Le ACLI di Abbiategrasso celebrano il cinquantesimo

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Circolo ACLI S. Maria Nuova – Abbiategrasso

– L’esperienza del Circolo di S. Maria Nuova –

Gli inizi (1945-1964)

La vicenda delle Acli ad Abbiategrasso ha inizio parallelamente a quella delle Acli milanesi: mentre l’Italia stava lentamente uscendo dagli incubi e dalle piaghe della guerra appena conclusa, un gruppo di ardimentosi, guidato da Edoardo Clerici, Alessandro Buttè e Luigi Clerici, si radunava a Milano negli scantinati di Palazzo Clerici (sede provvisoria della Dc e di tutto l’associazionismo cattolico postbellico) per dar vita all’associazione che, nata nell’agosto dell’anno precedente, si qualificava all’epoca come “espressione della corrente sindacale cristiana” nella Cgilunitaria.

Ad Abbiategrasso il nucleo primitivo delle Acli andò organizzandosi fin dall’autunno di quello stesso 1945 nella parrocchia centrale di S. Maria Nuova, allora retta da mons. Vincenzo Barbieri, sotto la carismatica guida di don Ambrogio Palestra. Questa singolare figura di sacerdote, studioso, poeta, che fu poi direttore dell’Archivio Diocesano milanese e prevosto di S. Satiro in Milano, aveva svolto durante il periodo della resistenza una delicata funzione di raccordo e di riferimentofralevarieforzepoliticheche formavano il Cln abbiatense, radunando intornoaséungruppodigiovaniintelligenti ecapaci.

A costoro spettò il compito di organizzare la risorgente attività politica e sociale dei cattolici democratici, rivitalizzando l’Azione Cattolica e dando vita in rapida successione alla sezione democristiana, al Circolo Acli e alla corrente sindacale cristiana.

FraifondatoridelCircoloAcli,cheebbela sua prima sede in via Misericordia, si annoverano i nomi di Ettore Villa (che fu il primo presidente), di Carlo Mainardi (primo e unico sindaco Dc di Abbiategrasso dal 1951 al 1955), di Fausto Gallinelli, Nino

Scerini, Gianfranco Rocca, Dante Damasceni, Cesare Albini, Carlo Vergani e pochi altri. Quasi tutti di estrazione operaia e contadina, questi uomini dedicarono tutto il loro tempo libero (le notti soprattutto) ad organizzare fra mille difficoltàl'attivitàdiserviziocheappariva come quella preminente fra le diverse del nuovoMovimento.

In particolare una delle primissime iniziative, coordinata da Gallinelli e da Filippo Villa, fu quella dell’apertura di un negozietto dove venivano venduti generi di prima necessità (come lo zucchero e il sapone) allora pressoché introvabili se non ai prezzi esorbitanti della borsa nera. Tale attività si ricollegava del resto a quella posta in essere dal Movimento aclista a tutti i livelli. “Le Acli – dirà poi l’indimenticato primo assistente ecclesiastico Luigi Civardi – hanno saputo parlare al cuore della gente anche attraverso lo stomaco”. Le iniziative di servizio del Movimento aclista, fra cui anche il Patronato (il primo Segretariato del popolo si aprirà ad Abbiategrasso nel 1946 sotto la guida di Pia Rognoni) escono infatti da una logica puramente assistenziale per diventare momento di autoorganizzazione di una realtà popolare chepromuovesestessaediproprisimiliad una condizione umana più degna del retaggiodeifiglidiDiosecondolapienezza dell’insegnamentoevangelico,cheèl’amore.

Gli aclisti abbiatensi vivono in pienezza il loro tempo anche nel corso tumultuoso delle vicende politiche e sociali, che vede dapprima la rottura dell’unità delle forze antifasciste (1947) e poi del sindacato (1948). E gli aclisti abbiatensi saranno in prima fila nell’organizzazione capillare dei sindacati liberi, avendo come riferimento un’area in cui il primo sviluppo industriale sta mutando il tradizionale humus contadino.

Nella relazione sull’attività svolta nell’anno sociale 1948/’49 inviata alla Segreteria provinciale, il Circolo abbiatense comunica di avere organizzato 10 nuclei aziendali, di avere tenuto regolare attività di categorie sindacali,diaveresvoltoun“corsopopolare di medicina”, di avere partecipato alle attività ricreative proposte dalla Sede provinciale. Risulta al momento assente l’attività cooperativistica (il negozio verrà trasformato in cooperativa di consumo solo nel 1957), come pure il bar. Il bar in effetti verrà aperto solo in una fase successiva, quando il Circolo si insedierà in via Piatti, in coabitazione con la sezione democristiana.

Lo sforzo maggiore compiuto dai dirigenti in quegli anni è quello di procedere all’inserimento nella realtà abbiatense di tutte le iniziative che vengono via via suggerite dalla Sede provinciale. Di particolare rilievo è quella dei Nuclei Aclisti Degenti (NAD) che si rivolge esplicitamente a quei lavoratori che sono colpiti dalla tubercolosi, malattia allora assaifrequenteperlepessimecondizionidi lavoro nelle fabbriche. Un’inchiesta in tal senso viene promossa dal Circolo di Abbiategrasso nel 1950 presso il locale sanatorio, su mandato esplicito del SegretarioprovincialeLuigiClerici.

Nel 1951 si rende necessaria la riunione di tutte le realtà acliste abbiatensi (sono nati circoli anche a S. Pietro e a Castelletto Mendosio) sotto un unico tetto e viene scelta, come già detto, la sede Dc di via Piatti.

La relazione svolta da Clerici per la Segreteria provinciale in data 11 febbraio 1951 rileva una buona presenza dei servizi, in particolare del Patronato, ma una certa carenzageneralediiniziative.Inoltre,dopo la partenza di don Palestra (1955), manca l’Assistenteecclesiastico.

Poco dopo Villa viene sostituito alla Presidenza da Fausto Gallinelli, mentre

Federico Biglieri riceve l’incarico di coordinare la Zona, affiancato in questa incombenza dal “propagandista” Giuseppe Majo

Quando il consigliere provinciale Bernardo Crippa, unitamente all’assistente provinciale don Teresio Ferraroni, visita il Circolo S. Maria Nuova il 1° ottobre 1956, ai suoi occhi si presenta una situazione in fermento.

“L’attuale situazione consuntiva di Abbiategrasso – riferisce Crippa alla Presidenza provinciale – dimostra che i servizi (Patronato, cooperativa, ecc) hanno preso il sopravvento sulla formazione”, e fra le cause egli elenca la “poca funzionalità” del Consiglio di Circolo e il “cumulo di attività” del Presidente Gallinelli, che in effetti ha la piena responsabilità sia dell’attività dello spaccio che di quella del Segretariato del popolo, e tendead una gestione un po’ accentrata. In questo senso si pronunciava anche il nuovo Prevosto mons. Antonio Tosi,cheinsisteva altresì per un mutamento di sede, in modo da svincolare l’immagine del Circolo da quella della Dc (gli altri due circoli avevano già provveduto in tal senso). Crippa notava inoltre che il ricambio del gruppo dirigente non poteva essere imposto in termini “autoritativi”, come forse suggerito dal Prevosto, ma necessitava di un accompagnamento, mentre correlativamente il Presidente e i suoi collaboratori avrebbero dovuto puntare al maggior coinvolgimento dei soci nelle discussioni relative alle attività di servizio dalorogestite.

In ogni caso, Gallinelli lasciava l’anno successivo, sostituito prima da Dante Damasceni, poi da Angelo Pasini e infine, nel 1960, da Enrico Lupatini. Questi era espressione di quel nucleo di giovani che, avvicinatisi alle Acli attraverso i corsi professionali serali promossi dal Circolo, erano stati progressivamente coinvolti

nelle attività associative, assumendo infine incarichidiresponsabilitànelMovimento.

AllafinedeglianniCinquantailCircolodiS.

Maria Nuova lasciava la sede di via Piatti per restringersi nell’ufficio parrocchiale di via Binaghi,mentreprendeva corpol’idea di arrivareall’acquisizionediunasedepropria.

Nel frattempo, all’attività cooperativistica di consumo, si aggiungeva anche quella abitativa, in stretta connessione con il ConsorzioprovincialeAcli-Casachenasceva nel 1961. La prima cooperativa, denominata “Santa Maria”, conduceva a termine la realizzazione dei suoi primi dodici appartamenti in via Segantini nel 1963, e dava così inizio ad una nuova fase delle attività di servizio delle Acli abbiatensi.

La fase della maturità (1964-1969)

Nel corso dell’assemblea annuale svoltasi il 5marzo1964,laPresidenzadelCircolopuò presentare un risultato di tutto rispetto, che troviamo riportato in un opuscolo stampatoperl’occasione.

Dal 1960 al 1963 il Circolo di Santa Maria Nuova è passato da 69 a 115 lavoratori tesserati,mentrei“giovanilavoratori”sono passati da 35 a 125. Più contenuto l’aumentoincampofemminile,dovetuttavia le lavoratrici passano da 39 a 49 e le “giovanilavoratrici”da6a63,peruntotale di 352 tesserati contro i 149 di tre anni prima. Un risultato significativo, se si tien conto che la presenza giovanile risulta comunque maggioritaria (e soltanto nove, fra i 352, risultano già pensionati), come del resto un giovane è lo stesso Lupatini e la gran parte del gruppo dirigente che collaboraconlui.

Dal quadro complessivo delle attività formative, di servizio e dell’azione sociale emerge la realtà di un Circolo pienamente inserito nella realtà territoriale, conscio delle dinamiche in cui sta muovendosi

rapidamente il Movimento aclista a livello provinciale e nazionale e attento alla loro traduzione in una realtà come quella abbiatense, in cui il tradizionale assetto agricolo viene progressivamente scalzato dall’industrializzazione e dal processo migratorio.

Interessante, nel marzo di quello stesso 1964, l’assemblea degli studentilavoratori abbiatensi che si svolge alla presenza del Delegato provinciale dei Nuclei Corrado Barbot, e che si conclude con l’approvazione di un ordine del giorno con cui si rivendica “la completa attuazione del dettato costituzionale che sancisce il diritto allo studio per tutti i giovani capaci e volonterosi”.A questo proposito, i giovani intervenuti alla riunione chiedono il “pronto intervento dell’Amministrazione Comunale”, affinché si adoperi per venire incontro alle esigenze degli studenti-lavoratori, chiedendo in particolare di istituire borse di studio, di intervenire presso le società gerenti dei trasporti pubblici per favorire gli studenti-lavoratori in termini di orari e di tariffe, di creare istituti superiori sul territorio abbiatense, di riorganizzare la scuola professionale comunale. Il problema è particolarmente sentito dagli aclisti in quanto il Circolo si fa carico di gestire nei suoi locali la mensa degli allievi delle scuole professionali provinciali, in convenzione con laProvinciastessa.

In quello stesso anno si preparano le elezioni municipali, e anche il Circolo di Abbiategrassosimobilita,comeèdelresto nella tradizione del Movimento aclista, al fine di sostenere i suoi candidati nelle file della Dc. A questo proposito, si svolge alla presenza dell’Amministratore provinciale Giacomo Previdi unariunione fra i dirigenti di Circolo ed altri esponenti del mondo cattolico per valutare le possibilità di vittoria del partito democristiano nei confronti dell’Amministrazione socialcomunistauscente.

Il 1964 è anche un anno di intensa attività formativa, come dimostrano i numerosi dibattiti pubblici (sulla congiuntura economica, sulla nuova formula di governo di centro-sinistra, sul “Memoriale di Yalta” di Togliatti), gli incontri sociali sull’enciclica “Ecclesiam suam” del nuovo Papa Paolo VI, gli approfondimenti sulla “Pacem in terris” guidati dall’assistente don Mattavelli.

E tuttavia, nell’assemblea annuale del 13 febbraio 1965, la Presidenza del Circolo dovrà constatare che il 1964 è stato un anno di flessione nelle adesioni, con 292 iscritti (60 unità in meno, soprattutto giovanili, rispetto all’anno precedente). Si impone quindi un’intensificazione dell’attività di base, che trova la sua prima espressione nel varo del bollettino di circolo “La città nuova”, che, pur uscendo con cadenza irregolare e fra moltissime difficoltà,rappresenteràunavoceoriginale nel panorama di una cittadina che va rapidamente ingrandendosi e caricandosi di numerosienuoviproblemi.

Proprio per questo, tuttavia, il Circolo

Santa Maria Nuova gode di una particolare attenzione da parte dei dirigenti provinciali, che lo prescelgono come riferimento milanese per l’inchiesta sindacale che verrà pubblicata nella primavera di quell’anno su “Il quaderno del militanteaclista”.

Nella relazione introduttiva, il presidente Lupatini (riconfermato in carica in febbraio) traccia un quadro preciso della situazionedelCircoloedellarealtàincuisi trova immerso. Apprendiamo dunque che la parrocchia centrale di Abbiategrasso ha in quell’epoca 10.000 abitanti circa, che le aziende industriali presenti sul territorio sono 10, con circa 2.000 dipendenti, cui si aggiunge una vasto numero di piccole aziende artigiane e commerciali, e che la zona “è in via di ulteriore sviluppo industriale”. Questo comporta la presenza di un “forte gruppo di lavoratori immigrati

provenienti dalle regioni meridionali con tutti i problemi caratteristici della loro condizione”, cui fanno da contrappunto un “mondo cattolico scarsamente orientato e sensibilizzato sui problemi sociali, sostanzialmente assestato su posizioni di conservazione sociale”, e un “mondo giovanile (…) in notevole e vivace fermento”.

Pochi mesi più tardi si celebrano le elezioni amministrative, che per la prima volta dal dopoguerra fanno segnare il passaggio all’opposizione del PCI e l’inaugurazione di una giunta di centrosinistra a guida socialista. Le Acli danno un valido contributo alla campagna elettorale della Dc, presentando come candidati i presidenti dei tre circoli cittadini (Lupatini, Platti, Cagno) e il Presidente di Zona, Biglieri, che risultano tutti eletti insieme all’ex presidente di Santa Maria Nuova Damasceni. Biglieri e Damasceni entreranno a far parte della Giunta, il primo come assessore alla programmazione eilsecondoallapubblicaistruzione.

Alla fine del 1965, e precisamente il 21 dicembre, il Circolo, a vent’anni dalla sua fondazione, corona finalmente la sua aspirazioneadavereunasedeautonoma,ed inaugura i nuovi locali di via Palestro, attrezzati con il sacrificio e i soldi pazientemente raccolti da tanti lavoratori tramite sottoscrizioni. Presenziano alla toccantecerimoniailPresidenteprovinciale Gian Mario Albani,l’assistente don Sandro Mezzanotti, il sen. Samek Lodovici, il sindaco Villani, il vicesindaco generale Grossi eilprevosto mons. Tosi.

Il Circolo assume così la nuova definizione di “Centro Sociale Acli-Santa Maria Nuova”, e le conferisce subito significato integrando al suo interno una serie di attività ricreative e sociali.Sonogli aclisti, infatti,adospitareil coro “Tre Cime”, che in quegli anni trasforma la dimensione prevalentemente alpina in un più ampio orizzonte musicale. Sono ancora gli aclisti

ad ospitare e salvare la gloriosa e ultracentenaria Banda Filarmonica abbiatense, come pure il Gruppo teatrale stabile e poi l’altro gruppo teatrale “La Maschera”.

Sempre per iniziativa del Centro Sociale Acli, la “Polisportiva Virtus” si affilierà all’Unione Sportiva Acli provinciale e proseguirà la sua attività nel settore calcistico. Il Centro Sociale Acli si qualificherà insomma sempre di più come una delle voci più vive e fresche del mondo cattolico e, più ancora, della realtà civile di Abbiategrasso.

A cavallo fra il 1966 e il 1967 il Circolo registra un rapido cambiamento dei suoi assistenti: a don Eustorgio Mattavelli succede don Franco Bertani, a sua volta rimpiazzato da don Gianni Calchi Novati e, successivamente,da don Marino Rossi.

Proseguono le attività formative, soprattutto in materia di Dottrina Sociale della Chiesa: una conferenza di don Sandro Mezzanottisulla“PopulorumProgressio”nel maggio ’67 fa riscontrare la presenza di ben 250 persone, a simboleggiare un evidente interesse per i fermenti della Chiesapostconciliare.

Il tesseramento fa tuttavia registrare un nuovo arretramento, con 244 iscritti (50 in menodell’annoprecedente).Unaripresadel tesseramento si ha nel 1968, e già a fine marzo Lupatini può comunicare alla Segreteria provinciale che la quota di iscrizioni è a 220, e che ci sono ottime possibilità di colmare il divario rispetto al ’67eal’66.

MaancheleAcli abbiatensidevonopassare attraverso il momento di crisi e di contestazione che ha inizio in quello stesso 1968 per tutto il Movimento, e trova la sua prima espressione nella decisione dell’ex presidente provinciale Albani di candidarsi al Senato come indipendente nelle liste del Pci-Psiup, proprio nel collegio di Abbiategrasso.

Gli anni della prova (1969-1990)

Sono anni difficili per le Acli: le scelte operatenel Congresso di Torino del 1969, che svincolano definitivamente il Movimento dal rapporto collaterale con la Dc,suscitanoapprensioniedubbinellabase aclista tradizionale e nella Chiesa stessa. Tali sentimenti verranno vieppiù rafforzati quando, nel settembre 1970, il Presidente nazionale Gabaglio formulerà la famosa “ipotesi socialista”,. creando una situazione estremamente confusa che troverà un epilogo drammatico nel ritiro del “consenso” ecclesiastico alle Acli da parte della Conferenza Episcopale Italiana nel maggio del 1971, confermato il mese successivodaPaoloVI.

Le Acli abbiatensi avevano seguito con estrema attenzione l’evolversi della situazione, sin da quando la Cei aveva inviato alla Presidenza nazionale una lettera in cui si chiedevano precisazioni sulla natura dell’impegno cristiano del Movimento, e che era divenuta argomento di dibattito e di confronto in tutte le strutture del Movimento. Ad Abbiategrasso la questione venne affrontata il 13 aprile 1970 in un’affollata assemblea con don Mezzanotti e col PresidenteprovincialePietroPraderi.

Nel frattempo, ad Abbiategrasso, Lupatini ha lasciato la Presidenza del Circolo a Filippo Villa, cui succederà nel giro di un anno Giancarlo Tiraboschi, sostituito nuovamente da Villa. Il ricambio rapidissimo dei dirigenti dice di una situazione di precarietà e di confusione che, anche se non si riflette sulla consistenza del Circolo (il quale rimane saldamente assestato al di sopra delle 200 tessere annue), è fonte di inquietudine per moltiiscrittiedirigenti.

Nel 1972 Lupatini, lasciato il Consiglio comunale, riassume la Presidenza del Circolo – e quella di Zona – nel momento in

cui le Acli milanesi affrontano un cruciale congresso che registra la nascita delle correnti, quella di “Autonomia e unità”, che fa riferimento al Presidente nazionale Gabaglio, e quella di “Presenza sociale”, la cosiddetta “destra” che fa capo al sen. Vittorio Pozzar. La prima corrente risulta maggioritaria a Milano ed esprime il nuovo Presidente provinciale nella persona di Franco Sala: per tale raggruppamento si sono pronunciati anche i delegati abbiatensi.

Ma al successivo congresso nazionale svoltosi a Cagliari alcuni dei delegati della maggioranza milanese si schierano per la neonatacorrentedi“sinistra”chefacapoa Geo Brenna, creando un evidente stato di imbarazzo per la dirigenza milanese, vieppiùaggravatodairisultatidelleelezioni politiche anticipate che si svolgeranno alcune settimane dopo. Infatti, a quel cimentoelettoraleconcorrevail Movimento Politico dei Lavoratori, il partito di sinistra di matrice cristiana costituito qualche anno prima dall’ex Presidente nazionale delle Acli Livio Labor, e che riscuoteva il consenso di molti militanti e dirigenti aclisti (anche ad Abbiategrasso, dovepraticamentetuttiirappresentantidi lista dell’Mpl sono di estrazione aclista). Contrariamente alle previsioni, l’Mpl uscì duramente sconfitto dalle elezioni, non ottenendo alcun seggio, e ciò costrinse la dirigenza provinciale e nazionale ad una profondarettificadilinea.

Nell’assemblea quadri dirigenti convocata il 9 luglio di quell’anno, Lupatini porta il contributo delle Acli della Zona di Abbiategrasso, in cui riconferma la piena adesione ai deliberati dei Congressi di Torino e di Cagliari, il rifiuto di tentazioni scissionistiche, il superamento di ogni forma di collateralismo politico, la scelta dell’unità sindacale. Più articolatamente, si afferma la permanente e fondamentale validità dell’ispirazione cristiana del Movimento aclista, con la necessità di

garantire la presenza sacerdotale in esso (dopoilritirodegliassistentiecclesiastici), e si viene al nocciolo della questione politica, deplorando le “differenziazioni di linea” e le “ambiguità” in sede di congresso nazionale, affermando che in mancanza di chiarimenti la Zona abbiatense chiederà un congressostraordinario.

Lupatini polemizza infine con quanti hanno una concezione elitaria del Movimento, che deve restare “di massa” e non ridursi a forza “di soli militanti, con dietro tanti mini-circoli senza consenso”, riaffermando l’importanza della formazione e dei servizi. La Zona abbiatense, ad ogni buon conto, vigilerà sul decorso della crisi del Movimento attraverso i suoi due rappresentanti in Consiglio, cioè il consigliere eletto (Armando Cagno, Presidente del Circolo di Castelletto) e LupatinistessocomePresidentediZona.

Mailprecipitaredella crisi,conilconvegno nazionale di studi di Roccaraso e il successivo “dimissionamento” del Presidente Sala, sostituito nuovamente da Praderi, vedrà i consiglieri abbiatensi divisi, con Cagno favorevole alla nuova gestione e Lupatini, facendo eco alle posizioni della Zona, contrario. Tuttavia il Circolo di Santa Maria Nuova, pur collocandosi all’opposizione rispetto alla linea che risulterà prevalente nelle Acli milanesi per il decennio a seguire, non sarà fra quelli che sottoscriveranno la richiesta diuncongressostraordinario.

Le tensioni esterne si scaricano all’interno del Circolo, dove molti giovani componenti delgruppodirigentesentonolasuggestione del momento e si schierano all’estrema sinistra, dando vita, con altri, al periodico “Il Settimanale”. Questo susciterà crescenticontrasticonlabasetradizionale del Movimento e con lo stesso Lupatini, e porterà fatalmente all’uscita dalle Acli di tuttoilgruppo,ivicompresol’exPresidente Tiraboschi (poi prematuramente e tragicamentescomparso).

Nello stesso tempo, quei primi anni Settanta sono per il Circolodi Santa Maria Nuova un periodo fervido di iniziative formative e sociali. Viene infatti mantenuta la triplice articolazione formativa di un corso di teologia (realizzato in stretta connessione con i gesuiti di San Fedele), uno di formazione sindacale (a cura dei dirigenti provinciali delle Acli e della Cisl) e uno di formazione politica, che ogni anno riscuotono una significativa attenzione anche al di fuori del tradizionale àmbito aclista e parrocchiale.

D’altro canto, le Acli abbiatensi non si estraniano dal loro territorio, e sono in prima fila nel sostenere la lotta dei lavoratori dei grandi insediamenti industriali di Abbiategrasso colpiti dalle primeristrutturazioni.

Lupatini lascia definitivamente l’incarico di Presidente nel 1975, essendo entrato a far parte della Presidenza provinciale guidata da Emanuele Ranci Ortigosa; gli succede Innocente Cassani, che due anni dopo passeràlamanoa Donato Bandecchi

Inquestiannil’attivitàdelCircolosisposta progressivamente dal versante formativo, che viene gestito insieme alla Parrocchia (di particolare rilievo tre incontri del 1976 su “Chiesa e realtà socio-politica” cui partecipano il teologo Antonio Lattuada e il Vicepresidente provinciale delle Acli Giovanni Garuti) a quello delle attività di servizio. Di grande rilievo, nel 1978, l’esperienza del cineforum, i cui due cicli dedicati rispettivamente al mondo del lavoro e alla violenza nella società contemporanea vedranno la partecipazione – secondo gli abbonamenti sottoscritti – di oltrecentogiovani.

Sono quelli gli anni in cui ha impulso l’attivitàdellenuovecooperativeaclistenel settoredell’abitazione,la“Monte Verde 1” ela“Molino Vecchio”,cuisiaffiancheràpiù tardila“Nuova Monte Verde”.Leiniziative

edilizie poste in essere da tali cooperative consentiranno a numerose famiglie di lavoratoridiaccederealbenecasaaprezzi accessibili, amplificando la funzione sociale del Movimento aclista in un settore di estremadelicatezza.

In linea generale, per tutto il Movimento aclista la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta sono una fase di ripensamento della propria identità che incide in termini significativi anche in realtà di comprovata vivacità e impegno come quella abbiatense, che viene peraltro riconosciuta ai massimi livelli quando, nel 1981, nella Presidenza provinciale giudata da Corrado Barbot entrano a far parte due aclisti di Abbiategrasso, ossia Lupatini (peraltro ormai residente a Milano), Vicepresidente, e Cassani, Segretario organizzativo.

Lo sforzo dei dirigenti di Santa Maria Nuovainquestiannisaràquellodiancorare sempre di più la realtà del Circolo a quella della Parrocchia, cercando nel contempo di aprire alla nuova realtà giovanile. Tuttavia, tali sforzi troveranno un limite nella difficoltà ad uscire dagli schemi di ragionamento ormai consolidati e propri dell’agire del Circolo, e, in assenza di sollecitazioni interne ed esterne ad un significativo mutamento di orientamenti, anche il Movimento aclista abbiatense rischierà il ripiegamento sulle attività di servizio.

La storia continua (1990-1995…eoltre) Bandecchi lascia la presidenza del Circolo all’inizio del 1990, ormai fortemente assorbito dai suoi impegni di amministratore locale e di funzionario del Patronato. Gli succede Elio Rossi (a sua volta avvicendato nel 1991 da Dino Lupatini e nel 1993 da Franco Santagostini) alla guida di un gruppo dirigente deciso a superare i momenti di stasi dell’azione del Circolo in stretta correlazione con i nuovi

orizzonti in cui si colloca l’iniziativa del Movimento aclista a livello nazionale (sotto la guida del milanese Giovanni Bianchi) e provinciale, con la presidenza di Lorenzo Cantù.

Il Circolo cerca quindi di rivitalizzare la propria azione sul livello formativo, assumendo come imperativo fondamentale quello che padre Pio Parisi suggerisce alle Acli a livello nazionale: ripartire dal Vangelo.In questo senso vengono promosse iniziative di approfondimento della dimensione e delle radici spirituali dell’impegno aclista, come testimonia il programma formativo dell’anno sociale 1994/’95 con l’incontro tenuto il 24 novembre 1994 sul tema “Le Acli si rifondano sul Vangelo” e la meditazione collettiva tenuta su un testo del noto teologo Giuseppe Angelini.

Queste iniziative sono tuttavia strettamente correlate con l’attenzione e l’intervento costanti nelle vicende sociali e politiche,alivellolocalecomeindimensione globale. Fa fede di questa sensibilità la raccolta di fondi per la solidarietà con le popolazioni della ex Jugoslavia, che, dopo un incontro svoltosi il 24 gennaio 1993 presso la sede del Circolo, frutta un ricavato di oltre un milione di lire, equamente ripartite fra le iniziative di solidarietàinBosniaeinSomalia.

L’attenzione all’evoluzione delle vicende politiche è dimostrata dalla promozione del confronto pubblico fra i candidati parlamentari del collegio di Abbiategrasso chesisvolgenelmarzo1994eneldibattito fra i candidati a Sindaco che si svolge nel giugno successivo. A un anno dalle elezioni, poi, il Circolo organizzerà un dibattito con ilSindacoCerettiper unbilanciodel lavoro svolto sin qui dall’Amministrazione e una verificasuiproblemipiùurgentidellacittà. Nonmancapoiunaspecificaattenzionealle questioni del mondo del lavoro, e in particolare a quello della zona abbiatense,

che si concretizza in un incontro-dibattito nel febbraio del 1995, introdotto dall’assessorecomunaleRiccardoVillaecon lapartecipazionediunimprenditoreediun delegatodifabbrica.

Sono anche anni molto intensi per la cooperazione abitativa aclista, che soffre anch’essa della crisi dell’Amministrazione comunale, la quale, dopo l’approvazione del Piano Regolatore Generale del 1992, vive fra alterni contrasti la fase successiva, frenata anche dalla parallela crisi dell’ente Regione. Dopo lo scioglimento del Consiglio comunale e la successiva fase di commissariamento (di fatto quasi un anno di paralisi amministrativa), solo nel dicembre 1994 viene approvato il piano di lottizzazione. In questi anni la cooperativa Monteverde realizza 10 appartamenti in edilizia economica e popolare, mentre 9 ne costruisce la cooperativa Molino Vecchio. Nel settembre del 1995 iniziano i lavori di edificazionedi19villetteadedilizialibera.

Arriviamo così ad oggi, alla celebrazione di cinquant’anni di Acli ad Abbiategrasso, a Milano, in Italia, memoria di un cammino né facile né sempre appagante, che una parte consistente di credenti, di lavoratori, di cittadini ha intrapreso nel corso di questi anni.

Ma sbaglieremmo grandemente a ritenere che le celebrazioni odierne siano un punto di arrivo: al contrario esse segnano un passaggio, una fase di sviluppo ulteriore di una realtà complessa e multiforme quale è quelladelMovimentoaclista.

I cinquant’anni di Acli alle nostre spalle, pur essendo parte della nostra memoria, sono meno importanti degli anni che verranno, nei quali dovremo mettere all’opera tutta la nostra sensibilità umana, religiosa, sociale e politica per rendere sempre meglio quel servizio – alla Chiesa, alla classe lavoratrice, alla democrazia –che definisce la nostra natura e il nostro impegno.

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