La dote di bettina

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senza sosta in quella giornata, da una casa all’altra non avendo parole suficienti a lenire le pene di chi non aveva nemmeno più gli occhi per piangere...spero che Dio perdoni il senso di impotenza che mi prese quando non riuscì a placare l’odio mio e di quei poveri cristi per i loro aguzzini. Solo dopo, mi resi conto che anche quelli che deinivo aguzzini erano delle anime vittime delle loro passioni, del Dio denaro, della loro vanità, del piacere che provavano nel sentirsi adulati quando facevano circolar la moneta, o delle lusinghe del potere...così il credito facile che pensavano opera di bene per i loro cittadini in dificoltà che rivolgendosi agli amici bancari riuscivano a tener in piedi i loro negozi, si era trasformato nel veleno che aveva dannato tanti, facendoli andare oltre i loro limiti, oltre le loro possibilità» «Il credito è potenza incalcolabile»gli disse il Monsignore riprendendo un’affermazione sentita molti anni prima «nell’opera della produzione e nello svolgimento della ricchezza, ma può convertirsi in strumento di distruzione, quando di esso si abusa,quando si dimentica che la ricchezza vera è frutto del lavoro, delle risorse che ci offre la natura, e possiamo donare solo ciò che possediamo.... del resto poi è chiaro quello che ci dice nostro signore: i nostri debiti saranno rimessi nella misura in cui noi rimetteremo i nostri debitori...quando questo equilibrio non sussiste l’uomo è fuori dalla grazia di Dio». Don Giovanni annui ma, in cuor suo, non riusciva a vedere il male in nessuno degli uomini che apparentemente avevano condotto l’istituto di credito a schiantarsi, come il Titanic, contro il muro di ghiaccio della banca rotta. Così il suo sconforto crebbe tanto che non si riprese più dal colpo subito. Quando in aprile gli scrosci violenti lagellavano i monti intorno a Lauria, ingrossando le sorgenti e i rivi che minacciavano i vicoli e le piazze del paese, il Sacerdote, si lascio’ morire. Egli aveva abbandonato la Parrocchia già dal febbraio, il mese corto e amaro, in cui maturò la sua agonia, la sua morte spirituale, la sua impotenza davanti ad una ragione umana non più capace di seguire le leggi del cuore e del perdono. I parrocchiani ricordarono a lungo lo stato di impotente delirio a cui lo aveva condotto o la continua e vana ricerca delle ragioni e delle colpe degli eventi tragici che aveva vissuto o la disperazione, bancarie poco chiare. Così ,infatti, nelle ultime prediche, dal pulpito tuonava: «Vedete quale sia l’arroganza dei tempi moderni: l’uomo pensa di poter conquistare il mondo, e non contento della sua tracotanza ha l’ardire di calpestare i precetti divini che gli impongono l’amore e il rispetto del prossimo,la conoscenza dei propri limiti, il 39

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