Parole con la morte

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Parole con la morte

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La mia bocca assume la piega cinica di un sorriso tutt’altro che allegro: — Ha importanza, chi? Una violenta pioggia comincia a cadere, così fitta da infradiciarci in pochi attimi. Lo scruto mentre intuisce il nuovo esame che deve affrontare. — No — risponde. — Perché, è importante. Annuisco, con i capelli incollati al viso. — Si chiama ‘attaccamento’ — aggiungo implacabile, chiedo molto adesso, — comprendi cosa vuol dire? — Non capisco se ti riferisci alla vita o al possesso — risponde dubbioso. — C’è differenza? — Incalzo. So che sto riversando la mia delusione su di lui, ma è un’ottima lezione. Deglutisce, credo senta la mia furia e ne è spaventato. — Credo di no — dice infine, abbassando lo sguardo. Restiamo così in silenzio, con la pioggia che ci sferza i corpi e il vento che sembra volerli modellare secondo un suo stile; poi aggiunge. — L’inganno, è stato farti credere di avere qualcosa d’importante da fare — azzarda, — per rinviare il viaggio con te? — Sì — rispondo seccamente, — non capendo che così si aggrappa a una vita già esaurita, nella sua essenza. Impedendo a se stesso di crescere, affrontando nuove sfide. — Così — mi spiega con un’intuizione, — anche chi spreca il suo tempo cercando di prolungare la vita fisica, come la ricerca dell’eterna giovinezza, o nell’ibernazione, sperando in un futuro di guarigione, di fatto si mette in un circolo vizioso, che lo lascerà indietro rispetto ai suoi compagni di viaggio? — Ricorda — rispondo annuendo, calmandomi — che il tempo è multidimensionale e che esistono molti mondi e dimensioni. — Ora cosa farai? — Domanda, temendo un mio severo intervento. Alzo le spalle, sento il freddo della stoffa, fradicia, sulla pelle: — Non temere, non farò nulla.


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