Gli eccessi e le torture di IDI AMIN DADA, tiranno che in UGANDA negli Anni ’70 ha UCCISO oltre 300mila persone
IL GIGANTE CANNIBALE
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pietra, e a chi si rifiutava di dare informazioni tranciava l’organo con un machete». Tanta brutalità trovò anche altri sfoghi: tra il 1951 e il 1960 la forza animalesca di Amin gli valse infatti il titolo nazionale di campione dei pesi massimi di pugilato. I trionfi sul ring e quelli militari gli portarono grandi simpatie tra i britannici e, quando nel 1962 all’Uganda fu concessa l’indipendenza facendone una repubblica presidenziale, il suo nome fu sponsorizzato presso il neopremier Milton Obote, che lo promosse vicecomandante. Doppio golpe. Allergico alla democrazia, nel 1966 Obote mise in atto un colpo di Stato scalzando il presidente della repubblica Mutesa II (rifugiatosi in Inghilterra) e a golpe ultimato promosse Amin a capo supremo dell’esercito, investendolo del compito di eliminare tutti i possibili nemici del neonato regime. Cosa che Dada fece riservandosi in paralle-
AL VERTICE
Acclamato dalla folla, il 25 gennaio 1971 Amin (al volante) prende il potere a Kampala, capitale ugandese.
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n gigante d’ebano con l’istinto dell’assassino e l’indole del pagliaccio. Centoventi chili per quasi due metri d’altezza che incutevano terrore ma che allo stesso tempo avevano qualcosa di goffo. “Un killer e un clown”, sintetizzò il settimanale americano Time, che nel marzo 1977 schiaffò il suo volto in copertina accanto al titolo L’uomo selvaggio d’Africa. È il ritratto di Idi Amin Dada, folle e sanguinario tiranno che tra il 1971 e il 1979 guidò lo Stato centroafricano dell’Uganda, meritandosi soprannomi raccapriccianti come “macellaio” e “dittatore cannibale”. Uniformi e guantoni. «Nato tra il 1924 e il 1928, Idi Amin era probabilmente originario dell’area di Koboko, nel Nord-ovest del Paese», spiega lo storico Domenico Vecchioni, biografo del dittatore. «Si sa che il padre aveva abbracciato l’islamismo, che la madre era una guaritrice e che lui frequentò poco o nulla la scuola, rimanendo semianalfabeta. Poi, dopo un’adolescenza segnata dall’abbandono paterno e dalla povertà, riuscì a entrare nell’esercito coloniale britannico (l’Uganda era dal 1894 un protettorato inglese, ndr)». Sotto le armi Amin si guadagnò il nomignolo “Dada”, dovuto al fatto che – in barba alla regola militare – veniva sorpreso spesso tra le braccia di fanciulle che di volta in volta indicava come dada, termine traducibile con “sorella maggiore”. Per assonanza, gli inglesi iniziarono invece a chiamarlo Big daddy, “Grande papà”. Inviato in Kenya (sotto controllo inglese) nel 1947, Dada brillò subito per la ferocia con cui contrastò per conto di Sua Maestà i movimenti di guerriglia anticoloniale. Così, nel 1954, fu richiamato in Uganda con il compito di reprimere le scorrerie di alcuni gruppi tribali dediti ai furti di bestiame. «Il giovane militare ideò allora una truculenta tecnica di interrogatorio», dice Vecchioni. «Radunava i sospetti ladri facendo loro appoggiare il pene su una
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