Quando la pioggia corre

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33 calduccio. Se verso il mattino l’aria inizia a raffreddarsi, prendo lo zaino (e una coperta che ho preso dalla casa della signora Franca) e mi trasferisco sotto un treno che si è appena fermato. Mi capitava spesso di pensare a Francesco e a Martina e allora diventavo un po’ triste, ma questo non succede più da quando ho abbandonato la trattoria. Tutto il giorno sono impegnato a procurarmi il cibo per il pranzo e la cena e questo non mi lascia il tempo di pensare ad altro. La sera, prima di addormentarmi, prego papà di farmi trovare la casa di zio Ulisse. Sono sicuro che dove abita lui non piove mai e il sole splende tutto il giorno, per tutto l’anno. Ricordo quando ci mandava le cartoline, d’estate. Quei paesaggi dipinti ad acquerello. Li conservavo tutti in una scatola di metallo e li sfogliavo quando fuori c’era un brutto temporale e piangevo. Un giorno però Mamma li scoprì, li inzuppò di disinfettante e gli diede fuoco sulla griglia del barbecue. «Cosa ti è preso, ti piace la Francia? Ti piacerebbe andare a vivere con tuo zio? Credi che lui sia meglio di me? Povero illuso. Va’, va’ da quel fascista di tuo zio. Vedrai che ti sistema lui come si deve!» È parecchio tempo che non suono più uno strumento. Qualcosa che produca della musica, insomma. La mia tromba è rimasta dispersa a “La Sibylle” e nessuno me la ridarà indietro. Su quella tromba aveva posato le labbra papà e c’erano ancora le sue impronte sull’impugnatura. Forse quando troverò un lavoro vero potrò permettermene una nuova, ma nessuno potrà mai ridarmi quella. Al mattino il treno per Lione mi dà la sveglia, dopodiché non riesco più a riaddormentarmi. Così mi avvicino alla grande fontana di pietra e mi do una rinfrescata agli occhi. Poi inizio a procacciarmi il cibo. Nella tasca dello zainetto ho ancora i rimasugli delle mance prese al ristorante, ma li tengo da parte per quando ne avrò veramente bisogno, come quando starò morendo di fame o robe del genere. Lungo i viali di questo paese, i boulevard, ci sono panchine verdi che all’alba sono ancora bagnate di rugiada. Ne ho scoperto uno molto più spazioso rispetto ai soliti. Ci possono circolare soltanto i pedoni. I negozietti si possono contare sulle dita di una mano e un profumo intenso di pane e di dolci si spande nell’aria stuzzicando la mia fame da gorilla. Quello che però mi attira adesso verso una pasticceria con l’insegna scritta a mano è profumo di brioche appena sfornate e di caramello. Sul retro


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