perfetta: rilassato nelle spalle, con una mano teneva bene salda l'impugnatura del manico del seghetto, con l'altra

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ARTICOLI TEMATICI mano manteneva fermo il turacciolo; mentre con la lama e perpendicolarmente al pezzo, a piccoli movimenti ripetuti nella stessa direzione, incideva ed affondava sempre più la lama nel materiale, un po' alla volta, ed ogni volta con un po' più di forza rispetto al colpetto precedente (causa la frizione che aumenta tra le superfici del sughero - che viene inciso che gradualmente, man mano che si procede con il taglio – che avvolgono la lama, fino a spezzarla in due parti). Sul momento rimasi interdetto, anche spaventato del possibile danno che poteva cagionare un errore, la fretta, l'imperizia del bambino nell'uso dello strumento, una distrazione portata da uno stimolo esterno. Tagliare il tappo in fette comportava di avere le dita che trattengono l'oggetto veramente vicino alla lama che opera. Ma la mia voglia di osservare dal di fuori quest'accadimento era più forte della volontà di intervenire. Questo mi permise di documentare l'istante, affinché anche altri/e avrebbero meglio creduto a quello a cui stavo assistendo di persona, con soddisfazione crescente. In quel momento mi tornò in mente un principio cui cercavo di tenere fede, e cioè quello di attendere prima di aggiungere togliere cambiare ciò che veniva messo in atto dai partecipanti, soprattutto quando questo era diverso rispetto a quanto mi ero anticipato, programmato, pianificato. Attendere prima di intervenire, per il semplice motivo che il più delle volte mi ero dovuto ricredere, perché il diverso non coincideva con sbagliato . Succede che nonostante si sia descritto ampliamente e mostrato, gli altri fanno differente, ottenendo come risultato del loro operare che il giocattolo non funzioni, funzioni malamente, che il materiale non lo è trasformato nella maniera opportuna, per ottenere ciò a cui sarebbe servito. Ma proprio queste situazioni mi hanno insegnato che in tale differenza c'era la scoperta dell'altro/a, con i suoi limiti e potenzialità, che a volte mi hanno indicato una strada nuova, a volte migliore di quella che praticavo io. Anch'io potevo imparare dai bambini/e. E scoprivo che il loro modo a me inusuale di trasformare le risorse, era il loro giusto modo di operare con gli strumenti ed i materiali, semplicemente perché adeguato a ciò che conoscevano, sapevano fare in quel momento, oppure perché dal loro punto di vista, con le loro dimensioni fisiche (della mano, del braccio del corpo) non vi era altro migliore soluzione che quella da loro messa in atto. Scoprivo così il punto di partenza di ciascuno e ciascuna, per cui la mia didattica non poteva che beneficiare di queste informazioni per individualizzare e facilitare il livello padronanza dei partecipanti. In poche parole la mia tecnica andava bene “alla

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mia adultità”, la sua tecnica “alla sua fanciullità”. Luis però mi stava dimostrando che aveva preso da me il massimo, il mio intervento cercò solo di fare conciliare le due esigenze: la sua autonomia operativa che è piacere e acquisizione di confidenza in progressione, e l'esigenza di tutelare dal pericolo. Così gli lasciai usare il seghetto e sostituii la presa con le dita sul turacciolo con la pinza, che veniva da me sorretta per trattenere saldamente il turacciolo. In questo modo si evitava che le dita si avvicinino troppo alla lama in azione.

Non avevo mai sperimentato questo prima di allora, e funzionò egregiamente con Luis come in tutte le successive situazioni in cui lasciai sperimentare l'uso di diversi strumenti da taglio o con la punta, senza incorrere in pericoli non necessari. Non avendo una morsa a disposizione, durante i laboratori volanti, in situazioni in cui è possibile solo attrezzare il minimo necessario, avere a propria disposizione molteplici pinze di varia grandezza è diventato un “must” della mia didattica per la costruzione del giocattolo con i principianti. Altre volte “inizio” il movimento, affondando la lama per metà nel pezzo da tagliare, e poi lasciando al partecipante il resto della fatica/piacere di imparare facendo. Anche perché, a mio parere, è proprio nella padronanza del movimento della mano/braccio che agisce il seghetto junior che si gioca gran parte del lavoro. Poter rendere fluido questo gesto, riducendo al massimo gli attriti di una lama che non è in linea nel taglio, che si limita la possibilità tanto di rompere la lama che di farla uscire dal suo binario , andando a toccare ciò che in prossimità. Renzo Laporta - Ciao@genailidapiccoli.com

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il GiornAli Ali per Giocare - Associazione Italiana dei Ludobus e delle Ludoteche è un'Associazione di promozione sociale senza fini di lucro con sede a Frosinone. L'Associazione ha per scopo l'elaborazione, promozione, realizzazione di progetti di solidarietà sociale, tra cui l'attuazione di iniziative socio-educative e culturali, nel rispetto dei principi della Costituzione Italiana e nel pieno rispetto della dimensione umana, culturale e spirituale della persona. L'Associazione persegue finalità di solidarietà sociale e civile nei settori dell'educazione, dell'animazione, dell'assistenza sociale, della formazione, della tutela dei diritti e della promozione della cultura, in particolare della cultura del gioco, mediante la rappresentanza di istanze e progettualità di chi opera sul territorio con progetti ludici, pedagogici e socioculturali, fondati sull'affermazione del diritto al gioco attraverso l'azione di mezzi mobili attrezzati (Ludobus) e l'attività in strutture fisse (Ludoteche).


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