Pier Pasolini The Political Body

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Pier Paolo Pasolini TUTTO È SANTO il corpo politico The PoliticalPierBody Paolo Pasolini TUTTO È SANTO il corpo politico The Political Body 5 CONTINENTS EDITIONS

8 Foreword

Giovanna Melandri

10 Pier Paolo Pasolini. Everything is Sacred. The Political Body

Bartolomeo Pietromarchi

20 “It Was Indeed a Firefly, in the Crack of a Wall.” 1975 – 2022

Giulia Ferracci

58 Pasolini and the Inferno of the Present: Salò, or the 120 Days of Sodom

Roberto Chiesi

64 Pasolini. Volgar’eloquio

Francione

114 Alvin Curran

116 Dante Ferretti

118 Claire Fontaine

120 Jorge Fuembuena Loscertales

122 Aziz Hazara

124 Huang Yong Ping

126 Nalini Malani

128 Fabio Mauri

130 Marzia Migliora

132 Giulio Paolini

134 Pino Pascali

136 Francesco Vezzoli

138 Ming Wong

140 Yan Pei-Ming

144 Let’s Imagine It, Together!

Notes on Pier Paolo Pasolini’s Influences on the Global Contemporary Art World

Hou Hanru

158 Pasolini and the Metaphysical Experience

Paul Chan

166 Hieratical Empiricism: On Pasolini’s “Technical Sacrality”

Ara H. Merjian

180 Pasolini and the Form of the Revolution

Anne-Violaine Houcke

196 The Glorious Body. Pasolini and Soccer

Vincenzo Trione

206

1975: The Final Year

Marco Belpoliti

Contents
Cardinale
Fabio
70 Lutheran Letters Eleonora
Exercises in Sanctity
76 Pasolini the Lutheran and the Apostle
Beast of Style Eleonora Cardinale 92 Petrolio Silvia De Laude 105 Works on Display 106 Noor Abed 108 Sammy Baloji 110 Elisabetta Benassi
Paul Chan
Giuseppe Garrera 84
112

Sommario

9 Prefazione

Giovanna Melandri

11 Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo. Il corpo politico

Bartolomeo Pietromarchi

21 “Era proprio una lucciola, nella crepa di un muro”. 1975 – 2022

Giulia Ferracci

59 Pasolini e l’Inferno del presente:

Salò o le 120 giornate di Sodoma

Roberto Chiesi

65 Pasolini. Volgar’eloquio

Fabio Francione

71 Lettere luterane

Eleonora Cardinale

77 Pasolini luterano e apostolo Esercizi di santità

Giuseppe Garrera

85 Bestia da stile Eleonora Cardinale

93

114 Alvin Curran

116 Dante Ferretti

118 Claire Fontaine

120 Jorge Fuembuena Loscertales

122 Aziz Hazara

124 Huang Yong Ping

126 Nalini Malani

128 Fabio Mauri

130 Marzia Migliora

132 Giulio Paolini

134 Pino Pascali

136 Francesco Vezzoli

138 Ming Wong

140 Yan Pei-Ming

145 Immaginiamola, insieme!

Appunti sulle influenze di Pier Paolo Pasolini

sul mondo dell’arte contemporanea globale

Hou Hanru

159 Pasolini e l’esperienza metafisica

Paul Chan

167 Empirismo ieratico: sulla “sacralità tecnica” di Pasolini

Ara H. Merjian

181 Pasolini e la forma della rivoluzione

Anne-Violaine Houcke

197 Il corpo glorioso. Pasolini e il calcio

Vincenzo Trione

207 1975. L’ultimo anno

Marco Belpoliti

Petrolio Silvia De Laude
105 Opere in mostra 106 Noor Abed 108 Sammy Baloji 110 Elisabetta Benassi
112 Paul Chan

Prophecy and memory, power and marginalization, revolt and utopia. Pier Paolo Pasolini once again triggers our disenchanted consciences, resurfacing at times with verses, films, novels, and articles that still today leave us with a feeling of nostalgia for a free and heretical voice. MAXXI celebrates the 100th anniversary of his birth, almost half a century from when he was martyred, with a museum-workshop approach: by questioning his legacy, investigating the interweaving languages, obsessions, and creativity that made him one of the most powerful and enigmatic figures in recent history. Pier Paolo Pasolini. Everything is Sacred. The Political Body considers, in particular, his artistic and intellectual production of 1975, the year of the visionary film Salò o le 120 giornate di Sodoma (Salò, or the 120 Days of Sodom) and the unsettling novel Petrolio, interrupted by his tragically symbolic murder that still today remains an unresolved dark secret.

The title of the exhibition quotes Chiron the sage in Medea (1969)—the film where the director injected his own tormented vision of nature, myth, and eros—and evokes the anthropological boundaries he perceived as sacred. For Pasolini, the customs, traditions, and voices of an agrarian and subproletarian Italy—which for some time had been overwhelmed and undermined—revealed the greatness, so simple and solemn, of the archaic and the primitive, and measured the cracks of neocapitalist society and a cynical and amoral middle class. Much was said at the time, and not always free from ideology and political calculation, of certain ideas of Pasolini, of his nostalgia for rituals that were succumbing to explosive consumerism. He felt lost and was outraged for the fadeout between history and myth, for the magmatic division of city suburbs from the bond of solidarity in identity.

Pier Paolo Pasolini. Everything is Sacred. The Political Body (curated by Giulia Ferracci, Hou Hanru, and Bartolomeo Pietromarchi) offers a few of the most prolific features of a unique and complex, secular and spiritual, fragile and prescient figure who was able to expose the tangled web of contradictions hidden in the folds of Western societies, even though not all of his intuitions were accurate. Thanks to the suggestions of contemporary artists, today and in the past, by his civil engagement and his talent, visitors can immerse themselves in the installation by Alvin Curran, in the insightfulness of Huang Yong Ping, or in the Greek tragedy reinterpreted by Nalini Malani and, without mentioning all the artists, in works made by different players on the Italian art scene: from Elisabetta Benassi to Pino Pascali, Francesco Vezzoli, and Dante Ferretti.

For this extraordinary event, our spaces are in dialogue with works from the Gallerie Nazionali Barberini Corsini and the Palazzo delle Esposizioni. One single exhibition, three complementary locations. Different museum institutions, united by the desire to tackle together, in innovative ways, Pasolini’s cultural legacy. We have already explored this in a recent series of encounters, held together with the Fondazione Maria e Goffredo Bellonci and entrusted to the talent of Walter Siti. We certainly will do this once again. Because Pasolini’s critical thinking is an inexhaustible font.

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Foreword

Prefazione

La profezia e la memoria, il potere e l’emarginazione, la rivolta e l’utopia. Pier Paolo Pasolini scuote ancora le nostre disincantate coscienze riemergendo spesso con versi, film, romanzi e articoli corsari che ci lasciano ancor’oggi la nostalgia di una voce libera ed eretica. Il MAXXI ne celebra il centenario della nascita, a quasi mezzo secolo dal suo martirio, con approccio da museo-laboratorio: interrogando la sua eredità, indagando la trama di linguaggi, ossessioni, creatività che ne hanno fatto una delle figure più potenti e più enigmatiche del passato prossimo. Pier Paolo Pasolini Tutto è santo. Il corpo politico ci fa accostare, in particolare, alla sua produzione artistica e intellettuale del 1975, anno della visionaria pellicola Salò o le 120 giornate di Sodoma e dell’inquietante libro Petrolio – interrotto da un assassinio tragicamente simbolico e rimasto oscuro nei suoi reali contorni.

Il titolo della mostra cita una battuta del saggio Chirone in Medea (1969) – l’opera cinematografica in cui il regista ha immesso la propria tormentata visione della natura, del mito e dell’eros – ed evoca i confini antropologici da lui avvertiti come sacrali. Sono i costumi, le tradizioni, le voci di un’Italia contadina e sottoproletaria, da tempo stravolta o dissolta, che ai suoi occhi svelava la grandezza, così semplice e solenne, dell’arcaico e del primitivo e misurava le crepe di un assetto sociale neocapitalistico e di una borghesia cinica e amorale. Si discusse all’epoca, non sempre senza lenti ideologiche e calcoli politici, di certe convinzioni pasoliniane, del rimpianto verso riti che stavano cedendo all’irruzione del consumismo. Egli si sentiva smarrito e si indignava per la dissolvenza in atto tra storia e mito, per la separazione magmatica delle periferie urbane dal cemento di una solidarietà identitaria.

Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo. Il corpo politico (a cura di Giulia Ferracci, Hou Hanru e Bartolomeo Pietromarchi) restituisce alcuni dei tratti più fecondi di una personalità unica e complessa, laica e spirituale, fragile e preveggente, che ha saputo denunciare grumi di contraddizioni nascoste nelle pieghe delle società occidentali, anche se non tutte le sue intuizioni si sono rivelate feconde. Grazie alle suggestioni di artisti contemporanei che alla sua passione civile e al suo estro si sono ispirati – oggi o in passato – vi immergerete nell’installazione di Alvin Curran, nella visionarietà di Huang Yong Ping o nella tragedia greca reinterpretata da Nalini Malani e, senza citarli tutti, in lavori realizzati da voci diverse della scena italiana: da Elisabetta Benassi a Pino Pascali, da Francesco Vezzoli a Dante Ferretti.

I nostri spazi dialogano in questa straordinaria occasione con opere delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini e del Palazzo delle Esposizioni. Una sola mostra, tre luoghi complementari. Istituzioni museali diverse, unite dalla volontà di misurarsi assieme, in forme innovative, con il lascito culturale di Pasolini. Noi lo abbiamo già esplorato in un recente ciclo di incontri realizzato con la Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e affidato al talento di Walter Siti. Torneremo certamente a farlo ancora. Perché il pensiero critico di Pasolini è una vena inesauribile.

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Pier Paolo Pasolini. Everything is Sacred. The Political Body

Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo (Everything is Sacred ) is an exhibition of broad scope that explores the multiple aspects of Pasolini’s work and biography: the leitmotif here is the body, a constant presence in his practice. The exhibition unfolds across three events in three different locations in Rome: the Palazzo delle Esposizioni and the Gallerie d’arte antica Barberini Corsini, which focus on, respectively, the poetical body and the prophetic body , while at MAXXI we have chosen to consider the political body and to explore it in a unique way, that is, by concentrating on a single year—1975—the final year of his life. In fact, Pasolini died tragically in the early hours of November 2 and left behind a series of unfinished works, including his most ambitious and most significant novel, Petrolio , published posthumously along with other testimonies from his final period.

The year 1975 was one of Pasolini’s most active: conferences, interviews, newspaper articles, TV appearances. With his customary polemical and provocative accusations, he admonished, responded, and raised the stakes. His interventions touched upon controversial and relevant issues like abortion, homosexuality, the abuse of power, and the destruction of Italian tradition and identity as perpetrated by the unchecked affirmation of mass culture. His voice has always been recognizable—dead set against trends, confrontational, immune to the ideological allusions and self-interests that resounded during the years of the “strategy of tension,” of trade union strikes, of mass youth movements, and of battles for civil rights, as Marco Belpoliti admirably retraces in this catalogue.

The exhibition at MAXXI offers a philological reconstruction of Pasolini’s final period, analyzed with the help of an important selection of visual materials and documents, as well as expansive observations on Pasolini’s notoriety following his death, in particular during these past three decades, when his multifaceted practice has gradually become a source of inspiration, building material, and a reservoir of themes and allegories for the latest generations of artists.

This essay aims to analyze the bond between Pier Paolo Pasolini and Fabio Mauri, the poet’s friend and companion since his early days in Bologna, when both, a little over twenty years old, worked on the editorial staff for the magazine Il Setaccio. 1 A close fellowship was immediately forged between them, both in terms of cultural sensitivity as well as a true artistic vocation, with particular attention to the body and its two-fold aesthetic and political aspects.

Fabio Mauri thus became a forerunner of the dialogue “at a distance” between Pasolini and the art world, an echo destined to last over time and which continues even today, in the interventions of the contemporary artists exhibited at MAXXI.

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Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo.

Il corpo politico

Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo è un ampio progetto espositivo che indaga i molteplici aspetti dell’opera e della biografia dell’autore seguendo come filo conduttore il corpo, presenza costante nella sua creazione. La mostra si articola in tre tappe e in tre luoghi diversi della città di Roma: il Palazzo delle Esposizioni e le Gallerie d’arte antica Barberini Corsini, che si concentrano rispettivamente sul corpo poetico e sul corpo veggente , e il MAXXI, dove abbiamo scelto di prendere in considerazione il corpo politico e di farlo in una chiave insolita. La mostra quindi si concentra su un unico anno, il 1975, l’ultimo di vita di Pasolini che, infatti, muore tragicamente nella notte tra il primo e il 2 novembre lasciando una serie di opere incompiute, tra cui il suo romanzo più ampio e significativo, Petrolio , pubblicato postumo insieme ad altre testimonianze del suo periodo finale.

Il 1975 è uno degli anni in cui Pasolini è più attivo: conferenze, interviste, articoli sui giornali, presenze televisive: con la sua abituale carica polemica e provocatoria accusa, avverte, risponde, rilancia. I suoi interventi toccano temi scottanti e attuali come l’aborto, l’omosessualità, gli abusi del potere, la distruzione della tradizione e dell’identità italiana effetto dell’affermazione incontrastata della cultura di massa. La sua voce è sempre riconoscibile, strenuamente controcorrente, provocatoria, insensibile ai richiami e alle convenienze ideologiche che risuonano negli anni della “strategia della tensione”, delle lotte sindacali, dei movimenti giovanili di massa, delle battaglie per i diritti civili, come ha ben ricostruito in questo stesso catalogo Marco Belpoliti.

La mostra del MAXXI offre una ricostruzione filologica dell’ultimo periodo di attività di Pasolini, analizzata con l’ausilio di un’importante selezione di materiali visivi e di documentazione, e al tempo stesso estende il suo raggio di osservazione alla fortuna postuma dell’autore e, in particolare, agli ultimi tre decenni, quando la sua opera multiforme è diventata, di volta in volta, fonte di ispirazione, materiale di costruzione, riferimento tematico e allegorico per gli artisti delle generazioni più recenti.

Questo saggio si propone di indagare il legame tra Pier Paolo Pasolini e Fabio Mauri, amico e sodale dell’autore sin dagli anni bolognesi, quando entrambi, poco più che ventenni, collaboravano alla redazione della rivista “Il Setaccio”1. Tra i due nacque sin da subito un rapporto molto stretto, sia in termini di sensibilità culturale sia di impostazione artistica vera e propria, con particolare riguardo alla tematica del corpo e alla sua doppia valenza estetica e politica. Fabio Mauri si fece così precursore di un dialogo “a distanza” tra Pasolini e il mondo dell’arte, un’eco destinata a durare negli anni e che si protrae fino a oggi, negli interventi degli artisti contemporanei esposti al MAXXI.

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On May 31, 1975, in Bologna, at the Galleria d’Arte Moderna, Mauri screened Il Vangelo secondo Matteo (The Gospel According to St. Matthew) upon Pasolini’s chest. Immobile, seated in front of the audience wearing a white shirt, with his face in dim light, the filmmaker agreed to subject himself to a sort of cathartic ritual of public display: screening a film upon its creator. Blinded by the projector’s light, and with an intentionally loud soundtrack, he endured, as Mauri himself would later state, an “X-ray of the soul” of subjectivity and of conscience, in a series of interchanging roles between author and spectator. As Stefano Chiodi wrote concerning this action: “The performance Intellettuale is therefore a hermeneutic display of Pasolini’s work, transposed onto a unique conversational level, in which the linguistic dissection of the mechanism of representation is implemented in parallel with a presentation of the ‘ecstatic’ and performative nature of his body.”2

Almost two months earlier, on April 8, Mauri had held in Rome another version of this same performance as part of a much broader project—a set of actions and installations with a title laden with memories and political insinuations, Oscuramento, intended to be a journey in three stages, three “stations” one could say, that the audience was invited to visit. At the heart of the work were references to the artistic and civil universe shared by Mauri and Pasolini, starting from the single discerning awareness of a political and cultural threshold that Italy at the time was forced to cross. The backdrop was historical, as confirmed by the three venues selected by Mauri for his interventions (the Studio d’arte Cannaviello, the Museo delle Cere [Wax Museum] in Piazza Santi Apostoli, and Elisabetta Catalano’s photography studio), all very close to Piazza Venezia, a key location for Fascism.

It was precisely Oscuramento, unquestionably one of Mauri’s most complex works, that became for MAXXI the theme for a critical and documentary reconstruction whose constant reference is the figure of Pasolini, who during those months was finishing the editing for Salò o le 120 giornate di Sodoma (Salò, or the 120 Days of Sodom). For his final film, Pasolini combined Sade’s novel with the grim and violent setting of Italy during the years of civil war and of the Resistance, thus turning this story into a metaphor for a human condition observed in its most revolting and contradictory aspects.

In Oscuramento, Mauri treated similar themes: the abuse of power, the constant recourse to depravation and humiliation of the weakest, the cult of violence and death. Both artists reflected not only on the twentieth century’s darkest legacy, but also on its sudden comeback in opulent societies, in the dark heart of consumer economies and cultures. Those were the years when intellectuals were invited to keep a watchful eye on the resurgence of hidden forms of totalitarianism and the risk of a new, and even more pervasive, “black out.”

Both artists shared, in an essential and unified intuition, the centrality of the body and its biopolitical value. This was a theme, crucial to the game of negotiating the identity of modern man from the Shoah onward, that proved pivotal for cultural reflections from the 1970s to today. It all began at a prearranged time on April 8, in the Cannaviello gallery, where the first action took place with its protagonist, the Hungarian director Miklós Jancsó, whose chest was used to screen his film Salmo rosso (Red Psalm, 1971). This was Mauri’s first screening upon bodies and objects, a method he would use various times over the years. The body is the place that

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Copertina del primo numero della rivista “Il Setaccio”, Bologna 1942, con un disegno di Pasolini | Cover of Il Setaccio magazine, first issue, with a drawing by Pasolini, 1942. Immagine tratta dalla banca dati online | Image from the online database Pasolini ‘42, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio di Bologna
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and consolidation, in this case in the contexts we usually call Western. If Pasolini, therefore, advanced—with the power of poetry and of scandal—homosexuality and gender issues, at the origin of biological life, denouncing “anthropological mutation,” abuse of power, violence, marginalization, and racism, Mauri, in turn, explored the seductive mechanisms of totalitarian ideology, including its forms and its ability to manipulate the way we perceive ourselves and others. Both paved the way for a long process of deconstructing subjectivity and its political negotiations, amplified today by the virtual dimension of social media, which offers an incessant reinvention and multiplication of identity and gender in a process that is fluid and in constant motion, eluding established categories and definitions. A lengthy gestation, especially as regards gender studies and reflections that have attracted our attention on the need for a diverse, more aware, and freer inclusivity.

1 The magazine Il Setaccio was published in Bologna between late 1942 and May 1943. The first issue of the magazine came with a drawing by Pasolini on the cover.

2 Stefano Chiodi, “Dalla voce alla presenza. Il corpo del poeta nel tempo dello spettacolo”, in La rivista

di Engramma no. 181, May 2021, 381.

3 Fabio Mauri, Intellettuale 1985, in Pier Paolo Pasolini. Una vita futura. La forma dello sguardo, exhibition catalog (Rome, Mercati di Traiano, October 15–December 15, 1985).

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© Eredi Fabio Mauri Courtesy the Estate of Fabio Mauri and Hauser & Wirth Foto | Photo Enzo Cannaviello

e dunque nei processi di costruzione e rielaborazione delle identità. Pasolini e Mauri avevano intuito come la negoziazione delle identità personali che passano per la ridefinizione del corpo e di ciò che è accettato o rifiutato, sarebbero divenute il fulcro delle future battaglie per la conquista dei diritti civili, la cui posta è l’affrancamento dell’uomo dai poteri autoritari, normativi, e il cui effetto è un’autoaffermazione del sé in ogni sua forma. Ciò che entrambi ponevano al centro della loro riflessione era il concetto di “anomalia corporea”, intesa nel suo senso più ampio, che include sia il sesso biologico, sia la presentazione del sé in una modalità discordante dai codici prestabiliti – dunque anche quelli sessuali (genere e orientamento sessuale) e sentimentali – che supera qualsiasi concetto di “devianza” e, per estensione, di peccato, crimine, malattia.

La nozione di devianza si è in effetti sviluppata attorno all’idea di una discordanza, di un allontanamento da ciò che rispetto al corpo (e agli atti corporei) si è imparato a riconoscere come “naturale”, ossia normale, legittimo, lecito e sano. La discordanza riguarda il modo diverso di guardare se stessi, ma anche all’altro da sé, rispetto a un ordine costituito, a una norma codificata. Sono queste dissonanze che consentono una riflessione su come l’idea di “giusto” rispetto alle soggettività – nonché l’idea di ordine e relativa devianza da questa idea – non sia “naturale” ma la risultante di processi storici, culturali e sociali che ne hanno prodotto la configurazione e il consolidamento, in questo caso nei contesti che si usa definire occidentali.

Se Pasolini ha dunque posto con forza poetica e di scandalo la questione omossessuale e quella relativa ai generi, all’origine della vita biologica, denunciando la “mutazione antropologica”, la prevaricazione e la violenza, l’emarginazione e il razzismo, Mauri si è interrogato a sua volta sui meccanismi seduttivi dell’ideologia totalitaria, sulle sue forme, sulla sua capacità di manipolazione della percezione di sé e degli altri. Entrambi hanno gettato le basi per un lungo processo di decostruzione della soggettività e della sua negoziazione politica, amplificata oggi dalla dimensione virtuale dei social media, nei quali si assiste all’incessante reinvenzione e moltiplicazione di identità e generi in un processo fluido e in continuo movimento che elude categorie fisse e definizioni.

Una lunga gestazione soprattutto negli studi e nelle riflessioni di genere che hanno attirato la nostra attenzione nei confronti della necessità di una diversa, più consapevole e libera inclusività.

1 La rivista “Il Setaccio” fu pubblicata a Bologna tra la fine del 1942 e il maggio del 1943. Il primo numero è corredato da un disegno di Pasolini in copertina.

2 Stefano Chiodi, Dalla voce alla presenza. Il corpo del poeta nel tempo dello spettacolo, in “La rivista di Engramma”

n. 181, maggio 2021, p. 381.

3 Fabio Mauri, Intellettuale 1985, in Pier Paolo Pasolini. Una vita futura. La forma dello sguardo, catalogo della mostra (Roma, Mercati di Traiano, 15 ottobre–15 dicembre 1985), Roma 1985.

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Fabio Mauri, Oscuramento, 1975, III Stazione – Oscuramento, Studio Catalano, Roma
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Fabio Mauri, Pier Paolo Pasolini, Che cos’è il fascismo?, 1971 Stabilimenti Safa Palatino, Roma Foto | Photo Elisabetta Catalano Courtesy Archivio Elisabetta Catalano Pier Paolo Pasolini alla | at the Torre di Chia, 1975 © Dino Pedriali/Archivio Dino Pedriali Fondazione Cineteca di Bologna
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Pier Paolo Pasolini, San Paolo, Biblioteca Nazionale Centrale “Vittorio Emanuele II”, Roma, Vitt.Em.1563/3, c. 1r
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Pier Paolo Pasolini, San Paolo, Biblioteca Nazionale Centrale “Vittorio Emanuele II”, Roma, Vitt.Em.1563/3, c. 79r

Noor Abed

Jerusalem, 1988

our songs were ready for all wars to come, 2021 Film in pellicola Super 8 | Super 8 mm film, 22’

6 disegni A5 | A5 drawings

Courtesy l’artista | the artist

Noor Abed is a filmmaker, multidisciplinary artist, and performer working at the intersection of performance and film. Her practice examines notions of choreography and speculative relationships between individuals, creating situations where social possibilities are both rehearsed and performed. For the artist, mythology, folklore, and the collective imagination are tools for analyzing and questioning history and trying to envision different realities, plural and alternative narratives, and forms of daily resistance.

The work our songs were ready for all wars to come is composed of choreographed and musical scenes, based on documentation of traditional Palestinian stories. With this work the artist strives to create a new aesthetic to evoke stories from oral traditions that describe—while also focusing on song and voice—the symbolic bond between wells and the community rituals of death and disappearance. our songs were ready for all wars to come explores the transformative potential of folklore as a source of collective knowledge and alternative social and representational models in Palestine. Popular songs—in the outlook of the archaic world imagined by the artist—become a shared tool in everyday resistance and emancipation on the part of communities and lands oppressed by neoliberal and colonial hegemonies. They also offer a way to overturn dominating discourses, to reflect on history, and to imagine an alternative reality free from oppression.

Noor Abed è una film-maker, artista multidisciplinare e performer che lavora all’intersezione tra performance e film. La sua pratica artistica esamina infatti la coreografia e la performance, indagando i meccanismi e le condizioni di produzione della conoscenza in vari contesti sociopolitici. La mitologia, il folclore e l’immaginazione collettiva diventano per l’artista gli strumenti per analizzare e interrogare la storia e provare a immaginare realtà differenti, narrazioni plurali e alternative, forme di resistenza quotidiana.

Il lavoro our songs were ready for all wars to come si compone di scene coreografate e musicate, basate sulla documentazione di racconti popolari palestinesi. Con quest’opera l’artista vuole creare una nuova forma estetica per evocare storie della tradizione orale che raccontano – mettendo al centro il canto e le voci – il legame simbolico tra i pozzi d’acqua e i rituali comunitari della morte e della scomparsa. our songs were ready for all wars to come esplora il potenziale trasformativo del folclore in quanto fonte di conoscenza collettiva e la sua possibile connessione con modelli sociali e rappresentativi alternativi in Palestina. I canti popolari nella visione del mondo arcaico immaginato dall’artista diventano uno strumento comune di resistenza quotidiana e di emancipazione da parte di comunità e terre oppresse da egemonie neoliberali e coloniali, un modo per sovvertire i discorsi dominanti, riflettere sulla storia e immaginare una realtà alternativa e libera dalle oppressioni.

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Still da video | Video still Courtesy l’artista | the artist
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Let’s Imagine It, Together!

Notes on Pier Paolo Pasolini’s Influences on the Global Contemporary Art World

At any rate, as for me, should that interest the reader, let it be clearly understood. I would give the entire Montedison, even though it be a multinational company, for a firefly.1

In spite of his relatively limited direct contact with the visual art world during his lifetime, Pier Paolo Pasolini’s work, as well as his persona as an intellectual icon, has had considerable influence on today’s art community. Rome has a long history of international academies hosting artists in residence. Hundreds of international artists have come here to research and develop their work in the eternal city, the capital of “Western civilization.” Among them, a large number have focused on researching Pasolini’s life and work, already the stuff of contemporary legend. Meanwhile, the Italian art world remains perpetually engaged with reviving Pasolini’s legacy. Beyond the Roman and Italian contexts, his literature and film works, as well as political opinions, have been widely echoed by generations of artists across the world. Today, with the coming of the centenary of his birth, Pier Paolo Pasolini, as an iconic symbol of critical thinking and rebellious vox populi (without vox Dei, of course), has become increasingly venerated and followed by young artists. Although some works on Pasolini may be seen as “exotic” because they mainly reveal an interest in exploring the famously (sometimes even notoriously) controversial anecdotes of his life (and death), many others, however, succeed in exploring spiritual, intellectual, and political connections with his legacy in more essential and philosophical ways, at once distant and intimate. This does not only prolong the “myth” of Pier Paolo Pasolini, but also enduringly revives the real significance of his artistic and political undertakings. For the last four decades, a certain form of long-lasting interplay between the spirit, or the “specter,” of Pasolini and living artists has been unfolding, “haunting” like a realm of fantasy, or a real “hauntology,” energizing all sorts of creative minds.

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Immaginiamola, insieme!

Appunti sulle influenze di Pier Paolo Pasolini sul mondo dell’arte contemporanea globale

Ad ogni modo, quanto a me (se ciò ha qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io, ancorché multinazionale, darei l’intera Montedison per una lucciola1

Sebbene Pier Paolo Pasolini abbia avuto contatti diretti relativamente limitati con il mondo dell’arte visiva durante la sua vita, le sue opere, così come la sua figura di icona intellettuale, hanno avuto una notevole influenza sulla comunità artistica contemporanea. Roma ha una lunga storia di accademie internazionali che ospitano artisti in residenza. Centinaia di loro, provenienti da tutto il mondo, giungono qui per svolgere ricerche e portare avanti il loro lavoro nella Città Eterna, la capitale della “civiltà occidentale”. Tra questi, molti si concentrano sull’analisi della vita e dell’opera di Pasolini, già entrato nella leggenda contemporanea. Nel frattempo, il mondo dell’arte italiano è costantemente impegnato a far rivivere la sua eredità. Al di là del contesto romano e nazionale, la sua produzione letteraria e cinematografica, così come le sue opinioni politiche sono state ampiamente riprese da generazioni di artisti in tutto il mondo. Oggi, nel centenario della sua nascita, Pier Paolo Pasolini, simbolo iconico del pensiero critico e della vox populi ribelle (senza vox Dei , ovviamente), è sempre più venerato e seguito dai giovani artisti. Se alcune opere a lui dedicate possono essere considerate “esotiche” poiché rivelano principalmente un interesse nell’esplorare famosi (talvolta anche famigerati) aneddoti controversi della sua vita e della sua morte, molte altre, invece, riescono a indagare le connessioni spirituali, intellettuali e politiche legate al suo lascito, in maniera più essenziale e filosofica, nel contempo distante e intima. Questo non solo contribuisce a perpetuare il “mito” di Pier Paolo Pasolini, ma fa rivivere il vero significato delle sue “imprese” artistiche e politiche. Negli ultimi quarant’anni si è sviluppata una forma di tenace interazione tra lo spirito, o lo “spettro”, di Pasolini e gli artisti viventi, un’interazione “ossessionante” come un regno fantastico, anzi una vera e propria hauntology , in grado di stimolare ogni tipologia di mente creativa.

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of the “distant” Marx—hinged upon a sense of “passion,” at once brazenly erotic and vaguely religious, over and against the ratiocinations of class struggle outlined by Gramsci. “To destroy bourgeois culture,” the latter writes, “mean[s] simply breaking down bourgeois spiritual hierarchies, rejecting biases, idols and stultified traditions; it mean[s] not fearing innovation, nor thinking that the world will collapse if a worker makes grammatical mistakes, if a poem limps, if a picture resembles a hoarding or if young men sneer at academic and feeble-minded senility.”5

In the very terms synthesized by Gramsci, a wide swathe of Italy’s contemporary artists and poets set about assailing bourgeois culture in the early 1960s. They rejected subjectivity as the benchmark of aesthetics in both word and image, attacking aesthetic idols and spiritual hierarchies by conflating discourses of high and low. In paintings evacuated of expressivity and poems that willfully “limped,” Italy’s neoavanguardia, Gruppo ’63, and a coterie of related visual artists set about deconsecrating the practice of high culture.

With his stubborn attachment to lyricism and crypto-Catholic humanist piety, Pasolini provided an easy target for this younger generation. Anything but iconoclastic—as he is routinely

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Michelangelo Merisi da Caravaggio, Martirio di san Matteo, 1599-1600 Olio su tela | Oil on canvas, 323 × 343 cm Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma Pier Paolo Pasolini, Accattone, 1961 Foto | Photo Angelo Pennoni, Fondo Angelo Pennoni © Archivio Fotografico Cineteca Nazionale - Centro Sperimentale di Cinematografia

lezioni di Antonio Gramsci – i cui scritti lo toccavano molto più di quelli del “lontano” Marx –si imperniava su un senso di “passione”, al tempo stesso sfacciatamente erotico e vagamente religioso, che superava le riflessioni sulla lotta di classe delineate da Gramsci. “Distruggere la cultura borghese”, scrive quest’ultimo, “significa distruggere gerarchie spirituali, pregiudizi, idoli, tradizioni irrigidite, significa non aver paura delle novità e delle audacie, non aver paura dei mostri, non credere che caschi il mondo se un operaio fa errori di grammatica, se una poesia zoppica, se un quadro somiglia a un cartellone, se la gioventù si prende gioco della senilità accademica e rimbambita”5

Negli stessi termini sintetizzati da Gramsci, nei primi anni Sessanta un’ampia fetta di artisti e poeti italiani contemporanei iniziò a contestare la cultura borghese. Essi rifiutavano la soggettività come parametro di riferimento dell’estetica sia a livello di parola sia di immagine e si scagliavano contro gli idoli estetici e le gerarchie spirituali facendo dialogare alto e basso. Con dipinti svuotati di espressività e poesie volutamente “zoppicanti”, la neoavanguardia italiana, il Gruppo ’63, e una cerchia di artisti visivi affini si impegnarono a desacralizzare la pratica della cultura alta.

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Progetto grafico e direzione artistica | Design and Art Direction

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Coordinamento editoriale | Editorial Coordination

Aldo Carioli in collaborazione con | in collaboration with Lucia Moretti

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5 Continents Editions S.r.l.

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ISBN: 979-12-5460-017-7

Distribuito in Italia e Canton Ticino da Messaggerie Libri S.p.A. Distribuito nel resto del mondo da ACC Art Books (UK, USA) | Distributed in Italy and Switzerland by Messaggerie Libri S.p.A. Distributed by ACC Art Books (UK, USA) throughout the world, excluding Italy.

Finito di stampare nel mese di ottobre 2022 presso Tecnostampa – Pigini Group Printing Division Loreto – Trevi, Italia, per conto di 5 Continents Editions, Milano | Printed and bound in Italy in October 2022 by Tecnostampa – Pigini Group Printing Division

Loreto – Trevi, Italy, for 5 Continents Editions, Milan

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