La Finestra marzo 2010

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Editoriale

3 di Armando Munaò

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i ricordate? Era il lontano 18 marzo 1989 quando fu distribuito il primo numero de “La Finestra”. E Vi ricordate come era quel “giornaletto?” Io sì. Dodici piccole paginette stampate in 450 copie e in quel tipico formato A4 che allora era caratteristica di tutti i giornali locali. Guardando oggi, quel primo numero, provo tanta tenerezza e un sentimento che non riesco a descrivere. Più che un giornale, inteso nella più alta essenza, era un piccolo opuscoletto nato per caso e nel quale nessuno avrebbe scommesso una lira. Invece il tempo ha dato ragione alla mia intuizione e quel piccolo pieghevole, come da molti era stato allora definito, nel tempo e con il tempo, ha saputo trasformarsi. Ha cambiato il suo modo di essere, ha indossato molti abiti, si è evoluto migliorandosi nella veste grafica e nei contenuti, si è potenziato aumentando il numero dei corrispondenti e dei collaboratori fino a diventare quello che è oggi: un vero giornale, un vero periodico d’informazione che nulla ha da invidiare ad altri organi di stampa. Oggi La Finestra, permettetemi di sottolinearlo con una punta di orgoglio, è il periodico gratuito d’informazione giornalistica più letto nei comuni dove viene distribuito. I suoi articoli spaziano dalle cronache nazionali a quelle locali. Dalle interviste alle corpose e complete inchieste. Dai temi di attualità all’informazione generale. Dai redazionali sul volontariato e la solidarietà alle informazioni per la famiglia. E questa “grande” trasformazione la si deve non solo al continuo impegno di tutti i miei collaboratori che nei 22 anni si sono succeduti, ma anche e principalmente agli sponsor ed agli inserzionisti che hanno creduto in noi e – a vario titolo - ci hanno sostenuto dimostrandoci sempre la loro vicinanza. Questo, miei cari lettori, è il mio ulti-

mo articolo da direttore responsabile e da proprietario in quanto nel mese di febbraio ho ceduto “La Finestra” e la AEMME sas –Pubblicità & Marketing. Una scelta purtroppo dovuta non solo al raggiungimento dei limiti di età, ma anche e principalmente ai seri motivi di salute legati al diabete e alle sue complicanze che da 15 e più anni condizionano il mio vivere. Oggi per i motivi succitati, Vi devo lasciare, o meglio devo limitare il mio

Il prof. Armando Munaò

a Marzo 1989. Usciv

il primo numero

de La Finestra

impegno sia giornalistico che di gestione pubblicitaria dei miei “amici” clienti; tuttavia la mia presenza, seppur ridotta, non cesserà comunque definitivamente. Vi confesso che mi accingo a compiere tale passo con tanta commozione e con una punta di rammarico perché mi sarebbe piaciuto continuare a percorrere – insieme a Voi e a tutti i miei collaboratori - la strada di questa “grande” avventura che tante soddisfazioni mi ha dato. Il tempo, però, è veramente un tiranno inesorabile che – ininter-

LA FINESTRA È ON-LINE SU ISSUU.COM

rottamente – batte le ore della nostra quotidianità e non di rado diventa un ostacolo insormontabile. Una cosa però mi consola: aver consegnato il “nostro” giornale non solo ad una grande azienda che di certo migliorerà ancor di più quanto nel tempo e con il tempo abbiamo saputo fare, ma anche a quel Johnny Gadler, il mio migliore collaboratore, che da oltre 10 anni ha saputo dare una impronta dinamica a La Finestra. E con Gadler, che sarà il nuovo direttore responsabile, il “nostro” giornale proseguirà in quella continuità non sempre facile da concretizzare, ma grazie alla competenza e professionalità che Lui ha sempre dimostrato "La Finestra" – ne sono certo - avrà nuove e ben più corpose soddisfazioni. A Lui, ai vecchi e nuovi collaboratori e allo staff di redazione, i miei più sinceri auguri di un buon e proficuo lavoro. Prima di chiudere e salutarVi, permettetemi un particolare abbraccio a coloro i quali sono stati a me più vicini in questi 22 anni: a mia moglie Mary, a mia figlia Federica, a Cristina, a Eva, a Johnny, a Roberto e a Mario. A tutti Voi, cari lettori, sponsor e inserzionisti, un abbraccio e un grazie di vero cuore.

Vostro Armando Munaò

Questo numero de LA FINESTRA è consultabile e scaricabile in formato PDF all'indirizzo: http://issuu.com/aemme_sas/docs/lafinestra_marzo_2010

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LA FINESTRA… NEL SEGNO DELLA CONTINUITÀ


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PRIMO PIANO

I NUOVI VALSUGANOTTI

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Marzo 2010

Ecco l’identikit degli stranieri presenti in Valsugana

La Finestra

MARZO 2010 - ANNO 22 - n. 3

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18 24

50-58

Speciale Festival di Sanremo

Editoriale ....................................................3

Intervista a Valerio Scanu........................ 51

Ecco i nuovi Valsuganotti...........................6

Cristicchi: sono un ricercautore .............. 52

Acciaieria: la battaglia delle analisi .......... 10

Irene Fornaciari e la sua voce ................. 53

Biagio: finisce ancora impiccato............. 18

La prima volta di Noemi.......................... 54

Baz: il mestiere più bello del mondo ....... 20

Il contestato trio ...................................... 55

Pergine: il piano culturale ........................ 22

Mengoni, Moro, Maiello.......................... 56

I bambini di Haiti a Trento ....................... 24

Arisa ....................................................... 57

Un palcoscenico sul Borgo..................... 26

Un saluto da Sanremo ............................ 58

Malattie reumatiche: arriva il convegno .. 28

La musica nel mondo antico .................. 60

Associazioni sul territorio........................ 30

Esteri: Iran, gioco pericoloso .................. 62

Fersina: una splendida realtà .................. 34

Il Gpl per un'energia pulita ....................... 63

Trentini: poco calcio, ma “buono” .......... 38

Pollice verde:la mimosa.......................... 64

La Valsugana in breve............................. 42

Casa: vecchia lampadina addio .............. 65

Tralicci addio: ecco il piano..................... 44

Scienza e ricerca .................................... 66

Gruppo Bresadola in assemblea............. 45

Giuditta: quattro modi per perdere la testa . 67

La Valsugana in breve............................. 46

Mart: dalla scena al dipinto..................... 68

Circolo pensionati perginesi: rieletta Osler . 47

Come eravamo ....................................... 72

Impianti a zero emissioni ........................ 48

Su il sipario: appuntamenti a teatro......... 74


Direttore Responsabile Prof. Armando Munaò

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Condirettore Dott. Johnny Gadler Vice direttore Roberto Paccher Pubblicità Cristina Dellamaria 347.6475297 Grafica ed impaginazione Eva Fontana Corrispondenti P. Chiesa, L. De Carli, M. Pacher Collaboratori S. Caldonazzi, C. Centofanti, A. De Carli, G. Facchini, F. Grosso, A. Iozzo, M. Luongo, L. Motta, M.L. Tonelli

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Consulenza medico Scientifica dr. A. Piazza, dr. G. Donghia Consulenza legale Avv. Zeno Perinelli

Buio in sala: il cartellone del cinema....... 75

Foto e fotoservizi M. Originale

In mostra: appuntamenti culturali ........... 76

Stampa CSQ Centro Stampa Quotidiani spa Erbusco (Brescia)

Alimentazione e salute ............................ 77 Cucina per immagini: petto di pollo ripieno 78

Distribuzione AEMME sas Aut. Tribunale di Trento n. 635 del 22-4-1989

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Questo numero de LA FINESTRA è stato chiuso il 27/2/2010

La Finestra declina ogni responsabilità per eventuali cambiamenti e/o errori nelle date e negli orari degli appuntamenti segnalati.

0461 75.26.22 redazione@lafinestra.it

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0461 75.68.33 Via IV Novembre, 12 38051 BORGO VALSUGANA (TN)

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Intervista a Marco Bazzoni, comico del programma Colorado

• Tutti i testi e tutti gli articoli firmati dai giornalisti e dai collaboratori AEMME nonché tutte le pubblicità (modulari, mezze pagine e pagine) pubblicati su LA FINESTRA e su gli SPECIALI de LA FINESTRA sono coperti da copyright AEMME e quindi è VIETATA su qualsiasi supporto sia l'uso che la riproduzione totale o parziale (anche da parte degli inserzionisti) senza l'autorizzazione scritta della AEMME sas. • Gli inserzionisti che volessero usufruire - per altri giornali o altre pubblicazioni - degli impaginati relativi alla loro pubblicità possono farlo richiedendo l'autorizzazione e riconoscendo alla AEMME sas (al momento della consegna della copia o del dischetto) la quota forfettaria prevista dall’articolo 5 delle clausole del contratto pubblicitario. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che utilizzano propri studi o proprie agenzie per far pervenire alla AEMME e quindi a LA FINESTRA l'impaginato della propria pubblicità, o che di tale pubblicità desiderino farne un uso proprio e personale. • La AEMME - proprietaria de LA FINESTRA e di tutte le pubblicazioni "Speciali" - si riserva il diritto di adire le vie legali per la tutela dei propri interessi e della propria immagine.

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Consulenza fiscale dr. Armando Pacher


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Ecco l’identikit degli stranieri presenti in Valsugana

I NUOVI VALSUGANOTTI

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n Trentino e una Valsugana sempre più multietnici, con percentuali al di sopra della media nazionale, ma nettamente inferiori rispetto a molte altre province del Nord-Est. Ecco la fotografia scattata dal Servizio Statistica della Provincia Autonoma di Trento con una recente indagine sugli stranieri residenti nel nostro territorio...

di Johnny Gadler

Giovane, o addirittura giovanissimo, coniugato, proveniente dall’Albania o dalla Macedonia, con una leggera predominanza femminile. È questo, in estrema sintesi, l’identikit del cittadino straniero che risiede in Valsugana o nel Tesino. A rivelarlo è la recente indagine dal titolo “Gli stranieri residenti in provincia di Trento al 1° gennaio 2009” realizzata dal Servizio

Statistica della Provincia Autonoma di Trento. Rispetto ad altre aree del Trentino - come ad esempio attorno alla città di Trento o di Rovereto, dove si registrano concentrazioni più consistenti di stranieri - nella nostra vallata la percentuale di residenti non italiani è comunque al di sotto della media trentina: 6,3% nel Comprensorio C3 Bassa Val-

sugana e Tesino e 7,0% nel C4 Comprensorio Alta Valsugana, contro l’8,2% riscontrato a livello provinciale. Gli albanesi sembrano prediligere la Bassa Valsugana e il Tesino (infatti costituiscono il 24,1% degli stranieri residenti in zona), mentre i macedoni si stanziano più volentieri in Alta Valsugana, dove costituiscono il 20,5% degli stranieri. Più in generale la Valsugana è scelta come nuova dimora so-

prattutto da cittadini originari dell’Europa centro-orientale (2.471 persone), seguiti da quelli dell’Unione Europea (1.201 unità), nel cui computo dal 2007 ovviamente rientrano i romeni e i bulgari. Seguono quindi cittadini del Maghreb (883), dell’Asia (439), del Centro-Sud America (267), nonché persone provenienti da altri Paesi dell’Africa (52) o da altri paesi europei non comunitari (20). Più sparuta, infine, la presenza di cittadini provenienti dall’America o dall’Oceania: 8 unità in Alta Valsugana e appena una persona nel Comprensorio C3. L’età degli stranieri presenti in Valsugana è principalmente compresa tra gli zero e i 17 anni. Seguono a ridosso la fascia 30-39 anni, quella dei 1829enni e quella dei 40-49enni. Decisamente meno numerosi i 50-64enni; poco più di un cen-


PRIMO PIANO

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tinaio, su oltre 5 mila stranieri presenti, i 65enni e oltre. La maggior parte dei cittadini stranieri residenti in Valsugana risulta coniugata. Però, tenendo conto della giovane età, sono comunque numerosi anche i single, sebbene risultino curiosamente di più quelli il cui stato civile rimane "ignoto". Infine una nota di genere. Seppur di poco, la popolazione straniera residente in Valsugana si colora di rosa. Le donne straniere, infatti, sono 36 in più degli uomini. Il dato rappresenta una netta inversione di tendenza rispetto al 2008, quando le donne erano 77 in meno rispetto agli uomini. Nel dettaglio si è passati da 2.464 maschi contro 2.387 femmine del 2008, a 2.689 donne contro 2.653 uomini del 2009.

Cantiere edile

Allargando lo sguardo all’intera provincia, i cittadini stranieri residenti in Trentino al 1° gennaio 2009 risultano 42.577, pari all’8,2% del totale dei residenti. Raffrontando i dati con

quelli del 2008 si riscontra un incremento del 12,1%, aumento inferiore di 2 punti percentuali a quello rilevato in precedenza, ma statisticamente rilevante in raffronto al dato della crescita

Nati iscritti in anagrafe per sesso (totale e stranieri) nei Comprensori C3 e C4 Comprensorio Bassa Valsugana e Tesino Alta Valsugana Provincia di Trento

Nati complessivi Maschi Femmine Totale 137 140 277 268 282 550 2.788 2.635 5.423

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Totale

della popolazione complessiva (1,3%). Rispetto al quadro nazionale, in cui l’incidenza percentuale degli stranieri sull’intera popolazione residente è pari al 6,5%, la quota degli stranieri residenti in provincia di Trento continua a rimanere inferiore a quella dell’area geografica d’appartenenza (Nord-est), nella quale si registra un valore pari al 9,1%. Analizzando le singole cittadinanze, la comunità quantitativamente più numerosa è ancora quella romena (16,6% del totale dei residenti stranieri), seguita da quella albanese (15,1%) e da quella marocchina (10,7%), comunità presenti da più tempo sul territorio trentino. Si consolida e si evidenzia ulteriormente l’aumento, registrato in questi ultimi anni, della presenza anche in Trentino di cittadini appartenenti ad alcuni stati dell’Europa dell’Est (principalmente Moldova, Ucraina e Romania) a fronte di un contenimento di algerini, marocchini e tunisini da un lato e degli appartenenti all’area dell’ex Jugoslavia dall’altro. Dal confron-

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Ecco l’identikit degli stranieri presenti in Valsugana


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Ecco l’identikit degli stranieri presenti in Valsugana

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Famiglia di immigrati

to dei dati relativi al Trentino con le principali comunità di cittadini stranieri residenti in Italia, emerge che le comunità macedone, albanese, moldo-

va, tunisina e polacca hanno un’incidenza percentuale più consistente in Trentino rispetto alla media nazionale, mentre significativamente meno presenti sono il gruppo dei filippini, dei cinesi e degli indiani. A determinare un andamento crescente nel bilancio demografico degli stranieri residenti in Trentino concorrono senz’altro le acquisizioni della cittadinanza italiana: nel 2003 furono 299, cifra più che triplicata nel 2008 quando ne sono state registrate ben 926. Un Trentino e una Valsugana sempre più multietnici, dunque, ma con una media percentuale quasi sempre al di sotto rispetto alle altre regioni del Nord e del Centro Italia. (Fonte e dati: Servizio Statistica – Provincia autonoma di Trento)

Cittadinanze più frequenti degli stranieri residenti al 1° gennaio 2009 in Trentino Stato di cittadinanza Romania Albania Marocco Macedonia Serbia Ucraina Moldova Tunisia Pakistan Polonia Cina Popolare Bosnia-Erzegovina Algeria Brasile Germania Croazia Ecuador Colombia Stati di cittadinanza più frequenti Altri Stati di cittadinanza (119) e apolidi Totale

Valori assoluti Valori % Maschi Femmine Totale 3.346 3.707 7.053 16,6 3.521 2.903 6.424 15,1 2.475 2.088 4.563 10,7 1.715 1.317 3.032 7,1 1.048 935 2.019 4,8 452 1.481 1.933 4,5 595 1.207 1.802 4,2 1.023 665 1.688 4,0 1.002 572 1.574 3,7 474 857 1.331 3,1 460 407 867 2,0 433 372 805 1,9 443 322 765 1,8 231 416 647 1,5 273 365 638 1,5 280 256 536 1,3 186 270 456 1,1 175 255 430 1,0 18.168 18.395 36.563 85,9 2.820 3.194 6.014 14,1 20.988 21.589 42.577 100,0

Non sono indicate le cittadinanze con frequenza inferiore all’1%

Numero di famiglie complessivo e di famiglie con almeno un componente straniero al 1° gennaio 2009 nei comprensori C3 e C4 Famiglie Di cui con almeno uno straniero % famiglie con straniero sul tot. famiglie

Bassa Vals. Alta Vals. Provincia e Tesino 11.366 21.773 219.872 709 1.568 18.688 6,2

7,2

8,5

Stranieri residenti al 1° gennaio 2009 nei Comprensori C3 e C4 Comprensorio Bassa Valsugana e Tesino Alta Valsugana

Maschi 849 1.804

Femmine 855 1.834

Tot. 1.704 3.638

Stranieri residenti nei comprensori C3 e C4 al 1° gennaio 2009 per area di cittadinanza Area di cittadinanza Europa centro-orientale Unione Europea Maghreb Asia Centro-Sud America Altri paesi dell’Africa (diversi dal Maghreb) Altri paesi europei (diversi da Paesi Ue e dell’Europa Centro-orientale) Nord America, Oceania Totale

Bassa Vals. e Tesino Alta Valsugana 834 1.637 353 848 277 606 161 278 54 213 18

34

6 1 1.704

14 8 3.638

Stranieri residenti nei Comprensori C3 e C4 per classi di età al 1° gennaio 2009 Classi di età 0-17 18-29 30-39 40-49 50-64 65 e oltre Totale

Bassa Vals. e Tesino 440 371 413 291 141 48 1.704

Alta Valsugana 918 788 874 667 311 80 3.638

Stranieri residenti maggiorenni nei Comprensori C3 e C4 per stato civile al 1° gennaio 2009 Stato civile Celibe/nubile Coniugato/a Vedovo/a Divorziato/a, già coniugato/a Ignoto Totale

Bassa Vals. e Tesino 263 749 25 20 207 1.264

Alta Valsugana 450 1.532 39 49 650 2.720


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IL CASO

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Nella foto a fianco una visione aerea dell'acciaieria di Borgo (foto arch. PAT). Sopra e in basso due momenti di lavoro all'interno di un'acciaieria

Acciaieria di Borgo: la battaglia delle analisi Qualche settimana fa la Provincia autonoma di Trento ha diffuso i dati delle analisi condotte dall’APPA in merito alla presenza di diossina e metalli pesanti nei terreni di Borgo e dintorni. I risultati sembrerebbero tranquillizzanti, ma il gruppo medico scientifico ISDE smonta pezzo per pezzo tale indagine, asserendo che il problema permane in tutta la sua gravità. Ecco le analisi dell’APPA e le controdeduzioni dell’ISDE a confronto.

T

ra analisi di cui la popolazione sembra fidarsi poco e ventilate ipotesi di chiusura, fumose come i camini che la contraddistinguono, l’acciaieria di Borgo continua a far discutere l’opinione pubblica, in Valsugana e non solo. Lunghi anni di sospetti, di proteste, di interrogazioni. A seguito dell’intervento della Procura di Trento alla fine del 2009, nonché delle manifestazioni di piazza nel gennaio scorso, molti confidavano che le analisi effettuate dall’Agenzia

provinciale per protezione dell’ambiente (Appa) potessero emettere una sentenza chiara, e magari definitiva, circa la pericolosità o meno di questo plesso industriale che dall’inizio degli anni Ottanta incontestabilmente deturpa lo scenario di Borgo e, molto probabilmente, rappresenta un pericolo per la salute non soltanto dei Borghigiani, ma anche di altre comunità della Bassa Valsugana. L’11 febbraio scorso la Provincia autonoma di Trento ha emesso, se così si può dire, un primo verdetto di sostanziale assoluzione dell’acciaieria. In un incontro con i 21

sindaci della Valsugana, indetto per presentare i risultati relativi alle analisi condotte dall’APPA sui terreni del Comune di Borgo e dei centri limitrofi, il presidente della Provincia Lorenzo Dellai, il vicepresidente e assessore all’ambiente Alberto Pacher, l’assessore alla sanità Ugo Rossi, accompagnati dal dirigente generale dell’APPA Fabio Berlanda e dal dottor Alberto Betta dell’APSS, hanno teso a rassicurare gli amministratori locali e i cittadini. Lo stato reale dell’inquinamento della valle – ha detto Dellai – stando ai dati disponibili sarebbe diverso e molto meno grave di quello paventato da una parte dell’opinione pubblica. Effettivamente i dati sui terreni elaborati dall’APPA concorrono a delineare un quadro ben diverso da quello quasi apocalittico preconizzato dalla Procura e, di rimbalzo, dai media nonché dai comitati dei cittadini. Tuttavia l’esperienza insegna che non sempre le rilevazioni dell’APPA si sono dimostrate inappuntabili, e a tale proposito molti ricordano la vicenda relativa alla vicina ex cava di Monte Zaccon, anch’essa finita nel mirino della Procura della Repubblica di Trento nell’inverno del 2009, nonostante l’APPA non


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Acciaieria di Borgo: la battaglia delle analisi

La zona dell'acciaieria di Borgo vista dall'alto (foto arch. PAT)

avesse rilevato nulla di anomalo. Ma a fidarsi poco dei dati dell’APPA non sono soltanto i cittadini, giustamente preoccupati di salvaguardare la propria salute, ma anche l’ISDE, il Gruppo medico scientifico – composto dai valsuganotti Marco Rigo, Maria Elena Di Carlo, Roberto Cappelletti, Piergiorgio Jobstraibizer e Massimo Cecconi – che smonta pezzo per pezzo il lavoro compiuto dall’APPA sui terreni di Borgo e dintorni. Per dovere di cronaca di seguito riportiamo fedelmente le due versioni, con i dati resi noti dalla Provincia e le controdeduzioni elaborate dai medici per l’ambiente dell’ISDE, lasciando al giudizio del lettore abbracciare l'una o l'altra tesi. L’analisi dei terreni L’APPA ha realizzato i controlli sui terreni della Valsugana attraverso 29 prelievi effettuati nei giorni 15, 16 e 17 dicembre 2009 nei Comuni di Borgo Valsugana (9 campioni), Roncegno Terme (3 campioni), Ronchi Valsugana (1), Torcegno (1), Telve (2), Castelnuovo (2), Villa Agnedo (1), Ospedaletto (1), Grigno (2), Levico Terme (2), Centa San Nicolò (1), Pergine Valsugana (2), Trento (2). I tecnici dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente hanno scelto siti con terreno integro, non lavorato e il più possibile

Un momento di lavoro in un laboratorio d'analisi

non interessato da manipolazioni o riporti. I controlli del terreno riguardavano la verifica della concentrazione dei microinquinanti inorganici e organici, ovvero metalli, IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), PCB (Poli Cloro Bifenili), Policlorodibenzo diossine (PCDD), Policlorodibenzo furani (PCDF). Sigle e nomi quasi impronunciabili e in gran parte sconosciuti all’opinione pubblica, eccezion fatta ovviamente per la diossina, di cui il nostro Paese conserva tragica memoria in relazione al disastro di Seveso del 1976. La Diossina Per quanto riguarda la presenza di diossine e di furani, le sostanze che

eptacloro e octacloro, composti che presentano tossicità molto più bassa dei più pericolosi derivati tetracloro» si legge nella nota stampa diffusa dalla Provincia autonoma di Trento l’11 febbraio scorso. Il documento prosegue così: «Si tenga presente che la famiglia dei composti chimici denominati diossine e furani, che si generano in quasi tutte le combustioni (in particolare negli incendi boschivi), è composta da quasi 200 sostanze: di queste solo 7 sono riconosciute come tossiche e solo 1 (la “diossina di Seveso”, non presente nelle rilevazioni effettuate) è stata riconosciuta cancerogena». Poi l’indagine dell’APPA sottolinea come i valori medi risultino assai bassi; un “picco” di 4,009 ng/kg, comunque inferiore di circa la metà rispetto al limite di tossicità, si registra a Villa Agnedo (cfr. tab.1). Il valore massimo riscontrato nei campioni prelevati nel Comune di Borgo Valsugana è invece pari a 2,777, ed è relativo al campione prelevato nella frazione di Olle. Tutto bene, quindi, verrebbe da dire e tirare così il classico sospiro di sollievo per il pericolo scampato. Ma c’è chi non crede fino in fondo alla validità di queste analisi, mettendo anche in discussione il metodo utilizzato per i rilevamenti. Si tratta del gruppo medico scientifico ISDE che delinea un quadro meno roseo da quello prospettato dalla Provincia autonoma di Trento. Secondo l’ISDE, infatti, la ricerca di diossina nei terreni da sola non basta per giungere a delle conclusioni attendibili circa il grado di contaminazione in una determinata area. Questi dati – affermano i medici per l’ambiente - vanno indubbiamente destano maggiore necessariamente incrociati con allarme per la salute, la ricerca con- quanto emerge dalle rilevazioni su dotta dall’APPA ha rilevato valori acqua, aria, filiera agro-alimentare, variabili, ma nettamente inferiori al matrici vegetali. limite di legge (10 nanogrammi per Insomma, i terreni non sono degli chilogrammo di terreno, espressi indicatori sufficienti per accertare come tossicità equivalente per ter- una contaminazione da diossine reni agricoli). In pratica se la soglia nell’ambiente. di rischio è fissata a 10, la media Prova ne sia il caso dell’Ilva di riscontrata nelle zone analizzate è Taranto, il più grande impianto inferiore a 1 (0,947). Non c’è dif- siderurgico d’Europa, dove la ferenza – sempre secondo l’APPA diossina riscontrata nei terreni cir- tra la media rilevata nel comune costanti rientrava nei limiti imposti di Borgo Valsugana e la media degli dalla legge. Eppure lì l’impatto ambientale è stato pesantissimo ed altri comuni. «È stata analizzata anche la compo- evidente, con indubbie massicce sizione delle diossine e dei furani contaminazioni di prodotti agroache ha portato sì a valori variabili limentari (mozzarelle) e bestie nei campioni, ma tutti concordi che per questa ragione sono state nell’evidenziare la presenza quasi abbattute. Considerazioni analoghe esclusiva delle diossine e dei furani si potrebbero fare per l’inceneritore


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IL CASO

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Acciaieria di Borgo: la battaglia delle analisi A2A (ex ASM) e l’Alfa Acciai a Brescia. Tale fenomeno è noto agli studiosi come “magnificazione” delle diossine, che può arrivare a centinaia di volte nei vegetali rispetto ai suoli e aumentare ulteriormente nel latte materno. Per quanto riguarda la zona di Borgo il Gruppo medico-scientifico ISDE rimarca che già «le diossine sono state trovate oltre i limiti di legge durante i campionamenti dell’Appa, eseguiti alla presenza di periti e corpo forestale, soprattutto sulle polveri che si sono ritrovate all’interno e all’esterno del piazzale dello stabilimento Acciaierie Valsugana, oltre che sul parabrezza di un’auto da anni in sosta in zona residenziale, ampiamente oltre i limiti tabellari. Perché anche in occasione di questo secondo campionamento si è rinunciato a cercare la diossina là dove era stata trovata? In primis non si possono considerare questi dati senza tenere conto di alcuni campionamenti eseguiti nel 2001 dal laboratorio Chelab per conto del comune di Roncegno e Borgo, dai quali risultava (nei medesimi punti di prelievo) un valore di diossina tre volte più basso; questo a significare che vi è in atto un fenomeno di accumulo di tale inquinante. Lo stesso fenomeno è rilevabile nei punti di campionamento lungo la Rosta Fredda, dove il valore della diossina rilevato da APPA un anno fa era 1,86ng mentre negli stessi

(fonte: APPA - PAT)

«perché l’analisi delle terre e rocce da scavo non è adatta all’analisi della contaminazione dei terreni in quanto i risultati rischiano di essere non rappresentativi. Inoltre i punti di prelievo dei campioni risultano in buona parte in prossimità di strade, e pertanto non ottimali».

I fumi dell'acciaieria si vedono da lontano

punti ora è 2,11 cioè il 10% in più in un solo anno». «Alcune riflessioni – aggiunge il gruppo medico scientifico ISDE - si impongono per quanto riguarda le zone dove la diossina risulta più abbondante rispetto agli altri siti, ovvero Borgo, Olle e Villa Agnedo. Se si osservano i punti trigonometrici del prelievo, si può capire come questi uniti traccino una linea che esprime un particolare orientamento dei venti e quindi della deposizione delle polveri dell’acciaieria. In un rapporto Appa pubblicato in occasione di un’interrogazione comunale a Borgo, l’ing. Maurizio Tava, funzionario APPA, nel 2001 affermava: “il normale regime anemologico sospinge l’aeriforme polveroso verso Est interessando il comune di Villa Agnedo…”». Detto in parole

Un laboratorio d'analisi

povere: i venti spingono le polveri dell’acciaieria verso Villagnedo. E, guarda caso, è proprio lì che è stato rilevato il valore massimo di diossina (4,009 ng). Ma l’ISDE muove un appunto anche alla tecnica di campionamento

PBC Dopo le diossine, le analisi condotte dall’APPA sono state indirizzate alla ricerca di PCB (Poli Cloro Bifenili), elementi inquinanti presenti in molte sostanze fluide, oli e vernici: «solo in 12 campioni ne è stata rilevata la presenza, e solo a livelli molto bassi» afferma l’agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (cfr. tab.2). Lo stesso dicasi per gli IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), che si formano per la combustione del carbone o del petrolio: «solo in 12 campioni sono state rinvenute loro tracce, in concentrazioni molto basse» assicura l’APPA, pur ammettendo che in un campione prelevato nel Comune di Trento è stata riscontrata una presenza di IPA di 24,3 mg/kg, valore ben sopra il limite di legge fissato a 10 mg/kg (cfr. tab.3). Metalli pesanti Per quanto concerne la ricerca sui metalli pesanti (antimonio, arsenico, berillio, cadmio, cobalto, cromo esavalente, cromo totale, mercurio, nichel, piombo, rame, selenio, stagno, tallio, vanadio, zinco) «in nessun campione – afferma l’APPA - è stata riscontrata la presenza di cromo esavalente e di mercurio e non sono state rilevate concentrazioni significative di selenio e vanadio. Nella quasi totalità dei casi i valori sono inferiori ai limiti di legge fissati per siti a uso verde pubblico, privato e residenziale. Fanno eccezione antimonio, arsenico, piombo, stagno e zinco. Per alcune sostanze, come l’arsenico, i valori superano il limite della normativa; questo è però un dato atteso, considerato il valore di fondo naturale di quei terreni (a Levico, per esempio, dove si è riscontrato il valore massimo il fondo naturale per l’arsenico è pari a 81,5 mg/kg). Discorso analogo per lo stagno, dove si riscontra un generale superamento del limite di 1 mg/kg (la media è di 4,5 mg/kg), e in misura minore per lo zinco, dove 6 campioni superano il limite normativo. Per il piombo sono segnalati solo 2 superamenti, a Pergine e Borgo. Per l’antimonio infine un solo superamento, a Borgo (poco


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IL CASO

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Acciaieria di Borgo: la battaglia delle analisi sopra la soglia di legge)». Anche sulle conclusioni riguardanti i metalli pesanti i medici per l’ambiente appaiono piuttosto critici. «Circa i contenuti dei metalli pesanti – scrive infatti il gruppo ISDE - è problematico discriminare l’apporto di eventuali contaminanti rispetto ai valori originari del terreno, soprattutto nei terreni a Nord e a Ovest dello stabilimento variamente interessati dal contributo delle mineralizzazioni a monte del conoide di Roncegno, portatore di metalli. Detti metalli d’altra parte sono scarsi o rari per natura nei terreni calcarei; ma proprio in quei terreni calcarei dove è stato campionato si sono ritrovati i massimi valori di zinco, piombo , cromo, e berillio». «Ci sembra fondamentale – sottolinea quindi il gruppo medico scientifico - mettere in relazione le concentrazioni elevate di zinco con quelle rilevate nelle emissioni dell’impianto, in particolare nelle polveri di abbattimento fumi, nelle acque e nelle PM10 di Borgo Valsugana e Roncegno. Rimaniamo perplessi nell’apprendere che nel giudizio sulla qualità dell’ambiente si sia tenuto conto esclusivamente di questi dati parziali e criticabili sotto il profilo metodologico e nessun rilievo sia stato attribuito ai dati precedenti, molto significativi tanto più che assunti come prova giudiziaria». Infine il gruppo medico scientifico ISDE pone l’accento sul punto di prelievo n.8 di Borgo Valsugana (IV Boale, a poche centinaia di metri dall’impianto), dove il valore di diossina ritrovato è di 18,8 ng. Di questo campione l’APPA non ha tenuto conto perché suppone che quello sia terreno riportato da vivai. «La dimostrazione di questo assunto – osserva l’ISDE - andava però fatta eseguendo prelievi supplementari, così da poter valutare se si trattasse di un caso

(fonte: APPA - PAT)

isolato e circoscritto, oppure di un fenomeno esteso, senza contare che la provenienza della terra da vivaio non giustifica la presenza di diossine. Lo stesso campione

è stato però ritenuto valido per i metalli pesanti». Insomma, stesso peso, due misure! E intanto la popolazione continua a interrogarsi, in attesa di commen-

tare le analisi sull'aria e sull'acqua dei quali al momento di andare in stampa, ancora non disponiamo e di cui riferiremo nel prossimo numero. (j.g.)


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EVENTI

Il Tesino perpetua una sua antichissima tradizione

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In queste pagine, alcune immagini della passata edizione del Biagio delle Castellare

Finisce ancora impiccato Il processo a Biagio delle Castellare, che nella sua formula completa si ripete ogni cinque anni, ha origini molto antiche e si rifà a vicende occorse addirittura alla metà del ‘300 quando gli abitanti del Tesino si ribellarono alle angherie di un signorotto locale.

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n Tesino vi è un’antica tradizione, il processo a Biagio delle Castellare, che nella versione completa si ripete con cadenza quinquennale e rappresenta un grande appuntamento culturale che abbraccia varie discipline: storia, folclore, antropologia, costume, passando – perché no – da elementi ludici fino a toccare aspetti culinari. Il copione si è ripetuto il 17 febbraio scorso, non senza qualche polemica, ma con grande concorso di pubblico – circa 1500 le presenze stimate - nonostante il giorno feriale. I fatti del 1356 Il processo a Biagio delle Castellare ha origini molto antiche. Correva infatti l’anno 1356 allor-

ché Biagio, Signore di Grigno, ottenne da Francesco da Carrara la giurisdizione sul Tesino al fine di reclutare degli uomini da contrapporre a Siccone di Caldonazzo con il quale il Da Carrara era in guerra. I Tesini, però, non ne volevano sapere di schierarsi e pertanto si rifiutarono di collaborare. Così, quando Siccone da Caldonazzo ebbe la meglio nella battaglia di Selva di Levico, Biagio ritenne diretti responsabili di quella disfatta i Tesini, contro i quali scatenò una dura repressione, prima saccheggiando la valle e incendiando Pieve, Cinte e Castello, poi, per nove lunghi anni, sottoponendo la popolazione a una feroce tirannide. Gli equilibri mutarono nel 1365 quando tra i Da Carrara e gli Austriaci scoppiò una nuova guerra. Biagio, intenzionato a schierarsi

con il più forte, abbracciò la causa degli Austriaci suscitando le ire dei Carraresi determinati a fargli pagare il tradimento. Al risentimento di questi ultimi si aggiunsero i Tesini, desiderosi di riscattare con la vendetta tutti i soprusi patiti. Fiutato il pericolo, Biagio riuscì a fuggire dal suo castello di Grigno posto sotto assedio, trovando rifugio nel castello d’Ivano. Il nascondiglio del fuggiasco fu ben presto individuato e questa volta l’accerchiamento del maniero diede i suoi frutti. Dopo giorni di aspre battaglie, Biagio fu infatti catturato e rinchiuso

nelle segrete del castello. I Tesini l’avrebbero volentieri giustiziato, ma Francesco da Carrara preferì tenerlo come ostaggio. Allora gli abitanti del Tesino, per sfogare la loro rabbia contro il tiranno, impiccarono un fantoccio che ne rappresentava l’effige. Da quel momento la tradizione fu ripetuta ogni anno nel primo giorno di Quaresima a testimonianza della caparbietà di questa gente. La testimonianza di Don Bazzanella nel 1884 Ecco come la tradizione di Biagio


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delle Castellare veniva descritta nel lontano 1884 da Don Gioachino Bazzanella nella sua opera “Memorie di Tesino”: «Ogni anno – scriveva il curato - alla fine del Carnovale in Castello... una turba di gente in capricciosa tenuta, parte a cavallo parte a piedi, gira per le vie e per le piazze del paese, recando seco, gelosamente custodita da militi, una figura d’uomo piena di paglia, che chiamano il Biagio. Lo trascinano pel paese quant’è lungo il giorno, caricandolo d’insulti e di contumelie, ed in fine dopo aver narrati i suoi molti delitti al pubblico, davanti ad un tribunale eretto in una piazza, i giudici lo condannano alla morte, e termina la scena coll’apparizione di quel povero Biagio di paglia appiccato ad una corda». La leggenda dell’uomo selvatico Nel Tesino vi è una serie di leggende di chiaro intento didascalico-pedagogico che ruotano attorno alla mitica figura dell’uomo selvatico, essere dalle sembianze animalesche che viveva nei boschi ai margini della società, conosciuto non solo sulle Alpi ma anche in moltissime

regioni del mondo. Nella tradizione tesina, in cui assunse il nome di El Sanguanèlo, l’uomo selvatico venne tramandato come un individuo vestito di rosso, malvagio e rapitore di bambini, anche se talvolta sembrava non disdegnare di prestare aiuto alla popolazione. Alcune delle caratteristiche attribuite dai Tesini all’uomo selvatico paiono alquanto insolite. Di norma, infatti, l’uomo selvatico viene dipinto come il custode dei segreti dell’arte casearia, dell’apicoltura, delle tecniche minerarie, conoscenze

che spesso è pronto a trasmettere alla gente. Egli inoltre è un sempliciotto, non è pericoloso e, quando può, evita ogni contatto con la società. Pertanto sono rare le leggende che lo vogliono aggressivo e malvagio. Ancora più originale è il fatto che incarni la figura di rapitore di bambini, prerogativa questa comunemente attribuita, nelle Alpi bavaresi ma anche in alcune zone del Trentino, alla donna selvatica detta anche Faingge. L’uomo selvatico tramandato da questa tradizione tesina appare quindi un essere paragonabile al demonio.

Biagio e il sanguanelò Nella codificazione del processo a Biagio delle Castellare la leggenda del sanguanelò rivestì un ruolo sicuramente non marginale. L’equazione uomo selvatico=il male, nel Tesino si arricchisce quindi di un nuovo elemento: Biagio=il male. Le modalità per debellarlo saranno dunque, per analogia, quelle impiegate contro l’uomo selvatico. Un’usanza per molti versi simile consisteva nel portare in piazza un grande pupazzo raffigurante una vecchia alla quale, dopo una serie di riti alquanto complessi, veniva tagliata la gamba destra. Del resto si sa che nell’universo simbolico popolare i fantocci uccisi riecheggiano l’antico conflitto fra bene e male, tra brutta e bella stagione. Non è quindi un caso neppure il fatto che sia il processo a Biagio che la vecchia segata cadano proprio nel periodo di Quaresima. Per queste e per molte altre tradizioni ancora la valle di Tesino può essere considerata, a tutti gli effetti, un territorio dal profilo antropologico assai vivace. (j.g.)

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IL PERSONAGGIO


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«Faccio il mestiere più bello del mondo»

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az, alias Marco Bazzoni è uno dei comici italiani emergenti, noto soprattutto per le sue partecipazioni al programma televisivo Colorado. In regione ci sono stati recentemente due suoi spettacoli: al teatro Cristallo di Bolzano e al Palalevico dove ha rilasciato un’intervista a “La Finestra”.

di Paolo Chiesa Marco, conoscevi già il Trentino Alto Adige, la Valsugana e Levico Terme? «Yesss, conoscevo il Trentino. A Tione ho fatto il mio primo spettacolo. Però ti confesso che a Levico non ero mai venuto». Cosa ti è piaciuto della Valsugana? «La domanda è troppo facile: il cibo». I Trentini hanno fama di non essere spettatori molto “caldi”. Hai avuto modo di conoscerne qualcuno? Come ti è sembrato? «Non è vero! Secondo me cambia la cultura e quindi cambia anche il modo di ridere a seconda delle zone».

Hai schiere di ammiratori tra i giovanissimi. Ma piaci anche a chi ha qualche anno o molti anni in più? «Il mio pubblico fortunatamente va dai 4 ai 100 anni. Baz colpisce soprattutto i bambini ma non solo, perché tutti gli adulti sono stati bambini». Le tue magliette con lo scomparto per il cd sono ormai famosissime, come i tuoi “tormentoni”. Che effetto ti fa essere così famoso? «Semplicemente mi fa piacere!». Quando ti chiedono che lavoro fai, cosa rispondi? «Che dal mio punto di vista faccio il mestiere più bello del mondo».

Riesci a vivere facendo quello che fai? È difficile? «È difficile bilanciare la mole di lavoro con la vita normale. Ma questo è un obiettivo del 2010». Qual è la tua giornata tipo? «Il bello è che non ho routine.... ma al tempo stesso, vivo “al contrario”, dipende dalle distanze di viaggio». Prima di fare il comico cosa facevi? «Prima... vari tentativi di studio, lavoretti, un po’ l’animatore, poi a Milano: studi di recitazione e improvvisazione». Mentre lavoravi, come riuscivi a conciliare il quotidiano con il sogno di fare il comico? «Ho fatto una scelta di vita». Paolo Migone ha curato la regia di un tuo spettacolo: “TV sorrisi e Bazzoni”. Com’è Migone sul lavoro? «Partiamo dal presupposto che Paolo è molto bravo, quindi mi sono trovato anche molto bene con il suo modo di lavorare». Nel 2006 hai vinto il premio “Petrolini Bravo Grazie” che viene definita la Champions League del cabaret, in Italia in pratica il riconoscimento più alto per un comico. Cosa hai provato?

«Per un comico emergente “Bravo Grazie” è proprio la Champions. Non ci credevo, il percorso è stato lungo e combattuto!». Sempre nel 2006 hai fondato con alcuni amici il gruppo “Le Lumache”. Cosa si prova a creare qualcosa del genere con persone a cui sei legato da un rapporto di amicizia? «È un po’ come avere e gestire un’azienda a conduzione familiare che lavora ogni volta fino a che non scende il sipario». Sul tuo sito c’è scritto che portate avanti “un progetto creativo e di ricerca sulla comicità”. Di cosa si tratta? «In Italia sono rari i casi di più comici che lavorano ad uno stesso progetto. Noi cerchiamo di creare la comicità di situazione e una sorta di laboratorio di scrittura». Da qualche anno ormai sei uno dei comici di punta di “Colorado”. Com’è il mondo della televisione: solo apparenza o c’è anche spazio per dei rapporti umani veri? «All’interno di un mondo senza dubbio controverso come quello della televisione, personalmente posso dire di avere alcune buone amicizie (nel senso di vere) e collaborazioni».

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Intervista a Marco Bazzoni, noto comico del programma Colorado


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ATTUALITÀ

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L'assessore Marco Morelli. A sinistra, il nuovo teatro di Pergine

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di Paolo Chiesa

l 2010 – afferma Marco Morelli, assessore alla cultura di Pergine - sarà importantissimo per la definizione di alcune direttrici che avranno effetti per i prossimi anni sul panorama culturale perginese. Sarà l’anno in cui si dovranno impostare la gestione del teatro comunale e del nuovo teatro tenda realizzato direttamente da Pergine Spettacolo Aperto. Ovviamente il fatto che i due teatri vengano gestiti da un unico soggetto non è affatto cosa scontata ma è ampiamente auspicabile. Anzi, dovrà essere compito di questa amministrazione mettere in atto tutto il possibile affinché questo avvenga. Un unico soggetto gestore porterebbe a delle economie di scala necessarie per poter affrontare nei prossimi anni con la dovuta serenità la gestione di queste due importanti strutture. La città dovrà diventare un punto di riferimento culturale sia per la ormai nata Comunità di Valle che per l’intero territorio provinciale. Pergine dovrà inoltre iniziare a dialogare sempre più assiduamente con le altre amministrazioni comunali dell’Alta Valsugana in modo da definire quali servizi culturali potrà mettere a disposizione per l’intera comunità. Oltre al discorso teatro pensiamo anche in prospettiva a tutti i servizi offerti dalla biblioteca comunale. Credo infatti che incominciare a ragionare per un futuro prossimo ad una “biblioteca di comunità” non sia impossibile. Quindi dobbiamo pensare ad una Pergine non

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della Valsugana un ciclo di serate dedicate alla lettura dell’Inferno di Dante.

Il piano culturale Marco Morelli, assessore alla cultura del Comune di Pergine Valsugana presenta il piano culturale 2010.

isolata e fine a se stessa, ma componente di un complesso sistema culturale che coinvolga da una parte la città di Trento e dall’altra l’intera Valsugana». Pergine incontra Amstetten. Alla città di Amstetten, gemellata da molti anni con Pergine, verrà offerta la possibilità di assistere in Austria alla rappresentazione dell’opera “Il Trovatore” prodotta da Pergine Spettacolo Aperto nel contesto di “Operamania”. L’intento è quello di rafforzare i rapporti culturali che legano le due città e, nel contempo, valorizzare le capacità progettuali di PSA, una delle più vive realtà culturali prodotte dalla comunità perginese. Nell’anno successivo

Amstetten ricambierà con un concerto della sua Orchestra Sinfonica. Corso di ascolto della musica In collaborazione con l’associazione J.Futura Orchestra verrà attivato un percorso di formazione musicale volto a creare un pubblico attento e competente, preparato a utilizzare le opportunità che con l’apertura del nuovo teatro verranno offerte anche in campo musicale. L’associazione organizzerà un corso di ascolto della musica classica che verrà chiuso con dei concerti. L’Inferno di Dante. La biblioteca organizzerà in collaborazione con altri comuni

Mostra sull’opera di Carlo Girardi L’Amministrazione di Pergine si impegna a organizzare con cadenza annuale almeno una mostra retrospettiva di rilevanza non solo locale, riferita ad artisti e/o personaggi della scienza e della cultura perginesi, accompagnata da iniziative culturali collaterali attinenti alla mostra stessa. La mostra programmata per il 2010 riguarda il pittore Carlo Girardi. Progetto memoria La Provincia Autonoma di Trento, insieme alla Fondazione Museo storico del Trentino, ha avviato in questi anni il cosiddetto “Progetto Memoria”, con l’obiettivo di raccogliere testimonianze che riguardano soprattutto la storia del Trentino e dei Trentini a partire dall’inizio del ‘900. Il “Progetto Memoria” si configura come una serie di iniziative (ricerche storiche, campagne di raccolta di testimonianze, valorizzazione e divulgazione della storia, spettacoli, video, etc.) che intendono far riflettere sul senso di appartenenza e sul concetto d’identità. In questo ambito e sulla scia del lavoro fatto dalla Fondazione e da Pergine Spettacolo Aperto sulla storia dell’ex Ospedale Psichiatrico di Pergine, verrà avviata una raccolta di testimonianze centrate sulle persone che hanno lavorato nell’Ospedale Psichiatrico.


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ATTUALITÀ

Verso una nuova vita

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Bambini haitiani ospiti a Trento

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a Haiti al Trentino. Dallo spettro della morte a una nuova prospettiva di vita. Un viaggio lunghissimo, e non solo in termini chilometrici. Comprensibile, quindi, lo spaesamento del gruppo di bambini haitiani, tutti con malattie croniche, giunti a Trento il 15 febbraio scorso. I piccoli, assieme alle loro madri (in totale 12 persone, 3 nuclei familiari), saranno ospiti di Villa Sant’Ignazio, realtà ben nota nel mondo della solidarietà del Trentino, per almeno 6 mesi. Il gruppo è stato presentato alla stampa in un incontro cui hanno partecipato l’assessore alla solidarietà internazionale Lia Giovanazzi Beltrami, il direttore dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari Franco De Biasi, il responsabile della Croce Rossa trentina Alessandro Brugnaldi, la coordinatrice di Villa Sant’Ignazio Donata Borgonovo Re, e un testimonial d’eccezione, il ciclista campione del mondo Maurizio Fondriest la cui Fondazione è attiva da alcuni anni ad Haiti con progetti di solidarietà soprattutto in campo sanitario. «Il benvenuto che diamo ai nostri ospiti di Haiti - ha detto l’assessore Beltrami - è solo il primo passo di un percorso che durerà nel tempo. Nel giro di poche ore tutte le realtà coinvolte si sono mobilitate al meglio delle loro possibilità, per

Haiti, la disperazione dopo il disastro

I piccoli, assieme alle loro madri saranno ospiti di Villa Sant’Ignazio per almeno 6 mesi

(Foto Uff. stampa PAT) Gli ospiti di Haiti giunti in Trentino. A sinistra: Villa Sant'Ignazio

poter offrire un’accoglienza adeguata; il nostro impegno, nell’ambito del Tavolo trentino con Haiti, continuerà però anche fuori dal Trentino, portando avanti alcuni progetti concreti tramite realtà come la Fondazione Fondriest, che conoscono bene Haiti anche perché erano presenti sull’isola prima dell’emergenza creata dal sisma». «La mia collaborazione è iniziata qualche hanno fa - ha detto Maurizio Fondriest-. Nel 2008 sono stato ad Haiti; la situazione era già terribile allora, figuratevi adesso, dopo il terremoto».

UN TRENTINO AL TOP DELLA RICERCA INTERNAZIONALE

Anderle eletto presidente IUVSTA A Edimburgo un ricercatore trentino è stato eletto all’umanità al vertice della ricerca scientifica e tecnologica internazionale. Si tratta di Mariano Anderle che presiederà la IUVSTA, International Union for Vacuum Science, Technique and Applications, realtà che mette in relazione enti e strutture di ricerca di oltre 30 paesi (quasi tutti i paesi europei, USA, Russia, Cina, India e altri ancora) e più di 15 mila ricercatori tra fisici, chimici, ingegneri e scienziati che si occupano di scienza e tecnologia dei materiali. La IUVSTA, nata nel 1958 con sede in Belgio, è strutturata in 8 divisioni che spaziano dallo studio delle superfici a quello sul vuoto, dalle nanoscienze alla microelettronica. Creare occasioni di incontro e scambio di informazioni tra scienziati, fornire strumenti ai paesi in via di sviluppo, promuovere premi per i

giovani studiosi meritevoli sono alcuni dei compiti dell’associazione. La presidenza di questa organizzazione è quindi un incarico di notevole importanza sul piano delle relazioni scientifiche e dell’apertura internazionale del Trentino. «Sono molto soddisfatto di questa nomina – afferma Anderle - che mi offre l’opportunità di far conoscere ancora di più nel mondo la qualità della ricerca trentina. Sono ancor più soddisfatto per le modalità con cui è maturata. La mia elezione è un riconoscimento non per me ma per la nostra “scuola”, per il sistema trentino della ricerca e per quello di tutto il Paese. È un risultato che premia anche il lavoro dell’Associazione italiana di scienza e tecnologia». Mariano Anderle, dopo aver lavorato per molti anni all’Irst di Povo, è ora in servizio al diparti-

Mariano Anderle

mento Innovazione, Ricerca e I.C.T. (tecnologie dell’informazione e comunicazione) della PAT con un Incarico speciale per l’internazionalizzazione del sistema trentino della ricerca e di supporto al Comitato tecnico scientifico. È anche membro del CdA della Fondazione Bruno Kessler.


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FOCUS

In Valsugana il teatro è molto amato e vanta una lunga tradizione

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A fianco, uno spettacolo in programmazione nella stagione 2009/2010

Un palcoscenico sul Borgo Ogni anno in Bassa Valsugana la stagione teatrale richiama un gran numero di spettatori. La passione per il palcoscenico a Borgo Valsugana risale perlomeno al 1799 e da allora, seppur con alterne vicende, non è mai venuta meno.

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a passione per il teatro a Borgo Valsugana ha radici molto lontane. La prima notizia sicura circa una rappresentazione teatrale nel capoluogo della Bassa Valsugana risale infatti al 1779. In quell’anno una non meglio identificata “Compagnia di Dilettanti” del posto otteneva dal sindaco il permesso di utilizzare

a fini teatrali la sala del Consiglio comunale. A quel tempo a Borgo, come peraltro nella stragrande maggioranza dei paesi trentini, non esisteva un teatro vero e proprio. Così le varie compagnie teatrali, provenienti anche da fuori zona, erano costrette ad allestire gli spettacoli in sale di fortuna messe a disposizione dalle varie amministrazioni comunali. Nella primavera del 1785 gli abi-

tanti di Borgo poterono assistere a due rappresentazioni: “La Finta Principessa” di Felice Alessandri e “Le due contesse” di Giovanni Paisiello, lavori messi in scena da una compagnia di cui conosciamo anche i nomi dei componenti: Marianna Bianchi (prima buffa), Giovanni del Prato (primo mezzo carattere), Giovanni de Simoni (primo buffo), Francesca Allegretti e Maria Altieri (seconde buffe), Francesco Bergomi e Bartolomeo Sessi (secondi buffi). Quindici anni dopo sulla piazza di Borgo arrivò la “Nuova Comica Compagnia” di Giacomo Bianchi e Teresa Salimbeni che presentò al pubblico “La morte disperata di Julinira, figlia del re di Marocco”, una tragedia rappresentata in due occasioni e preannunciata da un manifesto dai toni piuttosto altiso-

nanti, in cui si decantava la rinascita del genere teatrale. Sempre nel medesimo anno, il 1800, Borgo ospitò le performance di tale Andrea Chiuppani, un macchinista che, per cinque soldi, offriva agli spettatori «una scelta ed erudita Raccolta di Macchine concernenti la Fisica Sperimentale». A partire dal 1806 le tracce che testimoniano il passaggio di compagnie teatrali sul suolo comunale di Borgo si fanno più regolari: nel mese di luglio la compagnia drammatica di Trento di Angelo Pieri portò in scena un ciclo di recite, mentre l’anno seguente a ravvivare l’estate dei borghigiani furono le opere e la musica della compagnia Pieconi. Nel 1808 arrivò la compagnia drammatica Moff e Nis, nel 1811 quella di Giuseppe Salsidi. L’intensificarsi di queste rappresentazioni coincise, forse, con l’edificazione di un teatro vero e proprio che in alcuni documenti viene denominato “sociale”, del quale però ignoriamo l’esatta ubicazione. Quel che appare certo, invece, è che tale struttura rimase in funzione solo per pochi anni. Nel 1840, infatti, con il “Torquato Tasso” di Donizetti si inaugurava un nuovo teatro. Da allora, seppur con alterne vicende, la passione per il palcoscenico a Borgo Valsugana non è mai venuta meno e continua oggi più che mai con spettacoli in italiano e in dialetto messi in scena da compagnie di professionisti o semplicemente da dilettanti che comunque con il loro impegno onorano fino in fondo l’arte di andare in scena all’aprirsi di un sipario, dinanzi ad una sala gremita e plaudente. (j.g.)


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APPUNTAMENTI

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e malattie reumatiche, dolorose e spesso invalidanti, purtroppo sono assai diffuse, specialmente in Valsugana, ma ancora piuttosto sconosciute rispetto ad altri tipi di patologie. Da anni l’Associazione Trentina Malati Reumatici (ATMAR), presieduta dalla dott.ssa Anna Marchionne, è impegnata in un’opera di informazione e di sostegno a chi è afflitto da tali malattie. Tra le tante iniziative dell’Associazione vi è anche l’organizzazione di convegni scientifici. Il 20 marzo prossimo, infatti, presso la Sala della Cooperazione in Via Segantini 10 a Trento, si terrà – dalle 10 alle 16 – il secondo Convegno interregionale dei Malati reumatici Trentino- Alto Adige- Tirolo che avrà per titolo: “Le malattie reumatiche, queste sconosciute”. L’incontro, come detto, è organizzato dall’ATMAR, in collaborazione con l’Associazione Rheuma Liga dell’Alto Adige e con Rheuma Liga del Tirolo, in prosecuzione del confronto fra i tre territori iniziato nel 2008 con il primo convegno interregionale organizzato da Rheuma Liga a Bolzano, il convegno di Trento, rivolto ai medici e ai malati reumatici delle tre aree, si propone di approfondire e fare il punto sugli aspetti diagnostici e sulle novità terapeutiche di alcune tra le più importanti malattie reumatiche infiammatorie. I progressi della ricerca scientifica in questi ultimi anni hanno determinato profondi cambiamenti nell’approccio terapeutico a tali patologie, per quanto attiene sia agli aspetti farmacologici sia alle modalità multidisciplinari nella loro cura. Tutte le ricerche degli ultimi anni concordano sulla necessità di una diagnosi tempestiva di tali patologie per fruire della cosiddetta finestra di opportunità terapeutica che può cambiare sostanzialmente la storia e l’evoluzione di patologie reumatiche altamente invalidanti. Da questo punto di vista è essenziale, in prima istanza, l’informazione del medico di base e del malato al fine di riconoscere precocemente i

La dott.ssa Anna Marchionne

Malattie reumatiche, queste sconosciute A Trento il 20 marzo prossimo si svolgerà il secondo Convegno interregionale dei Malati reumatici Trentino- Alto Adige- Tirolo.

sintomi delle diverse patologie e di avviare quel percorso diagnosticoterapeutico con lo specialista che, se realizzato entro i primi mesi dall’esordio della malattia, può determinarne la remissione. I temi del convegno, organizzato con la collaborazione scientifica dell’U.O. di Reumatologia del Santa Chiara di Trento e dell’Ambulatorio di Reumatologia del S. Maurizio di Bolzano, prendono in esame argomenti di novità e del dibattito reumatologico attuale, riguardanti singoli aspetti delle malattie reumatiche più importanti. In particolare il tema riguardante il rischio cardiovascolare nel LES e nella Artrite reumatoide, tema sul quale anche l’informazione da dare al medico e al paziente è determi-

nante; il tema riguardante l’artrite idiopatica giovanile, argomento poco conosciuto ma molto importante e sul quale si sta sviluppando un progetto in Trentino; il tema che riguarda la diagnosi precoce della spondilite anchilosante e quello riguardante l’importanza della early clinic per le artriti precoci. Inoltre si parlerà dei sintomi di esordio delle connettiviti, dei farmaci cortisonici e di un argomento particolare, quale la sessualità e le problematiche psicologiche nelle malattie reumatiche. Tutti i temi verranno affrontati con una trattazione adeguata alla comprensione del malato e di un operatore sanitario non specialista. La qualità dei relatori coinvolti, di alto spessore, è tale da garantire

un livello scientifico di importante impatto. Saranno chiamati come relatori specialisti sia di area italiana che tedesca e per questa ragione il convegno si avvarrà di un servizio di traduzione simultanea. Il convegno rappresenta, negli intenti dell’Associazione Trentina Malati Reumatici e delle Associazioni altoatesina e tirolese, un’occasione importante innanzi tutto per offrire una corretta e aggiornata informazione sulle complesse problematiche mediche legate alle patologie reumatiche infiammatorie. In secondo luogo si intende sensibilizzare le autorità politiche e sanitarie delle tre aree sull’impatto di tali malattie dal punto di vista umano, sanitario e sociale, stimolando politiche necessarie per rispondere ai bisogni assistenziali, riabilitativi e di integrazione sociale dei malati. Scopo del convegno è anche quello di far crescere una diversa considerazione sociale da parte dell’opinione pubblica nei confronti di tali patologie, che, pur avendo conosciuto in questi ultimi anni una maggiore attenzione sia delle istituzioni sanitarie sia dei mass media grazie all’opera delle Associazioni dei malati, non è ancora sufficientemente adeguata alla reale portata del loro impatto. Non meno importante, fra le finalità del convegno, l’intento di ATMAR di consolidare e dare ulteriore impulso alla collaborazione interregionale con altre associazioni di pazienti reumatici, aspetto questo che ATMAR persegue con particolare impegno, nella convinzione che una rete fra Associazioni di territori limitrofi possa rafforzare l’azione delle singole associazioni, salvaguardando al tempo stesso la specificità delle diverse situazioni territoriali. L’ingresso è libero e aperto a tutte le persone interessate.


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TESTATINA

COMPLESSO PER SOLE CORDE

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CONTRO LA SOLITUDINE

Da sinistra: il presidente, la segretaria e il vicepresidente

MARTIGNANO

“SINGLES 2001”, NUOVO RITROVO di Mario Pacher

Si chiama “Singles 2001” l’associazione nata a Rovereto nove anni fa per mettere in contatto persone, uomini e donne, che vivono nella solitudine e che desiderano incontrarsi per trascorrere assieme un po’ del loro tempo libero, conversare e stringere nuove amicizie. All’associazione, che ha la sede sociale in un bar di Rovereto, hanno già aderito più di cento persone, numero in costante aumento. Gli incontri nella Città della Quercia avvengono di martedì dalle 21 in poi e sono sempre frequentati da diverse persone, solitamente di media età, di ambo i sessi. Un socio ci racconta: «Qui sei anni fa ho conosciuto una signora e subito abbiamo capito che eravamo fatti l’uno per l’altra. Da allora la mia vita è cambiata». Non è il solo a raccontare storie di questo tipo. C’è anche chi ha trovato la persona giusta per una convivenza o anche per un matrimonio. «Qui - commen-

ta il presidente Adriano Galvagni - molte persone rimaste sole per lutti o per separazioni, hanno trovato il luogo ideale per avere un sostegno morale, poter parlare dei loro problemi, programmare un fine settimana assieme per vincere la solitudine». Oltre al presidente Galvagni nel direttivo vi è il vice Graziano Civettini e diversi consiglieri. Laura Pavini è la segretaria. Molti gli appuntamenti nel corso dell’anno come gite sociali, escursioni in montagna, serate danzanti, momenti conviviali. La quota di adesione è di 20 euro. Da poche settimane è stato inaugurato un nuovo punto di ritrovo presso un bar di Martignano dove gli incontri avvengono il giovedì dalle ore 21. «Speriamo - afferma il presidente - che anche qui altre persone possano trovare l’ambiente ideale per meglio combattere la loro triste solitudine e che possano nascere nuove amicizie». Per informazioni sui ritrovi: Adriano 335 5940737 o Graziano 347 4827496.

Il rinato complesso “La Straghenga”

AGNEDO

RIECCO LA STRAGHENGA di Mario Pacher

Il complesso per sole corde “la Straghenga” fu fondato ad Agnedo negli anni ‘30 dall’illustre chitarrista Guido Prati, figlio del pittore Eugenio che dimorò nella villa antistante la chiesa di Agnedo. All’epoca la formazione era composta da Guido Prati (chitarra), Giulio Sandri e Angelo Baratto (mandolino), Remo Floriani (mandola), Aldo Valandro (chitarra), tutti di Agnedo. Elmo Faceni (mandolino) di Ivano Fracena, mentre di Ospedaletto erano Eugenio Zortea (chitarra) e Gustavo Moser (mandolino). La formazione si esibiva nei teatrini o per matrimoni e ricorrenze varie. Straghenga deriva da “ghenga” che in dialetto significa baldoria. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale il complesso sospese l’attività e si riformò nel dopoguerra rimanendo attivo fino agli anni ‘60, quando era composto da

Guido Prati, Paolo Zanghellini, Franco Paternolli, Benito Paternolli e Remo Floriani. Dal 2005 alcuni appassionati del repertorio musicale della Straghenga vollero recuperare i vecchi spartiti manoscritti conservati da Gisella Corona, moglie del mandolinista Giulio Sandri e da Pierantonio Valandro, nipote del chitarrista Aldo Valandro. E così hanno ricostituito la loro attività artistica. Ora la Straghenga è composta da Paolo Zanghellini (mandolino), Franco Paternolli e Sandro Gecele (chitarra), Alessio Sandri (contrabbasso). Per rendere omaggio al complesso, il comune di Agnedo - con il sindaco Armando Floriani il quale si è fatto portavoce anche per ricordare il papà Remo che fu uno dei fondatori - ha voluto far incidere un CD, con pezzi tratti dal repertorio della vecchia Straghenga, e donarlo a tutte le famiglie del paese. Il complesso strumentale è impegnato anche nella preparazione di altre melodie tratte sempre dal vecchio repertorio, con musiche a cavallo fra ‘800 e ‘900.


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Salone Shampoo ...evoluzione Naturale Uno stile di vita eco-sostenibile «Ci prendiamo cura delle persone attraverso l’utilizzo di prodotti cosmetici bio-etico compatibili, formulati con sostanze botaniche e aromi puri di piante e fiori, coltivate in tutto il mondo in agricoltura biologica e biodinamica, offrendo l’aromaterapia per il benessere e la salute dei capelli».

Quali sono le caratteristiche principali di tali prodotti? «In primo luogo sono sani e sicuri perché composti esclusivamente da materie prime e da derivati vegetali come gli oli essenziali e gli estratti proteici vegetali (proteine della soia, germe di grano e di seta, olio di oliva, cocco, mais ecc.). La maggior parte degli oli essenziali provengono direttamente dai luoghi d’origine (India, Italia, Madagascar, Turchia ecc.) garantendo sia la qualità dei prodotti che lo sviluppo economico dei coltivatori locali».


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I nostri nuovi trattamenti

Trattamento deforforante antibatterico Trattamento mirato all'eliminazione della forfora causata da colonie di batteri che si nutrono di cellule creando prurito e manifestazioni antiestetiche. Il trattamento specifico inizia con un massaggio antibatterico con oli essenziali, riconosciuti scientificamente come strumenti ineguagliabili per arrestare immediatamente il diffondersi dei batteri ed eliminare la forfora, per cicatrizzare eventuali ferite sulla cute e riequilibrare i tessuti. Il trattamento potrà essere integrato dall'utilizzo del peeling Marino ai Sali del Mar Morto, per una pulizia intensiva, e sarà seguito dalla detersione antibatterica con detergenti a base di oli essenziali purificanti ed equilibranti. Tempo del trattamento 25 minuti

Trattamento detossinante Trattamento equilibrante e detossinante dedicato all'eliminazione delle tossine trasportate dal sangue che si accumulano nello strato sottocutaneo causando irritazioni, pruriti, secrezioni sebacee, desquamazioni e altri fenomeni negativi. Il trattamento si esegue miscelando oli essenziali purificanti e calmanti ad una base oleosa vegetale (olio di jojoba o mandorla) sulla cute asciutta, eseguendo il massaggio equilibrante ed anti-stress, seguito dalla detersione bilanciata, dal condizionamento personalizzato dei capelli con gli aromi puri. Tempo del trattamento 25 minuti

Trattamento nutriente e rilassante cute Questo trattamento si avvale dell'utilizzo di oli vegetali personalizzati con oli essenziali nutrienti e ringiovanenti per calmare ed idratare la cute secca, deprivata di nutrimento, desquamata e poco elastica causata da diete dimagranti troppo rapide, stress, prodotti detergenti inadatti. Il massaggio aromatico restituisce morbidezza, calma la mente e stimola la circolazione cutanea. Tempo del trattamento 25 minuti

Utilizza ingredienti botanici e aromi puri di piante e fiori coltivate senza sostanze derivate dal petrolio.

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...eseguiti nella sala relax con CROMOTERAPIA • AROMATERAPIA • MASSAGGI RILASSANTI

Peeling ai Sali del Mar Morto Trattamento esfoliante energizzante, permette la rimozione profonda dell'ispessimento delle cellule morte che si stratificano sulla cute. Le proprietà terapeutiche dei Sali del Mar Morto sono conosciute da millenni per la loro incomparabile capacità di purificare la pelle. Un massaggio dolce e rinvigorente sulla cute apporta energia ed equilibrio. Trattamento indicato su cuti spesse, seborroiche, con forfora. Tempo del trattamento 15 minuti

Mineraldara Trattamento benessere specifico ai Sali del Mar Morto dedicato sia alla cute che alla lunghezza dei capelli (consigliato dopo la colorazione). Rigenera e apporta sostanze minerali e antiossidanti (Magnesio, Potassio, Sodio, Calcio, Bromo, Zolfo) che proteggono più a lungo la durata del colore. Si consiglia di effettuarlo una volta al mese. Tempo del trattamento 3 minuti

ed altri ancora...

• TRATTAMENTO SEBO-EQUILIBRANTE • TRATTAMENTO IGIENIZZANTE AGLI OLI ESSENZIALI • TRATTAMENTO CALMANTE • TRATTAMENTO PROTEICO DELLE LUNGHEZZE CON SOLUTION-PAC (ALOE E SANDALO) • TRATTAMENTO NUTRIENTE ALL'OLIO CALDO DI MANDORLE DOLCI • TRATTAMENTO DI IDRATAZIONE PROFONDA PER LUNGHEZZA CON DEEP HYDRATING


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Grande calcio in Valsugana

FERSINA UNA SPLENDIDA REALTĂ€ Juniores Regionali


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Grande calcio in Valsugana

Giovanissimi Regionali

S

plendida realtà del calcio regionale è la società A.S.D. Fersina Perginese, che nei campionati 2009-2010 schiera ben 12 squadre. Abbiamo incontrato il Presidente, il Direttore Generale e l’Allenatore Ciresa per fare il punto di questa annata esaltante.

Il Presidente Francesco Peghini

di Giuseppe Facchini

Il Direttore Generale Romano Giacomelli

Il primo tifoso è proprio il Presidente Francesco Peghini, in carica dal 1994. Presidente, quali sono le soddisfazioni e le difficoltà maggiore del Suo incarico? «I risultati appagano sia le fatiche fisiche che economiche. È difficile tenere unito uno spogliatoio, un gruppo se mancano i risultati, la coesione, la volontà di stare insieme. Nella nostra società c’è tutto questo. I giocatori se vanno poi tornano, si trovano bene, i dirigenti li seguono e li

coccolano. Quello che prometti loro si mantiene. Attualmente si rischia molto di più, denunce, assicurazioni, infortuni che possono essere pericolosi anche per il presidente; un pubblico che vorresti sempre più numeroso, la gestione e i costi delle strutture: ci troviamo a pagare anche i fari delle luci». Alla base del Suo impegno c’è una grande passione. «È il fattore principale. Sono entrato nella direzione nel 1979 quando ero ancora megatifoso del Trento dei tempi d’oro e mi sono

messo subito a disposizione della società perginese per curare in particolare l’aspetto economico. La nostra è una società gloriosa, sorta prima della seconda guerra mondiale anche se occorre attendere il 1952 per la nascita ufficiale». Se anni fa Le avessero detto che la Fersina avrebbe giocato nello stesso campionato del Trento… «Non ci avrei creduto, non per scarsa fiducia nei nostri confronti, ma non avrei mai pensato che il Trento sarebbe caduto così in basso». Quali sono gli obiettivi della stagione nel campionato di Eccellenza? «Avere una squadra competitiva, cercare di fare bene e provare a vincerlo questo campionato, senza sotterfugi e alla luce del sole. Siamo ai vertici regionali per il secondo anno, abbiamo allestito una squadra forte, cerchiamo di dire la nostra fino alla fine». Com’è il rapporto con il settore tecnico? «Molto buono, una linea diretta


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Eccellenza

con tutti, partendo da Ossola e con tutti gli allenatori, e poi abbiamo Dino Ciresa, tra i più forti in provincia». La società ha previsto un grosso intervento sulla struttura del campo sintetico di viale Dante. «Abbiamo richiesto alla Provincia e al Comune il finanziamento della copertura della tribuna per completare l’impianto».

Pulcini A, B

Com’è nata la fusione della Fersina con la Perginese? «La Perginese era nata tra i settori giovanili di Fersina e Oltrefersina. Il Madrano non ci stava più, avevamo però i diritti sportivi per i giovanissimi e gli allievi, non abbiamo rinunciato alla Perginese da subito per non perderli; abbiamo così favorito un bacino d’utenza maggiore, riducendo i costi». Sentiamo ora il Direttore generale, Romano Giacomelli, giocatore di grande valore in passato. «Dal 1957 al 1979 ho giocato da centravanti nella Perginese e nella Stadium, poi ho allenato in altre società e dal 1995 di nuovo a Pergine».

Esordienti A

Com’è cambiato il mondo del

calcio, a questi livelli? «C’è più molta professionalità, una migliore disciplina tattica e un modo di giocare diverso, si gioca molto stretti, una volta le maglie erano più aperte. I ruoli ora sono intercambiabili, tutti possono attaccare e tutti possono difendersi. C’è più duttilità, prima esisteva un ruolo vero e proprio per ogni giocatore». Qual è il Suo ruolo? «Tamponare le esigenze che ci sono in una società grossa come la nostra: il campo, organizzare le partite in altri campi visto il numero delle nostre squadre, acquisti, cartellini, assicurazioni. Abbiamo però buoni dirigenti che sanno fare il loro lavoro in ogni settore, ogni squadra ha i suoi dirigenti». È difficile gestire il settore giovanile? «Il settore giovanile va bene fino alle categorie giovanissimi e allievi, dopo è più difficile sia per la società, che per i ragazzi, a 18-19 anni si trova difficoltà a fare la juniores. Il ragazzo cambia, gli studi, più cose… Resta chi ha una grande passione». L’allenatore della squadra di eccellenza è Dino Ciresa. Dopo


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Come si trova Mister in questa società? «È il quinto anno che lavoro a Pergine. Ho la grande fortuna di aver trovato in questa società delle persone dirigenti onnipresenti che mi hanno aiutato tantissimo. Dal Presidente Peghini ho imparato tanto, è una persona importantissima e questo indipendentemente dai risultati sportivi. Credo che se questa favola un giorno finisse, sarà impossibile trovare così tante persone e tutte così presenti e impegnate come ho trovato qui».

Quali sono le doti che deve avere un allenatore? «Soprattutto dosi di equilibrio e anche essere un po’ psicologo. Il lavoro è affascinante, devi coprire tanti compiti: la preparazione tecnica, atletica, dare positività nei momenti difficili e fare il vigile del fuoco nei momenti di festa per assicurare sempre la massima concentrazione. Basta un niente per far saltare un gruppo e l’equilibrio è fondamentale nella gestione dello spogliatoio». Qual è la forza della squadra al di là del lato tecnico? «La forza è il gruppo, una gran sintonia tra i giocatori, anche con i nuovi, grazie all’intelligenza e alla responsabilità. Non hanno la puzza al naso, sono giocatori aperti e disponibili tra di loro nei contatti umani sia fuori e mentalmente aperti. È una vera squadra».

A.S.D. FERSINA PERGINESE Presidente: Francesco Peghini Vicepresidenti: Giulio Ciurletti, Gianpaolo Ossola (direttore sportivo settore giovanile) Segretario: Mario Andreatta Vice- segretario: Silvia Vendramin Cassiere: Mauro Moser Direttore Generale: Romano Giacomelli Vice-Direttore Generale: Rodolfo Franzoi Responsabile tecnico settore giovanile: Luca Cuicchi Responsabile sito internet: Fabio Pergher

SQUADRA CAMPIONATO DI ECCELLENZA

Allenatore: Dino Ciresa Vice-allenatore: Mauro Furlini La rosa della squadra: Andrea Cicuttini, Fabio Bazzanella, Matteo Tamanini, Suan Ianes, Moreno Peruzzi, Nicola Donati, Emanuele Chiappa, Lamine Diop, Lorenzo Gennara, Francesco Fiorazzo (capitano), Matteo Armellini, Luca Girardi, Simone Travaglia, Luca Calcari, Matteo Bazzanella, Manuel Mariotti, Paolo Roccabruna, Michele Ciurletti, Luca Filippi, Emanuele Ganz, Luca Caldini, Daniel Miorelli, Marco Girardi, Marco Benini. Allenatori: Antonio Enrico Filici (allievi regionale), Matteo Dallapè (Giovanissimi Regionale), Michele Gretter (Giovanissimi provinciale), Lino Pederzini (Esordienti), Antonio Giotto (Juniores Regionale), Paolo Girardi, Ugo Ambrosi, Bruno Piva, Stefano Casagrande (Pulcini), Aziz Berarma (preparatore portieri).

Allievi Regionali

«È il quinto anno che lavoro a Pergine.... Credo che se questa favola un giorno finisse, sarà impossibile trovare così tante persone e tutte così presenti e impegnate come ho trovato qui...» Dino Ciresa, Allenatore

Quali sono gli obiettivi per il campionato visti i risultati finora raggiunti? «Vista la qualità dei giocatori, vogliamo proseguire in un campionato al vertice, migliorare il piazzamento e i punti realizzati lo scorso anno. Se arriva qualcosa in più ci speriamo, infortuni permettendo; ma almeno sul podio ci terrei ad arrivare». È un campionato particolare dove milita il fior fiore del calcio regionale, con squadre come il Trento e il Bolzano. «Con queste squadre, sul campionato sono puntati molti più riflettori che in passato, ma lo stimolo per fare bene è ancora maggiore». Ha notato un certo ostracismo nei confronti della vostra società, e che l’ambiente sia più predisposto verso certe società blasonate? «Cercheremo di rendere la vita difficile alle grandi squadre, arbitri permettendo. Pensi che a 10 minuti dalla fine di una partita, un guardalinee si è girato verso la panchina a chiedere cosa facesse il Trento».

Giovanissimi Provinciali

La vediamo abbastanza calmo in panchina.

«Non ero così fino a qualche anno fa, ma dopo i colloqui con la dirigenza e la società, e l’esperienza accumulata, ho capito quali sono i comportamenti sbagliati; l’importante è stare dentro le righe anche se dentro di me sono molto focoso ma cerco di gestirmi in modo più appropriato». Come valuta la convocazione di Matteo Bazzanella nella nazionale Under 18? «È una convocazione meritata, un premio come punto di partenza e non di arrivo in modo da impegnarsi ancora di più e senza montarsi la testa». È considerato uno dei tecnici più competenti della regione. Il futuro? «Andavo a vedere tante partite di eccellenza e promozione, in nove anni ne avrò viste 150, era un mio sogno poter arrivare a sedermi su una panchina del campionato di eccellenza; ora l’ho raggiunto. Pergine come è organizzata in questi ultimi anni, è il massimo per un allenatore regionale dilettante, l’ambiente ideale anche per l’organizzazione. Non ho l’ambizione di allenare fuori regione, dove sono ora, è il top nella regione, non posso chiedere di più».

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nove anni trascorsi nel settore giovanile, è stato chiamato ad allenare la Fersina in prima categoria, subito la vittoria in campionato e finale di coppa, poi una pausa e poi di nuovo in promozione, prima quarti e poi vincenti. L’anno scorso in eccellenza al quinto posto e ora si lotta al vertice del campionato.

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SPORT

Uno sport che insegna il gioco di squadra

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Giovani promesse del calcio

Trentini: poco calcio, ma "buono" Lontano dagli eccessi del tifo, che poco o nulla hanno a che spartire con lo sport, il calcio può rappresentare un’ottima palestra di vita soprattutto per le generazioni più giovani. Anche in Trentino, dove questo gioco richiama meno spettatori e praticanti rispetto al resto d’Italia...

È

lo sport di squadra più amato dagli italiani, tanto da rispecchiare, nel bene e spesso nel male, la società in cui viviamo. Parliamo del calcio, un gioco che per alcuni si trasforma addirittura in una questione di vita o di morte. Un giorno il primo ministro britannico Winston Churchill ebbe a dire che «gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio». Non si trattava certo di un complimento, ma aveva messo il dito nella piaga. Per alcuni poi, oltre a una questione di onore, il calcio rappresenta addirittura una sorta di fede, una distorsione intuita ed

esplicitata già negli anni Settanta da Pier Paolo Pasolini che definì il calcio «l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo». Tali visioni, tuttavia, appartengono più al popolo dei tifosi che non a quello degli sportivi veri e propri, cioè quelli che lo sport lo praticano in prima persona anziché limitarsi a guardarlo comodamente seduti in poltrona, come fanno gran parte degli italiani. In Italia, infatti, solo una persona su cinque, vale a dire il 20,2% della popolazione, pratica qualche disciplina sportiva. I Trentini però si distinguono per essere quelli più attivi, tanto che nella nostra provincia il rapporto sale a un cittadino su quattro, cioè il 25,4% della popolazione. A rilevare tale fenomeno è la recente indagine “I

Trentini e lo sport” realizzato dal Servizio Statistica della PAT. Va subito detto che, forse per la conformazione geografica del nostro territorio, i trentini prediligono attività individuali, da svolgersi all’aria aperta, preferibilmente in montagna. Tuttavia anche nella nostra provincia lo sport di squadra più popolare rimane il calcio, praticato dal 19,8% della popolazione. La mancanza di grandi club a livello provinciale di certo non richiama sostenitori e praticanti come accade in altre realtà nazionali. Ciò nonostante il calcio svolge un’ottima funzione pedagogica anche nelle nostre comunità, permettendo ai bambini e agli adolescenti non solo di divertirsi, ma anche di imparare a stare assieme, acquisendo valori importanti come lo spirito di gruppo. Il calcio coinvolge soprattutto le fasce più giovani della popolazione trentina, quella fino ai 35 anni, dato peraltro non sorprendente visto che questo sport richiede

buone doti atletiche: capacità di scattare, di saltare e di recuperare velocemente dopo una corsa. Requisiti certamente molto più selettivi di un’uscita di trekking o di una passeggiata in bicicletta. Allo stesso modo appare scontato il fatto che, anche in Trentino, il calcio sia praticato in stragrande maggioranza dai maschi, il 32,7% (uno su tre), contro una quota trascurabile di donne (il 2,8%). A differenza di altre discipline sportive abbastanza elitarie - come lo sci, il tennis o il golf - il calcio si conferma uno sport alla portata di tutti, tanto che non si notano differenze sostanziali nel grado di istruzione di chi lo pratica. Lontano dagli eccessivi del tifo, che poco o nulla hanno a che spartire con lo sport, il calcio si conferma quindi un’ottima palestra di vita, un gioco che consente di divertirsi e al tempo stesso di raccogliere soddisfazioni importanti come sta a testimoniare il buon andamento di molte società sportive locali.


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CRONACHE

a cura di Mario Pacher

TESTATINA

VALSUGANA

CALDONAZZO

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Successo per il Carnevale Panizaro Grande successo ancora una volta a Caldonazzo per il “Carnevale Panizaro”, organizzato quest’anno in 38esima edizione dall’amministrazione comunale, la SAT e le varie altre associazioni locali. Il festoso appuntamento è iniziato con una sfilata di mascherine, seguita dal concerto del locale Corpo Bandistico. Poi la marcia dei carri per il centro storico con tappa in piazza Municipio, dove li attendeva un’apposita giuria per il giudizio di merito. Condotti dal palco da Beppi Toller, hanno presentato le loro scenette satiriche, alcune delle quali ispirate a fatti e avvenimenti del passato. Questa la graduatoria: al primo posto il “Carro della SAT” di Caldonazzo, seguito dal “Carro di Vattaro e Vigolo Vattaro”. Al terzo posto il “Carro di Centa San Nicolò”, al quarto il “Carro dell’Altopiano Vattaro, Vigolo Vattaro e Pian dei Pradi”. In quinta posizione il “Gruppo bambini di Centa”. I vigili del Fuoco, gli Artigiani e le Donne Rurali, hanno curato uno stand per la distribuzione di piatti di pasta e tanto vino.

sua dipartita fu alla guida di questo Gruppo. E per ricordare il suo impegno, la sua dedizione, ha consegnato alla vedova signora Anna Maria, una targa ricordo. Poi ha dato lettura della relazione sull’attività svolta nell’anno appena trascorso, mettendo in evidenza le principali iniziative intraprese. In particolare ha ricordato le gite, le feste, i soggiorni al mare, gli spettacoli, i momenti di svago, le serate culturali e ricreative, il corso di pittura coordinato dalla socia Carla Valentini Dalvai, i corsi della terza età e della ginnastica dolce e tanto altro. Francescatti ha sottolineato anche la necessità di una sede più spaziosa considerando il notevole numero di iscritti, che sfiora le 300 unità. Quindi ha presentato il programma delle manifestazioni per il 2010 che comprende una nuova serie di iniziative, tutte rivolte alle persone anziane dell’intera comunità levicense.

LEVICO TERME

Mondo Giovani, Osler presidente Una sessantina di giovani hanno presenziato all’assemblea elettiva dell’Associazione Mondo Giovani a Levico Terme. In apertura il presidente uscente Kristian Pinamonti ha presentato un resoconto dell’operato di questo ultimo trien-

Libardoni, Massimiliano Vaccari e Graziano Vincenzo. Contatti: Massimiliano Osler cell. 349.3651085 - massimiliano.osler@gmail.com

STRIGNO

Finanziamento centro storico

Massimiliano Osler

nio, a cui ha fatto seguito la relazione del consigliere Mauro Libardoni per illustrare la situazione economico-finanziaria dell’associazione. Quindi il consigliere Massimiliano Osler ha presentato i progetti per il 2010 che comprendono un viaggio culturale a Stivor e Sarajevo alla scoperta della storia dell’emigrazione trentina, il progetto dedicato ad internet “giovani in rete” e, per la seconda volta, la “guida sicura”. Altri progetti per il 2010 sono stati illustrati dal consigliere e socio fondatore dell’associazione, avvenuta 4 anni fa, Tommaso Acler. Si è quindi proceduto alla nomina del nuovo presidente per il triennio 2010-2012: Massimiliano Osler, 22 anni, ragioniere di Barco. Gli altri consiglieri sono: Kristian Pinamonti, Francesco Libardi, Fabrizio Passamani, Tommaso Acler, Giorgio Toller, Mauro

NOVALEDO

Il carro della SAT, primo classificato

LEVICO TERME

Pensionati in assemblea Presso una sala dell’Oratorio Parrocchiale di Levico Terme si è svolta l’annuale assemblea generale ordinaria degli iscritti al locale Gruppo Pensionati. Il presidente Marco Francescatti ha ricordato i Soci che nel 2009 hanno lasciato questa vita, in particolare il presidente Paolo Graziadei che fino al giorno della

Festa dei SS. Simeone e Anna Il Gruppo Pensionati e Anziani di Novaledo ha organizzato anche quest’anno la festa dei loro Santi protettori Simeone e Anna. Nella chiesa parrocchiale il folto gruppo ha preso parte alla solenne S. Messa concelebrata dal parroco don Luigi Roat e da don Valeriano Segatta, della Pastorale Anziani di Trento. All’omelia don Valeriano ha parlato del ruolo dell’anziano ricordando che «in ogni momento della nostra vita c’è sempre qualcosa da fare perché il compito dell’anziano è anche quello di portare la parola di Dio». I partecipanti alla festa

La Giunta provinciale ha recentemente approvato una delibera dell’assessore all’urbanistica ed enti locali, Mauro Gilmozzi, relativa alla riqualificazione e sistemazione aree urbane del centro storico di Strigno. Al comune di Strigno, che nell’ambito del Patto territoriale della Valsugana Orientale ha proposto l’intervento denominato “Riqualificazione e sistemazione aree urbane nel centro storico” va un finanziamento di 680 mila euro.

Centro storico di Strigno


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CRONACHE

Accordo tra PAT e Terna per interventi a Trento, Pergine e Civezzano

Tralicci addio: ecco il piano

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Per molti cittadini di Trento e della Valsugana sta per finire l’incubo dei tralicci dell’alta tensione a pochi metri da casa.

T

ralicci dell’alta tensione a pochi metri dalle abitazioni. Una presenza fastidiosa per la vista e molto pericolosa per la salute pubblica. Un vero e proprio incubo per molti cittadini di Trento, Pergine e Civezzano che da anni convivono con questa inquietante realtà che incombe sulle loro teste. Un incubo che per molti di loro, a quanto sembra, sta per svanire per sempre. Il 23 febbraio scorso, infatti, il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, e Luigi Roth, Presidente di Terna, la società responsabile dello sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale, hanno sottoscritto un importante Accordo programmatico per lo sviluppo sostenibile della rete elettrica nella nostra Provincia. Il Protocollo è stato firmato, oltre che

da SET Distribuzione, anche dalle amministrazioni comunali di Trento, Civezzano e Pergine Valsugana, direttamente interessate da questi interventi che sicuramente avranno positivi riflessi sulla vita futura di queste comunità. L’accordo riguarda un intervento di razionalizzazione delle rete elettrica a 132 kV nell’area di Trento Sud con l’obiettivo di allontanare dai centri urbani gli elettrodotti esistenti e di potenziare la rete aumentando sicurezza, qualità ed efficienza del servizio elettrico della città di Trento. L’investimento è pari a 17 milioni di euro, circa un terzo del totale degli investimenti di Terna nella Provincia, in linea con il Piano di Sviluppo. Il progetto prevede, in particolare

la demolizione di circa 20 km di vecchie linee elettriche, per complessivi 85 tralicci, oggi presenti nel tessuto urbano di Trento Sud (10,5 km) e in quello di Civezzano e Pergine Valsugana (9,2 km), con una significativa riduzione dell’impatto urbanistico. Notevoli i benefici anche per l’ambiente: l’opera consentirà infatti una ri-

duzione delle perdite di rete per circa 14 milioni di kWh/anno, con conseguente diminuzione di emissioni di CO2 per oltre 6 mila tonnellate l’anno. Rientrano nel piano anche la realizzazione di circa 18 km di nuovi elettrodotti aerei a 132 kV e 220 kV, e di 3,2 km di linee elettriche interrate a 132 kV.


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LEVICO. Riunione dei soci del Gruppo Micologico NOVALEDO

Un momento dell'incontro

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di Mario Pacher

n grande numero di soci del Gruppo Micologico Bresadola “Bruno Cetto” di Levico Terme, ha partecipato alla recente assemblea tenutasi presso l’oratorio par-

rocchiale. Il presidente del Gruppo Marco Pasquini, dopo il saluto agli intervenuti, ha tenuto la relazione di sua competenza passando in rassegna tutta l’attività svolta nel 2009. Poi il cassiere Amos Cetto ha presentato il resoconto finanziario chiuso al 31 dicembre 2009, mentre il segretario Roberto Coli ha sottolineato

come tra i 298 iscritti, oltre una quarantina possono vantare di ben 35 anni di iscrizione al Gruppo, e che, con gli ultimi 7 soci premiati con il “funghetto d’oro” per 20 anni di ininterrotta iscrizione, si sia raggiunto il numero di 133 premiati. È stata poi rinnovata la direzione che resterà in carica fino al 2012, con la conferma di tutti gli uscenti. Alla carica di presidente è stato riconfermato Marco Pasquini. Queste le altre cariche: Gianni Moschen vicepresidente, Cassiere Amos Cetto, Segretario Roberto Coli, Consiglieri Romeo Frisanco, Aldo Tosi, Giuseppe Pasquale, Alberto Paoli e Giulio Vettorazzi. Luigino Vinciguerra, Giorgio Bisello (l’unico nuovo) e Livio Vettorazzi sono i componenti il Collegio dei Revisori dei Conti. È stato poi predisposto il programma di attività per il 2010 che comprende, fra l’altro, diverse gite in città italiane, mostre di funghi e fiori, uscite micologiche e la “strozegada de Santa Luzia”.

di Mario Pacher

Pieno successo a Novaledo per il “Carnevale Masarolo”, organizzato nella penultima domenica di carnevale dagli Alpini in collaborazione con il locale Corpo Volontario dei Vigili del Fuoco e l’Amministrazione Comunale. Nel primo pomeriggio tante mascherine, venute anche da fuori paese, si sono trovare in piazza Municipio ed hanno poi sfilato per la via principale che attraversa il paese. Poi tutte assieme sono ritornate nella grande piazza dove la festa è proseguita con giochi, musica e la distribuzione di pastasciutta e grostoli per tutti. Anche il servizio del cocchiere Calogero, che ha offerto a tanti bambini in maschera di poter salire sulla sua carrozza per un giretto nel centro del paese, è stato di grande aiuto per la buona riuscita della manifestazione.

Bimbi in piazza a Novaledo

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Bresadola in assemblea

Carnevale Masarolo


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CRONACHE

a cura di Mario Pacher

TESTATINA

VALSUGANA

RONCEGNO

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Festa per la classe 1944 I nati della classe 1944 di Roncegno, Marter, S. Brigida, Ronchi e Novaledo, hanno voluto festeggiare, tutti assieme, la festa di classe e anche salutare degnamente il raggiungimento dei loro 65 anni, ormai alle spalle. Dopo aver assistito ad una solenne S. Messa nella arcipretale di Roncegno, hanno raggiunto un noto ristorante della zona per l’immancabile pranzo collettivo.

Nella foto: i coscritti del 1944

TELVE DI SOPRA

BARCO DI LEVICO

Il traguardo dei 90 anni di Anna Borgogno di Telve di Sopra è stato festeggiato alla grande domenica 7 febbraio scorso. Accompagnata dai figli Mariarosa e Augusto, nipoti e altri parenti e amici, la nonna di paese ha prima di tutto assistito a una S. Messa nella chiesa parrocchiale celebrata dal parroco don Antonio Sebastiani, riscuotendo tanti auguri di una ancor lunga e felice vita. Nonna Anna, che gode ancora di ottima salute, dopo aver spento le 90 candeline sopra la grande torta, ha brindato allegramente a questa importante tappa della sua vita. Il segreto della sua longevità in piena salute? Ci ha risposto: “ho sempre lavorato come un asino”.

Presso la propria sede all’interno del Centro Sociale di Barco, si è tenuta l’assemblea ordinaria degli iscritti al locale Gruppo Pensionati e Anziani, l’associazione più attiva e numerosa della frazione, considerata il motore trainante di

I 90 anni di Anna Borgogno

Pensionati in assemblea

I lavori dell'assemblea

Anna Borgogno con i figli alla festa dei suoi 90 anni

tante iniziative locali. I lavori sono stati introdotti dalla presidente Elda Gina Moser che ha illustrato l’attività svolta nel 2009 e presentato il programma per il 2010. Anche il programma per l’anno in corso prevede una serie di momenti culturali e ricreativi, gite, pranzi collettivi in sede e fuori come presso la Malga Sassi sull’altopiano delle Vezzena, feste mensili per i compleanni degli iscritti e tanto altro. Spicca in particolare la “Festa dell’Anziano” fissata per il prossimo 7 marzo, la

festa delle associazioni l’11 aprile, la festa patronale il 31 ottobre. La segretaria Esther Thomann ha poi tenuto la relazione di sua competenza illustrando il bilancio chiuso al 31 dicembre 2009.

BARCO DI LEVICO

Sgnocolada Barcarola Più di quattro quintali di patate sono stati adoperati per preparare le diverse centinaia di piatti di gnocchi da distribuire fra i presenti a Barco di Levico, in occasione della tradizionale “Sgnocolada Barcarola” che il locale Gruppo Sportivo Culturale Oltrebrenta organizza sempre l’ultima domenica di carnevale. Ancora prima di mezzogiorno la piazza della chiesa era gremita di centinaia di persone venute anche dai paesi vicini, Levico in particolare. Tante anche le mascherine che hanno sfilato per le vie principali e che hanno trovato poi il loro luogo ideale nell’angolo destinato ai bambini, dove era stato allestito un parco dei divertimenti, curato dai ragazzi dell’oratorio di Barco City. Fra i provetti camerieri anche Gianpiero Passamani, presidente del Gruppo Sportivo organizzatore della manifestazione. Gnocchi per tutti quindi e tanto vino caldo, per contrastare il freddo della giornata tutt’altro che primaverile.

SELVA DI LEVICO

Festa patronale di San Bastian Hanno vissuto un allegro e vivace fine settimana gli abitanti di Selva di Levico, in occasione della festa patronale di “San Bastian” (co’ la viola ‘n man, secondo l’antico detto). Un momento goliardico organizzato dal Gruppo Castel Selva in collaborazione con gli Alpini, la parrocchia e il gruppo missionario, che richiama sempre tanta gente da tutta la valle e che si ispira alle antiche tradizioni locali come il “campanò”, la distribuzione gratuita di “fritole” e in particolare, la gara delle slitte della legna con partenza dal sovrastante Castello fino alla piazza del paese e il 4° Palio del Castello per quartieri “Trofeo Rivetta”, quest’anno in 21esima edizione. Ben 16 sono stati i gruppi concorrenti provenienti dalla stessa Selva, Caldonazzo, Levico, Roncegno, Vigolo Vattaro e da Coredo in valle di Non. Il primo gruppo classificato è stato quello composto da Aurin Magnini e Luca Dellagiacoma con damigella Elisa Bortolamedi, del quartiere Caldonazzo 2. Seguono per quartiere: Selva, Coredo, Oratorio, Vigolo, Levico, Roncegno, Bar Spiaggia. Per le altre prove, il miglior punteggio è stato realizzato dalla concorrente Patrizia Simoni con 70 punti. Il palio “Trofeo Rivetta” è stato assegnato due volte al “quartiere Selva” e due volte al “quartiere Caldonazzo”.


CRONACHE

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PERGINE. Nuovo direttivo Pensionati

i è svolta recentemente l’assemblea generale ordinaria del Circolo Comunale Pensionati e Anziani di Pergine Valsugana. Dopo il saluto ai numerosi soci e alle autorità, la presidente Carmen Osler ha relazionato sull’attività svolta nel corso del 2009. Ha evidenziato in particolare come questa associazione, grazie anche al suo buon nome e all’attività che svolge, vanta di ben 420 iscritti provenienti da tutta la Valsugana, dalla Valle dei Mocheni, da Trento e da altri paesi del Trentino. «La nostra sede, ha continuato, è aperta tutti i giorni e cosi anche il campo di bocce che è sempre tanto frequentato». Ha ricordato poi le gite effettuate nel 2009: una Merano

con visita ai giardini fioriti, al Castello e Museo, e l’altra a Varone di Riva con visita alle cascate. E ancora i pomeriggi musicali fuori sede con pranzo, la Festa “dei Ovi“ e la Festa dei Nonni, i soggiorni al mare, le feste trimestrali dei compleanni, la mostra fotografica di quadri sulle pestilenze nel perginese, lo scambio di auguri in occasione delle principali feste, le gite culturali in collaborazione con il Movimento Pastorale, la collaborazione con Telefono Azzurro, i concerti del Coro Edera e tante altre iniziative. È intervenuto anche il presidente della Banda Sociale di Pergine Carmelo Parrello e il presidente del Movimento Pastorale Remo Targa. Si è proceduto quindi alla nomina della nuova direzione e dei revisori dei conti. Presidente è stata riconfermata Carmen

La riconfermata presidente Carmen Osler

Osler, mentre Rina Berlanda è stata eletta vicepresidente. Nerina Zanotto è segretaria cassiera, Marco Fontanari responsabile della sede, Rita Eccher responsabile del lavoro, Ida Badocchi e Clara Degasperi responsabili del bar. Revisori dei conti sono stati eletti Vincenzo Giuriali e Luigi Zuccatti.

Su proposta del presidente Lorenzo Dellai che ha accolto le richieste del Soggetto Responsabile del Patto stesso, la Giunta provinciale ha fissato il nuovo limite per la progettualità privata del secondo bando, pari ad € 13.293.723,82, prorogando inoltre il termine di durata dello strumento pattizio al 31 marzo 2011. Col nuovo limite per la progettualità privata tutte le domande che sono state valutate coerenti sul secondo bando sono state finanziate. La proroga dei termini di durata del Patto territoriale della Valsugana Orientale è stata decisa in considerazione del budget non effettivamente utilizzato sul primo bando, (per domande di investimento che non sono andate a buon fine o, che in molti casi sono state ritirate o dichiarate decadute), per un ammontare circa di 10 milioni di euro, che verrà quindi messo a disposizione del Patto medesimo in un prossimo bando per investimenti privati.

Il palazzo della Provincia di Trento

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S

di Mario Pacher

Riconfermata Carmen Osler

Patto territoriale Valsugana Orientale


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FOCUS

Gli impianti con zero emissioni inquinanti Un riscaldamento discreto senza emissione di CO2 e senza manutenzione

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La geotermia

Cosa vuol dire geotermia a bassa entalpia? È presto spiegato. A partire da 20 m di profondità, la temperatura del sottosuolo è costante e non dipende più dal giorno o dalla notte, né dalle stagioni. È il flusso di calore presente in profondità che regola la temperatura. In pianura e nelle valli questa temperatura varia entro gli 8 e 12° C. Sotto i 20 m di profondità, la temperatura aumenta di 1° C ogni 33 m circa. Questa risorsa geotermica, detta di bassissima temperatura, è utile per sistemi di riscaldamento decentralizzati, quali installazioni per abitazioni familiari, gruppi di ville, piccoli e grandi immobili, municipi, scuole, sale polivalenti, ecc. Numerose tecniche possono essere previste per

approfittare di quest’energia permanentemente disponibile, come ad esempio la sonda geotermica verticale (SGV). Questo sistema permette di assicurare, durante tutta la stagione, il riscaldamento di un’abitazione tramite pavimenti riscaldanti o radiatori a bassa temperatura. Questa installazione può, ugualmente, fornire acqua calda sanitaria ad una temperatura di 55°-60° C. D’altra parte, le spese di funzionamento annuale sono a favore della SGV (no manutenzione

ed utilizzo di combustibile). Nel caso della ristrutturazione di un’abitazione o della necessità di sostituire il sistema di riscaldamento, vale la pena di valutare i costi e i vantaggi di una sonda geotermica. Infine, scegliere un sistema di riscaldamento tramite sonda geotermica significa preferire un’installazione pulita, in accordo con le norme sulla qualità dell’aria, di dimensioni ridotte, senza emissione di CO2, inodore e con una durata di vita di 30 anni circa per l’equipaggiamento in superficie, e di più di 50 anni per la SGV.

si trasmette alla terra in forma di particelle elementari chiamate fotoni (irraggiamento terrestre); nella cella fotovoltaica, i fotoni colpiscono il silicio e ne mettono in movimento gli elettroni, i quali a loro volta vengono raccolti da un campo voltaico creato artificialmente. Si genera così un flusso di elettroni che defluiscono verso l’esterno attraverso due elettrodi. Questi elettroni si sommano al flusso proveniente da altre celle. Se si collegano più celle in serie e si racchiudono in una struttura protettiva si ottiene un modulo. Se si collegano più moduli in serie si ottiene una stringa, collegando le stringhe in parallelo si ottiene infine il “campo fotovoltaico”. Gli impianti solari si ripagano completamente grazie alla loro produzione e rappresentano un

interessante investimento, sono incentivati dallo stato (“conto energia”) e dalla Provincia autonoma di Trento (fino al 20%).

I sistemi fotovoltaici I sistemi fotovoltaici consentono la produzione di energia elettrica a partire dalla luce del sole, consentono un risparmio in bolletta e aiutano a preservare l’ambiente in cui viviamo. Ma come si genera l’energia pulita? In fisica, l’effetto fotovoltaico è la conversione diretta dell’energia solare in energia elettrica, attraverso l’interazione dei fotoni (radiazione luminosa) con gli elettroni (di valenza) dei materiali semiconduttori, in particolare il silicio. Con l’applicazione tecnologica di questo principio si ottengono apparecchi e impianti produttori di energia fotovoltaica e/o autoalimentati. Il processo funziona nel seguente modo: all’interno del sole avvengono reazioni nucleari di fusione, la radiazione elettromagnetica così prodotta

Calore ed energia dalla biomassa legnosa, economica e rinnovabile … Il legno, fonte inesauribile presente in abbondanza sul nostro territorio, ci ha sempre dato la possibilità di riscaldarci e di cucinare i nostri cibi. Negli ultimi anni la tecnologia disponibile è progressivamente migliorata e oggi possiamo utilizzare il legno, solitamente in ceppi, anche sotto forma di pellet, cippato e segatura. Questi sottoprodotti del legno, una volta considerati scarti, sono diventati fondamentali per la loro praticità e il risparmio che riescono a garantire all’utilizzatore rispetto ai combustibili tradizionali come gpl, gas metano e gasolio. Inoltre la loro combustione è considerata neutra dal punto di vista delle emissioni di CO2 in

quanto il legno per crescere consuma anidride carbonica rilasciando ossigeno... quindi energia pulita e rinnovabile. Le caldaie e le stufe attualmente in commercio (da piccole potenze 30 kW, fino a grandi impianti 3000 kW), garantiscono livelli di emissioni molto bassi, automatismi di caricamento e di pulizia avanzati che le rendono pratiche e richiedono poche manutenzioni. Nelle aziende della lavorazione del legno, inoltre, con il cippato e la segatura si sta sviluppando la produzione di energia elettrica grazie a caldaie accoppiate a turbine che riescono a dare delle potenze a partire da 100, fino a 1000 kW el.


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Sanremo 2010: il 60째 Festival della Canzone Italiana Testi e foto del nostro inviato a Sanremo Giuseppe Facchini


SPECIALE SANREMO

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Nostra intervista al trionfatore di Sanremo 2010 Alcune immagini del vincitore della 60ª edizione del Festival di Sanremo

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SCANU N

di Giuseppe Facchini

ato il 10 aprile 1990 nell’isola de La Maddalena, Valerio Scanu dimostra già da piccolo una particolare inclinazione al canto; si esibisce in manifestazioni locali e nel 2000 approda alla trasmissione “Canzoni sotto l’albero” a cui segue la partecipazione al programma di Mike Bongiorno “Bravo Bravissimo”. Dopo una serie di provini per musical e trasmissioni musicali, arriva l’occasione nella stagione 2008-2009 di partecipare alla scuola di Amici di Maria De Filippi; Valerio vi rimane per tutta la durata della trasmissione e nella classifica finale si classifica al secondo posto. A seguire il primo contratto discografico e il primo CD “Sentimento” che vende 70 mila copie in poco più di un mese. A Sanremo ha interpretato una canzone del giovane cantautore Pierdavide Carone “Per tutte le volte che…”. Dopo l’eliminazione operata dalla giuria demoscopica nella prima serata, è stato poi ripescato dal televoto che lo ha quindi incoronato vincitore nella serata finale. Abbiamo incontrato Valerio subito dopo la vittoria, circondato da un folto gruppo di ammiratrici e ammiratori scatenati.

Valerio Scanu, una vittoria da outsider Il capitolo 60 della storia del Festival di Sanremo registra la vittoria del giovanissimo cantante sardo Valerio Scanu che La Finestra ha intervistato subito dopo la clamorosa vittoria al Teatro Ariston. Valerio, quali sono le tue prime impressioni? «Sono stanco ma felicissimo. Ringrazio tutto il pubblico e le persone che mi sono state vicine». Come hai vissuto questi giorni? «Il primo giorno ero teso, poi giorno per giorno ho preso un po’ di confidenza con il palco e l’ultima sera ho cantato meglio; ringrazio anche Alessandra Amoroso che ha impreziosito l’esibizione nelle serate dei duetti e il maestro Peppe Vessicchio». Al di là dell’esito finale, cosa hai imparato da questa esperienza?

«Non è stata solo una esperienza artistica, ma una vera esperienza di vita. Si crede che questo lavoro sia solo bello, ma invece c’è anche molto da faticare e da impegnarsi e su questo non mi tiro indietro. Ero sballottato da una parte all’altra, ma è stata una esperienza che mi ha fatto crescere; e pensare che in passato vedevo il Festival come una cosa lontana». Speravi nella vittoria? «Non sono venuto al Festival prettamente per vincere. Logico che vincere è meglio, ma partecipare è importante. Ho preso Sanremo come un trampolino, un modo

per riuscire a continuare su questa strada. Anche tutti i miei amici mi dicevano: “prendila come opportunità e non ti aspettare la vittoria”. Quello che mi piace è il fatto di essere stato conosciuto da un pubblico più numeroso». Parlaci della canzone “Per tutte le volte che…” «È una canzone d’amore e romantica, con un bel testo e una bella musica; allo stesso tempo è una canzone con una certa difficoltà vocale ma anche di presa immediata, sono felice che abbia fatto presa sul pubblico».

Cosa ti ha dato la trasmissione Amici”? «“Amici” mi ha dato l’opportunità di un contratto discografico ed è stata una esperienza bellissima; sono arrivato a gareggiare fra i big di Sanremo però sulla base delle vendite dei miei dischi». Cosa ti aspetta ora? «È uscito il nuovo Cd che porta il titolo della canzone vincente che contiene 9 brani, che trattano principalmente il tema dell’amore nella sue varie sfaccettature. Il Cd è arricchito da un video dove spiego il significato di ognuna delle canzoni. E nei prossimi giorni mi tuffo nell’allestimento di una tournee che sarà speciale».


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SPECIALE SANREMO

Nostra intervista all’artista romano che vinse il Festival nel 2007

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un ritorno anche al rock da cui ero partito con il mio primo gruppetto con cui facevo concerti nelle scuole, nei compleanni».

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di Giuseppe Facchini

opo il trionfo del 2007 quando si impose con “Ti regalerò una rosa”, Simone Cristicchi torna al Festival di Sanremo, presentando l’ironica canzone “Meno male”. Il cantautore romano con il suo cespuglio di capelli si mette in luce nel 2003 vincendo il Cilindro d’Argento, un premio alla memoria di Rino Gaetano, per poi affermarsi due anni dopo con “Vorrei cantare come Biagio”. Pioggia di premi nel 2005 con le canzoni incluse nel suo primo album “Fabbricante di canzoni”, fra le quali “Studentessa universitaria”. Dopo la partecipazione al Festival del 2006 con “Che bella gente”, l’anno successivo ci ritorna con “Ti regalerò una rosa”, una canzone non canzone in forma di una commovente lettera sull’universo della follia che lo appassiona; vince il Festival, il premio della critica, il premio sala stampa radio-tv e molti altri riconoscimenti; il Cd, il relativo video, il libro “Centro di igiene mentale” diventano un successo.

Cristicchi

Come definiresti il tuo genere? «Me lo chiedo anch’io. Rappresento la coerenza della mia incoerenza, filtrata attraverso le mie storie. E io vivo con questo felice dilemma. Usando molto l’ironia, si cammina sul filo dell’equivoco. Mi piace attraversare l’Italia in lungo e in largo. Mi piace fare delle ricerche e per questo mi definisco un ricercautore». Cosa ti ha lasciato il tuo lungo studio sulla follia attraverso le canzoni e le pubblicazioni? «Un vecchio infermiere dell’ospedale di Volterra alla domanda chi è il matto, mi ha risposto “Bisogna vedere da che parte si chiude il cancello”. I cancelli sono aperti ma il problema esiste. Rimane questa canzone, una delle cose più belle che mi è capitata nella vita».

«Mi sento un ricercautore»

Chiediamo a Simone, personaggio unico nel mondo musicale, come è nata la canzone “Meno male”? «È nata dopo aver letto il libro “La scomparsa dei fatti”, che documenta le dinamiche della disinformazione in Italia; la canzone è stata definita un guazzabuglio lessicale e letterario che richiama lo stile di Rino Gaetano. Volevo portare un pezzo che rinnovasse la visione della mia musica. Mi piace passare da un mondo musicale all’altro, da un arrangiamento all’altro, questa canzone è lontanissima da “Ti regalerò una rosa”, anche se nel nuovo album vi sono canzoni che la richiamano; ho deciso di mostrare l’altra faccia

Simone Cristicchi, personaggio unico nel panorama musicale italiano, racconta a La Finestra la sua storia artistica degli ultimi tre anni e com’è nata la canzone “Meno male” presentata al Festival. della mia musica». È stato difficile tornare dopo il grande successo di tre anni fa? «Sono stato molto indeciso se partecipare o meno. Mi era arrivato l’invito anche negli ultimi due anni, ma io ho sempre preferito dedicarmi a quello che facevo in quel momento. Tornare poteva essere un rischio, dopo aver vinto in quel modo, con una marea di premi e riconoscimenti, un qualcosa di irripetibile». Com’è il tuo nuovo CD?

«Si intitola “Grand Hotel Cristicchi”, scritto per lo più in camere di albergo in questi tre anni. Questo disco racchiude tutte le esperienze musicali che ho accumulato in questo periodo, come la collaborazione con il Coro dei minatori di Santa Flora con il quale ho fatto una tournee che è durata un anno, un gruppo di musica popolare toscana che si ispira ai minatori del Monte Amiata quando cantavano nelle osterie il sabato sera dopo una settimana di fatica. È il disco più bello di tutti quelli che ho fatto,

Cosa provi quando vedi il tuo nome nelle enciclopedie musicali? «Provo estremo piacere a essere ricordato per questo, nessuno ha dimenticato, io per primo. Il pericolo è proprio quello di restare affezionati a una canzone, poi il tempo passa, le persone cambiano». È difficile rimanere coerenti e allo stesso tempo innovativi? «Mi piace esplorare nuovi scenari, nuovi universi, come il teatro, in autunno porterò in teatro un monologo che racconta la tragica campagna di Russia del 1941-43 attraverso la voce di chi l’ha vissuta in prima persona. Un teatro civile che si presenta nuovo, soprattutto nella forma, utilizzando la metrica dell’Ottava classica e il dialetto romanesco».


SPECIALE SANREMO

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Nostra intervista alla figlia di Zucchero

rene Fornaciari, classe 1983, una vita sempre a contatto con la musica, soprattutto soul e blues. Partecipa nel 2002 ad un concerto tributo dedicato al papà Zucchero, firmando anche un brano dell’album “Bluesugar” e i testi italiani delle canzoni che compongono la colonna sonora del cartone animato “Spirit-Cavallo selvaggio”. Nel 2003 è tra i protagonisti del musical “I dieci comandamenti”. Nel 2006 una bella serie di concerti e dal 2007 una lunga tournée in tutta Italia e supporter in alcune tappe prestigiose italiane ed europee del tour di Zucchero. Nel 2009 il debutto a Sanremo nella categoria “Proposte” con “Spiove il sole”. Quest’anno ritorna a Sanremo accompagnata dai Nomadi con la canzone “Il mondo piange”. Irene, come ti senti sul palco insieme a Nomadi? «I Nomadi mi danno un grande supporto e una grande qualità artistica, un grande spessore sul palco. Ho un ottimo feeling con tutti. Sento delle vibrazioni positive e sono molto contenta».

Irene Fornaciari: «La mia voce è un dono prezioso» «La canzone che ho presentato a Sanremo, “Il mondo piange”, è una ballata che ho scritto sui guai del mondo attuale». Cosa rappresenta la tua canzone “Il mondo piange”? «Il pezzo è una ballata che ho scritto sui guai del mondo attuale. Mio padre ha poi messo la ciliegina sulla torta, ma principalmente l’ho scritta io. Quando la canto mi devo concentrare per rendere bene l’emozione di questa brano. Cerco di fare del mio meglio. Il vero problema è però gestire l’emozione soprattutto in un teatro come quello di Sanremo». Irene Fornaciari

Hai una bella padronanza sul palco, quanto ti è servita l’esperienza nel musical? «Il musical per me è stata una grande scuola, una bella partenza, un lavoro importante per il quale mi sono trovata a cantare e recitare tutte le sere».

Cosa farai ora? «Il festival è una grande vetrina che mi permette di farmi conoscere e di portare in giro la mia musica dentro e fuori l’Italia. Inizierò quindi il tour». È difficile affermare la propria autonomia in campo artistico, con un papà così importante?

«L’importante è fare le cose, il proprio lavoro umilmente ma con professionalità, nel miglior modo possibile e dimostrare alle persone che riesco a fare. Mi pare che la gente apprezzi». Come vorresti arrivare alla gente? «La cosa importante è che la gente pensi che io sono vera. Il mio obiettivo è arrivare alla gente in modo onesto, come sono nella vita. Non voglio crearmi maschere che non servono a niente». Come curi la tua voce soul? «Non fumando e non bevendo. È un dono, ci vuole un po’ di disciplina e qualche vocalizzo per scaldarla». Il tuo nuovo Cd? «Rappresenta una evoluzione, un album più maturo dei precedenti; in estate poi un nuovo singolo in inglese insieme a Mousse T. con cui ho duettato anche sul palco del teatro Ariston».

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di Giuseppe Facchini


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SPECIALE SANREMO

La prima volta di Noemi «Tanti saluti al Trentino, ai grandi Bastard e quando torno dalle vostre parti senz'altro brinderò con un sano parampampoli»

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di Giuseppe Facchini

elice debutto sul palcoscenico del teatro Ariston per Noemi, nome d’arte di Veronica Scopelliti. Dopo la partecipazione a Sanremolab, l’accademia di Sanremo, è con la partecipazione al Talent show di Rai 2 “X-Factor” del 2008 che Noemi, raccoglie l’attenzione dei discografici e di una ampia fascia di pubblico che la porta a conquistare il disco d’oro del suo primo CD con il suo stesso nome e il singolo “Briciole”. Nell’autunno 2009 pubblica un nuovo album “Sulla mia pelle” che contiene “L’amore si odia” una canzone di grande successo incisa insieme a Fiorella Mannoia. A Sanremo ha interpretato “Per tutta la vita” arrivando in finale. Noemi, la prima volta a Sanremo... «Sono veramente contenta dell’at-

tenzione verso di me e la mia canzone e desidero tanto che io arrivi alla gente per come sono, una persona normale. Ero molto emozionata , il palco merita rispetto e questo è un palco speciale, impresso dalle emozioni dei grandi cantanti che lo hanno calcato. L’orchestra poi è composta da musicisti tutti bravissimi, una esperienza fantastica a prescindere dal risultato». Allo stesso tempo però sembravi molto sicura... «Questo sì, ma c’è da lavorare, devo ancora migliorare, e per questo voglio collaborare con tante persone che mi arricchiscano professionalmente». “Per tutta la vita”, è una canzone costruita su di te e adatta alle tue corde vocali. «È un pezzo che va particolarmente molto in alto con delle parole che hanno un certo peso e quindi devono essere cantate chiaramente. La canzone si

Noemi in compagnia di Giuseppe Facchini

presta a diverse interpretazioni, non parla solo d’amore, ma delle relazioni in generale».

si rischiano anche cadute veloci, spero proprio non sia il mio caso».

Un anno fa a X- Factor, insieme con i nostri Bastard Sons of Dioniso. Che ricordo hai? «È passato poco tempo, eppure sembra tanto viste tutte le cose che sono successe in questo ultimo anno. Mi mancano quei momenti ovattati, pensando a cosa succedeva all’esterno. La scalata è stata veloce, ma così

Il tuo look? «Un look misurato e rispettoso del palco, con un riferimento agli anni ‘50, stile rockabilly». Buona fortuna Noemi. «Tanti saluti al Trentino, ai grandi Bastard e quando torno dalle vostre parti brinderò con un sano parampampoli».


SPECIALE SANREMO

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“Italia amore mio”, seconda ma con molte polemiche

Il contestato trio

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scoltiamo prima Enzo Ghinazzi, in arte Pupo... «Abbiamo avvertito chiaramente un pregiudizio verso di noi, fischiavano ancora prima che cantassimo, fischiavano l’operazione. Ma non mi sono preoccupato, ho le spalle larghe». La vostra è stata definita una operazione di furbizia e ruffianeria pura. «Le nostre intenzioni sono autentiche e genuine. La canzone non è stata fatta per creare polemiche, ma per proporre una bella canzone melodica, all’antica. Nessuno poi ha fatto notare la frase più trasgressiva, più alternativa “Io credo in un

paese più normale”. L’Italia non è un paese normale, non puoi parlare al telefono senza che ti registrino, o tante altre sorprese che accadono tutti i giorni, siamo un po’ decadenti. Io amo l’Italia e amo cantarla senza pregiudizio e dietrologia, non ho niente da nascondere. Quanto poi al principe, tranne il peso e la zavorra storica che si porta dietro suo malgrado, cosa ha fatto di male?». Sentiamo allora Emanuele Umberto Reza Ciro Renè Maria Filiberto di Savoia, figlio di Vittorio Emanuele e di Marina Ricolfi Doria... «Nella prime parole che aprono la canzone riprendiamo una frase molto semplice, io credo sempre nel futuro, nella giustizia e nel lavoro, riprendiamo

Il trio formato da Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici si concedono ai giornalisti

il primo articolo della Costituzione italiana, parole nelle quali dovremmo rispecchiarci tutti. Siamo semplicemente innamorati dell’Italia e abbiamo volutamente lanciato un messaggio serio e sincero che arrivi agli italiani». Che tipo di musica piace al principe? «Ascolto tutt’altro tipo di musica; fra le canzoni del Festival di

quest’anno mi piacciono i giovani, in particolare Nina Zilli. Il pezzo che abbiamo proposto con Pupo e Luca Canonici mi è però piaciuto dall’inizio, da quando Pupo me lo ha fatto sentire nel suo camerino con la chitarra e lo ringrazio per avermi regalato questo bel momento. Credo che molti italiani si siano riconosciuti nelle parole della canzone ed è questo che per me è più importante».

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Pupo, Emanuele Filiberto, Luca Canonici con “Italia amore mio”. Una presenza che ha creato un oceano di critiche ma anche consensi tanto da sfiorare la vittoria finale.


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SPECIALE SANREMO

Terzo posto per Mengoni con “Credimi ancora”

L’X Factor di Marco Marco Mengoni è stato il vincitore della terza edizione di “X-Factor” conquistando la stima del pubblico grazie a ottime interpretazioni. Marco, nato a Ronciglione in provincia di Viterbo, inizia a cantare all’età di 14 anni. E di lì a poco comincia il suo percorso solista nei club. Con la vittoria al talent show si è conquistato la partecipazione fra i big al festival proponendo “Credimi ancora”. Marco, terzo posto della classifica finale. Una gran bella soddisfazione. Come ti senti? «Sono veramente contento, non avevo aspettative particolari e sto godendo questo momento. Essere arrivato sul podio è veramente un grande risultato».

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In pochi mesi la tua vita artistica è cambiata radicalmente. «Se penso che nemmeno un anno fa guardavo “X-Factor” in tivù, votando Noemi e i Bastard, guardavo da casa il Festival, ed ora al presente sono salito sul palcoscenico del teatro Ariston... è bellissimo». Che carattere hai? «Fino ai 14 anni ero timidissimo, poi ho chiesto ai miei genitori di poter lavorare come cameriere e barista. Questo Marco Mengoni mi è servito molto, sono andato a vivere da solo. Bisogna amarsi, ognuno di noi è unico e i difetti preferisco girarli in modo che diventino positivi. Devo però dire che sono un po’ narciso, mi amo abbastanza». Molti hanno dei preconcetti sui ragazzi che partecipano ai reality... «Da qualunque reality o accademia esca un giovane, sono tutte persone e artisti che lavorano già da tempo, le critiche sono ingiuste». Quali sono i tuoi gusti musicali? «Mi piace soprattutto il gruppo che ha rivoluzionato la musica ovvero i Beatles. Riguardo alla voce mi riconosco nel mondo del black-music e del soul». Hai ricevuto i complimenti da Mina e Celentano... «Sono pilastri della musica italiana e questo mi lusinga molto». Il periodo è quindi positivo? «Faccio quello che io amo e quindi sono sereno. Esce ora il mio CD “Re matto”». Morgan ha detto che la canzone di Sanremo ha contribuito a scriverla anche lui. «Mi dispiace, ma la canzone è partita da me e l’ho scritta io, ma non voglio fare polemiche, è così e basta». (g.f.)

Fabrizio Moro: «O questa o niente» Il successo di Fabrizio Moro è stato uno dei fenomeni più eclatanti tra le ultime edizioni della rassegna canora. Il Festival di Sanremo vinto nella sezione Giovani nel 2007 con il brano“Pensa” gli ha permesso di vincere tantissimi premi e soprattutto il riconoscimento della sua qualità di artista che nei primi anni di attività ha incontrato molto difficoltà. Fabrizio non si è mai perso d’animo e lavorando come qualsiasi persona ha continuato a credere di poter dire Fabrizio Moro la sua nel mondo della musica. Nel 2008 è ritornato a Sanremo con “Eppure mi hai cambiato la vita” classificandosi al terzo posto e nel pubblica l’album “Barabba”. Fabrizio, la canzone del 2010 “Questa è la mia vita”, è scanzonata nel ritornello ma anche molto dura nel testo. «A volte sei costretto a presentare una canzone che non ti rappresenta, perché non hai la personalità per imporre la tua opinione e sei costretto a subire da parte del produttore artistico e della casa discografica. Questa canzone è una scelta voluta, ho detto: o questa o niente. Ho fatto un po’ come mi pare». Con la canzone di Sanreno esce il nuovo album “Ancora Barabba”. «Un album che contiene più rock, ma anche con delle parti acustiche. Ho usato i fiati e l’elettronica e ho avuto più tempo per sperimentare. I testi sono soprattutto d’amore ma riguardano anche temi sociali. Cerco sempre di fotografare la realtà che mi circonda anche se non mi piace, ma per fortuna c’è la musica. Il disco risente della serenità della mia vita, che ho conquistato a pieno dopo essere diventato padre». Dopo tanti anni sei sempre molto timido nelle interviste. «Ho difficoltà ad esprimermi a parole, sul palco mi faccio apprezzare e questo nel contatto con il pubblico; suono principalmente nelle piazze e mi diverto molto. Trovi di tutto, che ti conosce e chi no, e mi piace che dopo qualche canzone le facce dei più diffidenti poi si trasformino. Ma resto sempre timido». Cos’è la libertà per un artista come te? «Oggi per me la libertà è riuscire a fare il lavoro che amo». (g.f.)

Tony Maiello, ecco la Nuova Generazione È Tony Maiello il vincitore di Sanremo nella categoria dei giovani, quest’anno denominata “Nuova generazione”. Nella prima edizione di “X-Factor” arriva in finale al quarto posto; il suo primo contratto discografico è con l’etichetta “Non ho l’età” di Mara Maionchi e Alberto Salerno. A Sanremo 2010 il brano proposto e vincente è “Il linguaggio della resa”. Abbiamo incontrato Tony subito dopo la vittoria, in un bar del centro.

Com’è stata la tua esperienza sul palco? «Ero molto concentrato e volevo trasmettere la mia emozione al pubblico, sono stato applaudito tre volte e questo è un bel segno. Nella premiazione invece sono entrato piangendo».

Senti, proprio durante la nostra intervista la radio sta trasmettendo Tony, le tue emozioni a caldo? la tua canzone... «Un traguardo importantissimo, una bellissima «È bellissimo, è la prima volta che Tony Maiello soddisfazione per questi due anni di lavoro che mi la sento». hanno portato fino a qui. C’è ancora tanto da fare e ho voglia di crescere, ma una vittoria così mi ripaga Come la definisci? delle continue sperimentazioni e delle notti insonni. «È una canzone che incornicerò, l’ho scritta a Ringrazio il pubblico e tutto il mio staff: Mara, Alberto, novembre senza pensare al Festival. Parla di una Camilla, Giulia e Manuel». introspezione, di un silenzio, di uno stato d’animo

dopo una delusione, dopo la fine di una storia. Chi si nasconde nel silenzio non è un debole, ma forse impara ad ascoltare, ad andare avanti e buttarsi tutto dietro alle spalle. Il messaggio è positivo». Com’è stato il rapporto con gli altri giovani partecipanti? «Molto buono, ci siamo abbracciati prima di conoscere l’esito finale, tra di noi nessuna competizione cattiva». Il futuro comincia ora. «Puoi proprio dirlo, è appena uscito l’album che porta il titolo della canzone del Festival, preparo un tour, ho tanta voglia di dimostrare la mia personalità artistica». (g.f.)


SPECIALE SANREMO

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Intervista alla trionfatrice della categoria giovani del 2009

ARISA

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di Giuseppe Facchini

le in questa giostra sconosciuta del Festival. Ora credo di più in quel che faccio. Non dovevo fare centro per forza anche questa volta, ma è una canzone che appartiene al mio mondo e sulla quale credo molto. C’è una coerenza rispetto a quello che dico e a quel che faccio. La mia è una cultura musicale di tipo swing, amo il Trio Lescano e il Quartetto Cetra e in questo sono piuttosto originale».

opo la vittoria lo scorso anno nella categoria giovani, ritorna al festival anche Arisa, e questa volta tra i big. La cantante lucana, dopo la canzone allegra e orecchiabile “Sincerità”, si riconferma nel 2010 con “Malamorenò” scritta dal fidanzato Giuseppe Anastasi. Arisa, qual è il messaggio della tua canzone? «Vivere il presente con amore, questo è il mio invito. Solo l’amore alla fine ci salverà. Tutto può finire, ma l’amore no, contro i pregiudizi come l’ignoranza e la paura». Anche questa volta sei stata originale con un brano dal gusto retrò Trio Lescano.

Arisa in una divertente posa

«Anche sul palco con la presenza delle sorelle Martinetti ho voluto fare uno spettacolo vero, completo, come si faceva una volta. Oggi nel piattezza generale, se un artista vuole fare spettacolo, e vuole “vestire” la

canzone , allora viene giudicato male; io voglio fare divertire il pubblico». Le differenze rispetto al debutto dello scorso anno? «L’anno scorso ero inconsapevo-

Anche i tuoi concerti hanno avuto un riscontro positivo. «Sì, è la dimensione a me preferita. In tutta Italia sono stata accolta bene, anche se a Forlì mi sono beccata un pomodoro. Mi piace essere ritornata qui a Sanremo, e pensare che quasi volevo abbandonare il sogno di dedicarmi alla carriera di cantante. Ma per fortuna lo scorso anno è cambiato tutto».

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«Voglio far divertire il pubblico»


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Un saluto ai lettori de La Finestra...

Arisa

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Tony Maiello

Povia

Malika Ayane Emanuele Filiberto

Marco Mengoni

Fabrizio Moro

Nicolas Bonazzi

Mattia de Luca


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STORIA

Un suono che viene da lontano

Lorenzo Costa Il concerto

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di Johnny Gadler Il flauto, primo strumento musicale Il primo strumento musicale realizzato dall’uomo sembra sia stato il flauto. In alcuni siti archeologici della Francia, dell’Europa orientale e della Russia, sono stati rinvenuti, infatti, flauti traversi simili a fischietti la cui collocazione cronologica appare compresa tra i 15 mila e i 25 mila anni fa. Questi rudimentali strumenti, realizzati con ossa d’uccello, di renna o d’orso, presentano una serie di fori che non lasciano dubbi circa il loro impiego. L’uomo del Paleolitico superiore, insomma, già sapeva ottenere dei suoni modulati che eseguiva per motivi non del tutto chiari, forse anche ragioni propiziatorie se non addirittura divinatorie. La prima canzone risale al 1400 a.C. Una tavoletta rinvenuta in uno scavo ad Ugarit, nel nord della Siria, ci consegna quella che può ritenersi la prima canzone della storia. Il brano, risalente al 1400 a.C., è stato pazientemente decifrato dagli archeologi che, nel 1976, decisero di inciderlo su disco, dal titolo Sounds from Silence (Suoni dal silenzio), accompagnandolo con un libretto che illustrava l’origine e le circostanze della scoperta di quella canzone che, a detta di tutti, non dimostrava affatto di avere oltre 3300 anni di vita. Professionisti già nell’antico Egitto Il primo complesso musicale di cui siamo a conoscenza risale addirittura al IV millennio a.C. e si trova raffigurato su un sigillo rinvenuto nel sito archeologico iraniano di Chogha Mish. Non

La musica nel mondo antico Il primo strumento musicale risale a 25 mila anni fa, mentre la prima canzone si può datare al 1400 a.C. Ecco una breve storia della musica nel mondo antico.

sappiamo, ovviamente, se si trattasse di musicisti professionisti, come è invece possibile attestare in Egitto a partire dal Regno Nuovo (1500-1000 a.C.). Presso gli Egizi i musicisti godevano della massima stima da parte dei faraoni. Gli strumenti maggiormente suonati eranoarpe, lire, doppi oboi, flauti, liuti, raganelle e tamburelli. Lo strumento a percussione più in voga, tuttavia, fu il sistro, documentato fin dal 2500 a.C. e impiegato soprattutto nel culto

Donna romana che suona la cetra

di Iside con una funzione pressoché analoga a quella che avrà la campanella nella tradizione cattolica. Gli Egizi furono anche i primi a realizzare trombe in metallo. Gli Inni di Apollo La musica rappresentò uno degli aspetti principali dell’aggregazione sociale anche degli antichi Greci. Alla base dell’educazione dei giovani di Atene, ma anche di Sparta, vi era l’apprendimento della lira, della danza leggera e del canto. Matrimoni e funerali, raccolti e vendemmie, banchetti e combattimenti, erano occasioni in cui non mancavano mai i concerti musicali, come ci testimoniano molti dipinti su vasi risalenti al V secolo a.C., senza contare, poi, i brani che accompagnavano le opere teatrali. Nel 1893 alcuni archeologi rinvennero a Delfi – dove sorgeva un grande santuario dedicato ad Apollo, inventore della lira e signore delle Muse - due lastre di pietra che recavano incisi degli inni composti proprio in onore di quel dio nel II secolo a.C. La decifrazione di questi, come di altri spartiti, è stata resa possibile soprattutto dalla diligenza di Alipio che, tra i secoli III e IV d.C., provvide ad una fedele trascrizione delle note musicali dei Greci, a cui aggiunse un minuzioso elenco di simboli e di significati. Gli Etruschi, pazzi per la musica La civiltà etrusca mutuò l’amore per la musica dai Greci, connotandolo però di significati assai lontani dalla tradizione greca e talvolta giudicati addirittura aberranti dagli ellenici. Sappiamo, ad esempio, che il filosofo greco Aristotele biasimò non


STORIA

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poco, ritenendolo segno di debolezza, l’uso tutto etrusco di suonare il flauto durante gli incontri di pugilato, quando si frustavano i servi per punizione e finanche mentre s’impastava il pane. Eppure la motivazione di questa bizzarra usanza era molto semplice: dettare il ritmo a chi combatteva, frustava o impastava; un po’ come oggi accade nel canottaggio con il timoniere che scandisce le vogate ai rematori. In Etruria, come peraltro avveniva in Grecia, la musica allietava i banchetti, accompagnava i danzatori, incitava le truppe nei combattimenti, segnava, insomma, i momenti più significativi della vita sociale di quel tempo. A farla da padrone era soprattutto il flauto che serviva anche nelle battute di caccia. Canti e balli nell’Urbe Come per altre espressioni culturali pure la musica giunse a Roma per diretta influenza etrusca, anche se nell’Urbe quest’arte non rivestì quella missione pedagogica che invece svolse altrove. In Grecia imparare a suonare la lira costituiva una delle basi dell’educazione. A Roma i tradizionalisti la pensavano ben

I musici di Michelangelo Merisi da Caravaggio

diversamente. Lo scrittore Macrobio, ad esempio, attribuisce a Scipione Emiliano, vissuto nel II secolo a.C., le seguenti parole: «Sono indecenti forme di esibizione quelle che i nostri giovani si fanno insegnare. Vanno nelle scuole degl’istrioni in compagnia di ballerini spudorati; portano pifferi e strumenti a corda, e vi imparano a cantare; questo sono cose che i nostri antenati considerarono sempre disonorevoli per giovani di na-

Giovanni Gabrieli

scita libera». Ciò non toglie, comunque, che la musica, già in età repubblicana, fosse diffusa e apprezzata anche a Roma con finalità rituali, militari, nonché per puro diletto. Sappiamo, ad esempio, che per i sontuosi banchetti dei ricchi spesso venivano ingaggiati, con lautissimi compensi, artisti davvero sopraffini nel suonare la cetra (lyristae) o nel canto (choraules). Se in età repubblicana si riteneva sconveniente che un uomo si dedicasse alla danza e alla musica, in epoca imperiale i costumi mutarono. Svetonio ci descrive l’imperatore Caligola impegnato in canti e balli forsennati, mentre Nerone, a dispetto della sua proverbiale crudeltà, amava suonare la cornamusa e l’organo. Quest’ultimo strumento a Roma ebbe largo utilizzo dal II secolo d.C. in occasione di cerimonie di stato, banchetti e matrimoni, ma anche in teatri e anfiteatri durante i giochi, i circhi, i cortei e i famosi combattimenti dei gladiatori. Oggi, in nuove arene e su ben altri palcoscenici, la musica continua a scandire il corso dell’umanità.

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Un suono che viene da lontano


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ESTERI

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La minaccia di una nuova potenza nucleare

IRAN

Gioco pericoloso La cosiddetta «questione iraniana» è di gran lunga la più spinosa delle questioni sul tavolo della diplomazia internazionale. Con scenari da brivido, perché nessuna delle due soluzioni ventilate è seriamente percorribile.

I

di Francesco Grosso nasprire le sanzioni contro l’Iran? Favorire, in sede ONU, l’insorgenza di un fronte comune, che induca il regime iraniano a più miti consigli? O, al contrario, incrementare il dialogo, far buon viso a cattivo gioco, per scongiurare la minaccia della nascita di una nuova potenza nucleare? Tempo perso, in ogni caso, secondo Daniel Pipes, autorevole politologo internazionale, da sempre molto ascoltato nelle stanze che contano a Washington: «Forse cinque anni fa sarebbe servito a qualcosa; oggi no. Le alternative sono due: accettare che Teheran possieda armi nucleari, oppure distruggere preventivamente i suoi impianti». Viene proprio da augurarsi che – per una volta – Pipes sia in errore. Nessuna delle due

ipotesi ventilate è seriamente percorribile. L’arma assoluta – ogive nucleari, anche rudimentali, montate su missili la cui gittata può raggiungere i duemila chilometri – nelle mani degli ajatollah destabilizzerebbe il Medio Oriente e, per inevitabile contagio, il mondo intero. Senza contare che la neo-Potenza sarebbe in grado di minacciare un’altra Potenza nucleare, quello Stato di Israele che l’attuale Presidente iraniano ha più volte dichiarato di voler cancellare dalla carta geografica. Da anni i due Paesi, divisi da odio reciproco, non hanno relazioni diplomatiche: la possibilità, dunque, che il cosiddetto equilibrio del terrore (che aveva retto durante la Guerra Fredda e aveva risparmiato al mondo l’incubo della distruzione totale) possa essere spezzato sarebbe

tutt’altro che peregrina. D’altra parte, anche la soluzione che Pipes caldeggia (l’azione militare preventiva: un attacco aereo volto a distruggere gli stabilimenti e i laboratori all’interno dei quali gli scienziati iraniani si avvicinano giorno dopo giorno alla Bomba) sarebbe foriera di sconquassi. Molto probabilmente (miracolo dei bombardamenti chirurgici…) il primo missile caduto nei dintorni di Teheran manderebbe in frantumi tutta la simpatia che milioni di iraniani, soprattutto giovani, provano per l’occidente: i settori più radicali del regime avrebbero gioco facile nell’estremizzare le posizioni della maggioranza dei cittadini; l’opposizione al regime (quei ragazzi e quelle ragazze che nell’estate scorsa sono stati massacrati sui marciapiedi della capitale dalle squadracce governative) sarebbe additata come una sorta di quinta colonna del Nemico, e definitivamente messa a tacere, se non annientata del tutto. L’Iran potrebbe ovviamente rispondere militarmente all’attacco, e scatenare offensive terroristiche nel Medio Oriente e in Europa, oltre che provocare un vero e proprio conflitto con Israele che, come già sottolineato, è geograficamente alla portata dei suoi vettori. Gravissime, inoltre, sarebbero

Sopra: Daniel Pipes, docente universitario e giornalista statunitense, specializzato in politica internazionale e antiterrorismo. A sinistra: momenti di tensione a Teheran

Punteggio alto o sfacciatissimo bluff? La partita continua, e c’è solo da augurarsi che nessun giocatore si comporti in modo tanto dissennato da far saltare il banco. le conseguenze sul piano economico: l’Iran inibirebbe la navigazione nello Stretto di Hormuz (sbocco del Golfo Persico, per il quale passa almeno un terzo del petrolio di cui necessita l’Occidente), e il prezzo del greggio raggiungerebbe vette mai eguagliate, con inevitabili ricadute sulla già provata economia mondiale. Sono evidentemente scenari da brivido; la cosiddetta «questione iraniana» è di gran lunga la più spinosa delle questioni sul tavolo della diplomazia internazionale. I progressi tecnologicomilitari del regime sono sotto gli occhi di tutti, anche se analisti più cauti, magari lontani dalla visione ideologica di Pipes, sostengono che l’Iran sia ancora lontanissimo dalla Bomba. Per produrre ordigni atomici occorre possedere uranio arricchito al 90%, e non esistono, a tutt’oggi, prove che il processo di arricchimento nei laboratori iraniani sia andato oltre il 5%. Dunque? Punteggio alto o sfacciatissimo bluff? La partita continua, e c’è solo da augurarsi che nessun giocatore si comporti in modo tanto dissennato da far saltare il banco.


FOCUS

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G.P.L. per un’energia pulita

C

Molteplici applicazioni L’impiego del gas negli ambienti civili, industriali, agricoli e floricoli è sempre più diffuso e va dall’uso civile per la cottura dei cibi alla produzione di calore ed acqua calda sanitaria, ai vari impieghi nel campo dell’industria e dell’agricoltura, per tutte le attività per le quali necessita

Energia Pulita. Lo sviluppo nell’ambiente civile è ancora in atto: crescono infatti gli impianti canalizzati per i paesi e le frazioni dell’entroterra, mentre gli impianti centralizzati in residence e condomini hanno raggiunto ormai un numero considerevole. Le caratteristiche del G.P.L., che lo fanno preferire ad altre fonti energetiche, possono essere così schematizzate: - facilità di trasporto e distribuzione; - possibilità di stoccaggio in serbatoi installabili anche in posti

poco accessibili; - elevato rendimento calorico; - pluralità e varietà dei suoi impieghi, come: riscaldamento, produzione di acqua calda. - cottura dei cibi e condizionamento dell’aria. G.P.L. per uso civile Nell’ambito civile e in particolare in quello domestico, l’utilizzo di G.P.L. in serbatoi con capienza variabile da 1000 a 5000 lt., da interro e da esterno, è sicuramente la soluzione più conveniente e sicura per tutti i suoi svariati utilizzi; dalle abitazioni unifamiliari, ai grandi complessi, fino ai campeggi, ho-

tel, ospedali e grandi comunità. Industriale Il G.P.L. in campo industriale, agricolo e della zootecnia, rappresenta la sicura soluzione per garantire competitività, economia e sicurezza. Defiscalizzato L’uso di G.P.L. defiscalizzato, che consiste nella riduzione dell’imposta di fabbricazione del 90%, offre enormi vantaggi; permette infatti alle aziende, che rientrano nelle condizioni previste dalla legge, di usufruire di un grosso risparmio di costo energetico.

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on la sigla G.P.L. (gas di petrolio liquefatti) vengono indicati quegli idrocarburi gassosi a temperatura ordinaria che, sottoposti a basse pressioni, diventano liquidi e pertanto possono essere manipolati, stoccati e trasportati. Sono essenzialmente idrocarburi costituiti da molecole contenenti 3 o 4 atomi di carbonio, propano, butano e derivati, con piccole frazioni di idrocarburi costituiti da molecole contenenti 2 o 5 atomi di carbonio, etano, pentano e derivati.


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POLLICE VERDE

L’8 marzo arriva la festa della donna

La mimosa: il simbolo delle donne

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Può essere un cocktail rinfrescante, oppure una torta farcita. È un nome femminile, ma anche l’appellativo con cui si identifica la stella Becrux della costellazione della Croce del Sud e pure un asteroide. Ma tutti la conoscono come pianta, simbolo delle donne per antonomasia...

O

gni anno circa 15 milioni di ramoscelli di mimosa, splendidi e profumati, vengono regalati a mogli, fidanzate ma anche a parenti e colleghe in occasione della “Festa della donna”. I ramoscelli di mimosa non rappresentano solo un bel pensiero ma anche un gesto di grande valore ambientale perché la coltivazione di questo prezioso fiore – spiega la Coldiretti - è realizzata con tecniche eco-compatibili soprattutto nei tipici terrazzamenti della Liguria che si affacciano sul mare,

altrimenti destinati al degrado e all’abbandono. È nel 1946 che la mimosa diviene il simbolo della festa della donna perché sboccia in questo periodo e assume il significato di autonomia e libertà. Un fiore che dietro una fragilità apparente mostra una grande forza con la capacità di crescere anche in terreni difficili. Per conservare l’omaggio si consiglia di tagliare quanto prima gli steli che devono rimanere per due ore in acqua pulita e inacidita con due gocce di limone. Vanno quindi collocati in piena luce e mantenuti in ambiente fresco e umido perché la mimosa rilascia molta acqua at-

traverso la traspirazione e bisogna evitare che la grande perdita di liquidi faccia seccare rapidamente il fiore. La mimosa è coltivata in Italia da circa duemila imprese su una superficie di quasi 600 ettari di terreno, concentrati soprattutto, come detto, in Liguria. Dal punto di vista botanico si tratta in realtà un’acacia dealbata, arbusto sempreverde originario delle zone tropicali, che insieme al genere della mimosa appartiene all’unica famiglia delle Leguminose. Le varietà più diffuse sono la Floribunda e la Gaulois che è più rigogliosa. Le foglie di mimosa, composte da tante foglioline verde chiaro, in

caso di pericolo (per esempio se vengono sfiorate o la temperatura supera i 20 gradi) si ritraggono, ed è per questo particolare atteggiamento che ha preso il nome scientifico “mimus”, dal latino attore mimico. La mimosa venne introdotta in Europa intorno al 1820 e con il passar del tempo riuscì ad adattarsi molto bene al clima italiano, soprattutto nelle zone temperate come la Liguria. Nei paesi d’origine come Sud America e Australia dove è considerata fiore nazionale, la mimosa raggiunge i 30 metri di altezza, in Europa, invece, al massimo 10 metri.


Addio senza rimpianti alla vecchia lampadina All’inizio non fu un successo, anzi. Il suo inventore la provò e riprovò più di mille volte. E non si diede mai per vinto, esclamando: «Non ho fallito. Ho solamente scoperto milleseicento soluzioni che non funzionano». E alla fine ci riuscì davvero. Thomas Edison nel 1880 brevettò la lampadina.

A

nche le grandi invenzioni devono adeguarsi ai tempi. Così la vecchia e cara lampada con filamento al tungsteno di Edison, dopo 130 anni di onorato servizio, se ne sta andando in pensione. In maniera graduale, certo, ma inesorabile. La Commissione europea, infatti, con la Direttiva 2005/32/CE ha previsto la progressiva messa al bando delle tradizionali lampade a incandescenza rispettivamente per gli usi domestici, l’illuminazione stradale, uffici e industrie, a partire già dal 1° settembre 2009 e fino al settembre 2012. Le lampade con riflettore integrato saranno oggetto di una seconda direttiva che entrerà in vigore nel settembre del 2010. La direttiva Ue, inoltre, prevede che

la dicitura “a risparmio di energia” venga applicata solo ai prodotti con classe di efficienza energetica A. In un futuro ormai prossimo con l’ausilio di pittogrammi, le confezioni dei prodotti a risparmio di energia forniranno informazioni molto chiare sulla potenza, sulla classe di efficienza energetica, sulla tonalità di luce e molto altro ancora. Sempre a vantaggio del consumatore, la direttiva definirà anche i requisiti minimi di qualità delle lampade. La nuova direttiva non vieta ai consumatori di utilizzare le lampade a incandescenza, bensì regolamenta esclusivamente la vendita. Nessun obbligo, quindi, di sostituire le lampade a incandescenza già in uso nell’ambiente domestico, anche se sarebbe consigliabile farlo già da subito per risparmiare energia e

rispettare l’ambiente. Di certo le vecchie lampade non saranno più in commercio e sarà quindi inevitabile, in caso di sostituzione, acquistare lampade a efficienza energetica. È vero che i prodotti a efficienza energetica sono, all’atto dell’acquisto, più costosi ma, nella maggior parte dei casi, grazie al significativo risparmio energetico, si ripagano già dopo un anno. Esistono tre tipologie di prodotti che possono sostituire le lampade a incandescenza: le lampade ad

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alogeni a risparmio di energia, che risparmiano fino al 30% di energia, quelle fluorescenti compatte, che risparmiano fino all’80% di energia, e quelle a Led con un risparmio fino all’85% di energia. Poiché le lampade a efficienza energetica producono lo stesso flusso luminoso delle lampade a incandescenza, consumando meno elettricità, è necessario prendere nota delle potenze corrispondenti. In Italia la sola messa al bando delle lampadine a incandescenza permetterebbe di tagliare circa 3 milioni di tonnellate di CO2 e di risparmiare 5,6 miliardi di chilowattora all’anno, pari all’energia prodotta da una centrale termoelettrica di 1000 MW. Una misura a costo nullo per lo Stato, con benefici economici per i consumatori pari a circa 1 miliardo di euro all’anno: un contributo importante per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei gas ozono-lesivi fissati dal Protocollo di Kyoto.

Lamp. a incandescenza Lamp. ad alogeni 25 W 18 W 35 W/40 W 28 W 60 W 42 W 75 W 52 W 100 W 70 W 150 W 105 W

Lamp. fluorescente compatta* 5W 7W 11 W 15 W 20 W 30 W

* Potenze indicative: sono ammesse tutte le lampade fluorescenti compatte con classe di efficienza energetica A, anche se di potenza diversa da quelle indicate in tabella.

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CASA


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SCIENZA E RICERCA

Sorprendente indagine del Censis

Gli italiani affermano: «curiamo anche i clandestini »

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I

taliani razzisti? Non si direbbe proprio stando ai dati che emergono da una recente indagine condotta dal Censis che evidenzia come, in fondo in fondo, davanti alle emergenze possiamo ancora definirci “italiani, brava gente”. Infatti c’è un aspetto del rapporto con gli immigrati che mette d’accordo quasi tutti gli italiani: garantire sempre e comunque agli stranieri i trattamenti e le cure del Servizio sanitario nazionale. Più dell’80% degli italiani ritiene che anche gli immigrati clandestini o irregolari debbano avere accesso ai servizi sanitari pubblici. Il 65,2% degli intervistati ritiene che la tutela della salute sia un diritto inviolabile, quindi curare tutti è un atto di

solidarietà irrinunciabile. Una scelta valoriale, dunque, che prevale in modo trasversale nel territorio nazionale e nel corpo sociale. È l’opinione soprattutto dei residenti nelle regioni del Mezzogiorno (quasi il 74%) e dei laureati (quasi l’80%). Risalendo la penisola diminuisce la quota di intervistati che parlano della salute come diritto irrinunciabile per tutti, mentre aumentano quelli convinti che occorre assicurare la sanità

Immigrato clandestino

Immigrati sbarcano sulle coste italiane

anche ai clandestini e agli irregolari perché altrimenti ci sarebbe il serio rischio di epidemie incontrollate. Meno del 20% degli italiani è contrario a garantire l’accesso al Servizio sanitario nazionale a clandestini e irregolari. Si tratta di poco più del 24% dei residenti al Nord-Ovest, del 24,8% delle persone con

basso titolo di studio, di oltre il 24% di chi vive nelle grandi città, con più di 250 mila abitanti. Solo per il 13% degli intervistati, clandestini e irregolari non hanno diritto alla sanità perché non pagano le tasse; per poco più del 5% perché fanno aumentare in modo insopportabile i costi della sanità.

Ecco il nuovo Thesaurus etrusco

LINGUA MORTA, MA DI VIVO INTERESSE È una lingua morta da oltre duemila anni, ma l’interesse per questa civiltà è tuttora molto vivo e continuamente oggetto di studio per gli storici. Stiamo parlando degli Etruschi, un popolo che si affermò nell’Italia antica tra l’VIII e il I secolo a.C. Sapete come si diceva in etrusco “figlio”? Clan. E figlia? Sekh. Piatto? Spanti. Per un secco no, dovremmo invece rispondere ein. La lingua di questa affascinante civiltà emerge dal mistero in cui è stata avvolta per secoli. Le più recenti ricerche archeologiche, filologiche ed epigrafiche hanno consentito il raggiungimento di grandi traguardi nella comprensione della sua struttura e dei suoi vocaboli. Agli ottomila lemmi pubblicati nella prima edizione del ‘Thesaurus linguae etruscae’ del 1978 da Massimo Pallottino, padre degli etruscologi italiani, se ne sono ora aggiunti cinquemila nella seconda edizione, curata con un nuovo approccio critico da Enrico Benelli, ricercatore dell’Istituto di studi sulle civiltà

del Mediterraneo antico (Iscima) del Consiglio nazionale delle ricerche. «Le nuove acquisizioni - spiega Benelli - si devono al fatto che gli studi, a partire dagli anni ‘70, non solo sono aumentati, ma si sono estesi anche territorialmente interessando aree nuove. Se fino agli anni ‘50 il bacino di provenienza dei reperti e delle testimonianze era limitato all’Etruria settentrionale, corrispondente alle province di Grosseto, Arezzo, Siena e Perugia, nei decenni successivi, le indagini si sono allargate all’Etruria meridionale (viterbese e parte dell’Umbria) ricca di testimonianze dal settimo al quarto secolo a.C.». Le parole raccolte nel Thesaurus sono perlopiù nomi di persona e termini tratti dal lessico funerario e sacro. Grazie ai rinnovati studi è stato possibile sciogliere alcuni nodi cruciali nella comprensione dell’etrusco: la struttura dell’idioma, individuando verbi, aggettivi e i principali elementi grammaticali e la pronuncia.

«L’etrusco - conclude Benelli - ha un alfabeto di 24 lettere, prevede l’uso di più morfemi, quali singolare, plurale, caso; ha una struttura molto diversa dalla maggior parte delle altre lingue parlate in Italia e nel bacino del Mediterraneo e pur non avendo un’origine indoeuropea, fu influenzato dagli idiomi dei popoli indoeuropei confinanti in area sabina ed umbra».


ARTE E DINTORNI

entre è impegnato a cingere d’assedio la città di Betulia, Oloferne, generale al servizio del re di Babilonia Nabuccodonosor, s’invaghisce di una fanciulla ebrea, Giuditta. Quest’ultima, per salvare la Giudea dal dominio degli Assiri, invocando l’aiuto divino compie un gesto di gravità estrema: uccide Oloferne, decapitandolo con una spada. Siamo nel 1470 circa, quando il fiorentino Sandro Botticelli dipinge una Giuditta di pregevole fattura, rispondente però più a una bellezza ideale che alla tragicità dell’azione di cui la donna è protagonista (fig. 1). Non c’è dramma, né pentimento, né tanto meno esaltazione nella scena: Giuditta avanza con passo incerto, brandendo l’arma del delitto e un ramoscello d’olivo, simbolo della pace. Dietro l’ancella che con una mano sorregge sul proprio capo la testa mozzata di Oloferne. Botticelli ha rappresentato il fatto già compiuto, senza pathos né sentimenti particolari. Tutto accade al di là del tempo della storia e dello spazio del paesaggio, in una dimensione non reale, bensì puramente ideale o allegorica. Nel 1509 Giuditta e Oloferne furono dipinti da Michelangelo Buonarroti in uno dei pennacchi angolari della Cappella Sistina a Roma (fig. 2). Anche in questo caso il pittore rappresenta l’episodio biblico nel suo ineluttabile epilogo. Qui, però, non solo manca l’arma del delitto (la spada), ma Giuditta viene addirittura ritratta di schiena, quasi a voler celare l’identità dell’eroina perché nella visione etica del mondo michelangiolesco l’omicidio,

fig. 2 - Giuditta e Oloferne rappresentati da Michelangelo

fig. 4 - La Giuditta di Artemisia Gentileschi

Giuditta

fig. 3 - Giuditta e Oloferne del Caravaggio

Quattro modi per far perdere la testa Giuditta, personaggio dell’Antico Testamento, fu un’eroina cui guardarono con ammirazione artisti e poeti d’ogni tempo. sebbene compiuto per nobili fini, rimane pur sempre un omicidio e anche i rei meritano pietà. Proprio la stessa che traspare dal gesto di Giuditta che copre la testa di Oloferne – secondo alcuni un autoritratto di Michelangelo – con un velo candido. Niente a che vedere, insomma, con la Giuditta e Oloferne dipinta dal Caravaggio quasi un secolo dopo in epoca barocca. (fig. 3). Abituato alle risse e accusato pure di un omicidio, a Caravaggio non risultò di certo difficile rappresentare la scena del racconto biblico nel suo momento topico, ossia l’uccisione di Oloferne. La

scena è indubbiamente cruenta. Eppure appare svuotata di ogni drammaticità. Il drappo rosso che si staglia dal nero del fondo suggerisce un contesto quasi teatrale; le due donne agiscono meccanicamente, senza sentimento, come se fossero le casuali protagoniste di un evento che non le riguarda minimamente ma che comunque deve accadere e puntualmente accade in un istante che, sulla tela, diventa eterno. Di sicuro aveva in mente quest’opera Artemisia Gentileschi (1593-1651) quando tra il 1612 e il 1613 realizzò la sua Giuditta (fig. 4). Una versione che indub-

biamente riprendeva la lezione caravaggesca, però superandola. Mentre in Caravaggio, ad esempio, il pur copioso fiotto di sangue che schizza dal collo di Oloferne non emoziona più di tanto, quasi fosse fragola, nell’opera della Gentileschi le dense chiazze rossastre di cui sono intrise le lenzuola paiono molto realistiche e impressionano davvero. Qui Oloferne, sebbene colto nel sonno e annebbiato dall’alcol, compie un disperato tentativo di difesa; Giuditta e l’ancella non sono più le fredde protagoniste di un’azione predeterminata che accade perché così deve essere, ma diventano le spietate artefici di un’uccisione premeditata, che avviene perché così si vuole che sia. Un omicidio vero e proprio, quindi, al quale le due donne partecipano con veemenza inaudita, quasi compiacendosi della breve agonia di quell’uomo, senza mostrare alcun segno di pentimento o di pietà. Perché, verrebbe da chiedersi, tanta partecipazione nel compiere l’arduo gesto? La risposta arriva dalla storia o, per meglio dire, dalla cronaca dell’epoca. Sappiamo, infatti, che nel 1611, dunque un anno prima della realizzazione di questo dipinto, Artemisia Gentileschi era stata violentata da un certo Agostino Tassi. E, guarda caso, Oloferne assume proprio le sembianze dello stupratore, mentre Giuditta assomiglia molto – troppo per essere una pura coincidenza - alla Gentileschi. Ecco allora che l’arte diventa un mezzo per esorcizzare i propri incubi, per vendicarsi dei soprusi subiti e per consegnare il violentatore non ad un tribunale reale ma al giudizio della storia, le cui condanne sono sempre eterne. (j.g.)

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fig. 1 - Giuditta dipinta da Botticelli

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MOSTRE

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“DALLA SCENA A CAPOLAVORI AL MART

Il teatro e la scena come chiavi di un’inedita lettura per raccontare il cammino della pittura verso la modernità. Ecco l’affascinante viaggio della mostra “Dalla scena al dipinto. La magia del teatro nella pittura dell’Ottocento. Da David a Delacroix, da Füssli a Degas” allestita presso il Mart di Rovereto.


MOSTRE

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AL DIPINTO” Qui sotto: Previati, Paolo e Francesca, 1887. Olio su tela, cm 98 x 227. Bergamo, Accademia Carrara Sullo sfondo: Joseph Wright of Derby, Romeo e Giulietta, 1790. Olio su tela, cm 177,8 x 241,3. Derby, Derby Museum and Art Gallery

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n continuo dialogo tra teatro e pittura, che conduce il visitatore dalla fine del Settecento alle soglie del Ventesimo secolo. È questo, in estrema sintesi, il contenuto culturale della mostra “Dalla scena al dipinto” allestita presso il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Rovereto. Un progetto nato grazie al sostegno speciale del Musée d’Orsay di Parigi, frutto ancora una volta

della collaborazione tra il Mart e due importanti istituzioni internazionali, il Musée Cantini di Marsiglia e l’Art Gallery of Ontario di Toronto. Con questo allestimento il Mart completa e approfondisce i temi che furono al centro dell’esposizione La Danza delle Avanguardie (dicembre 2005maggio 2006), una mostra che percorreva tutto il ‘900 in ambiti contigui, il teatro di danza e la pittura, e che ha avuto un notevolissimo riscontro di critica e di pubblico.

Questa nuova esposizione è un’occasione davvero unica per poter ammirare, per la prima volta in Italia, alcuni dei capolavori dipinti dai migliori pittori europei dell’Ottocento, da Jacques-Louis David a Eugène Delacroix, da Jean-Auguste-Dominique Ingres a Edgar Degas, per ricordane solo alcuni, tutti artisti affascinati dalla magia del teatro, che hanno riportato nelle loro tele molte suggestioni ispirate sia ai temi letterari delle più rappresentate tragedie o dei più magnificati melodrammi del


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MOSTRE

tempo, sia derivate dalla gestualità, dalle ambientazioni scenografiche e soprattutto dalla prospettiva illusionistica di quel mondo. Queste opere, messe tra loro a confronto, sono la chiara evidenza di come lo stretto rapporto tra pittura e teatro abbia avuto tra i suoi esiti più significativi quella “smaterializzazione della visione”, che diventerà l’elemento predominante e radicale dell’arte scenica ma anche e soprattutto pittorica del XX secolo. In mostra circa duecento opere tra dipinti, disegni, modelli di scenografie, provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, tra cui ricordiamo il Musée du Louvre, il Musée d’Orsay, la Kunsthaus di Zurigo, il British Museum e il Victoria and Albert di Londra, il Metropolitan Museum di New York. La mostra L’Ottocento è stato caratterizzato da una intensa passione per il teatro, e anzi “per oltre un secolo e mezzo l’arte europea – scrive Guy

Cogeval nel suo saggio in catalogo - è stata soggiogata dal demone della scena. [Si può] evidenziare una dimensione teatrale della lunga marcia verso la modernità, che si concentra soprattutto sulla scena del dipinto, sulla prospettiva illusionista sulla base della quale si articolano i personaggi e la scenografia». In questa prospettiva si può a ragione affermare – e l’esposizione lo dimostra – che il teatro ha influenzato tutta la storia della pittura moderna, dal Neoclassicismo all’Impressionismo, fino alle prime sperimentazioni delle avanguardie artistiche del ‘900. Quello tra teatro e pittura è stato un rapporto complesso e soprattutto reciprocamente fecondo: pittori come Jacques-Louis David o Delacroix hanno sì adottato nelle loro opere i gesti, i costumi, le prospettive sceniche, ma parallelamente hanno influenzato la modalità di fare teatro del loro tempo. “Dalla scena al dipinto” racconta questo complesso intreccio.

LA MOSTRA "Dalla scena al dipinto" dal 6 febbraio al 23 maggio 2010 MartRovereto, Corso Bettini, 43 38068 Rovereto (TN)

Informazioni e prenotazioni: numero verde 800 397 760 tel. +39 0464 438 887 info@mart.trento.it www.mart.trento.it Orari: mar. - dom. 10.00/18.00 ven. 10.00/21.00 lunedì chiuso Biglietti: intero: euro 10 ridotto: euro 7 gratuito fino a 18 anni e sopra i 65 scolaresche: euro 1 per studente biglietto famiglia (valido per tutti i componenti): euro 20 gratuito per gli Amici del Museo

Sotto: Paul Delaroche, I figli di Edoardo, dopo il 1831. Olio su tela, cm 88,9 x 106,7. Londra, Stair Sainty Gallery A sinistra: Henri de Toulouse-Lautrec, Henry Samary (1865-1902) della Comédie Française, 1889. Olio su cartone, cm 75 x 52. Parigi, Musée d'Orsay, donazione Jacques Laroche, 1947


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STORIE FOTOGRAFICHE

Frammenti di storia immortalati in un fotogramma

Come eravamo...

Una fotografia spes so racconta più di m ille parole. È qualcosa che ferma una fra zione di secondo e la rende imperitura nel tempo. Con qu esta nuova rubrica, “C ome eravamo”, intendiamo ripropo rre vecchie fotograf ie di luoghi, persone, scolaresche, grup pi, associazioni della Valsugana, del Tesino e del Trentin o. Pertanto invitiamo tu tti i lettori che avesse ro delle fotografie d’epoca (dagli an ni ‘80 in giù) a invi arcele via e-mail (redazione@lafin estra.it) o a porta rcele in redazione (viale 4 Novembre 12 , Borgo Valsugana). Le tratteremo con la massima cura, le restituiremo immed iatamente ai legittimi proprietari e, so prattutto, le pubblic heremo su questa pagina con il nome dell’autore e una br eve didascalia di spiegazione all’imm agine.

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1 Natale 1915 (foto Palma Brandalise) 2 Asilo Pieve Tesino 1930

(foto Palma Brandalise)

3 Nonni Michela Agata (1866)

e Antonio Orsingher (1864) (foto Palma Brandalise)

4 Borgo, asilo 1957 (foto Rosita Zanin)


STORIE FOTOGRAFICHE

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Frammenti di storia immortalati in un fotogramma 1 1 Pergine, Via Maier nel 1904 2 1961, i diplomati capicoro alla

scuola di musica sacra del Trentino (foto Mario Pacher)

3 Novaledo 1918, Emanuele Pacher:

la prima bici in paese (foto Mario Pacher)

4 1963, militari (foto Mario Pacher)

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TEATRO

RAVINA. Spettacolo di e con Andrea Castelli

OSPEDALETTO. In scena Teatroscuola - Gli allievi

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“Parole incrociate” in riva al mare L’avaro di Molière Il 27 marzo prossimo, presso la Sala Claudio Demattè di Ravina di Trento, alle ore 21.00, Andrea Castelli e Nicoletta Girardi portano in scena “Parole incrociate”. Moglie e marito su una spiaggia all’ora del tramonto: la riva si spopola lentamente e si resta lì a guardare il mare. Lui è un professore d’italiano sull’orlo della pensione, lei una lavoratrice in proprio. É così che si incrociano le parole. Le “Parole incrociate” sono quelle del giornale enigmistico da spiaggia, ma non solo. In questo caso i due protagonisti le usano per confonderle con quelle della vita. Accade solitamente che l’estrema

confidenza acceleri i processi d’intesa. Trattandosi di una coppia ormai quasi da museo, tra i due c’è una sorta di complicità che gioca molto sulle pause, sulla comprensione silenziosa e a volte scontata, sui cambi d’argomento improvvisi, sulle accelerazioni del ritmo. È un tipo di dialogo che si avvicina molto al respiro del mare. Una vita insieme permette di fregiarsi di più medaglie. Per quanto riguarda gli interpreti Nicoletta e Andrea si divertono a calarsi nei panni della coppia da museo con sospetta partecipazione. E offrono un doppio livello di lettura che consente di affrontare

Andrea Castelli

argomenti pesanti con apparente superficialità per “buttarli” in platea, e di far riflettere dall’altra. In modo che ognuno ci pensi a modo suo. La lingua usata è il dialetto di Trento. Per puntiglio.

27 marzo Sala Claudio Demattè Ravina di Trento, ore 21.00

Quale passione maggiore di quella che tutto a sé vorrebbe tenere, per implodere in un universale buco nero che più nulla lascerebbe uscire né disperdere nel consumo e nello scialacquio di sentimenti e sostanze? Così mostruosamente appassionato è l’eroe di Molière, l’odioso avaro che troppo bene rispecchia un tratto fondamentale dell’essere umano, cioè la paura di morire, di passare, di trascorrere, e dunque di consumare, spendere, regalare. L’avarizia estrema come avidità profonda di tutto, sclerotizzata dal proprio impeto, che tutto vorrebbe bloccare nel buio polveroso d’una cassaforte: i sentimenti, l’amore, la giovinezza, i beni posseduti e soprattutto l’essenza che li

rappresenta tutti: il denaro. Ossessionato dalla perdita, il nostro avaro s’illude di poter controllare tutto e tutti, ma si ritrova infine triste e grottesca marionetta solitaria, abbandonato alla danza d’un meccanismo perverso ormai sfuggitogli di mano.

Molière

Ospedaletto,Teatro Comunale 14 marzo, ore 20.30

CASTELLO T. Spettacolo del Teatro Instabile di Meano

Sindbad il marinaio Un vecchio e sgangherato battello al suo ultimo viaggio, un capitano leggendario che racconta storie mitologiche in presa diretta come se avesse mille anni, un’umanità stanca e senza futuro, che cerca speranza oltre frontiera. Un intreccio di storie e racconti, quasi fossero un espediente salvifico per ottenere la «misericordia delle onde, che sono più ospitali della nostra terraferma». Un adattamento teatrale ambientato al tempo della guerra dei Balcani, che vuole

essere un filo rosso che cuce e tiene insieme tutte le migrazioni moderne. Una riflessione poetica aperta e senza demagogia, sugli enormi movimenti di popoli che attraversano questi nostri anni. Sulle ragioni dure del partire, sulla decisione sofferta, di attraversare deserti e mari, sul senso di sradicamento e di smarrimento che lo spostarsi porta sempre con sé. A qualsiasi latitudine.

13 marzo, Teatro S.Giorgio, Castello Tesino, ore 20.45

TEATRO BAMBINI

La Compagnia del Teatro Instabile di Meano in un momento di "Sinbad il marinaio"

BORGO

OLLE

Il viaggio di un principe

Appunti sulla Resistenza

Il lupo e i sette capretti

Chi non conosce Il piccolo Principe? È un racconto fantastico capace di portare davanti ai nostri occhi immagini di altri mondi, dove buffi personaggi hanno storie da raccontarci e verità da svelare. Un viaggio fra armoniose e colorate figure per i più piccoli e al tempo stesso portatore di universali verità per un pubblico più grande.

“Ora e sempre!” (Appunti teatrali sulla Resistenza in Trentino) testo e regia di Renzo Fracalossi. Per quanti caddero allora e per quanti ignorano oggi. Narrare. Narrare, affinché la trasmissione di generazione in generazione sia alimento per le coscienze.

Un lupo desidera divorare 7 capretti e aspetta l’occasione favorevole che si presenta quando mamma capra li lascia soli per andare a fare spesa. In diverse occasioni il lupo viene scoperto dai capretti che...

Borgo, Teatro del Centro Scolastico, 13 marzo ore 20.45.

Teatro parrocchiale di Olle, 13 marzo 16.30.

Ospedaletto, Teatro Comunale 20 marzo ore 16.00.


CINEMA

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BORGO. Un film di Pupi Avati

IL FIGLIO PIÙ PICCOLO

Ècinema

u n giorno d’estate del 1992 a HHHH Bologna. Il matrimonio di Luciano Baietti (Christian De Sica) e Fiamma (Laura Morante), già genitori di due bambini di pochi anni, si consuma affrettatamente. Appena il tempo di un brindisi nei bicchieri di carta e lo sposo parte in compagnia di uno strano personaggio e con un mazzo di documenti con i quali la sposa gli intesta i suoi beni immobili. Anni dopo, ai giorni nostri, i due bambini sono cresciuti: il maggiore, Paolo Baietti (Marcello Maietta), lavora in un locale del centro e odia quel padre scomparso nel nulla; il figlio più piccolo, Baldo Baietti (Nicola Nocella), buono e generoso, studia cinema e vive modestamente con la mamma e con Sheyla (Sydne Rome), percussionista americana neohippy, accompagnando le due donne nei loro patetici tentativi di carriera musicale e

Regia Pupi Avati 2010

assistendo Fiamma nelle sue frequenti crisi esistenziali. Nel frattempo, nella campagna laziale, Luciano fa la bella vita nella sua lussuosissima villa: con i soldi della ex moglie e i consigli di Sergio Bollino (Luca Zingaretti), vera eminenza grigia della Baietti Enterprise, è presidente e uomo immagine di una holding che vive di loschi traffici e spudorate raccomandazioni e connivenze. Ma i tempi si fanno difficili e gli appoggi iniziano a vacillare pericolosamente: il matrimonio tra Luciano e una ricca figlia di papà è un primo passo per recuperare terreno, ma la grande idea è trovare un prestanome sufficientemente ingenuo e fiducioso su cui scaricare la responsabilità delle situazioni più compromesse. Qualcuno che non sappia e non possa dire di no, qualcuno facile da raggirare, magari facendo appello a improbabili ragioni del cuore: Baldo. Travolto da un vortice di avvenimenti, il giovane Baietti viene condotto alla villa, da quel padre che non ha mai fatto parte della sua vita. Mentre firma decine di documenti gli viene fatto balenare un inatteso futuro di

LA PRIMA COSA BELLA Borgo, Auditorium Polo Scolastico Anna Nigiotti nel 1971 era una giovane e bellissima mamma proclamata Miss del più popolare stabilimento balneare di Livorno, ignara di suscitare le attenzioni maliziose della popolazione maschile, i sospetti rabbiosi del marito Mario e la vergogna del primogenito Bruno. Oggi, ricoverata alle cure palliative, Anna sbalordisce i medici con la sua irresistibile e contagiosa vitalità e fa innamorare i degenti terminali. Bruno invece, ha ormai tagliato i ponti con la sua città, la sua famiglia, il suo passato. Insegna senza entusiasmo in un Istituto Alberghiero e conduce un’esistenza cocciutamente anaf-

prosperità, in cui realizzare ogni sogno suo e della sua famiglia, magari accanto a suo padre... A Bologna Fiamma si scatena in illusioni e Paolo in previsioni pessimistiche. Ma il sogno dura poco: Baldo dovrà aprire gli occhi, Luciano dovrà rendere conto dei suoi errori, Bollino cercherà di salvare il salvabile. Tutti i nodi verranno al pettine, nel modo più eclatante e doloroso. Qualcuno si rassegnerà, qualcuno andrà avanti comunque, qualcuno coronerà i suoi sogni. Come nella vita. Genere: Drammatico. Durata: 100’. Regia: Pupi Avati. Cast: Christian De Sica, Laura Morante, Luca Zingaretti, Sydne Rome, Nicola Nocella.

fettiva. Ma la sorella Valeria lo convince a venire a salutare la madre per l’ultima volta, e Bruno torna malvolentieri a Livorno. L’incontro, dopo tanti anni, con quella mamma esplosiva, ancora bella e vivacissima, che a dispetto delle prognosi mediche sembra non aver nessuna intenzione di morire, costringe Bruno a rievocare le vicissitudini familiari che aveva voluto a tutti i costi dimenticare. Il vagabondare di quelle notti e di quei giorni di tanti anni fa in cerca di una sistemazione, lui e la sorella Valeria, all’epoca dolce, ignara e piagnucolosa, cacciati di casa dal babbo accecato dalla gelosia, ma sempre rincuorati dall’incrollabile ottimismo di quella loro mamma allegra e incosciente. A far da coro alle peripezie di questo terzetto di creature sciagurate e coraggiose, una provincia maliziosa in preda a nuove smanie...

Borgo, Auditorium Polo Scolastico 10 marzo ore 21.00

Mercoledì 31 marzo

Borgo Valsugana, Auditorium Polo Scolastico, ore 21.00

ASTRO BOY Tezze, Teatro Parrocchiale 21 marzo, ore 20.30

ALICE IN WONDERLAND Borgo, Auditorium, 27 e 28 marzo, ore 21.00

IL CONCERTO Borgo, Auditorium 17 marzo ore 21.00

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QUALCUNO SI RASSEGNERÀ, QUALCUNO ANDRÀ AVANTI COMUNQUE, QUALCUNO CORONERÀ I SUOI SOGNI. COME NELLA VITA.


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CULTURA

S. MICHELE. Museo degli Usi e Costumi

RIVA DEL GARDA. Fotografie in bianco e nero

Carnevale re d’Europa

Il Lago silenzioso di Kreinsen

“Carnevale re d’Europa 2.0. Materiali trentini e laboratorio video”. È questo il titolo della mostra allestita, fino al 21 marzo prossimo, presso il Museo degli Carro carnevalesco Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige. L’allestimento propone costumi e materiali dei gruppi del carnevale trentino e i video girati nel corso della ricerca sul campo. La mostra porta il visitatore alla scoperta dei riti della fertilità che accomunano i popoli dai Pirenei alle Alpi, dalla Macedonia alla Bulgaria, passando per i carnevali trentini di Valfloriana, val di Fassa, Carano, Coredo, Romeno. Carnival King of Europe è un progetto nato presso il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, che coinvolge alcuni tra i più prestigio-

si musei etnografici europei, tra cui il Museo Etnografico di Zagabria, il Museo Nazionale Etnografico di Sofia, il Museo della Civiltà Europea e del Mediterraneo di Marsiglia, e il Museo Nazionale Etnografico di Skopje. Le sale del Museo, nella rinnovata sede dell’antico convento agostiniano, ospitano le maschere rituali del carnevale, insieme al prezioso materiale video raccolto da Michele Trentini nei luoghi dove questi riti prendono vita, che portano il visitatore a scoprire le differenze, ma soprattutto le analogie, tra i diversi carnevali che sopravvivono nelle comunità rurali e montane, dove si riscontrano consuetudini del tutto simili, a dimostrare le comuni radici dell’Europa moderna.

«Il lago silenzioso» è il titolo che la televisione diffonde, della mostra, che rimarrà aper- Olaf Kreinsen vive il lavoro ta fino al 18 marzo, organizzata con l’immagine singola nel dall’associazione Amici del- confronto artistico con la fol’Arte presso la galleria civica tografia come un atto contemCraffonara di Riva del Garda. plativo. La sua attenzione è alle Durante gli ultimi anni Olaf Kreinsen ha elaborato una serie di fotografie in bianco e nero che mostrano un lago di Garda sconosciuto, lontano dalle esperienze turistiche. Uno sguardo intenso, incantevole, mistico e a volte anche miUna fotografia di Olaf Kreinsen sterioso. Dal 1994 Olaf Kreinsen – che tracce di ciò che è assente. Con vive a Monaco e Malcesine la scelta del motivo inizia un – lavora come regista per processo che ha come scopo numerosi teledrammi e serie trasmettere un messaggio ben televisive tedeschi. Rispetto definito dell’immagine e ottealle 25 immagini al secondo nere effetti drammatici.

TRENTO. Ultimo mese per la mostra al Museo Diocesano

Andrea Pozzo, pittore prospettico In occasione del 300esimo anniversario della morte del celebre pittore e architetto gesuita di origine trentina Andrea Pozzo (Trento, 1642 - Vienna, 1709), il Museo Diocesano Tridentino partecipa alle celebrazioni per il centenario con la prima esposizione a carattere monografico dedicata all’attività pittorica di questo indiscusso protagonista della civiltà e della spiritualità barocche. Andrea Pozzo fu un artista poliedrico, attivo non solo come pittore, architetto, allestitore di apparati effimeri, ma anche in qualità di teorico della scienza prospettica e dell’architettura. La sua fama è legata soprattutto al celebre trattato, Perspectiva

LEVICO Libri per Pasqua Presso la Biblioteca comunale di Levico Terme fino al 4 aprile prossimo è allestita una mostra di libri che hanno per argomento la Pasqua. Otto sono le sezioni in cui la mostra è suddivisa:letteratura, libri di storie per bambini, cucina, patchwork, lavori con la pasta al sale, decorazioni, fiori di carta e non varie. Dei libri esposti è disponibile un catalogo.

pictorum et architectorum, un vero e proprio prontuario per pittori e architetti che ebbe notevole diffusione ovunque grazie alle traduzioni in tedesco, francese, greco, spagnolo, olandese e, addirittura, cinese. È sull’attività pittorica dell’artista che la mostra si sofferma, prendendo in esame soprattutto l’interessante e ancora poco nota produzione giovanile di Pozzo per la Lombardia, il Piemonte e la Liguria negli anni che precedettero il suo decisivo trasferimento a Roma (1681).

Museo Diocesano Tridentino, Piazza Duomo Trento

TRENTO Stefano Cagol, “undergo alarms” “Undergo alarms, subire allarmi”, una selezione di opere dal ‘98 a oggi. L’artista trentino Stefano Cagol torna ad esporre allo Studio d’Arte Raffaelli dopo 12 anni.

Trento, Palazzo Wolkenstein

Andrea Pozzo, il soffitto della Chiesa di S.Ignazio a Roma

Stefano Cagol, Dissoluzione di Luce. Sud Nord Est, 2008, light box

TIONE Giudicariesi in Russia Fino al 30 marzo prossimo a Tione di Trento, presso il Centro Studi Judicaria di Viale Dante, si può visitare la mostra documentaristica “Giudicariesi in Russia 1914-1920” allestita in collaborazione con la Vª del Liceo Scientifico dell’Istituto L. Guetti di Tione.


ALIMENTAZIONE

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Dolci: 15 milioni di chili da smaltire

Carnevale

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inita la festa, non abbiamo però gabbato la bilancia. Il carnevale appena terminato, infatti, ha lasciato agli italiani 15 milioni di chili da smaltire per il consumo dei dolci tipici della tradizione fatti nella maggioranza dei casi di ingredienti semplici, ma calorici come farina, zucchero, burro miele e uova. A stimarlo è la Coldiretti che sottolinea come siano circa 20mila le tonnellate di frittelle, castagnole, frappe, chiacchiere e delle altre specialità regionali fatte sparire dagli italiani nelle case, nei negozi, nelle feste e nelle piazze durante il periodo di carnevale per una spesa complessiva stimata in 150 milioni di euro.

Le abbuffate di grostoi qui in Trentino, di berlingozzi e cenci in Toscana, cicerchiata in Abruzzo, brugnolus e orillettas in Sardegna, galani in Veneto, sfrappole in Emilia Romagna, bugie in Liguria, chiacchiere in Basilicata, struffoli e sanguinaccio in Campania, crostoli in Friuli, frappe e castagnole nel Lazio, pignolata in bianco e nero in Sicilia, hanno lasciato infatti in eredità un aumento di peso medio di circa 250 grammi per abitante favorito anche dai prezzi contenuti nel settore alimentare dove i dolci tipici hanno subìto rincari inferiori all’uno per cento, secondo l’Adoc. Niente di molto grave se si considera che si tratta di una occasione che si ripete solo una volta all’anno quando tornano

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L’ultimo scherzo è della bilancia

in tavola le specialità della tradizione. Secondo gli esperti per rimettersi in forma è consigliabile una breve dieta a base di cibi leggeri, ricca di frutta e verdura con il consumo di molta acqua che va accompagnata dalla ripresa dell’attività fisica.

La festa di Carnevale prende le mosse dalla tradizione della campagna, dove segnava il passaggio tra la stagione invernale e quella primaverile e l’inizio della semina nei campi che doveva essere festeggiata con dovizia.

Nel 2009 è ripreso il consumo di frutta

A tavola un gradito ritorno Siamo alla frutta. E, fatta eccezione per il crollo dei prezzi nei campi, c’è davvero di che rallegrarsi, se non altro per ciò che concerne la nostra alimentazione che risulterà senz’altro più sana ed equilibrata. Difatti, anche se ancora un po’ timidamente, sulle tavole degli italiani ritorna la frutta. Dopo anni di continui cali nei consumi domestici, il 2009 ha fatto segnare una ripresa: circa più 2%, in quantità, rispetto al 2008; mentre, in valore, si ha una flessione di circa l’1%, il che ha determinato una spesa media per ogni famiglia di quasi 190 euro mensili. Un minore esborso monetario dovuto soprattutto al drastico crollo dei prezzi praticati sui campi (meno 13,4%) e di quelli al dettaglio (meno 0,9%) durante lo scorso anno. Lo sottolinea la Cia-Confederazione italiana agricoltori la quale tuttavia, sulla base dei dati Ismea-ACNielsen, evidenzia

che lo scenario per il settore resta ancora fortemente negativo, con le imprese in seria difficoltà. Analizzando l’andamento dei consumi per i singoli prodotti, si nota una crescita record per i kiwi che fanno registrare un più 29% nei confronti del 2008. Bene anche mele e pere aumentate, rispettivamente, del 2,1% e dello 0,5%, mentre le pesche e le nettarine, dopo un’annata non certo facile, risultano stazionarie. Anche per gli agrumi si ha un trend praticamente fermo, mentre per l’uva da tavola è una netta discesa (meno 5,3%). Mercato altalenante

per tutta la frutta estiva, fatta eccezione per meloni e angurie che crescono di circa il 3,8%. All’interno del settore -come segnala l’Ismea- la maggiore quota degli acquisti si registra per mele, banane, pesche, angurie, pere, meloni e uva da tavola. Questi prodotti incidono per il 82% in volume e per il 73,5% in valore sugli acquisti complessivi.


Cucina Immagini per

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La ricetta di marzo a cura di Fabrizio Todaro

60 minuti * facile

SECONDI PIATTI. Un modo diverso di presentare il classico "pollo e patate"

PETTO DI POLLO RIPIENO

La ricetta di questo mese propone una variazione al classico tema "pollo con le patate". Queste ultime, infatti, non faranno da contorno, ma verranno utilizzate quale ingrediente principale per una farcia alla quale aggiungeremo una piccola quantità di gorgonzola, per rendere il tutto più appetitoso. La carne bianca del pollo ha il vantaggio di essere morbida, facilmente masticabile e digeribile, soprattutto se cucinata in modo semplice (arrosto, ai ferri, lessata). È una ricetta che piacerà molto a chi è "a dieta", in quanto un’altra caratteristica delle carni bianche è la ridotta presenza di grassi: solo l’1% (che tra l’altro è concentrato nella pelle, facilmente eliminabile).

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INGREDIENTI PER 4 PERSONE

• 600 gr petto di pollo (circa 150gr a persona) • 4 patate • 100 gr gorgonzola

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Sbucciare le patate e lessarle in acqua salata

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Alle patate aggiungere un pizzico di sale, una macinata di pepe, il gorgonzola, e un poco di prezzemolo

7

In una teglia da forno, rosolarli con poco olio di oliva da ambo i lati, aggiustare di sale e pepe, bagnare con 1/2 bicchiere di vino bianco e lasciar evaporare

2

Con un coltello appuntito praticare un taglio nei petti di pollo creando una sacca per il ripieno, cercando di non rompere i bordi

5

Amalgamare il composto e riempire i petti di pollo, chiudendo il lato aperto infilzando uno stuzzicadenti

8

Terminare la cottura in forno per 25/30 minuti a 200°

• sale, pepe • una manciata di prezzemolo • vino bianco • olio d'oliva

3

Passare le patate al setaccio

6

Infarinare i petti di pollo

9

Lasciar raffreddare prima di tagliare a fette (altrimenti le fette tendono a rompersi e il ripieno a fuoriuscire) e riscaldare altri 10 minuti al forno prima di servire


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