Lisa Verdi e il ciondolo elfico

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M.P. Black

LISA VERDI E IL CIONDOLO ELFICO

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LISA VERDI E IL CIONDOLO ELFICO Seconda edizione 2008 Zerounoundici Edizioni Copyright © 2008 Zerounoundici Edizioni Copyright © 2008 M.P. Black ISBN 978-88-6307-007-1 In copertina: immagine Shutterstock Finito di stampare nel mese di Febbraio 2008 da

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Alla mia famiglia e in particolare a mio figlio, perchĂŠ senza di lui questo libro non avrebbe avuto nĂŠ un inizio nĂŠ una fine. Con immenso amore.



Prologo

Diecimila anni fa un uomo stava scrutando il cielo, asciugandosi la fronte madida di sudore. Aveva appena terminato di arare il campo sotto il sole di mezzogiorno e la terra si era rivelata dura da lavorare. La sua attenzione era stata improvvisamente catturata da un puntino bianco che si muoveva accanto ad una nuvola dalla forma bizzarra. In pochi istanti il puntino divenne sempre più grande, fino a raggiungere la dimensione della montagna che lui ammirava ogni mattina, quando, al sorgere del sole, si affacciava alla porta della sua palafitta e stirava i muscoli, prima di cominciare la giornata. Le ginocchia gli cedettero e cadde a terra, nel momento in cui un fascio luminoso uscì dalla base di quella strana montagna sospesa nell’aria e toccò il suolo a qualche passo da lui. Sbarrò gli occhi e spalancò la bocca, quando dalla luce vide uscire tre esseri che gli si avvicinarono rapidamente. Gli tesero la mano, che lui afferrò tremando da testa a piedi, e l’aiutarono ad alzarsi. L’uomo dovette piegare la testa all’indietro per poterli guardare in viso. Erano alti quasi il doppio di lui, vestiti con abiti strani, lunghi e brillanti, che non aveva mai visto indossare da nessun altro abitante del villaggio. I capelli erano molto chiari e raggiungevano la vita diritti e sottili come i fili di lana che venivano utilizzati dalle donne per tessere. Ma ciò che più lo colpì, di quegli esseri, furono gli occhi, grandi e di un azzurro limpido quasi quanto quello del cielo che li sovrastava. Brillavano di una luce vivida e sembravano sorridere.


L’uomo pensò che creature con occhi di quel tipo possedevano senz’altro un’anima buona e gentile, per cui fece loro un breve cenno di assenso con la mano. L’ultima cosa che notò, prima di condurli al villaggio, furono le lunghe orecchie a punta che spuntavano da sotto i capelli e li rendevano alquanto bizzarri. Gli esseri alti si unirono così agli abitanti di quelle terre e, con il passare del tempo e degli anni, diedero vita ad una nuova generazione, il cui compito era quello di aiutare l’Uomo ad evolversi e a preservare l’integrità del pianeta Terra, impedendone la distruzione. Erano nati gli Elfi.


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Capitolo Primo Nella realtà quotidiana

- Sbrigati, o farai tardi a scuola, Paolo ti sta aspettando da un pezzo!– Lisa Verdi, come ormai d’abitudine, scoccò un bacio sulla guancia della zia, caricò sulle spalle lo zaino colmo di libri ed uscì rapidamente di casa, masticando in fretta la sua fetta di pane tostato. Paolo, il suo migliore amico e compagno di classe, era ancora in sella alla bici e la stava fissando divertito. Quella scena si ripeteva puntualmente tutte le mattine, in quanto Lisa aveva una certa difficoltà a mettere i piedi giù dal letto. - Ciao! - esclamò lei, inforcando la sua “mountain-bike” – Dai, partiamo! Le piaceva particolarmente andare a scuola in bicicletta; era una sensazione molto piacevole quella che provava correndo nel vento, tra le vie della città sempre zeppe d’auto e di passanti che camminavano a testa bassa, immersi nei loro pensieri. - Tu vai pure in classe – disse a Paolo, una volta giunti dinanzi alla scuola - Devo parlare con Matilde – Lui annuì e la guardò correre su per i gradini che portavano all’ingresso principale dell’edificio. Lisa entrò nella sala del caffè e vi trovò l’amica che stava già immersa nei libri, senza parlare con nessuno. - Buongiorno! – le urlò, sedendosi accanto a lei e facendola sobbalzare – Sei preoccupata per il compito di storia? - Certo che lo sono! – rispose seccata Matilde, sistemando gli occhiali sul naso – Lo sai che ci tengo a mantenere una media alta, e questo compito è più difficile degli altri. Tu sei pronta?-


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- Assolutamente no – rispose Lisa tranquillamente, lisciando con le mani i lunghi capelli castani che si erano arruffati con il vento – E la cosa non mi interessa proprio. Avanti, dimmi invece com’è andata la tua serata con Gianni!- Male, malissimo – sbuffò Matilde, richiudendo il libro, infastidita – Dopo il cinema mi ha accompagnata a casa e mi…insomma…mi…- Mi, cosa? – insistette Lisa, appoggiando i gomiti alle ginocchia e il mento sulle mani – Dai, muoio dalla curiosità! - Insomma, mi ha baciata, quel verme! - rispose lei, avvampando e chinando il capo nuovamente verso il libro. - Wow! – esclamò Lisa, alzando i pugni in segno di vittoria – Finalmente ce l’hai fatta, hai baciato un ragazzo! E’ un passo notevole, no? E com’è andata? Matilde sospirò e guardò l’amica con rassegnazione. - Da schifo – sussurrò, ciondolando il capo – Quello non sa baciare, mi ha inumidita e basta, mi sono incavolata e l’ho spinto via. Lui, naturalmente, si è offeso, mi ha dato della scema pazzoide e ha girato i tacchi. Bella serata, no?Lisa sgranò gli occhi dinanzi all’affermazione di Matilde e scoppiò a ridere. - Dai, non prendertela – la rassicurò, abbracciandola – Vedrai che la prossima volta andrà meglio! Non sono tutti come Gianni, te l’ assicuro!Matilde si staccò dall’abbraccio e la fissò con insistenza. - A proposito di ragazzi – le chiese, spostando una ciocca di capelli rossi dalla fronte - E con Paolo, come la mettiamo? Il ragazzo è interessato a te, si vede a distanza di un miglio che ti fa il filo, credimi!- Ma fammi il piacere! – esclamò Lisa, alzandosi in piedi – Lo sai che siamo amici da anni, non ci pensa proprio, lui, a farmi il filo! Dai, andiamo, ci aspetta l’ora di storia, così poi la smetterai di scocciarmi con questo maledetto compito Mentre si dirigeva con Matilde verso l’aula, Lisa rifletté sulle parole dell’amica. Paolo, in effetti, negli ultimi tempi si era dimo-


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strato più attaccato a lei, più dolce del solito e qualche volta lo aveva scoperto a fissarla con insistenza, quasi con interesse. Era un ragazzo carino, alto e magro, con folti capelli neri arruffati, occhi scuri e labbra sempre piegate in un dolce sorriso. Ma era anche il suo migliore amico fin da quando frequentavano le scuole elementari, non provava per lui niente di più dell’affetto che lega una sorella ad un fratello. Entrata in classe, sedette a fianco di Paolo, mentre Matilde lanciava un’occhiata di disgusto a Gianni, che si era nascosto dietro al libro di storia, per evitare di doverla salutare. Paolo sorrise e le diede un buffetto sulla guancia. - Oggi sei molto carina – le sussurrò, mentre la Professoressa Rizzardi faceva il suo ingresso nell’aula. Lisa lo fissò con stupore e non riuscì a rispondergli, tanto si era sentita scossa da quella affermazione. Lui non le aveva mai fatto alcun apprezzamento; al contrario, le aveva sempre detto che era una ragazza bruttina, con i capelli diritti come spaghetti e gli occhi verdi come rane. Forse Matilde aveva ragione? Lisa decise, prima di tuffarsi nel compito di storia, che da quel momento in poi avrebbe dovuto prestare più attenzione al comportamento di Paolo. Non voleva perdere un amico così caro e così importante per la sua vita. *** Si era dovuta impegnare a fondo, per riuscire a rispondere a tutte le domande di storia. In effetti, non aveva alcuna intenzione di beccare un voto insufficiente, ma non lo avrebbe mai ammesso con Matilde, considerando il suo carattere parecchio orgoglioso. Dopo aver consegnato i fogli alla Professoressa Rizzardi che le lanciò uno sguardo di rimprovero essendo stata, come al solito, l’ultima a terminare la prova, sentì la testa scoppiarle, come se qualcuno gliela stesse stritolando con una grossa tenaglia. Le si era perfino annebbiata la vista e, non appena giunse la sospirata


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ora della pausa mattutina, corse subito nel bagno delle ragazze per rinfrescarsi le tempie e i polsi. Si guardò criticamente allo specchio. Paolo aveva torto. Era tutto fuorché bruttina, anzi, probabilmente era la ragazza più carina della scuola, solo che cercava di non enfatizzare troppo il suo aspetto. Alta e snella, vestiva sempre comodamente ed amava molto la ginnastica, soprattutto la corsa, che le dava una carica incredibile, nei momenti in cui si sentiva senza energia. Quel giorno il sole splendeva forte nell’inizio di primavera e Lisa avrebbe voluto poter scacciare l’emicrania con una bella corsa nei boschi. Si bagnò nuovamente i polsi e, strizzando gli occhi anch’essi doloranti, si diresse verso il cortile, dove un vociare continuo stava ad indicare che la pausa non era ancora terminata. - Lisa, vieni qua!Paolo la stava chiamando con gesti plateali e lei obbedì, sforzandosi di sorridere. Era seduto su una panchina, mordicchiando distrattamente un panino ben imbottito. - Non hai fame? - le chiese, quasi preoccupato, fissandola con intensità - Se non vuoi mangiare, significa che non stai bene- In effetti, ho una terribile emicrania - sospirò lei, afferrandosi la testa - Forse mi passerà… Poi lo guardò con aria interrogativa, mentre scostava dal suo maglione alcune briciole di pane. - Come ti è andato il compito? Per me è stato maledettamente difficile, la Rizzardi ama vederci soffrire - Non sono riuscito a rispondere a tutte le domande, se è questo che vuoi sapere – rispose lui, ingoiando l’ultimo boccone del panino - Ma non mi interessa. Mi basta avere la sufficienza, lo sai che non sopporto sia questa materia che la nostra cara Prof. Ma tu sei sicura di sentirti meglio?La fissò con ansia, mentre lei si massaggiava le tempie e, d’istinto, le spostò la frangia dagli occhi. Lisa si bloccò e si ritrasse, fortemente a disagio. - Che ho fatto? - le chiese, abbassando la mano – Oggi sei strana-


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Lei si maledì. Non voleva fargli capire che si sentiva imbarazzata in sua presenza, dopo quello che le aveva detto Matilde di prima mattina. Sorrise e gli diede un buffetto sulla guancia. - E’ tutto a posto – tentò di rassicurarlo – Lo sai che quando sono preoccupata divento intrattabile Quindi si alzò dalla panca al suono della campanella e Paolo la imitò, scrollandosi di dosso le ultime briciole di pane. - Senti, prima di rientrare devo chiederti un’ultima cosa – Lisa si voltò di scatto ad osservarlo con curiosità e poté quasi giurare di averlo visto arrossire. - Sei libera, stasera? Avrei bisogno di parlarti - la implorò, con una nota d’ansia nel tono della voce. Lei tentò di trovare nella sua mente un qualche impegno assolutamente improrogabile, ma era troppo onesta per raccontare bugie al suo migliore amico. - Dopo cena, a casa mia – gli rispose, accennando un sorriso – E porta gli ultimi CD che hai comprato. E’ da un po’ che non sento un po’ di sana musica. Mia zia Anna mi assorda ogni giorno con quella insopportabile musica classica che mi fa venire il latte ai calcagni ! – Paolo scoppiò a ridere, ma sembrava comunque sollevato per non aver ricevuto un rifiuto. Guardandolo rientrare nella scuola, lei si convinse che la sua amica Matilde forse non aveva tutti i torti. Dopo aver cenato, l’emicrania fortunatamente le era passata quasi del tutto e Anna non aveva ancora acceso lo stereo, quindi la situazione, per il momento, era sicuramente sotto controllo. Osservò la zia mentre sciacquava i piatti, per poi riporli nella lavastoviglie. Single per scelta, era una donna ancora attraente, nonostante la sua non più giovanissima età, con un fisico asciutto che amava sottolineare indossando abiti fasciati e scarpe con tacchi alti. Era solita lasciare sciolti i lunghi capelli biondi, che le arrivavano fino alla vita. Amava inoltre indossare collane sempre molto vistose e si truccava parecchio, sia quando si preparava per andare a lavorare nel suo negozio di erboristeria, sia quando restava semplicemente in casa.


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Lisa adorava Anna, era cresciuta con lei sin dall’età di sei anni, quando i sui genitori erano morti in un disastro aereo. Assomigliava molto a sua madre Marta, che lei non ricordava benissimo, ma che poteva ammirare in parecchie foto conservate dalla zia. - Sei silenziosa – le sussurrò lei, mentre chiudeva la lavastoviglie e si apprestava a pulire i fornelli – Hai qualche pensiero per la testa?Lisa pensò a cosa rispondere senza insospettirla e quindi si stampò in faccia un bel sorriso. - Sono solo un po’ stanca. Ho avuto una giornata impegnativa. Dai, lascia che ti aiuti, tu vai pure a farti una doccia, se vuoi – Anna la guardò con sospetto e le scompigliò i capelli. - Quando arriva, Paolo? Riesci a cambiarti in tempo?- Certo, sarà qui tra un’ora. Ora vai a fare le tue cose, penso io alla cucina – Anna l’abbracciò con dolcezza e prese a salire rapidamente le scale, probabilmente ansiosa, pensò Lisa, di lasciare lei e Paolo da soli… Ma poi, perché doveva essere ansiosa di lasciarli da soli? Aveva forse intuito quella verità che lei cercava di sotterrare nei meandri della sua mente? Ad ogni modo, quando ebbe terminato di ripulire la cucina, e dopo un grosso sbadiglio, si recò al piano di sopra e salutò la zia che si era già infilata sotto le coperte con un libro in mano. - Buona serata – le augurò Anna, facendole l’occhiolino. Ma perché la zia le aveva fatto l’occhiolino? Perché si era già coricata così presto? Con una gran sensazione di fastidio addosso, entrò nel bagno, si liberò dei vestiti e si gettò sotto l’acqua calda, assaporando ogni istante di quella doccia che le stava lavando via tutta la stanchezza della giornata. Indossò poi una comoda tuta color avorio, raccolse i capelli sulla nuca con un mollettone e scese in salotto ad aspettare Paolo. Era agitata, le mani le sudavano e continuava a guardare l’orologio, mentre camminava su e giù per la stanza. Forse era solo stupida e stava esagerando il tutto… Già, Paolo le avrebbe semplicemente chiesto o di aiutarlo in letteratura, unica


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materia in cui lei eccelleva, o di andare con lui a fare un gita in bici domenica. “Ma certo” pensò “Allora perché mi ha chiesto se poteva vedermi stasera?” Paolo era abituato a capitare a casa sua quando gli pareva, senza chiederle il permesso. Già, il motivo della sua visita era senz’altro più serio o, comunque, più importante. L’emicrania cominciò a farsi risentire leggermente, così Lisa decise di sedere sul divano e di accendere la televisione. Si sintonizzò sul notiziario della sera, che era appena cominciato. “…omicidio circa due ore fa al Caffè “Paris” (Lisa sussultò, dalla sua casa distava solo un isolato). La vittima è Luigi Marchi (“Oh no!” ripensò lei, affranta “poverino!”), proprietario del locale. L’uomo è stato trovato riverso a terra vicino al bancone, con una freccia nel torace. I R.I.S., giunti immediatamente sul luogo del delitto, si sono messi subito al lavoro per effettuare i necessari rilevamenti. Sono già stati interrogati alcuni testimoni, che hanno affermato di aver visto uscire dal locale un uomo vestito completamente di nero, che si è poi allontanato in fretta senza lasciare alcuna traccia di sé. Per il momento non abbiamo altre notizie, per cui vi aggiorneremo al termine del telegiornale, quando ci collegheremo nuovamente con il nostro inviato. Ed ora passiamo alla prossima notizia…L’attrice “Nicole Kidman”…” Ma Lisa non ascoltava più. Era veramente triste per la morte del Sig. Marchi. Ritenuto dai più un uomo molto simpatico ed affabile, aveva aperto quel caffè da parecchi anni e il locale era sempre parecchio frequentato, anche da lei, proprio per i suoi modi gentili. Chissà chi aveva avuto interesse ad uccidere un uomo così onesto, ed in un modo così mostruoso…Che brutta fine…I suoi pensieri vennero interrotti dal suono del campanello. Si alzò subito in piedi e si sistemò i capelli. Già, ma perché mai si era sistemata i capelli, se fuori c’era “solo” Paolo? Inspirò profondamente e si diresse verso l’ingresso. - Dai, entra – disse all’amico, stampandosi un bel sorriso in faccia – Sta piovendo a dirotto!- Già, e sono anche venuto in bici, pessima idea -


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Paolo entrò passandosi una mano tra i capelli bagnati, ancora più arruffati del solito, e appoggiò il giubbotto sull’orribile sedia di vimini che zia Anna aveva sistemato in entrata da circa due mesi e che lei detestava. Se almeno si fosse rovinata con il giaccone umido di Paolo, avrebbe potuto convincere la zia a toglierla da lì. - Anna non è in casa? – chiese Paolo, facendola ritornare alla realtà. - Sta dormendo, era…era molto stanca – gli rispose con un tono poco convincente – Vuoi un phon per asciugare i capelli?- Non serve, grazie – sembrava molto nervoso – Quando li lavo li lascio sempre bagnati, ad asciugarsi da soli - Bene… Allora sediamoci in salotto, vieni – Ma perché mai si sentiva così in difficoltà? Non aveva mai provato un tale imbarazzo in compagnia di Paolo, era tutto così assurdo… - Bella tuta – le disse lui, mentre sprofondava sul divano – Ti sta bene! Lisa strabuzzò gli occhi. Ecco un altro complimento. Ora cominciava veramente a preoccuparsi. - Beh, grazie – gli rispose, guardandosi le punte dei piedi – Vuoi un caffè? Ne preparo uno di leggero, se ti va…- Ok, è un’ottima idea – Si diresse a grandi passi verso la cucina, mentre Paolo dava un’occhiata alla fila dei DVD posti sul mobile accanto alla televisione, scegliendo quello de “Il Signore degli Anelli”, film che lui adorava e che cercava di propinare a Lisa, inutilmente, da almeno due anni. Lei, nel frattempo, stava armeggiando con la caffettiera, ma era così agitata che rovesciò per ben tre volte la miscela sul piano di granito e per due volte dimenticò di aggiungere l’acqua. Un quarto d’ora dopo, il caffè era finalmente versato nelle tazze e Lisa ne porse una a Paolo, che seguiva con attenzione il film. “Bene”, si disse lei, cercando di mantenere la calma “Ora gli chiedo di cosa vuole parlarmi, ne ho abbastanza”.


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- Paolo – sussurrò, appoggiando sul tavolo di legno la sua tazza col disegno di “Titty il Canarino” – Come mai questa visita, diciamo, così…ehm…formale? – Lui si girò di scatto verso l’amica e lei lo vide arrossire, mentre abbassava il volume della televisione. - Beh, devo parlarti di una cosa molto delicata, e non so proprio da che parte cominciare – - Dall’inizio? – tentò di scherzare lei, ma la tensione era ben visibile tra i due. Paolo sospirò, bevve un altro sorso di caffè e si passò una mano sui capelli ancora umidi. Quando faceva così, significava che era parecchio preoccupato. - Ok, allora… Sembra che pioverà anche domani e… - Non cambiare discorso! - lo interruppe seccamente Lisa – Arriva al sodo, per favore! – - Sì, hai ragione. Solo che è difficile, cioè…volevo dire che non è facile parlare di queste cose, insomma, devo trovare il modo di cominciare, forse potrei riflettere un attimo se, magari, mi versassi ancora del caffè, oppure potrei aspettare qualche minuto, così mi verrà il coraggio e… - PAOLO! – urlò Lisa, esasperata – Per favore, guarda che ti caccio di casa, se continui così!Si era alzata in piedi, puntando il dito indice verso la porta d’ingresso. - Sei molto buffa – sussurrò lui, accennando un sorriso – Ma anche molto bella Ecco. Il mondo intero crollò sulle spalle di Lisa. Lo stomaco le si rivoltò sottosopra, l’emicrania le scoppiò come una bomba ad orologeria ed un grande senso di sconforto l’ attanagliò, togliendole il respiro. - Mi stai preoccupando – disse all’amico, accasciandosi sulla poltrona – Puoi per fa…vo…re… (scandì per bene le parole) dirmi che diavolo vuoi da me stasera?Non riuscì ad impedire quello che sarebbe successo da lì a mezzo secondo. Paolo la strinse a sé, circondandola con le sue braccia e


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le posò dolcemente le labbra sulle sue. Lisa sussultò e sbarrò gli occhi a fissare incredula quelli di lui, chiusi, mentre la baciava. Per un attimo sentì un brivido scorrerle lungo la schiena, le gambe molli ed il cuore che le batteva all’impazzata. Lentamente, Paolo la trasse ancora più vicina e lei rispose al suo bacio che, nel frattempo, si era fatto più insistente. “Ma che stai facendo, sei impazzita? E’ il tuo migliore amico!” Una vocina stridula si era agitata nella sua mente e lei, inorridita, prese a divincolarsi dalle braccia di Paolo, finché lui non la lasciò andare, guardandola con aria sbigottita. - Ma, perché? – le chiese, con il respiro affannoso – Mi sembrava che ti piacesse!Lei gli ricambiò lo sguardo, furente, e lo colpì con un pugno sul viso. - Sei…impazzita? – urlò lui, scattando in piedi – Guarda…che hai…combinato! Lisa vide grosse gocce di sangue scorrere dal naso di Paolo e si rese subito conto di aver esagerato. Corse immediatamente in cucina a prendere un canovaccio, lo inumidì e lo porse all’amico che stava ancora imprecando, con il capo rovesciato all’indietro. - Mi dispiace veramente – mormorò, guardandolo con preoccupazione mentre cercava di tamponare il sangue – Però hai sbagliato! Che ti è saltato in mente? Siamo amici da anni, non capisco, vuoi forse dirmi che ora le cose sono cambiate, che ti sei innamorato di me?Paolo la trafisse con uno sguardo truce, sbuffò e ripiombò sul divano, appoggiando la testa allo schienale. - Beh, non la trovo una cosa così impossibile, sappi che non è difficile innamorarsi di te – riuscì a dire, tentando di inspirare col naso ingorgato – Sei una ragazza fuori dal comune, Lisa, ed io sono pazzo di te da parecchio tempo, ormai! Però stasera ho fatto la figura del perfetto idiota Lei era ancora in piedi, in silenzio e, per la prima volta nella sua vita, non seppe che dire. Era veramente dispiaciuta per averlo


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colpito, ma si sentiva altrettanto furente per quello che era accaduto, sia con Paolo, sia con se stessa. Si avvicinò alla finestra, guardando fuori la pioggia che scendeva ininterrottamente e che aveva formato un piccolo lago in giardino. Anche il naso di Paolo, osservò con amarezza, continuava a gocciolare e non dava proprio alcun segno di voler smettere. - Forse è il caso che svegli la zia per accompagnarti al “Pronto Soccorso” – suggerì, sedendosi accanto a lui. - Non dire sciocchezze – brontolò Paolo, senza per nulla nascondere la sua rabbia. Aveva macchiato anche il bel maglione color nocciola e Lisa pensò che per lui non sarebbe stato facile dare una spiegazione dell’accaduto ai genitori, una volta rincasato. Mentre Paolo continuava ad imprecare sottovoce, guardò lo schermo della televisione. Dei piccoli ometti, chiamati “Hobbit”, stavano per essere aggrediti da dei spilungoni vestiti di nero, parecchio orridi. Spense seccata la televisione e gettò il telecomando sul tappeto. - Vado di sopra a prenderti un maglione pulito – gli disse, alzandosi in piedi – Aspettami qui – - Per carità – sbraitò lui, scattando in piedi a sua volta – Hai già fatto abbastanza per questa sera. Me ne vado – Si diresse verso l’ingresso, afferrando il giaccone e lasciando sull’ orribile sedia di zia Anna dei CD musicali. Lisa li fissò con tristezza, pensando a come stava terminando la serata. - Aspetta, parliamo un attimo, non andartene così, ti ho già detto che mi dispiace di averti colpito. Fermati!Paolo si girò di scatto verso di lei, il naso gocciolante e la mano appoggiata saldamente sulla maniglia della porta, pronta a farla scattare. - Non c’è niente da aggiungere, mi sembra di aver capito perfettamente ogni cosa Uscì sbattendo la porta e la lasciò lì, ammutolita, a sentire il suo cuore battere all’impazzata e la pioggia cadere rumorosamente sul tetto.


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Capitolo Secondo Il Malore di Anna

Si trovava in una stanza buia, fredda ed umida. Vi era un’unica finestra in alto, con le grate, che rifletteva un po’ di luce. Lisa provò un gran senso di terrore, c’era qualcuno alle sue spalle, poteva sentirne il respiro affannoso scaldarle il collo. Si voltò, ma non vide nessuno. Poi un’ombra si mosse dalle pareti al pavimento e lei urlò, correndo in un angolo. Era lì, ma dove? Il suo respiro si fece sempre più intenso, ma sparì nel momento in cui la stanza venne inondata da una dolcissima voce di donna. - Ti stanno cercando, devi prenderlo…hanno già ucciso per te, lo rifaranno, fai attenzione… - Tesoro…svegliati!La voce della zia interruppe quel terribile incubo e fece sussultare Lisa che aprì gli occhi, madida di sudore. Tremava da testa a piedi per lo spavento, il cuore le pulsava nelle vene e stentava quasi a respirare. - Calmati, è tutto passato – si affrettò a rassicurarla Anna, scostandole una ciocca bagnata dalla fronte – Devi aver fatto un sogno proprio brutto, per urlare in questa maniera. Mi hai fatto prendere un colpo, sai?- Non brutto, terrificante – riuscì a rispondere Lisa, mettendosi a sedere sul letto – Non mi è mai capitato di provare una sensazione così intensa di… – si interruppe, in dubbio se continuare o meno la frase – …morte -


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La zia le rivolse un sorriso rassicurante, anche se sembrava un po’ turbata – non era una grande attrice – e la invitò a sdraiarsi, sistemandole poi le coperte fin sotto il collo. - Vuoi parlarmene? – le chiese, dolcemente. Lisa stropicciò gli occhi, esausta. - Magari un’altra volta. Ora è tutto a posto. Mi sono calmata- Prova a riaddormentarti, allora. Ci vediamo domattina – Anna la baciò sulla fronte ed uscì dalla stanza. Lisa era sconvolta. Non riusciva a comprendere il motivo di quel sogno. Forse si era agitata troppo per il litigio con Paolo di qualche ora prima, oppure il caffè le aveva fatto uno brutto scherzo. Ma quella voce, quella dolcissima voce che le sussurrava di prenderlo…ma prendere…cosa? Forse se la zia non l’avesse svegliata, avrebbe saputo. Le palpebre le si richiusero lentamente, gonfie e pesanti, e Lisa ripiombò in un sonno agitato, popolato da assassini, “Hobbit” e dal suo amico Paolo. *** L’indomani mattina il sole splendeva in un cielo straordinariamente azzurro. Lisa avrebbe dovuto sentirsi d’ottimo umore, ma si alzò stanchissima, con la sensazione di non aver mai scollegato il cervello. Anna era in cucina, affaccendata intorno ai fornelli, mentre la colazione era già pronta sul tavolo. Sedette sconfortata su una sedia, felice solo del fatto che fosse sabato e che quindi, nel pomeriggio, avrebbe avuto l’opportunità di riposare corpo e mente. Quando Anna le versò il latte, studiò la nipote con attenzione e le posò una mano sulla fronte, per sentire se scottava. - Sto bene, zia – la rassicurò Lisa, servendosi di una porzione di fiocchi d’avena – Sono solo stanca – Anna la fissò con sospetto e sedette accanto a lei, versandosi del caffè. - Dimmi, e com’è andata con Paolo? –


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Lisa nascose il viso tra le mani ed asciugò una lacrima ribelle che non era riuscita a ricacciare indietro. - Tesoro, ma…cosa? – La zia la costrinse a guardarla e lei tentò di sorridere. - Mi ha detto di essersi innamorato di me - le rivelò Lisa con un sussurro, fissando la tazza in cui galleggiavano i fiocchi d’avena ormai zuppi di latte – E io l’ho colpito sul naso – - Tu, cosa? – Anna strabuzzò gli occhi, inorridita – Cos’hai fatto? Al tuo migliore amico? – Lisa fece una smorfia di disgusto, ingoiando una cucchiaiata di latte. - Beh, tanto “migliore” amico non è, visto che mi ha pure baciata! – Anna sospirò, levando gli occhi al cielo, e si versò un’altra dose di caffè. - Lisa, cara, ti posso anche capire – le disse, cercando di assumere un tono convincente – Ma sono molto delusa per il tuo comportamento. Mai e poi mai avrei immaginato che saresti arrivata a tanto!- Ma zia, lui…- Silenzio! – la interruppe Anna, alzando un po’ la voce – Oggi a scuola gli chiederai scusa e mi aspetto di rivedervi di nuovo amici, come prima - Non è possibile – sibilò Lisa, versandosi un bicchiere di succo d’arancia – Lui non prova più amicizia per me ed io non mi sento di corrispondere il suo “nuovo” sentimento, o almeno così credo – Ripensò per un attimo al bacio e brividi ribelli le corsero lungo la schiena. Allontanò quella sensazione che sfuggiva al suo controllo e terminò di bere il suo succo. - Ad ogni modo, vorrei che sistemaste le cose tra voi due – disse Anna bruscamente – E magari – il tono della sua voce si addolcì – Col tempo ti accorgerai che anche tu provi qualcosa di più nei suoi confronti… - Zia, ti prego! –


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- L’amore percorre vie misteriose – la interruppe Anna, riponendo le tazze e i bicchieri sul lavello – E anche tu, prima o poi, proverai l’intensa emozione di essere amata e di amare – Lisa la fissò incuriosita, mentre si alzava in piedi. Che ne sapeva, lei, che da sempre andava dicendo che una donna stava sicuramente meglio da sola, senza dover rendere conto a nessuno, tanto meno ad un uomo? I suoi pensieri furono distolti dal vecchio orologio a cucù che la fece sobbalzare, avvisandola che, come al solito, era in ritardo. Guardò gli elfi che rientravano nell’orologio e si precipitò alla finestra, nella speranza di vedere Paolo. Ma quella mattina non c’era nessun ragazzo ad aspettarla sorridente in sella alla bici… Sospirò, con un gran peso nel cuore, e tentò di chiudere lo zaino, sempre stracolmo di libri. Stava per uscire di casa, quando ricordò la cosa importante che doveva dire alla zia. - Hai sentito di Luigi Marchi, il proprietario del caffè “Paris”?urlò, mentre indossava il giubbetto di jeans. - Che gli è successo? Niente di grave, spero – - Uhm…purtroppo è stato ucciso da una freccia dritta al cuore! – Anna si precipitò di corsa dalla nipote, con gli occhi sbarrati dallo stupore e Lisa la vide impallidire e sedersi in fretta sull’orribile sedia dell’ingresso, le mani in grembo, le labbra che tremavano. Era terrorizzata. - Zia, stai male? – Lisa si precipitò da lei, gettando a terra lo zaino – Sembra che tu abbia visto un fantasma! – Anna guardò la nipote dritta negli occhi e le accarezzò il bel viso. - Stai tranquilla…E’ solo che mi dispiace molto per lui…Un uomo così onesto, così gentile…E morire in quel modo assurdo… Ma com’è accaduto? – Lisa le rivelò i particolari che aveva appreso dal notiziario della sera precedente e vide la zia sempre più turbata, man mano che proseguiva con il racconto. - Se vuoi, oggi posso restare a casa – le chiese, mentre l’aiutava a sdraiarsi sul divano – Non hai un bell’aspetto, sai?


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Anna le lanciò uno sguardo colmo di gratitudine ed annuì, bianca in volto. - Non voglio costringerti a perdere un giorno di scuola per colpa mia – mormorò, cercando di alzarsi in piedi, per poi ripiombare sulla sedia, con la testa che le girava vorticosamente. - Ok, adesso chiamo il dottore, questa storia non mi piace proprio! – Prima che la zia potesse ribattere, Lisa si era già diretta al telefono e, dopo circa dieci minuti, il Dottor Bosco stava visitando Anna. - Vuole darmi la giacca ed il cappello? – gli chiese Lisa con tono cortese, cercando di nascondere la preoccupazione. - No, grazie, devo scappare subito. Ho parecchi pazienti da visitare – - Nemmeno un caffè? – insistette lei, che si sentiva comunque in dovere di offrire qualcosa al medico, vista la celerità con la quale si era precipitato a visitare la zia. Il dottor Bosco scosse la testa, sorridendole, mentre riponeva nella borsa le attrezzature mediche. - Allora, Anna, hai avuto un grosso calo di pressione. Ordino riposo assoluto per almeno due, tre giorni e niente altre forti emozioni, se possibile! – Anna ringraziò il dottore, poi si fece aiutare da Lisa a salire le scale e a coricarsi. - Per favore, avvisa tu Laura che oggi non sarò presente in negozio e svegliami tra due orette, mi raccomando – le disse Anna con voce sottile – Ti preparerò un pranzo succulento, visto che mi farai compagnia – Lei annuì e la baciò sulla fronte. Le prime ore del mattino trascorsero velocemente, dato che Lisa riordinò le stanze principali della casa, per rendersi utile alla zia. La testa aveva però ripreso a pulsarle dolorosamente. Nelle ultime ore aveva vissuto troppe emozioni. Ripensò a Paolo e, nel farlo, iniziò a spolverare così nervosamente da ripulire in dieci minuti scarsi sia i mobili della grande sala da pranzo, sia quelli della cucina.


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Poi il suo pensiero si spostò al Sig. Marchi, alla sua morte così orribile e così inverosimile (quando mai negli ultimi tempi qualcuno era stato ucciso da una freccia conficcata nel cuore?), alla povera zia Anna, che l’aveva preoccupata così tanto (in effetti era ancora incredula per la sua reazione, che riteneva un po’ eccessiva), fino all’incubo terrificante, a quel respiro che le ronzava ancora per la testa, fino a farla scoppiare dal dolore. Infine ricordò quella voce dolcissima e l’invito a prendere qualcosa. Si ritrovò ancora una volta a riflettere su COSA avrebbe dovuto prendere, ma in fondo era solo un sogno, per cui scacciò quei pensieri angosciosi e salì rapidamente le scale per svegliare Anna. *** Mentre si avvicinava alla camera della zia, le sembrò di sentire qualcuno parlare con lei. Si fermò per ascoltare, ma la voce era cessata. - Ma con chi stavi…accidenti! Che stai facendo? Strabuzzò gli occhi nel vedere Anna già ben sveglia e vestita con una comoda tuta blu, che stava preparando un borsone da viaggio. - Il dottore ha detto che devi riposare, dove credi di andare, scusa? – la interrogò, richiudendo con forza la porta della camera. - Hai ragione, cara, dovrei riposare, ma ho appena deciso che io e te partiremo, subito dopo pranzo, verso la casa del bosco – Lisa spalancò la bocca per lo stupore e scrutò sbigottita i grandi occhi blu della zia, per cercare di capire se stava dicendo la verità o se le andava di scherzare. - Sei sicura di sentirti bene? – le chiese con cautela, dando un’occhiata a qualche vestito sparso sul letto – Sono anni che non mettiamo piede in quella casa…- Già, sono trascorsi dieci anni, tesoro mio, come potrei dimenticarlo? Eravamo lì, quando ricevemmo la telefonata che ci avvisò della morte dei tuoi genitori –


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Anna trasse un profondo respiro e Lisa non potè non notare un grande ciondolo colorato che pendeva brillante da una lunga catenina d’argento appesa al suo collo. – E tu da quel giorno non hai più voluto rimettere piede in quella casa – continuò Anna, fissando la nipote con intensità - Beh, credo che tu ora sia pronta ad affrontare i tuoi fantasmi Lisa continuò a fissare incredula la zia mentre entrava nel bagno attiguo alla camera e pettinava i lunghi capelli dorati. - Dai, corri a prepararti. Io nel frattempo scenderò a preparare una pastasciutta. Lo so che ti avevo promesso un pranzo più succulento, ma credo che sarebbe meglio mangiare in fretta e partire subito, dato che ci vorranno almeno due ore prima di arrivare alla casa- Zia, adesso basta, non puoi metterti al volante, ti ripeto che il dottore … - Ora sto meglio!- la zittì Anna, un po’ seccata, dirigendosi a grandi passi verso di lei – E non ho assolutamente alcuna intenzione di cambiare idea! – - Beh, allora diciamo che IO non voglio rivedere la casa – ululò Lisa, lanciando un’occhiata torva alla zia – Ci sono troppi ricordi che mi faranno soffrire ed inoltre – stava disperatamente cercando un’altra scusa plausibile per evitare quel viaggio – La casa è…è rimasta chiusa per troppo tempo, chissà come sarà sporca, piena di ragnatele e di schifezze varie, magari anche di grandi topi. E tu hai paura dei topi, se ben ricordi! Anna le accarezzò una guancia con dolcezza. - Tesoro mio, innanzitutto devi sapere che la casa è sempre stata pulita da una signora del luogo, su mia precisa richiesta – - Ah! – Lisa chinò lo sguardo a terra, quasi rassegnata. – Inoltre, ritengo che tu ormai sia abbastanza cresciuta per affrontare i fantasmi del tuo passato. Tra due anni sarai maggiorenne, ma io ti considero adulta già da un bel po’ di tempo. Sei una ragazza molto matura per la tua età e sono sicura che la tua intelligenza ti aiuterà a scrollarti di dosso il ricordo di quella dolorosa esperienza –


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Lisa tacque, lo sguardo sempre rivolto verso il basso. Forse la zia aveva ragione, era tempo di rivedere la casa in cui aveva vissuto per sei anni con i genitori, e nella quale aveva lasciato un frammento del suo cuore, quando si era trasferita con lei in città. Alzò il viso e guardò Anna che, in silenzio, attendeva la sua risposta. - Va bene – brontolò, avviandosi verso la porta – Vado a prepararmi- Basta solo un piccolo ricambio. Rincaseremo domani sera. Non voglio farti perdere un altro giorno di scuola – Lisa annuì e corse in camera sua, con il cuore che le batteva forte per l’emozione. Avrebbe rivisto la sua casa, il suo lettino, i tanti giochi che aveva lasciato lì, nella fretta di fuggire da quelle pareti con Anna…e poi la stanza dei genitori e l’armadio pieno di abiti che la zia non aveva sicuramente spostato. Era così agitata che non riusciva nemmeno a decidere cosa mettere nel borsone, così lo riempì delle prime cose che le capitarono a tiro. Scese poi in cucina, da dove giungeva un invitante profumino, ed aiutò la zia a preparare la tavola. - Grazie – le disse sottovoce, mentre sistemava le posate sulla tovaglia – Ti voglio bene! – Anna le scoccò un sonoro bacio sulla fronte e la invitò a sedersi, dato che la pasta era già pronta. Finito di pranzare, sistemarono in fretta le stoviglie e si misero presto in strada, tutte e due ansiose di arrivare in breve tempo alla casa del bosco. Dopo due ore circa, si trovarono immerse in un verde intenso, macchiato qua e là da gruppi di margherite. Lisa spalancò la bocca per lo stupore, rapita dalla magnificenza del paesaggio. Quindi imboccarono una strada a destra che le condusse all’interno di un bosco dove alberi in fiore creavano un piacevole contrasto con quelli sempreverde. La strada iniziò improvvisamente a salire, mentre il bosco si infittiva sempre di più. Lisa aveva il naso schiacciato sul finestrino, ad ammirare le primule che crescevano sui pendii lungo la strada.


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L’asfalto, nel frattempo, aveva lasciato il posto ad una strada sterrata, che costrinse Anna a frenare. Infine Lisa la vide, lassù, in alto, stagliata nello schermo azzurro del cielo. La ricordava più grande (ma a sei anni tutto sembra più grande e maestoso) e più scura. Probabilmente il sole e le intemperie avevano sbiadito la vernice rossa con la quale era stato colorato il legno, o forse la sua memoria la tradiva, essendo trascorso così tanto tempo. Anna parcheggiò l’auto dinanzi alla porta d’ingresso, e scese per sgranchire le gambe. Lisa restò invece seduta a guardare la sua vecchia casa dal finestrino. Era bellissima, con i balconi verde scuro come la porta d’ingresso, il patio al cui soffitto era ancora appeso il vecchio dondolo, che sembrava perfettamente funzionante, il gelsomino rampicante curato e ricco di piccole gemme pronte a fiorire. Lì il tempo si era fermato, pensò con una grande fitta al cuore, e le parve di vedere la madre che usciva di casa, sorridendole. - Scendi? – la voce della zia la scosse dai ricordi e la obbligò a riaffrontare il passato. Uscita dall’auto, inspirò a pieni polmoni l’aria frizzante del bosco e salì sul patio, abbracciata alla zia. - Tutto bene? – le chiese Anna, mentre infilava la chiave nella serratura – Entriamo? – Lisa fece un nuovo, grande respiro, chiuse gli occhi per un attimo, e poi li riaprì, annuendo. Come ebbe varcato la soglia, sentì un soffio di vento mulinarle sulla fronte e sui capelli e le parve di udire qualcuno dietro di lei. Rabbrividì e si girò per poi rivolgere lo sguardo alla zia che nel frattempo si era avvicinata alla prima finestra e ne stava spalancando i balconi. Vividi raggi di sole entrarono prepotenti dalle lastre, creando sul pavimento fasci rettangolari di luce dorata, nella quale baluginavano piccoli granelli di polvere. Lisa avanzò di qualche passo, commossa, ed appoggiò una mano sulla sponda del vecchio divano di pelle nera, facendola scorrere fino all’estremità opposta. Il tavolino di legno massiccio, dove era posata una tovaglia bianca di pizzo, era ancora lì…Si ricordò che spesso aveva usato quel tavolo come appoggio per disegnare,


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soprattutto la sera, mentre i genitori guardavano la televisione o la mamma sferruzzava a maglia (adorava confezionare maglioni di vario colore ed era anche piuttosto brava). Poi si diresse a sinistra, verso la cucina. Anche lì il tempo si era fermato. La sua tazza gialla, quella con cui era solita bere quantità industriali di latte, era ancora appesa al gancio sopra il lavello, in mezzo a quella blu del padre e a quella rossa della madre. Si accorse in quel momento che le lacrime le stavano scendendo copiosamente dagli occhi e le asciugò con la manica del maglione, mentre la zia le appoggiava le mani sulle spalle. - Sono di sopra, se hai bisogno di me – le sussurrò – Sistemo un po’ di cose, tu gira pure tranquillamente, prenditi tutto il tempo che vuoiLisa annuì, incapace di parlare, e mentre Anna saliva le scale che conducevano alle camere, sedette su una sedia, singhiozzando. Come avrebbe voluto che i genitori fossero lì con lei, in quel momento! Chiuse gli occhi. Mamma le stava preparando il solito pane tostato ben imburrato, mentre papà stava sorseggiando il suo caffè e si accingeva a spalmare la marmellata di albicocche (la sua preferita) su una fetta di pane. Ricordò anche la risata frizzante della madre e…poi lo sentì ancora…quel mulinello di vento nei capelli, un sussurro. Non si voltò, ma guardò di lato con la coda degli occhi, il cuore che le batteva all’impazzata, le mani sudate. Sì… c’era sicuramente qualcuno dietro di lei, ne sentiva la presenza e ricordò l’incubo. Allora si voltò di scatto, alzandosi in piedi e rovesciando a terra la sedia. Sbarrò gli occhi. Era sicura di aver visto un lampo di luce che si era dissolto velocemente in più punti della stanza. Roteò il capo a destra, a sinistra, in alto, in basso, ma della luce non vi era rimasta alcuna traccia. - Lisa, tutto bene lì sotto? – la voce della zia la scosse come un pugno nello stomaco e si sentì assolutamente ridicola (e stupida). - Si, zia, sono solo inciampata, stai tranquilla!- gridò, uscendo dalla cucina. – Ora salgo!Giunta in cima al pianerottolo, vide Anna che usciva dal ripostiglio con coperte e lenzuola.


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- La Signora Olga, la custode, me le ha preparate ben pulite e stirate. Però dobbiamo dormire tutte e due sul letto matrimoniale, il tuo è troppo piccolo, non ci puoi stare! – Mentre la zia era affaccendata a rifare il letto, Lisa varcò la soglia della sua cameretta e provò un’emozione così intensa che scoppiò a piangere come una bambina, nascondendo il viso tra le mani. Anna accorse subito da lei. - Piangi pure, tesoro, sfogati – le sussurrò, accarezzandole i capelli – Ti fa bene, sai? Non l’hai fatto per tanto tempo, ora è arrivato il momento di svuotare il tuo cuore da questo immenso carico di doloreLisa continuò a piangere sulle spalle della zia e desiderò che quell’istante non finisse mai, perché la morsa che l’aveva attanagliata in tutti quegli anni stava finalmente allentandosi.


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Capitolo Terzo La Casa del Bosco

Il pomeriggio scorse velocemente, con Lisa che perlustrò a fondo ogni angolo della casa. Dopo aver rivisto i suoi innumerevoli giocattoli, che la zia prima della loro partenza, dieci anni prima, aveva ordinato in un comodo cesto di vimini rosa, si gettò all’attacco degli abiti delle madre, provandoli e riprovandoli, tra i brontolii di Anna (“No, ti prego, quello no, tanto vedi che non ti sta, è largo…” – oppure “No, quello di lino no, si stropiccia tutto…non il verde, è una penitenza poi stirare quel tessuto…insomma…LISA!”). Tutto sommato quelle ore si rivelarono piacevoli, anche se il rituffarsi nei ricordi le aveva provocato un fastidioso mal di testa e grosse fitte allo stomaco. Verso sera si immerse nel tepore di un bagno rilassante, usando un bagnoschiuma al tiglio creato dalla zia, che di erboristeria ne sapeva quanto e più di una fattucchiera. Indossò poi il pigiama, con la chiara intenzione di infilarsi sotto le coperte il prima possibile - la nottata trascorsa nella quasi totale insonnia si stava facendo sentire con tutta la sua forza – e si precipitò a mangiare, perché lo stomaco stava reclamando cibo da almeno due ore. A cena rise e scherzò con la zia, rivelandole che, a parte il primo momento di acuto dolore, stava lentamente riprendendo confidenza con la casa. - Guardo un po’ di televisione e poi corro a dormire – le disse, dopo che ebbero sparecchiato e ripulito la cucina.


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Ma quando passò vicino al telefono, l’immagine di Paolo le scorse improvvisamente davanti agli occhi e restò immobile, indecisa sul da farsi. - Chiamalo, dai – la invitò Anna, mentre saliva le scale – Ti aspetto di sopra – Lisa guardò la zia, poi il telefono, di nuovo la zia che ormai era arrivata al pianerottolo superiore, e prese a mordicchiarsi un’unghia. - CHIAMALO! – urlò Anna, affacciandosi dalla porta del bagno – Che stai aspettando? Su, sbrigati! – Smise di torturare l’unghia ed afferrò la cornetta. - Pronto?La voce di Paolo la fece sobbalzare. - Si, ehm… ciao…sono…io… - Lisa, dove diavolo sei?- urlò lui con tono preoccupato – Sono venuto a cercarti anche a casa, ho chiesto ai vicini, ma nessuno mi ha saputo dire nulla. Che succede? – - Niente, niente, stai tranquillo – si affrettò a rispondere Lisa che si sentiva profondamente in colpa per non averlo avvisato prima del viaggio – Sono…sono alla casa del bosco con la zia – Silenzio. - Pronto, Paolo, ci sei ancora?- Non stai scherzando? – chiese lui, lentamente – Sei proprio lì? – - Sì - Beh, ma…come c’è riuscita Anna, a convincerti? Ti ha forse dato un colpo in testa e ti ci ha portata svenuta?Lisa rise. - No, no! Ti racconterò tutto al mio ritorno. Ti basti sapere che sto bene e che qui tutto è così…così magico, nel senso che il tempo si è fermato, ogni cosa è rimasta come lo era dieci anni fa - Mi fa piacere, e sono felice per te, che tu sia riuscita ad affrontare le tue paure, brava…- Paolo…- Sì? – Silenzio. Lisa non sapeva in che modo riavviare il discorso. Riprese a mordicchiarsi un’unghia.


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- Che c’è Lisa, vuoi forse chiedermi scusa? – Lei annuì, senza ricordare che Paolo non la poteva vedere. Le parole non le uscivano di bocca. - Allora? – - Oh, sì…certo, volevo proprio chiederti scusa, mi dispiace moltissimo di averti colpito, mi sono comportata da schifo, e, credimi, mi sento profondamente in colpa. Vorrei che tutto tornasse come prima – Ancora un lungo silenzio. - Lo sai che quello che mi chiedi è impossibile – precisò lui con un tono che le parve un po’ seccato. - Ma possiamo provarci, no? – propose Lisa, continuando a torturare l’unghia. - Per me tu non sei più semplicemente un’amica … - Lo capisco, ma…- Non ci sono ma – la interruppe lui bruscamente – Vuoi che ti dica come la penso io? Ieri sera, quando ti ho baciata, ho sentito che ti piaceva, hai risposto al mio bacio, mi hai abbracciato (Lisa cercò di intromettersi nella conversazione, ma era impossibile interrompere quel fiume di parole) e sono sicuro che anche tu provi per me qualcosa di più dell’amicizia, solo che ne hai paura, hai sempre avuto paura di abbandonarti alle emozioni. Per questo la storia che hai avuto l’anno scorso si è interrotta subito Lisa tacque, angosciata, stupita e dolorosamente colpita al cuore. Sapeva che Paolo aveva ragione, che l’amore la terrorizzava e che non aveva la più pallida idea di come venirne fuori. - Lisa, lasciati guidare, ti aiuterò io. Stammi vicino, ed insieme, per mano, costruiremo grandi cose, fidati di me – - Paolo… – aveva la voce che le tremava- Ora sono confusa, io…io …ho bisogno di riposare, ma mi ha fatto molto piacere sentire la tua voce, ora so che non sei più arrabbiato con me. Ci rivediamo lunedì a scuola e…ti aspetto la sera a casa mia, così vedremo di ridiscutere il tutto…va bene?- Sì, certo – rispose lui, sommessamente – Tu cerca di stare bene e di non metterti nei guai. Divertiti e saluta Anna da parte mia – - Va bene –


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- E…Lisa?- Dimmi- Ti amo! – Lei spalancò gli occhi e la bocca, sbalordita e confusa, poi abbassò la cornetta per chiudere quella conversazione e si abbandonò sul divano, con la mente completamente svuotata. **** Si trovava di nuovo nella stessa, vecchia cella buia e fredda. Rabbrividì e girò intorno a se stessa per vedere se nella stanza c’era effettivamente qualcuno, oltre a lei. “No, no, voglio uscire di qui, devo svegliarmi!” urlò nel sogno, chiudendo gli occhi. Ancora una volta sentì il respiro affannoso dietro di lei. Prese a sudare freddo e a tremare per la paura che le impediva quasi di respirare. Alzò il viso, lo girò a destra e a sinistra, ma riuscì a scorgere solo l’ombra di se stessa proiettata sul pavimento. Poi udì uno scricchiolio, un sussurro sommesso e la sensazione di un respiro caldo sul collo. “Chi diavolo sei, che vuoi da me? – urlò esasperata “Lasciami andare, smettila, smettila!” Il respiro affannoso continuò però a girarle vorticosamente intorno. “Io voglio solo svegliarmi da questo terribile incubo” singhiozzò, afferrandosi i capelli e socchiudendo gli occhi, nella speranza di scacciare il più lontano possibile il terrore che l’attanagliava. Ripensò a Paolo, al fatto che se lui fosse stato lì in quel momento, accanto a lei, forse avrebbe avuto meno paura. Sì, gli voleva un gran bene, probabilmente un po’ di più rispetto all’affetto che si prova generalmente per un amico o per un fratello. Venne scossa da quei pensieri da un altro sussurro e da una folata gelida di vento. Cominciò a rabbrividire dal freddo, che trasformava il suo respiro in vapore visibile, e prese a sfregarsi le mani sulle braccia, nell’inutile tentativo di riscaldarsi.


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“Non potrai fuggire da me” una voce profonda e roca inondò improvvisamente la stanza “Ti troverò, ormai sono vicino a te…ti troverò e ti ucciderò.” “Noooooo!” urlò Lisa disperata, correndo come una forsennata da un angolo all’altro della cella “Lasciami andare! Chi sei, maledetto, lasciami andare!” Ma non giunse alcuna risposta. Anzi, da quel momento cessarono sia i sussurri che il respiro, mentre il freddo allentava rapidamente la sua morsa. Lisa si appoggiò ad una parete, scivolando silenziosamente sul pavimento con la testa ciondoloni e nascose il viso tra le mani, piangendo sommessamente. All’improvviso percepì uno strano calore avvolgerle una gamba. Alzò all’istante il viso e sbarrò gli occhi nella penombra, strizzandoli per riuscire a vedere meglio. Il freddo sparì del tutto, lasciando il posto ad una tepore primaverile, e lei si sentì inondare da una piacevole sensazione di pace e di benessere. E poi la vide. Dinanzi a lei era apparsa una donna con lunghi capelli biondi ed un abito bianco che brillava di luce perlacea. Era sicuramente la creatura più incantevole che avesse mai viso e la stava fissando con uno sguardo dolcissimo ed amorevole. All’improvviso ricordò. Quella donna lei l’aveva già vista, in passato. Nella sua mente riaffiorarono prepotentemente i ricordi della madre. Era indubbiamente lei, seppure diversa da come effettivamente l’aveva conosciuta; era infatti molto più alta e maestosa, ma erano trascorsi dieci anni e, in un arco di tempo così vasto, i ricordi possono sfumare. La bella signora le si avvicinò e l’aiutò ad alzarsi da terra, mentre una lacrima le scendeva dai grandi occhi blu, identici a quelli di zia Anna. “Mamma” riuscì a sussurrare, incredula “Sei proprio tu?” La signora annuì, le lacrime che le solcavano il bellissimo volto etereo. Lisa l’abbracciò forte, scoppiando in un pianto dirotto. La riempì quindi di baci sulle guance, la guardò e riguardò più volte ed infine la riabbracciò ancora, godendo del tepore del suo corpo e sperando di non risvegliarsi mai più. Voleva restare con lei per sempre, avevano così tante cose da dirsi, da ricordare…


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La signora infine l’allontanò da sé dolcemente e le prese le mani tra le sue. “Tesoro, asciuga le lacrime, ora” aveva una voce dolcissima e rassicurante, la stessa voce che le raccontava le favole, la notte, prima di dormire “Devi ascoltarmi con attenzione, bambina mia”. Lisa annuì, continuando a fissare incantata la madre, per imprimere nella sua memoria quel fantastico momento. “Ti ascolto” le disse, senza fiato. “E’ arrivato il momento che tu segua il tuo cuore, tesoro. E’ indispensabile che tu dia spazio ai tuoi sentimenti e alle tue emozioni. Falle uscire, non trattenerle più, è la tua unica possibilità per metterti in salvo da queste tenebre”. “Mamma, non capisco, cosa vuoi dirmi, che devo fare?” Lisa era confusa, la testa le girava vorticosamente ed il cuore aveva preso a pulsarle all’impazzata. “Devi aprire il tuo cuore, Lisa, devi permettere all’amore di traboccare da quel bicchiere che hai tenuto sempre chiuso, per paura di soffrire. Non devi più trattenere il dolore, Lisa, ormai sono trascorsi tanti anni, i ricordi vanno affrontati e superati e tu sei forte, bambina mia, racchiudi dentro di te un gran coraggio che sta solo dormendo, pronto a risvegliarsi al primo richiamo”. Lisa continuava a non comprendere bene le parole della madre, ma la lasciò parlare. Era comunque troppo bello sentire la sua voce. “Se vuoi sopravvivere alle tenebre, se non vuoi più rivedere questa cella, devi permettere ai tuoi sentimenti di trovare la giusta strada per uscire dal tuo cuore che (le mise una mano sul petto) batterà forte per un grande amore…Lisa era profondamente emozionata. La madre le accarezzò il viso con infinita dolcezza e si staccò un po’ da lei, sorridendole. “In realtà tu sei molto più forte di quel che pensi, tesoro mio. Ti sei sempre sottovalutata. Lascia ruggire il leone che c’è in te e vedrai che il tuo destino sarà incredibilmente bello”. “Mamma, quello che mi chiedi è difficile da realizzare, molto difficile” riuscì a dire Lisa, biascicando le parole, che le risuonarono stranamente lontane e un po’ confuse. Improvvisamente la vista


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le si annebbiò, le gambe presero a tremarle e dovette sedere sul pavimento, per non crollare rovinosamente a terra. Gli occhi le bruciarono con intensità, per cui li strofinò a lungo e quando infine li riaprì, Marta era scomparsa. “Mamma, mamma!”gridò disperatamente, con il cuore in gola. Cercò di rialzarsi, ma le gambe non la reggevano “Mamma, ti prego, ritorna da me, non te ne andare!”. “Ricordati di prenderlo!” disse ancora quella dolcissima voce, prima che Lisa si svegliasse, madida di sudore. Tremava dalla testa ai piedi ed aveva freddo, tanto freddo. Anna l’abbracciò, stringendola forte a sé, e la lasciò piangere. - Hai sognato la mamma? – le chiese con cautela, quando si fu un po’ calmata – Hai ripetuto spesso il suo nome, sai? Come l’altra sera mi hai molto spaventata, tesoro mio – Lisa asciugò le lacrime con il palmo della mano e prese un fazzoletto dal comodino per soffiarsi il naso- Zia, era bellissima – mormorò – E mi ha parlato, con quella sua voce dolcissima – Anna le accarezzò i capelli. - Posso sapere cosa ti ha detto? – - Sì, mi ha invitata ad aprire il mio cuore. Credo che volesse dirmi che se voglio smettere di fare certi brutti incubi devo guardare in me stessa e dare spazio all’amore – - Per Paolo? – le sussurrò Anna, girandole il viso verso di lei. - Credo di sì, per Paolo – Lisa fissò gli occhi della zia, e le parve di rivedere quelli immensamente profondi della madre – In effetti ho pensato a lui, nel sogno, ed avrei voluto averlo accanto a me, in un certo momento – - Quando? – le chiese Anna, stringendola ancora a sé – Hai rivissuto lo stesso incubo della scorsa notte? – Lisa annuì e soffiò forte il naso, ancora intasato per il pianto. - E’ stato orribile, zia, ho provato un terrore immenso, profondo, ed ho pensato che se Paolo mi fosse stato vicino non avrei più avuto paura, di niente e di nessuno. Zia, tu credi che io possa effettivamente essere…ehm…innamorata di lui? – Anna la guardò, sorridendole.


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- Credo che tu conosca già la risposta – Lisa la fissò con aria interrogativa e finalmente capì quello che avrebbe dovuto comprendere ormai da parecchio tempo - L’ho invitato a casa, lunedì sera – disse, mentre si sdraiava sul letto – Mi sa che dovremo parlare a lungo e di parecchie cose – Anna la imitò, rimboccando per bene le coperte e stringendo forte a sé il medaglione argentato, che profuse una tenue luce nel palmo della sua mano. L’indomani mattina Lisa si svegliò con le guance bagnate. Aveva ripensato alla madre per tutto il resto della notte e si era svegliata parecchie volte piangendo e sperando di poterla sognare ancora. Ma il sogno non si era ripetuto, purtroppo, e perciò il risveglio le risultò ancora più faticoso di quello del giorno prima. Fissò il soffitto, ma senza guardarlo. Le scorsero dinanzi agli occhi il volto della madre, i suoi occhi, il suo sorriso e poi il viso di Paolo, Paolo ed ancora Paolo. Come avrebbe voluto poter tornare indietro nel tempo fino a venerdì sera, nel preciso momento in cui lui l’aveva attirata a sé, per poi baciarla! Si chiese cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente, come si aspettava certamente Paolo. Sicuramente ora sarebbe stata molto più tranquilla e da quello che le aveva riferito la madre nel sogno, forse non avrebbe mai più dovuto rivivere quell’orribile incubo. Ripensò ancora alle sue parole. Non era sicura di aver capito tutto, però aveva fermamente deciso di seguire il suo istinto e di aprire il suo cuore a Paolo, per rivelargli finalmente quello che provava per lui. Rifletté poi sul fatto che, anche nell’ultimo sogno, non era riuscita a scoprire cosa doveva prendere. Girò sconfortata il viso verso la finestra e vide la luce del sole filtrare dalle fessure dei balconi. Era indubbiamente un’altra bella giornata e l’unico modo per poter scacciare la stanchezza e le forti emozioni che aveva vissuto nelle ultime ore era quello di fare una bella corsa nei boschi.


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Dopo una lunga doccia rinvigorente, indossò una tuta azzurra, annodò i capelli con una coda di cavallo e scese in cucina, dove la zia aveva già provveduto a preparare una sostanziosa colazione. - Ciao, tesoro, non ti ho svegliata prima, volevo che ti riposassi ancora un po’, dopo la nottata che hai trascorso – Anna la baciò sulla guancia e l’invitò a sedere davanti ad una tazza fumante di latte. - Devi proprio assaggiare questa marmellata di ribes, sai, me l’ha portata stamattina la signora Olga, fatta da lei. Oh, è molto brava a fare le torte, la mia cara Olga, su, assaggiala – Lisa ne prese un po’ con un cucchiaino e la spalmò sul pane tostato, ma ne mangiò un piccolo boccone. Non aveva fame, voleva solo uscire un po’ da quella casa per rigenerare la mente. - Non ti senti bene? – le chiese Anna, appoggiandole una mano sul braccio – Sei così pallida… Lei scosse la testa e bevve rapidamente il latte. - Sono questi incubi, zia, mi stanno distruggendo, non so cosa pensare, e sembrano così…- s’interruppe, massaggiandosi le tempie, che avevano ripreso a farle male. - Così, come? – la invitò a proseguire Anna, bevendo un sorso di caffè. - Reali, zia, sono incredibilmente reali, per questo motivo sono così terrificanti e per questo motivo è stato orribile staccarsi dalla mamma, credevo di parlare davvero con lei – Si asciugò rapidamente un’altra lacrima – non voleva che la zia si accorgesse della sua debolezza, aveva pianto fin troppo nelle ultime ore – e si alzò in piedi, a sistemare le tazze nel lavello. Anna terminò di bere il caffè, senza parlare. Lisa notò il suo silenzio e la guardò con la coda degli occhi. Era molto seria e sicuramente preoccupata, perché non si era precipitata ad aiutarla nel lavare le stoviglie, cosa che avrebbe sicuramente fatto in una situazione di normale quotidianità. Continuò a guardarla con aria dubbiosa finché lei non si alzò a sua volta da tavola e le si avvicinò, bloccandole la mano con la quale stava per lavare una tazza.


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- Vieni con me, devo farti vedere una cosa – le disse, con tono grave – Seguimi – Lisa lasciò immediatamente la tazza, turbata per lo strano comportamento della zia, e la seguì in camera. Anna la invitò a sedere sul letto, mentre lei apriva un cassetto del comò e ne estraeva un piccolo cofanetto di legno, finemente decorato. - Aprilo – le ordinò, sempre con tono grave. Lisa aggrottò la fronte, scosse la testa, ma aprì il cofanetto. Dentro c’era un ciondolo, appeso ad una catenina argentata. Era identico a quello della zia, e brillava di un’ intensa luce perlacea. - E’ tuo – sussurrò Anna, sedendosi accanto a lei – Apparteneva a tua madre. Ora puoi portarlo con te, vicino al tuo cuore – Lisa fissò sbalordita prima la zia, poi il bellissimo ciondolo. Lo sollevò e vide che al suo interno era raffigurata una felce verde smeraldo, che appariva e spariva, in base a come il ciondolo veniva mosso. Infilò la catenina al collo e prese il ciondolo in mano, commossa. - Avresti potuto darmelo tempo fa, zia. Perché solo adesso? – - Perché ora sei costretta ad indossarlo – Lisa la guardò nuovamente con aria interrogativa e con una smorfia. Si sentiva offesa per non aver ricevuto una risposta più sensata. - Potresti spiegarti un po’ meglio, per favore ? – brontolò, fissandola intensamente negli occhi – Sai, sono arcistufa di sentire tutti questi discorsi strani. Forse sono un po’ tarda, ma credo che mi stia sfuggendo qualcosa di importante…o forse mi stai solo prendendo in giro? – Mentre parlava sentì la rabbia crescere dentro di sé. Aveva litigato con Paolo, aveva fatto quegli orribili incubi, aveva sofferto, aveva pianto a dirotto nel rivedere in sogno la madre, aveva avuto dei mal di testa incredibili ed ora anche la zia la stava mettendo in difficoltà… Stava forse impazzendo? - Allora? – la invitò, impaziente. Anna non le rispose. Si alzò invece in piedi e prese dai cassetti del comò una tuta da ginnastica.


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- Zia, così mi stai preoccupando, che stai facendo? Sei sicura di sentirti bene? Forse dovremmo ritornare in città e richiamare il dottore, che dici? – - Il dottore non serve – le rispose Anna, un po’ seccata, mentre si spogliava e si infilava in fretta la tuta – Ora ho bisogno di ben altro – Uscì dalla camera e scese velocemente le scale, inseguita da Lisa, che non credeva alle proprie orecchie. - ZIA! – le gridò, quando arrivò in salotto – Vuoi dirmi che sta succedendo? Ti puoi fermare, per favore, ZIA! – Ma Anna era già uscita di casa e la stava aspettando in cortile. - Allora, ti sbrighi? – le urlò di rimando – Facciamo una corsa insieme, su per quei boschi, devo farti vedere un’altra cosa – Lisa si bloccò davanti alla porta. - No – le disse, sfidandola. - Come? – - Ho detto di no – - Lisa, per favore, non puoi capire, è veramente importante che tu mi segua. Dobbiamo arrivare lassù, vedi? (indicò la cima della montagna sopra la casa) E ci vorrà una buona mezz’ora – - Non mi sposterò da qui finché non mi dirai che sta succedendo – Anna corse verso di lei e l’afferrò per un braccio. - Lisa, tesoro, poi capirai, capirai tutto quanto, te lo prometto. Ma non posso spiegarti nulla, ora, se prima non mi segui. Devi vedere con i tuoi occhi quello che c’è lassù (e indicò nuovamente la cima della montagna). Ne va della tua vita, della mia e di quella di tante altre persone - Ma che stai dicendo ? - urlò Lisa, staccandosi con forza da lei – Sei forse impazzita? Che razza di discorsi sono, questi? Prima a colazione eri tranquilla e beata, poi tutto è cambiato quando…quando… - si fermò un attimo a riflettere – Quando ti ho detto che i sogni che ho fatto mi sono sembrati veri, già, da lì hai cominciato a preoccuparti. Ah, ho capito! Vuoi portarmi da uno psicologo che abita lassù! –


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- Non scherzare – sibilò Anna, con le guance infuocate – E’ vero, ho cominciato a preoccuparmi in quell’istante, perché ho capito che quello che avevo intuito la sera prima corrisponde purtroppo alla realtà - Zia? – Lisa era sempre più confusa e la guardava come se fosse impazzita improvvisamente. - Ora hai il ciondolo che presto ti proteggerà. Era destino che tu lo ricevessi un po’ più in là, ma purtroppo la situazione è precipitata ed io ho il dovere di salvarti la vita – Lisa la fissò incredula, scuotendo più volte la testa a destra e a sinistra e massaggiandosi nuovamente le tempie. Un dolore sempre più intenso le martellava il cervello e la vista aveva preso ad annebbiarsi. Sedette sconfortata sul patio, ma la cosa fu di breve durata, perché Anna l’afferrò per le braccia e la sollevò di peso, rivelando una forza inaspettata. - Lisa – le disse ora con calma, fissandola negli occhi – Hai sempre avuto fiducia in me in ogni situazione, è vero? – Lei annuì, ancora sconvolta. – Ora, per favore, continua a credere in me e seguimi fin dove ti devo condurre, vedrai che poi tutto avrà un senso, quando vedrai - Quando vedrò…cosa? – le chiese, aggrottando la fronte. - Lassù c’è una piccola piana, Lisa, ora non ricordi, ma quando eri piccola ci andavi spesso con mamma e papà. Quando arriverai lì, comincerai a ricordare alcuni avvenimenti che ti aiuteranno a capire tutta questa situazione. Fidati di me, se non mi seguirai, se non ricorderai, difficilmente sarò in grado di aiutarti a comprendere Lisa inspirò profondamente, espirò ancora più profondamente ed annuì. - Va bene – le disse – Portami lassù, così poi tutta questa storia pazzesca avrà un termine – Avrebbe potuto giurare di aver sentito la zia dire: “ od un inizio…”, ma poiché non ne era sicura, preferì tacere e si avviò a


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passi veloci dietro ad Anna, che aveva già imboccato una piccola stradina, parecchio ripida, che si apriva tra il bosco, ad ovest della casa. Per i primi dieci minuti camminarono in silenzio, in fila indiana. Lisa di tanto in tanto si girava a guardare indietro, perché aveva la fastidiosa sensazione di essere seguita. Le sembrava che passi leggeri sfiorassero il sentiero a pochi centimetri da lei e temeva quasi di risentire quel respiro e quella voce rauca e terrificante. Inciampò spesso nelle radici degli alberi che spuntavano dal terreno e sentì la zia sussurrare frasi del tipo “spostatevi, lasciateci passare”, oppure “sempre in mezzo ai piedi, quando proprio non serve”. Lisa fece spallucce all’ultima imprecazione della zia e la strattonò per la maglia della tuta, per attirare la sua attenzione. Anna si fermò e si voltò a guardarla, un po’ seccata. Le parve ancora molto turbata, con le labbra serrate, gli occhi fissi su di lei, velati da una malcelata preoccupazione, ed il respiro affannoso che, pensò Lisa, non era dovuto solo alla fatica fisica – la salita proseguiva infatti sempre più ripida – bensì anche da una sorta d’ansia che le velava il volto pallido e teso. - Manca ancora molto? – le chiese, guardando verso la cima della montagna. In quel momento notò dietro la zia un altro bagliore dorato, istantaneo ed improvviso, simile a quello che le era sembrato di scorgere il giorno prima in cucina. - Ancora dieci minuti – le rispose Anna, riprendendo fiato e scostando una ciocca di capelli biondi dal viso sudato – Dai, sbrighiamoci, così potremo far ritorno prima di pranzo – Lisa annuì e seguì la zia che aveva ripreso a marciare ad un ritmo sostenuto. In quel momento pensò che Anna era veramente in forma, in effetti faticava quasi a reggere il suo passo, deciso e costante. Finalmente, dopo venti minuti circa durante i quali non scambiarono alcuna parola, il sentiero terminò in una piana di un verde intenso, spruzzato qua e là da fiori di vario colore.


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Al centro vi era una roccia alta circa mezzo metro e larga due metri, sulla quale la zia sedette, subito imitata da Lisa che, mentre cercava di controllare il respiro ancora un po’ affaticato, si guardava intorno incantata per la bellezza del luogo. - Adesso è arrivato il momento che più ho temuto in questi dieci anni – esordì Anna, fissando la nipote con intensa preoccupazione – E’ arrivato il momento di ricordare, tesoro mio, e quello che ricorderai cambierà per sempre la tua vita e il tuo destino -


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Capitolo Quarto Le rivelazioni

- Come? Che dici, zia? – Anna le prese delicatamente una mano ed abbassò lo sguardo a terra. Lisa non poté non notare una lacrima che le scivolava dagli occhi alla guancia, e che lei asciugò subito con la mano libera. Tirò su con il naso e fissò la nipote. I suoi grandi occhi blu erano velati da una profonda tristezza ma, Lisa notò con una certa ansia, anche da rassegnazione. I lunghi capelli biondi le ricadevano sul viso pallido e in parte sul petto, rilucendo dei raggi del sole che filtravano a tratti dai rami del bosco. Anche così, in quella particolare situazione, Lisa pensò che la zia era veramente una bella donna e che la somiglianza con la madre era impressionante. Per un attimo le sembrò che il ciondolo colorato appeso al collo della zia si fosse illuminato di una tenue luce argentata, ma, pensò, probabilmente erano solo i riflessi del sole che ingannavano i suoi occhi. Anna si alzò in piedi e cominciò a camminare nervosamente su e giù, misurando la piana a grandi passi. Lisa era sconcertata e, nello stesso momento, preoccupata. Cercò di alzarsi a sua volta, ma le gambe erano molli e le tremavano. Inoltre, la vista le si stava annebbiando – e questo preannunciava l’arrivo di un’emicrania – così decise che avrebbe ascoltato la zia stando seduta. - Quello che mi hai appena detto è assurdo – sussurrò con voce rauca, passandosi una mano sulla frangia per scostarla dagli occhi arrossati - Ti rendi conto che tutto questo non ha alcun senso? Anna si arrestò in un punto molto vicino alla roccia e sospirò, voltandosi verso la nipote. Era ancora agitata e tesa.


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- Ne ha eccome, tesoro mio. Più di quanto tu possa immaginare – - Zia, scusa, io ti voglio un gran bene, sei come una madre per me, ma permettimi di dubitare del tuo stato mentale. Non mi sembri molto in te, in questo momento - Magari si trattasse solo di pazzia, tesoro! – esclamò Anna, tornando a sedere accanto a lei ed afferrando il ciondolo con uno scatto – Tutto sarebbe molto più semplice – - Più semplice, ma che dici? – Lisa la fissò sempre più preoccupata, scuotendo la testa. - No, c’è proprio qualcosa che non va in te, zia, ascolta…rientriamo alla casa e poi chiamiamo quella…come si chiama…Olga…, così ci potrà consigliare un buon dottore e…- Ora basta! – sbraitò Anna, afferrando Lisa per le spalle, che strillò per lo stupore – Hai deciso di seguirmi fin qui, ricordi, perché hai fiducia in me, ma non sono del tutto sicura che prima tu mi abbia detto la verità! Probabilmente mi hai accontentata solo perché così si fa con i matti, o sbaglio?Lisa passò rapidamente dallo stupore, allo sconcerto ed, infine, alla rabbia. - Che pretendi, scusa? – urlò, spingendo un po’ indietro la zia – Ripeto, tutto questo per me è assurdo, e la mia razionalità mi sta dicendo in continuazione di alzare i tacchi e di ritornare a casa e a gran velocità! – - Già – bisbigliò Anna – Certo, scappando risolverai tutto, come hai sempre fatto finora, giusto? – Lisa sentì una gran rabbia salirle dallo stomaco fino al cervello. Riuscì ad alzarsi in piedi, allontanandosi dalla zia, che la guardava con aria di sfida. - Come ti permetti di ferirmi così? – urlò, puntandole contro il dito indice – Non sai cosa ho provato in tutti questi anni, nelle notti in cui avrei voluto avere mia madre accanto ad abbracciarmi, o nei momenti in cui avrei voluto sentire ancora per una volta la voce di mio padre! – Strinse furiosamente i pugni, mentre Anna si alzava in piedi a sua volta e la osservava con aria triste.


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– Non sai che significhi crescere senza i genitori, senza poter parlare con loro, senza poterli avere accanto a te…Crollò a terra, afferrando la testa tra le mani e fissando i ciuffi d’erba sotto il suo viso, che raccoglievano le sue lacrime, lasciandole poi scivolare sul terreno. - Io ti sono sempre stata vicina, in tutti questi anni – le sussurrò delicatamente la zia, accarezzandole i capelli – Ho cercato di farti da madre e da padre. Se ho fallito, ti chiedo scusa – A quelle parole Lisa voltò il viso verso di lei e l’abbracciò con calore. - Oh no! Tu sei sempre stata meravigliosa, fantastica, la migliore zia che potessi mai avere! Non ti devi scusare, io ti voglio un gran bene, sono io invece che devo chiederti perdono. E’ solo che tutto quello che mi sta succedendo in queste ultime ore ha dell’incredibile. Puoi capirmi, vero? – Anna annuì e strinse forte a sé la nipote. - Certo che ti capisco, ma ti chiedo solo di avere piena fiducia in me. Se lo farai, entro breve avrai tutte le risposte che cerchi e anche di più - Sì, va bene – Lisa asciugò le lacrime, scostando con delicatezza la zia – Sono pronta ad ascoltare – Anna sorrise ed afferrò nuovamente il ciondolo che, ora Lisa lo vide perfettamente, si illuminò di una forte luce argentata. - Non ad ascoltare – le disse, fissandola intensamente negli occhi – Ma a vedere - Come a… Lisa non riuscì a terminare la frase. Accanto a lei, in un attimo, era apparsa una bambina che piangeva disperatamente, tremando dalla testa ai piedi. Lisa balzò indietro ed inciampò, cadendo a terra. Spostò rapidamente lo sguardo verso un piccolo gruppo di persone, che distavano pochi metri dalla piccola. Si alzò in piedi, scioccata, e guardò con aria interrogativa la zia, che la prese dolcemente per mano, allontanandola dalla bambina ed avvicinandola agli altri.


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- Su, non temere – le sussurrò, spingendola lentamente in avanti Vai da loro, io sarò qui, accanto a te – Lisa proseguì il suo cammino nel più totale sconcerto e poi si bloccò, soffocando un urlo. Tra quelle persone, a terra, giaceva un uomo, gli occhi sbarrati nel vuoto, lo sguardo fisso ed opaco, il torace insanguinato, le mani strette attorno ad una freccia conficcata nel petto. Sopra di lui una donna piangeva col capo appoggiato accanto alla freccia e i lunghi capelli dorati sparsi sul corpo senza vita dell’uomo. - Non l’ho salvato! – urlò la donna, rialzando la testa e coprendosi gli occhi con le mani – Maledetta me, maledetta me! – Un’altra giovane, nel frattempo, le si inginocchiò accanto, staccandola con fermezza dal corpo esanime. - Non avresti potuto fare niente per lui. E’ stato colpito a tradimento, il Nero Signore ha infranto il nostro Codice – La signora piangente allontanò con uno scatto furioso l’altra donna e si riavvicinò all’uomo, abbassandogli delicatamente le palpebre sugli occhi vitrei. - Ho sbagliato, è colpa mia. Dovevo immaginare che il Nero Signore non avrebbe mantenuto il patto ancora per molto tempo… La mia ingenuità ha ucciso mio marito…Lisa era sconvolta. Spostava in continuazione lo sguardo da quel corpo senza vita, alla donna sopra di lui, agli uomini sparpagliati sulla piana, che discutevano animatamente tra di loro, guardandosi nervosamente intorno, alla bambina, che continuava a singhiozzare e a tremare. L’altra signora si era nel frattempo rialzata e si era avvicinata alla piccola, accarezzandole i capelli. All’improvviso, la donna che aveva perso il marito smise di piangere e sembrò ritornare per un attimo in sé. Si alzò in piedi, asciugò le lacrime e guardò la bambina. - Dov’è Luca? – chiese ai presenti, osservandosi intorno allarmata – Dov’è mio figlio? – - Sono qui, madre –


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Lisa vide un ragazzo, che doveva avere all’incirca la sua età, uscire dal gruppo degli uomini per dirigersi verso la donna. Era alto, molto bello, con capelli biondi ondulati che gli arrivavano fino alle spalle. Non piangeva, anche se aveva un’aria sconvolta e spaesata e non riusciva a togliere gli occhi di dosso a quello che, a terra, doveva essere sicuramente il padre. - Venite qui, figli miei – li invitò la signora, cercando di sorridere - Venite qui ad abbracciarmi! – La bambina ed il ragazzo corsero dalla madre, stringendola con calore. La piccola non smetteva di piangere. Lisa guardò la zia, che sembrava anch’essa sconvolta dalla scena che stava scorrendo dinanzi ai loro occhi come un film. Poi, col cuore che le batteva forte in gola ed il corpo scosso da un tremito incontrollabile, si avvicinò alla giovane che piangeva sommessamente e che osservava la madre ed i figli stretti ancora in un lungo abbraccio. Vide chiaramente il suo viso ed urlò, urlò con tutto il fiato che aveva in petto, tanto che le sembrò che la testa stesse per esploderle. Quella ragazza era Anna, sicuramente più giovane, ma era indubbiamente lei. - Zia, ma…tu…che succede, zia… Tremava, tremava e non riusciva a stare ferma. Correndo su è giù attorno ad Anna, afferrò i capelli, scuotendo la testa. Le sembrava di impazzire. - Calmati, Lisa, è tutto a posto…Anna cercò di abbracciarla, ma lei si divincolò e si precipitò a guardare l’altra donna. Urlò ancora. Era sua madre…e la piccola era lei stessa… Guardò ancora la zia, piangendo ed asciugandosi le lacrime che le annebbiavano la vista. Quindi osservò meglio il ragazzo. Aveva gli stessi occhi blu della madre. Si alzò in piedi, barcollando. L’emicrania era così forte da costringerla e chiudere gli occhi per qualche istante e a stringere i denti. La zia l’aiutò a sostenersi in piedi.


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- E’ tuo fratello Luca – le disse, come se le avesse letto nel pensiero. – E questa sei tu – continuò, indicandole la piccola ancora tremante – A questo punto credo che tu abbia già capito che l’uomo a terra è tuo padre, mentre la donna è… – - Mia madre – la interruppe Lisa, con voce roca. Guardò poi il gruppo degli uomini che nel frattempo si erano stretti in cerchio, quasi a voler difendere da qualcosa, o da qualcuno, le donne, Luca e la piccola. Lisa, ancora sostenuta da Anna, non riusciva a staccare gli occhi dal viso del fratello. - Zia, dov’è lui, ora? – le chiese, riprendendo per un attimo il controllo di se stessa – E mia madre? Mi hai sempre detto che i miei genitori erano morti entrambi in un incidente aereo…Che sta succedendo, maledizione, che sta succedendo? – - Poi ti spiegherò – la zittì Anna – Ascolta! – Lisa stava per ribattere, quando sentì la mamma parlare nuovamente con la sua dolcissima voce. - Sorella mia, non possiamo più stare qui, è troppo pericoloso. Lui potrebbe ritornare e mia figlia non è protetta come Luca – Marta scostò delicatamente i figli da lei e, prendendoli entrambi per mano, condusse poi la bambina dalla sorella. - Luca verrà con me, a te affido Lisa. Per ora non può vivere nel nostro Regno, è troppo piccola per ricevere il ciondolo e io a questo punto non mi sento più in grado di assicurarle la giusta protezione. Dovrai allontanarti da questi boschi, trovare un’altra sistemazione, e ricominciare con lei una nuova vita. Io, d’altro canto, farò vigilare giorno e notte il Passaggio affinché non accadano altri incidenti come quello nefasto di oggi. Il Nero Signore ed i suoi seguaci non devono assolutamente entrare nel Mondo degli Umani! Mai più! La madre sorrise alla bambina, mentre le lacrime le solcavano il bel viso sconvolto dal dolore. - Devi provvedere a rimuoverle ogni ricordo da lei vissuto fino a questo momento – continuò Marta, issandosi in tutta la sua notevole altezza e gettando dietro la schiena i lunghi capelli arruffati – Cara Anna, ripongo in te tutta la mia fiducia e la mia speranza –


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Un pianto improvviso e forte attirò l’attenzione di Lisa. La madre aveva allontanato da sé la piccola che ora tentava di divincolarsi dall’abbraccio della zia. - No, non voglio, non voglio lasciarti, NO! – urlò la bambina, mentre due uomini accorrevano per aiutare Anna a trattenerla – Mamma! – A Lisa mancò il respiro per l’emozione. Le sembrava di rivivere quel ricordo sulla sua pelle, in quel preciso istante. - Piccola mia, ti voglio bene… - sussurrò la madre, tenendo invece ben stretto a sé Luca, che tentava disperatamente di raggiungere la sorellina. - Madre, voglio salutarla per l’ultima volta, ti prego, lasciami andare! – la supplicò il ragazzo – Ti prego! – - No, ora dobbiamo andare! – disse lei con fermezza, spostandosi con il figlio verso il corpo del marito – Un giorno la rivedrai, te lo prometto e Lisa, tesoro mio – si rivolse alla piccola, cercando di sorriderle per incuterle coraggio - Io ti sarò sempre vicina, non ti abbandonerò mai. Anna sarà per te una madre ed un padre, cerca pertanto di volerle sempre bene e di rispettarla…- Noooo! – urlò la bambina, mentre la madre, stringendo il ciondolo, spariva in una nube dorata con Luca ed il corpo senza vita del marito, risucchiati all’interno della roccia. Lisa non riusciva a respirare bene. In quel momento quella scena scomparve dinanzi ai suoi occhi e tutto ritornò come prima, una piana vuota e verdissima, scossa solo da un debole vento e dal cinguettio allegro degli uccelli.


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Capitolo Quinto La Profezia

Era sicuramente svenuta, perché, quando si risvegliò, si ritrovò distesa sul divano, con Anna che le teneva ben fermo sulla fronte un canovaccio bagnato. - Come ti senti, tesoro? – le chiese, preoccupata. Lisa cercò di mettere a fuoco il viso della zia, e, quando provò a sedersi, sentì una grossa fitta pulsarle sulla nuca. La testa le girò vorticosamente, per cui si adagiò ancora, richiudendo gli occhi. - Quando sei svenuta hai sbattuto la testa sulla roccia – le disse Anna, sollevando il canovaccio per intingerlo nuovamente in una bacinella piena d’acqua - Però ti è uscito subito un bel bernoccolo. Ti rimetterai in fretta…– - Ma…ma …come hai fatto a portarmi fin qui da sola? - le chiese, massaggiandosi le tempie. - Oh! Lo sai che sono molto forte…Lisa la guardò di sbieco, poco convinta. Ma era troppo sconvolta, tesa e preoccupata per ribattere a quella affermazione. Nel cervello le turbinavano tutte le immagini che aveva visto poco prima; suo padre, morto, ricoperto di sangue, i suoi occhi sbarrati nel vuoto…e suo fratello Luca. A terra giaceva il corpo del padre, quindi sua madre era ancora viva, doveva esserlo, non c’era dubbio! Con quel pensiero spalancò gli occhi e guardò la zia, che le stava sorridendo con dolcezza. - Non è morta, vero? – le chiese, con cautela, quasi temendo di sentire Anna darle della pazza – Quello che ho visto è successo realmente? – - Sì – rispose lei, continuando a tamponare con il canovaccio la fronte della nipote – E’ tutto vero, non hai sognato –


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- Ma…ma allora…Dove si trova mamma, adesso? E mio fratello? – Anna non rispose. Invece si alzò, dirigendosi verso la cucina. Lisa la vide bere un bicchiere d’acqua e riempirne un altro per la nipote con del succo d’arancia. - Bevi, ti darà un po’ di forza – la invitò, sedendosi nuovamente accanto a lei – Oggi ritorneremo in città, devi assolutamente parlare con Paolo di tutta questa faccenda – Lisa la fissò con aria stralunata. Che c’entrava Paolo, in quel momento? Lei voleva sapere, doveva sapere, aveva tante domande da porre alla zia, e lei…lei le parlava di Paolo…era tutto assurdo. Provò la forte tentazione di afferrarla per le spalle e di scuoterla con violenza, per farle uscire dalla bocca quelle parole che aveva bisogno di sentire per essere rassicurata e per capirne qualcosa di più. Cercò di trattenere la furia che stava crescendo dentro di lei, inspirò a parlò alla zia, scandendo per bene le parole. - Ora vo-glio che tu mi dica tut-to, ogni singolo par-ti-co-la-re! Puoi, per favore, spiegarmi perché mia mamma è sparita in una roccia? Sai, il mio cervello sta rischiando di fondere…- Oh sì, certo che ti spiegherò tutto, non appena arriverà il tuo stupido Guardiano, sempre in ritardo! – - Cooosa? – Lisa strabuzzò gli occhi, inviperita. Si alzò in piedi e urlò tutta la sua rabbia, chiudendo gli occhi e serrando i pugni. - BASTA! ORA VOGLIO SAPERE, SONO STUFA! GUARDA CHE ORMAI LA MIA PAZIENZA È GIUNTA AL LIMITE, IO…- Ah eccolo, finalmente! – Lisa interruppe la sua sfuriata, era troppo sconvolta per poter aggiungere altro. Dinanzi a lei, in un lampo accecante, era apparso un ragazzo che tossicchiava, sputando del fumo giallo. - Accidenti! – urlò, visibilmente scocciato – Non mi abituerò mai a questi spostamenti! Non li sopporto proprio! –


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- Come ? – chiese Lisa in un sussurro, tentando di alzarsi dal divano, anche se le gambe le tremavano per lo spavento. - Prova tu a disintegrarti prima in mille pezzettini e poi a ricomporti in mezzo ad un fumo schifoso. Ti riempie i polmoni, sai? E fai proprio fatica a respirare…Maledizione! – Il ragazzo tossì ancora un’altra volta, poi inspirò profondamente e sedette con noia su una poltrona dinanzi a lei, passandosi le dita tra i capelli castani arruffati, che gli arrivavano fino alle spalle, e che davano l’idea di non subire un lavaggio da almeno qualche settimana. Lisa lo osservò meglio, totalmente allibita. Indossava dei jeans slavati e sfilacciati in più punti, un maglione largo e logoro di colore grigio ed un paio di scarpe da ginnastica che, in un lontano passato, erano state sicuramente bianche. Decise di chiudere gli occhi per scacciare quella assurda immagine, ma quando li riaprì, a turno, lui era ancora seduto e la guardava con curiosità. Una frazione di secondo dopo, prima che Lisa riuscisse ad aprire bocca per chiedere spiegazioni, Anna si era avventata sul giovane, afferrandolo per il maglione e tirandolo in piedi. Poi iniziò a scuoterlo e Lisa guardò quella scena sbigottita, strizzando gli occhi a più mandate, per convincersi che non stava sognando. - Non dovevi essere qui un’ora fa, razza di imbecille che non sei altro! Sai perfettamente che la Signora qui presente – ed indicò animosamente Lisa – è in serio pericolo e che finché il ciondolo non verrà attivato può essere attaccata in qualsiasi momento! Te lo sei dimenticato, forse?- Ok, hai ragione… – sibilò il ragazzo, con il respiro mozzo (Anna lo stava quasi strozzando) – Ero…ehm…impegnato... - Ma davvero? – sbraitò Anna, scuotendolo ancora con più forza. Lisa pensò che la zia, così minuta ed apparentemente fragile, aveva una forza degna di un lottatore – E il tuo impegno di che colore aveva i capelli, oggi? Castani, rossi, biondi? – - Neri, per la verità – riuscì a rispondere il ragazzo, arrossendo – Ma quando mi sono accorto che ero in ritardo sono sparito immediatamente…accidenti, ora lasciami, non riesco a respirare…-


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Lisa guardava ritmicamente la zia ed il ragazzo, imbambolata. Quindi sentì nuovamente una gran rabbia salirle dalla bocca dello stomaco. - Insomma, ora basta! Smettetela! – urlò furiosamente, tentando di staccare la zia dal giovane. Anna si bloccò e si girò a guardarla, socchiudendo gli occhi e piegando le labbra in una strana smorfia. - E va bene – disse, seccata, sistemandosi i capelli. - Tu – borbottò poi, fulminando l’ospite con uno sguardo truce Siediti, e non aprire più quella bocca! A te penserò dopo! – Lisa si accorse di avere le labbra che le tremavano nervosamente. Guardò la zia, poi riprese il controllo di se stessa con un gran respiro e sedette sul divano. - Allora, cara zia, se non mi spiegherai per filo e per segno che sta succedendo, io aprirò quella porta e non mi rivedrai mai più – la minacciò con uno luccichio folle negli occhi – Ne ho fin sopra i capelli di questa assurda situazione…- Tu non andrai da nessuna parte, mia Signora – intervenne il ragazzo, guardandosi pigramente le unghie – Se metterai piede fuori di casa, da sola, probabilmente non riuscirai a sopravvivere per più di venti minuti! – - Brutto imbecille! – gridò Anna, avventandosi nuovamente su di lui – Così la spaventi, sei forse impazzito? – Lisa guardò quella scena per un nanosecondo, poi si diresse a grandi passi verso la porta, la spalancò ma, prima che riuscisse a mettere un piede fuori dalla stanza, quella si richiuse da sola, con un gran botto. - Torna qui, Lisa – la invitò Anna che, nel frattempo, le si era avvicinata e la pregava con le mani giunte sul seno – Hai ragione, ti spiegherò tutto, dall’inizio. Ora siedi, per favore – Lisa la guardò con sospetto, ma decise di ascoltarla. Si lasciò cadere sul divano con un tonfo e guardò prima la zia, poi il ragazzo, in attesa. - Tu, vai di là, chiudi la porta e non toccare niente – ordinò Anna al giovane che si alzò con una scrollata di spalle, avviandosi pigramente verso la cucina.


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Levò poi gli occhi al cielo e si accomodò accanto alla nipote, prendendole delicatamente una mano. - Non so da dove cominciare - disse, scrutando Lisa che appariva molto pallida e provata – Dunque…vediamo…hai ragione, tesoro mio, tua madre è ancora viva, ma non si trova nel mondo che tu conosci, bensì in una dimensione, possiamo dire, parallela a questa, dove vivono esseri immortali…- Immortali? – la interruppe Lisa, sbarrando gli occhi. - Si, hai capito bene – continuò Anna, sorridendole – Si interruppe, per darle modo di comprendere quelle parole – Questi esseri, quando raggiungono un’età matura, non invecchiano più, però possono essere uccisi - Tutto questo è pazzesco – commentò Lisa, appoggiando una mano alla fronte e chiudendo gli occhi, mentre chinava il capo in avanti – Non riesco a crederci, non posso crederci…Ma a me interessa solo vedere mia madre, ora e…mio fratello! – - Hai visto tu stessa Marta entrare col tuo povero papà e con tuo fratello nella roccia – continuò Anna, fingendo di ignorare la richiesta della nipote – Beh, quello è il Passaggio per l’altra dimensione…per il Regno degli Elfi Si interruppe, per verificare come avrebbe reagito Lisa a quella verità. - Elfi? – chiese infatti lei, riaprendo gli occhi e drizzandosi a sedere – Intendi dire come quelli del “Signore Degli Anelli”? – - Beh, non proprio – disse Anna, abbozzando un sorriso - Migliaia di anni fa potevano assomigliare agli Elfi dei film o dei libri, ma ora si sono adeguati ai tempi, vivono in case provviste di tutto il necessario, vestono abiti moderni, indubbiamente più comodi, e si spostano nello spazio con la scomposizione molecolare, come hai potuto constatare prima con Bartolomeo – Si interruppe, guardando verso la cucina, e scosse la testa. - Speriamo che non stia combinando altri guai – mormorò, sfregando le mani con preoccupazione – Altrimenti lo ricaccio indietro, te lo assicuro, più velocemente di com’è arrivato! – - Scusa, zia, stai forse cercando di dirmi che …ehm…Bartolomeo è un Elfo? –


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- Esattamente, cara, come lo è tua madre e come lo sono io… Lisa la guardò sbalordita, spalancando la bocca per lo stupore. - Ma…come…zia…tu non hai le orecchie a punta…o sbaglio? – Alzò la mano per scostarle i capelli e gridò per lo stupore. - Le hai! Hai le orecchie a punta! Dannazione! – - Perché credi che abbia sempre lasciato i capelli sciolti, senza mai raccoglierli? Non era solo un’abitudine! Lisa balzò in piedi, camminando nervosamente su e giù per la stanza. - Ma…ma…gli Elfi non dovrebbero avere nomi strani, come nei libri? – chiese ancora. - Gli Elfi che hanno deciso di stabilirsi sulla terra si sono sparpagliati tra le varie nazioni e, quindi, hanno conformato i loro nomi a quelli del territorio in cui abitano. Viviamo in tempi moderni, tesoro – rispose Anna, sorridendole. - Ok, certo! Supponiamo allora che io creda a tutto quello che mi stai raccontando. Mamma è un Elfo, papà era un Elfo e quindi, perché io non ho le orecchie a punta? – - Tuo padre era un mortale, cioè un Essere Umano – precisò Anna, seguendo la nipote con lo sguardo – Perciò tu e tuo fratello siete dei mezz’Elfi – - Oh! – Lisa si bloccò, toccando le orecchie per assicurarsi che fossero le stesse di sempre – Vuoi dire che siamo metà e metà?- Sì, proprio così. Racchiudete in un solo essere la grande umanità di vostro padre e l’onniscenza e l’immortalità di vostra madre – - Come? Sono anch’io immortale? – Lisa si precipitò dalla zia, inginocchiandosi di fronte a lei – E’ vero? – - Immortale come ti ho spiegato prima, tesoro – le disse Anna, accarezzandole i capelli – Ma se qualcuno ti dovesse ferire gravemente e la ferita non fosse curabile…beh...ecco, in quel caso moriresti…Per questo Bartolomeo prima ti ha detto che non puoi permetterti di uscire da sola, sarebbe troppo pericoloso – - Ma perché? Non capisco, perché dovrei essere in pericolo? – Un boato tremendo giunse all’improvviso dalla cucina. Anna si precipitò verso la stanza, seguita a ruota da Lisa e, quando aprì la porta, la scena che le si parò di fronte la fece diventare paonazza.


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Bartolomeo giaceva a terra, con una gamba bloccata da una mensola che si era staccata dal muro e che aveva trascinato con sé, ora sparsi per tutto il pavimento e sul corpo del ragazzo, frammenti di bottiglie di liquore di vario genere. - Ma che diavolo stai combinando? – urlò Anna, rossa in viso – Quando mai s’è visto un Elfo bere alcolici? Sono proprio delusa da te! Se non fossi il più in gamba dei Guardiani, ti avrei già dato da un pezzo un calcio dove non batte il sole! – Bartolomeo si alzò lentamente, barcollando e scalciando da una parte la mensola. Si scrollò di dosso i vari pezzi di vetro colorato e guardò Lisa con aria colpevole. - E va bene – disse Anna, riprendendo il controllo di se stessa – Ora esci di qui e vieni con me in salotto, dove posso controllarti a vista Quando Lisa vide una sedia a terra, fu come se una lampadina le si fosse accesa nel cervello. Ricordò il lampo di luce che aveva notato il giorno prima in cucina e fissò l’Elfo con aria interrogativa. - Eri tu, ieri, alle mie spalle, vero? – gli chiese, avvicinandosi al ragazzo e fissandolo negli occhi verdi. Bartolomeo si ritrasse leggermente ed annuì. - E quei passi dietro di me, nel bosco, poche ore fa…Potete forse…cioè…ehm…possiamo forse diventare invisibili? – - Solo noi Guardiani – rispose l’Elfo, grattandosi la testa imbrattata di liquore. - E hai aiutato mia zia a portarmi fin qui, prima – chiese ancora, con curiosità. - Effettivamente siamo spariti tutti e tre, non è stata una gran fatica - Tutti e tre? Anch’io sono in grado di sparire? – mormorò Lisa, deglutendo a fatica. - Se afferri un Elfo che è in procinto di sparire, subisci anche tu la stessa sorte – precisò Anna da dietro le sue spalle - Capisco…e zia – continuò, voltandosi verso di lei - La mattina della nostra partenza ti ho sentito parlare con qualcuno in camera tua, prima di aprire la porta…Era sempre lui? –


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- Certo, cara, stavamo prendendo accordi – rispose Anna, avvicinandosi a Lisa e spingendo Bartolomeo con ben poca grazia fuori dalla cucina. - Ora rimetto tutto in ordine e poi riprendiamo i nostri discorsi – bofonchiò, afferrando il ciondolo. Prima che Lisa potesse ribattere (era sul punto di dire che per sistemare quel disastro ci sarebbero volute almeno due ore), la zia aveva sollevato dinanzi a lei il ciondolo, che profuse nella stanza un’intensa luce argentata. Lisa chiuse gli occhi e, quando li riaprì, la cucina era linda come non mai. Anna uscì dalla stanza visibilmente soddisfatta, afferrando per un braccio la nipote, che era rimasta immobile con la bocca spalancata. Bartolomeo, nel frattempo, stava armeggiando con qualcosa posto nella cinta dei pantaloni. - Ma che fai? – gli chiese Lisa, osservando che, sotto la patina di sporcizia, vi era forse un ragazzo carino. L’Elfo appoggiò sul tavolo del salotto un pugnale luccicante dall’impugnatura bianca e, subito dopo, una strana pistola grigia. Lisa sobbalzò e guardò le armi con timore. - Zia, scusa…Ma gli Elfi Guardiani usano le pistole? – - Non sono pistole comuni – rispose Bartolomeo, sedendo in bilico su un mobile, un po’ offeso – Sono armi laser! – Lisa strabuzzò gli occhi, spostando lo sguardo dall’Elfo alla zia e levando gli occhi al cielo, per implorare la pazienza. - Sono un regalo di qualche migliaio di anni fa dei nostri amici lassù – proseguì Bartolomeo, accavallando le gambe e rischiando di precipitare dal mobile (Anna lo fissò inorridita) – E con amici lassù non intendo Angeli, bensì esseri che vengono dallo spazio profondo Mentre pronunciava quelle parole, aveva levato gli occhi al cielo, puntando il dito indice verso l’alto. - Alieni? – chiese Lisa, sempre più confusa e sconvolta – Mi stai dicendo che anche loro non sono frutto della fantasia di noi umani? –


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- Sono arrivati sulla terra circa diecimila anni fa – intervenne Anna, sedendosi sul divano – E gli Elfi sono il frutto dell’unione tra gli Alieni e gli esseri umani – A Lisa tremavano le gambe per l’emozione. Dovette per forza sedersi accanto alla zia e terminò di bere il succo d’arancia. Aveva la gola arsa, che le bruciava con intensità, e la solita emicrania che le stava sconquassando il cervello. - Posso proseguire, ora? – le chiese Anna, quando lei appoggiò il bicchiere vuoto sul tavolo. Lisa annuì col capo. Si sentiva troppo scossa ed emozionata per riuscire a proferire parola e, contemporaneamente, era impaziente di soddisfare tutte le domande che le ronzavano incessantemente in testa. Inoltre, voleva rivedere al più preso la madre ed il fratello Luca di cui non aveva alcun ricordo. - Allora, da dove posso riprendere il discorso…vediamo… il giorno in cui tua madre conobbe tuo padre, fu amore a prima vista. Lei non gli rivelò subito la sua vera natura ma, quando lo fece, per tuo padre fu veramente difficile accettare quella verità, infatti si separò da lei per qualche mese. Fu Marta a cercarlo nuovamente e quando lui la rivide le promise amore eterno, ma le disse anche che non aveva alcuna intenzione di vivere con lei nel Regno degli Elfi. Marta dovette prendere allora la decisione più difficile della sua vita, che avrebbe anche condizionato il destino del popolo Elfico… Lei era la Signora degli Elfi, colei che gli umani possono chiamare “Regina” od “Imperatrice”, fai un po’ tu…ed ovviamente avrebbe dovuto rinunciare a quel titolo, se avesse deciso di seguire tuo padre. Ma l’amore immenso che lei nutriva per quel ragazzo vinse ogni ostacolo. Marta designò me come suo successore, essendo sua sorella e possedendo, di conseguenza, le caratteristiche per continuare la linea della stirpe reale e venne ad abitare qui, con tuo padre. Poco dopo il matrimonio nacque tuo fratello Luca, e qualche anno dopo, Marta diede alla luce una bellissima bambina…E quella bambina, cioè tu, fu un bene prezioso per tutti noi perché solo le femmine possono governare sul popolo Elfico… -


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- Aspetta un attimo – la interruppe Lisa, sbarrando gli occhi – Stai forse cercando di dirmi che io potrei diventare la futura Signora degli Elfi, al posto di mia madre? – - Sì, certo, quando sarai pronta per affrontare una simile responsabilità. Tuo padre questo lo sapeva e dopo aver lottato per sei anni contro il tuo ineluttabile destino, si convinse a seguire tua madre, con tuo fratello, sino alla roccia, alla porta di passaggio…Ma lì accadde qualcosa che nessuno aveva previsto…- L’assassinio di mio padre, giusto? – chiese Lisa, guardando anche Bartolomeo, che annuì con aria truce. - Proprio così. Era finalmente arrivato il giorno, per il tuo povero padre, di entrare nel Regno Elfico e per tua madre di riprendere il posto che le spettava di diritto. Lì tu e tuo fratello sareste stati presentati al Consiglio degli Elfi Supremi (Lisa guardò la zia con aria interrogativa, ma preferì non interromperla) e a Luca sarebbe stato donato il ciondolo della famiglia…Sì, proprio come quello che ora tu porti al collo e che viene consegnato agli Elfi Reali solo dopo i sedici anni di vita…Esso assicura una piena protezione da qualunque attacco esterno, una volta attivato…Tu avresti dovuto attendere ancora qualche anno, ma ti pensavamo comunque al sicuro, perché nessuno di noi avrebbe mai sospettato un suo attacco – - Ma di chi stai parlando? - chiese Lisa, prestando alla zia la massima attenzione. - Al Nero Signore degli Elfi, naturalmente – Lisa guardò spaventata prima la zia e poi Bartolomeo, che annuiva seriamente con il capo. - Per molto tempo fu un valido alleato della Signora degli Elfi, finché non ebbe dei contrasti con la politica del Consiglio, dal quale si staccò formando un gruppo di Elfi sovversivi. Questi ultimi, guidati naturalmente dal Nero Signore, si allontanarono dalle Terre del Regno, per stabilirsi sulle grigie montagne del Picco Oscuro - Fatico a capire, ma vai avanti – la invitò Lisa, ancora spaventata.


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- Da quel giorno i rapporti tra il Regno Elfico ed il Gruppo del Nero Signore si fecero sempre più tesi, tanto che tua madre si vide costretta ad obbligare il Nero Signore, col suo popolo, a restare sul Picco Oscuro e a non varcare assolutamente il Passaggio verso il Mondo Umano Anna si interruppe, traendo un profondo sospiro. - E così è stato fino a dieci anni fa, quando lui ha superato il Passaggio ed ha ucciso tuo padre senza pietà… - Ma perché, perché ucciderlo? Qual era lo scopo? – intervenne Lisa, che tremava da capo a piedi per l’emozione e per la rabbia. - Ah, tesoro, le motivazioni non ci sono ancora del tutto chiare riprese Anna, sfregandosi nervosamente le mani, mentre Bartolomeo si era avvicinato ad una finestra e stava guardando fuori, con molta attenzione - Questo atto stava comunque a significare l’effrazione del Codice. Marta fu quasi sul punto di dichiarare guerra al Nero Signore. Fermò le truppe nel momento stesso in cui venne a conoscenza della sua intenzione di ritirarsi definitivamente nelle terre del Picco Oscuro e di… - Giù! – sibilò Bartolomeo, mettendo un dito davanti alla bocca per invocare il silenzio – Non parlate…Anna, sbarrando gli occhi, trascinò a terra la nipote e la protesse con il proprio corpo. Lisa, con la coda dell’occhio, vide l’Elfo appiattirsi contro la parete accanto alla finestra, senza rivelare comunque una benché minima traccia di paura. - Sono gli Elfi Neri – sussurrò Anna nell’orecchio della nipote – Non so spiegarmi come, ma qualcuno ha detto loro che sei qui…- Cooosa? – - Ssstt…. – sibilò nuovamente Bartolomeo, gettando sulle due donne a terra un’occhiata truce. - Stanno cercando me? – chiese Lisa, nell’orecchio della zia. - Credo proprio di sì, ma ora…. – poggiò anche lei un dito davanti alla bocca e Lisa,da quel momento, sentì solo il battito veloce del suo cuore che le pulsava rumorosamente nelle tempie. - Tutto a posto, se ne sono andati. Il cerchio di protezione ha funzionato – la informò Bartolomeo, staccandosi dalla parete e scostando leggermente la tenda dalla finestra – Potete alzarvi -


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- Cerchio di protezione? – chiese Lisa, mentre scrollava la polvere dai pantaloni della tuta. - Sì, è un cerchio magico, naturalmente non visibile, che io stessa ho creato il giorno che siamo arrivate qui – spiegò Anna, avvicinandosi a sua volta alla finestra – Serve a tenere lontani i nemici…Quando vi si avvicinano, infatti, provano il forte impulso di allontanarsi rapidamente e di proseguire verso altre strade…Mentre lei tentava di dare un significato a quelle parole, la zia battè un colpo sulla spalla di Bartolomeo e Lisa la sentì sicuramente mormorare “Bravo, come sempre, d’altronde…”- Ed ora, mia cara, terminiamo il nostro racconto. Ma lo faremo davanti ad uno buona tazza di thé – Bartolomeo preferì rimanere di guardia in salotto e Lisa, per la prima volta, lo vide da un punto di vista più…professionale. - Stavo dicendo che il Nero Signore si ritirò al Picco Oscuro e lì ci rimase per gli ultimi dieci anni…fino a qualche ora fa, quando ci ha fatto comprendere che sta sicuramente riaccarezzando l’idea di eliminare l’intera Famiglia Reale ed, in particolare, proprio te, cara Lisa…per questo ti è apparso in sogno - Come? Perché? – chiese Lisa, rischiando di distruggere la zuccheriera. - Lui ha la capacità di entrare nei pensieri degli altri e di manipolarli, quando la mente è a riposo. Non capisci cosa sta cercando di fare? Cerca di spaventarti, di intimorirti…e tua madre è riuscita ad inserirsi nel sogno per parlarti della Profezia millenaria… - Quale Profezia? – urlò Lisa, interrompendo la zia e rovesciando lo zucchero sul tavolo. - E’ un’antica storia che tutti noi Elfi conosciamo…- E’ VERO! – gridò Bartolomeo dal salotto. - ZITTO! – disse Anna, levando gli occhi al cielo – Allora, la Profezia cita queste esatte parole, che ho sentito tante di quelle volte da saperle perfettamente a memoria: “ Colui che oserà insorgere contro la Signora degli Elfi e la colpirà al cuore, subirà la


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malaugurata sorte della distruzione eterna, quando l’erede, e il suo amato, cingeranno insieme la Spada del Destino che infrangerà il suo trono” - Capisci? – continuò, fissando la nipote – Ecco cosa intendeva dirti Marta nel sogno! Ti ha chiesto di aprire il tuo cuore all’amore, perché solo tu e Paolo, insieme, potrete sconfiggere il Nero Signore!Lisa la guardò versare il the ed aggiungere lo zucchero in entrambe le tazze. - Se ho ben capito – sussurrò, fissando un punto imprecisato della parete di fronte a lei – Il mio destino sarà quello di eliminare il Nero Signore con l’aiuto di Paolo – - Esattamente – rispose Anna, sorseggiando il suo the. - Il povero Luigi Marchi – esclamò improvvisamente, spostando lo sguardo sulla zia – E’ stato forse ucciso per causa mia? - Sì – le rispose Anna, poggiandole una mano sulla sua per rincuorarla – Pensiamo che sia stato eliminato da un soldato del Nero Signore, al quale non ha sicuramente fornito le informazioni che gli servivano per arrivare a te… - Accidenti! – esclamò Lisa, guardando la sua tazza ancora colma di the. Provava una morsa allo stomaco che le impediva quasi di respirare, tanto meno di bere. - E la cosa mi ha alquanto impaurita, perché la presenza di un Elfo del Picco Oscuro sta a significare che il Nero Signore, quando dieci anni fa ha ucciso tuo padre, ha lasciato nel mondo degli Umani degli adepti, che ora sono sparpagliati chissà dove e che ti possono attaccare in qualunque momento – - Ora capisco – disse Lisa, battendosi una mano sulla fronte - Il tuo malore è stato causato dalla preoccupazione per la mia sorte…e capisco anche perché tu abbia dovuto accelerare i tempi e mettermi al corrente di ogni cosa… - La morte del povero Sig. Marchi ha messo tutti noi Elfi di fronte ad una realtà che speravamo di non dover mai affrontare…la pre-


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senza, per l’appunto, di Elfi sovversivi tra gli Umani…Eravamo convinti che il Nero Signore non avesse portato nessuno con sé, dieci anni fa, ma ci siamo sbagliati e questo ora andrà risolto in tempi brevi – Lisa annuì, sinceramente d’accordo con le parole della zia. Afferrò d’istinto il ciondolo e lo guardò brillare sotto la luce del lampadario. - Il ciondolo! – esclamò ancora, sbarrando gli occhi – Ecco cosa mia madre mi aveva chiesto di prendere, nel sogno. Il ciondolo che mi proteggerà dal Nero Signore! Ho ragione, zia? – - Sì, è vero, hai ragione. Però ti ricordo che non è ancora stato attivato – - Per questo devo varcare in fretta il Passaggio per il mondo Elfico! – disse Lisa, guardando con intensità la zia negli occhi – Per far funzionare il ciondolo! – Si interruppe, pensierosa, mescolando nervosamente il tè. - Ma zia – proseguì in un sussurro – Come riuscirò a spiegare tutto questo a Paolo? Mi crederà pazza! Come posso chiedergli di abbandonare la sua famiglia, la scuola, gli amici, per seguirmi in un’avventura che metterà entrambi in pericolo di vita? - A questo c’è rimedio – la interruppe Anna, riponendo le tazze nel lavello – Gli Elfi provvederanno a fermare il tempo in modo tale che, al vostro ritorno in questo mondo, tutto ripartirà dal preciso istante in cui lo avete lasciato…Ora però facciamo i bagagli, dobbiamo rientrare entro sera in città, domani vedrai Paolo, gli parlerai e per questa settimana la vostra vita scorrerà tranquillamente, fino al prossimo week-end…Abbiamo bisogno di qualche giorno per organizzare il vostro passaggio – - Bartolomeo basterà a proteggerci? – chiese Lisa, alzandosi pigramente dalla sedia. - Non sarà solo – rispose Anna, sorridendo – E anche tu non lo sei mai stata, sola. Gli Elfi Guardiani ti hanno sempre protetta, in ogni istante della tua vita, ed ora faranno lo stesso anche con Paolo –


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- L’importante è che non mi seguano quando sono sotto la doccia – brontolò Lisa, avvicinandosi a Bartolomeo che non aveva smesso di scrutare dalla finestra, sebbene fosse quasi buio. - Noi Elfi vediamo anche nell’oscurità – le disse lui, intuendo i suoi pensieri – Tu, mia Signora, non hai ancora sviluppato i poteri Elfici, li avrai quando ti sarà attivato il ciondolo – - Su, via, a fare il bagaglio! – le ordinò Anna, spingendola frettolosamente verso le scale – Ho fretta di rincasare. E tu, caro Guardiano – Lisa notò che, per la prima volta, aveva rivolto a Bartolomeo un gran sorriso – Verrai in auto con noi, naturalmente non visibile – Lisa lo sentì brontolare sicuramente un “odio quelle scatole di latta coi sedili...mi fanno venire la nausea”. Mentre raggiungeva la camera da letto, pensò, con tristezza, che la sua adolescenza era terminata proprio quel giorno, in quella limpida e tiepida giornata di primavera.


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Capitolo Sesto L’impegno di Paolo

Non appena mise piede in casa, Lisa gettò di lato il borsone da viaggio e, mentre si precipitava verso il telefono, fu catapultata a terra. Massaggiandosi un fianco dolorante, si guardò attorno, chiudendo gli occhi a fessura. - O ti fai vedere, o quando sarò la Nuova Signora degli Elfi ti farò pulire per almeno tre anni tutti i bagni del palazzo! – Dopo un lieve, impercettibile fremito, Bartolomeo apparve accanto a lei, inginocchiato a fissarla con un gran sorriso stampato in faccia. - Non è colpa mia se ancora non riesci a percepire la mia presenza anche quando non sono visibile – esclamò, aiutandola ad alzarsi – Ma presto imparerai – - Cosa state combinando, voi due? – sbraitò Anna mentre entrava dalla porta – Ma che diavolo…come osi toccarla? Guai a te, dovresti vergognarti! – - No, zia, non è come pensi! – intervenne Lisa con aria divertita. Si sbrigò a spiegare subito alla zia l’accaduto, la quale, tra un brontolio ed un’imprecazione, salì le scale per – disse – “Fare una doccia e non vedere per almeno un’ora quell’Elfo!” - Ma perché ce l’ha tanto con te? – chiese Lisa a Bartolomeo, una volta rimasti soli in salotto – Non capisco, oggi pomeriggio l’ho sentita mentre ti faceva i complimenti – - Beh, diciamo che sono quello che si definisce un Elfo poco… raccomandabile… -_ - Comunque non mi sembra un buon motivo per strapazzarti così – mormorò Lisa, afferrando la cornetta del telefono – Ehm… ora scusa, vorrei stare da sola, se non ti dispiace… -


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- Ok, vado a controllare che tutti siano ai loro posti – - Tutti, chi? – lo interruppe lei, ma l’Elfo era già sparito. Scosse la testa e compose il numero di cellulare di Paolo. - Sono felice di sentirti! – esclamò lui, quando gli comunicò di essere rientrata – Ci sarai domani a scuola, vero?- Certo! – rispose Lisa. Le sembrava quasi impossibile che la sua vita potesse riprendere in modo regolare, dopo quanto aveva saputo nelle ultime ore, però la cosa in un certo modo la rincuorava, le dava l’impressione di poter vivere, ancora una volta, una vita del tutto “normale”. - Abbiamo così tante cose di cui parlare! – continuò Lisa, giocherellando con il filo della cornetta – Però domani sera, come ti avevo già detto – - Senz’altro, certo – disse Paolo con dolcezza – Ma sei sicura di sentirti bene? Hai una voce strana…- Sono solo un po’ stanca ed emozionata, perché le novità di cui ti devo parlare sono molto…interessanti – - Spero si tratti di belle notizie anche per me – sussurrò piano Paolo, quasi temendo la risposta. - Beh, direi di sì – assentì lei, prendendo a mordicchiare la solita unghia – Comunque rinviamo tutto a domani sera (aveva sentito un grosso tonfo provenire dal salotto) e…Paolo, aspetta! – - Sì? – chiese lui, con voce alta e squillante. - Ti amo anch’io! – Lisa arrossì ed abbassò subito la cornetta, cercando di immaginare la faccia di Paolo in quel preciso istante. Provò l’impulso di richiamarlo per dirgli di raggiungerla subito, ma si trattenne perché la stanchezza di quei giorni la stava annientando. Poi ricordò il rumore che aveva sentito poco prima. Si diresse di corsa in salotto, ma vi trovò già Anna, avvolta in un asciugamano e ancora gocciolante d’acqua, che stava rimproverando nuovamente Bartolomeo, il quale aveva fatto accidentalmente cadere sul pavimento un vaso di cristallo, che si era frantumato in mille pezzi, sparpagliati anche sotto il tavolo.


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- INSOMMA…ORA…BASTA! – gridò Anna, furiosa e paonazza – Se non la smetti di combinare guai, io…io…- Zia, lascialo stare, credo che per oggi ne abbia avuti abbastanza, di rimproveri – la interruppe Lisa, sorridendole. Anna la fissò, del tutto spiazzata da quella richiesta, e cambiò rapidamente colore. - Ah, beh, certo…se me lo chiedi tu…- biascicò, trascinandosi in cucina - Ora preparo la cena, poi, prima che tu vada a letto, devo sistemare con te una piccola cosetta – Lisa fece spallucce e prese a raccogliere dal pavimento i frammenti di cristallo. - Aspetta, ti aiuto io – propose Bartolomeo, chinandosi – Io però non ho il ciondolo, per cui posso sistemare tutto questo disastro solo con metodi…umani – Lisa lo guardò e scoppiò a ridere. Era veramente buffo. All’improvviso ricordò una cosa che lui le aveva detto prima, in ingresso. - A proposito, che intendevi dire con “devo controllare che tutti siano ai loro posti”?- Non penserai che io sia l’unico Elfo Guardiano qui a proteggerti! Ce n’è un cordone di almeno un’altra ventina, appostati attorno alla casa, solo che si sono resi invisibili – - Capisco – disse Lisa, dirigendosi verso una finestra. Fuori era ormai buio, per cui non sarebbe comunque riuscita a vedere null’altro che il nero della notte. - Beh, io vado di sopra a darmi una rinfrescata – disse, stirandosi – E tu…resterai qui, intesi? In qualche modo mi accorgerò se entrerai nel bagno con me! – - Oh, non oserei mai farlo, mia Signora! – esclamò Bartolomeo, facendo un grosso inchino. Dopo la doccia, Lisa si sentì straordinariamente più leggera e più riposata e si ritrovò ad essere anche molto affamata. Si avventò sui piatti succulenti preparati dalla zia, osservando divertita quest’ultima che fissava schifata Bartolomeo mentre addentava una coscia di pollo e sparpagliava la dolce carne sul mento.


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Dopo aver riassettato la cucina ed aver sistemato l’Elfo di vedetta davanti alla televisione (che si divertiva a cambiare in continuazione canale, finché non si piazzò davanti ad un cartone di “Tom & Jerry”, ridendo a crepapelle), Anna prese Lisa per le mani e la fece sedere sul divano. - Ora chiudi gli occhi – le sussurrò – E respira profondamente – Lei, che ormai si era abituata ad ogni avvenimento strano o buffo, obbedì all’istante. La zia le posò entrambe le mani sul capo e lei percepì un grosso calore propagarsi dalla testa fino al tronco, per poi risalire al collo e sparire. - Che…che…è successo? – chiese, annaspando per lo spavento – Mi sento strana – - Stai tranquilla – la rassicurò Anna, sistemando i cuscini sul divano – Non ho potuto fare molto, visto che il tuo ciondolo non è ancora stato attivato. Però ho risvegliato qualche tuo senso, seppur in minima parte, di Elfo – - Non scherzi? – chiese Lisa, balzando in piedi. - Perché dovrei? – rispose Anna, soffocando un grosso sbadiglio. Poi guardò Bartolomeo, ancora alle prese con i cartoni animati, e lo acchiappò per una lunga orecchia. - E’ tutto a posto? – gli chiese – Io e mia nipote possiamo dormire sonni tranquilli? – - Nessun problema – rispose lui, senza distogliere lo sguardo dalla televisione – Tutti i Guardiani sono al loro posto, io compreso, naturalmente! – Anna levò gli occhi al cielo, lasciò l’orecchio dell’Elfo, poi abbracciò la nipote, augurandole la buonanotte. Lisa si intrattenne ancora un po’ con Bartolomeo, riflettendo divertita che nessuno le avrebbe creduto se avesse raccontato che stava guardando “Tom & Jerry” in compagnia di un Elfo. Pensò infine a Paolo, sperando che Bartolomeo non avesse la capacità di leggerle nei pensieri, perché la sua mente aveva preso ad elaborare in continuazione scenari non proprio innocenti, con un Paolo decisamente avvinghiato a lei. FINE ANTEPRIMA. CONTINUA... Lisa Verdi e il ciondolo elfico, M. P. Black (0111edizioni) 280 pagine 15,10 euro - ISBN 978-88-6307-007-1


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